A d r i a n o Pa o l e l l a
questo volume è raccomandato da wwf italia
architettura 35 proposte nel mondo sostenibile e laterizio criteri, tecniche, esempi
Questo volume fa parte della campagna Generazione Clima
È possibile immaginare in architettura risposte al cambiamento climatico? C’è spazio per una cultura diffusa del costruire sostenibile? Tuttora, di fronte all’enorme distanza che separa l’attività edilizia “quotidiana” dalle esperienze più innovative la risposta sembra scontata, ed è no. Forse, però, gli interrogativi da porsi dovrebbero essere altri: esiste la possibilità di diffondere nelle pratiche costruttive e nella cultura architettonica correnti un’idea di qualità che risponda ai requisiti ambientali, economici e sociali propri di un modello di sviluppo sostenibile? E il laterizio, simbolo del costruire nei climi mediterranei, il materiale che determina il volto del nostro paesaggio costruito, storico e contemporaneo, può essere parte di questo processo? Le risposte si trovano nelle 35 opere illustrate in questo volume, realizzate da progettisti come Thomas Herzog, Glenn Murcutt, Feilden Clegg Bradley Studios, Rafael Moneo, Cino Zucchi e molti altri, che evidenziano come l’uso del laterizio consenta di mettere in atto strategie di sostenibilità propriamente architettoniche, relazionate al contesto, alla forma, all’involucro. Adattabilità, semplicità dei sistemi costruttivi e della messa in opera, durabilità, facilità di manutenzione, buone prestazioni in termini di efficienza energetica, definiscono per questo materiale un potenziale ruolo da protagonista nella svolta verso la sostenibilità in edilizia. Caratteristiche ideali specie quando si tratta di costruire il necessario, di intervenire sull’esistente, di recuperare e migliorare gli organismi edilizi e insediativi.
46,00 euro
arch itettura soste n ibile e late rizio
esperto di pianificazione e progettazione ambientale e docente di tecnologia presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria. Fin dal 1979 ha coordinato e diretto, per diverse società di ingegneria, piani, studi, attività di sperimentazione applicata, ricerche e progetti ambientali. Presidente di WWF Ricerche e Progetti, e presidente della Iaed – Associazione di progettazione ambientale, ha svolto e svolge tuttora un’intensa attività editoriale. Tra le sue ultime pubblicazioni: Abitare i luoghi (2004), Progettare per abitare (2004), Identificazione e cambiamenti nel paesaggio contemporaneo (2005), L’ombra dei grattacieli (2006) e Attraverso la tecnica (2008).
A d r i a n o Pa o l e l l a
Adriano Paolella , architetto,
ISBN 978-88-89014-97-4
Edizioni Ambiente
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questo volume è raccomandato da wwf italia
architettura 35 proposte nel mondo sostenibile e laterizio criteri, tecniche, esempi
Edizioni Ambiente
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Adriano Paolella
Architettura sostenibile e laterizio Criteri, tecniche, esempi 35 proposte nel mondo
Gruppi di lavoro Progettazione e realizzazione del volume WWF Ricerche e Progetti, Rossella Venezia (coordinamento, revisione, rapporti con i progettisti), Giamila Quattrone (rapporti con i progettisti e traduzioni dall’inglese), Piera Costantino (ricerche di base), Antonella Panetta (collaborazione), Rita Minucci (collaborazione all’impostazione), Patrizio Emilio Giordano (traduzioni dallo spagnolo), Dirk Kaisers (traduzioni dal tedesco), Lidia Malara (traduzioni dal francese) e Marta Proietti Gaffi (revisione tecnica traduzioni dal francese). Consulenza scientifica Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, Dipartimento DASTEC - Dipartimento Arte Scienza e Tecnica del Costruire, gruppo di ricerca TRESA - Tecnologie per il Recupero Ecologico e Sociale dell’Abitare, Giamila Quattrone (elaborazione e revisione schede).
L'autore è stato coordinatore scientifico di entrambi i gruppi di lavoro. Un ringraziamento a tutti i progettisti e i fotografi che hanno gentilmente concesso il materiale grafico e fotografico relativo ai 35 casi studio. I contenuti delle schede sono elaborati su informazioni tratte dalle relazioni tecniche al progetto e da altri materiali forniti dai progettisti.
Realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl – www.edizioniambiente.it Progetto grafico GrafCo3 Impaginazione Studio Grafico Massimo De Carli Immagine di copertina Miguel de Guzman © 2009 Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 0245487277 fax 0245487333
ISBN 978-88-89014-97-4
Finito di stampare nel mese di aprile 2009 presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC
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Sommario Costruire in semplicità
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Case collettive
Quartiere residenziale “San Pietro”, Pieve di Cento (Bologna), Italia
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- Angelo Mingozzi Casa unifamiliare “BLOK-IT”, Espoo, Finlandia - Avarc Architects
24
Complesso residenziale e commerciale, Settimo Torinese (Torino), Italia
30
- Stefano Pujatti, Simone Carena Complesso residenziale “WAG”, Pichling, Austria - Thomas Herzog
34
Villaggio studentesco “Westfield”, Queen Mary University of London, U.K.
40
- Feilden Clegg Bradley Studios Edificio per appartamenti, Melbourne, Australia
42
- Gregory Burgess Pty Ltd Architects Edificio D area “ex-Junghans”, Venezia, Italia - Cino Zucchi
48
Torre per appartamenti, Dublino, Irlanda - de Blacam and Meagher Architects
54
Complesso residenziale “Area Cimatti”, Faenza, Italia - Alessandro Bucci
58
Complesso residenziale “Urban 0”, Villorba (Treviso), Italia
64
- Alberto Miotto, Cristina Boghetto Case isolate
Casa di villeggiatura, Kangaroo Valley, Australia - Glenn Murcutt
68
Recupero di edifici rurali, Faenza, Italia - Paolo Rava
74
Casa unifamiliare, Morcote, Svizzera
80
- Markus Wespi, Jérôme de Meuron Architekten AG Casa unifamiliare “El encuentro: homenaje al sol”, Chía, Colombia
86
- Hernando Baraya Edifici pubblici
Nuovo asilo nido, Nichelino (Torino), Italia - Giancarlo Pavoni Scuola superiore, Dano, Burkina Faso - Diébédo Francis Kéré
90 96
Biblioteca Forteguerriana, Pistoia, Italia - Pica Ciamarra Associati
100
Ampliamento del Museo del Prado, Madrid, Spagna - Rafael Moneo
106
Alta Corte Provinciale, Debrecen, Ungheria - Koller és Társa Tervezö Kft
112
Valuascollege, Venlo, Paesi Bassi - Jeanne Dekkers Architectuur
118
Centro per disabili mentali, Carbajales de Alba, Spagna
124
- José María de Lapuerta Montoya, Carlos Asensio Galvin Complesso educativo “Grésillons”, Gennevilliers, Francia
130
- Jean-Paul Bonnemaison Casa della gioventù, La Línea de la Concepción (Cadice), Spagna
134
- Fernando Suárez Corchete, Francisco Javier Terrados Cepeda Centro scolastico e auditorium, Bobodioulasso, Burkina Faso - Emilio Caravatti
138
Centro “Ecole des Sables”, Toubab Dialaw, Senegal
144
- Architecture & Développement
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Biblioteca “Lázaro Carreter”, Villanueva de la Cañada, Madrid
150
- José Mª Churtichaga, Cayetana de la Quadra-Salcedo Scuola materna ed elementare, Fonteireira, Portogallo - David Ribas Maranha
156
Scuola elementare, Gando, Burkina Faso - Diébédo Francis Kéré
158
Museo vivo della Scienza, Bagnoli (Napoli), Italia - Pica Ciamarra Associati
162
Scuola per avicoltori “Kahere Eila”, Koliagbe, Guinea
166
- Mikko Heikkinen, Markku Komonen Edifici privati non residenziali
Ampliamento della cantina vinicola “Gantenbein”, Fläsch, Svizzera
172
- Bearth & Deplazes Architekten AG Centro polifunzionale “Dal Negro”, Treviso, Italia
176
- Tiziano Bonato, Guido Ranieri Da Re, Fabrizio Fontana Edificio per uffici “Vlaamse MilieuMaatschappij”, Aalst, Belgio
178
- De Smet Vermeulen Architecten Edificio di accesso al C.I.F.P.E.R., Imarcoain, Spagna
184
- Javier Barcos Berruezo, Manuel Enríquez Jiménez Arquitectos Complesso per la vinificazione, Monti in Chianti-Siena
188
- Piero Sartogo, Nathalie Grenon In sintesi: le strategie di sostenibilità adottate
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Referenze fotografiche
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Costruire in semplicità Intelligenza I problemi che attanagliano il mondo contemporaneo, a partire da quelli ambientali, hanno una dimensione e una consistenza mai prima riscontrate. La specie umana già in altri casi si era trovata ad affrontare grandi mutamenti dell’ecosistema planetario ma mai questi erano stati originati da cause antropiche. Questa novità pone l’intera umanità di fronte a una difficoltà senza precedenti: se le sue capacità creative e adattative si sono mostrate sufficienti a risolvere situazioni generate da fattori “esterni”, oggi appaiono insufficienti a modificare fattori “interni”, ovvero quei comportamenti che sono la causa scatenante delle alterazioni ambientali. Così, la specie perpetua i medesimi meccanismi che l’hanno resa invasiva e potente, anche quando questi destrutturano gli habitat necessari alla sua stessa sopravvivenza. Tra gli scenari futuri si può ipotizzare che le modificazioni dei sistemi naturali, l’incremento della popolazione, l’insufficienza delle risorse in relazione ai consumi e la riduzione degli spazi vivibili, complicheranno la vita anche nei luoghi oggi più ospitali e gradevoli e aumenteranno le tensioni sociali, prima per il mantenimento degli attuali livelli di spreco, poi per la sopravvivenza. In queste condizioni, vinceranno i più forti: i paesi e, all’interno di questi, i gruppi e gli individui, economicamente, militarmente, fisicamente più potenti. Ciò sta già avvenendo in ampie aree del pianeta: organizzazioni private controllano risorse e gestiscono enormi ricchezze influenzando, attraverso di esse, le politiche nazionali e internazionali, mentre intere comunità subiscono quotidianamente soprusi da chi fa della sopraffazione fisica ed economica il proprio modello di vita. Tale scenario è coerente con quanto frequentemente avvenuto in passato e con i meccanismi che regolano il comportamento di gran parte delle specie animali: la popolazione, in assenza di predatori e in presenza di risorse, cresce di numero fin quando, sopraggiungendo una limitazione alle disponibilità di risorse, si riduce attraverso una conflittualità interna. In esso, le scelte sono successive alla mutazione delle condizioni e imposte dalle contingenze: la specie, ove le nuove condizioni non fossero particolarmente ostili, sopravvivrebbe ma gli individui e le comunità soffrirebbero oltremisura. In un secondo scenario gli uomini agirebbero sulla base di quella capacità discrezionale, quell’intelligenza di cui si vantano essere unici possessori tra le specie animali, e attraverso di essa opererebbero ricercando il benessere individuale e comune. Il fine, infatti, non è la sopravvivenza della specie, forse già garantita dal precedente scenario, ma la vita di qualità per gli individui e per le comunità e, quindi, la ricerca e il mantenimento di quelle condizioni che rendono piacevole l’esistenza. Per ottenere un immediato miglioramento delle condizioni di vita sul pianeta si dovrebbero ridurre la popolazione mondiale, i consumi di energia, di risorse, di materiali e le emissioni. Anche se molti individui e molte comunità mostrano, attuando comportamenti coerenti, la praticabilità di tali misure, le politiche messe in atto dai governi dei vari paesi, invece, intralciano la realizzazione di modelli sociali e produttivi a maggiore qualità ambientale. Troppo spesso i governi mostrano una sudditanza deplorevole a interessi specifici e privati che mette a repentaglio la realizzazione di un progetto complessivo che porterebbe vantaggi generalizzati. Ciò avviene, con l’aiuto entusiasta dei media, attraverso: l’individuazione di altre priorità, pur riconoscendo l’importanza della questione ambientale; l’orientamento degli investimenti pubblici anche a favore di azioni che ledono il benessere delle persone e l’equilibrio degli ecosistemi; l’alienazione nella speranza tecnologica per cui si riconosce alla tecnica il valore demiurgico di risolvere i problemi senza cambiare i comportamenti; il diniego a ogni riduzione; la minimizzazione, con un giudizio “folcloristico” e di sufficienza, degli atteggiamenti consapevoli.
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Ma la posta è elevata e merita da ciascuno e da tutti l’impegno a modificare anche quegli aspetti ritenuti immutabili del sistema contemporaneo. Il benessere di un’umanità affaticata, sofferente e attonita richiede uno sforzo di intelligenza individuale e collettiva e impone di non temere di perdere privilegi economici, di non avere paura di inventarsi un presente socialmente più equo e ambientalmente più qualificato. Questo sforzo di intelligenza interessa anche il settore edilizio. È ben noto quanto, negli ultimi decenni, esso abbia inciso negativamente sulla qualità dell’ambiente del pianeta per la scarsa qualità dei manufatti prodotti e dei materiali usati, per gli habitat sociali e naturali distrutti, per la quantità di suolo consumato, per l’enorme produzione di emissioni derivate dall’uso di materiali e tecniche inappropriate e da tipologie edilizie energivore. È però altresì noto quanto, seppure siano una piccolissima parte del costruito, molte realizzazioni abbiano ricercato una qualità ambientale e sociale, ponendo in atto soluzioni tecnologiche volte a ridurre i consumi energetici e quindi le emissioni. Anche in questo settore, quindi, è stato dimostrato che si può fare meglio, che si possono raggiungere quegli obiettivi ambientali indispensabili per invertire il segno negativo della presenza dell’uomo e delle sue attività negli ecosistemi.
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La marginalità del tema ambientale in architettura Dato il diffuso riconoscimento dell’incidenza negativa dell’edilizia nella definizione delle note condizioni di alterazione del sistema planetario ci si attenderebbe una grande attenzione da parte della cultura del settore, che al contrario non trova significativi riscontri. L’ambito della riflessione sull’architettura ha perduto gran parte degli interessi che ne hanno caratterizzato il recente passato senza acquisirne di altri, implodendo in una questione pressoché esclusivamente formale. Le committenze rivolgono una specifica attenzione alla capacità rappresentativa dell’edificio e molti progettisti in questo ambito di tenzone calano tutte le loro capacità. L’immagine è centrale, gli aspetti sociali del costruire divengono marginali e l’attenzione nei confronti delle variabili ambientali costituisce per molti un tema anch’esso principalmente di forma. Il nodo ritenuto degno di approfondimento è quanto e come il progetto debba adattarsi alle “nuove” esigenze e la creatività del progettista debba interloquire con queste variabili. Per alcuni si riduce alla sommatoria di impianti, per altri le scelte ambientali sono percepite come una forte e inutile limitazione alla creatività, per altri si riducono all’applicazione delle norme esistenti. Ne risulta un’architettura contemporanea caratterizzata da progetti pesanti in termini energetici e sociali e da un’insostenibile superficialità. Le elaborazioni teoriche sono coerenti con le scelte progettuali: ragionamenti raccapezzati che tendono a emozionare evocando e utilizzando l’introspezione dei sentimenti personali. Una modalità di operare forse artistica ma sicuramente estranea al pulsare delle passioni e delle necessità degli individui e delle comunità e tesa solo alla concretizzazione della emotività del creatore asservita agli interessi della committenza. La questione ambientale in questo contesto culturale non può che essere marginale. La Biennale di Architettura di Venezia, pur non rappresentando la totalità delle elaborazioni teoriche e progettuali in corso, è l’evento di maggiore dimensione e qualità, in ambito nazionale e non solo, che si interessa di architettura. Essa si pone come soggetto in grado di stimolare riflessioni, di promuovere impostazioni culturali innovative, di stimolare un numero elevato di professionisti, accademici, critici e progettisti, e tende a contribuire in maniera sostanziale alla definizione della cultura contemporanea. È esemplificativo del ragionamento svolto l’assenza del tema ambientale nelle ultime tre edizioni, limitato alle elaborazioni di alcuni progettisti. Nell’ultima edizione, nell’ambito dell’“architettura sperimentale” dove meno si addensano le costrizioni del settore, il tema ambientale diviene solo stimolo per l’artistica creatività. Ad esempio lo è nella proposta CoLoCo e delle sue superfici “ri-naturanti” e nell’“edonismo sostenibile” dove la vegetazione viene utilizzata come materiale ma senza riconoscerne
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comportamenti e naturalità; lo è nella ipotesi IAN+ che considera “l’architettura un sistema ecologico” con l’“ecologia non intesa come qualcosa che abbia a che fare con la protezione dell’ambiente” e presenta una portaerei residenziale con qualche albero; lo è il progetto JDS dove alla domanda “perché lo sviluppo urbano comporta l’eliminazione dello spazio pubblico e della natura” si risponde con una città-edificio che destruttura morfologicamente ed ecologicamente un esteso territorio e ripropone al suo interno un verde di arredo con ridottissima capacità ecologica e funzione sociale. I progetti si tingono di verde ma non si impregnano di temi e contenuti ambientali e si fondano su di una speculazione teorica in cui manca il sostegno dell’argomentazione tecnica (e quindi anche naturalistica) della scelta. Del resto il tema portante della manifestazione, “un’architettura al di là degli edifici”, è quanto meno inquietante. Leggendo il testo di Aaron Betsky, se è condivisibile che la costruzione degli edifici è il “risultato di considerazioni economiche” e che essi “sono messi insieme secondo formule, sono l’esito finale di interminabili trattative”, non è possibile astrarre l’architettura da ciò, nobilitandola come se potesse sussistere al di là dell’edificio, come se fosse a essi antitetica: “Edifici o architettura. Gli edifici possono essere evitati”, conclude. L’invito “dobbiamo trovare l’architettura al di là del costruire” è suicida. È necessario, al contrario, destrutturare questo modello di fare edilizia, riportare il costruire in seno alla comunità, estrapolarla dal ruolo di strumento di produzione di profitti, riconnetterla alle effettive necessità, modificare i processi produttivi, allargare la costruzione alla partecipazione diretta dei cittadini, tentare di raggiungere anche attraverso di essa il benessere degli individui e della comunità. Questa è architettura, ed è inalienabile dal manufatto o dalla sua interpretazione attiva da parte degli abitanti. E in questo il tema ambientale è centrale, fondante, qualificante, indispensabile e non formale stimolo, ma sostanziatore dell’operatività. La Biennale è rappresentazione di una produzione teorica, tra l’altro raramente così scarsa come oggi, in cui, senza considerare i sostenitori del mercato e le vestali della innovazione tecnico-formale, anche tra coloro i quali articolano posizioni critiche rispetto a una contemporaneità dominata da un impudico mostrarsi, superficiale e suddito dei potenti, la questione ambientale non costituisce un argomento centrale. Perseguire la sostenibilità Il termine “sostenibile”, nella sua più diffusa accezione, definisce comportamenti individuali e collettivi tesi a una attenzione nei confronti dell’ambiente e delle risorse, tale da consentirne il mantenimento nel futuro delle loro attuali potenzialità. Da questa definizione discende una pratica nell’attuare le trasformazioni che, mostrando un maggiore interesse nei confronti della salvaguardia delle potenzialità dell’ambiente, tende a ridurre gli effetti negativi da esse comportate. La definizione, seppure indica una chiara finalità, non individua la modalità attraverso cui raggiungerla; la conservazione delle potenzialità, se scientificamente può avere un significato, nella pratica delle trasformazioni diviene un riferimento generico e dà adito a un adattamento del termine e a un suo uso inappropriato. Tralasciando l’uso strumentale del termine “sostenibile” tendente a favorire iter approvativi di opere, a facilitare una condivisione diffusa, a promuovere merci in un mercato, se ne incontra molto frequentemente un impiego non corretto. Ad esempio, un edificio che porti al minimo il consumo energetico è un edificio sostenibile? Sicuramente esso contribuisce positivamente alla riduzione delle emissioni e quindi al contenimento dei mutamenti climatici, e sicuramente concretizza filiere produttive e sensibilità ambientali tra gli operatori e i fruitori. Ma se l’edificio è costruito in un ecosistema a elevata naturalità, lontano dagli insediamenti esistenti, utilizza materiali con notevole energia incorporata, necessita di continue e onerose manutenzioni, l’aggettivazione “sosteni-
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bile” appare inappropriata proprio in ragione della quantità di risorse che consuma e che rende inaccessibili alle future generazioni. Può essere sostenibile un grattacielo? Tale tipologia richiede un impegno di energia per il funzionamento e la manutenzione, per i caratteri dei materiali, per la cantierizzazione molto superiore a quella di altre tipologie e quindi, seppure potrebbe presentare vantaggi nella riduzione dell’occupazione di suolo (se non si considerano gli spazi asserviti dalle ombre portate, dalle necessità di illuminazione dei piani bassi ecc.), non appare una tipologia abitativa sostenibile. Risultano strane, quindi, le aggettivazioni “sostenibile, ecologico, verde, naturale” che molto frequentemente vengono date a questi edifici per il solo fatto che, attraverso alcuni accorgimenti, riducono parzialmente l’enorme dispendio di energia che la tipologia richiede. La riduzione dei consumi di risorse e di energia sono condizioni necessarie ma non sufficienti al raggiungimento della sostenibilità delle trasformazioni. Ad esempio, se un edificio fosse costruito con materiali naturali e/o a basso contenuto energetico e ottenesse una significativa riduzione dei consumi di energia, ma non fosse un edificio necessario, esso avrebbe un impatto molto significativo; per quanto piccolo, infatti, quell’impatto si poteva evitare in quanto non indispensabile. E molti sono gli edifici non necessari: quelli che servono a garantire enormi superfici pro capite, quelli che non vengono utilizzati continuativamente, quelli che rimangono vuoti per anni, quelli che sono costruiti più per produrre reddito che per abitare. Da sempre questo tipo di edifici esiste; da sempre è stato possibile costruirli in quanto la disponibilità di risorse (terreni e materiali) lo consentiva; ma oggi, alla luce delle condizioni dell’ambiente, è forse opportuno non svolgere più queste pratiche. Alla volgarità insita nello spreco delle risorse (Carloni Z., 2007) propria degli eccessi, dell’inutilità, delle macro dimensioni e alla bassezza morale che definisce questi atti in assoluto, ma anche relativamente alle condizioni della maggior parte degli abitanti del pianeta, si aggiunge una concreta indisponibilità di spazi e di risorse. Costruire il necessario, intervenire a recuperare l’esistente, ridurre i consumi energetici, aumentare la qualità dei materiali non è più solo un obbligo etico, ma una necessità dettata dalla situazione ambientale e sociale planetaria. Allora il significato di sostenibilità diviene indicatore di un’azione che, viste le condizioni del pianeta, nel caso se ne vogliano conservare risorse e potenzialità, non può che essere di conservazione e di riqualificazione ambientale. La sua applicazione in edilizia definisce un’azione difficile da svolgere, ma fortemente qualificante: un’azione volta a costruire l’indispensabile, a recuperare il possibile, a ridurre gli eccessi dimensionali (in termini di manufatti e di superficie pro capite), ad aumentare significativamente la qualità energetica e ambientale delle opere, a ridurre il consumo di suolo senza proporre soluzioni tipologiche inabitabili ed energivore. Se l’uso del termine sostenibilità indica tutto ciò, è fondamentale che ne sia fatto un uso appropriato: in primo luogo per difendere coloro che praticano correttamente la progettazione sostenibile e quindi affrontano tutte le difficoltà connesse alla sua attuazione, a partire dal maggiore impegno richiesto; in secondo luogo perché l’abuso genera un’enorme confusione. Troppe volte, infatti, progetti non qualificati ambientalmente sono aggettivati come sostenibili solo per essere posti in un bosco, godere di un bel panorama, essere formalmente inseriti nel luogo, avere migliorato seppur di poco l’efficienza energetica o utilizzare dei pannelli fotovoltaici sulle coperture. Così facendo, si fa un danno gravissimo a coloro i quali tendono consapevolmente e correttamente a progettare edifici sostenibili e alla conoscenza comune, che fatica a distinguere le differenze e tende ad attribuire lo stesso valore a edifici molto diversi tra loro per qualità ambientale. Una utilizzazione ridotta e corretta del termine, attraverso il cui uso si segnalano soluzioni che effettivamente si misurano con l’obiettivo della sostenibilità, non implica che non si
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possano riconoscere i caratteri ambientalmente qualificanti presenti in progetti anche quando non sostenibili: individuare e segnalare soluzioni di questo tipo sensibilizza gli operatori, gratifica i progettisti ed evidenzia le differenze tra questi progetti e le modalità diffuse del costruire. Complessità e semplicità Approntare e praticare nel settore edile processi e progetti che contribuiscano in maniera consistente a eliminare l’apporto del settore ai mutamenti climatici non è cosa semplice. Lo è anche in ragione di una cultura operativa e di un apparato normativo che non interviene rimuovendo le cause ma sugli effetti delle stesse cercando di mitigarne gli esiti. Una modalità questa insufficiente ad affrontare in modo organico e complessivo un percorso verso la sostenibilità. È il caso delle norme sull’efficienza energetica degli edifici che presentano come unico oggetto il risparmio senza integrarlo con altri caratteri che definiscono la qualità ambientale di un edificio, a partire dalla qualità dei materiali e dalla modalità di costruzione. L’efficienza, quindi, può essere ottenuta attraverso un diffuso uso di materiali isolanti di bassa qualità ambientale, rischiosi per la salute umana nel trasporto, lavorazione e messa in opera. Trasformare la questione ambientale in un problema energetico, come in maniera riduttivistica da più parti si tenta, non può che essere una limitazione sconsiderata e non risolutiva. Per ridurre le emissioni del settore, oltre a ridurre i consumi di energia a metro quadrato, sarebbe corretto ridurre all’indispensabile la quantità degli edifici nuovi, recuperare energeticamente il patrimonio edilizio esistente, recuperare gli edifici inutilizzati o stagionalmente utilizzati, razionalizzare la distribuzione dei metri quadrati pro capite, ridurre il consumo dei suoli anche aumentando la densità (in particolare nelle aree ad abitazioni isolate ove reso possibile dalla qualità ambientale dei luoghi), utilizzare materiali naturali e a basso contenuto di energia incorporata, costruire edifici duraturi e a bassa manutenzione. Queste azioni non sono tecnicamente complesse; le soluzioni tecnologiche appropriate già esistono anche nella tradizione, visto anche che gran parte delle costruzioni edificate in area mediterranea prima della metà del secolo scorso garantivano un’efficienza energetica sconosciuta a gran parte dell’edificato post-bellico, con muri spessi a elevata inerzia termica, solai e coperture leggere, ventilazione naturale, buona esposizione, attento inserimento nel contesto. Considerando la maggiore quantità di tecniche oggi disponibili, è possibile ritenere perseguibile l’ottenimento di risultati anche migliori in termini energetici e ambientali di quelli raggiunti in passato. Se dunque le strumentazioni esistono, debbono altresì sussistere dei fattori ostativi alla realizzazione di una pratica diffusa del costruire in qualità. Sicuramente le pratiche speculative per mantenere molto bassi i costi di realizzazione utilizzano una progettazione superficiale e materiali inadeguati, sottodimensionano le quantità necessarie, operano per una durata limitata degli edifici, scaricano i costi di manutenzione e gestione sui fruitori, sottoretribuiscono i lavoratori, marginalizzano le competenze tecniche locali e l’artigianato, cercano materiali e soluzioni di basso costo e di rapido montaggio, producono edifici sempre uguali a loro stessi indipendentemente dai luoghi. Ma anche progettisti e abitanti non riescono a promuovere, rispettivamente con l’offerta e la domanda, una maggiore qualità dell’edificio. Trasformare queste modalità è un’azione sociale in cui operatori, progettisti, ma anche le comunità, si dovrebbero impegnare al fine di mantenere la propria identità, raggiungere autonomia culturale e produttiva, qualificare il paesaggio in cui sono insediati, conservare e riqualificare l’ambiente in cui abitano. È questa la complessità dell’intervento: agire sul tessuto sociale e culturale per assumere, come invariabile dell’esistenza, la qualità delle proprie case, dei propri insediamenti, del paesaggio e la conservazione della qualità e delle potenzialità dell’ambiente. Molto spesso, invece, i progetti non affrontano la complessità del sistema in cui si collo-
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cano ma assumono solo una complessità nelle soluzioni tecniche e formali, nei materiali, nei processi costruttivi e nella gestione che non è motivata. Frequentemente, le ragioni di questa condizione sono da ricercare nell’inadeguata impostazione del progetto rispetto agli obiettivi ambientali dichiarati. Ritornando all’esempio dei grattacieli è, infatti, possibile ridurne i consumi energetici ma ciò implica un livello di articolazione superiore in relazione alla iniziale scelta tipologica. L’errata impostazione rispetto ai fini energetico-ambientali genera inevitabilmente soluzioni di maggiore complessità; al contrario, la pratica di percorsi coerenti di fatto semplifica le soluzioni. Ma vi è anche una cultura di progetto che impedisce l’attuazione di soluzioni semplici e che aumenta, spesso pregiudizialmente, la complessità delle soluzioni, una cultura che forse vede nella semplicità una diminutio del proprio essere. Sapendo che l’architettura massiva ha ottime prestazioni energetiche, sapendo che la riduzione dei consumi è obiettivo principale, l’immagine di certa architettura “sostenibile” strettamente connessa a materiali ad alto contenuto energetico e basse prestazioni è incongrua, tanto quanto risulta incongruo mostrare un edificio tecnicamente semplice e costruito con materiali naturali lontano dall’idea di contemporaneità. La cultura contemporanea è satura di un tecnicismo usato come giustificatore di tutte le scelte, che, ammantato di scientificità, diviene aberrante quando induce a una complessità immotivata nell’intento non sempre consapevole di avvalorare l’azione, l’esistenza e l’operato dei tecnici. Inoltre, il mercato fornisce un contributo sostanziale al fittizio aumento della complessità. L’innovazione industriale di tecniche e materiali, il continuo e caotico evolversi delle mode progettuali e delle soluzioni costruttive, non permettono l’accumularsi di esperienza che qualifica la capacità tecnica degli operatori. Le merci si susseguono “innovandosi” e sostituendosi, così come le soluzioni tecniche, ma non vi è consapevolezza tra gli operatori delle prestazioni nel tempo, degli effetti ambientali, esiste solo trasferimento di conoscenze industriali o teoriche. Così facendo, nel processo costruttivo la conoscenza è limitata a un numero ridotto di soggetti, mentre la gran parte di coloro i quali sostanziano l’edificazione con le loro attività diviene un esecutore ignorante. Si riduce il contributo della cultura tecnica diretta, materiale, il contributo dell’esperienza e della competenza delle maestranze e si concentra (si vuole concentrare) tutto questo bagaglio nella conoscenza teorica dei progettisti dei materiali, delle componenti e, qualche volta, degli edifici. Per governare la quantità delle informazioni precedentemente distribuite tra i soggetti attivi, la complessità della progettazione aumenta ulteriormente. La gestione delle informazioni e delle scelte viene svolta attraverso meccanismi interpretativi in cui a livello teorico si rendono esplicite le sintesi prima logicamente e intuitivamente effettuate sulla base dell’esperienza dalle diverse maestranze. Si centralizzano le conoscenze e si trasferiscono atti predefiniti nel quadro di numerose soluzioni offerte dalla produzione; si cerca di oggettivare il percorso decisionale con una struttura interpretativa che fraziona e isola le parti e crea per ciascuna di esse le diverse soluzioni perseguibili: le valuta, le “pesa”, le quantifica, le contabilizza. Obiettivo è la confrontabilità delle scelte, ma tale auspicata confrontabilità comporta una teorizzazione estranea ai processi operativi e allontana dalla conoscenza effettiva delle soluzioni. Si prenda, ad esempio, l’educazione tecnica di un individuo che voglia imparare ad andare in windsurf: oggi essa è impostata con la comunicazione orale di alcune indicazioni e poi maturata attraverso l’esperienza diretta con l’attrezzo verificata dagli istruttori. Se si volesse costituire un manuale di uso in cui fossero indicate tutte le condizioni in cui si potrebbe trovare il discente, a partire dalle infinite relazioni tra condizioni di mare, di vento e i micro-movimenti da attuare per mantenere l’equilibrio sull’attrezzo in movimento, esso sarebbe di migliaia di pagine. Se il manuale fosse impostato come processo decisionale, dando a ogni condizione la possibilità di alternative e creando per ciascuno di esse uno scenario connesso, le pagine sarebbero di numero esponenzialmente superiore. Questa è la differenza tra una cultura tecnica trasmessa oralmente e praticata direttamente
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e quella trasmessa attraverso una manualistica specifica e para-scientifica. Le attività e le trasformazioni si vorrebbero regolate in maniera così profonda che spesso il processo di verifica assume un valore superiore alla qualità medesima e ciò comporta che un materiale certificato non necessariamente è migliore a livello di qualità ambientale e sociale di uno non certificato (si pensi al polistirene e alla terra cruda). Sarebbe opportuno eliminare la ridondanza di complessità e ridare valore alle azioni semplici che hanno maggiore facilità a essere comprese e attuate e, se estesamente diffuse, conducono a obiettivi molto più qualificanti. Se le abitazioni delle periferie urbane degli ultimi settanta anni fossero state costruite con delle tamponature esterne di spessore doppio di quelle utilizzate, se gli infissi avessero adottato vetri di maggiore spessore e telai di migliore qualità, si sarebbe consumata in questi anni una enorme quantità di energia in meno. Obiettivo non è la realizzazione di un singolo edificio, ma promuovere e praticare una cultura del costruire che riduca le emissioni e migliori la qualità ambientale degli insediamenti esistenti. Nella società contemporanea è importante che i gesti e le azioni semplici acquisiscano lo stesso valore di quelli complessi perché essi possono consentire il raggiungimento di obiettivi altrimenti irraggiungibili. È evidente che in questo fare esiste una complessità non connessa alla realizzazione materiale della soluzione ma alla modificazione degli interessi che tendono a ridurre esageratamente i costi di produzione e a scaricare gli oneri di gestione sugli abitanti. Si preferisce una soluzione tecnica diffusa e semplice, una soluzione di sistema, difficile da raggiungere se non attraverso l’educazione, la sensibilizzazione, la partecipazione e, quindi, attraverso un’azione culturale oggi raramente condivisa dai progettisti. Questi, preparati su di un bagaglio educativo e tecnico prono all’attuazione delle richieste della committenza, delle norme e teso all’imitazione delle meraviglie dei “grandi”, dubitano che le decine di anni di studio e specializzazione necessari per svolgere la propria professione siano giustificati dall’incremento di spessore della parete, ignorando che il loro ruolo non dovrebbe risolversi solo nel dimensionamento della stessa ma nel rendere possibile la sua costruzione. Sussistono così due principali culture negative: una che interessa una parte minima delle quantità del costruito, caratterizzata da costi elevati, immagini forti, desiderio di monumentalità; un’altra che interessa la stragrande quantità del costruito, caratterizzata da costi ridotti e scarse qualità ambientali, ottenuta raccapezzando prodotti “innovativi” promossi dalle aziende con manuali e pubblicità. Attraverso di esse si costituisce una vera e propria frattura, ambientalmente nociva, tra cultura tecnica e comunità. La pratica di soluzioni semplici, con un livello di complessità mai superiore all’indispensabile, può essere lo strumento di riaggregazione della menzionata frattura, consentendo il consolidarsi di una cultura del costruire non elitaria, diffusa nella comunità, che vede consapevolmente partecipi alla costruzione degli edifici maestranze e abitanti e attua soluzioni specifiche non mirate all’affascinazione, né alla gratificazione della creatività individuale, ma alla qualità della vita quotidiana. Architetture in laterizio e sostenibilità Se il processo di progettazione è volto alla riduzione del “peso” ambientale, tutte le scelte, anche quelle formali, sono fatte con l’obiettivo del suo raggiungimento. Conoscere e interpretare i caratteri dei materiali e delle tecniche è indispensabile per non inficiare, fin dall’inizio, la qualità dei risultati. Se, infatti, in generale solo alcuni materiali e tecniche sono di per sé insostenibili, per molti è il loro uso inappropriato e l’incongruo obiettivo progettuale a renderli tali, e se alcuni di essi assumono valore positivo solo in determinate applicazioni, fornendo risposte specifiche valide in definiti contesti operativi, altri presentano caratteri ambientali positivi validi nella generalità delle condizioni di uso. Ad esempio, il polistirene è molto economico e di grande facilità applicativa; è però anche materiale energivoro la
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Quartiere residenziale “San Pietro” Pieve di Cento (Bologna), Italia, 1998-2008 Angelo Mingozzi
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Attraverso una progettazione integrata, dalla scala insediativa a quella di dettaglio, volta al raggiungimento di definiti obiettivi di sostenibilità fissati, l’intervento di case a schiera nel quartiere “San Pietro” si pone quale cerniera tra ambito urbano e rurale, definendo spazi abitativi integrati con l’ambiente naturale. Il verde è concepito come elemento unificante del progetto, sia a livello percettivo sia funzionale. L’infilata di alberi lungo la strada principale del comparto, del quale costituisce l’asse portante, definisce un cono visivo verso la campagna, che, dall’interno dell’edificio a corte situato a ovest del comparto, si apre verso est concludendosi con una zona di verde sportivo. Specie arboree e arbustive sono scelte e posizionate in funzione della potenzialità di ombreggiamento e raffrescamento di percorsi ed edifici: filari di alberi lungo i percorsi interni, siepi e pergolati, che segnalano gli ingressi ai lotti, integrano il verde urbano alla campagna circostante, dove il macero esistente viene alimentato dalle acque meteoriche del quartiere. La disposizione dei lotti e il dimensionamento in altezza degli organismi edilizi mirano a ottimizzarne l’esposizione al sole, in particolar modo durante la stagione invernale: tutti gli edifici volgono le spalle alle strade, cioè a nord, in difesa dai rigori invernali e dall’inquinamento acustico e atmosferico dovuto al traffico veicolare, e si aprono a sud, per beneficiare di luce e calore del sole e dell’ombra del verde. I fattori climatici locali hanno orientato il progetto sia sotto il profilo tipomorfologico e distributivo sia sotto quello tecnologico.
CREDITS
Progettista: A. Mingozzi (Ricerca e Progetto, Galassi, Mingozzi e Associati) Collaboratori: G. Fabbri (prog.); G. Carta (DL); R. Malagoli (aspetti botanicovegetaz.); S. Di Nuzzo (geologia) - Committente: DAP Srl - Direzione lavori: A. Mingozzi - Coordinamento sicurezza: G. Fiocchi - Sistema del verde: Ricerca e Progetto, Galassi, Mingozzi e Associati - Consulenti: U. Finarelli (strutture); S. Bottiglioni (impianti); Studio S.C.I.-Bologna (impianti elettrici) - Impresa edile: DALVA Srl. SISTEMA AMBIENTALE
Contesto insediativo: quartiere residenziale oggetto del Piano Particolareggiato Zona di Espansione Residenziale C1 Comparto n. 1, lotti 22-23-24 - Categoria dell’intervento: nuova costruzione - Tipologia: edifici a schiera di 6+2 unità abitative su due piani fuori terra - Destinazione: residenza. SISTEMA TECNOLOGICO
Tecnica costruttiva: in opera - Struttura: muratura portante in blocchi semipieni di laterizio porizzato rettificati a incastro, messi in opera con giunti sottili di malta speciale a bassa conduttività sp. 0,1 cm, su fondazioni a travi continue in c.a. Copertura: a falde: (dall’intradosso verso l’estradosso) 1. travi in legno massello di abete europeo proveniente da foreste “certificate” sp. 20 cm; 2. tavolato a vista in legno di abete sp. 2,5 cm; 3. lastra isolante in polistirene espanso estruso sp. 10 cm; 4. foglio di polietilene espanso a cellule chiuse; 5. listelli di legno di abete sp. 6 cm; 6. tavolato in legno di abete sp. 2 cm; 7. guaina impermeabilizzante ardesiata sp. 0,4 cm; 8. manto di copertura in coppi di laterizio - Chiusure verticali opache: a - (parete sud, est, ovest) muratura esterna portante intonacata tipo P1 sp. 45 cm; b - (parete nord su spazi distributivi) muratura esterna portante con finitura faccia a vista tipo P2 sp. 45 cm; c - (parete nord su bagni) muratura esterna portante intonacata tipo P3 sp. 45 cm - Chiusure verticali trasparenti: serramenti in legno lamellare di abete verniciati a smalto con prodotto monocomponente a base d’acqua, dotati di doppia guarnizione sull’anta fissa, vetrocamera bassoemissivo, intercapedine in argon e vetro interno stratificato antinfortunio Solai di piano: (dall’intradosso verso l’estradosso) 1. intonaco interno di calce idraulica sp. 1 cm; 2. solaio in laterocemento sp. 16+4 cm; 3. sottofondo in cls alleggerito con additivo schiumogeno sp. 10 cm; 4. tubi in polipropilene per impianto di riscaldamento a pannelli radianti; 5. sottofondo in cls sp. 7 cm; pavimento sp. 1 cm - Solai a terra: (dall’intradosso verso l’estradosso) 1. vespaio in ghiaia sp. 20 cm; 2. massetto in c.a. con rete elettrosaldata sp. 10 cm; 3. guaina impermeabile sp. 0,4 cm; 4. sottofondo in cls alleggerito con additivo schiumogeno sp. 7 cm; 5. lastra isolante in polistirene espanso sp. 5 cm; 6. sottofondo in cls sp. 7 cm, con annegati tubi in polipropilene per impianto di riscaldamento a pannelli radianti; 7. pavimento sp. 1 cm. CARATTERI TECNICO-DIMENSIONALI DEI SISTEMI TECNOLOGICI IN LATERIZIO
Tipologia di prodotto: blocchi semipieni rettificati a incastro, in laterizio alleggerito in pasta con farina di legno 38x25x24,9 cm (muratura sud) e 25x33x24,9 cm (muratura nord); mattoni pieni UNI 5,5x12x25 cm; coppi; pignatte Tipologia di parete: monostrato intonacata (parete sud); a cassetta (parete nord). STRATEGIE DI SOSTENIBILITÁ
Corretto orientamento degli ambienti; uso di materiali naturali e privi di sostanze tossiche: laterizio, legno, sughero, intonaci a base di calce idraulica naturale, vernici minerali a calce o ai silicati; dispositivi schermanti: aggetti di copertura, scuri, tende avvolgibili; uso del verde per attenuare l’irraggiamento e l’effetto albedo e favorire l’evapotraspirazione; pacchetti murari differenziati in funzione dell’orientamento; isolamento e inerzia termica in murature e solai; ventilazione naturale incrociata, integrata da ventilazione meccanica controllata, con recupero di calore; copertura ventilata; impianto di riscaldamento a pannelli radianti; pannelli solari termici e pannelli fotovoltaici.
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Pianta piano terra delle case a schiera
Pianta piano primo delle case a schiera
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Sul piano distributivo, gli alloggi sono internamente articolati in tre aree funzionali: la zona giorno è collocata a sud, esposta alla luce naturale; gli spazi distributivi e i servizi igienici al centro, contenuti in volumi rivestiti in laterizio faccia a vista; le autorimesse e le cantine a nord, con funzione di spazi tampone. Sul piano tecnologico, l’analisi dell’impatto sole-aria ha orientato il dimensionamento delle aperture e dei relativi sistemi di schermatura - elementi fissi quali sporti dei tetti e pergolati ed elementi mobili quali scuri e tende - e la differenziazione, rispetto all’orientamento, dei sistemi costruttivi delle murature esterne. Negli ultimi edifici progettati, che occupano i lotti 22, 23 e 24, la cui costruzione è iniziata nel 2006 e si è conclusa nel 2008, sono state attuate strategie di razionalizzazione tipologico-impiantistica, finalizzate, da un lato, a garantire la manutenibilità degli impianti attraverso la creazione di vani tecnici ispezionabili che consentono di ridurre i percorsi delle canalizzazioni, dall’altro, a ottimizzare costi e tempi di costruzione, oltre a ridurre al massimo gli errori di esecuzione. Pianta piano terra (in alto) e pianta piano primo (in basso) degli edifici bifamiliari
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In contrasto con la linearità superficiale del fronte sudovest, l’articolazione planovolumetrica del fronte nord-est consente di posizionare i garage e i servizi igienici entro volumi sporgenti, contraddistinti da colori accesi e diversi. In leggero arretramento rispetto al filo dei fronti colorati, sono gli spazi-portico che proteggono l’ingresso alle abitazioni.
Il fronte sud-ovest dell’edificio bifamiliare, simile ai vicini edifici a schiera, presenta aggetti di copertura, per l’ombreggiamento della parte alta delle superfici murarie esposte alla radiazione solare pomeridiana, e pergole in legno che definiscono gli spazi esterni. Diversamente dalle schiere, le pergole non sono posizionate in sequenza al fine di garantire la privacy, escludendo la vista dello spazio di pertinenza della residenza contermine. Analogamente alle schiere, l’ingresso alle residenze è definito da un portico, con aperture su due lati, che diventa balcone al livello superiore.
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Al fine di conseguire un efficiente comportamento termo-igrometrico degli organismi edilizi e, nel contempo, ridurre il fabbisogno energetico durante l’anno, il progetto mette in campo strategie costruttive differenziate a seconda dell’orientamento delle facciate. Le murature in blocchi di laterizio porizzato, scelti per le proprietà termoisolanti del materiale e per la possibilità dell’assemblaggio a secco dei blocchi a incastro, presentano stratigrafie diverse a seconda dell’orientamento: quelle rivolte a sud, concepite sul criterio bioclimatico della massa termica, sono murature monostrato, con funzione di regolazione e valorizzazione degli apporti termici; quelle rivolte a nord, che funzionano secondo il principio della resistenza termica, sono murature a cassa vuota che, mediante l’intercapedine d’aria e lo strato isolante, limitano le dispersioni termiche da e verso l’esterno. Queste strategie costruttive, che operano nei termini dell’isolamento dell’involucro per la climatizzazione passiva degli ambienti interni, sono integrate da tecnologie attive di ventilazione, ricambio, filtraggio e riscaldamento dell’aria. La ventilazione meccanica controllata è demandata a un sistema con recupero del calore a elevato rendimento; al riscaldamento provvede un sistema a pavimento radiante, alimentato da una caldaia stagna murale a condensazione, funzionante a gas metano, a basso consumo energetico. Impianti di solare termico e fotovoltaico contribuiscono, rispettivamente, alla produzione di acqua calda sanitaria, che viene stoccata in un serbatoio di accumulo, e alla generazione di energia elettrica. Nello specifico, gli alloggi dei comparti 22, 23 e 24 sono stati dotati di caldaie a condensazione, di pavimenti radianti e della predisposizione per l’installazione di pannelli solari termici e fotovoltaici, lasciando agli acquirenti la possibilità di scegliere se dotare il proprio alloggio del sistema di ventilazione meccanica controllata e se installare subito i pannelli solari termici e fotovoltaici. Accorgimenti di natura costruttiva sono stati adottati per l’isolamento acustico dai rumori esterni e interni alle abitazioni, con attenzione particolare alle partizioni tra gli appartamenti, tra questi e gli spazi di relazione, tra le zone giorno e le zone notte.
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Schema della localizzazione delle tre tipologie di murature esterne
Vista di una muratura esterna lato sud in costruzione, del tipo P1, dopo l’armatura del cordolo in cemento armato, in corrispondenza del nodo tra la muratura e la copertura ventilata in legno. I pannelli in fibre di legno legate con cemento servono a isolare il cordolo, per la correzione dei ponti termici.
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Particolare della muratura tipo P1: muratura esterna portante intoncata (parete sud), valore di trasmittanza U=0,34 W/m2K
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Particolare della muratura tipo P2: muratura esterna portante con finitura faccia a vista, valore di trasmittanza U=0,30 W/m2K
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5 8 11 6 12 9 2 1 3 10 11 finitura interna con pittura a calce caolino 12 intonaco per interno predosato composto da una miscela di calce idraulica naturale e inerti selezionati 13 muratura portante realizzata con blocchi semipieni rettificati a incastro in laterizio porizzato con farina di legno, conducibilità termica ⱹ 0,19 W/mK 14 muratura portante realizzata con blocchi semipieni rettificati a incastro in laterizio porizzato con farina di legno, conducibilità termica ⱹ 0,225 W/mK 15 allettamento con malta speciale per giunti sottili 16 intonaco per esterno predosato composto da una miscela di calce
Particolare della muratura tipo P3: muratura esterna portante intonacata lato nord, valore di trasmittanza U=0,29 W/m2K
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idraulica naturale e inerti selezionati, fondo fibrorinforzato e finitura a base di calce e cemento muratura faccia a vista tipo a mano di dimensioni UNI 5,5x12x25 cm intercapedine d’aria lastra isolante in polistirene espanso estruso (nel processo di espansione utilizza CO2 e non CFC, HCFC o HFC mattoni forati in laterizio di dimensioni 25x5x8 cm allettamento con miscela predosata di calce idraulica naturale, sabbie selezionate e cariche minerali espanse composte in curva granulometrica appropriata finitura esterna con pittura a base di resine acriliche e silassoniche
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11 staffa di ancoraggio in acciaio inox per fissaggio scossalina 12 scossalina sagomata in acciaio inox 13 griglia di protezione antivolatile in acciaio inox 14 staffa di ancoraggio in acciaio inox per fissaggio scossalina e griglia di protezione antivolatile 15 blocchi semipieni rettificati a incastro, in laterizio porizzato con farina di legno 16 copertura: - scossalina in acciaio inox sagomata, ancorata alla trave di chiusura - manto di copertura in coppi di laterizio su guaina ardesiata impermeabilizzante sp. 4 mm - tavolato in legno di abete trattato ai sali di boro - listelli di legno di abete trattato con sali di boro, sezione 6x4 cm - lastra isolante in polistirene espanso estruso, sp. 10 cm - polietilene espanso reticolato a cellule
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chiuse, accoppiato a gomma tavolato in legno di abete trattato ai sali di boro travi in legno massello trattato ai sali di boro pannello isolante in fibre di legno legate con cemento sp. 3 cm allettamento con malta termica sp. 1 cm rete in fibra di vetro parapetto finestra con controtelaio in acciaio zincato, telaio fisso e apribile in legno di abete striscia isolante di bordo in polietilene a cellule chiuse sp. 1 cm solaio di interpiano: pavimento interno sottofondo per pavimenti tirato a frattazzo tubi in polipropilene per impianto di riscaldamento a pannelli radianti sottofondo da riempimento in cls alleggerito con additivo schiumogeno - solaio strutturale in laterocemento (16+4 cm)
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- intonaco per interno, composto da una miscela di calce idraulica naturale e inerti selezionati 14 guaina tagliamuro 15 solaio controterra: - pavimento interno - sottofondo per pavimenti tirato a frattazzo - tubi in polipropilene per impianto di riscaldamento a pannelli radianti - lastra isolante in polistirene espanso - sottofondo da riempimento in cls alleggerito con additivo schiumogeno - guaina impermeabile - massetto in cls armato con rete elettrosaldata ø 8/20x20 - foglio di polietilene - strato di pietrisco spaccato di granulometria variabile 30-70 mm - terreno esistente risultante dopo lo sbancamento 16 vespaio in ghiaia 30-70 mm 17 getto di pulizia in magrone di cls
18 fondazioni in c.a. 19 blocco cassero prefabbricato in cls riempito con getto in cls 20 sottofondo in misto stabilizzato 30-70 mm 21 massetto in c.a. con rete ø 8/20’x20’ con inerti ø 16/30’ 22 pavimentazione in c.a. con rete elettrosaldata e successivo spolvero di cemento puro lisciato 23 guaina impermeabile 24 cordolo in c.a. 25 soglia esterna con gocciolatoio in pietra serena sp. min. 3 cm 26 malta di allettamento 27 scuro esterno in legno di abete 28 profilo in acciaio zincato a caldo 60x5 mm 29 rete in fibra di vetro 30 muratura tipo P1 31 bancale esterno con gocciolatoio in pietra serena sp. min. 3 cm 32 elemento in acciaio per ancoraggio travi
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23 Sezione terra-cielo della muratura esterna lato sud
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Vista della copertura ultimata
Schema del comportamento bioclimatico dell’edificio in regime invernale, al solstizio d’inverno (21 dicembre)
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Vista di un solaio di piano in laterocemento in fase di costruzione
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Schema del comportamento bioclimatico dell’edificio in regime estivo diurno, al solstizio d’estate (21 giugno)
Schema del comportamento bioclimatico dell’edificio in regime estivo notturno, al solstizio d’estate (21 giugno) 11 pannelli solari 12 copertura inclinata, valore di trasmittanza termica U=0,33 W/m2K 13 muratura lato sud, valore di trasmittanza termica U=0,34 W/m2K 14 muratura lato nord, valore di trasmittanza termica U=0,29 W/m2K 15 massa inerziale di accumulo 16 solaio controterra, valore di trasmittanza termica U=0,43 W/m2K 17 raffrescamento radiativo
18 espulsione del calore termico mediante ventilazione trasversale degli ambienti 19 ventilazione della copertura 10 muratura con elevata massa inerziale 11 tenda avvolgibile con funzione schermante 12 manto erboso per ridurre l’albedo al suolo
A d r i a n o Pa o l e l l a
questo volume è raccomandato da wwf italia
architettura 35 proposte nel mondo sostenibile e laterizio criteri, tecniche, esempi
Questo volume fa parte della campagna Generazione Clima
È possibile immaginare in architettura risposte al cambiamento climatico? C’è spazio per una cultura diffusa del costruire sostenibile? Tuttora, di fronte all’enorme distanza che separa l’attività edilizia “quotidiana” dalle esperienze più innovative la risposta sembra scontata, ed è no. Forse, però, gli interrogativi da porsi dovrebbero essere altri: esiste la possibilità di diffondere nelle pratiche costruttive e nella cultura architettonica correnti un’idea di qualità che risponda ai requisiti ambientali, economici e sociali propri di un modello di sviluppo sostenibile? E il laterizio, simbolo del costruire nei climi mediterranei, il materiale che determina il volto del nostro paesaggio costruito, storico e contemporaneo, può essere parte di questo processo? Le risposte si trovano nelle 35 opere illustrate in questo volume, realizzate da progettisti come Thomas Herzog, Glenn Murcutt, Feilden Clegg Bradley Studios, Rafael Moneo, Cino Zucchi e molti altri, che evidenziano come l’uso del laterizio consenta di mettere in atto strategie di sostenibilità propriamente architettoniche, relazionate al contesto, alla forma, all’involucro. Adattabilità, semplicità dei sistemi costruttivi e della messa in opera, durabilità, facilità di manutenzione, buone prestazioni in termini di efficienza energetica, definiscono per questo materiale un potenziale ruolo da protagonista nella svolta verso la sostenibilità in edilizia. Caratteristiche ideali specie quando si tratta di costruire il necessario, di intervenire sull’esistente, di recuperare e migliorare gli organismi edilizi e insediativi.
46,00 euro
arch itettura soste n ibile e late rizio
esperto di pianificazione e progettazione ambientale e docente di tecnologia presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria. Fin dal 1979 ha coordinato e diretto, per diverse società di ingegneria, piani, studi, attività di sperimentazione applicata, ricerche e progetti ambientali. Presidente di WWF Ricerche e Progetti, e presidente della Iaed – Associazione di progettazione ambientale, ha svolto e svolge tuttora un’intensa attività editoriale. Tra le sue ultime pubblicazioni: Abitare i luoghi (2004), Progettare per abitare (2004), Identificazione e cambiamenti nel paesaggio contemporaneo (2005), L’ombra dei grattacieli (2006) e Attraverso la tecnica (2008).
A d r i a n o Pa o l e l l a
Adriano Paolella , architetto,
ISBN 978-88-89014-97-4
Edizioni Ambiente