Rifiuti n. 216 aprile 2014

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RIFIUTI

aprile 2014 mensile

n. 216 (04/14) Euro 14,00

Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano

bollettino di informazione normativa

1994-2014

L’intervento Discariche: circolari e ordinanze. I ministri passano e i problemi restano di Paola Ficco

pag. 4

Legislazione norme nazionali L’accordo di programma sblocca la bonifica nei Sin

Decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145

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Decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150

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il commento di Francesco Petrucci Sistri e discariche trovano ossigeno nel milleproroghe Ecomafia, debutta la nuova Commissione bicamerale d’inchiesta

Legge 7 gennaio 2014, n. 1

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Giurisprudenza 231 ambiente: la confisca si ha solo per i reati presupposto previsti dalla legge

Corte di Cassazione – Sentenza 24 gennaio 2014, n. 3635

Formulario: si applica il regime sanzionatorio originario, nonostante la confusione generata dal Sistri

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Corte di Cassazione – Sentenza 28 gennaio 2014, n. 3692

26 31

Corte di Cassazione – Sentenza 28 gennaio 2014, n. 3718

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il commento di Pasquale Fimiani Favor rei, non si applica a fronte di norme eccezionali e temporanee Discarica: è abusiva con l’abbandono di materiali eterogenei per livellare il terreno

Corte di Cassazione – Sentenza 13 febbraio 2014, n. 6986

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Rubriche Quesiti a cura di Paola Ficco, Daniele Bagon, Gabriele Taddia Focus Rifiuti e sanzioni amministrative a cura di Italia Pepe Osservatorio Raee a cura di Maria Letizia Nepi

Edizioni Ambiente

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I l Codice

penale si accinge ad arricchire le sue previsioni con quelle in materia di delitti contro l’ambiente. Infatti, lo scorso 26 febbraio la Camera dei Deputati ha approvato uno specifico Ddl che aggiunge il Titolo VI-bis al libro II del Codice penale. Ora il testo è all’esame del Senato. I delitti in discussione sono quattro e precisamente: inquinamento ambientale (articolo 452-bis, C.p., punito con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10mila a 100mila euro); disastro ambientale (articolo 452-ter C.p., punito con la reclusione da 5 a 15 anni); traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (articolo 452-quinquies C.p., punito con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro); impedimento al controllo ambientale (articolo 452-sexies C.p., punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni). Circostanze attenuanti e aggravanti trovano sede in previsioni specifiche. Il ravvedimento operoso di chi collabora con le Autorità prima della definizione del giudizio consente che le pene previste siano diminuite dalla metà a due terzi. La pena però non è fine a sé stessa perché in caso di condanna il Giudice disporrà sempre non solo la confisca dei beni oggetto della condotta delittuosa o del relativo profitto ma obbligherà anche il condannato al recupero e al ripristino dello stato dei luoghi (se possibile). Il condannato non potrà contrattare con la P.a. né partecipare a gare. Il reato di inquinamento ambientale è previsto anche a carico di chi compromette la biodiversità agraria. Un primo passo verso un’agricoltura tradizionale, biologica, di qualità e priva di contaminazioni genetiche. Questi nuovi reati si aggiungeranno anche ai reati presupposto di cui al sistema 231 per la responsabilità amministrativa dell’impresa in dipendenza del reato ambientale. Un nuovo apparato sanzionatorio degli illeciti amministrativi e penale aggiunge una Parte VII al “Codice ambientale”. Una nuova era, dunque, o meglio un nuovo corso che arriva dopo che troppo territorio è stato umiliato e che ancora invoca a gran

voce una spiegazione e una giustificazione. È strano, però, che tutto questo stia per avvenire solo ora e che percorsi iniziati tanto tempo fa si siano silentemente interrotti (era il 24 aprile 2007 quando il Consiglio dei Ministri approvava un apposito Ddl in materia, naufragato come altre iniziative analoghe). Scempio del territorio, aggressione brutale alle popolazioni, nessun aiuto (basterebbero controlli uniformi e leggi chiare) alle aziende che provano a rispettare le regole, assenza dello Stato; il tutto visto attraverso il cristallino dello scandalo che diventa norma. È così che si è costruito il solido muro fatto di coscienze appiattite e abbagliate dall’ultimo smartphone “made in China”, mentre i programmi ministeriali fanno sì che a scuola la filosofia (materia che producendo conoscenza forma i cittadini di domani) si studi sempre di meno. Un destino, quello dell’Italia, giocato sempre ai limiti, sempre in bilico tra fortuna e caso. L’Italia che con la terra dei fuochi ha fatto della tutela della vita umana e della ricerca della verità una delle molte bugie che spesso accendono la sua realtà, dove il realismo è (al contrario della tecnica letteraria) un inganno per far credere falso ciò che esiste. Ed è grazie a questo e ad altri inganni che ormai più di due generazioni non hanno più una storia ma solo un destino. Così abbiamo brandelli di verità, pezzetti di cronache, stralci di deposizioni che restituiscono il grande teatro di una realtà svelata a sorpresa. Un qualcosa che va oltre il fatto, un intreccio di eventi e di incontri, una commistione delle idee, delle leggi e delle emozioni. Tutto arruffato in una infinita bolgia di malaffare e incapacità di gestione della cosa pubblica. Una realtà che il Benedetto Croce dell’ultimo periodo aveva quasi prefigurato quando parlava dell’“Anticristo che è in noi” e che restituiva l’impressionante immagine della civiltà umana “come il fiore che nasce sulle dure rocce e che un nembo avverso strappa e fa morire”. Paola Ficco


Premessa

L’intervento

RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 216 (04/14)

Discariche: circolari e ordinanze. I ministri passano e i problemi restano di Paola Ficco

Link di approfondimento Per un approfondimento “Sistri: sintesi sui soggetti obbligati tra legge 125/2013 e Circolare del 31 ottobre 2013. Prospettive e alcune cose da non dimenticare”
di Paola Ficco, su questa Rivista n. 215, marzo 2014, p. 4 FORMAZIONE di Reteambiente sui rifiuti “Sistri: dimostrazione pratica per la soluzione dei casi (anche i più complessi)” Milano, 14 aprile 2014 NOVITÀ EBOOK “SISTRI, come fare – Soggetti obbligati e adempimenti” (a cura della Redazione normativa di Edizioni Ambiente): una snella guida in formato elettronico composta da: – un manuale che affronta con taglio sintetico e pratico i vari passaggi imposti dalla normativa Sistri; – un’appendice normativa recante il testo aggiornato dei provvedimenti che disciplinano in modo diretto la materia.

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Con la Circolare U. prot. Gab-2009-0014963 del 30 giugno 2009 inviata alle Regioni il Ministro dell’ambiente pro tempore (on. Prestigiacomo) forniva alcuni chiarimenti operativi sull’ammissibilità dei rifiuti in discarica ai fini della corretta applicazione del Dlgs 36/2003 e del Dm 3 agosto 2005. Con la Circolare del 6 agosto 2013, anch’essa inviata alle Regioni, il Ministro dell’ambiente pro tempore (on. Orlando) dichiarava che (in ragione della procedura di infrazione comunitaria e delle nuove norme di ammissibilità dei rifiuti in discarica di cui al Dm 27 settembre 2010) la pregressa Circolare del 30 giugno 2009 e le indicazioni ivi presenti “non sono più efficaci”. In sostanza, in discarica non può più essere recapitato il rifiuto cd. “tal quale”, anche se precedentemente sottoposto a sola tritovagliatura. Entrambi i Ministri non ci sono più, ma permane la situazione di disagio di moltissimi impianti in Italia che, fidando nella prima Circolare, hanno organizzato in modo conseguente i loro piani industriali e le Aia di cui sono in possesso dispongono in omaggio alla cd. “Circolare Prestigiacomo”. Ovviamente, quanto contenuto in tale Circolare del 2009 non poteva non condurre (come ha condotto) all’infrazione comunitaria. Per arginarla, la Circolare del 2013 ha “revocato” la precedente. Ministri che cambiano, problemi che restano, perché ora o gli impianti di discarica chiudono oppure devono operare in base a ordinanze contingibili e urgenti che (fino alla modifica delle autorizzazioni in essere e all’acquisto dei relativi macchinari) legittimano la continuazione della tritovagliatura intesa come una forma di pretrattamento del rifiuto indifferenziato ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui all’articolo 7, comma 1, Dlgs 36/2003. Oppure il rifiuto “tal quale” viene inviato ad impianti di biostabilizzazione e, una volta essiccato, ripreso. Il tutto fa lievitare costi e spostamenti. Forse, se nel 2009 si fosse evitato di “accomodare” una situazione che già avrebbe dovuto essere osservata sin dal 2003, oggi avremmo un problema in meno.

L’infrazione comunitaria e le norme di ammissibilità dei rifiuti in discarica

La cd. “Circolare Orlando” trova il proprio fondamento in una specifica procedura d’infrazione. È la stessa Circolare, infatti, che ricorda come la Commissione europea, con nota del 17 giugno 2011, ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di costituzione in mora [SG(2011)D/9693 C(2011)4113] per violazione delle direttive 1999/31/Ce (discariche) e 2008/98/Ce (rifiuti). Nell’ambito della procedura di infrazione n. 2011/4021, la stessa Commissione, con il parere motivato prot. 9026 del 1° giugno 2012, ha fornito chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di trattamento devono osservare per essere conformi al dettato comunitario e, con il ricorso depositato il 13 giugno 2013 contro la Repubblica italiana (C-323/13) ha, tra l’altro, rilevato la necessità di un trattamento adeguato anche sui rifiuti residuali provenienti da raccolta differenziata. A tal fine, la Commissione, ha precisato che: “il trattamento dei rifiuti destinati a discarica deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurre il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l’effetto (art. 1 – Direttiva 1999/31/Ce) di evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente nonché i rischi per la salute umana”; “…un trattamento che consiste nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa un’adeguata selezione delle diverse fra-


Pertanto, in discarica non può più essere recapitato il rifiuto “tal quale”, anche se precedentemente sottoposto a tritovagliatura. Questo perché, pur rappresentando un miglioramento della gestione dei rifiuti indifferenziati, la tritovagliatura (da sola) non soddisfa l’obbligo di trattamento di cui all’articolo 7, comma 1, Dlgs 36/2003 (articolo 6, lettera a), direttiva 1999/31/Ce).

Infatti, prosegue la Circolare del 2013 “le operazioni e i processi che soddisfano i requisiti minimi per rispettare il vincolo del conferimento in discarica dei soli rifiuti trattati sono il trattamento effettuato mediante tecnologie più o meno complesse come ad esempio la bioessiccazione e la digestione anaerobica previa selezione, il trattamento biologico e l’incenerimento con recupero di calore e/o energia”. La Circolare ricorda inoltre come la Commissione Ue abbia, con riferimento alla direttiva 1999/31/Ce e al Dlgs 36/2003, ritenuto “che la raccolta differenziata spinta non è di per se idonea a escludere la necessità di sottoporre a preventivo trattamento i rifiuti indifferenziati residuali se, oltre alla prova di aver conseguito gli obiettivi progressivi di riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili da collocare in discarica (art. 5), non viene data anche la dimostrazione (art. 7) che il trattamento non contribuisce a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi per la salute umana e non è indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente.”. Con riferimento al Dm 27 settembre 2010 la “Circolare Orlando” ricorda che tale Dm “ha superato le difficoltà applicative che avevano reso necessario definire il regime transitorio” di cui alla “Circolare Prestigiacomo”; infatti, il nuovo Dm “ha superato le difficoltà applicative del Dm 3 agosto 2005 dovute al limite molto restrittivo del parametro DOC (Carbonio Organico Disciolto) nell’eluato (test di cessione) che non era raggiungibile per alcune tipologie di rifiuti non pericolosi di matrice organica, ancorché ben stabilizzati biologicamente; limi-

Le ordinanze contingibili e urgenti

Le citate Circolari si sono lasciate alle spalle una grande confusione: la prima ha cercato di semplificare un ordine comunitario (sul quale, ovviamente, l’Europa si è scagliata) mentre la seconda ha cercato di ristabilire il sistema comunitario. Sta di fatto che, ad oggi, sul territorio nazionale esiste una effettiva situazione di emergenza che chiede interventi amministrativi urgenti e non differibili la cui adozione deve essere posta in relazione alla possibilità di intendere la tutela dell’igiene e della salute pubblica in senso ampio, sulla scorta di Consiglio di Stato, Sez. V, 2 aprile 2001, n. 1904 sui limiti posti al potere di ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco in materia ambientale, dove si legge che l’adozione di provvedimenti d’urgenza è correlata “alla possibilità di intendere la tutela dell’igiene e della salute pubblica in senso estensivo ed evolutivo come protezione dell’ambiente in tutte le sue componenti essenziali” (1). La sentenza (al pari di quella richiamata in nota) interpreta in senso estensivo l’articolo 38, legge 142/1990 (ora articoli 50 e 54, Dlgs 267/2000) sulla base del riconoscimento esplicito di una stretta saldatura tra la tutela dell’ambiente e quella della salute. Si ha così la necessità di dare luogo ad ordinanze contingibili e urgenti che non creano diritto nuovo bensì colmano le lacune del potere tipico mediante l’esercizio di un potere di rango normativo ma non legislativo, il che costituisce in ogni caso una eccezione rispetto al principio di tipicità dello strumento. È sempre più impellente per una lunga serie di amministrazioni locali ricorrere in questo momento allo strumento dell’ordinanza con riferimento a impianti di discarica che, fino a quando non saranno terminati i lavori per l’impianto (soprattutto) di biostabilizzatori, dovranno necessariamente operare in virtù di provvedimenti straordinari (soprattutto per rifiuti urbani) che consentano di proseguire con la tritovagliatura intesa come una forma di pretrattamento del rifiuto indifferenziato ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui all’articolo 7, comma 1, Dlgs 36/2003. Pertanto, di seguito si evidenziano le caratteristiche degli strumenti extra ordinem.

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Tale obbligo, previsto dall’articolo 7, comma 1, Dlgs 36/2003 “deve necessariamente includere un’adeguata selezione delle varie frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione di quella organica”.

te che, per le discariche di rifiuti non pericolosi, non era previsto dalla disciplina europea e rendeva di fatto inapplicabile il DLgs 36/2003.”. Infine, ricorda la Circolare del 2013 “è scaduto il regime transitorio di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36”, sicché occorre “dare piena attuazione al programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica previsto dall’articolo 5 del Dlgs 36/2003 e di incentivare la raccolta differenziata.”.

L’intervento Discariche

zioni dei rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi sulla salute umana… ai sensi della normativa comunitaria”; “…il metodo relativo alla raccolta differenziata…non potrebbe costituire un trattamento ai sensi dell’art. 6 lettera a) della direttiva 1999/31/Ce letto alla luce del combinato disposto dell’art. 1 della direttiva 1999/31/Ce e degli 4 e 13 a) della direttiva 2008/98/Ce in quanto il fatto che la percentuale di raccolta differenziata venga aumentata non autorizza a concludere che la parte di rifiuto che rimane indifferenziato non debba essere sottoposto ad un trattamento adeguato, comprensivo di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, prima della messa in discarica e pertanto non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi per la salute umana…”.

Caratteristiche del potere di ordinanza Le ordinanze contingibili e urgenti sono atti amministrativi e, come tali modificano l’area dei diritti e dei doveri dei destinatari che le ricevono. Tuttavia, le ordinanze de quo si distinguono dalla generalità degli atti amministrativi perché sono dotate del carattere della straordinarietà trattandosi di provvedimenti eccezionali. Tali ordinanze traggono la propria legittimità dalla finalità attribuita loro dalla legge che, in ultima analisi, risiede nella salvaguardia dell’interesse pubblico.

(1) Già in precedenza il Consiglio di Stato, Sez. V, 19 maggio 1998, n. 623 aveva ritenuto legittima l’emanazione di ordinanze anche quando la salute pubblica fosse minacciata da fenomeni di inquinamento ambientale.

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Corte di Cassazione – Sezione III penale Sentenza 24 gennaio 2014, n. 3635 La massima

Giurisprudenza

231 ambiente: la confisca si ha solo per i reati presupposto RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 216 (04/14)

previsti dalla legge

Responsabilità persone giuridiche ex Dlgs 231/2001 – Reati ambientali – Confisca – Profitto del reatopresupposto – Inclusione del reato nel catalogo dei reati presupposto previsti dalla legge – Necessità I reati-presupposto collegati all’indebito profitto dell’ente oggetto di sequestro finalizzato alla confisca sono solo quelli previsti dal Dlgs 231/2001 (responsabilità amministrativa degli enti per reato di dipendenti e collaboratori), pena violazione del principio di tassatività del sistema sanzionatorio. Va annullato il provvedimento di merito che dispone il sequestro ai fini della confisca ex articoli 19 e 53 Dlgs 231/2001 di beni di un gruppo imprenditoriale accusato di reati ambientali non inclusi, al momento della loro commissione, tra quelli individuati dal citato Dlgs 231/2001, ossia dopo l’entrata in vigore del Dlgs 121/2011. Se il profitto ex Dlgs 231/2001 è il vantaggio economico che deriva immediatamente dal reato-presupposto, la nozione di profitto come risparmio di spesa conseguito dall’ente presuppone comunque l’individuazione di un risultato economico positivo determinato dalla realizzazione del reato contestato. Inquadrare il profitto come vantaggio patrimoniale pari ai costi futuri che l’impresa avrebbe dovuto sostenere per adeguare gli impianti alle migliori tecnologie disponibili e fare cessare le violazioni delle norme ambientali, non appare condivisibile (F.P.).

Repubblica italiana In nome del popolo italiano La Corte Suprema di Cassazione Sezione sesta penale Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: (omissis) ha pronunciato la seguente:

Sentenza sul ricorso proposto da: (…) Spa; (…) Spa; avverso l’ordinanza n. … Tribunale Libertà di Taranto, del 15 giugno 2013; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. (omissis); sentite le conclusioni del P.G. Dott. (omissis), che ha concluso per l’annullamento con rinvio; uditi i difensori avvocati (omissis), che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto 18

1. Con provvedimento emesso il 15 giugno 2013, e depositato il 2 lu-

glio 2013, il Tribunale del riesame di Taranto ha rigettato le istanze proposte nell’interesse di (…) Spa e (…) Spa, confermando il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente emesso dal Gip presso il Tribunale di Taranto in data 22 maggio 2013, sino alla concorrenza della complessiva somma di euro 8.100.000.000,00, con riguardo a beni (ossia, denaro, saldi attivi di conti correnti bancari e/o postali, depositi a risparmio, dossier titoli ed eventuali cassette di sicurezza, partecipazioni in altre imprese, beni immobili e mobili registrati, impianti, macchinari, ecc.), nella disponibilità, anche mediante interposizione fittizia, ovvero interposizione reale fiduciaria, della società (…) Spa, ovvero dell’ente o degli enti eventualmente nati dalla sua trasformazione o fusione – anche per incorporazione – o scissione parziale (dunque, beni nella disponibilità sia dell’ente scisso, sia dell’ente, o degli enti, beneficiari della scissione). 1.1. In via solo residuale, ed in caso di incapienza dei beni sopra indicati, il provvedimento di sequestro ha esteso il suo oggetto sui beni immobili nella disponibilità – anche me-


vo a tali fattispecie delittuose, ai fini della causazione e quantificazione del profitto confiscabile, configurandole quale scopo della fattispecie associativa contestata nel capo sub A): in violazione della tassatività del sistema sanzionatorio contemplato nel su citato decreto legislativo, l’indefettibile correlazione causale tra reato-presupposto ed evento economico (ossia, il risparmio profitto in ipotesi confiscabile) viene omessa e sostituita con un diverso percorso logico-giuridico. L’ordinanza impugnata, in particolare, omette di correlare, sul piano causale, l’individuazione di un profitto oggettivo alle condotte associative e sostituisce nominalmente tale necessaria correlazione attraverso un riferimento ai delitti-scopo non compresi nel catalogo di cui al su citato decreto legislativo, articoli 24-25, omettendo tuttavia, anche rispetto a tali delitti-scopo, di determinare sul piano causale l’an ed il quantum del risparmio-profitto, ed in realtà individuando la genesi del risparmio non tanto nei delitti-scopo sub B), C) e D) – tipicamente inidonei, in ogni caso, alla produzione di qualsivoglia risparmio-profitto – quanto invece nelle omissioni in materia ambientale indicate nel diverso capo sub E). Si tratta, infatti, di figure delittuose di evento, e l’evento materiale – inquinamento dell’aria-ambiente, ovvero del sottosuolo – contemplato nella struttura di ciascuno dei predetti reati (articoli 434, 437 e 439 C.p.) non può mai arrecare un risparmio d’impresa; né, peraltro, i relativi eventi di pericolo o di danno dell’incolumità pubblica sono stati configurati alla stregua di antecedenti causali di alcuna quotaparte dell’entità economica attinta dall’impugnato provvedimento. 3.2. Violazione dell’articolo 606 C.p.p., comma 1, lettera b), in relazione al decreto legislativo n. 231 del 2001, articoli 2, 5 e 19 e articolo 25-undecies, comma 2, nonché al decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 29-bis e ss. ed al decreto-legge n. 207 del 2012, articolo 1, convertito nella legge n. 231 del 2012, avuto riguardo all’omessa correlazione causale del profitto agli allegati reati-presupposto in materia ambientale (capo sub E) dell’imputazione), sostituita invece con la correlazione non causale del valore sequestrato al costo presunto di investimenti futuri. Il provvedimento impugnato, ed ancor prima il capo d’imputazione e lo stesso decreto di sequestro, non istituiscono un nesso causale effettivo tra l’importo complessivo del-

la cautela reale e le singole ipotesi di reato ambientale, ma sostituiscono il presunto profitto con il danno, ed in particolare con il riferimento ad un programma di interventi futuri stilato dai custodi tecnici dell’area a caldo dello stabilimento (…), tuttora sottoposta a sequestro: i costi stimati per la ultimazione del programma, infatti, sarebbero il quantum degli illeciti risparmi pregressi, così eludendo la nozione tassativa di profitto del reato di cui al cit. decreto legislativo n. 231 del 2001, articolo 19. Il riferimento alla programmazione di interventi futuri non consente di distinguere tra i costi storici delle singole tecnologie omesse all’epoca in cui l’obbligo di applicazione era eventualmente assistito da sanzione penale ed ogni ulteriore e diversa implementazione delle prestazioni ambientali – peraltro programmata in applicazione di norme tecniche di nuovissima generazione – né si esaurisce nel contenuto e nelle scadenze temporali delle prescrizioni formalizzate nel decreto di riesame dell’Aia, ma vi ricomprende il riferimento alla perizia chimica redatta dai consulenti tecnici del Gip e della Procura della Repubblica di Taranto, ai sopralluoghi effettuati presso lo stabilimento, nonché agli standards europei previsti nelle c.d. “Bat conclusions” di cui alla decisione di esecuzione della Commissione europea 2002/135/ Ue del 28 febbraio 2012, laddove sono individuate le nuove “best available techniques”. Non v’è, inoltre, alcuna correlazione tra i costi del piano d’intervento oggetto di programmazione e le singole, pregresse, omissioni penalmente rilevanti in materia ambientale, che dovrebbero costituire il perno della qualificazione del presunto risparmio-profitto ex decreto legislativo n. 231 del 2001, articolo 19: le stesse, infatti, dovrebbero essere differenziate e collocate nello spazio e nel tempo, poi sussunte entro le normative e le autorizzazioni vigenti all’epoca del fatto, ed infine confrontate con la struttura del relativo illecito penale, mentre esse, pur avendo ad oggetto reati di condotta, sono prive di una qualsiasi data di consumazione, o, quanto meno, di inizio della presunta permanenza. In definitiva, non può confondersi la tassativa nozione di profitto con la quantificazione “prudenziale” – riguardo al capo sub I) – dei costi per l’attuazione di obblighi neppure sussistenti all’epoca della condotta. 3.2.1. Un’ulteriore censura viene sviluppata dai ricorrenti riguardo al fatto che il riferimento ad una pro-

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bientale, di prevenzione degli incidenti rilevanti e di igiene e sicurezza del lavoro. In particolare, secondo la contestazione racchiusa nel capo sub I), attraverso le condotte meglio specificate nei capi d’imputazione sub A), B), C), D) ed E), e nell’espletamento degli adempimenti previsti dalle norme vigenti nelle materie su indicate, i legali rappresentanti, gestori e datori di lavoro, unitamente ai dirigenti, capi area e responsabili dello stabilimento (…) Spa di (…), hanno cagionato danni ambientali agendo nell’interesse ed a vantaggio delle predette società, omettendo di provvedere all’attuazione delle necessarie misure di sicurezza, prevenzione e protezione dell’ambiente, quali interventi prudenzialmente quantificati nell’importo di euro 8.100.000.000,00, ritenuto necessario per effettuare tutte le opere di risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico. 2. Avverso la predetta ordinanza del Tribunale del riesame di Taranto hanno proposto ricorso per cassazione, con separati atti, i difensori di fiducia di (…) Spa e di (…) Spa, società rispettivamente costituitesi nell’ambito del procedimento penale, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, articolo 39, nelle persone di (…), quale consigliere delegato e legale rappresentante, e di (…), quale presidente e legale rappresentante. 3. Per quel che attiene alla posizione di (…) Spa i difensori hanno dedotto cinque motivi di doglianza, il cui contenuto viene di seguito illustrato. 3.1. Violazione dell’articolo 606 C.p.p., comma 1, lettera b), in relazione al decreto legislativo n. 231 del 2001, articoli 2, 5, 19 e 24-ter, con riferimento all’individuazione, tra i reati produttivi di profitto-risparmio confiscabile in capo all’ente, delle fattispecie dedotte nei capi d’imputazione sub B), C) e D). I delitti di cui all’articolo 434 C.p., commi 1 e 2, articolo 437 C.p., commi 1 e 2, articolo 439 C.p., rispettivamente contestati nei capi sub B), C) e D) – tutti richiamati all’interno del capo I) dell’imputazione – sono estranei al catalogo dei reati – presupposto dell’illecito amministrativo dell’ente e non possono, come tali, fondare imputazione nei confronti della società ex decreto legislativo n. 231 del 2001, articoli 2-5, né, tanto meno, contribuire alla determinazione e quantificazione del profitto del reato-presupposto ex articolo 19 del su citato decreto legislativo. Né è possibile attribuire alcun rilie-

Giurisprudenza Corte di Cassazione – Sentenza 24 gennaio 2014, n. 3635

diante interposizione fittizia, ovvero interposizione reale fiduciaria – della società (…) Spa, sempre che non si tratti di beni strettamente indispensabili all’esercizio dell’attività produttiva nello stabilimento siderurgico (…). 1.2. Con successivo decreto del 24 maggio 2013, inoltre, il Gip di Taranto ha integrato il precedente provvedimento del 22 maggio 2013, specificando che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente nei confronti della (…) Spa poteva essere eseguito anche su “rapporti e/o disponibilità finanziarie di qualunque tipo e quale che sia la loro denominazione”. 1.3. Il Tribunale del riesame ha ritenuto pienamente condivisibili le argomentazioni addotte dal Gip riguardo alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati presupposto previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2001, articolo 24-ter, comma 2, (articolo 416 C.p.) e dal cit. decreto legislativo, articolo 25-undecies, comma 2, lettere a), b), c), d), e) ed h) (ossia, i reati in materia ambientale previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006), sotto il profilo delle ulteriori condizioni richieste per l’accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente in dipendenza di tali reati, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, articolo 5 e ss., con riferimento alla (…) Spa ed alla società controllante (…) Spa. 1.4. L’oggetto del provvedimento di sequestro – ossia, i beni nella disponibilità delle società sopra indicate, fino alla concorrenza della complessiva somma di denaro su specificata – è stato stimato pari al presunto profitto dei reati presupposto di cui al capo sub I) della rubrica, nell’ambito di un procedimento penale già avviato nei confronti di (…) – già presidente del C.d.a. di (…) Spa ed attualmente presidente del C.d.a. di (…) Spa – di (…) – già presidente del Cc.d.a. di (…) Spa ed attualmente procuratore speciale di (…) Spa – di (…) – già vice-presidente, consigliere ed amministratore delegato del C.d.a. di (…) Spa ed attualmente vicepresidente di (…) Spa – di (…) – direttore e gestore dello stabilimento (…) sino al 3 luglio 2012 e dipendente di (…) Spa sino al 28 settembre 2012 – nonché di altri dieci dirigenti dello stabilimento (…) di (…), chiamati a rispondere di più delitti contro la pubblica incolumità – segnatamente, dei reati di cui agli articoli 434, 437 e 439 C.p. – nonché di reati contro la pubblica amministrazione e la pubblica fede, e di reati in materia di tutela am-

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Corte di Cassazione – Sezione III penale Sentenza 28 gennaio 2014, n. 3692 La massima

Giurisprudenza

Formulario: si applica il regime sanzionatorio originario, RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 216 (04/14)

nonostante la confusione generata dal Sistri

Trasporto rifiuti pericolosi – Articolo 258, comma 4, Dlgs 152/2006 – Modifica apportata dal Dlgs 205/2010 – Vuoto sanzionatorio normativo – Dlgs 121/2011 – Norma di carattere “interpretativo” – Formulari di trasporto rifiuti – Articolo 193, Dlgs 152/2006 – Valore certificativi della natura del rifiuto – Escluso 1. Il reato di trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nello stesso di dati incompleti o inesatti, previsto nella versione originaria dell’articolo 258, comma 4, Dlgs 152/2006, non è stato abrogato al momento di entrata in vigore del Dlgs 205/2010, in quanto la modifica della norma, con la previsione di una mera sanzione amministrativa per tale condotta, è operativa solo a partire dall’assoggettamento del trasporto, in via esclusiva, al SistrI, come confermato dall’articolo 4, Dlgs 121/2011, che ha introdotto nell’articolo 39, Dlgs 205/2010 il comma 2-bis, il quale, nel prevedere l’applicabilità delle sanzioni previste dall’articolo 258, nella formulazione precedente all’entrata in vigore del Dlgs 205/2010, ha natura di norma interpretativa e non innovativa, con la conseguenza che dette sanzioni sono applicabili anche ai fatti commessi antecedentemente. 2. La previsione dell’articolo 258, comma 4, Dlgs 152/2006, successiva alla modifica da parte dell’articolo 3, Dlgs 205/2010, secondo cui “si applica la pena di cui all’articolo 483 C.p. a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto”, non si estende all’ipotesi di trasporto di rifiuti con formulario recante l’indicazione di dati incompleti o inesatti, in quanto il formulario non ha alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di documento recante una mera attestazione del privato che ha, dunque, natura prettamente dichiarativa (P.Fi.).

La Corte Suprema di Cassazione Sezione terza penale Composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati: (omissis) ha pronunciato la seguente:

Sentenza sul ricorso proposto da: (omissis)

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avverso la sentenza n. 2/2011 Corte Appello di Reggio Calabria, del 16 ottobre 2012; visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in Pubblica udienza del 17/12/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. (omissis); Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (omissis), che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 16.10.2012, ha confermato la decisione con la quale, in data 6.7.2010, il Tribunale di quella città aveva riconosciuto (omissis) ed (omissis) responsabili del reato di cui agli articoli 99 e 110 C.p., Dlgs n. 152 del 2006, articolo 258, comma 4, in relazione all’articolo 483 C.p., perchè, in concorso tra loro e con altri, nella qualità di soci amministratori della “(omissis) Srl”, effettuavano il trasporto di kg 30.000 di rifiuti speciali pericolosi attestandone falsamente nel Fir, esibito in sede di controllo, la natura di rifiuti speciali non pericolosi con attribuzione del co-


to di sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria e di concessione della sospensione condizionale della pena in favore di (omissis). 7. Con un sesto motivo di ricorso lamentano, infine, l’eccessività della pena in relazione alla non particolare gravità del fatto, evidenziata dalla natura di rifiuti non pericolosi di parte di quelli trasportati. Insistono pertanto per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

9. La successione degli interventi normativi Il reato di illecito trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, era originariamente previsto dal Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 52, comma 3, il quale prevedeva l’applicabilità della pena di cui all’articolo 483 C.p.. L’abrogazione del Dlgs n. 22 del 1997, ad opera del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, non ha prodotto, inizialmente, alcun effetto rilevante, in quanto l’articolo 258, comma 4, aveva contenuto pressochè identico a quello della disposizione previgente. L’articolo 258, comma 4, nella formulazione originaria, stabiliva: “chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui

sto la sostituzione dell’articolo 258, comma 4. Per effetto di tale intervento correttivo, l’articolo 258, comma 4, nella sua attuale formulazione così recita: “Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento Euro a novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 C.p., a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto”. L’intervento modificativo è stato effettuato in previsione della pressochè concomitante piena operatività del “Sistri”, il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti la cui introduzione era prevista dal Dlgs n. 152 del 2006, articolo 189, comma 3-bis, (introdotto con il Dlgs n. 4 del 2008) e che era finalizzato alla trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti ed alla realizzazione, in formato elettronico, del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del Mud, da stabilirsi con apposito decreto ministeriale, che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato il 17 dicembre 2009, dando dunque attuazione alla disposizione richiamata (ed al Dl n. 78 del 2009, articolo 14-bis, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009). Il contenuto del decreto ministeriale è stato successivamente modificato ed integrato prorogando, però, anche i termini originariamente fissati per la piena operatività del sistema. Il Dlgs n. 205 del 2010, sempre considerando l’imminente entrata in funzione del Sistri, che sostanzialmente comporterebbe la sostituzione della documentazione cartacea precedentemente utilizzata (Mud, Registri di carico e scarico e Fir), ha provveduto, con l’articolo 16, alla sostituzione degli articoli 188, 189, 190 e 193, all’introduzione degli articoli 188-bis e 188-ter, nonchè, con

RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 216 (04/14)

8. Premessa Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati. Occorre premettere che la questione di preminente rilievo nella vicenda in esame riguarda la applicabilità o meno del Dlgs n. 152 del 2006, articolo 258, comma 4, disposizione che, come è noto, ha subito modifiche ad opera del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205, con rilevanti conseguenze circa l’individuazione dell’ambito temporale di efficacia della disposizione medesima, rispetto al quale la giurisprudenza di questa Sezione e la dottrina non sono giunte ad univoche conclusioni. Tale questione, riproposta dagli odierni ricorrenti, merita pertanto di essere nuovamente esaminata al fine di meglio delineare, alla luce delle disposizioni richiamate e tenendo anche conto dei molteplici interventi dottrinari, quale sia il regime sanzionatorio attualmente applicabile al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, così esaminando le deduzioni formulate dagli odierni ricorrenti nel primo, secondo e quarto motivo di ricorso.

all’articolo 193, ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento Euro a novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 C.p., nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico – fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto”. La disposizione così formulata prevedeva, dunque, l’applicazione della sanzione amministrativa al trasporto di rifiuti non pericolosi senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, mentre per il trasporto nelle medesime condizioni di rifiuti pericolosi, la sanzione applicabile era quella stabilita dall’articolo 483 C.p.. Considerato il tenore letterale della norma in esame, il richiamo all’articolo 483 C.p., veniva ritenuto, da gran parte della dottrina e dalla giurisprudenza di questa Corte, effettuato quoad poenam (v. Sezione 3, n. 1040, 29 maggio 2000; Sezione 3, n. 1134, 4 maggio 2000) e, per ciò che concerneva l’ipotesi di predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto, si faceva invece rilevare in dottrina che, sempre secondo la formulazione letterale della norma, detto reato prescindeva dall’attività di trasporto cui veniva fatto riferimento nelle altre ipotesi di reato contemplate dall’articolo 258 nell’originaria formulazione, in quanto tale attività non veniva menzionata riguardo a tale condotta. Inoltre, l’assenza di riferimenti, in questa parte dell’articolo, ai rifiuti pericolosi, consentiva di ritenere la disposizione applicabile indipendentemente dalla pericolosità o meno del rifiuto, giustificando tale opzione ermeneutica in considerazione della oggettiva diversità tra certificato e formulario (di cui si dirà anche in seguito) ed individuando in tale disposizione una fattispecie autonoma di reato, speciale rispetto a quella prevista dall’articolo 481 C.p.. 9.1. La situazione è rimasta immutata fino al 25.12.2010, data di entrata in vigore del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205, il quale, con l’articolo 35, comma 1, lett. c), ha dispo-

Giurisprudenza Corte di Cassazione – Sentenza 28 gennaio 2014, n. 3692

dice Cer 16.01.06 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi nè altre sostanze pericolose), trattandosi, invece, di rifiuti speciali pericolosi classificabili con il codice Cer 16.01.04 (fatto accertato il 29.2.2008. Recidiva specifica per entrambi). Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione. 2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione del Dlgs n. 152 del 2006, articolo 258, rilevando che, avuto riguardo alla formulazione della richiamata disposizione dopo l’intervento correttivo ad opera del Dlgs n. 205 del 2010, la condotta contestata nel capo di imputazione non sarebbe più prevista dalla legge come reato, mancando ora ogni riferimento al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario che, invece, era contemplato nella originaria stesura dell’articolo. 3. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge, osservando che il Dlgs n. 152 del 2006, articolo 258, comma 4, attualmente vigente individua, quale condotta soggetta a sanzione penale, esclusivamente quella di chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico– fisiche dei rifiuti e di chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto e che, pertanto, a tale fattispecie non sarebbe riconducibile il fatto loro ascritto nell’imputazione, avente ad oggetto una diversa qualificazione del rifiuto trasportato nel Fir, documento che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici del gravame, non avrebbe alcuna funzione certificativa o asseverativa, bensì soltanto descrittiva ed identificativa del rifiuto. 4. Con un terzo motivo di ricorso lamentano il vizio di motivazione, asserendo che risulterebbe accertato in fatto, anche attraverso la perizia effettuata sui rifiuti trasportati, che questi solo in parte potevano qualificarsi come rifiuti pericolosi per il loro contenuto, non più presente in gran parte degli oggetti, che risultavano, conseguentemente, bonificati prima del trasporto. 5. Con un quarto motivo di ricorso rilevano che, a tutto voler concedere, la condotta contestata potrebbe essere ricondotta alla fattispecie di cui all’articolo 258, comma 4 prima parte, soggetta alla sola sanzione amministrativa. 6. Con un quinto motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, rilevando che la Corte di appello non si sarebbe pronunciata in pun-

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