Rifiuti n. 218 giugno 2014

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RIFIUTI bollettino di informazione normativa

giugno 2014

n. 218 (06/14)

mensile

Euro 14,00

Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano

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1994-2014

L’intervento Aia e inceneritori: gli effetti del nuovo Dlgs 46/2014 su autorizzazioni esistenti e pianificazione locale

pag. 4

di Paola Ficco

Materiali recuperati: l’utilizzo tra previsioni normative e pronunce giurisprudenziali. Il caso della Provincia di Milano

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di Raffaella Quitadamo

Legislazione norme nazionali Aia: il recepimento della nuova direttiva 2010/75/Ue

Decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46

Aia: la rivoluzione procedurale e sanzionatoria del Dlgs 46/2014

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Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – Stralcio – (Parte II – Testo vigente)

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Decreto 24 aprile 2014

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il commento di Leonardo Filippucci il commento di Pasquale Fimiani Sistri: no per i rifiuti pericolosi dei produttori iniziali fino a 10 dipendenti il commento di Daniele Bagon

Giurisprudenza Discarica abusiva: affinché si configuri non è essenziale l’allestimento di uomini e mezzi

Corte di Cassazione – Sentenza 18 aprile 2014, n. 17289

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Rubriche Quesiti a cura di Paola Ficco, Daniele Bagon, Vincenzo Dragani, Leonardo Filippucci Focus Rifiuti e sanzioni amministrative a cura di Italia Pepe

Edizioni Ambiente

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T utto

è rifiuto, niente è rifiuto. Dipende. Le regole esistono ma spesso è come se non ci fossero, oppu‑ re si piegano al servizio dello sperimentalismo interpretati‑ vo (e del lucroso affare che c’è dietro). Anche sui rifiuti, dun‑ que, l’Italia è sempre in bilico tra destino e caso. Un’assenza di struttura e di disegno che la trasforma in un grandioso e si‑ nistro videogame, in un idolo “kitsch” invocato da chi pro‑ pina la surreale e salvifica ricetta che lo porterà ai vertici di qualche importante ufficio. Il Principe di Machiavelli soste‑ neva che “la fortuna dimostra la sua potenza dove non è stata predisposta virtù che le resista”. La virtù è solo la com‑ petenza. Ed è questa competenza che in Italia non c’è pratica‑ mente più, in tutti i settori. In quello dei rifiuti c’è assoluta ne‑ cessità di conoscenze tecniche e scientifiche perché non è più possibile lasciare l’ultima parola delle scelte di programma‑ zione (economica, sociale e ambientale) alla competenza (per quanto altissima) del Giudice amministrativo. La soluzione non sarà certo il “Senato delle competenze” per‑ ché il percorso culturale che portò Verdi, Carducci, Verga, Cro‑ ce, Manzoni a decidere cosa sarebbe successo dell’Italia, è irri‑ mediabilmente perso. Sacrificato sull’altare della politica che, da molto tempo, ha smesso di essere un’arte e si è allontana‑ ta dalla conoscenza e dalla cultura. Il tratto più evidente di tutto ciò è l’accesso facile, legalizzato, coccolato, difeso e in‑ discriminato al gioco d’azzardo. Fatto accettare dolcemente, fin dalla più tenera età, anche mediante la lobotomizzazione quotidiana che da 11 anni Rai 1 pratica alle 20,30 con il gio‑ co dei pacchi (“Affari tuoi”) i cui toni esasperanti (e quasi al‑ larmanti) “allietano” serata e cena di milioni di persone abi‑ tuandole all’azzardo che tutto è tranne che un gioco, semmai un’idiozia. I tecnocrati spesso non hanno competenze vere, presidiano la nostra Pubblica amministrazione, ingrigiti schiavi (anch’essi) di procedure sempre più rigide che non salvano niente e non aiutano nessuno, salvo conservare la poltrona di chi le ha in‑ ventate e di chi deve farle osservare. L’incapacità nazionale di monitorare i vari settori per averne

una precisa conoscenza si ripercuote anche nel settore dei ri‑ fiuti, sempre più impreparato e fragile. Sicuramente è per que‑ sto che l’Italia ha pensato bene di risolvere il problema trasfor‑ mando la capacità gestionale in un parapiglia sommario che vede nell’esportazione l’unica possibile soluzione: in parte ver‑ so il nord Europa (ben felice di ricevere combustibile per gene‑ rare energia) e in parte verso il Far East (ben felice di trovare materie prime nei risultati delle nostre raccolte differenziate). Ma anche sul fronte dell’esportazione nulla è come sembra, o meglio non tutto è uguale per tutti. Si pensa agli abiti usa‑ ti: un caso scuola del disordine in bilico tra (presunta) cari‑ tà e (reale) violazione delle regole. Spesso nei cassonetti ci so‑ no scarpe, borse, cinte ecc. Questo “mix” fa sì che gli abiti usa‑ ti migrino dalla Lista verde (e Allegato VII) alla Lista ambra (e notifica). Ma lo fanno davvero tutti? Certamente no. Que‑ sto perché i costi della notifica non sono quelli della lista ver‑ de. Quindi, non conviene. E i controlli dove sono? C’è stata una sentenza della Corte di Giustizia (25 giugno 1998), non c’è bi‑ sogno di alcun parere ministeriale. Con altra sentenza, ancora la Corte di Giustizia (Tombesi, 25 giugno 1997) ci ha insegnato che lo scopo della direttiva sui ri‑ fiuti non è quello di istituire una libera circolazione dei rifiu‑ ti “bensì garantire che il loro trattamento persegua la tu‑ tela ambientale”. Gli abiti usati (al pari di bottiglie, carta, vetro, metalli eccete‑ ra) che come cittadini depositiamo nei cassonetti stradali, so‑ no rifiuti. La definizione di “rifiuto” è uguale per tutti e quella di “riutilizzo” passa per la emanazione di decreti ministeriali (mai adottati). Fino ad allora, gli abiti usati vanno raccolti nei cassonetti e gestiti come rifiuti da soggetti autorizzati. Insomma, in Italia neanche i rifiuti riescono ad essere del‑ le risorse gestite in modo coerente e univoco. Ma anche i ri‑ fiuti, come ormai tutto, sono solo una moderna Melpomene, la greca musa ispiratrice della poesia tragica che cercava or‑ dine nel caos. Paola Ficco


L’intervento

L’entrata in vigore del Dlgs 5 marzo 2014, n. 46 recante “Attuazione della direttiva 2010/75/Ue relativa alle emissioni industriali (pre‑ venzione e riduzione integrate dell’inquinamento)” (1) produ‑ ce una serie di conseguenze importantissime. Tra queste, non può non essere sottolineato che l’innovativa portata (concettuale prima e legislativa dopo) recata al Dlgs 152/2006 in ordine all’inceneri‑ mento e al coincenerimento dei rifiuti non prevede più l’apposizio‑ ne di limiti quantitativi massimi per il singolo impianto, apposi‑ zione superata grazie al concetto che i limiti di tali impianti vanno concepiti nell’ottica del carico termico nominale autorizzato, con‑ sentendo di ottimizzarne le prestazioni energetiche ed ambientali. Siffatti mutamenti di scenario si ripercuotono sulle autorizzazioni integrate ambientali di cui le aziende sono in possesso con riguar‑ do agli impianti di incenerimento. Il che rende necessarie alcune riflessioni delle quali si da conto nel prosieguo.

Il contesto normativo e le norme di riferimento

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Aia e inceneritori: gli effetti del nuovo Dlgs 46/2014 su autorizzazioni esistenti e pianificazione locale di Paola Ficco

Il Dlgs 5 marzo 2014, n. 46 ha modificato numerose disposizio‑ ni del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 in materia di Aia (Parte II), acqua (Parte III), rifiuti (Parte IV) e qualità dell’aria (Parte V). In particolare, l’articolo 15, Dlgs 46/2014 ha aggiunto il titolo III‑bis alla Parte IV del Dlgs 152/2006 (“Codice ambientale”), de‑ dicato all’incenerimento e al coincenerimento dei rifiuti, finora di‑ sciplinati dal Dlgs 133/2005 e ora abrogato a decorrere dal 1° gen‑ naio 2016 (articolo 34, comma 2, Dlgs 46/2014). (2) Sicché, alla disciplina dell’incenerimento e del coincenerimen‑ to, ora il “Codice ambientale” dedica gli articoli da 237‑bis a 237‑duovicies. All’interno di tale titolo III‑bis, l’articolo 237‑sexies riguarda il contenuto dell’autorizzazione. Al riguardo, per completezza, è il caso di ricordare che l’articolo 45 (Contenuto dell’autorizzazio‑ ne), comma 1, lett. a) e b), direttiva 2010/75/Ue (recepita con il Dlgs 46/2014) stabilisce che “L’autorizzazione contiene quan‑ to segue: a) un elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono es‑ sere trattati che si serve almeno dei tipi di rifiuti contempla‑ ti nell’elenco di rifiuti europeo (…) lad­dove possibile, e con‑ tiene informazioni sulla quantità di cia­scun tipo di rifiuti, se del caso; b) la capacità complessiva di incenerimento o di coinceneri­mento di rifiuti dell’impianto;”. Ciò posto, è necessario che siano ricordate alcune norme. Articolo 237‑ter, Dlgs 152/2006 Definizioni (omissis) h) “capacità nominale”: la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono un impianto di incenerimento o coince‑ nerimento dei rifiuti, quali dichiarate dal costruttore e conferma‑ te dal gestore, espressa in quantità di rifiuti che può essere incene‑ rita in un’ora, rapportata al potere calorifico dichiarato dei rifiuti;

(1) La direttiva 2010/75/Ue oltre ad aver innovato la disciplina sul‑ le emissioni industriali e l’Ippc, ha anche restituito un testo unificato e consolidato derivante dall’armoniz‑ zazione dei seguenti provvedimenti: direttiva 96/61/Ce (già sostituita dal‑ la direttiva 2008/1/Ce) sulla preven‑ zione e la riduzione integrate dell’in‑ quinamento: direttiva 2001/80/Ce sugli inquinanti originati dai gran‑

di impianti di combustione; diretti‑ ve 78/176/Cee, 82/883/Cee e 92/112/ Cee sui rifiuti dell’industria del bios‑ sido di titanio; direttiva 1999/13/Ce sui composti organici volatili; diret‑ tiva 2000/76/Ce sull’incenerimento dei rifiuti. (2) Per il tenore armonizzato della nuova disciplina si rinvia a Osservato‑ rio normativa ambientale in www.rete‑ ambiente.it, sezioni Aia/Ippc e Rifiuti.


Articolo 237‑duovicies, Dlgs 152/2006 Disposizioni transitorie e finali 1. Gli impianti esistenti si adeguano alle disposizioni del pre‑ sente Titolo entro il 10 gennaio 2016. 2. Per gli impianti esistenti, fermo restando l’obbligo a carico del gestore di adeguamento previsto al comma 1, l’autorità compe‑ tente al rilascio dell’autorizzazione provvede all’aggiornamen‑ to della stessa secondo le norme regolamentari e tecniche stabili‑ te dal presente decreto, in occasione del primo rinnovo, rilascio o riesame dell’autorizzazione ambientale, successivo alla data di entrata in vigore della presente disposizione. (omissis)

Articolo 4, comma 3, Dlgs 133/2005 Realizzazione ed eserci‑ zio di impianti di incene‑ rimento dei rifiuti

Articolo 237 sexies, Dlgs 152/2006 Contenuto dell’autorizza‑ zione

3. Le autorizzazioni di cui al comma 1 devono, in ogni ca‑ so, indicare esplicitamente, in aggiunta a quanto previsto da‑ gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22: a) la capacità nominale e il carico termico nominale dell’impianto e le quantità au‑ torizzate per le singole catego‑ rie dei rifiuti;

1. L’autorizzazione alla realiz‑ zazione ed esercizio degli im‑ pianti di incenerimento e coin‑ cenerimento deve in ogni caso indicare esplicitamente:

Sicché, i “punti fermi” che devono comparire nell’autorizzazione non sono più: • capacità nominale • carico termico nominale • quantità autorizzate per le singole categorie dei rifiuti; bensì: • capacità nominale • carico termico nominale opportunamente autorizzato • tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell’impianto. Mentre la quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati viene ridot‑ ta dal sistema legislativo a mera “informazione”, in tal modo su‑ perando il concetto della quantità massima autorizzata di ciascun tipo di rifiuti che l’impianto può trattare. Ora, dunque, gli elementi che devono essere esplicitamente auto‑ rizzati sono i tipi di rifiuti da trattare (e non più le loro quanti‑ tà), la capacità nominale e il carico termico nominale. Infatti, il “carico termico nominale autorizzato” rappresenta il limite al raggiungimento del quale possono contribuire diverse quantità dei tipi di rifiuti autorizzati in funzione del loro potere calorifico. Il ca‑ rico termico nominale coincide con il massimo carico termico. Di‑ versamente opinando, non avrebbe senso che il Dlgs 152/2006 (ar‑ ticolo 237‑sexies, comma 1, lett. b)) si esprima con riferimento al carico termico nominale autorizzato dell’impianto. In sostanza, l’autorizzazione ora deve autorizzare la massima pre‑ stazione dell’impianto e i rifiuti che vi possono accedere e non più le quantità di singoli tipi di rifiuti che vanno a realizzare quel‑ la prestazione; infatti, l’autorizzazione ora si limita a “informa‑ re” sulle quantità dei vari e singoli tipi di rifiuti di cui ai vari Cer, senza restituire la ricetta di una miscela preconfezionata a tavoli‑ no dall’Autorità competente, ma lasciando al gestore dell’impianto la responsabilità di scegliere (nell’ambito “dell’elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell’impianto”) la composi‑ zione migliore per garantire il massimo carico termico nel rispet‑ to del limite autorizzato.

a) un elenco di tutti i tipi di ri‑ fiuti che possono essere trattati nell’impianto, individuati me‑ diante il riferimento ai relativi codici dell’elenco europeo dei rifiuti, nonché l’informazione sulla quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati; b) la capacità nominale e il carico termico nominale auto‑ rizzato dell’impianto; (omissis)

Al riguardo, è opportuno ricordare che quando la norma si riferi‑ sce a “l’informazione sulla quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati” essa intende sicuramente riferirsi a ciascun singolo rifiuto individuato dal proprio Cer. Ciò in quanto l’introduzione al‑ la decisione 2000/532/Ce (trasposta nella introduzione all’allega‑ to D, Parte IV, Dlgs 152/2006), punto 2, si esprime stabilendo che “I diversi tipi di rifiuto inclusi nell’elenco sono definiti specifi‑ catamente mediante un codice a sei cifre per ogni singolo ri‑ fiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i ri‑ spettivi capitoli”.

Il confronto grafico aiuta nella comprensione e rende evidente che lo ius novum: • elimina la tassatività della indicazione di “quantità autoriz‑ zate per le singole categorie di rifiuti” intesa come prescrizione; • sostituisce tale prescrizione l’“informazione sulla quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati”;

Delle “categorie” però il testo legislativo si riappropria quando • all’articolo 237‑quinquies, comma 2, stabilisce che “La do‑ manda per il rilascio dell’autorizzazione deve contenere in particolare una descrizione delle misure previste per garan‑ tire che siano rispettate le seguenti prescrizioni: a) l’impianto è progettato e attrezzato e sarà gestito e sottoposto a manuten‑ zione in maniera conforme ai requisiti del presente titolo, te‑ nendo conto delle categorie di rifiuti da incenerire o da coin‑ cenerire; (omissis);

b) le categorie di rifiuti che possono essere trattate nell’im‑ pianto, con l’indicazione dei relativi codici dell’elenco euro‑ peo dei rifiuti; (omissis)

I tipi e le categorie di rifiuti

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In ordine alle autorizzazioni per la realizzazione ed esercizio di impianti di incenerimento, la rassegna normativa appena eviden‑ ziata, per poter essere utilmente compresa, necessita della citazio‑ ne sia dello ius vetus di cui all’articolo 4, comma 3, Dlgs 133/2005 (che, come detto, sarà abrogato dal 1° gennaio 2016) sia dello ius novum di cui all’articolo 237‑sexies, Dlgs 46/2014, per la parte re‑ lativa al sistema autorizzatorio.

• sostituisce “la capacità nominale e il carico termico nomi‑ nale dell’impianto” con “la capacità nominale e il carico ter‑ mico nominale autorizzato dell’impianto”.

L’intervento Aia e inceneritori

(omissis) l) “carico termico nominale”: la somma delle capacità di ince‑ nerimento dei forni che costituiscono l’impianto, quali dichia‑ rate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa come pro‑ dotto tra la quantità oraria di rifiuti inceneriti ed il potere calo‑ rifico dichiarato dei rifiuti; (omissis)

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Introduzione

L’intervento

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Materiali recuperati: l’utilizzo tra previsioni normative e pronunce giurisprudenziali. Il caso della Provincia di Milano di Raffaella Quitadamo Responabile Servizio Giuridico amministrativo rifiuti e bonifiche Provincia di Milano

Una “normativa a tratti nebulosa e dai contenuti non sem‑ pre nitidi”. Ecco che cosa ha scritto il Giudice amministrativo regionale in una ordinanza cautelare depositata il 16 settembre 2013, cui è se‑ guita una sentenza nel merito del 27 febbraio 2014; parole che for‑ niscono lo spunto per riflettere sul concetto di recupero dei rifiuti nelle sue modalità applicative, con particolare riferimento ai mate‑ riali inerti, spingendoci ad individuare un percorso condiviso con chi quotidianamente si trova ad operare in una situazione di “in‑ certezza”. Tutto parte da una nota inviata a maggio del 2013 dagli Uffici pro‑ vinciali ai titolari di impianti di recupero rifiuti inerti in proce‑ dura semplificata che, riproducendo i recenti orientamenti mini‑ steriali evidenziati in più note esplicative, ha dato delle indicazio‑ ni sull’applicabilità della disciplina di dettaglio contenuta nel Dm 5 febbraio 1998. Il breve excursus di questa vicenda deve, tuttavia, partire da una riflessione di fondo sulle nozioni giuridiche di “recupero” e di “cessazione della qualifica di rifiuto” per una maggiore consape‑ volezza e comprensione del susseguirsi degli eventi. La descrizione dei passaggi procedurali e interlocutori tra gli Enti e le istituzioni che hanno condotto a queste recenti decisioni del Tar Lombardia sarà seguita da una riflessione sui confini di applicabi‑ lità delle stesse, che vuole anche essere un richiamo al Legislatore sulla necessità di un intervento che allinei norme, interpretazioni e decisioni per un’unica finalità: la certezza del diritto.

Le nozioni di recupero e di cessazione della qualifica di rifiuto

La nozione di recupero costituisce, senza alcun dubbio, uno dei temi più complessi nell’ambito della disciplina comunitaria e na‑ zionale sui rifiuti. A parere della Corte di Giustizia Ue la caratteristica essenziale di un’operazione di recupero va individuata nel suo obiettivo princi‑ pale, ossia che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sosti‑ tuendosi all’uso di altri materiali che avrebbero dovuto essere uti‑ lizzati per svolgere tale funzione; il tutto per preservare le risorse naturali (sentenza 27 febbraio 2002, causa C ‑ 6/00, pagg. 68‑69). Come è evidente, si tratta di una interpretazione del recupero so‑ stanziale, fondata su una valutazione non astratta ma compiu‑ ta caso per caso e avente lo scopo precipuo di valorizzare e magari estendere tale concetto, anche in coerenza con i progressi tecnolo‑ gici in divenire nel trattamento dei rifiuti. Secondo la Corte ciò che rileva è l’effetto concreto utile finale sul piano ambientale dell’operazione di trattamento del rifiuto, che si sostanzia nella sostituzione (diretta o indiretta) di altri materiali utilizzabili per quella specifica finalità. Tale ricostruzione del recupero non ha tuttavia nulla a che vede‑ re con le conseguenze sull’ambiente che le operazioni di recupero possono di per sé produrre. Infatti, le stesse, come quelle di smalti‑ mento, sono astrattamente idonee ad avere un impatto ambientale importante, il quale andrà quindi opportunamente valutato caso per caso secondo le ordinarie regole previste (sentenza 23 novem‑ bre 2006, causa C ‑ 486/04, pag. 42). La ragione primaria per la quale il recupero viene favorito e incen‑ tivato rispetto allo smaltimento non è da ricercare pertanto nella sua innocuità ambientale, bensì nella finalità ultima di protegge‑ re le risorse naturali. È allora opportuno introdurre il concetto di cessazione della qualifica di rifiuto.


Articolo 184‑ter. Criteri specifici e metodi di adozione

La lettera della norma fa quindi riferimento a due metodi di ado‑ zione degli stessi: • uno principale, di origine comunitaria • uno sussidiario, di matrice statale, specifico per le diverse tipolo‑ gie di rifiuto (in caso di mancanza di criteri comunitari). Il comma 3, dell’articolo 184‑ter, prevede, inoltre, che nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi i seguenti decreti: • il Dm 5 febbraio 1998, recante “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 21 e 33 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22”; • il Dm 12 giugno 2002, n. 161, recante “Regolamento attuativo degli artt. 31 e 32 del D. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, relativo all’indi‑ viduazione dei rifiuti pericolosi che è possibile ammettere alle pro‑ cedure semplificate”; • l’articolo 9‑bis, lettere a) e b) della legge 30 dicembre 2008, n. 210 che, in materia di autorizzazione ordinaria, riconosce all’at‑ to autorizzatorio la funzione di stabilire, caso per caso, le caratteri‑ stiche dei materiali da considerare Mps. Si mantiene, poi, un regime transitorio basato sul precedente mec‑ canismo esistente nell’ordinamento italiano e incardinato sull’arti‑ colo 181‑bis relativo alle Mps.

Dopo queste necessarie valutazioni generali, scopo del presente contributo è quello di analizzare una tematica interpretativa ri‑ guardante l’attività di recupero rifiuti inerti in procedura sempli‑ ficata di cui agli articoli 214/216 del Dlgs 152/2006 e al Dm 5 feb‑ braio 1998. La disciplina comunitaria nonché la Parte IV del Dlgs 152/2006 prevedono come principio generale che “tutte le attività di smal‑ timento e di recupero dei rifiuti devono essere preventivamen‑ te autorizzate”. Vi è una deroga a tale principio prevista dal Legislatore comuni‑ tario (articolo 24, direttiva 2008/98/Ce) secondo la quale alcune specifiche attività possono essere dispensate dall’autorizzazione se sono rispettati specifiche condizioni e requisiti preventivamente de‑ terminati. Il Legislatore nazionale a tale scopo ha introdotto un regime sem‑ plificato previsto dall’articolo 214 e seguenti del Dlgs 152/2006 e dal Dm 5 febbraio 1998, che costituisce appunto una deroga al re‑ gime ordinario di autorizzazione per le attività di recupero rifiuti. Tali attività, come noto, possono essere iniziate od esercitate decor‑ si 90 giorni dalla presentazione alla Provincia di una comunica‑ zione corredata di tutta la documentazione richiesta (regolamen‑ tata da disciplina regionale, fatta salva l’applicazione della recente riforma in materia di Aua). Tale procedura trova applicazione solo se sono rispettati tutti i re‑ quisiti, le condizioni e le prescrizioni previste nel Dm 5 febbraio 1998, con riferimento alle tipologie di rifiuti individuate dai rispet‑ tivi codici così come descritti negli allegati, alle attività e ai metodi di recupero di ogni tipologia di rifiuto oltre che alle condizioni di esercizio delle attività di recupero appositamente identificate e alle caratteristiche delle materie prime seconde ottenute. Pertanto, nel sistema normativo sopra delineato la cessazione del‑ la qualifica di rifiuto discende non già da una qualsiasi operazione di recupero ma dalla specifica operazione di recupero individuata dal Dm 5 febbraio 1998. La problematica in questione attiene principalmente alla disciplina di dettaglio relativa al recupero dei rifiuti inerti prevista dal pun‑ to 7.1 dell’allegato 1, sub allegato 1 al Dm 5 febbraio 1998: “7.1. Tipologia: rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglo‑ merati di cemento armato e non, comprese le traverse e tra‑ versoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenien‑ ti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammen‑ ti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto [101303] [170101] [170102] [170103] [170104] [170701] [200301]. 7.1.1. Provenienza: attività di demolizione, frantumazione e costruzione; selezione da RSU e/o RAU; manutenzione reti; attività di produzione di lastre e manufatti in fibrocemento. 7.1.2. Caratteristiche del rifiuto: materiale inerte, laterizio e ce‑ ramica cotta anche con presenza di frazioni metalliche, legno, plastica, carta e isolanti escluso amianto. 7.1.3. Attività di recupero: a) messa in riserva di rifiuti iner‑ ti (R13) per la produzione di materie prime secondarie per l’edilizia, mediante fasi meccaniche e tecnologicamente inter‑ connesse di macinazione, vagliatura, selezione granolumetri‑ ca e separazione della frazione metallica e delle frazioni in‑ desiderate per l’ottenimento di frazioni inerti di natura lapi‑ dea e granulometrica idonea e selezionata, con eluato del test di cessione conforme a quanto previsto in Allegato 3 al presen‑ te decreto (R5);

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L’articolo 184‑ter prevede, come sopra indicato, le condizioni, da considerare cumulativamente, che rappresentano il quadro di rife‑ rimento entro cui dovranno essere adottati dei criteri specifici vol‑ ti alla definizione puntuale del momento in cui un rifiuto cessa di essere tale. Tali criteri, ai sensi del comma 2 dell’articolo 184‑ter “sono adot‑ tati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comuni‑ taria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per ca‑ so per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decre‑ ti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 ago‑ sto 1988, n. 400”.

La focalizzazione: disciplina di dettaglio relativa al recupero dei rifiuti inerti. Punto 7.1 dell’allegato 1, sub allegato 1 al Dm 5 febbraio 1998

L’intervento Materiali recuperati

Il Legislatore del 2010, con il Dlgs 205/2010, uniformandosi al‑ lo spirito riformatore della direttiva 98/2008/Ce volta alla creazio‑ ne e incentivazione di una società del recupero e del riciclo in cui il rifiuto non rappresenta un elemento negativo e oneroso, ma un “nuovo” prodotto da reinserire nel mercato, ha individuato il mo‑ mento in cui un rifiuto perde le caratteristiche che lo rendono ta‑ le, consentendogli di svolgere un ruolo utile perchè risorsa di valo‑ re economico e ambientale positivo. Le operazioni idonee al raggiungimento delle caratteristiche che fanno cessare la qualifica di rifiuto sono indicate come segue: “Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la prepara‑ zione per il riutilizzo e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per sco‑ pi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od og‑ getto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli sco‑ pi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti ap‑ plicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impat‑ ti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana”.

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Legislazione norme nazionali Novità sull’Aia

mento al triennio 2014‑2016, e successivamen‑ te con frequenza triennale, facendo riferimen‑ to a tipi e formati definiti nel formulario adot‑ tato con Dm 15 marzo 2012. Il Mattm predispone e invia alla Commissio‑ ne europea una relazione in formato elettro‑ nico sull’attuazione del capo II della diretti‑

il commento Gli illeciti in materia di Aia dopo il Dlgs 46/2014 di Pasquale Fimiani Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione

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va 2010/75/Ue e sulla sua efficacia rispet‑ to ad altri strumenti comunitari di protezio‑ ne dell’ambiente, sulla base di tutte le infor‑ mazioni pervenutegli, rispettando periodicità, contenuti e formati stabiliti nelle specifiche de‑ cisioni assunte in merito in sede comunitaria. Infine, il Mattm provvede ad assicurare la par‑

tecipazione dell’Italia allo scambio di infor‑ mazioni organizzato dalla Commissione eu‑ ropea relativamente alle migliori tecniche di‑ sponibili e al loro sviluppo, nonché alle relati‑ ve prescrizioni in materia di controllo, e a ren‑ dere accessibili i risultati di tale scambio di in‑ formazioni.

1. L’articolo 29‑quattuordecies, Codice ambientale, prima della modifica da parte del Dlgs 46/2014 Le sanzioni in tema di autorizzazione integra‑ ta ambientale sono previste, all’interno del tito‑ lo III‑bis, introdotto dal Dlgs 29 giugno 2010, n. 128, dall’articolo 29‑quattuordecies Codice ambientale, modificato dal Dlgs 46/2014. La norma, nella versione anteriore, si poneva in continuità con il previgente articolo 16 del Dlgs 18 febbraio 2005, n. 59 (1) prevedendo di‑ verse ipotesi di reato e di illeciti amministrativi. Questi ultimi erano tutti riferiti a fattispecie di omessa fornitura alla Pa. di informazioni ri‑ levanti. In primo luogo, era sanzionata dai commi 4 e 5 la violazione degli obblighi di comunicazio‑ ne successivi al rilascio dell’autorizzazione in‑ tegrata. Secondo il comma 4: “É punito con la san‑ zione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmettere all’autorità competente la co‑ municazione prevista dall’articolo 29‑de‑ cies, comma 1”. L’articolo 29‑decies (rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale) pre‑ vedeva al comma 1: “Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall’autoriz‑ zazione integrata ambientale, ne dà comu‑ nicazione all’autorità competente”. A sua volta, il comma 5 prevedeva “È punito con la sanzione amministrativa pecunia‑ ria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all’autorità com‑ petente e ai comuni interessati i dati rela‑ tivi alle misurazioni delle emissioni di cui all’articolo 29‑decies, comma 2”. Secondo la precedente versione dell’articolo 29‑decies, comma 2: “A far data dalla comunicazio‑ ne di cui al comma 1, il gestore trasmette all’autorità competente e ai comuni interes‑ sati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata am‑ bientale, secondo modalità e frequenze sta‑ bilite nell’autorizzazione stessa”. Un terzo illecito amministrativo era, poi, pre‑ visto dal comma 6: “È punito con la sanzio‑ ne amministrativa pecuniaria da 5.000 eu‑ ro a 26.000 euro il gestore che, senza giusti‑ ficato e documentato motivo, omette di pre‑ sentare, nel termine stabilito dall’autorità competente, la documentazione integrativa prevista dall’articolo 29‑quater, comma 8”

(tale comma consente all’autorità competen‑ te, nell’ambito della Conferenza dei servizi, di richiedere integrazioni alla documentazione). Per tutti gli illeciti amministrativi i commi 7, 8 e 9 prevedevano: “7. Alle sanzioni amministrative pecunia‑ rie previste dal presente decreto non si ap‑ plica il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. 8. Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall’au‑ torità competente per gli altri. 9. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal pre‑ sente articolo sono versate all’entrata dei bi‑ lanci delle autorità competenti”. L’articolo 29‑quattuordecies Codice ambienta‑ le prevedeva, poi, come reato: • al comma 1, prima parte, l’esercizio di una delle attività di cui all’allegato VIII senza es‑ sere in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale; • al comma 1, seconda parte, l’esercizio di una di tali attività dopo che l’Aia sia stata sospesa o revocata (punito con la pena dell’arresto fi‑ no ad un anno o con l’ammenda da 2.500 eu‑ ro a 26.000 euro); • al comma 2, la violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale o di quelle imposte dall’autorità competente (puni‑ ta con la sola pena dell’ammenda da 5.000 eu‑ ro a 26.000 euro); • al comma 3, l’esercizio di una delle attività di cui all’allegato VIII dopo l’ordine di chiusu‑ ra dell’impianto (punito con la pena dell’arre‑ sto da sei mesi a due anni o con l’ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro). Una delle questioni che aveva diviso gli in‑ terpreti era quella della portata dell’artico‑ lo 29‑quattuordecies, comma 10, secondo cui: “Per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente titolo, dalla da‑ ta di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore, relative a fatti‑ specie oggetto del presente articolo”. La norma poneva due interrogativi. Il primo era se la regola di specialità enuncia‑ ta dal comma 10 riguardasse anche il reato di esercizio di una delle attività di cui all’allegato VIII senza essere in possesso dell’autorizzazio‑

(1) Sulla continuità normativa tra vecchia e nuova previsione, si veda Cass. pen., Sez. III, n. 18741/2012.


va applicazione solo quando il trasgressore si muova nell’ambito della tipologia di rifiuto per la quale aveva ricevuto l’autorizzazione, giac‑ ché il trattamento di un rifiuto diverso da quel‑ lo autorizzato equivale a trattamento di rifiuto senza autorizzazione (anche su questi punti, si veda. più diffusamente infra). 2. Le modifiche all’articolo 29‑quattuordecies Codice ambientale da parte del Dlgs 46/2014: quadro generale dei nuovi illeciti in tema di Aia L’articolo 29‑quattuordecies Codice ambien‑ tale è stato profondamente modificato dal Dlgs 46/2014. 2.a Un primo versante riguarda l’intero sistema di sanzioni relativo all’omes‑ sa fornitura alla P.A. di informazio‑ ni rilevanti, nel quale gli illeciti ammini‑ strativi pregressi sono stati confermati con diverse aggiunte ed integrazioni.

(2) Sia consentito rinviare a Fimiani, Gli illeciti in materia di autorizzazione integrata ambientale, in questa Rivista, n. 210, ottobre 2013 ed ivi rif. Le no‑ stre considerazioni espresse in quella sede verranno di seguito sintetizzate ai fini della miglior comprensione delle modifiche da parte del Dlgs 46 del 2014. (3) Accertamenti consistenti, secondo tale comma:

a) nel rispetto delle condizioni dell’autorizzazione in‑ tegrata ambientale; b) nella regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle mi‑ sure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamen‑ to nonché al rispetto dei valori limite di emissione; c) nella verifica che il gestore abbia ottemperato ai

Si ha, quindi, una duplice modifica rispet‑ to al passato, sia per la innovativa modula‑ zione della sanzione conseguente all’omes‑ sa comunicazione, sia per ampliamento dei soggetti destinatari della comunicazio‑ ne, in quanto all’autorità competente ed ai comuni interessati è stato aggiunto “l’en‑ te responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29‑decies, comma 3” (3).

RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 218 (06/14)

Al contrario, la natura speciale dell’illecito di violazione delle prescrizioni dell’Aia andava esclusa nel caso di: 1) violazione dei valori limite di emissione in atmosfera nell’ipotesi in cui la stessa determini anche il superamento dei valori limite di qua‑ lità dell’aria previsti dalla vigente normativa (articolo 279, comma 5, Codice ambientale); 2) effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali con superamento dei valori limite (articolo 137, comma 5, Codice ambientale); 3) conferimento nell’impianto di rifiuti diver‑ si da quelli previsti dalla autorizzazione inte‑ grata ambientale (articolo 256, comma 1, Co‑ dice ambientale, in applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui il reato di viola‑ zione delle prescrizioni dell’autorizzazione tro‑

I. Trova, in primo luogo, conferma l’illecito di omessa preventiva comunicazione all’auto‑ rità competente della attuazione di quanto previsto dall’autorizzazione integrata am‑ bientale, previsto dal precedente comma 4 ed ora nella prima parte del nuovo comma 7 che, parimenti, recita: “É punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmet‑ tere all’autorità competente la comunica‑ zione prevista dall’articolo 29‑decies, com‑ ma 1” (tale comma non è stato modificato). L’illecito si consuma nel momento in cui vie‑ ne data attuazione all’Aia, iniziando ad eser‑ citare l’impianto, senza preventiva comunica‑ zione all’autorità competente; trattasi di illecito istantaneo ad effetti permanenti, e non perma‑ nente, in quanto l’attività omessa non può più essere utilmente compiuta dopo l’avvio dell’im‑ pianto senza comunicazione. II. La seconda parte del nuovo comma 7 preve‑ de una nuova ipotesi di illecito, punito con la stessa sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro, per “il gestore che omette di effettuare le comunicazioni di cui all’articolo 29‑undecies, comma 1, nei ter‑ mini di cui al comma 3 del medesimo arti‑ colo 29‑undecies”. Trattasi delle comunicazioni obbligatorie in caso di incidenti od imprevisti previste dalla nuova versione dell’articolo 29‑undecies che, ai commi 1 e 3, recita: “1. Fatta salva la disciplina relativa alla re‑ sponsabilità ambientale in materia di pre‑ venzione e riparazione del danno ambien‑ tale, in caso di incidenti o eventi imprevisti

che incidano in modo significativo sull’am‑ biente, il gestore informa immediatamen‑ te l’autorità competente e l’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29‑de‑ cies, comma 3, e adotta immediatamente le misure per limitare le conseguenze am‑ bientali e a prevenire ulteriori eventuali in‑ cidenti o eventi imprevisti, informandone l’autorità competente. 3. L’autorizzazione può meglio specificare tempi, modalità e destinatari delle infor‑ mative di cui al comma 1, fermo restando il termine massimo di otto ore, di cui all’ar‑ ticolo 271, comma 14, nel caso in cui un guasto non permetta di garantire il rispetto dei valori limite di emissione in aria”. III. Per quanto riguarda l’omessa comunica‑ zione dei dati relativi alle misurazioni delle emissioni, l’illecito già previsto dal comma 5 (“È punito con la sanzione amministrati‑ va pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all’auto‑ rità competente e ai comuni interessati i da‑ ti relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all’articolo 29‑decies, comma 2”) trova conferma nel nuovo comma 8 che recita: “É punito con la sanzione amministrati‑ va pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all’au‑ torità competente, all’ente responsabile de‑ gli accertamenti di cui all’articolo 29‑de‑ cies, comma 3, e ai comuni interessati i da‑ ti relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all’articolo 29‑decies, comma 2. Nel ca‑ so in cui il mancato adempimento riguar‑ di informazioni inerenti la gestione di rifiu‑ ti pericolosi la sanzione amministrativa pe‑ cuniaria è sestuplicata. La sanzione ammi‑ nistrativa pecuniaria è ridotta ad un deci‑ mo se il gestore effettua tali comunicazioni con un ritardo minore di 60 giorni ovvero le effettua formalmente incomplete o inesat‑ te ma, comunque, con tutti gli elementi in‑ formativi essenziali a caratterizzare i dati di esercizio dell’impianto”.

Legislazione norme nazionali Novità sull’Aia

ne integrata ambientale, in rapporto agli omo‑ loghi previsti dalla disciplina di settore. La no‑ stra opinione (2) era negativa, in quanto pre‑ supposto di applicabilità della norma era che gli illeciti fossero stati commessi dopo il rilascio dell’Aia, mentre nell’ipotesi di cui al comma 1, prima parte, era proprio l’autorizzazione inte‑ grata a mancare. Pertanto, il rapporto tra il re‑ ato di esercizio di un’attività soggetta ad Aia in mancanza di tale provvedimento e quelli omo‑ loghi previsti dalle norme di settore (in tema di acque, rifiuti ed inquinamento atmosferico) dovesse essere risolto in base ai principi genera‑ li in tema di concorso di reati, pur concluden‑ dosi, anche per tale via, per la specialità dell’il‑ lecito in tema di Aia rispetto a quelli di setto‑ re (sul punto, si veda. più diffusamente infra). Il secondo profilo di incertezza riguardava la portata del principio di specialità enunciato dall’articolo 29‑quattuordecies, comma 10, quanto al reato di violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. Al riguardo la nostra soluzione era che il reato di violazione delle prescrizioni dell’autorizza‑ zione integrata ambientale previsto dall’artico‑ lo 29‑quattuordecies, comma 2, avesse natura speciale rispetto a quelli omologhi di inosser‑ vanza delle prescrizioni previsti dalle discipline di settore e precisamente: • per le emissioni in atmosfera, rispetto al rea‑ to di cui all’articolo 279, comma 2, Codice am‑ bientale; • per gli scarichi, rispetto all’illecito ammini‑ strativo di cui all’articolo 133, comma 3, Codi‑ ce ambientale ed al reato di cui all’articolo 137, comma 3, Codice ambientale; • in materia di rifiuti, rispetto al reato di cui all’articolo 256, comma 4, Codice ambientale; • per l’utilizzo in agricoltura dei fanghi deri‑ vanti dal processo di depurazione, rispetto al reato di cui all’articolo 16, comma 5, Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99.

Tale ente, in sede di modifica dell’artico‑ lo 29‑decies, è stato aggiunto al comma 2 tra i soggetti destinatari della comunica‑ zione ed è stato specificato al comma 3, propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamen‑ te dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

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