100 domande sul cibo

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ta s c a b i l i dell’ambiente

Per soddisfare il 70% delle nostre esigenze alimentari facciamo ricorso al supermercato. Ma cosa ci aspetta sugli scaffali?

Euro 12,00

978-88-96238-19-6

100 domande sul cibo

Nelle 100 domande sul cibo si ritrovano i timori e le incertezze che maggiormente caratterizzano il nostro rapporto con l’alimentazione e l’acquisto dei cibi. Le risposte dell’autore aiutano a comprendere la labirintica realtà del nostro sistema alimentare e suggeriscono buone pratiche su come comprare meglio e sano.

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Stefano Carnazzi

stefano carnazzi è direttore responsabile della redazione LifeGate. Nato a Milano nel 1974, è stato promotore di Gaia-Animali&Ambiente, collaboratore del mensile Quark, curatore delle voci sulle enciclopedie scientifiche per Il mondo in un libro, Edizioni Sylvestre Bonnard. L’ingresso in libreria è nel 2000 col fortunato pamphlet sull’inquinamento alimentare Quattro sberle in padella. Come difendersi dall’inquinamento alimentare e a seguire Assassinati. Inchiesta sulla pena di morte nel mondo, entrambi per Stampa Alternativa. Per la stessa casa editrice dirige la collana Ecoalfabeto, il cui primo titolo, Bimbo bio. Come difendere i piccoli dai veleni del mondo, è stato pubblicato nel 2006. Per Apogeo Feltrinelli è uscito nel 2006 con Le pere di Pinocchio. 50 cose da fare per mangiare bene, con Paola Magni. Del 2007 è il piccolo saggio-rassegna Energie rinnovabili, Xenia.

30-09-2009

ta s c a b i l i dell’ambiente

Stefano Carnazzi

100 domande sul cibo Manuale di sopravvivenza tra il supermercato e la tavola

La mancanza di tempo, lo stress, l’inquinamento, il marketing e la pubblicità, i pregiudizi e le abitudini interferiscono con ognuna delle funzioni basilari del cibo: darci energia, materia per il corpo, salute. La mancanza di tempo ci costringe a scelte frettolose e a consumi compulsivi. L’inquinamento può appestare i campi e la chimica può insinuarsi subdolamente in ogni piatto. Strategie di marketing aggressive modificano in profondità la nostra cultura alimentare, lasciandoci in balìa di preconcetti errati e abitudini distorte. Oggi, la possibilità di alimentarsi correttamente passa anche, necessariamente, da una costante verifica della correttezza delle informazioni che ci guidano negli acquisti e nella preparazione dei cibi, in una valutazione olistica delle esigenze dell’organismo. Inoltre, due ondate di “mucca pazza”, una di prosciutti e uova alla diossina, un’ecatombe di afta epizootica in Inghilterra e una in Cina, ritiri di monumentali quantità di hamburger in America, un paio di influenze aviarie e una suina dovrebbero averci fatto alzare le antenne. Ma questa è solo la punta dell’iceberg in una quotidianità scandita da notizie di truffe, sofisticazioni e sequestri di cibo avariato. Prima di perdere del tutto “il piacere della tavola”, meglio iniziare a informarsi.



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Stefano Carnazzi 100 domande sul cibo manuale di sopravvivenza tra il supermercato e la tavola

realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it coordinamento redazionale Anna Satolli progetto grafico: GrafCo3 Milano immagine di copertina: igorkosh/Shutterstock © 2009, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333 ISBN 978-88-96238-19-6 Finito di stampare nel mese di ottobre 2009 presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg) Stampato in Italia - Printed in Italy Questo libro è stampato su carta riciclata 100%


Stefano Carnazzi

domande sul cibo

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Manuale di sopravvivenza tra il supermercato e la tavola



sommario

1. Cos’è il cibo? 2. Di cosa ci siamo accorti, dieci anni fa? 3. Cos’è la “mucca pazza”? 4. Quanto ci è costata la “mucca pazza”? 5. Cos’è l’influenza aviaria? 6. L’influenza, che c’entra col cibo? 7. Cosa hanno in comune tutti gli ultimi allarmi alimentari mondiali? 8. Come si distingue un falso allarme da uno vero? 9. I cartoni della pizza sono velenosi? 10. Le padelle antiaderenti fanno male? 11. Patatine e snack con l’acrilamide sono cancerogeni? 12. L’allarme bufala era un’altra bufala? 13. Da lunedì a dieta? 14. Additivi, coloranti, aromi… ce n’è solo un pizzico, che male faranno? 15. Cosa sono gli additivi? 16. I conservanti sono inevitabili? 17. Quali sono i coloranti artificiali? 18. Quali altri “codici E” è meglio evitare? 19. C’è un colorante fatto con gli insetti? 20. Gli additivi sono cattivi? 21. Guardare la tv cambia il modo di mangiare? 22. Rischiamo di comprare qualcosa che non è come sembra? 23. C’è scritto “filiera controllata”, quindi è genuino?

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24. Quanto pesa la bistecca? 25. Diventiamo ecotariani? 26. La carne si può produrre in laboratorio? 27. Una sofisticazione alimentare può essere legale? 28. Quali sono state le più clamorose sofisticazioni alimentari? 29. La margarina è più leggera del burro? 30. Le patatine fritte fanno male? 31. L’acqua minerale è migliore? 32. L’acqua di rubinetto sa di cloro? 33. Il caffè decaffeinato fa meno male? 34. Che differenza c’è tra olio di oliva ed extravergine? 35. L’olio di semi è più leggero? 36. Lo zucchero fa venire la carie? 37. Quali dolcificanti usare? 38. Biologico? No, qui solo roba normale 39. Il “bio” fa bene solo a chi lo produce? 40. Il biologico è sicuro? 41. Un bicchiere di latte contro l’osteoporosi? 42. Il vino è sincero? 43. Perché gli aromi artificiali sono dappertutto? 44. Cos’è il glutammato monosodico? 45. Ti va una merendina? 46. Perché se ingrassi non è colpa di McDonald’s? 47. Le polpettine di pollo sono fatte di pollo? 48. Un frutto su due è contaminato da pesticidi? 49. Pesticidi e bambini? 50. Alla mensa bisogna sempre accontentarsi? 51. La gallina non è un animale intelligente? 52. Amara verità, o dolce come il miele? 53. Perché le api stanno scomparendo? 54. Chi lo vuole il popcorn di Frankenstein? 55. Le noci si lavano con la candeggina? 56. È bella rosa e tenera la fettina di vitello?

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57. Quante arance ci sono nell’aranciata? 58. Si fa il pieno d’energia con le bevande isotoniche? 59. Cos’è la taurina degli energy drink? 60. La carne fa sangue? 61. Il 90% della pastasciutta italiana è Ogm? 62. Il buon pane e salame? 63. Perché il prosciutto cotto costa meno del crudo? 64. Cos’è la hamburger connection? 65. L’aglio è pesante da digerire? 66. Perché la pizza mette di buonumore? 67. È ancora allarme rosso (peperoncino)? 68. Cosa sono i grassi vegetali idrogenati? 69. Cos’è l’amido modificato? 70. C’è ancora la carne agli ormoni? 71. Perché gli antibiotici fanno sempre meno effetto? 72. La clonazione è fantascienza? 73. Cosa c’è nel dado da brodo? 74. Quanto è reale il pericolo diossina nei cibi? 75. Mi fa stracciatella, cioccolato e… proteina sintetica Isp? 76. Che differenza c’è tra il gelato artigianale e quello industriale? 77. Con cosa si fa il pesto genovese? 78. Con una scatoletta di tonno si sta leggeri? 79. I bastoncini del capitano possono mancare dalla tavola? 80. Il cocktail di gamberetti è una prelibatezza? 81. Il cibo in scatola sembra un po’ povero? 82. I vegetariani sono pallidi, tristi e anemici? 83. Perché bisogna ridurre la carne? 84. Quando potremo assaggiare la fragola-pesce?

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85. Gli Ogm risolvono il problema della fame nel mondo? 86. Come sono stati accolti gli Ogm nel Terzo mondo? 87. Gli Ogm riducono l’uso di pesticidi? 88. Si trovano Ogm al supermercato? 89. Il Golden Rice, il riso con la vitamina A dentro, è un’invenzione geniale? 90. Ma lei gli Ogm li mangerebbe? 91. Il surimi è polpa di granchio? 92. Il salmone è rosa? 93. Un piatto di spaghetti alle vongole? 94. Cosa distingue la trota salmonata? 95. Hai il colesterolo alto? 96. Il riso bianco? 97. Pane e pasta, meglio integrali? 98. Cosa c’è di meglio del cioccolato svizzero? 99. Dove si trova il “salame Pepperoni”? 100. Come dribblare scandali, veleni, sofisticazioni e raggiri?

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bibliografia

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sitografia

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ringraziamenti

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1. cos’è il cibo?

Gioia. Gola. Cultura, piacere, convivialità. Fecondo argomento di conversazione, serbatoio di tradizioni. Sfida al supermercato, inviti al ristorante. Il cibo non è soltanto materia che transita nel corpo. Ci permette di rimanere in vita e di compiere lavoro: crescere, muoversi, rinnovarsi. È la fonte di energia della nostra esistenza, fucina di materiali con cui il nostro corpo si costruisce e si ristruttura, fonte d’elementi protettivi per la salute. Energia. Per svolgere qualunque lavoro, anche solo per rimanere in vita, occorre energia. Ed è il cibo a fornirla. La si calcola in calorie, che indicano la capacità degli alimenti di sviluppare energia che può essere utilizzata subito dall’organismo oppure messa da parte come sostanza di riserva (sotto forma di grassi nei tessuti adiposi o di glicogeno nei muscoli e nel fegato). Tecnicamente una caloria è la quantità di calore necessaria a innalzare la temperatura di 1 grammo d’acqua da 14,5 a 15,5 gradi. Le sostanze nutritive più caloriche sono i grassi (9 chilocalorie per grammo), seguono carboidrati e proteine. Ma questa banale valutazione non basta, non serve a comprendere quanto un cibo sia effettivamente “nutriente”. Il conto meccanico delle calorie indica solo la capacità energetica del cibo ma non dice nulla sul valore nutritivo in termini di vitamine, sali minerali, qualità delle proteine, funzionalità biologica, vitalità, gusto, piacevolezza, genuinità. È limitativo e scorretto definire nutriente un cibo solo perché è molto calorico.


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Struttura. Il cibo serve letteralmente a costruire il corpo, ossa, muscoli, tendini, e a rinnovarlo: ovvero, soddisfa il fabbisogno plastico. Le sostanze necessarie alla costruzione e al continuo rinnovamento dei tessuti sono moltissime, dalle proteine, di cui sono composti i muscoli, ai sali minerali necessari per la struttura ossea, all’acqua. Salute. Il cibo può avere una funzione protettiva e, con qualche accortezza, terapeutica. Fibre, vitamine, sali minerali e migliaia di micronutrienti, abbondanti nei cibi più sani, contribuiscono in modo decisivo alla vitalità, alla buona salute, alla giovinezza, a contrastare alcune malattie. Purtroppo, però, non c’è mai tempo. Siamo stressati. L’inquinamento. Il marketing e la pubblicità, i pregiudizi e le abitudini errate. Tutto interferisce con queste funzioni base dell’alimentazione. La mancanza di tempo ci costringe a scelte frettolose e a consumi compulsivi. Lo stress cronico surriscalda le nostre ghiandole surrenali distruggendo le capacità di rigenerazione. L’inquinamento appesta i campi e la chimica s’insinua subdolamente in ogni piatto. Tattiche di marketing aggressive stravolgono le nostre abitudini alimentari, lasciandoci in balìa di preconcetti errati. Gli strumenti a nostra disposizione per ripristinare gli equilibri e compiere nuove scelte critiche, però, sono numerosi. Cominciamo a leggere. Dalle notizie di cronaca degli ultimi vent’anni alle righine microscopiche degli ingredienti in etichetta, il cibo è una buona fonte di informazioni.

2. di cosa ci siamo accorti, dieci anni fa?

Due ondate di “mucca pazza”, una di prosciutti e uova alla diossina, un’ecatombe di afta epizootica in Inghilterra e in Cina, ritiri di monumentali quantità di hamburger in America, un paio di influenze aviarie e una suina. Negli ultimi dieci anni il mondo è stato spazzato da scandali alimentari di proporzioni mondiali che hanno scosso la nostra tranquillità, il nostro pacifico godimento delle gioie della tavola. Il primo grande evento europeo s’è registrato nel 1999.


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Polli, uova e prosciutti alla diossina. Abbiamo scoperto d’aver mangiato insalata di pollo condita con olio di macchina usato. Lo scandalo ha inizio il 28 maggio 1999 quando il governo belga diffonde una comunicazione sulla presenza di Pcb, precursore della diossina, in polli e uova. C’erano stati precedenti in Usa (350 allevamenti di pollame chiusi nel 1997 per diossina nella bentonite, additivo dei mangimi) e in Francia (nel 1998 alcuni inceneritori avevano inquinato i pascoli del Nord del paese). Ma questa volta la contaminazione sembra non essere stata accidentale. Il Pcb, policloruro bifenile, trovato in livelli pericolosi nei polli allevati in gabbia, le uova e anche prosciutti provenienti dal Belgio, è un componente degli oli da motore, trasformatori, condensatori e motori elettrici. Gli animali venivano foraggiati con mangimi contenenti oli minerali usati e residui di carburanti. I telegiornali hanno cominciato a mostrare le immagini delle orribili condizioni delle galline allevate in batteria. Ci siamo trovati bombardati da notizie allarmanti e contraddittorie che hanno provocato un crollo nel consumo della carne in genere e portato in primo piano il tema della sicurezza alimentare. Dall’inizio dello scandalo a fine dicembre 1999 il Ministero della Sanità italiano ha emanato ben 23 provvedimenti tra sequestri di polli vivi, carne e uova dal Belgio, controlli e restrizioni estese a carni bovine e suine. A seguito dello scandalo l’Unione Europea è stata nuovamente sollecitata a mettere al bando i mangimi ottenuti dagli scarti della macellazione e dagli oli esausti. Nel contempo il Comitato veterinario dell’Unione Europea nell’agosto 1999 decide di raddoppiare, da 100 a 200 nanogrammi per grammo di grasso, la quantità di diossina consentita nei prodotti alimentari di origine animale. Otto anni dopo… Arriva una notiziola nell’ottobre 2006. L’autorità belga dell’alimentazione, la Vwa, trova livelli di diossina 25 volte superiori alla norma in una partita di strutto. La Profat TM, l’azienda produttrice, si rifiuta di commentare. Secondo la stessa Vwa, “il materiale contaminato è talmente poco da non costituire allarme diretto per la salute pubblica”.

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La messa al bando di mangimi ottenuti da scarti della macellazione e oli esausti è andato a regime nel 1994, ma, a quanto pare, non è bastato per impedire che si ripresentassero casi di polli e uova alla diossina e di “mucca pazza”.

3. cos’è la “mucca pazza”?

L’encefalopatia è una malattia che fa diventare il cervello come una spugna. L’interesse per queste patologie causate da particelle proteiche infettive, i prioni, è esploso negli anni Novanta quando si scoprì una nuova variante umana del morbo di Creutzfeldt-Jakob (nvCJD), e si giunse alla conclusione che la nvCJD e l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse) erano causate dallo stesso prione. Ciò fece spaventare tutti, avvalorando l’ipotesi che mangiare carne potesse far ammalare, ipotesi suffragata dalla coincidenza di tempo-luogo-malattia dell’epidemia e dalle caratteristiche specifiche dell’agente patogeno. Il rapporto governativo inglese Bse Inquiry, sintetizzato da Le Monde il 28 ottobre 2001, ricapitola così la questione, per parole chiave: “Mortale – La Bse è causa di una malattia che contagia gli esseri umani; nell’ora in cui questo rapporto è stato scritto oltre ottanta persone in Inghilterra, in maggioranza giovani, sono morte o stanno morendo. Industria – È stato stroncato un intero settore industriale, con grave danno di decine di migliaia di persone. Gli allevatori hanno visto uccidere 170 mila loro capi e altre migliaia in via precauzionale. Intensiva – La Bse ha assunto carattere epidemico in seguito alla diffusione di una pratica zootecnica intensiva consistente nel riciclaggio di proteine animali nell’alimentazione dei ruminanti. Questa pratica, non contestata per decine d’anni, si è rivelata disastrosa. Rischio – Il caso solleva questioni sulla gestione del rischio, conosciuto per il bestiame, sconosciuto per l’uomo. Variante – Dei casi di una nuova variante di Creutzfeldt-Jakob si è occupata una commissione indipendente concludendo che l’esistenza di un legame con la Bse era ragionevole. Il legame tra Bse e variante umana è ben stabilito, anche se le modalità di trasmissione non sono chiare”. A far impazzire le mucche sono stati i prioni contenuti nei loro mangimi, ricavati da animali ammalati.


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Come ci sono finiti lì, i prioni? Da anni i manuali universitari di zootecnia avevano cominciato a parlare dell’uso di farine animali come integratori dei mangimi. Da anni ossa, carnicci e scarti non idonei al consumo umano diventavano mangime dopo aver transitato da diversi impianti di trasformazione. Dopo anni in circolo, le proteine sono mutate. Sono diventate prioni. I bovini ammalati di Bse sono rientrati nella catena alimentare, sia come carne sia come mangimi per altri bovini. I primi casi tra le mucche pare si siano registrati in Gran Bretagna tra il 1989 e il 1994. Ma nonostante l’embargo europeo imposto sulle carni inglesi “non cambia il menù apparecchiato dai mangimifici per l’allevamento industriale – fa notare Marco Travaglio su L’Espresso – sangue, ossa, zoccoli, peli, piume, interiora, animali morti, malati, malformati o inutili come i cavalli da corsa dopo la selezione degli esemplari migliori, le pecore da lana ormai improduttive o le centinaia di tonnellate di pulcini macinati giornalmente dalle grandi industrie dell’incubazione (i maschi delle razze ovaiole e le femmine delle razze da carne vengono scartati) e persino gli escrementi del pollame, ancora ricchi di elementi nutrizionali, frutta avariata e partite di cereali aggrediti da parassiti o roditori e contaminati dagli escrementi di questi ultimi… anche i fanghi di depurazione delle acque di scarico. S’ammanniscono ai bovini, che hanno un apparato digerente in grado di metabolizzare la cellulosa, anche scarti come segatura, trucioli, giornali, imballaggi (appurato da un’inchiesta governativa negli Stati Uniti)”. A ciò si sommano lo stato di forzosa immobilità degli animali, gli ambienti in cui sono ammassati, il trattamento con estrogeni e anabolizzanti vari, i cicli farmacologici ininterrotti. Ecco l’ambiente nel quale si è riprodotta la proteina incriminata. Un nuovo embargo. Nel luglio 1997 una seconda ondata d’allarme spazza l’Europa. Si parla di violazioni dell’embargo, di partite di carni inglesi infette che girano per il continente. I titolari delle dieci aziende che producevano mangimi alle farine di carne vendendoli a migliaia di allevamenti italiani vengono rinviati a giudizio per violazione della legge sui mangimi, la numero 281 del 1963. Alcuni patteggiano, altri vanno a processo, ma per la depenalizzazione del 1999 i produttori fuorilegge verranno assolti “perché il fatto non è più previsto dalla legge come

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reato”. Imbottire le mucche di potenziali agenti della Bse in Italia smette di essere reato. Alcuni poi vengono però condannati per frode in commercio, e – dopo la scoperta del primo caso umano di “mucca pazza” – incriminati per commercio di alimenti nocivi per la salute (fino a tre anni di galera). L’11 gennaio 2000 un comitato scientifico nominato dalla Commissione europea, insediato per valutare il rischio di contagio attraverso gli alimenti, presenta scenari inquietanti: se nel processo di produzione industriale di salsicce, pâté, gelatine e ripieni fossero finiti solo 20 chilogrammi di carne infetta, sarebbero esposte al rischio di contagio da 225 mila a un milione e 125 mila persone. Secondo un’ipotesi suggerita dagli studiosi di altre encefalopatie umane come la Kuru, diffusa tra le popolazioni indigene dedite a pratiche di cannibalismo, la nvCJD potrebbe avere un periodo di incubazione di quarant’anni. Non si è raggiunta una spiegazione unanime sulla diffusione della Bse. Non si è raggiunta certezza sul collegamento con la variante umana, il morbo di Creutzfeldt-Jakob. L’unica certezza è che alle mucche, animali notoriamente erbivori, sono state date da mangiare, per anni, altre mucche, alcune delle quali malate.

4. quanto ci è costata la “mucca pazza”?

La prima a essere scoperta è stata la Mucca 103 della Cascina Malpensata di Pontevico, in provincia di Brescia. Nel gennaio 2001, l’orgoglio dell’italianità fino ad allora esibito da allevatori e politici si tramuta in un tremore simile a quello che colpisce le mucche malate. Perché poi di mucche ammalate di Bse se ne sono scoperte parecchie. Una mucca ogni diecimila è stata trovata positiva dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Torino al test per l’encefalopatia spongiforme bovina durante i controlli del 2002. Non poche, considerando che sono otto milioni quelle che finiscono in tavola ogni anno. Di fronte alle cifre enormi di animali, l’allora ministro Umberto Veronesi ha provato a fare il punto: “nel Regno Unito, 180.500 casi di Bse bovina e 88 casi umani; in Francia, rispet-


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tivamente 233 e 3; in Irlanda, 487 e 1. In Inghilterra ci sono stati oltre 180 mila casi di ‘mucca pazza’ contro 88 morti umane. Questo nonostante il fatto che tutti gli inglesi, nel periodo peggiore dell’epidemia animale, si siano alimentati con carni infette. La misura del rischio è un caso su un milione”. Il 27 marzo, con un’ordinanza firmata dal ministro della Sanità, l’incubo dei macellai fiorentini diventa realtà. La carne con l’osso viene bandita dal primo aprile al 31 dicembre, in applicazione a una direttiva europea. Il conto, prego. Dopo che nel febbraio 2002 viene reso noto il primo caso di malattia umana (vittima una giovane donna di Catania) si comincia a parlare di un “ticket” sulla carne. Polemiche, contrasti, e alla fine, il 20 marzo, le Camere danno il via libera al decreto sull’emergenza “mucca pazza” per finanziare le misure d’indennizzo degli allevamenti colpiti dal morbo e di ritiro del materiale di scarto. Quattrocento miliardi di vecchie lire la spesa prevista. L’Agea, azienda di intervento pubblico sui mercati agricoli, spende i 400 miliardi per comprare direttamente dalle ditte produttrici e incenerire farine animali. Seicentomila tonnellate di farine animali bruciate in inceneritori e cementifici. Il governo ha dovuto mettere in bilancio altri miliardi per finanziare nuovi controlli. Nel nostro paese si consumano circa 18 milioni di tonnellate di mangime all’anno, cosa che rende impraticabili i controlli a tappeto: chi può apprestare e garantire la tenuta di un sistema di controllo per cui i costi pubblici sarebbero elevatissimi? Centinaia di miliardi di vecchie lire da aggiungere a quelli già andati in fumo per test rapidi e controlli anti Bse, smaltimento delle farine animali, abbattimento delle mucche e finanziamenti agli allevatori in crisi. Il ministro Gianni Alemanno, nel frattempo subentrato, vara infine un ultimo piano in cinque punti da altri 300 miliardi di lire per uscire dall’emergenza, destinato soprattutto alla risoluzione dei problemi legati all’emergenza Bse e allo smaltimento delle parti a rischio: anagrafe zootecnica, una banca dati con tutte le informazioni sull’animale (come è stato allevato e cosa ha mangiato), un sistema ramificato di controlli con tre nuclei specializzati dei Carabinieri (Noe, i Nac e i Nas) e il rafforzamento dell’Ispettorato centrale repressione frodi. In

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