Ecomafia 2017

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ECOMAFIA 2017

le storie e i numeri della criminalitĂ ambientale



OSSERVATORIO AMBIENTE  E LEGALITÀ

ECOMAFIA 2017 LE STORIE E I NUMERI DELLA CRIMINALITÀ AMBIENTALE ANNUARI


ecomafia

2017

le storie e i numeri della criminalità ambientale A cura dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente Antonio Pergolizzi, Laura Biffi, Francesco Dodaro, Stefano Ciafani, Rossella Muroni, Enrico Fontana e Peppe Ruggiero. seguici su: www.noecomafia.it – www.abbattilabuso.it coordinamento redazionale:  Diego Tavazzi progetto grafico:  GrafCo3 Milano impaginazione:  Roberto Gurdo immagine di copertina:  elaborazione GrafCo3 Milano

© 2017, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-215-1 Finito di stampare nel mese di giugno 2017 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC i siti di edizioni ambiente

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Si ringraziano Cobat e Novamont per il supporto alla realizzazione di questo volume 1. Ecomafia 2017 riporta vicende che compaiono nelle carte delle inchieste giudiziarie, nei documenti istituzionali, nei rapporti delle forze dell’ordine e nelle cronache di stampa. Per quanti vengono citati, salvo i condannati in via definitiva, valgono la presunzione di innocenza e i diritti individuali garantiti dalla Costituzione. 2. Le notizie raccontate sono raccolte da atti giudiziari, articoli di stampa e altre fonti giornalistiche fino al 31 maggio 2017.


sommario

presentazione Rossella Muroni, presidente nazionale Legambiente

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premessa

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l’illegalità ambientale

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ecogiustizia è fatta: il bilancio dei primi due anni dell’applicazione della legge sugli ecoreati

49

l’assalto alle aree protette

73

il ruolo della corruzione nello sfregio del territorio

81

gli affari dei clan nel saccheggio ambientale

91

i trafficanti di rifiuti

111

shopper illegali

127

l’italia abusiva

131

il business degli animali da reddito

149

l’archeomafia

157

bibliografia

163

ringraziamenti

165



A Valerio Verri, appassionato e instancabile volontario del Servizio di vigilanza ambientale di Legambiente che ha speso la sua vita a difesa dell’ambiente.



presentazione

Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente

Sono essenzialmente due gli elementi che caratterizzano questo nuovo rapporto sulle ecomafie in Italia: innanzitutto la straordinaria efficacia dell’azione repressiva messa in campo dallo stato grazie all’entrata in vigore della legge 68 del 2015, che ha finalmente inserito i cosiddetti ecoreati nel nostro Codice penale. Nel 2016, per esempio, secondo i dati raccolti da 87 procure (una copertura pari a circa il 53% del totale), si sono registrati 265 procedimenti aperti in applicazione della legge 68, con 446 persone denunciate. In testa il delitto di inquinamento ambientale (158 casi), 15 le contestazioni di disastro ambientale, 33 i casi di delitti colposi contro l’ambiente, 30 i procedimenti penali per omessa bonifica, 15 quelli per impedimento al controllo, 9 per i casi di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, 3 per traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività. Allargando all’arco temporale che va dal 1° giugno 2015 a fine 2016, la legge 68 è stata applicata in 467 procedimenti penali con 651 persone denunciate. Nel 2015 sono stati 41 i procedimenti giudiziari che si sono conclusi con condanne di primo grado grazie alla nuova legge, mediante patteggiamenti e riqualificazione di reati contestati precedentemente sotto altro titolo. Questi pochi numeri dimostrano già in maniera chiara quanto la legge sugli ecoreati, a soli due anni dalla sua approvazione, sia entrata con vigore nell’apparato normativo e repressivo, contribuendo a renderci un paese finalmente “normale”, un paese in cui chi inquina paga e molto caro! Numeri che confortano e rendono merito allo straordinario lavoro fatto dalle forze dell’ordine e dalla magistratura che, seppur con le armi spuntate prima della 68/2015, hanno sempre svolto un’azione repressiva di contrasto diretto al business degli ecomafiosi e degli ecocriminali. L’altro elemento di rilievo è costituito dalla contrazione del business incassato lo scorso anno dall’ecomafia, soprattutto nelle rispettive regioni di insediamento,


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che ha potuto contare – come le comunità locali, d’altronde – su minori risorse pubbliche, soprattutto per opere infrastrutturali e servizi di pubblica utilità. Un fenomeno che preoccupa per due motivi: perché conferma, da una parte, come la crisi economica generale si trasferisca anche sulle risorse pubbliche a disposizione delle amministrazioni, soprattutto quelle del Sud; e, dall’altra, come le poche risorse che continuano ad arrivare siano a forte rischio di essere risucchiate nei meccanismi corruttivi, principalmente di marca mafiosa, per colpa di una eccessiva permeabilità a queste logiche che investe l’intero sistema pubblico. Senza dubbio, questa “distrazione” di fondi, insieme all’evasione fiscale, è tra i principali fattori di impoverimento economico del paese, oltre che uno dei segnali più inquietanti della mancanza di controllo della filiera amministrativa e del governo del territorio. È qui che si annida la più terribile ipoteca sul benessere economico, sociale e sostenibile, presente e futuro, di quei territori. Ora però non dobbiamo fermarci ed è necessario fare essenzialmente almeno tre cose per proseguire su questa buona strada. Primo: investire risorse soprattutto sui controlli, dando gambe forti alle Agenzie regionale di protezione ambientale, che nonostante la recente riforma legislativa le abbia rafforzate e messe a sistema per una migliore tutela ambientale, stanno ancora aspettando, purtroppo, l’approvazione dei decreti attuativi del Ministero dell’ambiente e della Presidenza del consiglio dei ministri. Inoltre, i meccanismi di applicazione della legge 68 nei confronti dei responsabili di episodi di inquinamento ambientale stanno portando anche risorse economiche nelle casse dello stato, ed è necessario che queste risorse vengano impiegate prima di tutto per rafforzare il sistema della prevenzione e del controllo del territorio. A beneficio dell’economia onesta, dei posti di lavoro e soprattutto della salute dei cittadini. Secondo: è dunque fondamentale programmare e attuare un piano di formazione per forze dell’ordine e magistratura sulla nuova legislazione penale in campo ambientale in modo che essa possa essere sfruttata e attuata in tutta la sua potenza. Infine, la partecipazione: è necessario favorire l’accesso alla giustizia da parte di cittadini, associazioni e comitati che a oggi vedono nei costi dei procedimenti giudiziari un ostacolo insormontabile per la loro opera di segnalazione e denuncia. Ostacolo che occorre rimuovere al più presto, come chiedono le convenzioni internazionali sull’accesso alla giustizia ambientale e come suggerirebbe il normale buon senso. Detto ciò, dopo tanti anni finalmente un rapporto Ecomafia con un segno positivo e un obiettivo preciso: proseguire sulla giusta strada.


premessa

Diminuiscono gli illeciti ambientali e si riduce anche il fatturato delle attività illegali dell’ecomafia: nel 2016, insomma, si comincia, finalmente, a intravvedere la luce in fondo al tunnel. Le risposte dello stato e della società civile, in ogni loro articolazione, stanno dando i primi frutti, come dimostra, in estrema sintesi, la fotografia dell’Italia scattata dall’edizione di Ecomafia di quest’anno. Una fotografia che non ha solo tinte fosche, come nelle scorse edizioni, ma anche i colori della speranza. Certo, rimane ancora molto da fare, come emerge dalla semplice lettura dei numeri, con 25.889 reati ambientali contestati su tutto il territorio nazionale, 71 al giorno, circa 3 ogni ora. Quello che presenta il nostro paese è, dunque, un volto ancora carico di cicatrici e ferite. Seppure con un andamento positivo, come già detto, rispetto al 2015: i reati ambientali accertati delle forze dell’ordine e dalla Capitaneria di porto, infatti, sono passati da 27.745 a 25.889, con una flessione del 7%. Cresce, invece, il numero di arresti, 225 (contro i 188 del 2015), di denunce, 28.818 (a fronte delle 24.623 della precedente edizione di Ecomafia) e di sequestri, 7.277 (nel 2015 erano stati 7.055), a testimoniare una sempre maggiore efficacia dell’azione investigativa e repressiva. Il combinato disposto del calo di illeciti e dell’aumento di arresti e denunce racconta meglio di ogni altro dato il netto cambio di passo del nostro paese nel contrasto ai ladri di futuro. Merito prima di tutto del rinnovato impianto legislativo, finalmente in grado di colpire gli ecocriminali, smontando definitivamente quella corazza di impunità dove ingrassavano e proliferavano beati da decenni. Rispetto alla composizione geografica dei reati, le quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso mantengono i primi posti nella classifica per numero di illeciti (anche se l’incidenza complessiva rispetto al dato nazionale scende a poco più del 44%, a fronte del 48% del 2015): la Campania è ancora una volta


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la regina della classifica (3.728), davanti alla Sicilia (3.084), alla Puglia (2.339) e alla Calabria (2.303). La Liguria resta la prima regione del Nord, mentre la Toscana conquista la sesta posizione. Anche su scala provinciale si riproduce quasi sostanzialmente la fotografia già scattata a livello regionale: Napoli è stabilmente la più colpita con 1.361 infrazioni, seguita da Salerno (963), Roma (820), Cosenza (816) e Palermo (811). Come già accennato, il business dell’ecomafia relativo allo scorso anno si attesta poco sotto i 13 miliardi, circa 6,2 in meno rispetto all’anno precedente, una contrazione percentuale di oltre il 32%. Un calo significativo dovuto soprattutto alla riduzione della spesa pubblica per opere infrastrutturali nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (con una contrazione di 4 miliardi di euro, meno 58%), ma anche al lento ridimensionamento nel mercato illegale: tra abusivismo edilizio, archeomafia e gestione illecita dei rifiuti, la riduzione dei fatturati derivanti da attività illegali è stata di oltre 2 miliardi, pari al 18% circa. L’effetto degli ecoreati. Uno dei meriti di questo nuovo confortante quadro è sicuramente da attribuire all’applicazione della legge 68/2015 sugli ecoreati. Come abbiamo scritto nel capitolo sul tema, a due anni dalla sua approvazione il bilancio dell’applicazione di questa vera e propria riforma di civiltà è senza dubbio più che positivo, in termini sia repressivi sia preventivi. Basta qui solo accennare ai dati complessivi elaborati da Legambiente sull’azione repressiva svolta nel 2016 dalle forze di polizia (Arma dei carabinieri, Capitanerie di porto e Corpi forestali regionali): a fronte di 1.215 controlli, la legge 68 ha consentito di sanzionare 574 ecoreati, più di uno e mezzo al giorno, denunciare 971 persone e 43 aziende, sequestrare 133 beni per un valore di circa 15 milioni di euro con l’emissione di 18 ordinanze di custodia cautelare; sul totale, 173 ecoreati hanno riguardato specificamente i nuovi delitti (pari al 30% del totale) mentre sono 401 (pari al restante 70%) i casi di applicazione del meccanismo di estinzione dei reati meramente contravvenzionali (secondo quanto previsto dalla parte Sesta bis del Dlgs 152/2006). In particolare, sono 143 i casi di inquinamento ambientale, 13 di disastro ambientale, 6 di impedimento di controllo, 5 i delitti colposi contro l’ambiente, 3 quelli di omessa bonifica e 3 i casi di aggravanti per morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale. La Campania si conferma la prima regione, con 70 ecoreati contestati. Il risultato positivo dei primi due anni di applicazione della legge 68 è confermato anche dalle statistiche delle Agenzie regionali per la protezione dell’am-


premessa

biente rese note da AssoArpa. Commenti positivi sono arrivati anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e soprattutto dalla Suprema Corte di cassazione, vero banco di prova per ogni norma di tale portata, che in diverse sentenze ha blindato la legge 68, e ne ha anzi autorizzato un’applicazione più estensiva possibile. E in genere giudizi positivi sono arrivati dai tanti magistrati e rappresentanti delle forze di polizia che stanno intervenendo nelle tappe dell’Ecogiustiziatour di Legambiente, partito nell’ottobre 2015 con l’intento di informare i cittadini e formare gli operatori sulle novità prevista dalla legge 68. La lotta agli ecocriminali è diventata, senza alcun dubbio, più efficace e moderna, degna di un paese civile, rendendo concreto il principio teorizzato dall’Ue del “chi inquina paga”. Grazie anche al bastone previsto dal nuovo apparato sanzionatorio, molte aziende hanno finalmente deciso di mettersi in regola, rispettando la normativa ambientale. I rischi sono adesso all’altezza della posta in gioco. È infatti la prevenzione la vera cifra qualitativa di questa riforma, che sta dando una mano concreta alle aziende sane e rispettose della legge, mettendo al bando, invece, quelle più disinvolte o palesemente criminali. Corruzione e mafie. La corruzione rimane la vera “bestia nera” del nostro paese, come dimostra anche il lavoro di ricerca e di analisi realizzato per questa edizione del rapporto Ecomafia. Soltanto per restare a quelle più significative, nell’ultimo anno e mezzo abbiamo censito ben 76 inchieste in cui le attività illecite in campo ambientale si sono intrecciate con vicende corruttive. Queste inchieste hanno comportato l’arresto di 320 persone e la denuncia di altre 820, coinvolgendo 14 regioni. Nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa se ne sono contate 31, più o meno il 41%, anche se la regione più colpita è il Lazio, dove ne sono state verbalizzate 14, con 107 arresti, 88 denunce e 13 sequestri. Negli ultimi 6 anni, dal 2010 al 2016, le inchieste degne di rilievo e censite per questo lavoro sono state 352: le due regioni più colpite sono il Lazio (49) e la Lombardia (44), davanti alla Campania, alla Sicilia, alla Calabria e alla Puglia. Numeri che da soli bastano per comprendere la portata di una vera e propria emergenza nazionale, che ancora oggi pare difficile da scalfire, chiamando in causa l’intero sistema-paese e la sua soglia di accettazione dell’illecito. Accanto e spesso mischiate con le reti corruttive operano anche le mafie che, non solo nei rispettivi territori d’origine, perpetuano il proprio dominio ai danni delle comunità locali. I clan dell’ecomafia censiti come ogni anno da Legambiente continuano infatti a crescere, e nell’ultimo anno hanno toccato quota

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