Car sharing

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tascabili dell’ambiente

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Carlo Iacovini

car sharing

come la sharingeconomy cambia la nostra mobilità realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it progetto grafico: GrafCo3 Milano immagine di copertina: Pier Francesco Renna, supertotto.com © 2014, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-126-0 Finito di stampare nel mese di giugno 2014 presso GECA S.p.a., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC i siti di edizioni ambiente: www.edizioniambiente.it www.reteambiente.it www.nextville.it www.puntosostenibile.it www.freebookambiente.it seguici anche su: Facebook/EdizioniAmbiente Twitter.com/EdAmbiente

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Carlo Iacovini

car sharing Come la sharingeconomy cambia la nostra mobilitĂ Presentazione di Charlie Gnocchi Prefazione di Gianni Silvestrini

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indice

presentazione

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prefazione

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Charlie Gnocchi Gianni Silvestrini parte 1 1. 2. 3.

il car sharing le nuove città come requisito per lo sviluppo del car sharing il car sharing visto dal settore automotive

15 19 27

parte 2 4. 5. 6. 7.

il car sharing e i diversi modelli di business un’analisi internazionale, gli utenti e i loro “desiderata” per un servizio efficace i casi di successo internazionali le avanguardie del car sharing e le nuove app come infrastruttura tecnologica per il servizio

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parte 3 8. le criticità della sharing mobility 9. l’industria e la tecnologia che muove il car sharing

10. conclusioni

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glossario

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note

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ringraziamenti

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profilo autore

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presentazione

Il car sharing mi piace. Ha dato uno slancio di modernità alle nostre città. Sì, certo, amiamo la nostra auto e non ce ne separeremo mai... questo si diceva una volta, oggi i tempi cambiano. Con gli amici, da giovani, si chiacchierava al bar “Che macchina hai? Cosa compri?”. Oggi nei bar di Milano ascolto le conversazioni tra un caffè e un panino: “Ma tu che car sharing usi? A me piace la Smart. – No, io preferisco le 500”. Piccoli segni delle innovazioni che arrivano e che abbracciano soprattutto i centri urbani. Oggi prestiamo l’auto, domani l’appartamento o la bicicletta (magari elettrica). La sharing economy fa sempre più parte di noi. Alcune novità fanno arrabbiare perché sono troppo “avanti” per le nostre leggi e i regolamenti burocratici, ma in giro per il mondo la mobilità cambia molto più velocemente di quanto noi immaginiamo. Proprio come la vita nelle nostre città, frenetica e invasa di messaggi comunicativi di ogni genere. Ma anche qui il successo del car sharing insegna che il servizio stesso, come i suoi clienti, sono la miglior pubblicità possibile. Girano tweet dove i diversi utenti ironizzano l’un l’altro come fossero squadre di calcio, si fotografano le situazioni più comiche per immortalare momenti belli e brutti. Il car sharing è riuscito a coinvolgere a tal

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punto che il suo utilizzo è diventato una forma di pubblicità , innovativa anche quella e molto divertente, anche per un comico. Buon car sharing. Charlie Gnocchi Conduttore radiofonico su RTL 102.5 e inviato per il TG satirico Striscia la notizia

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giovani si riscontra il maggior interesse, con percentuali di adesione che raggiungono quasi il 90%, e Spagna, Italia e Francia sono i paesi più sensibili. Da evidenziare infine che solo la metà degli intervistati ritiene di “non poter vivere” senza l’auto, un dato in calo significativo, mentre l’auto resta sempre un simbolo di indipendenza più che di “status”. Oggi il car sharing è a tutti gli effetti una grande opportunità e una grande minaccia. Secondo uno studio recente condotto da Alix Partners, pubblicato sul sito della Cnbc, il mercato car sharing avrebbe eroso 500.000 vendite negli Stati Uniti. Un numero destinato a più che raddoppiarsi nei prossimi anni: la stessa ricerca indica infatti che, entro il 2021, altre 1,2 miliofigura 7

percezione degli utenti di car sharing*

14%

26%

21% 20%

20%

Pioniere Utente preliminare

24%

Confuso

27% 21%

Passivo

22%

19% 4% 6% 6%

Totale

Attivista

25%

23%

9%

3% 2% Tra coloro che hanno usato il car sharing negli ultimi 12 mesi

Tra coloro che pensano di usare il car sharing in futuro

3% 3% 2%

Scettico Altro

* Hanno risposto alla domanda: “Usando il car sharing mi considero ... ?” Fonte: The future of sustainable Transport in Europe, Christina Hughes e Andrew Curry The Futures Company.

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ni di vetture andranno “perdute” per la diffusione sempre più capillare del car sharing. Cifre che vanno messe in relazione con il costante aumento delle “famiglie a zero auto”, in crescita dal 2007 con una percentuale si sta avvicinando al 10%.11 Le altre variabili discriminanti per il futuro dell’auto rappresentate nel “Blueprint sono gli “smart vehicles” (veicoli connessi, sistemi coadiuvanti la guida, interattività), i nuovi concetti di distribuzione commerciale, le nuove tecnologie per i motori e la mobilità con altri mezzi (bike sharing). Un mix integrato che sempre più si sta concretizzando nelle nostre metropoli. È proprio la concomitanza di interessi pubblici, privati, aziendali e degli utenti che in fondo rappresenta la vera chiave di successo del car sharing. Oggi uno schema come quello introdotto a Milano rappresenta la classica situazione win-win-win. Per il cittadino è un servizio comodo ed economico, per le amministrazioni è una fonte di ricavo e nel medio termine una politica di riduzione del traffico privato, per il gestore è una diversificazione di business oltre a essere una forma di promozione delle vetture. 3.3 le case automobilistiche diventano fornitori di mobilità Se oltreoceano le grandi case stanno uscendo dal guado, le multinazionali europee, quelle tedesche soprattutto, hanno seguito strategie simili ma ancora più aggressive. Daimler ha lanciato car2go nel 2008 a Ulm in Germania. Dopo qualche anno di successi e analisi previsionali di mercato, nel 2013 il grande salto: viene costituita Daimler Mobility Services, una controllata con sede a Stoccarda, interamente dedicata a progettare, sviluppare e proporre soluzioni di mobilità per le aree urbane. Una scelta

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impensabile solo dieci anni fa. Nella struttura convergono tutte le attività di car2go mondo, oltre ai servizi tecnologici offerti dalla app moovel. Quest’ultima rappresenta la piattaforma tecnologica con cui integrare l’intera offerta di mobilità di un territorio (urbano ma non solo), garantendo all’utente la più efficace ed efficiente scelta per muoversi. Non si parla solo di auto: nella piattaforma sono infatti ricompresi i trasporti ferroviari (partner DBahn), i trasporti pubblici locali delle principali città, i servizi di bike rental locali, la piattaforma carpooling.com per condividere i viaggi e le app già esistenti per prenotare e pagare i taxi (My taxi). Senza dimenticare l’ultima avanguardia della mobilità personale: le app per cercare parcheggi, privati o pubblici. Per questo Daimler ha investito in Gotta park, start up californiana che consente di prenotare già 300.000 parcheggi nelle città di san Francisco, Seattle, San Diego, Denver, Houston, Boston, Chicago e Miami. Adattato il business model all’Europa ora Daimler lo offre sotto il brand park2gether. Un pacchetto completo, da proporre ai cittadini delle più importanti aree metropolitane con il sostegno delle amministrazioni con l’obiettivo di raggiungere i 100 milioni di euro di fatturato in due anni di attività. Se Daimler ha impostato una strategia integrata, cercando di coinvolgere tutto il mondo dei trasporti, a Monaco di Baviera, al quartier generale BMW non sono da meno. Si parte sempre nel 2007 con una strategia corporate di lungo termine per mantenere la leadership del marchio nella sostenibilità, ma proiettandola ai tempi futuri all’interno del “progetto i”. La strategia si basa su nuovi concetti di veicoli, di produzione, di servizi e di utenti. Dopo un’indagine globale con esperti e stakeholder delle più importanti metropoli mondiali (Los Angeles, New York, Londra, Parigi e Barcellona e Tokyo) è iniziata per BMW una fase di sperimentazione con piccole flotte di vetture elettriche

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la mobilità integrata di daimler

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Car sharing

Parcheggio Bike sharing

Peer to peer car Taxi Sharing

Tpl Car pooling

Fonte: Daimler Mobility Services.

(inizialmente serie 1 e Mini convertite all’elettrico). L’indirizzo in questo caso era di concentrarsi sull’innovazione di prodotto, portando poi al grande successo del nuovo brand BMW I, che ha introdotto nel mercato modelli di vetture progettate elettriche (la I3 e la I8 di prossima uscita). Tuttavia, l’attivismo internazionale ha portato anche in questo caso a costituire una società ad hoc, BMW I Ventures, destinata a concentrare tutte le competenze e progetti sui nuovi prodotti e servizi, oltre che l’applicazione dei servizi stessi. Drive Now, il car sharing targato BMW, è già operativo in molte città, e l’azienda punta a investire e far crescere nuove realtà come park@myhouse (applicazione per prenotare il parcheggio privato), mycityway (portale per fornire informazioni di ogni genere sulla città di interesse) ed embark (servizio di informazioni intermodali per muoversi in 10 città, principalmente americane). Anche in questo caso vediamo l’integrazione di una vasta gamma di opportunità che trovano nel car sharing un asset di penetrazione e presentazione al mercato.

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la mobilità integrata di bmw

Parcheggi peer to peer, tecnologie per il parcheggio su strada/fuori

Peer to peer, tecnologie car sharing Car sharing e sistemi basati sull’utilizzo car sharing

Parcheggi intelligenti

Servizi di localizzazione e personalizzati

e-mobility

Veicoli elettrici pubblici, reti di peer to peer, tecnologie per i veicoli elettrici, smart grid

Infotainment, pedoni, traffico intelligente, big data

Soluzioni intermodali Ride sharing, indirizzamento e intermodalità

Fonte: BMW i-ventures presentation.

In questo scenario restano fuori i marchi italiani. Fiat ha focalizzato la propria strategia sulla ricerca della sopravvivenza con l’integrazione con Chrysler. Al di là delle scelte su prodotti e mercati, è sempre stato evidente che la casa italiana stesse tenendo i motori “al minimo” con l’unica attenzione ecologica rivolta alla diffusione dei veicoli con carburanti alternativi (metano e Gpl), da sempre un fattore competitivo della propria offerta. Nonostante queste priorità e in aggiunta al citato esempio di presenza operativa nel gestore di Torino, dallo scorso anno Fiat si è lanciata in un’operazione di co-marketing sul car sharing rivolto agli studenti. Sulla scia dell’esperienza americana di Zipcar, che è cresciuta nei campus universitari, Fiat ha presentato, in colla-

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borazione con Ics, il progetto Fiat Likes U in otto università italiane, con una piccola flotta di auto in car sharing Fiat (500L e Panda) a disposizione gratuitamente per gli studenti per un breve periodo per un test sul servizio e sulle modalità di funzionamento. Sono previste borse di studio per laureandi che realizzano una tesi sul mondo Fiat e la possibilità di coinvolgere studenti interessati come Fiat Ambassador per gestire il servizio di car sharing e promuoverlo a livello locale. Di fatto è stato un progetto pilota per introdurre il car sharing modello campus universitario, testando le diverse opportunità. L’iniziativa si è conclusa a fine 2013 con la consegna delle borse di studio e ha riscosso successo grazie agli oltre 6.000 studenti coinvolti, ai 28.000 viaggi e agli oltre 32.0000 chilometri percorsi con le otto vetture. Ora il progetto crescerà coinvolgendo altre università in Italia e all’estero, per assumere una dimensione più imprenditoriale. 3.4 car sharing e noleggio Dove non potevano arrivare le case automobilistiche, sono arrivate le grandi imprese di noleggio. Nella sostanza, il car sharing è una forma di noleggio, e pertanto le strutture finanziarie che operano su queste linee di business hanno, nel tempo, sempre più avvalorato sinergie organizzative e funzionali. In alcuni casi hanno lanciato programmi integrati. Oltre ad AVIS, che come si è visto ha seguito una politica di acquisizione forte, comprando il colosso Zipcar, Hertz ha lanciato in Francia il brand Hertz 24/7, a segnalare come la logica del rent a car si potesse estendere nella massima disponibilità per gli utenti proprio attraverso la piattaforma di car sharing. La strategia di altri operatori è stata in altri casi di alleanza. Europcar è il partner eu-

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ropeo di car2go per lo sviluppo delle operazioni nei vari paesi. Simile anche l’approccio di Sixt, che ha scelto BMW come partner car sharing: insieme operano sotto il brand DriveNow. Al car sharing si sono avvicinati anche gli operatori del noleggio a lungo termine. Considerato che anche in termini normativi ci sono differenze sostanziali (per esempio la licenza di car rental non vale per il noleggio a lungo termine e viceversa), molteplici operatori come Arval, Ald, Athloncar Lease hanno sviluppato i servizi internamente o con acquisizioni di sistemi di car sharing. La multinazionale olandese Athlon ha investito in una piattaforma di car sharing peer to peer (SnappCar, con attività in Olanda) per poi integrarla nel proprio sistema. La multinazionale francese Ald Automotive ha sviluppato una linea di car sharing solo aziendale, in partnership con società informatiche che fornivano la tecnologia software e le unità di bordo. In sostanza si tratta di declinazioni parziali del car sharing pubblico, rivolte anche solo a utenti business o comunque con un approccio al business simile ai propri. Questo consente di avvicinarsi a nuovi utenti, soprattutto nell’ambito delle Pmi. Il car sharing aziendale viene visto soprattutto come una strategia di marketing per acquisire clienti che altrimenti non si sarebbero avvicinati al mondo fleet.

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Il car sharing interaziendale può evolvere andando a ridefinire la mobilità tra azienda, fornitori e clienti. Prefigurando schemi e destinazioni “consuetudinarie” è possibile ampliare il progetto di consulting a queste “destinazioni” mirando così a un’analisi complessiva delle esigenze di spostamento (e relativi costi). Sono stati sviluppati diversi software gestionali e app relative al car sharing, sia tradizionale sia nelle varie evoluzioni (free flow, one way, elettrico ecc.). Per il corporate car sharing si individuano i seguenti requisiti minimi: • sistemi di accesso RFID con tessera aziendale (e personale) per apertura e chiusura porte e sblocco veicolo (chiavi a bordo vettura); • sistema di accesso tramite app per smartphone (Android e iOS) con localizzazione e sblocco veicolo per accensione (chiavi a bordo vettura); • sistema di accesso veicolo integrato con il gestionale di riconoscimento e accesso alle infrastrutture di ricarica per vetture elettriche; • prenotazione vetture just in time e in anticipo in base alle esigenze aziendali o del dipendente; • portale gestore che consenta la massima flessibilità di organizzazione delle “operations” per aggiornamenti sui parcheggi, clienti, tipologia di utenza, flotta, tariffazione; • reportistica per centri di costo per il corretto calcolo delle tariffe. Il corporate car sharing rappresenta una delle aree di sviluppo del business più promettenti. In primis si assisterà a una continua convergenza di operatori diversi, sempre più coinvolti nei servizi. Tra questi si trovano gestori di car sharing, aziende di noleggio a lungo termine, software house, case automobilistiche e

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più in generale operatori dei trasporti. La dinamicità dei player indica con evidenza l’interesse per il business e le potenzialità. Le previsioni di sviluppo indicano 85.000 veicoli entro il 2020 (oggi sono circa 2.000), con punte di crescita fino al 95% annui nel prossimo futuro, una volta comprese le potenzialità. Oggi il business si concentra in Germania, Francia e Olanda, mentre Regno Unito, Svizzera, Norvegia, Svezia, Danimarca, Belgio e Italia sono i principali terreni di “conquista” per gli operatori. In termini di personale nel 2013 si contavano 38.000 utenti (dipendenti di imprese), numero destinato (secondo Frost) a raggiungere una cifra compresa tra 1,3 e 2,1 milioni nel 2020. mercato del car sharing aziendale in europa 2013

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BMW, gruppo PSA, Renault e Volvo

Produttori di autoveicoli

Concut, Amadeus

Aggregatori internet, operatori viaggi on line

Carbox services, Mobility mixx

Altri operatori del trasporto

Mobility management

Operatori di car sharing

Operatori leasing e noleggio

Mobility Car Sharing, Move About, Snappcar

ALD, Leaseplan, AVIS, Sixt, Arval, Athloncarlease

Fonte: Frost and Sullivan Analysis.

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il car sharing elettrico Il car sharing elettrico di per sé non rappresenta una versione specifica di business. In realtà le implicazioni derivanti dall’utilizzo di un mezzo a zero emissioni sono significative, tali da rendere necessario l’adattamento dell’intero sistema organizzativo. Si parte dal presupposto che il car sharing elettrico sia di tipo tradizionale, con presa e rilascio nello stesso luogo o parcheggio. Le peculiarità di questo servizio sono due. In primo luogo, il sistema di prenotazione deve tenere conto di quanti chilometri dovranno essere percorsi, prima di accettare il noleggio. Diverse applicazioni di car sharing elettrico richiedono la stima del tragitto all’atto della prenotazione, in modo da poter essere sicuri che ci sia autonomia sufficiente per completare il viaggio. Questa necessità è oggi molto presente perché ancora non ci sono reti di ricarica per mezzi elettrici sufficientemente diffuse nelle città, tali da consentire un “rifornimento” di energia nel corso del viaggio. In pratica, occorre avere in partenza la totale autonomia per svolgere il noleggio. Probabilmente questa criticità verrà ridotta nel tempo con la diffusione delle colonnine di ricarica rapida, che seppur ancora praticamente inesistenti, porteranno in futuro le auto elettriche a una maggiore diffusione. In più, il sistema di prenotazione deve misurare in tempo reale il livello di ricarica della flotta e di ogni singola auto. Il dato serve al fine di accettare una prenotazione che sia compatibile con il livello di carica della vettura. Siccome non è dato sapere con precisione il livello di carica dei veicoli al loro ritorno al parcheggio, è evidente che occorre tutelare il cliente che intende prenotare la vettura subito dopo attraverso la garanzia di poter eseguire il noleggio senza problemi di autonomia. Questo implica per esempio l’avere una finestra temporale minima tra il rientro di una vettura e il noleggio successivo, ma richiede so-

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prattutto che la piattaforma di gestione della ricarica dei veicoli sia integrata con la piattaforma di prenotazione dei veicoli stessi. Diversi software tra quelli presenti in Europa offrono il pacchetto “elettrico” in aggiunta ma le due limitazioni descritte hanno impedito lo sviluppo di massa di questo modello di business. car2go ha realizzato due progetti pilota con un sistema di car sharing free floating elettrico a San Diego e ad Amsterdam. Senza i vincoli dei sistemi di ricarica il gestore stesso si fa carico di spostare le auto scariche portandole alle stazioni di ricarica (lenta o rapida a seconda delle necessità), ovviando ai problemi sopra citati. Il servizio così proposto è vantaggioso per gli utenti (che generalmente non percorrono molti chilometri con questi mezzi) ma è altamente costoso per il gestore perché ha una media di quasi il 30% di vetture fuori flotta per manutenzione e ricarica. Si tratta di percentuali che rendono poco profittevole lo schema elettrico. Se si considera poi che le Smart di car2go sono comunque “microibride” con start&stop e hanno emissioni di 98 g CO2/ km, si evince perché la casa non ritenga di dover spingere per le versioni elettriche. Il car sharing elettrico in Europa oggi conta circa 4.000 auto in circolazione, diffuse in 40 città utilizzando 17 diversi modelli tra quelli disponibili nel mercato. Metà delle vetture sono gestite da Autolib in Francia, nelle città di Parigi, Lione Bordeaux e Nizza. Seguono poi Germania, Norvegia, Danimarca, Svizzera e Olanda. Si aggiunge l’Italia con il servizio di E-vai promosso da Regione Lombardia e Trenord, anche se il modello si avvicina molto a un car rental. Nella maggioranza dei casi il car sharing elettrico viene gestito in collaborazione con le amministrazioni che spesso lo promuovono tramite bandi pubblici, come nel caso di Parigi e più di recente di Tel Aviv. La principale attrattiva del car sharing elettrico è la riduzione delle emissioni, anche se nella pratica per le amministrazioni rap-

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presenta un ottimo modo per avvicinare i cittadini all’uso delle nuove tecnologie e per abituarli a un progressivo cambiamento culturale. I principali ostacoli sono invece i costi elevati, sia per quanto riguarda l’acquisto dei mezzi sia la loro diffusione, senza contare la necessità delle infrastrutture di ricarica, componente che ancora oggi limita fortemente l’organizzazione efficiente del servizio. Ne consegue che, fatta eccezione per i grandi player, spesso i servizi sono piccoli e sperimentali. il car sharing free floating Una delle principali rigidità del car sharing, almeno per quanto attiene lo schema tradizionale, è sempre stata la necessità di dover riportare la vettura nello stesso posto dove è stata presa. La gestione della flotta e soprattutto dei parcheggi dedicati al car sharing imponeva un’impostazione senza flessibilità. Ma tutto evolve e negli ultimi anni lo sviluppo tecnologico e la ricerca hanno permesso la nascita di un sistema completamente “libero”, definito tecnicamente free floating, cioè a flusso libero. Secondo questa logica una flotta di vetture è disponibile all’interno di quella che viene definita “area noleggio”. I noleggi devono partire necessariamente all’interno dell’area e in quei confini devono chiudersi. L’area ha dimensioni variabili, generalmente non meno di 50 chilometri quadrati, e l’estensione determina la numerosità della flotta. Il grande salto del free floating è stato di avere introdotto la piena libertà di utilizzo. Le vetture sono parcheggiate in strada liberamente, in accordo con la normativa locale e vengono prese, noleggiate e lasciate in qualunque altro punto della città, purché all’interno dell’area. Lo schema è particolarmente comodo per i brevi spostamenti, non è un caso che car2go abbia tempi medi di noleggio di 20-25 minuti. Il free floating richiede una forte capacità imprenditoriale e ge-

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stionale perché gli indicatori economici che determinano la sostenibilità del servizio (in termini di business) sono molteplici. In primis la numerosità della flotta, indicatori medi parlano di 4-5 vetture per ogni chilometro quadrato. Città come Milano e Roma hanno infatti flotte dell’ordine di 300-500 auto. Dimensioni di questo tipo sono affrontabili da aziende automobilistiche o da imprese operanti nel settore. Non è un caso infatti che Daimler e Bmw si siano cimentate con successo in iniziative di questo genere. Ma in termini commerciali il car sharing free floating rappresenta un’ottima vendita captive per incrementare i volumi di vendita complessivi. La gestione di un car sharing free floating richiede poi modello organizzativo estremamente dinamico ed efficiente. In primis la piattaforma informatica. È un elemento chiave, deve essere veloce, efficace e funzionale. Il car sharing free floating viene prenotato al massimo 30 minuti prima e può essere anche preso istantaneamente qualora la vettura sia libera. La prenotazione avviene via smartphone o via web a seconda delle preferenze e delle disponibilità dell’utente. La gestione della flotta è complessa perché le operazioni di assistenza, pulizia, manutenzione e rifornimento vengono svolte da personale che deve girare per la città, seguendo un processo concordato di interventi, spostando le vetture fuori flotta per reimmetterle dopo gli interventi. Quando possibile si cerca anche qui di coinvolgere gli utenti. Eseguire il rifornimento presso le stazioni convenzionate piuttosto che riequilibrare la flotta all’interno dell’area noleggio sono attività che generano dei benefit per gli utenti che le svolgono, generalmente minuti gratuiti di utilizzo futuro. Il riequilibrio della flotta è un secondo argomento rilevante per il free floating. Ogni città ha delle dinamiche di mobilità impre-

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vedibili e in alcuni casi ricorrenti, e può quindi succedere che all’interno dell’area noleggio ci siano zone con molte auto parcheggiate e disponibili e al contrario aree con disponibilità minima. Questi disequilibri vanno gestiti riallocando i veicoli all’interno dell’area, così da poter ottimizzare il rapporto domandaofferta. Su questa leva si gioca l’efficacia del servizio e la prima soddisfazione degli utenti. È chiaro però che il car sharing free floating rappresenta la massima espressione di comodità e libertà di utilizzo. Con un equilibrato rapporto di auto rispetto all’area di competenza, i clienti sono in grado di utilizzare sempre delle vetture, pagando a “minuti” solo per il tempo necessario. Il sistema free floating passa sempre da un accordo con l’amministrazione locale. Le vetture non devono pagare la sosta o eventuali tariffe di ingresso, e non hanno restrizioni di sorta rispetto alla mobilità cittadina. Di conseguenza è il gestore che concorda con il comune di riferimento una tariffa annuale fissa che comprenda tutti i costi di sosta ed eventuali terze tassazioni. Questo crea un importante beneficio anche per l’amministrazione perché consente di accumulare introiti con i quali finanziare, auspicabilmente, ulteriori interventi a favore della mobilità. Le cifre sono molto variabili e partono da 4-500 euro a vettura all’anno fino a 1.200 euro. Il free floating diventa quindi uno dei migliori servizi cosiddetti “win-win-win”, cioè con benefici per il singolo, per il gestore e per l’amministrazione. il car sharing peer to peer C’è un’ulteriore tipologia di car sharing, quella della condivisione “dal basso”, quella che sarebbe piaciuta ancora di più ad Aristotele. È il peer to peer: utenti privati che noleggiano la propria auto quando non la usano. Considerando che, secondo le ricerche, in media un’auto rimane ferma in sosta per il 93% del tem-

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po, le potenzialità sono enormi. Per Frost&Sullivan questo tipo di offerta potrebbe arrivare a coinvolgere in Europa 310.000 veicoli, con 740.000 utenti entro il 2020. Gli americani di General Motors consentono ai proprietari di una Buick, Chevrolet, o altra vettura del marchio, sportivissima Corvette inclusa, di mettere a fattor comune la propria auto negli Stati Uniti nel servizio RelayRides. L’iniziativa peer to peer è stata lanciata anche in Europa da Buzzcar, fondata, come Zipcar, da Robin Chase: al momento in cui si scrive, il contatore del sito internet dichiara 71.684 utenti e 7.786 vetture a disposizione in Francia. C’è però da registrare un primo passo indietro: la stessa RelayRides non consente più il noleggio orario ma soltanto giornaliero o mensile, perché i costi associati a rendere disponibile l’auto per qualche ora non sono più sostenibili per il proprietario. Allo stesso tempo la società americana ha annunciato un servizio interessante per i frequent flyer americani: mettere a disposizione la propria vettura in aeroporto (si parte da San Francisco) invece di lasciarla ferma nel parcheggio. Secondo RelayRides, la condivisione potrebbe garantire dai 150 ai 400 dollari al mese, a seconda dell’auto. È un’idea vincente quella del car sharing, qualunque sia la soluzione proposta, che funziona grazie a una serie di convenienze. Economica: le tariffe sono variabili, in ogni caso però inferiori ai costi di gestione e di mantenimento di un’auto di proprietà. Il punto di pareggio è solitamente fissato sui 10.000 chilometri: per un automobilista che guida meno di 5.000 chilometri all’anno, il risparmio è in media di oltre il 40%.16 Gli utenti del car sharing peer to peer sono per lo più giovani ed è comprensibile se vengono valutati soprattutto gli aspetti economici. Tuttavia con il crescere dell’età, diminuisce la disponibilità a fornire la propria vettura ai gestori di car sharing mentre cresce nell’utente l’interesse a utilizzare il servizi di renting, car sharing incluso.

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9. l’industria e la tecnologia che muove il car sharing

Si guarda il car sharing e si pensa, di fatto, a un sistema di noleggio. In parte è vero, ma l’industria che sta “dietro” al car sharing è molto più complessa. Nel tempo i gestori hanno sviluppato strutture organizzative diverse, in base al modello di business e alla tipologia di impresa. Le funzioni comuni a ogni gestore sono: • fleet management; • piattaforma IT (dalla prenotazione alla fatturazione); • on board units (sistemi tecnologici e unità di bordo); • service per clienti (prenotazione, assistenza). La gestione commerciale ha avuto modelli organizzativi diversi in base alle tipologie di business. Per i car sharing tradizionali, quali per esempio il circuito Ics, l’attività di promozione e marketing era delegata ai gestori locali, che nella maggioranza dei casi la integravano nelle politiche di Tpl. La strategia di posizionamento mirava a raccogliere utenti dai clienti dei trasporti pubblici. Le attività di marketing erano invece geo-referenziate perché i clienti andavano ricercati in prossimità dei parcheggi di car sharing (avendo l’obbligo di restituzione del mezzo nello stesso parcheggio). In quella fase (stiamo parlando dei primi anni del nuovo millennio) i servizi di call center erano essenziali. Le app e gli smartphone non erano ancora così diffusi

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e la possibilità di parlare con un operatore era una condizione essenziale per poter offrire un livello di servizio adeguato. Non è un caso che la scelta di Ics fu di creare un call center unico per tutta Italia che potesse gestire le problematiche, le richieste e le prenotazioni in ognuna delle città operative. La prenotazione del veicolo avveniva via telefono, così come la risoluzione di tutte le criticità e le attività non “ordinarie”. Oggi, a livello globale, la competizione si è spostata sull’integrazione della piattaforma informatica e delle on board units. Si è così creato un mercato di fornitori specializzati che si distribuiscono tra Europa e Stati Uniti e che diventano i provider del car sharing. La tecnologia oggi permea completamente il servizio e ne definisce gli standard, come illustrato nella figura 22. Tra le aziende “storiche”, Mobility CH, il car sharing svizzero, ha costituito una propria divisione, Mobility International, con l’obiettivo di essere fornitore in quei mercati dove non sarebbe possibile gestire direttamente il servizio. L’azienda offre consulenza e supporto per le start up oltre all’intera piattaforma software mobysis 2.0. Twizy way, il sistema di car sharing francese, utilizza questo sistema. Il software è personalizzabile sulle esigenze del cliente e adattabile ai diversi modelli di business (car sharing tradizionale, corporate per imprese o free floating). In Nord Europa un ruolo rilevante l’ha giocato Pilotfish (oggi chiamata Miveo). L’azienda svedese è operativa nel car sharing dal 2001 e appartiene a un gruppo operante nel settore dei trasporti pubblici, come fornitore di software integrati per la gestione di diverse funzionalità. Nel 2006 è nata una partecipata dedicata solo al business del car sharing e tuttora resta tra i fornitori più qualificati, con una piattaforma che offre anche il pagamento con carta di credito in caso di profili di utenti differenziati. In

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9. l’industria e la tecnologia che muove il car sharing

figura 21

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la tecnologia del car sharing: le componenti

Registrazione Pagamento

Ricerca auto

Prenotazione auto

Fatturazione

Accesso / controllo

Restituzione auto Guida

Fonte: Future of mobility: Frost&Sullivan car sharing capabilities and key research findings, martyn briggs program manager, sarwant singh senior partner.

corso di ultimazione l’app dedicata alle funzionalità di gestione, così da consentire la piena fruibilità in “mobile”. Il sistema Miveo comprende anche le unità di bordo, con una struttura tecnica che progetta e installa gli equipaggiamenti sulle diverse vetture di volta in volta selezionate. Questo consente di fornire pacchetti “chiavi in mano” ai potenziali gestori, allungando il più possibile la catena del valore di un’organizzazione di car sharing.

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