ECOMAFIA 2021 le storie e i numeri della criminalità ambientale in italia
OSSERVATORIO AMBIENTE E LEGALITÀ
ECOMAFIA 2021 LE STORIE E I NUMERI DELLA CRIMINALITÀ AMBIENTALE IN ITALIA
ANNUARI
ecomafia
2021
le storie e i numeri della criminalità ambientale in italia A cura dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente redazione: Laura Biffi, Francesco Dodaro, Enrico Fontana, Antonino Morabito, Antonio Pergolizzi con i contributi di: Stefano Ciafani, Stefano Bigliazzi, Fabrizio Feo, Marco Omizzolo, Antonio Maria Mira, Peppe Ruggiero si ringraziano per la collaborazione: Rosy Battaglia, Massimiliano Coppola, Angelo Dimarca, Mimmo Fontana, Antonio Nicoletti, Sandro Polci, i circoli, le sedi regionali e i Centri di azione giuridica di Legambiente si ringraziano per i dati e i contributi: Tutte le forze dell’ordine, le Capitanerie di porto e gli altri organi di Polizia giudiziaria L’Agenzia delle Accise, dogane e monopoli e la sua Direzione antifrode Per Ispra/Snpa: il direttore Alessandro Bratti, Alfredo Pini e Barbara Bellomo Il Nucleo ambiente e decoro (Nad) della Polizia locale di Roma Dott.ssa Alessandra Imposimato e Isabella Confortini, Dipartimento per gli affari di giustizia, Direzione generale degli affari interni – Ufficio I, reparto II Servizi giustizia penale Carmine Pagnozzi, Direttore tecnico Biorepack L’European Fluorocarbons Technical Committee per le informazioni sui traffici illegali di idrofluorocarburi (HFC) Info: www.noecomafia.it – www.legambiente.it/abbattilabuso © 2021, ReteAmbiente Srl via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax. 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978 88 6627 336 3 Finito di stampare nel mese di novembre 2021 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC i siti di edizioni ambiente www.edizioniambiente.it
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avvertenza 1. Ecomafia 2021 riporta vicende che compaiono nelle carte delle inchieste giudiziarie, nei documenti istituzionali, nei rapporti delle forze dell’ordine e nelle cronache di stampa. Per quanti vengono citati, salvo i condannati in via definitiva, valgono la presunzione di innocenza e i diritti individuali garantiti dalla Costituzione. 2. Le notizie raccontate sono raccolte da atti giudiziari, articoli di stampa e altre fonti giornalistiche fino al 15 settembre 2021
sommario
presentazione Stefano Ciafani Presidente nazionale di Legambiente
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premessa Enrico Fontana Responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente
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1. l’illegalità ambientale
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2. rifiuti connection
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3. l’italia del cemento illegale
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4. la piaga degli incendi boschivi
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5. animali sotto scacco
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6. le filiere illecite dell’agroalimentare
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7. il saccheggio del patrimonio culturale
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8. ecomafia in comune
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9. shopper fuorilegge
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10. il mercato nero dei gas refrigeranti
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bibliografia
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Ai 227 ambientalisti, donne e uomini, uccisi nel 2020 in tutto il mondo, dalla Colombia alle Filippine, dal Brasile alla Repubblica Democratica del Congo, come denunciato dal rapporto annuale di Global Witness, a causa del loro impegno in difesa dell’ambiente e delle comunità locali, contro deforestazioni selvagge, attività estrattive devastanti, sfruttamento indiscriminato delle risorse idriche, corruzione e criminalità. Alla memoria di Luca Petrucci, avvocato di grande valore dei Centri di azione giuridica, persona stimata e generosa, il cui ricordo sarà sempre vivo per tutta Legambiente.
presentazione
Stefano Ciafani Presidente nazionale di Legambiente
Questa nuova edizione del rapporto Ecomafia rappresenta un’efficace cartina di tornasole del ruolo degli ecocriminali nell’era COVID-19. Il 2020 è stato, infatti, l’anno in cui la vita degli abitanti del pianeta è stata stravolta, terribilmente e improvvisamente. A fronte di questa situazione inaspettata, causata da una drammatica pandemia, la criminalità ambientale in Italia non si è fatta trovare impreparata. È riuscita a tenere botta, sia nelle attività illegali sia nel relativo business, nonostante i colpi inferti da magistratura e forze di polizia, descritti puntualmente nelle pagine di questo libro. È evidente il monito che emerge dalla lettura di questa nuova opera corale della nostra associazione. Non si deve assolutamente abbassare la guardia contro i ladri di futuro, a maggior ragione in un momento storico in cui dovremo spendere ingentissime risorse pubbliche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). È già arrivata la prima tranche di 25 miliardi di euro – sul totale di 191,5 – del programma europeo Next Generation EU riservati all’Italia fino al 2026, a cui si aggiungeranno gli oltre 30 miliardi di euro del Fondo complementare alimentato da risorse nazionali. Va scongiurato in ogni modo il rischio di infiltrazioni ecomafiose nei cantieri per la realizzazione di opere ferroviarie e portuali, impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riciclo dei rifiuti, depuratori, interventi di rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, solo per fare qualche esempio delle opere che servono alla transizione ecologica del paese. Perché la riconversione dell’economia italiana sia pulita anche nella fedina penale, è necessario alzare al massimo il livello di attenzione da parte degli organi inquirenti, ma anche un’ulteriore, fondamentale contributo da parte di governo e Parlamento. Il lavoro di repressione ha avuto un’impennata del-
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la sua efficacia grazie ai delitti contro l’ambiente, che siamo riusciti a far inserire nel Codice penale nel 2015, dopo 21 anni di lavoro incessante. Adesso è tempo di rafforzare con nuovi strumenti la stagione della tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini e delle imprese sane, inaugurata con la legge 68 sugli ecoreati. Ci vuole un deciso cambio di passo che porti a inserire i delitti ambientali e di incendio boschivo tra i reati per cui è possibile, vista la loro particolare gravità e complessità, prorogare i termini di improcedibilità previsti dalla riforma della giustizia, approvata dal Parlamento. Avevamo ottenuto lo scorso anno una grande vittoria per l’abbattimento degli abusi edilizi, affidando ai prefetti il compito non svolto dai comuni, ma, a causa di una circolare incomprensibile del ministero dell’Interno che rischia di vanificare questo risultato, è necessario che il legislatore intervenga di nuovo perché questa norma sia applicata anche all’abusivismo storico. Si deve aggiornare il Codice penale inserendo tra i delitti anche le agromafie, il traffico di opere d’arte e di reperti archeologici e il racket degli animali. Oltre al lavoro repressivo, va sviluppato anche quello preventivo. Visti i numeri molto importanti di progetti da valutare e cantieri da aprire, con rilevanti produzioni di rifiuti, terre e rocce da scavo potenzialmente inquinate, è fondamentale alzare il livello qualitativo dei controlli pubblici ambientali in tutta Italia, a partire dal Centro-Sud. Servono nuove risorse finalizzate all’aumento del personale e all’acquisto della strumentazione innovativa per effettuare i monitoraggi. Si deve procedere speditamente all’approvazione dei decreti attuativi della legge 132 del 2016, che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente puntando sull’integrazione tra l’Ispra e le Arpa. Sono passati cinque anni e il ministero dell’Ambiente prima e della Transizione ecologica poi non ha ancora fatto un passo concreto in questa direzione. Il rafforzamento del sistema dei controlli preventivi e repressivi, insomma, non si sta compiendo con l’urgenza che sarebbe necessaria, e questo è un serio problema, perché si sta perdendo il momento giusto in cui completare la riforma di civiltà avviata grazie alla legge sugli ecoreati. Il Pnrr deve permettere la ripresa e la ripartenza del paese, fiaccato da troppi anni di immobilismo sulle politiche ambientali e climatiche e dal terribile virus Sars-Cov-2. E va tenuta alla larga da questa grande trasformazione la criminalità ambientale, con l’annessa rete di colletti bianchi, connivenze e corruttele. Governo e Parlamento diano un segnale immediato su questo fronte. Non c’è più tempo da perdere.
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Enrico Fontana Responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente
C’è una “casa” che, a differenza di quelle in cui siamo stati costretti a vivere in isolamento, durante i lunghi lockdown del 2020 causati dalla pandemia COVID-19, non ha “beneficiato” di quel crollo verticale dei reati predatori registrato nel nostro paese, con picchi del -43,8% per i furti, nel periodo delle chiusure generalizzate, tra marzo e maggio dello scorso anno. È l’ambiente in cui viviamo, la nostra “casa comune” per eccellenza. I reati ambientali accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto sono infatti rimasti, come numero assoluto, più o meno gli stessi del 2019, anzi in leggera crescita: esattamente 34.867 (+0,6% rispetto al 2019), alla media di oltre 95 reati al giorno, 4 ogni ora. Non solo: la loro pericolosità è, se possibile, aumentata, insieme al numero delle persone denunciate, 33.620 (+12,9% rispetto al 2019), delle ordinanze di custodia cautelare eseguite (329, in crescita del 14,2%) e dei sequestri effettuati, che hanno raggiunto la cifra di 11.427, in assoluto la più alta degli ultimi cinque anni, con una crescita del 25,4% rispetto al 2019. Così come non può non preoccupare l’incidenza dei reati ambientali accertati nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, arrivati al 46,6% del totale nazionale, con 134 arresti, quando nel 2019 erano stati “soltanto” 86. Anche l’attività svolta dalle Procure e monitorata, come ogni anno, dal ministero della Giustizia per quanto riguarda l’applicazione dei delitti contro l’ambiente (introdotti nel Codice penale dalla legge 68 del 2015) conferma una pressione sostanzialmente inalterata dell’eco-criminalità nel nostro paese: i procedimenti aperti sono stati 883 (in leggerissima flessione rispetto all’anno precedente, quando erano stati 894), con 2.314 soggetti denunciati e 824 arresti. E il numero più alto di procedimenti, ben 477, ha riguardato il delitto di inquinamento ambientale. Da sottolineare po-
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sitivamente il numero crescente di Procure che hanno risposto all’appello del ministero per monitorare l’applicazione della legge 68: è stato superato l’88% degli uffici competenti (l’anno precedente l’80%), la percentuale più alta di sempre, segno evidente di una sensibilità crescente verso i crimini ambientali anche all’interno dell’ordinamento giudiziario. Ad aggredire la “casa comune” sono ecomafiosi e imprese ecocriminali che accumulano profitti illeciti, contando spesso su reti di complicità fondate sulla corruzione o, più semplicemente, approfittando della “convenienza” dei loro servizi offerti a chi, anche grandi imprese multinazionali, evita di farsi “domande” scomode. Un’ipocrisia che può diventare letale, come dimostrano i dati di Global Witness, raccolti nel report intitolato “L’ultima linea di difesa”: in un mondo quasi paralizzato dalla pandemia sono state uccise 227 persone, dalla Colombia alle Filippine, dal Brasile alla Repubblica Democratica del Congo, a causa del loro impegno nella difesa della natura, contro le deforestazioni, le attività estrattive e lo sfruttamento selvaggio delle risorse idriche. Non sono mai state così tante dal 2012, primo anno di pubblicazione dei report sugli ambientalisti uccisi nel mondo. A loro, non a caso, abbiamo deciso di dedicare il rapporto Ecomafia 2021. Sono numeri che dovrebbero anche indurci a rivedere la visione, forse un po’ troppo idilliaca, della natura che, mentre noi ci affacciavamo dai balconi, riconquistava spazi, soprattutto nelle città. Una realtà anch’essa “virtuale”, come quella in cui si è registrato, sempre durante i lunghi mesi di lockdown, l’incremento dei reati informatici, cresciuti in doppia cifra. Di concreto, invece, c’è il bilancio di un anno dedicato alla tutela dell’ambiente da parte di forze dell’ordine, Capitanerie di porto, autorità giudiziaria, ufficio antifrode dell’Agenzia delle dogane, Sistema nazionale di protezione ambientale. Ovvero tutte le strutture istituzionali grazie alle quali è possibile realizzare il rapporto Ecomafia, che hanno anch’esse operato in condizioni di disagio, spesso con nuove e pressanti mansioni in tema di controlli, dettate dall’emergenza coronavirus. Il “termometro” di queste difficoltà è rappresentato anche dalla riduzione del numero complessivo di controlli, passati da 1.694.093 del 2019 a 1.415.907 del 2020, con una flessione del 17%. Del resto, che la “casa comune” in cui viviamo non potesse contare sulla “tregua” della pandemia è stato fin troppo evidente nell’estate del 2020, con gli incendi boschivi cresciuti del 18,3%, triste presagio della terribile estate del 2021, dove ad andare in fumo sono stati oltre 150.000 ettari di patrimonio naturale del nostro paese. Numeri drammatici, che hanno indotto il go-
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verno ad approvare d’urgenza, l’8 settembre scorso, un decreto sugli incendi boschivi: al momento di scrivere questo rapporto è all’esame del Parlamento per la sua conversione in legge, al fine di rafforzare l’attività di prevenzione e repressione, ma soprattutto la capacità d’intervenire in maniera tempestiva. Tutte note dolenti, come dimostra anche il forte gap che esiste tra numero di reati (4.233 quelli accertati nel 2020), persone denunciate (552) e arresti (solo 18). Tanto da far chiedere al procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, l’inserimento degli incendi boschivi tra quelli a “codice rosso”, su cui indagare prioritariamente, magari con l’ausilio di nuclei investigativi specializzati. La sostanziale impunità, che è stata a lungo una delle quasi ragionevoli certezze di chi trafficava rifiuti, è ancora oggi, insomma, una delle “micce” che accendono gli inneschi di chi appicca, dolosamente, le fiamme al nostro patrimonio boschivo. Un vulnus a cui, c’è davvero da augurarselo, il paese deve porre urgentemente rimedio.
l’ecomafia a “specchio” L’analisi incrociata dei dati raccolti in questo rapporto (alla cui redazione hanno lavorato, come sempre, Laura Biffi, Francesco Dodaro, Nino Morabito e Antonio Pergolizzi, dell’Ufficio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente) consente di delineare una caratteristica dei fenomeni illegali riassunti nel termine ecomafia: la potremmo definire a “specchio”, come quella dei neuroni che si attivano selettivamente per imitazione ed empatia. Basta scorrere le correlazioni tra i reati relativi al ciclo dei rifiuti e l’andamento dell’economia durante il 2020. Alle chiusure di molte attività economiche imposte dai lockdown fa riscontro il calo dei reati accertati nella gestione dei rifiuti (un numero sempre elevato, ben 8.313, ma in calo rispetto al 2019 del -12,7%) e una seppur lieve riduzione del fatturato illegale (da 3 a 2,9 miliardi di euro), ma crescono gli arresti (+15,2%) e anche il numero di inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti registrate da Legambiente: 27 contro le 26 del 2019. Insomma, meno illegalità “diffusa”, perché diminuisce la “domanda”, ma più “offerta organizzata”, con una robusta propensione, come rivelano i dati dell’Agenzia delle dogane, alla “globalizzazione” dei traffici: nel 2020 la quantità di rifiuti sequestrati, in particolare Raee e plastica, è cresciuta del 225% rispetto al 2019.
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Altre correlazioni interessanti e da approfondire sono quelle che emergono tra mercato delle costruzioni, abusivismo edilizio, appalti in opere pubbliche e interdittive antimafia. Stiamo parlando, nell’insieme, di quello che possiamo definire come “consumo illegale di territorio” o “ciclo illecito del cemento”. Alla flessione del mercato legale delle nuove costruzioni, stimata al -5,7% dall’Istat, sembra verosimilmente corrispondere anche una riduzione del nuovo abusivismo edilizio, quantificabile in circa 15.000 interventi, tra costruzioni illegali e ampliamenti rilevanti, contro i 20.000 della stima fatta per il 2019. Ne consegue una contrazione dell’impatto economico del cemento illegale (calcolato da Legambiente anche sulla base del valore dei sequestri effettuati dalle forze dell’ordine e dalla Capitanerie di porto, dalle cave fuorilegge alle lottizzazioni abusive), dai 2,3 miliardi di euro del 2019 ai 2 miliardi del 2020. Al contrario, all’incremento significativo registrato dagli investimenti in opere pubbliche, in particolare quelli nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (+61% nel 2020), corrisponde un maggiore numero di interdittive antimafia: nella relazione della Direzione investigativa antimafia a consuntivo delle attività svolte nel 2019 erano, infatti, 625, mentre nel corso del 2020 sono state 748, per il 64,7% concentrate nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: in testa la Calabria (194 interdittive), seguita dalla Campania (100 provvedimenti contro i 67 del 2019), che supera anche la Sicilia, “retrocessa” al terzo posto (97 interdittive). Chiude questa “classifica” la Puglia, che però registra in assoluto il maggior incremento in un anno, passando dalle 39 interdittive del 2019 alle 93 del 2020. Sono dati che devono preoccupare, perché a fronte di una riduzione del mercato illegale dell’ecomafia, stimato per il 2020 in 10,4 miliardi di euro (erano 11,3 nel 2019) si registra un aumento, come accennato, degli investimenti a rischio, soprattutto di quelli destinati agli appalti per la realizzazione di opere pubbliche in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, pari a 11,2 miliardi di euro. Ancora più significative sono le “connessioni neuronali” tra le attività tipiche dell’ecomafia e le motivazioni che portano allo scioglimento delle amministrazioni locali soggette al condizionamento della criminalità organizzata. Come racconta Toni Mira, nel capitolo “Ecomafia in comune”, “crescono i comuni sciolti per mafia. E cresce anche il tema dell’ambiente tra le motivazioni dei commissariamenti. Non solo rifiuti, abusivismo edilizio e appalti, ma anche servizi idrici, gestione dei boschi e delle aree protette”. Al momento di scrivere il rapporto sono 32 i comuni commissariati, dei quali 11 sono
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stati sciolti nei primi nove mesi del 2021, tra cui quello di Foggia, un numero pari a tutti quelli commissariati lo scorso anno. Un allarme, quello sulla “normalizzazione” delle mafie, sempre più interessate a inabissarsi nell’economia legale, che Legambiente vuole rilanciare con questo rapporto affinché siano adottate tutte le contromisure efficaci per impedire che accada, molto più di quanto si è fatto finora. Soprattutto in vista degli ingentissimi investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, a partire da quelli destinati al Mezzogiorno, che ha un estremo bisogno di risorse pubbliche utilizzate bene, a servizio della transizione ecologica e tenute al riparo dagli appetiti della criminalità organizzata. Un pericolo ribadito con forza dall’ultima Relazione della Direzione investigativa antimafia anche per gli investimenti destinati alla produzione di energie da fonti rinnovabili.
l’illegalità ambientale nei territori La distribuzione territoriale dei reati contro l’ambiente conferma la criticità della situazione nelle regioni del Sud. La classifica vede in testa, ancora una volta, la Campania, seguita da Sicilia e Puglia, ma con un’importante novità che riguarda il Lazio: quest’anno, infatti, i risultati ottenuti in questa regione dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto hanno fatto “emergere” ben 3.082 reati, con un incremento del 14,5% sul 2019, collocandola al quarto posto, prima della Calabria. Anche la provincia di Roma scala la classifica, salendo al secondo posto (1.518, con un +32,6% sul 2019), subito dopo la provincia di Napoli e prima di quelle di Bari e Palermo. Non a caso, questa edizione del rapporto Ecomafia dedica uno specifico paragrafo proprio al “caso Roma”, con i risultati del monitoraggio civico condotto da Legambiente Lazio, che ha portato, grazie al lavoro di molti volontari, all’individuazione di mille discariche abusive, fotografate e georeferenziate, quelli del lavoro svolto dal circolo di Legambiente dell’Agro romano meridionale e i dati forniti dal Nucleo ambiente e decoro della Polizia locale di Roma. Come accennato, anche nel 2020 si deve registrare il triste primato della Campania, con una leggerissima flessione degli illeciti (92 in meno rispetto al 2019), ma un incremento delle persone denunciate (ben 654, pari al 15,5% in più), degli arresti, più che raddoppiati (50 contro i 24 del 2019) e dei sequestri (131 in più nel corso del 2020). La Sicilia è al secondo posto, con 4.245 reati accertati dalle forze dell’ordine (+30,3% rispetto al 2019), 45
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