Malattia, uomo, ambiente

Page 1

17-06-2003

Pagina 3

Tony Mc Michael Malattia, uomo, ambiente

La storia e il futuro

saggistica ambientale

MALATTIA, UOMO, AMBIENTE

22

12:59

Tony McMichael

Tony McMichael

Documento1

Edizioni Ambiente


catalogo x 2 libri

17-06-2003

13:09

Pagina 438


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 1

Tony McMichael

Malattia, uomo, ambiente La storia e il futuro

Edizioni Ambiente


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 2

Tony McMichael

Malattia, uomo, ambiente La storia e il futuro Titolo originale

Human frontiers, environments and disease Past patterns, uncertain futures Cambridge University Press © 2001 Anthony J. McMichael

Edizione italiana a cura di Marco Moro Traduzioni di Paolo Maggi

La traduzione dell’opera è stata sostenuta dal contributo del Segretariato Europeo per le Pubblicazioni Scientifiche SEPS, via Val d’Aposa 7, 40123 Bologna, tel. 051/271992, fax 051/265983 www.seps.it e-mail seps@alma.unibo.it

realizzazione editoriale Edizioni Ambiente redazione@reteambiente.it Ufficio stampa Tina Corti, Genio snc, Milano e-mail cortitin@tin.it Distribuzione PDE, via Tevere 54, loc. Osmannoro, 50019 Sesto Fiorentino (FI) tel. 055/301371, fax 055/301372, e-mail pde.promozione@bo.nettuno.it

© copyright 2002 Edizioni Ambiente srl via Guerrazzi 27, 20145 Milano tel. 02/33602977, fax 02/33604241 www.reteambiente.it box@reteambiente.it Finito di stampare mel mese di novembre 2002 presso Tipografia Lucchi, via Cialdini 82, 20161 Milano Stampato in Italia - Printed in Italy Questo libro è stato stampato su carta riciclata 100% In copertina: elaborazione grafica da Lignum febrium (albero delle febbri) Francesco Torti, Therapeutice specialis ad febres periodicas perniciosas, Modena 1730.


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 3

sommario

Prefazione dell’autore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Fonti delle illustrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

Capitolo 1. Capitolo 2. Capitolo 3. Capitolo 4.

Le malattie nella storia biologica dell’umanità . . . . . . . . . 15

Capitolo 5. Capitolo 6. Capitolo 7. Capitolo 8.

Cibo, agricoltura e carestie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145

La biologia umana: l’eredità del Pleistocene . . . . . . . . . . 47 L’adattamento alle diversità: clima, cibo e infezioni . . . . 77 Le malattie infettive: la coevoluzione dell’uomo e dei microbi . . . . . . . . . . . . . 109 L’età industriale: il quinto cavaliere? . . . . . . . . . . . . . . . . 175 Maggiore longevità, minore natalità . . . . . . . . . . . . . . . . . 209 L’affluenza della modernità: la terra del latte e del miele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245

Capitolo 9. Città, ambienti sociali e sinapsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 277 Capitolo 10. Se i cambiamenti ambientali superano i limiti . . . . . . . . . 311 Capitolo 11. Lo stato di salute in una prospettiva ecologica . . . . . . . . 349 Capitolo 12. Tracce verso il futuro: procedere a passi più leggeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375

Note

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 4


Nota dell’editore Questo volume è stato pubblicato nel 2001 in Gran Bretagna, e da Edizioni Ambiente l’anno successivo. Il suo autore, Tony Mc Michael (19422014) è stato un celebre epidemiologo che ha svolto attività scientifiche negli Stati Uniti, in Australia e nel Regno Unito e ha insegnato in Asia, Africa e Europa. È stato consulente di organismi internazionali (WHO, UNEP, Banca Mondiale, IPCC) in merito alle influenze che l’alimentazione, l’ambiente e il clima esercitano sulla salute umana. Ma al di là del suo curriculum scientifico, a lui si deve l’instancabile sforzo di mettere in relazione l’epidemiologia con le complesse tematiche ecologiche, arrivando tra i primi – e cioè alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso – a concepire i cambiamenti ambientali come un problema di salute pubblica. È stato insomma uno di quei pensatori d’avanguardia capace di uscire dagli schemi del sapere accademico per tessere, insieme ad altri celebri pionieri di diverse discipline, le basi per il pensiero ambientale rivolto alla sostenibilità. Passando dagli studi sulla nocività degli ambienti di lavoro, agli effetti dell’inquinamento da piombo, del fumo passivo, delle radiazioni UV, è infine arrivato a occuparsi dei problemi della sovrappopolazione, poi dell’aumento dell’impronta ecologica dell’uomo e infine del cambiamento climatico. Questo testo è una storia dell’uomo e delle sue malattie, scritto con cura da scienziato e con l’affettuosa buona volontà di un padre che vorrebbe informare i figli senza spaventarli troppo. Un compito difficile per l’autore, e a tratti difficile anche per il lettore, soprattutto in un momento come quello che stiamo attraversando nella primavera del 2020. Ma, contemporaneamente, potrebbe essere proprio questa l’occasione per fare ciò che Tony Mc Michael riassume alla fine della sua introduzione: “Gli esseri umani sono essi stessi parte della natura; siamo una specie che – per sua stessa prerogativa evolutiva – ha avuto l’esclusiva capacità di trasformare e governare la natura circostante. Tuttavia dobbiamo trovare un modo per vivere entro i limiti del sistema biologico terrestre, che è essenzialmente un sistema chiuso. In questa prospettiva ciò che dovremmo fare adesso è orientare diversamente i nostri cervelli così incredibilmente versatili e inventivi, a tutt’oggi l’elemento più caratteristico dell’evoluzione umana, ossia cambiare il nostro modo di ragionare. In caso contrario, il capitolo scritto dagli umani nella grande storia terrestre potrebbe avere un finale tutt’altro che lieto”.


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 4


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 5

5 Prefazione

Nel corso di circa un solo secolo, l’aspettativa di vita umana è divenuta assai più lunga di quanto sia mai stata prima. Questa evoluzione riflette, innanzitutto, le migliori condizioni materiali e sociali di vita, assieme a una crescita delle istituzioni civili; si tratta di fattori che hanno contribuito, in particolare, a ridurre notevolmente la mortalità infantile causata da infezioni e malnutrizione. In questo modo siamo riusciti – almeno in parte – a imbrigliare i destrieri nero e grigio di due dei quattro biblici Cavalieri dell’Apocalisse, la Fame e la Pestilenza.1 Nel frattempo gli altri due cavalieri, la Guerra e la Conquista, cavalcano ancora minacciosamente i loro cavalli sauro e bianco. Le guerre continuano, e i recenti conflitti in Kosovo, Cecenia e Sierra Leone testimoniano della distruttività dei moderni armamenti e del relativo costo in termini di perdite civili. La conquista continua, seppure sotto la sua moderna forma commerciale, con le modalità proprie della globalizzazione economica e di un commercio privo di regole. L’ascesa del libero mercato, che pure presenta vantaggi in termini di salute, per le maggiori disponibilità materiali e varietà dei regimi dietetici, comporta anche effetti negativi per molte tra le popolazioni più vulnerabili. Il nostro attuale sistema economico ha ampliato il gap tra ricchi e poveri e – in molti casi – ha indebolito le istituzioni sociali, peggiorato le condizioni ambientali, acuito i fenomeni di sfruttamento del lavoro e spinto gli agricoltori a emigrare verso territori marginali. Al tempo stesso, nei centri urbani in espansione la pressione del commercio ha promosso il tabagismo, la dipendenza dall’automobile e il consumo di alimenti ipercalorici. La questione della salute umana presenta ancora aspetti contrastanti,2 e salute e benessere dei più fortunati restano troppo superiori rispetto alle condizioni dei più svantaggiati, sia tra paesi diversi, sia nell’ambito di uno stesso paese. Man mano che la società cambia, l’urbanizzazione si intensifica e l’aspettativa di vita cresce, emergono nuove malattie che si affiancano alle vecchie piaghe. Inoltre ci troviamo a far fronte a diversi e inaspettati rischi su grande scala per la salute umana.3 I cambiamenti intevenuti nella demografia e nella mobilità, nonché l’accentuato degrado ambientale, hanno contribuito a incrementare l’impatto di malattie nuove e di altre che riemergono.


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 6

6 Al tempo stesso, le risorse naturali utili alla produzione di alimenti e la disponibilità di acqua potabile – attualmente sottoposte a forti pressioni – dovrebbero in qualche modo soddisfare la domanda di una popolazione mondiale che aumenterà da 6 a 9 miliardi di persone entro il 2050, le cui aspettative materiali sono anch’esse in crescita. In termini più generali, il sempre maggiore impatto delle attività economiche sull’atmosfera sugli oceani, sui suoli e sulla biodiversità, indebolisce i sistemi che presiedono al ciclo vitale, modifica il clima e perciò proietta un’ombra inquietante sulle prospettive future del genere umano. Nonostante tutti questi dati negativi, le stime sulla nostra salute mostrano un generale miglioramento. Il dato relativo alla mortalità infantile ha fatto registrare una notevole riduzione riguardo alla maggior parte delle popolazioni grazie ai progressi ottenuti nei campi dell’alimentazione, dell’istruzione femminile, della pianificazione familiare, delle condizioni igieniche e delle vaccinazioni. La medicina moderna è in grado di posticipare la morte, anche se non sempre può conservare o far recuperare del tutto uno stato di buona salute. Gli studiosi di epidemiologia continuano a indagare le cause che contribuiscono all’insorgere di malattie specifiche, facilitandone la prevenzione, mentre all’orizzonte si prospetta la possibilità di prevenire o ridurre l’incidenza delle patologie mediante l’ingegneria genetica. Allora, come si può spiegare l’apparente paradosso di una sempre maggiore aspettativa di vita in un mondo le cui condizioni ambientali sono sempre peggiori? Gli ottimisti potrebbero sostenere che le nostre migliorate istituzioni sociali e capacità tecnologiche sono in grado di compensare in abbondanza l’effetto “esterno” del degrado ambientale. Gli studiosi più sensibili ai temi ambientali nutrono invece il sospetto che questa migliore salute della popolazione sia il frutto degli stessi progressi materiali che hanno “consumato” il patrimonio ambientale, ossia, per dirla con Tim Fannery, che hanno “fagocitato il nostro futuro”.4 In tutte le altre specie, la salute della popolazione dipende dalla conservazione dei processi naturali che regolano l’energia e dalla disponibilità di alimenti e di acqua potabile. Questi “dividendi” della natura che sostengono la vita vengono spesi su base ciclica, lasciando lo stock di capitale naturale sostanzialmente intatto. Al contrario, le popolazioni umane sono divenute sempre più dipendenti dal consumo di quel capitale naturale, con un processo che ha portato agli attuali cambiamenti ambientali senza precedenti, una situazione che pone seri rischi per la salute delle future generazioni. Si può meglio comprendere il significato di queste influenze emergenti sulla salute umana se si adotta una prospettiva di tipo ecologico. Da questo punto di vista, si possono considerare le dimensioni evolutiva, storica e culturale degli schemi che hanno contraddistinto salute, malattia e sopravvivenza nell’ambito del genere umano. Per evitare una lettura scorretta dei fattori determinanti di salute e malat-


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 7

7 tia è necessario un certo distacco e la valutazione del modo in cui le mutate condizioni di vita e le esperienze collettive di intere popolazioni nel corso del tempo possono definire i più generali schemi in cui si manifestano le condizioni di salute e malattia. Questo processo implica un ampliamento dell’ambito attualmente preso in considerazione dagli epidemiologi, ossia quello del rischio-salute basato sulla biografia individuale, e risultato dei comportamenti individuali, dell’esposizione alle cause determinanti e delle caratteristiche biosanitarie. Al contrario, dovremmo rifarci a un approccio più integrativo che nel corso del ventesimo secolo è stato ampiamente messo in ombra dalla concezione riduzionista implicita nella teoria classica dei microrganismi e che ispira i modelli biosanitari; un approccio che ritroviamo adesso nel determinismo – spesso ingenuo – delle teorie genetiche “post-genoma”. Nella lunga storia dell’ecologia e delle patologie umane si ritrovano tre elementi distinti, ma tra loro interconnessi. In particolare si tratta: 1) dell’incontro – nel corso del tempo – tra le società umane e i molti nuovi rischi determinati dalle condizioni ambientali; 2) delle tensioni cicliche tra i mutamenti occorsi nelle condizioni di vita e le necessità e le capacità della biologia umana; nonché 3), in tempi più recenti, dell’impatto sulla salute che hanno avuto l’invecchiamento della popolazione e i fenomeni di urbanizzazione. Ciascuna di queste tre importanti fasi di transizione merita alcune notazioni introduttive, poiché esse sono emblematiche dell’esperienza evolutiva assolutamente unica rappresentata dallo stato di salute di una specie divenuta dominante e invasiva dal punto di vista ambientale. Innanzitutto, le popolazioni umane hanno colonizzato, adattato e in definitiva localmente modificato molti sistemi ambientali del pianeta. Quando i nostri antenati Homo sapiens si sono avventurati fuori dall’Africa, circa 80.000 anni fa, hanno fatto conoscenza con generi inusuali di infezioni, alimenti e pericoli per la loro incolumità fisica. Le particolari caratteristiche dei nuovi ambienti di vita hanno indotto adattamenti culturali e – in taluni casi – anche genetici. Gli adattamenti sociali e tecnologici sono stati la vera e propria chiave della colonizzazione globale, consentendo agli esseri umani di aumentare le “capacità” (di offrire risorse e sostentamento) di un determinato ambiente. Queste mutazioni nell’ecologia e nelle condizioni di vita hanno anche modificato lo spettro delle patologie. L’agricoltura e la vita stanziale, iniziate soltanto 10.000 anni fa, hanno determinato un aumento della produzione alimentare su base locale e man mano che il prodotto dei raccolti diveniva l’elemento predominante, la civiltà agricola determinava un ridursi della varietà di elementi nutritivi, presentando anche il rischio di occasionali carestie. Le società stanziali, ove le persone vivevano in stretta contiguità con il bestiame, hanno determinato nuove opportunità per i microbi di adattarsi e colonizzare la specie umana, dando luogo all’insorgere di patologie come il morbillo, il vaiolo, la tubercolosi e così via. In seguito i contatti di natura militare,


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 8

8 commerciale e coloniale hanno amplificato la diffusione di queste patologie infettive. Più oltre, l’industrializzazione ha generato un nuovo benessere materiale, diversi pericoli ambientali localizzati, nuove patologie del lavoro, e l’impatto sanitario dell’uso dei moderni sistemi di trasporto. La conseguente generalizzazione di stili di vita “affluenti” nell’ambito dei paesi industrializzati ha consolidato quei benefici in termini di salute che erano stati ottenuti con la riduzione delle epidemie infettive – seppure al prezzo di varie patologie croniche non trasmissibili che insorgono in età adulta o nella terza età, tra le quali spiccano quelle connesse agli squilibri dietetici, all’inattività fisica e al tabagismo. Alla fine del secolo appena finito le malattie cardiovascolari sono diventate la caratteristica distintiva delle moderne società occidentali, mentre le patologie infettive continuano ad essere la causa di quasi metà dei decessi che si registrano nelle popolazioni più povere del pianeta. In secondo luogo, la sempre maggiore rapidità e intensità dei cambiamenti tecnologici, dell’urbanizzazione, dei consumi materiali e delle migrazioni che si sono verificate nel corso degli ultimi secoli ha incrementato diverse forme di conflitto tra le prerogative degli esseri umani e l’ambiente in cui essi vivono. Alcuni tra questi profili conflittuali influenzano l’insorgenza di determinate patologie, come ad esempio il consumo di alimenti ad alto contenuto calorico da parte di popolazioni fisicamente inattive – con la conseguente maggior diffusione dell’obesità – che ha determinato un incremento mondiale dell’insorgenza di diabete. Il tratto genetico della predisposizione all’anemia falciforme, tipico dei neri americani, non presenta più i suoi benefici – data l’inattività della malaria – ma continua a determinare diverse situazioni patologiche. I tassi di incidenza dei melanomi sono assai elevati tra quelle popolazioni di pelle chiara e di origine nordeuropea che vivono a latitudini più esposte ai raggi solari, come l’Australia, la Nuova Zelanda e le zone meridionali degli Stati Uniti. Nel frattempo si presentano all’orizzonte due sviluppi di grande importanza, entrambi assai rilevanti per le loro conseguenze sulla salute umana nel lungo periodo. A livello “micro” stiamo svelando – intenzionalmente – i segreti molecolari della natura; studiamo il nostro codice genetico e siamo iniziando a modificare le strutture stesse dei geni. Su scala “macro” invece, come già detto prima, stiamo involontariamente sovraccaricando i sistemi planetari che sostengono il ciclo vitale. Nel corso degli ultimi due secoli abbiamo già modificato le fondamenta sociali, materiali e ambientali della salute umana, e in gran parte a fin di bene. Oggi, con l’intensificarsi dell’intervento umano sull’ambiente e sui suoi processi vitali, dovremmo comprendere meglio le potenziali conseguenze di questo degrado ecologico per lo stato di salute degli esseri umani. Dovrebbe quindi essere proprio questa la prospettiva che indirizza la nostra ricerca di un modello di vita sostenibile. In questo studio si esplora la storia del modo in cui i cambiamenti occorsi nella


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 9

9 biologia e nella cultura umana, nonché nell’ambiente circostante, hanno influenzato gli schemi peculiari dell’anamnesi del genere umano nel corso di millenni. Si cerca, quindi, di fornire un resoconto narrativo dell’evoluzione della biologia, della società, dell’impatto ambientale e degli stili di vita, nonché del modo in cui questi elementi hanno influenzato il profilo della salute umana. Il messaggio che emerge è che la salute della popolazione è innanzitutto il risultato delle circostanze ecologiche: un prodotto dell’interazione tra le società umane e il più ampio contesto ambientale, i suoi diversi ecosistemi e gli altri processi che presiedono ai cicli vitali. Nell’ambito di un quadro più ampio, la salute e la sopravvivenza umana dipendono dalla conservazione di un’ecosfera funzionale che sia in grado di provvedere ancora alle necessità biologiche e sociali del genere umano. Una metafora che mostra la dimensione ecologica del profilo sanitario della popolazione è quella delle “impronte” della nostra specie, ossia delle nostre impronte lungo i percorsi della storia biologica. Vi sono quattro tipi di impronte che hanno contraddistinto il nostro percorso dal remoto passato sino a oggi, e che lo segneranno anche in un futuro incerto. Innanzitutto disponiamo di una magnifica testimonianza del percorso evolutivo compiuto dai nostri antenati ominidi, ossia le impronte di Laetoli conservate nel fango. Si tratta delle tracce, risalenti a tre milioni e mezzo di anni fa, di un piccolo gruppo di australopitechi che camminavano in posizione eretta, ritrovate nella savana africana di Laetoli Gorge, in Tanzania. L’altezza di questi australopitechi era di circa due terzi di quella degli attuali esseri umani, mentre la loro capacità cerebrale era un terzo della nostra. I loro alluci erano ancora un po’ curvi e si trattava di esseri prevalentemente vegetariani; la loro comunicazione difettava probabilmente di sintassi e i legami sessuali tra coppie adulte potevano essere sperimentali e temporanei. Comunque, in queste impronte vi sono indicazioni di possibili attributi fisici, cognitivi ed emotivi dei successori degli australopitechi, la specie Homo. Viste in retrospettiva, vanno considerate impronte che procedono verso il futuro della storia umana. In secondo luogo, bisogna considerare che la biologia di questi ominidi si evolveva in ragione della loro necessità di rispondere ai cambiamenti locali ambientali e alle pressioni competitive per il cibo in quello specifico ambiente. Il cervello aumentava di dimensioni, l’anatomia dell’intestino cambiava e la gestione del metabolismo si adattava ai cambiamenti dietetici. La pelle, i capelli, la statura e il tono dei vasi sanguigni si adattavano in risposta al cambiamento del clima. Adattamenti genetici analoghi si producevano in risposta a regimi alimentari locali e – più tardi – all’imporsi del modello delle società agricole. Gli adattamenti biologici favorevoli sono stati preservati nel patrimonio genetico, per essere trasmessi alle generazioni future. Tra questi adattamenti, ve ne sono diversi che oggi influenzano la nostra predisposizione a certe patologie, specialmente in situazioni in cui la condizione di vita è notevolmente alterata. Questi adattamenti genetici sono come im-


Malattia/1-15 prime

16-06-2003

14:39

Pagina 10

10 pronte che ci raggiungono dal passato e proseguono attraverso il presente per dirigersi verso futuro del genere umano. In terzo luogo, la capacità cumulativa del sapere ha consentito agli esseri umani di allontanarsi dalle loro primordiali limitazioni evolutive. A partire da un momento collocato all’incirca 80.000 anni fa, la moderna specie umana, ossia l’Homo sapiens, si è diffusa dall’Africa all’Asia occidentale, poi all’Asia centromeridionale, all’Australia, all’Asia orientale, all’Europa, al Nordamerica e così via. Le impronte di questa diaspora globale si sono preservate sotto varie forme: attrezzi di pietra, resti di focolari, e ambienti locali permanentemente modificati. Si tratta delle nostre impronte paleo-antropologiche che attraversano le dimensioni del tempo e dello spazio. Cosa ci riserva il futuro? Attualmente, il genere umano procede a passi pesanti sul suolo terrestre, e la misura delle nostre “impronte ecologiche” si è notevolmente accresciuta.5 Nel ventesimo secolo abbiamo fatto impiego di energia in misura dieci volte maggiore di quanta ne abbiano consumata i nostri antenati nel corso dei mille anni precedenti.6 Dal momento che la nostra attività perturba i sistemi di supporto del ciclo vitale del pianeta, come il sistema climatico e gli stock di biodiversità, vengono messe in pericolo le stesse prospettive di salute e sopravvivenza delle popolazioni umane. Questa situazione non può continuare tanto a lungo se le impronte hanno dimensioni come quelle attuali, e per il momento non possiamo nemmeno invertire quel percorso che ha condotto alla dominazione del genere umano sulle altre specie e sull’ambiente, inteso nella sua accezione più ampia. Gli esseri umani sono essi stessi parte della natura; siamo una specie che – per sua stessa prerogativa evolutiva – ha avuto l’esclusiva capacità di trasformare e governare la natura circostante. Tuttavia dobbiamo trovare un modo per vivere entro i limiti del sistema biologico terrestre, che è essenzialmente un sistema chiuso. In questa prospettiva ciò che dovremmo fare adesso è orientare diversamente i nostri cervelli così incredibilmente versatili e inventivi, a tutt’oggi l’elemento più caratteristico dell’evoluzione umana, ossia cambiare il nostro modo di ragionare. In caso contrario, il capitolo scritto dagli umani nella grande storia terrestre potrebbe avere un finale tutt’altro che lieto. Passando alle note positive, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito – direttamente o indirettamente – assistendomi nella realizzazione di questo lavoro. Diversi colleghi della London School of Hygiene and Tropical Medicine hanno costituito una preziosa fonte di idee e commenti. Ringrazio in particolare Dave Leon, Simon Strickland, Astrid Fletcher, David Bradley, Paul McKeigue, John Cleland, Prakash Setty, Sari Kovats, Andrei Haines, Virginia Berridge, Andy Hall, Emily Grundy, Pat Doyle, Lucy Pembrey, Chris Curtis e Paul Fine. Gli altri colleghi che operano al di fuori dell’Istituto, le cui idee e suggerimenti ho avuto occasione di apprezzare, sono John Powles, Kirk Smith, Bill Rees, Gorge Davey




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.