La nuova guerra del clima

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Michael E. Mann

LA NUOVA GUERRA DEL CLIMA LA BATTAGLIA PER RIPRENDERCI IL PIANETA


Michael E. Mann la nuova guerra del clima la battaglia per riprenderci il pianeta realizzazione editoriale

Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it titolo originale

The New Climate War – The Fight to Take Back the Planet Copyright © 2021 by Michael E. Mann Edizione italiana a cura di Stefano Caserini traduzione:  Laura Elisabetta Coppo coordinamento redazionale:  Diego Tavazzi cover:  Mauro Panzeri impaginazione:  Roberto Gurdo in copertina:  elaborazione grafica da PIRO4D@PixabayCC0

© 2021, ReteAmbiente Srl via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax. 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore ISBN 978-88-6627-330-1 Finito di stampare nel mese di agosto 2021 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy i siti di edizioni ambiente

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sommario

una voce dalla prima linea di Stefano Caserini

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introduzione

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1. gli architetti della disinformazione e del depistaggio

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2. le guerre del clima

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3. l’“indiano che piange” e la nascita delle campagne di distrazione di massa

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4. è colpa vostra!

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5. un prezzo al carbonio. o forse no

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6. affondare la concorrenza

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7. la soluzione non-soluzione

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8. la verità è già abbastanza grave

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9. affrontare la sfida

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una voce dalla prima linea di Stefano Caserini 1

Se quella contro il cambiamento climatico può essere definita una guerra, Michael Mann è da un paio di decenni in prima linea. Lo era alla fine degli anni Novanta, quando da giovane ricercatore fu costretto a subire pesanti attacchi a causa dei risultati delle sue ricerche. Lo è oggi, da climatologo di fama mondiale, con un curriculum impressionante fatto di decine di pubblicazioni scientifiche sulle riviste più prestigiose, ma anche una delle voci più incisive e ascoltate del dibattito internazionale sul clima. Da questa posizione, Mann fornisce un racconto utile per orientarsi in questi tempi in cui finalmente il cambiamento climatico è entrato nel dibattito pubblico, e se ne parla regolarmente sui giornali e nelle homepage dei portali informativi online. E non solo a causa dei disastri causati dal surriscaldamento globale. Anche se la situazione degli Stati Uniti ha molti aspetti particolari, il libro di Mann è di grande importanza anche per noi italiani ed europei. Anche sui nostri mezzi di informazione e sui nostri social si possono incontrare le diverse tipologie di “inattivisti” del clima (splendido neologismo usato da Mann): chi diffonde disinformazione, chi inganna, chi cerca di dividere gli ambientalisti, chi vuole rallentare le azioni, chi sparge disperazione e rassegnazione. Pensiamo per esempio alle reazioni provocate dal pacchetto “Fit for 55” proposto nel luglio 2021 dalla Commissione europea. Un atto legislativo inevitabile, un passo necessario nel percorso per rispettare gli impegni degli Accordi di Parigi, per raggiungere gli obiettivi della Legge europea sul clima approvata il precedente dicembre da Parlamento e Consiglio europeo. Eppure, quante voci hanno diffuso timori per i possibili costi per consumatori e aziende, con toni da tragedia. Quante altre hanno cercato di mettere in discussione l’utilità delle 1  Docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, coordinatore del sito www.climalteranti.it, autore di Il clima è già cambiato. 9 buone notizie sul cambiamento climatico, Edizioni Ambiente, Milano 2019.


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la nuova guerra del clima

energie rinnovabili o della tassazione della CO2. Quante hanno cercato di personalizzare gli attacchi, quello “shooting the messenger” (sparare al messaggero) di cui parla Mann.2 O pensiamo a quanto, anche da noi, ha preso piede la narrazione dell’inevitabilità della catastrofe climatica, della prossima inabitabilità della Terra, dell’estinzione dell’umanità all’orizzonte o dell’inutilità delle contromisure. Sempre di più, anche da noi, sono le voci che esagerano una situazione già abbastanza grave, come recita il titolo di un capitolo del libro. La nuova guerra del clima non è solo un racconto dettagliato dei tanti assalti alla scienza e alle politiche climatiche da parte del negazionismo al soldo delle lobby fossili, dei politici sul loro libro paga, dei legami di questi poteri con i media di Murdoch o con gli oscuri hacker russi, delle tecniche usate per diffondere la disinformazione. È anche una rassegna aggiornata delle diverse forme di negazionismo soft, che non mette più in discussione la realtà del riscaldamento globale e delle responsabilità umane, ma cerca argomenti e tecniche più efficaci per lo stesso obiettivo, impedire le azioni legislative che potrebbero ridurre i profitti del sistema energetico basato sui combustibili fossili. È un album degli attori in campo, riportati con nomi e cognomi, con i dettagli delle loro dichiarazioni o con i link ai loro tweet. Molti di questi nomi, i vari Bjorn Lomborg, Michael Shellenberger o Michael Moore, hanno avuto notorietà anche in Italia. Mann ha parole molto dure sui danni portati da alcuni interventi che molto hanno fatto discutere e riflettere, per esempio i saggi La terra inabitabile di David Wallace-Wells o E se smettessimo di fingere di Jonathan Franzen. Mann mette in guardia dalla pericolosità di visioni eccessivamente cupe del nostro futuro, sente il pericolo che possano portare alla paralisi e alla disperazione. Arriva a definirle “pornografia climatica” e ci esorta a leggere con freddezza i dati scientifici: anche se l’incertezza non è nostra amica, le migliori proiezioni non prevedono quegli scenari. È ancora possibile incidere sulla traiettoria delle temperature del pianeta, e non è affatto inevitabile che le previsioni più fosche debbano avverarsi. Quello che gli esseri umani faranno nei prossimi anni e decenni conta, eccome. Queste posizioni così nette, e le critiche rivolte anche ad alcuni colleghi climatologi, rendono questo lavoro di Michael Mann uno strumento utile per smontare due diffuse teorie complottistiche, speculari fra loro, che descrivono “gli scienziati” o “i climatologi” interessati a spaventare il mondo con un rischio inesistente (per ottenere fondi di ricerca) o, al contrario, a nascondere la reale gravità della situazione (per non disturbare i poteri forti). No, anche fra gli 2  Giusto per fare un esempio, si veda il titolo di Libero del 16 luglio 2021 “Il piano verde dell’Europa? Bollette alle stelle e industrie a pezzi: grazie, Ursula”.


una voce dalla prima linea

scienziati ci sono posizioni diverse; a volte le diversità sono sfumature, a volte disaccordi più importanti. Ma certo non c’è disaccordo sull’esistenza del problema, sulla gravità della situazione attuale o sulle responsabilità umane. Il dibattito c’è piuttosto sui possibili scenari futuri, su quanto potranno essere rapide e importanti le azioni tecnologiche o gli strumenti del mercato: su come sia meglio agire, su quali siano le soluzioni più efficaci e convenienti. Personalmente, giusto per fare un esempio, non condivido alcuni degli argomenti utilizzati da Mann per criticare la “cattura e stoccaggio” di CO2 o i sistemi per rimuovere la CO2 dall’atmosfera. E questo è perfettamente normale, e salutare. È di questo dibattito che abbiamo bisogno, e non dobbiamo temerlo. La nuova guerra del clima è stato terminato da Mann prima che Donald Trump perdesse le elezioni e Joe Biden diventasse il 46° presidente degli Stati Uniti. Il racconto delle sistematiche menzogne di Trump, della sua opera di smantellamento di decenni di politiche ambientali, si può leggere ora con più serenità. Chi segue @MichaelEMann su Twitter ha potuto assistere ad alcuni degli sviluppi del libro, l’apprezzamento di Mann per la decisa azione di Biden sul clima, quella sfilza di ordini esecutivi che hanno ribaltato la posizione degli Stati Uniti. Se già nel libro si coglievano segni di speranza sui mutamenti in atto negli Stati Uniti, anche nel partito repubblicano, quanto successo nell’ultimo anno porta inevitabilmente nuove munizioni a chi, come Mann, è convinto che quella del clima è una guerra che si può anche vincere.

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Michael Mann dedica questo libro a sua moglie, Lorraine Santy, a sua figlia, Megan Dorothy Mann, e alla memoria di suo fratello Jonathan Clifford Mann e di sua madre, Paula Finesod Mann.


introduzione

“La scienza è concorde nel ritenere che molto probabilmente l’umanità sta influenzando il clima globale attraverso il rilascio di anidride carbonica dovuto alla combustione di combustibili fossili... Va tenuta in considerazione la possibilità che si verifichino alcuni eventi potenzialmente catastrofici... Le piogge potranno farsi più intense in alcune regioni, mentre altri luoghi potrebbero trasformarsi in deserti... [Alcuni paesi] potrebbero vedere la loro produzione agricola ridotta o distrutta... Abbiamo una finestra di cinque-dieci anni prima che il bisogno di decisioni radicali riguardo al cambiamento delle strategie energetiche diventi urgente... Una volta che gli effetti saranno misurabili, potrebbero non essere più reversibili.” Qualcuno, leggendo queste parole profetiche, potrebbe legittimamente pensare che siano state pronunciate da Al Gore, magari alla metà degli anni Novanta. Invece, sono di James F. Black, uno scienziato che lavorava alle dipendenze di ExxonMobil, il gigante dei combustibili fossili, che le ha scritte in una serie di documenti interni compilati negli anni Settanta e resi pubblici di recente.1 Nei decenni successivi, invece di ascoltare gli avvertimenti dei propri scienziati, ExxonMobil e altre aziende che operano con i combustibili fossili hanno portato avanti una campagna per contrastare quelle evidenze scientifiche, e hanno fatto tutto quello che potevano per rallentare l’adozione di politiche di riduzione delle emissioni di biossido di carbonio, responsabili del riscaldamento del pianeta. 1  Banerjee N., L. Song, D. Hasemyer, “Exxon: The Road Not Taken. Exxon’s Own Research Confirmed Fossil Fuels’ Role in Global Warming Decades Ago”, Inside Climate News,16 settembre 2015, https://bit.ly/3opIMgw.


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la nuova guerra del clima

Il risultato è che la Terra si è riscaldata e si trova in una situazione pericolosa. Inoltre, a oggi non sono ancora state adottate le misure necessarie a risolvere questa crisi globale, la più grande che abbiamo mai dovuto affrontare. Siamo in guerra, ma prima di combattere dobbiamo capire come ragiona il nemico. Quali tattiche usano oggi le forze che puntano a rallentare e a ostacolare le azioni a favore del clima? Cosa possiamo fare per combattere questo Leviatano, che cambia continuamente forma? Possiamo ancora evitare un cambiamento climatico globale catastrofico? Tutti questi interrogativi meritano delle risposte, e nelle pagine che seguiranno le troverete. La nostra storia inizia quasi un secolo fa, quando vengono sviluppati i primi programmi ideati e usati per negare e procrastinare. Scopriamo così che l’industria dei combustibili fossili ha imparato dai peggiori.2 Il motto della lobby delle armi, “i fucili non uccidono le persone, sono le persone che uccidono altre persone”, risale agli anni Venti del Novecento. È un esempio da manuale di strategia di distrazione di massa: distoglie l’attenzione dal problema del facile accesso alle armi da assalto e la sposta su altre presunte spiegazioni degli omicidi di massa, come la malattia mentale o la rappresentazione della violenza da parte dei media. L’industria del tabacco utilizzò un approccio simile. Anche se già negli anni Cinquanta circolavano delle ricerche interne che dimostravano che i suoi prodotti causavano morte e dipendenza, per moltissimo tempo cercò di offuscare il legame tra sigarette e cancro ai polmoni. In un memorandum interno della Brown & Williamson si poteva leggere che “il dubbio è il nostro prodotto”. E poi c’era il cosiddetto “Crying Indian”, uno spot il cui protagonista era un indiano che piange, chiamato “Iron Eyes Cody”, che lanciava l’allarme sull’accumulo di bottiglie e lattine che inquinavano le campagne. La realtà, però, era ben diversa da come poteva apparire a un’occhiata superficiale. Lo spot era infatti il pezzo forte di una massiccia campagna di depistaggio organizzata dall’industria delle bibite, che puntava a colpevolizzare i consumatori invece delle aziende, enfatizzando la responsabilità individuale a discapito dell’azione collettiva e delle regole imposte dai governi. Il risultato è che la minaccia globale per l’ambiente causata dall’inquinamento della plastica ci accompagna ancora oggi, e il problema è così grave che ormai si trovano rifiuti plastici sui fondali degli oceani di tutto il mondo. Si arriva così all’industria dei combustibili fossili. Con l’appoggio di plutocrati miliardari come i fratelli Koch, i Mercer e gli Scaife, dalla fine degli anni Ottanta aziende come ExxonMobil hanno riversato miliardi di dollari in una colossale campagna di disinformazione, e hanno lavorato per screditare la 2  Oreskes N., E. M. Conway, Mercanti di dubbi, Edizioni Ambiente, Milano 2018.


introduzione

scienza del clima e il legame tra i cambiamenti climatici e l’utilizzo dei combustibili fossili. La negazione delle evidenze scientifiche continuò anche quando gli scienziati della stessa ExxonMobil conclusero che l’uso continuato dei combustibili fossili avrebbe potuto avere impatti “devastanti”. Gli scienziati della ExxonMobil avevano ragione: decenni più tardi, anche a causa di quelle campagne, abbiamo davanti gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici incontrollati. Li vediamo quotidianamente nelle notizie, sugli schermi televisivi, nei titoli dei giornali e nei feed dei social media. Inondazione delle coste, feroci ondate di calore e siccità, alluvioni devastanti, violentissimi incendi: questo è il volto dei cambiamenti climatici, ed è un volto che è sempre più conosciuto. Di conseguenza, le forze che ieri negavano, oggi puntano a procrastinare. Le multinazionali dell’Oil&Gas, i plutocrati conservatori e i governi finanziati dal petrolio che continuano ad avvantaggiarsi della nostra dipendenza dai combustibili fossili non possono più fingere che non stia accadendo nulla. Hanno quindi iniziato a usare un negazionismo più soft, e mentre il petrolio continua a scorrere e i combustibili fossili a bruciare, hanno dato il via a un’offensiva basata sull’inganno, sulla distrazione di massa e sulle strategie per procrastinare. Questa è la nuova guerra del clima, e il pianeta la sta perdendo. È in corso una campagna di distrazione di massa, che viene portata avanti con maestria ed è ispirata dalla lobby delle armi, dall’industria del tabacco e dalle aziende produttrici di bibite. Ha l’obiettivo di spostare la responsabilità dalle aziende alle singole persone. Le scelte individuali, dall’evitare di prendere l’aereo al veganesimo, vengono spacciate per le principali soluzioni da adottare per risolvere la crisi climatica. Nonostante valga senz’altro la pena di intraprenderle, fissarsi solo sulle azioni dei singoli indebolisce la pressione che è necessario esercitare sui governi affinché chiedano il conto alle grandi imprese inquinanti. Uno studio recente ha infatti evidenziato come l’enfasi sulle azioni personali possa compromettere il sostegno alle politiche climatiche di cui necessitiamo davvero.3 È quello che serve alle aziende produttrici di combustibili fossili quali la ExxonMobil, la Shell e la BP, che continuano ad accumulare profitti record per ogni giorno in cui restiamo ancora “drogati di combustibili fossili”, nelle parole dell’ex presidente George W. Bush. La campagna di distrazione di massa offre al nemico anche l’opportunità di utilizzare una strategia “a cuneo” per acuire i contrasti tra i difensori del clima, sfruttando le divisioni tra coloro che sono più orientati alle azioni individuali e quelli che invece enfatizzano l’azione collettiva e della politica. Utilizzando bot e troll, manipolando i social media e i motori di ricerca, il 3  Hagmann D., E. Ho, G. Loewenstein, “Nudging Out Support for a Carbon Tax”, Nature Climate Change, 9, 6, 2019, 484-489.

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la nuova guerra del clima

nemico ha schierato cyber-armamenti simili a quelli affinati durante le elezioni presidenziali americane del 2016. Si tratta delle stesse tattiche che hanno portato alla vittoria Donald Trump, un negazionista dei cambiamenti climatici. Astio, disprezzo, gelosia, paura, rabbia, bigottismo, tutti gli impulsi più basilari del nostro cervello rettiliano: gli inquinatori delle grandi imprese e i loro alleati li hanno sfruttati con campagne che seminano divisioni all’interno del movimento per il clima e, allo stesso tempo, generano paura e ansia nella destra frustrata, la loro “base” politica. Nello stesso tempo, le forze dell’inazione si sono efficacemente opposte alle misure volte a regolare o a tassare le emissioni, attaccando valide alternative quali le energie rinnovabili e promuovendo false soluzioni come le centrali a carbone con i sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio o i programmi di “geoingegneria”, non testati e potenzialmente pericolosi, che comportano massicce manipolazioni dell’ambiente del nostro pianeta. La loro argomentazione è che in futuro ci saranno delle “innovazioni” che ci salveranno, e quindi oggi non c’è bisogno che la politica intervenga. Possiamo giusto investire un po’ di denaro nella “gestione” del rischio e continuare a inquinare. L’amministrazione Trump ha smantellato i progressi sul clima raggiunti nei decenni precedenti, affossando le politiche della Environmental Protection Agency (EPA) come il Clean Power Plan e i regolamenti sulle sostanze inquinanti, dando il via libera a oleodotti, gasdotti e a finanziamenti all’industria del carbone, e concedendo permessi a basso costo per trivellazioni su terreni demaniali. In tal modo, l’industria dei combustibili fossili ha potuto espandere le proprie attività inquinanti. Il nemico sta anche conducendo una guerra psicologica. Ha promosso una narrativa secondo cui gli impatti dei cambiamenti climatici saranno meno gravi di quanto si dica, forse addirittura innocui, e in ogni caso riusciremo facilmente ad adattarci. In questo modo, ha indebolito la sensazione di urgenza, e allo stesso tempo ha sottolineato l’inevitabilità dei cambiamenti climatici, così da far perdere forza alla necessità di agire. Queste mosse hanno avuto il supporto di individui che in apparenza sono paladini della lotta per il clima, ma che hanno dipinto questa potenziale catastrofe come un fatto compiuto, o hanno sopravvalutato il danno già compiuto. Liquidando così la possibilità di innescare le azioni necessarie a evitare il disastro, oppure stabilendo degli obiettivi così elevati (per esempio riproponendo la solita vecchia storia del rovesciamento dell’economia di mercato) da far sembrare che qualsiasi azione sia destinata al fallimento. Il nemico è stato più che felice di poter amplificare queste idee. Ma non tutto è perduto. In questo libro decostruirò le false narrative che hanno ostacolato i tentativi di contrastare i cambiamenti climatici e presenterò ai lettori un percorso possibile per salvaguardare il nostro pianeta. La no-


introduzione

stra civiltà può essere salvata se solo impariamo a riconoscere le tattiche utilizzate dal nemico (ossia le forze che spingono per mantenere le cose come sono), e a combatterle. Decenni di esperienza sul fronte della lotta per comunicare la scienza dei cambiamenti climatici e le sue implicazioni mi hanno portato ad alcune intuizioni fondamentali. “Mazza da hockey” è il nome dato a un grafico che io e alcuni miei colleghi abbiamo pubblicato nel 1998 per mostrare il rapido aumento delle temperature del pianeta nel secolo appena trascorso.4 Quel grafico è diventato un’icona nel dibattito sui cambiamenti climatici perché racconta una storia semplice: bruciando combustibili fossili e pompando gas a effetto serra nell’atmosfera stiamo provocando un riscaldamento del pianeta che non ha precedenti. Sono passati decenni da quando è stata pubblicata, ma ancora oggi la curva è oggetto di attacchi, nonostante siano ormai innumerevoli gli studi che non solo hanno confermato le nostre conclusioni, ma le hanno ulteriormente ampliate. Il motivo è che essa costituisce una minaccia per alcuni interessi. Gli attacchi alla “mazza da hockey” della fine degli anni Novanta, allora ero un giovane scienziato, mi hanno costretto a buttarmi nella mischia. Nel tentativo di difendere me stesso e il mio lavoro da attacchi motivati politicamente, sono diventato mio malgrado un combattente nelle guerre climatiche. Da due decenni osservo il nemico da vicino. So come opera, che tattiche utilizza e so come sono cambiate negli ultimi anni in risposta alla trasformazione del campo di battaglia. Mi sono adattato a queste tattiche, e ho cambiato il modo in cui mi relaziono con il pubblico e con la politica nel tentativo di informare e modificare il dibattito pubblico. In questo libro voglio condividere con voi quello che ho imparato, per motivarvi a partecipare alla battaglia per salvare il nostro pianeta dalla crisi climatica prima che sia troppo tardi. Ecco il piano di battaglia in quattro punti, che riprenderò alla fine del libro. Ignorate i catastrofisti: la credenza erronea che sia “troppo tardi” è stata cooptata dalle lobby dei combustibili fossili e da quelli che le sostengono. Si tratta di un altro modo di legittimare il business-as-usual e la dipendenza dai combustibili fossili. Dobbiamo rifiutare questo pessimismo che oggi è sempre più frequente nel dibattito sul clima. I più piccoli ci guideranno: la generazione più giovane sta combattendo con le unghie e con i denti per salvare il pianeta, e nel loro messaggio c’è un’autorevolezza morale che solo i più sordi possono non riconoscere. I giovani possono cambiare il gioco, sono quello che i paladini del clima stavano aspettan4  Mann M. E., R. S. Bradley, M. K. Hughes, “Global-Scale Temperature Patterns and

Climate Forcing over the Past Six Centuries”, Nature, 392, 1998, 779-787.

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