tascabili dell’ambiente
Attilia Cozzaglio
è sempre questione di tempo
politiche temporali e smart city: buone prassi dalla lombardia all’europa Il volume è stato realizzato nell’ambito del progetto “Supporto tecnico-scientifico per lo sviluppo delle politiche temporali” (Codice Éupolis Lombardia: IST14014), affidato a Éupolis Lombardia da Regione Lombardia. Gruppo di progetto Rosangela Morana e Marilena La Fratta, Regione Lombardia; Alessandro Colombo e Sabrina Bandera, Éupolis Lombardia.
realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl – www.edizioniambiente.it progetto grafico: GrafCo3 Milano immagine di copertina: Pier Francesco Renna, supertotto.com © 2015, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-113-0 Finito di stampare nel mese di gennaio 2015 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC
Attilia Cozzaglio
è sempre questione di tempo Politiche temporali e Smart City: buone prassi dalla Lombardia all’Europa
indice
introduzione
7
1. campane, sirene, orologi: il tempo è cambiato
13
2. le sfide delle politiche temporali
29
3. accessibilità dei servizi e degli spazi
71
Dal Progetto Icaro a El Pacte del Temps di Barcellona
4. armonizzazione degli orari dei servizi pubblici e privati con gli orari di lavoro: Con la Carta Nazionale dei Servizi, verso
89
5. mobilità: idee, progetti e buone pratiche
103
6. qualificazione degli spazi urbani:
117
7. conclusioni
131
fonti
135
ringraziamenti
143
la conciliazione mobile alla finlandese
Il trasporto a chiamata, i sistemi di mobilità integrata, l’esempio francese
Da Bergamo, città laboratorio, alle riqualificazioni a tempo in Olanda L’Italie aux avant-gardes des politiques temporelles
introduzione
Politiche dei tempi e politiche per le smart city tornano periodicamente nei titoli dei giornali, sono tema di convegni e iniziative, ricorrono nei programmi delle pubbliche amministrazioni e della politica, influenzano il mondo del lavoro, l’organizzazione delle città, la vita quotidiana dei cittadini, uomini e donne. Raramente però si dà evidenza al rapporto che lega il pensiero e l’agire delle politiche temporali ai progetti e ai cambiamenti che si stanno delineando per innovare le città e i territori verso uno sviluppo economicamente sostenibile, una migliore qualità della vita e un uso più razionale delle risorse. Il percorso di attuazione delle smart city si basa sull’impiego delle tecnologie, che rendono possibili trasformazioni delle strutture urbane esistenti, attraverso interventi meno invasivi e costosi. Questa visione high-tech del futuro delle città è stata però in pochi anni arricchita dalla consapevolezza che l’“intelligenza tecnologica” deve rientrare in un progetto più ampio, dove siano chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere e siano condivise le strategie per raggiungerli. Non può esistere una città intelligente senza un corpo sociale altrettanto intelligente, che governi e partecipi attivamente al cambiamento. Le tecnologie sono uno strumento, un fattore abilitante, non il fine. Per questo si può parlare a buon diritto di politiche per le Smart city. Con il termine “politiche temporali” si indica l’insieme di azio-
8
è sempre questione di tempo
ni mirate a migliorare la qualità della vita delle cittadine e dei cittadini e la qualità urbana, attraverso la progettazione e la realizzazione di interventi sui tempi e gli orari della città, per una migliore conciliazione dei tempi familiari, dei tempi di lavoro e dei tempi per sé e per un miglior uso spaziale e temporale della città e dei territori. Storicamente, le politiche temporali sono state promosse in forte connessione con le politiche di genere, nella consapevolezza che i tempi delle città incidono in modo diverso sulle vite di donne e uomini, dall’infanzia all’età adulta alla terza età. La separatezza tra politiche temporali e politiche per le smart city può trovare spiegazione proprio nella loro diversa origine: motore delle politiche temporali, intorno alla metà degli anni Ottanta, sono stati i cittadini, in particolare le donne, che hanno rivendicato una diversa organizzazione dei tempi – nel senso più ampio del termine – per migliorare la qualità della vita; lo sviluppo delle nuove tecnologie (in particolare nel settore ICT ed energetico), che ha visto una grande accelerazione negli ultimi trent’anni, ha innescato invece riflessioni e progetti di utilizzo in tutti gli ambiti, per arrivare infine a delineare il concetto di smart city, all’inizio del XXI secolo. L’idea di smartness è stata applicata sulla piccola dimensione, legata ad alcune tipologie di oggetti, per poi progressivamente rivolgersi alla dimensione macro degli spazi, estendendosi poi alla città e ancora al territorio. La posta in gioco è molto alta: già oggi, oltre il 54% della popolazione vive nelle città e produce oltre l’80% della ricchezza globale. Le previsioni per il 2050 indicano che circa i due terzi dell’umanità vivranno nelle città. Su tempi brevi, circa 60 città avranno una popolazione superiore agli 8 milioni di abitanti. I dati non lasciano pensare a uno sviluppo di questo tipo per le città italiane, anche se il consumo del suolo continua ad aumen-
introduzione
tare. Accanto alle dieci città metropolitane, riconosciute con la legge 56 del 7 aprile 2014, dove vivono circa diciotto milioni di cittadini, pari al 30% della popolazione italiana, esistono sistemi urbani di dimensioni minori, ma non per questo meno importanti dal punto di vista economico, sociale, culturale. Degli 8.057 comuni italiani, circa 500 superano i 15.000 abitanti, circa 150 superano i 50.000 abitanti, tra cui 80 capoluoghi di provincia (37 capoluoghi hanno invece popolazione inferiore ai 50.000 abitanti). Le politiche per le smart city non possono non confrontarsi con questa realtà, e infatti da più parti si sottolinea la necessità di un modello italiano per le smart city, che metta a valore la frammentazione urbana che caratterizza il paese, favorisca nuove forme di governance, lo sviluppo di sistemi di servizi in rete, nuove forme di mobilità, l’inclusione sociale attraverso la piena accessibilità ai servizi, ma soprattutto valorizzi la partecipazione attiva dei cittadini e dei molteplici attori coinvolti nei processi di innovazione. In questa prospettiva indicazioni interessanti possono essere colte nella rilettura delle politiche temporali. Se infatti vogliamo trovare un modello italiano originale, che anzi è stato di esempio alle politiche praticate sino a oggi in molte e importanti città europee, è proprio in questa direzione che si deve volgere lo sguardo. l’italia ha precorso i tempi L’Italia ha precorso i tempi, con una serie di provvedimenti legislativi nazionali e regionali che hanno aperto la strada a sperimentazioni e progetti molto interessanti, dal punto di vista metodologico, sociale e tecnologico.
9
10
è sempre questione di tempo
L’inizio delle politiche esplicitamente finalizzate a modificare l’organizzazione dei tempi sociali e collettivi può essere ricondotto alla legge 142/1990, “Ordinamento delle autonomie locali”, che con l’articolo 36 assegna al sindaco l’autorità di coordinamento degli orari dei servizi pubblici. Il sindaco può quindi orientare i servizi pubblici (i servizi sociali, gli uffici comunali, il commercio e gli esercizi pubblici, i trasporti, le scuole per l’infanzia e i servizi educativi) per meglio rispondere alle esigenze degli utenti: sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e tenendo conto dei criteri eventualmente indicati dalla regione, coordina e riorganizza gli orari degli esercizi commerciali, degli esercizi e dei servizi pubblici, di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, d’intesa con le figure territorialmente competenti delle amministrazioni interessate. Gli elementi di innovazione sono l’attenzione all’utenza e il concetto di coordinamento che supera una pratica settoriale, attraverso forme di concertazione. Tale legge contempla per la prima volta la redazione di Piani regolatori degli orari o di Piani di coordinamento degli orari. Il punto di svolta è stata però, dieci anni dopo, la legge 53 dell’8 marzo 2000, “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”. La legge recepisce una proposta di legge di iniziativa popolare e si basa sulle esperienze degli Uffici tempi e dei comuni che avevano redatto Piani dei tempi: riguarda i congedi parentali e le politiche temporali, e mette in relazione per la prima volta la conciliazione dei tempi nei luoghi di lavoro e la conciliazione dei tempi nelle città e sul territorio. La data in cui è stata approvata la legge – 8 marzo – richiama anche da un punto di vista simbolico l’attenzione alle esigen-
introduzione
ze delle donne, e non a caso la legge 53/2000 è considerata una espressione molto avanzata delle politiche di genere. Sarebbe però riduttivo pensare che contenga solo disposizioni “a favore delle donne”: il miglioramento della qualità della vita attraverso un approccio spaziotemporale alla progettazione e alla riqualificazione delle città, dei quartieri, delle infrastrutture, dei servizi, della mobilità, dell’organizzazione del lavoro è un obiettivo per la società, nella consapevolezza che la società è formata da donne e uomini di tutte le età. La legge prevede anche che le regioni adottino provvedimenti legislativi in merito al coordinamento dei tempi delle città con gli obiettivi di stabilire criteri generali di amministrazione e coordinamento degli orari sui rispettivi territori, stabilire i criteri per l’adozione dei piani territoriali degli orari da parte dei comuni sopra i 30.000 abitanti, fissare i criteri e le modalità per concedere contributi ai comuni per sviluppare i progetti. La prima regione che adempie a queste indicazioni è la regione Marche, poi Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana, Basilicata e Abruzzo, e a seguire le altre. Alcune, come la Regione Puglia, che si sono mosse successivamente, stanno sperimentando percorsi legislativi interessanti, sulla scorta delle esperienze già fatte altrove. Secondo molti osservatori, la regione dove la legge è stata più diffusamente applicata e le pratiche si sono maggiormente radicate in modo stabile è la Lombardia. perché questa pubblicazione La rilettura di alcuni tra i progetti più innovativi di politica temporale in Lombardia, in Italia e in Europa consente di valorizzare e diffondere le esperienze di politica temporale, aprire una
11
12
è sempre questione di tempo
riflessione e un dibattito sulle possibili contaminazioni con le politiche per le smart city, evidenziandone relazioni, analogie e diversità, per contribuire alla definizione di una via italiana verso lo sviluppo sostenibile dei territori, che risponda alle esigenze delle donne e degli uomini di oggi e di domani. Uno dei fattori di successo delle politiche temporali e delle politiche per le smart city è la mobilitazione del “capitale umano”, l’attivazione di una intelligenza collettiva, e perché questo avvenga è necessario un salto culturale, che focalizzi l’attenzione sulle opportunità di innovazione sociale offerte da tali politiche. È necessario portare la riflessione oltre la cerchia degli addetti ai lavori – siano essi urbanisti, sociologi, informatici, tecnici, statistici, economisti, politici – e tradurre gli esiti di studi, ricerche, progetti, sperimentazioni in un linguaggio comune. L’obiettivo è coinvolgere donne e uomini di tutte le età, in posizioni decisionali, ma anche “normali” cittadine e cittadini, all’interno e fuori dal mondo del lavoro, del volontariato, dell’associazionismo, con un ruolo in politica e nel sociale, ma anche semplicemente impegnati nella gestione del quotidiano. Tutti sono “esperti”, e il loro punto di vista può contribuire a rappresentare i problemi e trovare soluzioni. Questa pubblicazione si rivolge a loro, a questi “esperti”, perché solo con il loro contributo nel definire e condividere una visione, nel realizzarla in azioni concrete, nell’agire comportamenti coerenti, le leggi, le normative, le tecnologie e i progetti possono sostenere innovazione e sviluppo.
1. campane, sirene, orologi: il tempo è cambiato
Quando si parla di tempi, in un ambito privato, tra familiari e amici, ma anche in un ambito pubblico, con amministratori, imprenditori, persone impegnate in politica o nel sociale, è difficile in un primo momento far comprendere l’importanza delle politiche temporali. È apparentemente un paradosso, perché tutti, donne e uomini, giovani e anziani, bambine e bambini, lavoratrici e pensionati, siamo immersi nel “tempo”. E questo è un fatto: abbiamo un’età, la nostra vita quotidiana è scandita da orari più o meno rigidi, sappiamo quale giorno della settimana, quale mese, quale stagione stiamo vivendo. Anche i nostri desideri, i nostri sogni, le nostre ansie, le nostre esigenze si collocano in una dimensione temporale: devo finire questo lavoro entro domani, domenica andiamo al mare, sta per arrivare la primavera, tra un mese è il mio compleanno, il treno è in ritardo... La percezione del tempo, pur presente nella vita quotidiana di ognuno di noi, spesso non è accompagnata dalla consapevolezza che il tempo non sia solo un fatto privato, ma sociale. E come tale possa diventare oggetto della politica, ovvero dell’“arte di amministrare la città”, direbbe Aristotele. Un primo elemento da considerare è che il “tempo sociale” è cambiato e continua a cambiare: lasciando a studi e ricerche il compito di approfondire in modo rigoroso tale cambiamento dal
14
è sempre questione di tempo
punto di vista storico, sociale, urbanistico, economico, antropologico, possiamo qui limitarci a ricordare che il tempo in passato veniva segnato dalle campane, poi dalle sirene delle fabbriche, ora dagli orologi. Può sembrare una semplificazione, e in parte lo è, ma richiamare gli strumenti che scandivano e scandiscono le giornate rimanda in modo immediato ai grandi cambiamenti che hanno segnato e segnano la nostra società. Nelle comunità agricole la vita era organizzata sul giorno e la notte, sulle stagioni, mentre nell’era industriale l’organizzazione del lavoro in fabbrica scandiva il ritmo della vita, con i turni, la giornata di riposo, il periodo di chiusura degli stabilimenti. Non tutti, ovviamente, lavoravano nei campi o nelle fabbriche, ma la vita di tutti risentiva di un ritmo indotto dal lavoro agricolo e successivamente dal lavoro delle manifatture. Resta la memoria di quel ritmo, ma la città è cambiata: “Mia mamma ricorda che, quando sono nato, ha sentito suonare la sirena della Falck. Tutta la mia vita da bambino girava intorno a quelle sirene”, racconta un cittadino di Sesto San Giovanni, la città fabbrica vicino a Milano. Ora nelle aeree della Falck Renzo Piano ha progettato la Città della Salute, il segno definitivo del passaggio dall’industria ai servizi. uno sguardo sul cambiamento Accanto ai cambiamenti epocali nel mondo del lavoro, altri cambiamenti caratterizzano il nostro presente, e sono sotto gli occhi di tutti. La partecipazione delle donne al mercato del lavoro: le donne hanno sempre lavorato, si pensi al lavoro nei campi e con gli animali, al commercio, al lavoro artigianale, al lavoro a domici-
1. campane, sirene, orologi: il tempo è cambiato
lio, ma l’attività di norma veniva svolta in casa o in prossimità dell’abitazione, insieme a tutte le altre incombenze domestiche e di cura. L’apporto delle donne all’economia è insostituibile, oggi come in passato. Ma solo con la Rivoluzione industriale si comincia a parlare di lavoro femminile, perché la donna “va” a lavorare, esce di casa ed “entra” nel mercato del lavoro. Oggi siamo davanti a un obiettivo del 60% fissato dalla strategia di Lisbona e ribadito dalla Commissione europea nel documento Europa 2020: in Italia la percentuale di occupazione femminile è solo del 46,5%, in Lombardia le donne occupate sono il 55,2%, con una percentuale che arriva al 70% nella fascia di età tra i 20 e i 49 anni. Il cambiamento delle famiglie: soprattutto nelle città, ma anche nelle comunità più piccole la famiglia allargata, dove convivevano tre generazioni, ha lasciato il posto alla famiglia nucleare formata da una coppia con i figli. Però, secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, quasi il 16% delle famiglie italiane è ormai formato da nuclei con un solo genitore (nell’85% circa è la madre) che convive con uno o più figli minori, magari insieme a figli maggiorenni non autonomi economicamente. Sono le cosiddette famiglie monogenitoriali o monoparentali. Flussi migratori, scelte di vita, separazioni e divorzi contribuiscono a rendere le small families una realtà in crescita, sempre più visibile. Le diverse popolazioni: gli spazi urbani sono vissuti da soggetti molto diversi, per condizione, età, provenienza. Si pensi agli anziani, il cui numero è in costante aumento: l’attesa di vita nel 1800 era di 57 anni, oggi in Europa è di 78 anni. O agli studenti nelle città universitarie, agli immigrati, ai pendolari, ai city users, ai turisti o ancora al popolo della notte. Ogni città è caratterizzata dalle popolazioni che ci vivono o la usano, con modalità diverse e spesso conflittuali.
15
Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council.