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Progetto di Filippo Michelangeli
Titolo originale dell’opera: Narciso Yepes © copyright 2014, Narciso Yepes, Belén Pérez Castillo, Leopoldo Neri De Caso. Diritti riservati per tutti i Paesi. Traduzioni, riproduzioni o adattamenti parziali o totali di quest’opera, per qualunque mezzo, devono essere autorizzati per iscritto dall’autore.
Per l’edizione italiana: Traduzione e introduzione di Angelo Gilardino Editing: Giovanni Podera Crediti fotografici: copertina e quarta di copertina – © Archivio Michelangeli Editore. Proprietà per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2015 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC 11893 / ISBN: 9788863951882 Stampato in Italia nel 2015 da INGRAF Industria Grafica S.r.l., Via Monte San Genesio, 7 – Milano
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Introduzione all’edizione italiana
tra i protagonisti della storia della chitarra del secolo XX, narciso Yepes occupa un posto di primo piano: è questa un’evidenza che nessuno può confutare, nemmeno i critici avversi, che non gli risparmiarono i loro strali. la verità è che la sua figura incarna valori che trascendono il giudizio di merito sulla sua arte, e che abbracciano tutta la sfera della sua presenza nel mondo musicale, l’influsso che egli esercitò consapevolmente sul mondo della musica spagnola (e non soltanto), la sua personalità artistica, la sua statura intellettuale e la sua umanità: e allora il riconoscimento del suo ruolo primario nella storia della chitarra e del suo repertorio diviene un atto eticamente e criticamente doveroso. ove poi si consideri il fatto – anch’esso incontestabile – che molti – e non certo sprovveduti – furono, e restano, i sostenitori della sua specifica arte di interprete, si fa urgente ogni iniziativa volta a scongiurare il pericolo che, nella storia dello strumento a sei corde, si aprano nuove voragini di oblio, e che la polvere si depositi su pagine che invece reclamano di essere attentamente rilette e meglio comprese. Questo volume fa parte di una collana (intitolata Nomi propri della chitarra) che il Festival di córdoba – in sinergia con l’editore collegato – dedica alle figure dominanti l’arte chitarristica, non soltanto ispanica, e soprattutto del novecento. Scopo della collana – curata da musicologi specialmente versati nella storia della chitarra – non è quello di mettere in fila biografie lineari, ma piuttosto quello di gettare le basi di una conoscenza critica intorno all’opera degli autori e degli interpreti presi in considerazione. Ben si può credere che, letti gli scritti di ignacio Yepes, Belén pérez castillo e leopoldo neri (elaborati sui testi delle conferenze da loro tenute nell’estate del 2013 a córdoba), il profilo artistico di Yepes, e la sua tra3
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iettoria nella musica spagnola del secolo scorso, risultino chiarissimi e solidamente appoggiati sull’evidenza dei fatti e dei documenti. al lettore italiano, non familiarizzato con le vicende della vita musicale spagnola dell’epoca di Yepes, potrà tuttavia tornare utile qualche informazione aggiuntiva, di natura essenzialmente biografica o personale, che annotiamo a margine dell’ossatura del volume, formata dai tre scritti citati. al riguardo, non troviamo parole più illuminanti di quelle pronunciate dallo stesso narciso Yepes: ne offre una doviziosa raccolta pedro antonio Martínez pinilla, medico chirurgo di Murcia, amico del musicista, che pubblicò un libro dal significativo titolo Narciso Yepes/Ritratto di un uomo onesto1. tutte le nostre citazioni delle dichiarazioni di Yepes provengono da questa fonte – il che ci esime dall’incolonnare una serie di ibidem a pie’ di pagina, e, al tempo stesso, ci induce a qualche commento, che ci auguriamo possa giovare al lettore.
La nascita e la formazione: Lorca e Valencia
narciso Yepes nacque il 14 novembre 1927 nella campagna vicina alla città di lorca, in una fattoria chiamata Los Mojinos, da genitori contadini che coltivavano una terra assolata e arida, e che abitualmente alzavano gli occhi al cielo implorando la grazia della pioggia. Questo gesto, caricato di una valenza religiosa, diverrà uno degli emblemi con i quali il chitarrista presenterà sé stesso: Sono un contadino che sa guardare il cielo e ringraziare dio per il dono ricevuto.
al figlio, che fin dall’età più tenera manifesta una sorta di vocazione per la chitarra – pur nella più completa assenza di stimoli rivelatori – il contadino agustín García Méndez, non 4
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solo non oppone resistenza (come invece, suppergiù nella stessa epoca, accadeva nel caso di un altro contadinello, alirio díaz, che trovava nel padre un fiero oppositore alla sua vocazione musicale), ma procura, in quel di lorca, maestri di solfeggio e di chitarra. Estanislao Marco (1873-1954) fu la prima figura significativa nella formazione di Yepes. Merita sottolineare il fatto che, giunto al successo, il chitarrista non trascurerà di rendere onore a quel suo maestro provinciale, incidendo in disco una sua composizione (Guajira). trasferitasi la famiglia in quel di valencia, il giovane aspirante chitarrista rivela un altro dono che gli è congeniale – oltre a quello della predestinazione alla musica: l’intuito che, nei punti cruciali della sua carriera, lo guiderà a compiere scelte decisive, affidandosi unicamente alle proprie percezioni. Egli infatti decide di affidare la sua formazione alla guida, non di un altro maestro di chitarra, ma a quella del pianista e compositore vicente asencio – non soltanto ignaro dello strumento, ma, nei confronti del medesimo e di coloro che lo suonano, schierato con ispida diffidenza. È questo un aspetto fondamentale nel profilo di Yepes: la sua personalità musicale, e la sua stessa tecnica di chitarrista, si formano sotto l’influsso di stimoli allogeni, che egli individua e sa convertire in termini chitarristici. Si tratta di una peculiarità costante nella sua carriera: i suoi studi con Enescu, Gieseking e con la Boulanger ne costituiranno la piena, e assai proficua, realizzazione. tutto ciò indica, in Yepes, aggiunto al suo talento di musicista, l’esercizio di una vigile e lucida intelligenza. anche nel pilotare la sua navicella tra i marosi della vita professionale il giovane chitarrista rivela un’abilità fuori del comune: capisce molto per tempo che, oltre all’ingegno musicale e allo studio instancabile e ben guidato, occorre saper cogliere – e, ove non esistano, crearle – le occasioni propizie e, orien5
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tato da un fiuto specialissimo, prende una decisione che si rivelerà provvidenziale. correva la Settimana Santa del 1946, e in quel di lorca (dove, nel frattempo, Yepes era ritornato con la sua famiglia da valencia), viveva Elena argenta, maritata Yagüe. Elena era la sorella di ataúlfo argenta che, a soli 33 anni, era già considerato il più grande direttore d’orchestra di Spagna, e che stava affermandosi anche all’estero come una delle bacchette più autorevoli. Yepes, diciannovenne, venne a sapere che il maestro avrebbe trascorso la pasqua a lorca, in casa della sorella e del cognato, e gli si presentò senza remore, chiedendogli un’audizione. lo racconta egli stesso: io gli chiesi semplicemente che mi ascoltasse e subito accettò. Gli suonai la Ciaccona in Re minore di Bach, ricordo come se fosse adesso. «tu che fai qui?», mi domandò appena finito, e praticamente mi obbligò ad andare a Madrid, nonostante che il municipio di lorca e la provincia di Murcia avessero rigettato la mia richiesta di ottenere una borsa di studio.
Fu quindi argenta a indurre Yepes a lasciare la terra natia e a trasferirsi a Madrid. il direttore aveva in mente un progetto per la cui attuazione le capacità del giovane chitarrista di lorca gli sarebbero tornate utilissime.
Madrid, Argenta e il Concierto de Aranjuez
la prima parte della carriera di Yepes e, soprattutto, l’inizio più fausto della sua affermazione fuori dai confini di Spagna si svolgeranno sotto l’egida della stima e della benevolenza di argenta e della chiamata con la quale questi lo eleverà al grado di interprete canonico del Concierto de Aranjuez. ci volevano la convinzione e il potere di un grande direttore e di un uomo risoluto come ataúlfo argenta per fare, del capolavoro di 6
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rodrigo, un’opera universalmente nota, e non è difficile comprendere come questa possibilità si sia profilata concretamente, agli occhi del direttore d’orchestra, quando Yepes gli si presentò a lorca suonandogli la Ciaccona. Fino ad allora, il concierto era stato appannaggio del suo committente e dedicatario, regino Sainz de la Maza, ma da lì in poi argenta non esitò a mettere da parte il maestro di Burgos e a preferigli il giovane e sconosciuto chitarrista di lorca. la liquidazione di regino Sainz de la Maza iniziò tiepidamente, ma quando argenta avvertì una resistenza ostile da parte di colui che, oltre a essere il concertista di chitarra che aveva voluto e battezzato aranjuez, era anche il critico musicale del più importante quotidiano nazionale, adoperò le maniere spicce, e, in vista dell’esecuzione che aveva programmato con Yepes in veste di solista, fu alquanto esplicito e assai poco ossequioso: in occasione dell’audizione con Yepes a Madrid nel 1947 […] il chitarrista di Burgos si mostrò reticente a cedere la partitura. Si avvicinava l’ora delle prove e le parti non arrivavano perché regino Sainz de la Maza – al quale il concerto era dedicato – non consegnava il materiale, trascorso il tempo di cortesia dell’epoca (un anno dalla prima esecuzione). argenta si stancò e minacciò: «Guarda, regino, questo concerto si suonerà con Yepes come solista, e se tu continui a rifiutare di passargli le parti, ci presenteremo in scena e diremo: Signori, il concerto non si può suonare perché regino ha tenuto per sé l’originale»2.
il Concierto de Aranjuez fu reso celebre in tutto il mondo dalla splendida incisione discografica del duo argenta-Yepes (1956), e il possente impulso alla carriera del chitarrista fu impartito dal direttore d’orchestra con il Concierto come ippogrifo. Yepes ricorda la sua prima esecuzione omettendo signorilmente di accennare alla tensione creatasi con Sainz de la Maza: 7
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alla fine di maggio del 1947 suonai per il maestro rodrigo, che immediatamente mi consegnò il suo Concierto de Aranjuez: «credo che mi darai molte soddisfazioni con quest’opera», mi disse. Effettivamente, la interpretai per la prima volta al teatro Español di Madrid, diretto da argenta, il 17 dicembre di quello stesso anno, con la orquesta de cámara di Madrid.
Parigi, la conversione
Secondo quanto raccontano gli autori di questo libro, Yepes andò a parigi per presentarvi il Concierto de Aranjuez, e forse anche per respirare un clima a lui più favorevole, considerato il fatto che regino Sainz de la Maza, nella sua veste di critico musicale, gli rendeva la vita difficile con la sua ostilità. nella capitale francese, comunque, seppe conquistarsi la stima e la benevolenza di un personaggio di notevole importanza nella vita dei cittadini spagnoli che emigravano in Francia, Salvador Bacarisse, e vi rinforzò la sua preparazione musicale avvalendosi delle lezioni di maestri come Enescu, Gieseking, nadia Boulanger. a parigi, inoltre, conobbe colei che sarebbe diventata, nel 1957, sua moglie, Marysia Szumlakowska; ma soprattutto, a parigi ebbe luogo l’evento di maggior rilievo nella sua vita spirituale: la sua fulminea conversione religiosa, meno traumatica, ma non meno avvolgente e dominatrice, di quella di San paolo. ancora una volta, sono le parole di Yepes a darci diretta testimonianza:
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io non ero praticante… e un giorno di primavera del 1951, trovandomi a parigi, mentre contemplavo il fluire della Senna, ebbi la sensazione di una chiamata interiore. da allora, mi è molto chiaro che sono una creatura di dio. tutto quello che sono nella vita, lo debbo a dio. nei miei anni giovanili non ci fu un allontanamento da dio. c’era mancanza di conoscenza. il giorno in cui lo in-
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contrai, compresi che era il mio Signore e credetti in lui. lui mi cercò e io lo conobbi. Egli si fece trovare in un momento inatteso. So l’ora, il giorno e il luogo. da allora, sono credente confesso, ammiratore di cristo e lettore della Bibbia. la mia vita di cristiano passò attraverso una lunga parentesi di vuoto, che durò un quarto di secolo. Mi battezzarono alla nascita e da allora non ricevetti una sola nozione che illustrasse e alimentasse la mia fede. Mi comunicai per la prima volta a venticinque anni. dal 1927 fino al 1951, io non praticavo, né credevo, né mi preoccupavo minimamente che esistesse o no una vita spirituale e una trascendenza e un al di là. dio non contava nella mia vita. però, dopo seppi che io avevo sempre contato per lui. Fu una conversione istantanea, repentina, inaspettata e molto semplice. Ero a parigi, vicino a un ponte della Senna, guardando l’acqua che scorreva. Era mattina, esattamente il 18 maggio. di colpo, lo ascoltai dentro di me. Forse, mi aveva chiamato in altre occasioni, però io non l’avevo sentito. Quel giorno, avevo le “porte aperte”. E dio poté entrare. non solo si fece udire, ma entrò pienamente e per sempre nella mia vita. Entrai nella chiesa più vicina, Saint Julien le pauvre, e parlai con un sacerdote per tre ore. È curioso, perché la mia mancanza di conoscenza era tale che non mi resi nemmeno conto che si trattava di una chiesa ortodossa. a partire da quel giorno, cercai istruzione religiosa cattolica. così come prima dio non contava niente nella mia vita, da quel momento non c’è più nulla, né la cosa più comune né quella più seria, in cui dio non conti… compresa la pena più profonda, come quella del sentirti chiamare dalla polizia a mezzanotte per dirti che tuo figlio è morto…però so che la vita di mio figlio era amorosamente nelle mani di dio… e adesso lo è con pienezza e felicità ancora maggiori. l’unica limitazione che l’uomo si impone è il prescindere da chi gli dà la vita e non comprendere con matura umiltà che siamo atomi di dio e che abbiamo una potenza inso-
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spettata per vibrare e trasmettere le meraviglie del mondo. auspico che possiamo essere ricordati dalle generazioni future come fedeli servitori dell’unico Signore e padrone che vale la pena di servire… io intuii che l’arte è una carezza di dio. io penso che la musica sia una costante invocazione a dio, sempre che sia buona musica.
parole come queste non richiedono commenti, e rendono perfettamente comprensibile la linea di condotta dell’uomo e dell’artista, il suo coraggio indomito, la sua forza nell’affrontare le tragedie e anche la sofferenza degli ultimi anni, segnati dall’inesorabile malattia. confermano inoltre, in un altro ordine di cose, il modo di essere e di procedere dell’uomo, che si affida a un lavoro paziente e indefettibile, ma che all’improvviso agisce per effetto di intuizioni subitanee, e a quelle si affida con assoluta fiducia in sé stesso.
La musica come dono da trasmettere
alla luce di questa conoscenza dell’uomo che vive in simbiosi con l’arte come dono di dio, risulta di estremo interesse leggere il discorso che egli pronunciò nel 1977 in occasione del suo ingresso nella academia alfonso X El Sabio. Esso contiene infatti l’essenza del pensiero del musicista, espresso in termini sapienziali, ossia come risultato di un’esperienza che aveva preteso di trasformarsi in visione del mondo. dal punto di vista filosofico, le riflessioni di Yepes possono sembrare ingenue, ma si avverte, in esse, la capacità di organizzare i frutti dell’esperienza attribuendoli a categorie come l’ordine e l’emotività, la stasi e la dinamica, la pace e l’agitazione interiore. alla ricerca di un ordine universale al quale la musica farebbe 10
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riferimento, egli riconosce in Johann Sebastian Bach il compositore in cui tutti i fenomeni musicali si conciliano in un’unità equilibrata e in una sorta di imperturbabile pace dell’anima. Se le sue argomentazioni possono sembrare filosoficamente deboli, la forza d’animo che egli vi tempra lo conduce a conclusioni rasserenanti – quelle sulle quali ha saputo fondare la sua vita esemplare di artista e di uomo: È evidente che la lotta che si s’insedia in un artista creatore, in un uomo che si rivolge verso l’interiorità, è di livello diverso di quella di un uomo medio, buono, che non ha avuto occasione di risvegliarsi in uno stato di coscienza che gli permetta di considerare le circostanze come parte del materiale che ci è affidato per scrivere la partitura umana secondo le leggi dell’armonia Universale. credo che siano pochi gli esseri umani che hanno raggiunto tale pienezza: comprendere il profondo significato delle leggi che danno all’uomo la sua identità e poter creare con l’umiltà della consapevolezza di servire la creazione intera con il dono ricevuto dal creatore.
la prova suprema sopraggiunge con la malattia che lo colpisce intorno al sessantacinquesimo anno di vita, ed egli si rivela capace di affrontarla con una rassegnazione e con un coraggio che hanno del sublime: ho trascorso quattro lunghi anni familiarizzandomi con la sofferenza, convivendo con il dolore giorno per giorno, notte dopo notte. ho imparato molto grazie al dolore. Mi ha permesso di addentrarmi in me stesso e nella vita. la sofferenza abbraccia vari tipi di dolore: il dolore puramente fisico, che annichilisce e attanaglia. Questo è terribile, perché riduce la capacità di vigilare e insinua dubbi da qualsiasi spiraglio. il dolore fisico prolungato, ineludibile, debilita la volontà di lottare e talvolta fa vacillare la speranza. allora compare un altro dolore, come tentazione mascherata di sentirsi tremendamente solo. nei momenti più dolorosi, al sentirsi sminuito, si aggiunge la coscienza di non aver forza per
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reagire alla totale indigenza, e questa è una sofferenza senza limiti. È quando può sorgere l’abbandono della volontà di dio e cambiare la prospettiva del vissuto. non muta la situazione esterna, però cambia l’atteggiamento, e l’esperienza di dio si fa intensamente viva attraverso il pianto o la fiducia. l’importante è dialogare con dio. tutto è vita, e della vita l’unico padrone è dio. allora il dolore fisico si trasforma, e si respira in un altro modo. Se per di più si gode del privilegio di essere convinto, come io lo sono, che il dolore è una chiamata d’attenzione su sé stesso e un sintomo di lotta rigeneratrice, allora assume un nuovo sapore di gratitudine e può essere offerto a tanti esseri che soffrono senza l’aiuto che io ricevo. nei momenti più forti del dolore, ho vissuto gli istanti di più intensa lucidità, ho compreso il significato dell’amore, ho imparato a valorizzare ogni gesto di tenerezza e a ringraziare per ogni istante di vita.
Sono parole intrise di santità, che concordano con la lapidaria definizione che Jean Genet – scrittore enormemente lontano dalla fede – detta in uno dei suoi lampi: «la santità consiste nel rendere utile il dolore».
Il lascito musicale
narciso Yepes ha interpretato con originalità e con autorità il primo periodo della chitarra post-segoviana: la sua discografia costituisce un’eredità imprescindibile, che riflette, in tutto il suo peso, l’influenza che egli ha esercitato sul mondo della musica. Forse, non è nel suo Bach, nel suo Sor, nel suo villa-lobos, che più efficacemente s’imprime la sostanza del suo contributo di interprete e di stimolatore, ma – quale che sia il giudizio che si può dare delle sue interpretazioni degli autori classici – la sua personalità musicale risalta, al di là di ogni dubbio, nelle registrazioni dei concerti per chitarra e orchestra 12
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di rodrigo, di ohana, di Bacarisse, di halffter. non solo Yepes non ha patito il confronto con l’orchestra, ma è proprio nel ruolo di solista e nel dialogo con i direttori che lo hanno stimato e assecondato – da argenta a Frühbeck de Burgos e ad alonso – che egli, non soltanto ha dato il meglio di sé, ma ha anche raggiunto un equilibrio assai prossimo alla perfezione. E anche chi non sia, come lui fu, toccato dalla fede, non può disconoscere il valore della sua concezione dell’arte e della musica come dono. Ed essergliene grato. Note
1. pedro antonio Martínez pinilla, Narciso Yepes/Retrato de un/hombre onesto, Guillén Mira, ceuti, Murcia, 1998. 2. leopoldo neri de caso, Regino Sainz de la Maza (1896-1981) y el renacimiento español de la guitarra en el siglo XX, tesi di laurea, Università di valladolid, 2013, p. 538.
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ETICA ED ESTETICA DI UN ARTISTA INNOVATORE di Ignacio Yepes
cari amici, queste giornate hanno per me un significato molto speciale. Sebbene io sia stato invitato come musicista per ricordare una figura eccezionale del mondo della chitarra e dell’interpretazione, non posso farlo senza che affiori il fatto che si tratta di mio padre. Malgrado ciò non mi risulti facile, oggi tenterò peraltro di mantenere una certa distanza. poiché ci resta la sessione di domani, con la nostra tavola rotonda, nella quale probabilmente ci addentreremo nella figura di narciso Yepes anche riguardo all’aspetto umano, permettetemi allora che in quella io possa manifestarmi come figlio. oggi invece procurerò di dare testimonianza del maestro Yepes da un punto di vista analitico, con una certa obiettività scientifica, conformemente al progetto di queste giornate. comprendo come possa sembrare poco obiettivo il giudicare il lavoro di una persona assai vicina, della quale uno non vorrebbe parlare perché si tratta di suo padre. per questo, per dargli un certo grado di imparzialità, ho voluto basare questo incontro con voi su due pilastri che lo sostengano: uno di essi è il riflesso di quel che hanno detto, di Yepes, altre persone – cioè, desidero nutrire i miei commenti, o gli aspetti che svilupperò su di lui, con la visione dei giornalisti e dei critici musicali di tutto il mondo; l’altro fondamento che desidero integrare in questa conversazione gravita intorno alle parole dello stesso Yepes, alle sue idee, al suo pensiero in generale. Su questi due assetti referenziali, quello che gli altri hanno detto di Yepes e quello che Yepes ha detto di sé stesso, della sua dedizione e della sua missione musicale, costruirò questa conferenza, ravvivando le mie parole in alcuni momenti con 15
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la proiezione di piccoli frammenti di video che, spero, aiutino a completare il ritratto del grande musicista che oggi ci occupa.
debbo incominciare confessando che il titolo della conferenza non è mio, ma che è stato suggerito da Eugenio tobalina, coordinatore di queste giornate: mi è parso veramente appropriato. Etica ed estetica di un artista innovatore riassume, credo, tutto ciò che avvolge la figura e l’opera di Yepes: in primo luogo, descrive la parte umanistica della sua personalità e del suo modo di avvicinarsi all’arte, però, soprattutto, non si riferisce soltanto a un chitarrista innovatore, e nemmeno a un musicista innovatore, ma a un artista innovatore. Questa terza dimensione è sempre presente nel suo modo di interpretare, di entrare nella musica, di approssimarsi alla partitura. per sottolineare questo attributo propongo, come punto di partenza, un paragrafo scritto da Enrique Franco il giorno successivo alla morte di Yepes: 16
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Indice
Introduzione all’edizione italiana di angelo Gilardino la nascita e la formazione: lorca e valencia Madrid, argenta e il Concierto de Aranjuez parigi, la conversione la musica come dono da trasmettere il lascito musicale
Etica ed estetica di un artista innovatore di ignacio Yepes
Narciso Yepes e i compositori del suo tempo di Belén pérez castillo narciso Yepes e il gruppo di compositori levantini narciso Yepes a parigi la ricerca di un nuovo repertorio Misticismo, orientalismo e rilassamento dell’avanguardia narciso Yepes, catalizzatore ed espressione della musica del suo tempo
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Appunti sul rapporto tra Narciso Yepes ed Ernesto 119 Halffter: il Concierto para guitarra y orquesta (1969) di leopoldo neri de caso Ernesto halffter e la chitarra 121 Gli incontri di Yepes e halffter negli anni Sessanta 123 il Concierto para guitarra y orquesta (1969) 127 Brevi considerazioni sulla revisione della parte di chitarra 134 prima esecuzione, edizione e registrazione del Concierto 138 conclusioni 143
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