IL CANTO: appunti di viaggio (anteprima)

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Grazie a Carla De Alberti per la preziosa collaborazione Grafica musicale e impaginazione: Carla De Alberti; Paolo Mellini e Claudio Meroni - www.k361.com Artwork di copertina: Flaminia Chiodo Grandi Foto di copertina: © pio3/Shutterstock.com Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2016 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC 11960 / ISMN: 9790215908741 www.edizionicurci.it Prima stampa in Italia nel 2016 da INGRAF Industria Grafica S.r.l., Via Monte San Genesio, 7 – Milano © 2016 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.


PREFAZIONE Cantanti e musicisti: due categorie affini, ma anche opposte. Meccanicamente, psicologicamente, culturalmente. Questo perché opposti sono i punti di partenza del loro percorso: il cantante prima canta – lo strumento gli è stato dato in dotazione – e poi studia; lo strumentista (escludendo chi ha un talento istintivo) prima studia lo strumento e poi suona. Infatti il vocalist, a differenza del musicista, può essere in grado di eseguire melodie difficilissime e nello stesso tempo non capire nulla dell’armonia sulla quale sta cantando. L’incontro tra diversità genera, in musica come nella vita, bellezza e arricchimento, ma anche difficoltà e smarrimento; lo studente di canto resta sovente indietro, e materie come ear training e armonia lo mettono spesso in difficoltà. Grazie al mio doppio ruolo – cantante e pianista – conosco le esigenze sia dei vocalist che degli strumentisti, e i loro punti di non incontro: ho quindi voluto creare e raccogliere, secondo il principio dell’ear-voice training (vedi “Istruzioni per l’uso”) una serie di esercizi che tengono conto delle particolari esigenze della voce, mirati a sviluppare non solo la conoscenza della propria estensione e tessitura vocale, ma anche – e soprattutto – la musicalità e l’interplay, importantissimi nel jazz. Inoltre, poiché è un dato di fatto che, nella stragrande maggioranza dei casi, il canto jazz continui a essere una scelta tipicamente femminile, ho scelto di muovermi lungo un’estensione vocale media di contralto e mezzosoprano; naturalmente, gli studi possono essere trasposti in qualsiasi tonalità. Questo volume è dunque una preparazione all’arte dell’improvvisazione, concetto sul quale vorrei spendere due parole; lo farò attraverso una metafora, che mi pare rispecchi molto bene il senso di questo lavoro. Immaginiamoci di dover attraversare un torrente in piena: la corrente è forte, e l’unica nostra possibilità è saltare da un sasso all’altro. Quindi, dobbiamo stare bene attenti a scegliere il percorso giusto, i sassi stabili, quelli che ci possano sostenere; non solo, ma dobbiamo farlo anche molto rapidamente, o la corrente ci travolgerà. Ecco, quando si improvvisa succede la stessa cosa. Inventare un percorso melodico, o reinventare la melodia di un brano, è come andare da una sponda all’altra del torrente: le note sono i sassi, e l’armonia è l’acqua, che scorre intorno a noi senza tregua, modificando in continuazione il nostro percorso, senza concederci indecisioni circa quale sasso scegliere, quale ci terrà in piedi o quale ci farà cadere in balia della corrente. Questi esercizi sono costruiti sulle strutture più comunemente in uso nel jazz: II-V-I, turnaround, rhythm changes, blues; il ciclo delle quinte (come già sapete se avete letto il mio libro Il canto: appunti di viaggio), letto al contrario sensibilizza l’orecchio alla relazione armonica dominante-tonica. Concepiti per indicarvi i percorsi sicuri – i “sassi stabili” – i fraseggi scelti vi guidano partendo da linee melodiche basilari, secondo i concetti di ripetizione e consequenzialità; per questo, non sempre hanno pretese estetiche: la bellezza nasce – oltre che dal talento – dall’esperienza e dalla conoscenza. Tanto per chiarire: non puoi pretendere di balzare da un sasso all’altro agile ed elegante come una gazzella, se prima non sai dove mettere i piedi; non puoi lanciarti in percorsi melodici geniali o in fraseggi bop, se prima non impari a conoscere quelli elementari. Può darsi che tu sia in grado di eseguire un assolo scat di Sarah Vaughan o di Ella Fitzgerald, ma finché non riuscirai a muoverti autonomamente sull’armonia, sarà sempre e solo un – seppur utile – esercizio di tecnica. Non dobbiamo dimenticarci che estemporaneità, creatività e interplay sono l’anima del jazz, assai più che un compito ben eseguito ma studiato a tavolino. Ok, ora togliti le scarpe e comincia ad attraversare il torrente. E se cadi nell’acqua, non ti preoccupare: sbagliando si impara… Buon divertimento!

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ISTRUZIONI PER L’USO Accordi di accompagnamento Non preoccupatevi se non sapete suonare le seste, settime o altro: gli esercizi funzionano anche solo con la fondamentale.

Respiri Volutamente non vi ho dato indicazioni: decidete voi dove respirare, rubando il necessario al valore della nota.

Consequenzialità È il principio secondo il quale si sviluppa gran parte delle melodie degli standard (e non solo): l’idea melodica, supponiamo, delle prime due/quattro misure di un tema, viene ripresa e sviluppata nelle due/quattro misure seguenti. Pensate, per esempio, a Lullaby of Birdland, The Man I Love, But Not for Me. Questo principio, fondamentale per entrare nella logica armonica, è una delle chiavi di lettura di questo volume.

Scat Materia complessa, che necessita di molto ascolto, e pratica. Ma vi rassicuro: non è importante sciorinare da subito uno scat degno di Betty Carter, anzi: se prima non acquisite i fonemi base, quelli elaborati suoneranno fasulli, freddi e puramente tecnici. Limitatevi a un uso semplice, ma stilisticamente coerente (Chet Baker insegna…), e fate riferimento ai suoni della lingua inglese, come spiegato più approfonditamente ne Il canto: appunti di viaggio. Create sonorità come “bv, pb, fv, tc, dr, sh, bl, gh” e, riguardo alle vocali, usatene sempre almeno due, facendo attenzione a non fossilizzarvi sulla “a”, la più frequente: cercate semmai di alternare il suono aperto della “a” a quello più chiuso delle altre vocali, e inserite suoni muti, come “m” e “n”. Un’ultima cosa: sulle note di appoggio, in particolare nei finali, meglio tenere un suono aperto, risulterà più naturale. E ricordatevi sempre che un attacco glottale ritmicizza le vocali: usatelo spesso e volentieri!

Ear-voice training È un termine che ho inventato io, e che è alla base del mio metodo di insegnamento. Chi ha già letto il mio libro Il canto: appunti di viaggio, sa cosa intendo; per tutti gli altri (… correte subito a comprarlo!) e in sintesi: significa pensare “da musicista”, come se il cantante suonasse la propria voce, attivando razionalità e intelligenza musicale. Tale deve essere, in fase di studio, lo stato mentale, il modus operandi, fin dal momento in cui iniziate a scaldarvi la voce. Mettete da parte l’abitudine, insita in ogni cantante, di affidarvi all’istinto – alla pancia – e recuperatela poi in un’altra fase del lavoro, per liberare le emozioni e dare spessore alla vostra interpretazione. Estensione Le tonalità sono pensate per un’estensione media femminile di contralto e mezzosoprano, ma naturalmente ogni esercizio può esser trasportato in qualsiasi tono; in molti casi, per le voci maschili sarà sufficiente cantare un’ottava sotto. Per tutti: a proposito di ottave, talvolta potreste avere difficoltà di estensione, sui bassi o sugli acuti; tenete conto che, quasi sempre, potete personalizzare la linea melodica, scegliendo l’ottava che vi è più comoda. Sempre, però, cercando di mantenere una certa coerenza melodica. Estetica Come anticipato, gli esercizi non sempre hanno una valenza estetica, perché indicano linee melodiche semplici e molto consequenziali. Sorge spontanea una domanda: che cosa, oltre alla scelta delle note giuste, rende interessante una frase? Risposta: abbellimenti, agilità, ritmicità. Gli abbellimenti – acciaccatura, portamento, bend, fall, gruppetti – sono indispensabili, per dare colore, respiro e ricchezza alla linea melodica, e per eseguirli abbiamo bisogno dell’agilità. La ritmicità, infine, è fondamentale nel canto jazz: fraseggi spezzati, sincopi, alternanza di battere e levare, abbellimenti ritmici... Insomma, in una piccola linea melodica può esserci un mondo. Ma lo scopo di questo volume è costruire un percorso base, e mentre siete impegnati a capire dove mettere i piedi, non potete occuparvi anche del ritmo, degli abbellimenti, e dell’agilità. Non ora. Mai mettere troppa carne al fuoco: per esperienza, meglio fare una cosa alla volta. Interplay Quasi tutti gli esercizi si prestano a esser eseguiti anche a due voci, secondo la modalità del call and response (“botta e risposta”). Potete lavorare su quattro battute a testa, due, o anche una sola: sarà divertente, stimolante, e migliorerà la vostra ritmicità e l’interplay. Percorso di studio Consiglio di procedere affrontando gli argomenti nell’ordine proposto; ciò non toglie che ciascun capitolo vive di vita propria, e come tale può essere affrontato anche singolarmente.

Slang Una specie di licenza poetica. Per facilitare la lettura, non sempre ho rispettato rigorosamente il sistema di scrittura classico: dovendo scegliere se chiamare una nota Mi diesis o Fa, per esempio, ho optato per il Fa; tra Do bemolle e Si, ho scelto il Si… e via dicendo. È più pratico e aiuta chi non è proprio un drago nella lettura. Strutture Le strutture e le tensioni armoniche sono quelle ricorrenti nel lessico jazz e negli standard: allenarsi su di esse e assimilarle vi aiuterà a muovervi con più libertà e a trovare variazioni melodiche e linee improvvisative coerenti. Tecnica Come già detto, musicisti e cantanti hanno spesso esigenze e difficoltà differenti: per esempio, intonare con rapidità e precisione intervalli di ottava e di quinta è piuttosto semplice per uno strumentista, ma non altrettanto per un vocalist. Ed è qui che l’ear training diventa ear-voice training: allenamento dell’orecchio, ma anche tecnica strumentale. Terze maggiori Ricordatevi sempre che, se volete dare alla melodia un’impronta bluesy, dovete – per l’appunto – “bluesare”. Nello specifico, si tratta di eseguire un’acciaccatura sulla terza minore, per poi appoggiarsi su quella maggiore. Tempi In assenza di altre indicazioni, lavorate sulla pulsione ritmica swing. Ma è molto interessante, in una rilettura, cambiare il ritmo degli studi ed eseguire lo stesso esercizio in swing, latin e funky; oppure trasformare un 4/4 in un 3/4, e viceversa, o ancora – utilissimo! – passare dal fraseggio swing a quello straight, e viceversa. Velocità Assolutamente a vostra discrezione. Dipende dalle vostre capacità; in ogni caso, meglio non partire mai in quarta. Tra l’altro, non dimenticatevi che esistono anche le ballad, e che gli esercizi eseguiti a velocità diverse danno opportunità di studio diverse.

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INDICE

Prefazione ��������������������������������������������������������� 3 Istruzioni per l’uso ��������������������������������������������������� 4 Accordi ����������������������������������������������������������� 5 Intervalli e semitoni ��������������������������������������������������� 6 Modi della scala maggiore ���������������������������������������������� 10 II V I ������������������������������������������������������������ 13 II V I Minore ������������������������������������������������������ 15 Turnaround ������������������������������������������������������� 17 Turnaround minore �������������������������������������������������� 21 Ciclo ������������������������������������������������������������ 24 Coda finale �������������������������������������������������������� 29 Rhythm changes ���������������������������������������������������� 30 Blues ������������������������������������������������������������ 32 Blues minore ������������������������������������������������������� 37 Strutture brani ����������������������������������������������������� 39

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