Asino vola. Maurizio e il tamburo magico (anteprima)

Page 1


Artwork di copertina: studioscuola Illustrazioni: Michele Bernardi Editor: Pino Pignatta Redazione: Samuele Pellizzari

di Gabriele Clima

Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2017 by Edizioni Curci S.r.l. Tutti i diritti sono riservati EC 11972 / ISBN: 9788863952384 www.edizionicurci.it www.asinovola.it Prima stampa in Italia nel 2017 da INGRAF Industria Grafica S.r.l., Via Monte San Genesio, 7 – Milano


Questo libro è di: _______________

© 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


Š 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


c

’era una volta un paesino chiamato Archi in cui viveva un bambino di nome Maurizio. La famiglia

abitava alla fine del villaggio, su un terreno recintato da brande, finestre e serrande, ricoperte di tralicci di vite carichi di grappoli. Da un lato c’era la casa, con le stanze in fila una dietro l’altra, e il pavimento in cemento; dall’altra, il giardino con alberi da frutto e ortaggi. Proprio accanto al terreno c’era il letto asciutto di un fiumiciattolo che scendeva dal monte sino al mare: la fiumara di Scaccioti. Maurizio era l’ultimo di una famiglia numerosa: nonna, papà, mamma, zio, fratelli e sorelle. Il più grande 5 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


aveva venticinque anni, lui appena sette. Era piccolino, gracile ma agilissimo, soprattutto quando doveva sfuggire alla mamma per correre a giocare alla fiumara, dove ogni volta ne capitavano delle belle. La mamma diceva sempre: «Il più piccolo… e il più terribile». Quello che più divertiva Maurizio era rovistare tra l’immondizia, alla ricerca di cianfrusaglie da recuperare, e a quel tempo, vi assicuro, la gente buttava cose di valore con gran facilità e la fiumara, in alcuni tratti, era una discarica. Maurizio passava moltissimo tempo con Mosè, l’asino dei vicini, Mimì e Cecè, due fratelli che vivevano nel terreno accanto, sempre lì a Scaccioti. Erano abili maniscalchi, costruttori e, come tutti gli zingari, collezionisti di ferro e cercatori di rame. Per essere un asino Mosè era abbastanza indipendente, capitava spesso d’incontrarlo a zonzo per la fiumara, in cerca dei germogli più teneri. Quand’era sazio si metteva a leggere: ebbene sì, Mosè amava i libri, la più grande invenzione dell’uomo. Se ne trovavano 6 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


tanti alla discarica e i suoi preferiti erano i dizionari e le enciclopedie, meglio se illustrate. Spesso era Maurizio a voltargli le pagine e così imparava qualcosa pure lui. Andavano a spasso insieme risalendo la fiumara e a volte lasciavano la stradina sterrata, che corre parallela al corso d’acqua, per esplorare il letto asciutto tra le canne, le tamarici e i cespugli di ginestra. Un giorno Maurizio spingeva una carriola giocattolo carica di cianfrusaglie, camminando in precario equilibrio sulla stretta estremità del muro di cinta della fiumara. Finì per cadere e tutta la roba gli franò addosso. Era pronto a rialzarsi, ma un dolore gli trafisse il braccio. Non se la sentiva di camminare e si sedette. «Te l’avevo detto che da lì si cade», gli disse Mosè avvicinando il muso a un palmo dal suo naso. «Sì, lo so che me l’avevi detto. Mannaia pure mannaia! Mi fa male!» 7 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


«Te lo sarai rotto». Maurizio cominciò a piangere e Mosè, accortosi d’essere stato brusco, si chinò sulle zampe posteriori e si accucciò a terra, come un cammello quando vuole riposare. «Sali, va!». «Veramente! Mi fai salire?!». «Solo per questa volta». Ma con un braccio fuori uso, Maurizio faticava a montare sulla groppa di Mosè. «Vai piano. Non è che adesso ti metti a correre... Non mi posso tenere! Mi fa male». «Monta, non ti preoccupare. T’insegno io. Devi assecondare il mio movimento, non rimanere rigido». Fu così che Maurizio tornò a casa, dove lo aspettavano le sgridate della mamma e qualche scappellotto. Col braccio ingessato rimase fuori dalla circolazione per un po’. Mosè lo vedeva di sfuggita e aspettava con ansia la sua guarigione. Era in pena per lui, sapeva che il suo giovane amico era malvisto in paese 8 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


per quella strana passione di rovistare tra i rifiuti come gli zingari, e temeva per Maurizio un destino di solitudine: deriso, sbeffeggiato alle spalle con il nomignolo di “munnizzaro”, quello che va a caccia di rifiuti. Mosè capiva che bisognava fare qualcosa, ma non sapeva cosa. Un giorno, però, le circostanze gli vennero in aiuto. Sentì che un contadino diceva a Mimì che al CEP, quartiere di case popolari di Archi, cercavano figlioli per insegnar loro la musica. Il contadino gliene parlava pensando ai figli di Mimì, ma la cosa arrivò alle orecchie di Mosè, che pensò subito di dirlo a Maurizio, il quale adorava le nuove avventure. La scuola di musica della «Banda Città di Archi» era rimasta chiusa per sei anni, da quando un grave incidente aveva portato via il figlio di don Lauro Polimeni, maestro e fondatore della banda. Tra i suoi figli Peppe era il preferito e andandosene in quel modo, 9 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


senza neppure dirgli addio, aveva lasciato un vuoto incolmabile nella sua vita. Da quel momento Don Lauro non se l’era più sentita d’insegnare la musica ai ragazzi. In questo vuoto era arrivato Angelo, giovane musicista della banda, che di Peppe era stato amico. Aveva capito che il gruppo aveva bisogno d’una ventata di allegria e pensò di ringiovanirla con l’innesto di nuove leve. S’improvvisò così maestro di musica, lui che da poco si era diplomato al conservatorio con l’eufonio, detto anche bombardino... Spargendo la voce qua e là, Angelo riuscì a mettere insieme sei allievi e tra loro, grazie alla dritta di Mosè, alla prima lezione di musica si presentò anche Maurizio. Il maestro aveva dato a tutti i bambini un foglio con alcune nozioni elementari che dovevano imparare a memoria, ma quando arrivò il turno di Maurizio ci fu scena muta. Non che non sapesse la risposta, anzi, aveva imparato tutto come gli altri. Sapeva, ad esempio, che «la musica è l’arte dei suoni» e che «le note sono sette, DO RE MI FA SOL LA SI», e che si scrivono sul pentagramma 10 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


in modo da indicare insieme l’altezza e la durata del suono. Ma non sentiva sue quelle parole, gli erano estranee. Neppure capiva bene perché la musica, da semplice come l’aveva immaginata, s’era fatta così complicata. Di strumenti neanche l’ombra: solo toni, semitoni, scale, chiavi, troppe cose da imparare e la memoria non era il suo forte. Il maestro Angelo, però, aveva in serbo una sorpresa. A mano a mano che si avvicinava la fine di quella prima lezione, cominciarono a entrare nell’aula gli individui più disparati. Erano i musicanti della banda, ognuno con il proprio strumento: chi lo teneva nella custodia, chi l’aveva stretto tra le mani, pronto all’uso. Erano giovani, anziani, grassi, magri. Insomma, una quantità di gente che Maurizio non aveva mai visto tutta insieme in una stanza, e si stavano riunendo per le prove generali del venerdì. Quando tutti furono pronti, ognuno alla propria sedia e con il leggìo davanti, entrò don Lauro. Camminava accompagnandosi con il bastone da passeggio, un sigaro spento in bocca e un paio di occhiali che dovevano aver fatto la guerra: la lente sinistra era rotta 11 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


e uno scotch ormai ingiallito teneva insieme i frammenti. Il maestro diede l’attacco con la bacchetta nella mano destra e la banda partì con la marcia militare numero 8, in memoria di Peppe, che ne era l’autore. In un attimo la sala si riempì di musica e il caos di pochi attimi prima si trasformò in armonia. Ai musicisti mancava solo la divisa. Maurizio guardava da vicino il flicorno di Ciccio Aquilone, soprannominato «u Qua Qua», perché a detta di tutti faceva solo due note. Era lo strumento che Angelo gli aveva assegnato, quello che un giorno avrebbe dovuto comprare. A guardarlo bene il flicorno di Ciccio era impresentabile: aveva il bocchino ammaccato, al punto che chi lo suonava doveva curvarsi in avanti. In più era quasi completamente verde da quanto era ossidato. Eppure la cosa che lo colpiva di più non era il suo aspetto, perché vedeva ogni giorno oggetti rotti o consumati: no, ciò che lo stupiva davvero era che con solo tre tasti si potevano fare sette note. 12 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


Quando la musica finì, don Lauro rimase impietrito davanti allo spartito del figlio e restò così per lunghi attimi. I musicisti si guardarono, tirando su le spalle con un sorriso amaro. Gli occhiali del vecchio maestro nascondevano a stento le lacrime. Passò la bacchetta ad Angelo e uscì dalla sala mogio mogio, senza dire una parola. Dei ragazzi solo Rosamaria s’era accorta della tristezza di don Lauro: era la più sensibile e matura tra i nuovi allievi. Ne chiese la ragione a sua cugina Irene, più grande di qualche anno. «Perché questa era la marcia di Peppe, suo figlio. Era forse da tanto tempo che non la dirigeva. Sai che suo figlio è morto, qualche anno fa». «Sì, lo so». Sapeva tante cose Rosamaria, infatti tra gli allievi era la più brava e determinata a debuttare nella banda l’estate seguente. Nell’improvvisarsi maestro Angelo aveva messo da parte tutta l’esperienza di conservatorio e aveva 13 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


deciso di insegnare la musica ai ragazzi come l’aveva appresa da don Lauro. «Per prima cosa, la prossima volta venite con il libro di solfeggio, studiate le prime tre pagine, che vi interrogo. Avete visto quanto è difficile suonare insieme? Se uno sbaglia ingarbuglia tutti gli altri. Bisogna imparare a leggere la musica, non basta prendere in mano uno strumento per suonare». Il giorno dopo, di ritorno da scuola, Maurizio andò alla ricerca della mamma, che era nel pollaio. «Mi devo comprare il libro, hai cinquemila lire?». «Sempre soldi cerchi? Non ne ho». «Lo sapevo». «Cammina cammina, che ho da fare, muoviti. Vai e piglia un martello, piuttosto, e attacca due chiodi». «Vabbè va, sì, sì». Maurizio tornò e cominciò a martellare dove diceva la mamma, che essendo leggermente strabica non era fatta per i lavori di precisione. Spinto il chiodo a fondo, Maurizio ripartì alla carica: «Guarda che domani mi devo comprare il libro». 14 © 2017 Edizioni Curci S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


Vuoi saperne di più? CLICCA QUI


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.