Testi: Vanni Masala Illustrazioni: Marilena Pasini Proprietà per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC12190 / ISBN: 9788863953183 www.edizionicurci.it Prima stampa in Italia nel 2019 da Ciscra S.p.a., Via San Michele 36 – Villanova del Ghebbo (RO)
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«Non voglio morire su un palcoscenico»
Ho conosciuto Michel Petrucciani nel 1994, a Bologna, per un’intervista. Lo avevo già ascoltato in concerto diverse volte, a partire dalla metà degli anni ’80. Era mio coetaneo. Ne avevo scritto, recensito alcuni suoi concerti ma non sapevo cosa aspettarmi da un incontro fissato dopo un’esibizione. Feci fatica a superare la sua corazza di risate scoppiettanti e battute, gesti e divagazioni. Volevo parlare della sua vita, della sua malattia. Non fu facile. Dovetti ripetere più volte le stesse domande. Alla fine accettò, si fece serio e disponibile, sincero. Sudatissimo, fumava in continuazione sigarette che spegneva in un bicchiere di plastica colmo d’acqua. Per “uno stupido incidente” aveva una frattura all’anca che gli provocava dolore. Chiesi per quanto tempo ancora avesse intenzione di continuare con la vita del musicista giramondo: «Non voglio morire su un palcoscenico», rispose. Mi chiese di spedirgli l’intervista in Francia. Lo vidi l’ultima volta a fine settembre del 1997, quando suonò sullo stesso palco di Bob Dylan, davanti a Karol Wojtyla, inchinandosi cavallerescamente in quello che a me è rimasto in mente come il suo saluto (finale) a una vita che si sarebbe conclusa poco più di un anno dopo. Chiunque abbia avuto a che fare con Michel Petrucciani, anche marginalmente come me, non può averlo dimenticato. È per questo che quando Marilena Pasini mi ha chiesto di costruire insieme un libro illustrato a lui dedicato, ho accettato senza pensarci due volte. Per la gioia personale di ripercorrere la sua vicenda, per la sfida di trasmettere la storia di un’esistenza straordinaria, per un omaggio a chi con la sua musica rende più bella la vita di tante persone. Ho riascoltato ogni sua registrazione, visto ogni filmato o video, letto ogni pubblicazione, ritrovato interviste e recensioni. Non esiste, ancora, una vasta letteratura a lui dedicata. Sono per me stati preziosi in particolare il film Body and Soul di Michael Radford, accompagnato da un volumetto ( Tutto l’amore che ho ) curato da Alessandro Bignami per Feltrinelli e il bellissimo libro Michel Petrucciani di Benjamin Halay (Editions Carpentier), pubblicazione completa, definitiva, ricca di aneddoti e testimonianze dirette, imprescindibile per chi voglia conoscere vita e arte di Petruche. Spero che ugualmente il nostro lavoro possa dare un contributo per suscitare interesse e amore verso una persona che di amore, seppure in una vita così veloce, ha saputo diffonderne tanto. Un particolare ringraziamento va a Alexandre Petrucciani, che ha voluto contribuire a questo volume con un ricordo personale e toccante, originale del suo papà: «Vent’anni dopo la sua morte, io penso che le persone ricordino mio padre come un grande uomo, non solo come un grande musicista». È proprio così, Alexandre.
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«Così ricordo Michel, umano e sovrumano»
Un libro illustrato su Michel Petrucciani? All’inizio ero perplesso ma poi ho riflettuto e ho pensato che fosse giusto nonché necessario. Perché Michel non è stato solo il grande pianista che tutti conosciamo ma un uomo, come pochi, che ha accompagnato perfettamente la sua Arte con la sua vita. Vita non facile ma, proprio per questo, vissuta con il trasporto e la passione di chi sa che è breve e che va addentata bramosamente come fosse una lucida mela. Perché se la sua difficoltà fisica l’ha spronato a dare il massimo nella musica facendone uno dei musicisti più dotati, originali e creativi degli ultimi decenni, è nel quotidiano che ha dovuto affrontare il conflitto con sé stesso e con il proprio corpo. Sapevo di Michel dai dischi ma soprattutto dai racconti di chi ha condiviso il palco con lui e gli è stato amico. Aldo Romano in primis e poi J. F. Jenny-Clark, Furio di Castri, Manhu Roche, Geneviève Peyregne e tutta la famiglia Marcotulli nella cui casa Petruche si rifugiava di tanto in tanto e dove conobbe la moglie e pianista Gilda Buttà. Oltre a loro il produttore discografico Jean-Jeacques Pussiau che lo aveva scoperto… Ed è stato proprio la mattina del 7 gennaio 1999, mentre con Jean-Jeacques stavamo entrando in studio di registrazione per il mio Metamorfosi, che abbiamo appreso della prematura morte di Michel avvenuta durante la notte in quell’altra mela da addentare che è New York. Quella notte Pussiau perdeva un amico carissimo e noi tutti un genio creativo e sregolato, capace nel medesimo tempo di egoismi smisurati e altrettanti e improvvisi slanci di umanità oltre che di pure follie; quelle di colui che vuole vivere ma sa dentro di sé di avere un altro destino. Per questo qualsiasi documento capace di aggiungere un pezzo del racconto di Michel è utile e prezioso. Perché contribuisce a colmare, seppure in parte, un vuoto dovuto allo straripare del troppo pieno. Una mancanza dunque incapace di definire un uomo che ha fatto del suo problema fisico lo strumento della conquista di sé stesso, della musica e della vita. Ci avevo suonato assieme, unica volta della mia vita, pochi mesi prima della sua scomparsa a Catania… Mi esibivo nella stessa serata con l’Angel Quartet e Michel mi invitò a improvvisare su Well You Needn’t di Thelonious Monk. Credo che qualcuno abbia quella registrazione. Petrucciani non era uno. Era vasto come le sue mani sproporzionate in un corpo esile e fragile e capaci di percuotere i tasti del pianoforte e misurare ottave e decime con uno swing sovrumano. Ecco, Michel era sovrumano. E tutto ciò che è fuori dall’umano non solo è difficile da raccontare ma va costruito di giorno in giorno, di nota in nota, parola dopo parola e segno dopo segno. Perché il messaggio per le nuove generazioni è la metafora della costruzione, della lotta quotidiana e della bellezza incompiuta che, giorno dopo giorno, sfugge. Come la vita di Petruche, intento a correre cineticamente più veloce di sé stesso.
Paolo Fresu
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Fatiche, eccessi, interminabili session al pianoforte. Michel Petrucciani, ha un’energia vitale che si nutre delle proprie esuberanze. Musica ma anche cibo, alcool, droghe, amori e amicizie hanno forgiato una personalità frizzante come una bottiglia di champagne. Michel è spietato verso il proprio corpo, quasi sentisse una fine non lontana e volesse bruciare ogni tappa, provare ogni esperienza.
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Ho avuto tante belle cose dalla vita. Sì, sapevo che non sarei diventato un centenario, però andarsene così... non l'avrei mai detto!
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New York City, fine 1998. Cala l’ultimo sipario su Michel Petrucciani.
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Ăˆ un inverno gelido a New York, la temperatura scende sotto zero.
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Sono le vacanze di Natale.
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La famiglia di Michel è riunita.
Ti stiamo preparando una cena meravigliosa, vedrai, Michel.
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Ho voglia di uscire, vado a fare due passi.
Michel non sta bene ma vuole prendere un po’ d’aria, nonostante la neve e il freddo.
...MA COSA VOLETE CHE SUCCEDA? HO SOLTANTO UN RAFFREDDORE. Mary-Laure, sua ex e madre del figlio con Isabelle, attuale compagna, lo sconsigliano… inutilmente.
è una pazzia Michel, non è il caso di uscire.
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Michel cammina nella cittĂ innevata.
Mi piace la cittĂ di sera mi piace la gente mi piacciono le luci
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Non mi sento per niente bene. Ho sempre odiato il Natale, Spesso mi capitava di essere ricoverato
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Le conseguenze non si fanno attendere.
Il 2 gennaio 1999 viene ricoverato in ospedale.
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I polmoni sono seriamente colpiti.
Forza Michel, puoi farcela anche questa volta!
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Michel ha con sÊ un libro che gli è stato regalato a Natale, Milagros: a Book of Miracles di Helen Thompson.
I milagros sono piccoli talismani che possono essere tenuti nel palmo della mano, di antica origine latino-americana. Servono per preservare dalle malattie e dal dolore fisico. Š 2019 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.
Michel Petrucciani muore il 6 gennaio 1999 alle 4 e 28 del mattino nella stanza numero 9 del Beth Israel Medical Center, a Manhattan.
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