Igor' Fëdorovic Stravinskij (anteprima)

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RITRATTI 4 STRAVINSKIJ

Realizzazione: Out of Nowhere S.r.l.

Concept: Marco Pennisi e Giorgio Rivieccio

Progetto grafico e impaginazione: Marco Pennisi & C. S.r.l.

Introduzione e playlist Spotify: Angelo Foletto

La vita: Gabriele Dadati

L’opera e Discografia: Giada Viviani

Coordinamento editoriale, box, Esplorazioni: Giorgio Rivieccio

© 2020 GEDI Gruppo Editoriale S.p.A. Via C. Colombo 90 – 00147 Roma

© 2022 per Edizioni Curci S.r.l., Galleria del Corso 4 – 20122 Milano e Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Fondazione, Via Vittoria 6 – 00185 Roma

pubblicato su licenza di Out of Nowhere S.r.l.

EC 12354 / ISBN: 9788863954074

Stampa in Italia nel 2023 da Ciscra S.p.a., Via San Michele 36 – Villanova del Ghebbo (RO)

PRESENTAZIONE DELLA COLLANA di Michele dall’Ongaro

Presidente-Sovrintendente

dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Fino a non molto tempo fa nel nostro Paese era normale che persone di cultura, anche media, intrecciassero nelle loro conversazioni su cinema, arte o letteratura argomenti relativi alla musica cosiddetta classica intesa come parte integrante del comune sentire, della collettività. Ne troviamo plastico riscontro sbirciando i palinsesti della televisione “monocanale” italiana degli anni Sessanta con una settimana dove tra il cinema (d’autore), la trasmissione scientifica, quella letteraria, l’opera, il concerto e il teatro non mancava nulla nel bouquet formativo dei baby boomers. Poi le cose sono cambiate un po’ ovunque e abbiamo assistito a una progressiva deriva dei continenti del pensiero, una smagliatura nell’ordito dei saperi. A farne le spese maggiormente è stata forse la musica, custodita in un atollo lontano dal tessuto più vivo della società. Non a caso Harold

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Bloom ne La chiusura della mente americana (1987) poteva scrivere: «Tra i giovani la musica classica è morta. Questa affermazione sarà energicamente contestata, lo so, dai molti che, non volendo ammettere i cambiamenti di corrente, possono segnalare la proliferazione nei campus di corsi di preparazione e pratica della musica e di gruppi di esecutori di tutti i tipi. La loro presenza è innegabile ma coinvolgono non più del 5-10 per cento della popolazione studentesca. Oggi la musica classica è un’inclinazione speciale come il greco e l’archeologia precolombiana, non una cultura comune di comunicazione reciproca e stenografia psicologica».

Questa collana editoriale, però, testimonia un forte cambiamento che emerge anche da altri segnali: dall’incremento della presenza di musicisti italiani nel mercato internazionale al diffondersi di scuole e accademie pubbliche e private, dal proliferare di formazioni amatoriali alla presenza costante della musica classica in trasmissioni e serie televisive (si veda il successo di una serie come Mozart in the Jungle, gettonatissima tra i millennials), dal lusinghiero incremento di pubblico (secondo l’Istat) nelle sale da concerto fino alla maggiore consapevolezza del potere inclusivo e socialmente essenziale della pratica musicale, nato (anche) sulla scia delle esperienze maturate all’interno del Sistema Abreu che ha consentito, prima in Venezuela e poi in moltissimi altri Paesi, di recuperare migliaia di bambini e giovani provenienti dai quartieri più disagiati o di portare la musica in luoghi particolari come gli ospedali o gli istituti penitenziari. In questo quadro, l’Accade-

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mia Nazionale di Santa Cecilia, forse la più antica del mondo occidentale, fa la sua parte con la sua orchestra, il suo coro, il suo direttore musicale M° Antonio Pappano, con i suoi complessi infantili e giovanili, con i corsi di alto perfezionamento e l’attività scientifica e editoriale. Questa serie di pubblicazioni, alle quali siamo orgogliosi di aver dato un contributo essenziale, rientra in un progetto di sviluppo del dialogo tra musica e società. Agili ma aggiornatissime monografie dedicate agli autori più rappresentativi e affidate alla scrittura fresca di giovani studiose e studiosi che, oltre ad analizzare la vita e l’opera dei grandi compositori, ne contestualizzano l’esperienza nel quadro culturale e sociale del loro tempo. Licenziando quindi questa piccola ma preziosa avventura editoriale, colgo l’occasione per ringraziare a nome dell’Accademia tutti coloro che hanno reso possibile la sua realizzazione. Buona lettura e buona musica a tutti.

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IL FASCINO DELLA MODERNITÀ

di Angelo Foletto

Èospite per sempre a Venezia, luogo che evoca la storia sotterranea della sua città di nascita, la Pietroburgo poggiata su milioni di pali. Il compositore d’avanguardia più eseguito, prolifico, famoso e corteggiato del XX secolo dorme in un angolo del cimitero all’isola di San Michele. Venezia fu la città adorata da Igor Stravinskij: per il silenzio metafisico e i gatti in cui compagnia si fece fotografare più volte sullo sfondo dei canali. Del resto, lo sciabordare dell’acqua e il suono irregolare sinistro e quasi cosmico del disgelo furono i ricordi acustici più penetranti della fanciullezza. Confluiti nello spirito, nell’eco sonora, nell’architettura antiromantica e “cubista” del Sacre du printemps, la partitura più idiomatica della modernità classica. Scioccante all’ascolto (e alla lettura), ambasciatrice di una modernità senza ritorno ma senza

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i proponimenti rinnovatori dei musicisti della cerchia di Arnold Schönberg che nelle stesse settimane della primavera prebellica del 1913 indignavano il pubblico ben più pudibondo di Vienna. Il Sacre du printemps fu il primo, e rimase il più autentico, autoritratto d’autore (ma quell’autore avrebbe più volte cambiato parere sulla propria identità linguistica): rappresentazione/rito, come suggerisce il sostantivo Sacre malamente italianizzato in Sagra, di una modernità che non voleva fare paura né dimostrare la fine di una civiltà ma rivelare e sollecitare nuove capacità di “ascolto”. Musica agganciata alle più moderne sensibilità artistiche per macchie di colore, forme geometriche, blocchi di suoni-timbri-ritmi che occupavano la tavolozza-partitura come nelle tele dei pittori o nei quaderni dei coreografi più audaci. Sconvolgente per le cronache parigine della più mitizzata serata di scandalo della storia dell’arte performativa del primo Novecento, ma non respingente; come dimostrò l’ingaggio preterintenzionale (copiosamente abbreviata e ingentilita, oltre che acquisita dal catalogo di un editore nuovo che rigenerò i diritti dello scaltro autore) nello scaffale delle colonne sonore classico-animate di Fantasia di Walt Disney. In fondo, tutta la musica di Stravinskij, a partire da quella terremotante del 1913, è una musica che non fa paura né ammonisce, ma fa idealismo o ideologia. Fin dalle prime prove, non appena l’Ottocento pittoresco e tecnicamente formante del maestro Rimskij-Korsakov fu accantonato per sovrappiù di talento creativo, a guidare le scelte di Stravinskij non furo -

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no lo spirito rivoluzionario ma una sorta di noncuranza nei confronti delle rubriche di genere che lasciava campo aperto all’ambiziosa e sistematica ingordigia nei confronti di tutti gli stili, i generi e i linguaggi. Il gusto, e l’abilità, nella parodia come nel camaleontismo gli resero possibile, di volta in volta, di essere convincente – originale e mimetico ma perfettamente stravinskiano – come fauve, neoclassico, seriale, jazzistico e dodecafonico, rossiniano e ciakovskiano, mozartiano e napoletano, slavo e cattolico. Ribelle e aggressivo prima della Grande guerra casello della modernità, ma pienamente assimilato nelle logiche musical-consumistiche del primo e secondo dopoguerra. La firma di Stravinskij si riconosce subito: basta avere orecchio. Continua a essere il nome-suonoparadigma di un gesto artistico che ha convogliato la musica “nel” tempo di oggi. Non c’è interprete interessato ai nuovi linguaggi che non vi si dedichi facendoci tornare in mente quanto in profondità la sua opera abbia segnato – per imitazione o sconfessione – la cultura musicale e la creatività dei compositori venuti dopo di lui. Rendendoli, inconsapevolmente magari, a lui in debito perenne. Perché l’attitudine alla molteplicità tecnica, l’estro creativo, l’irruenza fisica della scrittura e la vocazione non sempre agevole ma comunicativa di Stravinskij – il compositore che è stato molti musicisti insieme – hanno riscritto lessico e principi della storia della musica del nostro tempo.

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LA VITA

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Durante la Prima guerra mondiale, a una guardia francese di confine che gli chiedeva la professione, Stravinskij rispose: «Inventore di musica, non compositore». E difatti il concetto di “comporre”, cioè porre insieme elementi secondo criteri preesistenti, gli era del tutto estraneo. In un’altra occasione parlò, riferendosi all’artista moderno ma soprattutto a sé stesso, di «anarchia intellettuale» e del «capriccio individuale». Anche per questo, nei circa sessant’anni in cui scrisse musica, Stravinskij adoperò «milleuno stili diversi» (Olivier Messiaen), beninteso tutti suoi, «in modo che nessuno possa prevedere dove ci porterà [la composizione successiva]» (Leonard Bernstein).

Igor’ Fëdorovič Stravinskij era nato il 18 giugno 1882 a Oranienbaum, oggi Lomonosov, cittadina russa collocata sul golfo di Finlandia, a pochi chilometri da San Pietroburgo, dove i genitori si trovavano in villeggiatura.

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LA VITA
Igor’ Stravinskij Igor’ Stravinskij © 2022 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.
Indice Presentazione della collana di Michele dall’Ongaro 5 Il fascino della modernità di Angelo Foletto 9 La vita 13 L’opera di Giada Viviani 57 Perché è importante 59 Le composizioni 77 L’eredità 139 Discografia di Giada Viviani 145 Esplorazioni 159 Glossario 166
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