Diario di un rivoluzionario (anteprima)

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Dedicato alla memoria di Marco De Natale

Crediti fotografici: copertina – © Archivio personale dell’autore Curatore editoriale: Pino Pignatta Grafica e impaginazione: Anna Cristofaro Progetto grafico di copertina: Gian-Paolo Zeccara Proprietà per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC12165 / ISBN: 9788863953053 www.edizionicurci.it Prima stampa in Italia nel 2019 da INGRAF Industria Grafica S.r.l., via Monte San Genesio, 7 - Milano


INTRODUZIONE Il 17 aprile 1969 un manipolo di insegnanti di educazione musicale saliva le scale di uno studio notarile per siglare la nascita di una nuova associazione. Con me firmavano amici di vecchia data ma anche colleghi appena conosciuti. È giusto immortalare i nomi: Giuliana Bramati, Caterina Costadoni, Anna Maria Craighero, Tomaso Ferrari, Rosaria Finocchiaro, Maria Claudia Fossati, Italo Lo Vetere, Annarosa Magnani, Amedeo Maiuri, Adriana Mauri, Mariella Sorelli, Emma Toppi, Carlo Vendolo, Osvaldo Zambolin. A cinquant’anni compiuti, la Società Italiana per l’Educazione Musicale, SIEM, questo il nome dell’associazione, è viva e vegeta, ramificata in tutto il Paese. Organizza convegni, corsi di formazione e d’aggiornamento, promuove studi, pubblica un periodico, Musica Domani, si batte perché l’educazione musicale sia presente nelle scuole d’ogni ordine e grado. Per otto anni ho guidato la SIEM come presidente, per altri 13 come vicepresidente. Sono gli anni a partire dalla sua fondazione che racconterò in queste pagine. Il mezzo secolo della sua vita mi conferma nella convinzione di quanto siano preziosi e fecondi per promuovere le persone e la società, e per la stessa crescita democratica di un Paese, il lavoro di squadra, il confronto delle idee e delle azioni, la cooperazione costruttiva. Quale che sia il terreno in cui si gioca. È in nome di questi principi che offro qui la testimonianza di come un sodalizio nato dal niente, privo di risorse e gestito da volontari, abbia potuto aiutare l’affermazione dell’educazione musicale del cittadino. A guidarci è stata una serie di convinzioni: la musica è uno dei saperi essenziali, uno dei sistemi simbolici con caratteri suoi propri, non surrogabili da alcun altro mezzo; di conseguenza la comprensione e la pratica della musica sono un contenuto essenziale in ogni percorso educativo e come tale devono essere garantiti a ogni cittadino; un cordone ombelicale unisce quanto 3 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


si fa ai piani alti dell’istruzione musicale a quello che si fa ai piani elementari, primari, quanto a finalità, pensieri e pratiche; per la valorizzazione di una disciplina è determinante il metodo, o meglio il modello, assunto per trasmettere il sapere; la pratica amatoriale ha la stessa importanza, individuale e sociale, di quella professionale; per l’azione nel presente e per la proiezione nel futuro è di primaria rilevanza la conoscenza delle radici, la storia delle convinzioni e delle pratiche. L’intenzione di questo libro è perciò anche di consegnare a chi partecipa oggi alla vita dell’associazione la conoscenza, sia pure inevitabilmente parziale, della sua storia. Il taglio autobiografico dato alla narrazione non è dovuto alla presunzione che la mia vita abbia avuto alcunché di speciale. Semmai, come scriveva il commediografo latino Siro, è vero che «anche un singolo capello fa la sua ombra»; anche dalla storia del più umile c’è qualcosa da imparare. La scelta dell’autobiografia vuole piuttosto offrire testimonianze dirette della varietà di fattori che incidono sulla decisione della persona a compiere le proprie scelte di fondo, anche quelle riguardanti la musica: sono le prime esperienze nell’infanzia, le predilezioni e le censure nei confronti delle pratiche e dei repertori, gli incoraggiamenti e le umiliazioni, le caratteristiche psicologiche individuali. Sappiamo che è nell’infanzia e nell’adolescenza che maturano le pulsioni, le attese, le vocazioni, le consapevolezze, che decideranno del futuro di ognuno. E anche fattori socio-ambientali. Il rampollo dell’antica famiglia aristocratica godeva di privilegi culturali di cui il suo fattore nemmeno avrebbe potuto capire il senso. Il figlio del piccolo negoziante di ferramenta che negli anni Cinquanta avesse osato varcare nella grande città le soglie di un liceo classico sarebbe andato incontro a frustrazioni che non avrebbero neppure sfiorato i più fortunati figli delle classi dirigenti. Se conduci la tua esistenza in un villaggio remoto, dove la vita si svolge con ritmi tranquilli 4 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


e sereni, avrai una dotazione di caratteri ben diversa che se vivi in un territorio martoriato dalla violenza e dalle bombe. E forse è proprio il conflitto che ha maturato il bimbo vissuto a Milano nei primi anni Quaranta, durante la Seconda Guerra Mondiale.

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Parte prima LE RADICI

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Riso e latte Odio il riso cotto nel latte. Lo detestavo anche da bambino, quando frequentavo a Milano, mia città natale, l’asilo della piazza in cui si affaccia la Casa di Riposo per i Musicisti voluta e finanziata da Giuseppe Verdi, e troneggia al centro la statua del benefattore. Vedevo il monumento tutte le mattine entrando all’asilo, allora si chiamava ancora così, sull’altro lato della piazza. Il volto di quel personaggio mi affascinava per la bonarietà e la sicurezza insieme. La sua musica sarà una delle grandi passioni di tutta la mia vita, di adolescente e di adulto. In quella consuetudine quotidiana del bambino sarebbe possibile, per il regista di un film paranormale, cogliere il segno di chissà quali agenti premonitori di misteriosi destini. Fantasia per fantasia, piuttosto mi piace vedere in quel monumento non solo la generosità, l’umanità e la dirittura morale del personaggio così ben espresse dallo scultore. In quel suo guardare lontano, con le mani raccolte dietro la schiena, vorrei leggere anche un gesto di bonario rimprovero. Verdi, il donatore, non volge lo sguardo alla sua Casa, non si compiace della sua creatura; ma non guarda nemmeno l’altro edificio della piazza, il mio asilo; guarda altrove, ignorandolo. Quell’asilo avrebbe potuto godere tanto dei verdiani incanti sonori, potenzialmente suggestivi anche per un bambino, ed era invece casa del silenzio. In quella scuola dell’infanzia, come in tutti gli asili nella gran parte del Paese, non si cantava, non si suonava, non si ascoltava musica. L’arte dei suoni non trovava spazio nelle giornate ordinate e mute delle aule. Oggi il nuovo edificio che ha preso il posto dell’asilo è spostato più avanti. Molti anni dopo, come vedremo, sarà ancora il volto di Verdi sul biglietto da mille lire a suggerirmi un segno diverso, ma sempre capace di indicare la marginalizzazione della musica nel quadro dei valori. All’adulto che la racconta, la propria infanzia appare come uno di quegli antichi lacerti di papiro che il tempo ha frantumato e che 9 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


l’archeologo cerca faticosamente di ricomporre. Del breve periodo trascorso in quell’asilo sopravvivono due ricordi. Il primo è l’ambiente in cui le suore ci rinchiudevano: un’aula scolastica stretta e lunga, la cattedra dalla quale ci controllava la guardiana di turno, i banchi massicci e i sedili ribaltabili su cui era obbligo star seduti in silenzio fino all’ora della colazione. Unica concessione, a inizio mattina: prelevare dal cassone in fondo al piccolo gulag i cubetti di legno con cui trovare conforto al vuoto del banco. Nei frammenti di memoria entrano di prepotenza quei bambini più grandi che i cubetti preferivano strapparli dalle mie mani impotenti e paciose. Non entrano invece immagini di interventi pacificatori da parte dell’incombente orchessa, la suora-guardiana. Al loro posto si affaccia la scodella dell’odiato riso e latte. È mezzogiorno e siamo tutti seduti alla lunga tavola, quando l’ululato dell’allarme crea scompiglio. Come ogni altra volta, le suore spingono la masnada al rifugio sotterraneo. Oggi non è falso l’allarme, si sente il brontolio lontano e inequivocabile delle bombe. In pochi minuti le religiose conducono i bambini al riparo. Fa eccezione la suora che si ferma davanti alla mia scodella ancora colma. Mi pare di ricordare non solo la sua mole, che si erge gigantesca nella mensa ormai deserta, ma anche le sue parole: «Se non mangi tutto il tuo riso e latte non ti porto al rifugio. E tu resti qui». Credo di aver trangugiato quei pochi cucchiai di riso e latte annacquati dalle lacrime. Detesto il riso-e-latte! Quando arrivò il momento di iscrivere il mio fratellino all’asilo, una scuola dell’infanzia diversa ma verosimilmente simile quanto a sistema educativo, sentii davvero di condividere la sua disperazione, nei suoi rifiuti al rito del sonno pomeridiano: assente ogni parvenza di giaciglio, non restava che stendere le braccia sul banco e appoggiare la fronte. Condivisi perciò anche i suoi tentativi di sfuggire, sulla strada verso l’asilo, alla mano della mamma, disperata a sua volta fino al punto di rovesciare sulla strada, una mattina, il cestino con le povere cibarie: «Oggi digiuni, Franco!». 10 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


A onore della categoria monacale devo dire che quando trent’anni dopo due suore frequenteranno come mie allieve il Conservatorio di Parma, l’antica arcigna immagine evaporerà. Ne rimarrà solo una traccia da cartolina fanée, neutralizzata dalla dolcezza e dalla diligenza che le mie velate alunne esibivano a lezione. Per non parlare di quella Suor Virginia intraprendente e piena di vita, che mi sorprenderà per l’entusiasmo con cui guiderà i suoi bambini a inerpicarsi per il pendio valdostano e a ritrovarsi, la sera, a intonare cori deliziosi nella chiesetta del paese. Ma il riso-e-latte non otterrà mai il mio perdono. Il suo sapore riemerge ancora oggi a torturare le mie papille gustative ogni volta che ne sento pronunciare il nome. Era il 1943. Anche l’anno dopo l’unica musica che i bambini ascoltavano era quella della guerra. Non ricordo in quale giorno del mese si aprì l’anno scolastico 1944-45, quello della mia prima elementare. Rammento però lucidamente il 20 ottobre. Come dimenticarlo? Milano, 1944 Posso ancora vederli, i bambini di prima elementare come me, seduti sulle panche accanto a me, di fronte a me, stretti fra loro a fare scudo contro la morte. Accarezzati, i più fortunati, dalle mani delle maestre che tremano come trema la loro voce, appesa alla vana speranza di una preghiera. Posso ancora sentirli i bambini che piangono terrorizzati, le urla che lacerano il buio del rifugio antiaereo. Non erano così sconvolti i ragazzi più grandi che prima di quel 20 ottobre 1944 scendevano nello scantinato, trasformato per l’occasione in un nuovo terreno d’avventura. Il suono della campanella li faceva balzare e incolonnarsi disordinatamente verso la scala. L’esercitazione, che si ripeteva periodica, durava anche troppo poco: per i maschi sarebbe stato bello correre più a lungo nei corridoi facendo scherzi alle femmine, e spaventarle una 11 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


volta arrivati nella grotta tenebrosa. A volte alla campanella della scuola facevano da controcanto le sirene che ululavano per tutta la città. In quei casi i giochi sotterranei si fermavano, e si stava muti ad ascoltare gli scoppi che venivano da lontano, nelle zone della città ambite dai bombardieri, fabbriche, ponti, stazioni ferroviarie. Via Carlo Dolci non poteva interessare nessuno di loro. Che attrazione può avere una scuola per chi sgancia le bombe? Anche questa volta tutto comincia come al solito. Anzi, le sirene devono essersi assopite perché il loro lamento si leva al cielo solo dopo che giunge da lontano il frastuono delle prime esplosioni. Questa volta non è un’esercitazione e si corre al rifugio senza divertirsi a tirare le trecce alle compagne. Gli scoppi ora sono tanti, e continui. Più rumorosi del solito, si accavallano l’uno sull’altro, freneticamente. Con chi ce l’hanno stavolta gli aviatori? Vibrano i vetri delle finestrelle che danno sulla strada. Le bombe non cadono come le altre volte, lontane, ma anche vicino a noi. Scopriamo che quel bombardamento oggi non ha solo i soliti bersagli, fabbriche, ponti, ferrovie. Colpisce anche le strade, le case, le chiese, gli ospedali … Anche le scuole? Per quanto crudele e vendicativa possa essere la Royal Air Force, una scuola non può essere un bersaglio. Può ben esserlo però il Kommandantur, il Comando Germanico che ha sede a cento metri dalla scuola, nella piazza che attraverso ogni mattina. Circondato da cavalli di Frisia e separato dal corso del fiume Olona, resterà intatto. Un boato fa tremare tutto il nostro edificio. Sì, una bomba è caduta in una delle strade circostanti. Nell’eternità che dura l’uragano, le maestre non riescono più a pregare e a far pregare i bambini. I boati soffocano preghiere, lamenti e grida. Al cessato allarme siamo trattenuti ancora nello scantinato. Rivedo la porticina da cui si esce nel piccolo atrio, rivedo la mamma, tra le prime ad accorrere. Mi abbraccia stretto, mi solleva mentre ancora 12 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


mi trema tutto il corpo. E terrorizzata e febbricitante mi riporta a casa in braccio. Nulla delle presumibili devastazioni posso vedere, con il muso tuffato nella sua spalla. Nella grande città la medesima scena di terrore si ripete nei rifugi di ogni istituto. Anche in quella del quartiere nord della città, Gorla. Già, Gorla! Tre quarti di secolo dopo, quel nome, Gorla, non è associato nella mia mente alla stazione della prima metropolitana che attraversa Milano da sudovest a nordest. Quel nome è associato ancora oggi ai duecento bambini che non furono così fortunati come nella scuola di via Carlo Dolci. Anche là tutto si è svolto come da noi, c’è da crederlo. Anche là maestre che cercano di tranquillizzare i loro piccoli, pregano con loro, piangono. Né sanno trattenere le grida, ogni volta che lo scoppio si fa vicino, sempre più vicino. Il terrore dura pochi minuti: dal grappolo di bombe una si stacca, e prende di mira la scuola di Gorla. Anzi, non la scuola, ma il varco vuoto delle scale, che corre dal tetto fino al piano terra: ed esplode proprio sopra il fragile ombrello del pavimento sotto cui hanno cercato rifugio i duecento bambini con le maestre. La fede trova sempre una spiegazione alle tragedie, assicurando il benevolo disegno superiore e impenetrabile della Provvidenza, quel misterioso disegno divino che fin dal big bang della creazione ha ideato l’intero cammino dell’umanità, ha pianificato il bene e il male, ha deciso destini di salvezza e destini di dannazione. È intervenuta persino a indirizzare con precisione quella bomba proprio sul punto più fragile dell’edificio scolastico. Per rendere ancora più memorabile la sua impresa, la Provvidenza fa sì che fin dalle prime sirene molte mamme accorrano al rifugio della scuola con i più piccini in grembo, a far sì che la morte li colga nel calore dell’ultimo abbraccio. La lapide che oggi sorge là dov’era la scuola ricorda, ai passanti (o alla Provvidenza?) i nomi dei bimbi, delle loro maestre, delle loro mamme. 13 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


È singolare come certe parole si fissino nell’inconscio di un bambino in modo tale che basti lasciarle affiorare, perché ogni volta tornino ad allestire scenari inquietanti. Ancora oggi il solo suono di quella parola, Gorla, mi risveglia il ricordo di muri che crollano, strazi di madri, bianchi sudari. Altre parole dal suono sinistro sono rimaste vive come allora nel libro nero della mente. Altri eventi che concorrono a costruire l’io dell’individuo, anche l’io musicale. Il volume d’arte sull’architettura barocca mostra in tutto il suo splendore la Basilica di Superga, sopra Torino. Fino a ieri ci arrivavo faticosamente in bicicletta, e ancora come in quel lontano maggio 1949 il nome significa una sola cosa, risveglia nel cuore un’unica vicenda: lo schianto dell’aereo che riportava a casa quelli che per noi bambini erano eroi nazionali, i giocatori della squadra di calcio del Grande Torino, quasi per intero coincidente con la squadra azzurra. Nella mia quinta elementare se ne parlò tanto, fra le lacrime e i disegni con cui eravamo abituati a tracciare a matita i voli del pallone da un giocatore all’altro, fino all’immancabile gol. Chi potrebbe affermare che esperienze di vita come queste non abbiano orientato anche il mondo musicale che ognuno ha dentro di sé? Le scelte, le interpretazioni, le emozioni. La propria identità musicale, come oggi gli educatori più consapevoli ci documentano, e che l’ora di musica, in una scuola dell’obbligo o in un Conservatorio, sembra ignorare. Altre tragedie, altri nomi: altri fantasmi che mi accompagneranno per tutta la vita. Non molto distante dalla mia abitazione è appena stato inaugurato l’istituto delle Sorelle della Misericordia, quando basta un colpo di vento impetuoso per far crollare il nuovo muro di cinta, pur costruito a blocchi di cemento armato. Crolla proprio quando lì sotto passano i quattordici bimbetti dell’asilo. A invitare i loro genitori a confidare ancora una volta 14 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


nei disegni della Provvidenza è questa volta il suo avvocato difensore, cardinale di Milano, che li conforta con solenni funerali in Duomo e successivo corteo funebre con labari e gonfaloni fino al Cimitero Monumentale. È il 21 marzo 1951, e anche quella parola, Lorenteggio, il nome della via del muro, imprime nella coscienza di un dodicenne un marchio che il tempo sbiadisce ma non cancella. La cronaca nera degli anni tra guerra e dopoguerra alimenta le ultime, devastanti angosce impresse nella sensibilità di un bambino. La più sconvolgente, quella che i media di allora non si facevano scrupolo di esibire a chiunque, adulti o ragazzi. Finita la guerra si riprendeva ad andare al cinema. Ricorderò sempre lo stupore della prima pellicola a colori, Le avventure di Tom Sawyer. Oggi so quanta parte può avere la musica nel condizionare lo spettatore e quanto sia importante renderne consapevole il bambino. Diventato insegnante ne farò un fulcro della mia didattica. Allora, prima di ogni film, si proiettava l’equivalente dei nostri telegiornali: cinque, dieci minuti di Film Luce, con le notizie dall’Italia e dal mondo. Dalla primavera del 1945 tutto il popolo italiano deve sapere di che cosa sono stati capaci i nostri bravi alleati nazisti. E quali immagini più eloquenti può mostrare il cinema a tutti, grandi e piccini, se non i mucchi di cadaveri nudi che le ruspe spingono nelle fosse comuni, i corpi e i volti macilenti dei pochi sopravvissuti dietro i reticolati o nelle gabbie dei capanni, le camere a gas e i forni crematori, ancora fumanti. I lager sono persino diventati oggetto morboso di giornaletti. Affiorano nella memoria le sequenze di disegni che mostrano internati spinti ancora vivi nel forno. Quello spettatore di sei anni che io ero allora non potrà mai liberarsi dal trauma di quelle visioni. Un nulla, certo, rispetto al destino delle povere creature che ne furono vittime. La visita al lager che sentirò il dovere di compiere nel 1980, potrà solo ridare vita agli incubi. Il silenzio greve di quelle 15 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


fabbriche di morte rivivrà nella mia mente lacerato dalle grida dei condannati, che vedevo percorrere quei vicoli e quelle camere come se gli anni trascorsi avessero lasciato vagare per sempre, tra capanno e capanno, le loro ombre disperate. Ancora oggi devo difendere la mia fragilità vietandomi di guardare ogni sorta d’immagine sui lager. In casa non ricordo che se ne parlasse più di tanto, se non per interrogarsi sul destino di quello zio Giovanni, prelevato dai tedeschi nel 1944 e condotto in un campo di lavoro germanico. Non ne saprà più nulla nemmeno l’unico figlio, Giancarlo, che più volte si recherà finita la guerra a cercarne tracce. Mauthausen, forse, l’ultima tappa della sua vita. “Matàusen”, detto così, altro nome che si aggiunge a costellare le zone cupe del mio inconscio. Intermezzo famigliare Il vivace quartiere milanese che da corso Vercelli, passando per le vie Belfiore e Marghera, conduce alla via Ravizza, è tutto un pullulare di negozi alla moda, ristoranti, bar, pizzerie, che ne fanno uno dei più invitanti paradisi meneghini dello shopping e del relax. Si può cenare anche a notte, dopo aver assistito allo spettacolo in programma nell’imponente teatro al centro del quartiere, il Teatro Nazionale. Era ben diversa la zona nei mesi precedenti la guerra. Dimesso l’aspetto delle case, il buio delle strade interrotto qua e là da lampioncini malandati, pochi negozi per le necessità quotidiane. Insomma, un anonimo quartiere di semiperiferia, frequentato solo dai residenti. Affezionati, verrebbe da dire, se osserviamo gli edifici: oggi gli stessi di allora, rinfrescati, ridipinti, lussureggianti di insegne luminose, ma ancora gli stessi. Identica anche la casa di via Ravizza 19 nella quale nascevo, il 14 dicembre 1938. Proprio a questa casa risale il mio ricordo più antico, il lungo corridoio sul quale si affacciano le stanze; nell’ultima, 16 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


in fondo, mi rivedo seduto febbricitante per il morbillo, soprattutto rivedo e riprovo l’emozione per quel cappello rigido da bersagliere recato in dono da Gesù Bambino. Era la notte di Natale del 1942. Bastava il cappello per farmi immaginare guerriero alle prese con i nemici che i manifesti deprecavano dai muri delle strade. Nella camera dei genitori dormiva l’ultimo rampollo della famiglia, Franco, nato nel febbraio di quell’anno, e l’unica sorella, Mariuccia, del 1934. Nell’altra erano sistemati i fratelli più grandi, Vincenzo, nato nel 1925, e Guido nel 1927. Le differenze d’età e di genere creavano una struttura simmetrica, con due piccoli clan maschili autonomi, e Mariuccia a far da spartiacque. Le pratiche educative dei miei non incoraggiavano l’interazione tra i clan. Il primogenito Vincenzo era sempre paziente e sereno, anche davanti alle calamità, le tante calamità che la vita elargisce. Un giorno è in montagna a sciare con Guido e gli amici. La deliziosa Tina, la fidanzata che ogni domenica reca alla nostra mamma un mazzo di dalie dal suo giardino, lo aspetta a casa, consegnata al conforto della vasca da bagno. Si trastulla nell’acqua, finché il sonno la prende. Tocca a me mandare a Vincenzo il telegramma che lo sollecita a rientrare. A rivedere per l’ultima volta, bianca come il lenzuolo che l’avvolge sotto il mazzo di dalie, la sua Tina, che il boiler difettoso aveva avvolto nella sua mortifera nube. Incapace di far male a una formica, Vincenzo si spegnerà in silenzio dopo una vita avventurosa. Più metodico e diligente Guido, che a differenza di Vincenzo, meno incline alle segregazioni libresche, si era preso il diploma di ragioniere. I fratelli maggiori erano propensi ogni tanto a dare ordini, come qualunque fratello grande si riconosce il diritto di fare perché non nascano equivoci su chi comanda in casa. Un giorno viene per me il momento di far arrivare alta la mia protesta di quattordicenne per non so quale intollerabile ingiustizia. 17 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


Mentre la famiglia si siede al desco del mezzodì, io infilo la mia bici da corsa e senza che mi vedano parto sparato verso il paese sul lago di Varese dov’è in vacanza l’amico del cuore Romeo. La pioggia che m’inonda appena uscito di casa mi fa sentire ancora più epica l’impresa. Meno epica la fame, che dopo i primi chilometri rode lo stomaco. Nessuna pietà suscito nell’unico panettiere che trovo aperto: per la misera monetina scoperta in tasca mi allunga un panetto non più grande di un mignolo. Sarà la nonna di Romeo a cambiarmi dalla testa ai piedi e a rifocillarmi, mentre a casa i miei sono in preda all’ansia. Ci vogliono ore prima che l’inchiesta febbrile presso le famiglie degli amici sveli la verità, e riporti la pace in casa. Solo pace: sono soltanto i maggiori a prendersi la strapazzata; a me invece, col perdono, anche l’autorizzazione a starmene dal mio amico per il resto della settimana. Una cosa purtroppo Vincenzo e Guido avevano in comune, fin dalla nascita: ed è il severo deficit visivo che li porterà in età matura a perdere la vista. Non posso non ricordare il coraggio e la serenità con cui Guido si preparerà alla cecità studiando anzitempo l’alfabeto Braille. Anche Guido ci lascia mentre sto dando gli ultimi ritocchi a queste righe. Unica femmina della confraternita, piazzata in mezzo ai due clan, Mariuccia non sempre era disposta a fare da vice mamma: a difendersi dall’autorità dei grandi, e dal fastidio di doversi occupare dei due mocciosi del clan dei piccoli. I piccoli eventi domestici accennati qui sopra avvengono in anni successivi alla guerra. Da via Ravizza ce ne andammo all’inizio del 1943. Ogni tanto ci ritorno, vuoi per cenare in una delle trattorie vicine, vuoi per mostrare agli amici il portone sul quale, assicuro gli increduli, una lapide dovrà ricordare il dono che la mia nascita ha recato al progresso del genere umano. Ma la nuova casa offre opportunità eccezionali a un bambino. La villetta ha un suo 18 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


giardinetto con un paio d’alberi da frutta, e soprattutto è collocata in un anello di villette con al centro un grande giardino ricco di abeti e ippocastani. Sarà il campo privilegiato di gioco e di educazione alla vita, come cercherò di raccontare. Diventato educatore difenderò a spada tratta l’importanza del gioco collettivo all’aperto per la crescita morale e intellettuale del bambino. Altri giochi si facevano nel paese del Varesotto in cui villeggiavamo. Ancora una volta un nome può evocare un intero film: Gazzada e i cappelli delle ghiande da raccogliere per il gioco della tombola, le sere che la famiglia si ritrova al completo. Meno gratificante l’esperienza del fumo. I campi coltivati a granturco offrivano ai ragazzi il materiale primo per confezionare grosse sigarette. Bastava tagliare quei lunghi filamenti setosi, arrotolarli, avvolgerli in foglietti di carta, e voilà, ecco preparata una delle più micidiali nubi tossiche. Fu quella esperienza a farmi sentire pari ai più grandi e a interiorizzare il disgusto per la sigaretta. Non so se sia raccomandabile come deterrente per i neofiti del fumo. Con me funzionò. E non mi restò che competere con i più grandi in un passatempo ben più gratificante: la scorribanda lungo i vigneti, ad alleggerire i rami dal peso dei grappoli, e i legittimi proprietari dalla fatica di raccoglierli. Oggi sarei portato a usare un verbo diverso; allora sarebbe stato difficile avvertire la differenza tra cogliere e predare; come ci risultava difficile capire perché a volte uscisse quel feroce contadino agitandoci contro il bastone. L’uva non è fatta per essere mangiata? I campi, i prati, gli alberi: Gazzada mi piaceva come fosse una grande via Delleani. Forse anche di più, non solo per le avventure che permetteva a noi bambini ma anche per quelle che con noi piccoli condivideva il resto della famiglia. Come le gite al lago. Il lago! Singolare metonimia, e potere diabolico delle parole. Pronunciandola nella gita in battello mi aspettavo di vedere sbucare dalle acque proprio un ago, un gigantesco ago. 19 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


L’Ago! Risuonano ancora nell’archivio sonoro le risate dei fratelli. A cinque anni non ti aspetti una tale immaturità linguistica. Un piccolo segnale dell’immaturità che mi penalizzerà per tutta la carriera scolastica almeno dal momento che i miei oseranno iscrivermi alla scuola media. Credo di essere sempre stato una spugna, desideroso di capire il mondo. Ma se la guida è carente, o addirittura assente, il rischio di restare incagliato nei primi ostacoli è serio. Mai potrei rimproverare i miei genitori. Era già straordinario non solo che non mi punissero per i miei futuri insuccessi, ma che mi incoraggiassero a perseverare, o addirittura a intraprendere esperienze per me importanti. La musica prima di tutto. Il cielo brucia Via Delleani, un nome dolce, materno, una piccola oasi che ci fa quasi dimenticare il freddo dei mesi invernali. Solo una stufa in cucina riscalda il tinello adiacente. Nient’altro nell’ampio ingresso e nel soggiorno. E nient’altro soprattutto al piano di sopra, dove stanno le tre camere da letto e l’unico bagno. Alla mattina i bei disegni che il ghiaccio ha tracciato la notte sui vetri della finestra fanno rannicchiare ancora di più sotto le pesanti coperte. Quanti giorni arrivo tardi a scuola per colpa di quel tepore così difficile da abbandonare. Alla fine scendevo dal letto con un gesto coraggioso e veemente, e mi fiondavo in bagno. La mamma ci aveva spiegato che se non avessimo lavato il muso ci sarebbero spuntati i funghi nelle orecchie. Tanto basta per aprire con parsimonia il rubinetto da cui esce solo acqua gelida. Quando la mamma minaccia di farci fare il bagno giuriamo di essere assolutamente immacolati. Giuri una volta, giuri due, alla fine devi arrenderti. E allora fai appello al tuo coraggio, riempi metà vasca con la massa glaciale che sgorga dal rubinetto e l’altra metà con i due grandi bollenti pentoloni recati dalla stufa al piano terra. E resti a goderti l’ebbrezza della confortevole alcova subacquea. 20 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2019 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati


Indice

INTRODUZIONE

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Parte prima LE RADICI Riso e latte Milano, 1944 Intermezzo famigliare Il cielo brucia Venticinque aprile L’ultimo cantastorie Va’ pensiero I cattivi e i buoni profeti Giochi d’antan La strada e la legge Il monello Il vento e il sole La barca e la mela L’oratorio di via Osoppo L’affarista Il mezzo e il messaggio L’ira funesta Scuola e classe sociale Il crudele burattinaio La Sezione B I prodromi della rivoluzione La scoperta del melodramma Diventare musicista Maturità In politica

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L’attivista Il venditore Il Pirellone La maestra Carla Il critico musicale Paleografi e barnabiti Il diploma La scoperta della Valle Incantata Libretti rossi

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87 89 92 93 96 99 101 103 107

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Parte seconda L’ALBERO La mia associazione Diogene formato Sessantotto Il varo della navicella Il Mucchio Selvaggio La carica dei Cinquecento Interludio latinista Sogni rampanti Alla conquista del pianeta Mare e musica Un convegno scandaloso Musica Domani Diritti e doveri L’eredità di Giordano Bruno La nostra strategia Un inverno di crisi La rinascita Vento rivoluzionario Il Programma Scannagatti I due fronti Generali e fantaccini L’assalto alla fortezza

111 113 116 117 122 125 129 133 136 139 143 146 150 153 156 161 164 169 174 176 180

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La perfidia del commissario Anselmo il campanaro Alzare il tiro Res cogitans e res extensa Un connubio difficile Dal 1980 al Duemila. Le scuole di Didattica Oasi o scuola? Condanna al solfeggio? Addio a Parma 1981, verso la nuova scuola elementare Il nuovo presidente Competenza comune e non 1983-84. L’anello mancante Schemi di lavoro La ricerca Cambio al vertice Il posto in tribuna Verso il presente Postilla Albo d’oro Passo dopo passo

183 187 193 196 198 199 203 204 205 208 210 216 217 220 222 223 225 226 230 232 233

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