Erickson giochi filosofici una domanda

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TUTTO QUEL CHE C’È 2600 anni

Sono ormai passati più di da quando, forse per la prima volta, un uomo si fece queste domande…


© 2018, L. Mori, Giochi filosofici, Trento, Erickson

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C’è qualcosa da cui tutte le cose hanno origine?

Talete

Quell’uomo si chiamava Per le sue domande è stato considerato il «padre della filosofia».

Voi sareste stati capaci di aiutarlo? Cosa avreste risposto alle sue domande?


A tu

per tu

con...

Talete nacque in una città

dell’Asia Minore (oggi Turchia) chiamata Mileto e visse tra il VII e il VI secolo a.C.

Mileto

(nell’attuale Turchia)

Si racconta che un giorno Talete cadde in una buca scavata nel terreno e che una donna che passava di lì per caso, vedendolo, rise di lui: si preoccupava del cielo e non vedeva neppure dove mettere i piedi! Questo racconto mostra il filosofo come una persona strana e ridicola, con la testa tra le nuvole. C’è però un’altra versione: Talete potrebbe essersi calato intenzionalmente nella buca, mentre cercava il punto d’osservazione migliore per studiare le stelle. Si racconta inoltre che riuscì a deviare un fiume, per agevolare la marcia di un esercito alleato della sua città. Inoltre fu capace di prevedere un’eclissi di sole e formulò un celebre teorema di geometria. © 2018, L. Mori, Giochi filosofici, Trento, Erickson

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Il punto di vista dei filosofi

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a varietà delle forme osservabili in natura è sterminata: non ci sono due foglie esattamente uguali sulla stessa pianta, né due animali della stessa specie identici in ogni dettaglio; ci sono oggetti naturali e artificiali che sembrano cambiare molto lentamente, o non cambiare mai, e cose che cambiano continuamente aspetto, come la posizione delle onde che attraversano i mari e i giochi della corrente in un ruscello. La stessa materia manifesta le proprietà più diverse nelle sostanze inerti e nei corpi viventi, oppure assumendo stati diversi (come quello solido, quello liquido e quello gassoso). Fu proprio osservando questa grandiosa varietà di fenomeni che Talete si interrogò sulla possibilità di individuare un principio comune a tutto ciò che esiste.

Come gli venne in mente questa domanda? Forse gli venne in mente considerando che sembra davvero esserci qualcosa in comune a tutto ciò che esiste, al di là delle innumerevoli differenze di cui abbiamo detto. Cosa? Da un certo punto di vista la risposta sembra facile e perfino scontata: tutto ciò che esiste ha in comune… il fatto stesso di esistere! Questo è solo un primo passo, però. Probabilmente Talete iniziò a pensare che ci deve essere qualcosa da cui tutto ciò che esiste nasce e viene all’essere, qualcosa che sta per così dire all’origine di tutte le cose e che le fa esistere. La sua indagine si concentrò sulla natura: nella sua lingua, in greco antico, «natura» si diceva «physis» e la parola indicava precisamente ciò che nasce, ciò che si dischiude (come un fiore), ciò che inizia ad essere. Sono arrivati fino a noi pochi frammenti di ciò che Talete può avere detto. In una delle testimonianze più famose, viene riportato che: «Ci dev’essere una qualche sostanza, o più di una, da cui le altre cose vengono all’esistenza, mentre essa permane. Ma riguardo al numero e alla forma di tale principio non tutti dicono lo stesso: Talete, il fondatore di tale forma di filosofia, dice che è l’acqua (e perciò sosteneva che anche la Terra è sull’acqua). Egli ha tratto forse tale supposizione vedendo che il nutrimento di tutte le cose è umido, che il caldo stesso deriva da questa e di questa vive (e ciò da cui le cose derivano è il loro principio): di qui, dunque, egli ha tratto tale supposizione, e inoltre dal fatto che i semi di tutte le cose hanno natura umida — e l’acqua è il principio naturale delle cose umide» (DK11A12).1 La questione affrontata da Talete non era del tutto nuova: antichi miti elaborati tra la Mesopotamia, l’Egitto e la stessa Grecia avevano ad esempio raccontato l’origine Cfr. Giannantoni G. (a cura di) (1969), I Presocratici. Testimonianze e frammenti, Bari, Laterza, p. 90.

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del cosmo da una massa di acque primordiali, come quelle del fiume cosmico Oceano. Ad apparire nuovi furono però la domanda di Talete e il suo tentativo di rispondere senza fare riferimento alle forze mitologiche tradizionali. Due suoi concittadini ne seguirono l’esempio, facendo delle ipotesi diverse: Anassimene individuò nell’aria il principio che «tiene insieme» e avvolge tutte le cose, facendole esistere, mentre Anassimandro introdusse un concetto più difficile da afferrare, il senza-limite, un principio senza confini esterni né differenze interne, da cui si sarebbero poi distaccati il «caldo» e il «freddo». Altri filosofi, in seguito, pensarono che un solo principio non bastasse a spiegare il divenire naturale: perciò Empedocle parlò di quattro elementi (acqua, aria, terra e fuoco) e Democrito propose una teoria degli atomi. Iniziava così una lunga avventura, un percorso secolare di domande e ipotesi che ancora oggi possono ispirare i filosofi e gli scienziati della natura.

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Il punto di vista dei bambini

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a domanda richiede di indicare qualcosa che accomuni tutto ciò che esiste. Ne sono state date tre formulazioni, che toccano tre aspetti connessi ma distinti nella ricerca di Talete e dei filosofi che si confrontarono con lui: si cerca infatti qualcosa che sia in tutte le cose (come elemento comune), da cui tutte le cose derivino (come origine comune) e che le porti all’essere (come principio del loro essere). La domanda è difficile e genera quel senso di spiazzamento a cui fece riferimento Ludwig Wittgenstein quando scrisse che un problema filosofico ha la forma «Non mi ci raccapezzo». Ciò che ora conta è il modo in cui i bambini tentano di afferrare il problema, formulando delle ipotesi e argomentandole. Potrebbero anche sentire il bisogno di riformulare la domanda, oppure sostenere che quel principio a cui essa si riferisce non c’è, ma dovrebbero comunque argomentarlo. Un buon primo passo per affrontare il problema consiste nel tradurre l’espressione indefinita «tutte le cose» in un insieme di voci più dettagliato. Si potrebbe partire da alcuni oggetti esibiti al gruppo (minerali, vegetali, liquidi presenti in natura o artefatti), ma anche da un elenco elaborato insieme. Eccone un esempio, fornito da una classe quarta della scuola primaria che inizia a pensare alle «cose della natura»: fiori, alveari, farfalle, animali, uccelli, scoiattoli, piante, giraffe, insetti, talpe, rinoceronti, foglie, cervi, erba, cinghiali, elefanti, serpenti, conigli, liane, dinosauri, vermi, koala, germi, ossigeno, gas, vento, nuvole, pioggia, Terra (quella rappresentata dal mappamondo), tigri, bambini, api, luna, Marte, i pianeti, ecc. Notiamo che sono state elencate «cose» molto diverse, raggruppabili in categorie distinte: ci sono esseri viventi piccolissimi (germi), molto grandi (elefanti), estinti (dinosauri) ed esseri non viventi. I bambini hanno incluso se stessi nell’elenco, hanno fatto riferimento al pianeta Terra e si sono spinti a considerare anche il Sistema solare come parte della natura. Può essere interessante partire da un elenco così ampio e confuso per raggrupparne gli elementi in insiemi distinti, affrontando le difficoltà che inevitabilmente si incontreranno imbattendosi in termini difficilmente collocabili. In quale insieme inserire, ad esempio, la felicità, che alcuni bambini di nove anni hanno citato tra le cose esistenti in natura? Si può qui parlare di una cosa, nello stesso senso con cui ci si riferisce agli altri termini? Partendo da simili elenchi, la domanda iniziale sull’elemento comune appare più circoscritta e al tempo stesso più difficile: tutte quelle cose sono state menzionate perché ritenute «cose della natura», ma c’è davvero qualcosa che è in tutte? C’è davvero un principio da cui tutte derivano e che le fa esistere? Il ruolo di chi conduce la conversazione consiste innanzitutto nel ribadire queste domande e nell’ascoltare le ipotesi del gruppo, aiutando a fare ordine — al momento giusto — sulle direzioni prese e sulle strategie adottate per avanzare. Ci si può ad esempio aspettare che alcuni mettano in evidenza, come caratteristica comune, il fatto che tutte le cose siano soggette alla trasformazione: gli esseri

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viventi nascono, crescono, invecchiano e muoiono; ciò che non vive, in ogni caso, più o meno lentamente, si trasforma. Se si va in questa direzione, è interessante chiedersi: come e perché si trasformano le cose? Lo fanno tutte nello stesso modo? Si potrà trovare allora chi ipotizza che le cose si trasformino «mescolandosi». Ecco alcune voci di bambini al riguardo: «mescolando acqua e terra, si uniscono, e i semi diventano pianta»; «dopo il seme viene la pianta, poi viene l’albero»; «la terra e il seme si uniscono e viene una piantina». Può capitare inoltre che alcuni bambini ritengano necessario introdurre più di un elemento fondamentale. Una bambina di otto anni, ad esempio, ne ha introdotti tre: «terra, acqua e Sole possono fare nascere un fiore». Alcuni bambini notano qui che il Sole fa cambiare le cose «con il caldo»: «il caldo fa sudare»; «il Sole dà anche la luce (non soltanto il caldo, dunque), sennò nel mondo era sempre notte»; «se era sempre notte, tutte le cose che sono nate non potevano nascere». Quando la bambina cita il Sole tra gli elementi fondamentali alla nascita di un fiore, si può dunque precisare che, dicendo «Sole», si stanno citando come principi della trasformazione il «caldo» e la «luce». Qualcuno potrebbe osservare, come mi è capitato tra bambini di nove anni, che è vero che il caldo serve alle cose per nascere, ma che un suo eccesso ha l’effetto contrario: «se il caldo è troppo, seccano le cose». Lo stesso vale per il freddo e per l’acqua: troppo freddo o troppa acqua fanno morire le piantine. Se nel gruppo con cui stiamo lavorando queste intuizioni non si presentassero da sole, data la loro importanza potremmo introdurle invitando alla conversazione degli interlocutori immaginari: «Ho sentito dei bambini della vostra età dire anche questo: voi cosa ne pensate?». Tornando ai tre elementi della bambina (terra, acqua, Sole), alcuni suoi compagni ritennero necessario aggiungere come quarto elemento l’ossigeno: «L’ossigeno si trova nell’aria, dentro di noi, nella terra, nei furgoni, negli alberi, nelle piante, nelle bombole per andare sott’acqua, nel cuore, in tutto il corpo c’è l’ossigeno». Forse proprio l’ossigeno è l’elemento comune a tutto ciò che esiste (essendo anche nella terra e nell’acqua)? Non tutti ne sono persuasi e un bambino trova un controesempio: sembra che l’ossigeno non si trovi ovunque nello spazio extra-terrestre. Può capitare a volte che i gruppi rievochino ricerche ed esperienze precedenti, per tentare di rispondere alla domanda filosofica. È capitato in un gruppo di bambini di nove anni che avevano fatto una serie di osservazioni sui sali minerali: ricordando di averli visti «attaccati a un vetro, come delle macchioline», alcuni dissero che i sali minerali potrebbero essere presenti «in tutte le cose», perché sono nell’acqua, ma anche nelle pietre e nella sabbia; inoltre, «i sali minerali sono anche nell’aria, perché quando vengono le bufere il vento li porta con sé». Non tutti erano d’accordo. In particolare un bambino non era convinto dall’ipotesi, ma non riuscì a spiegare perché. Quando capita di incontrare questi momenti di difficoltà, è importante dare loro il giusto valore: qui il bambino si trova impegnato in una lotta corpo a corpo con il linguaggio e con la propria capacità di argomentare; è come se stesse mettendo alla prova la sua competenza su un terreno più ripido e scivoloso del solito. Non è importante riuscire a superare subito il passaggio difficile: ciò che è importante è essersi spinti per la prima volta fino a lì e allenarsi per le salite future.

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Idee per continuare L

a conversazione sulla domanda di Talete può diventare un ottimo punto di partenza per impostare percorsi su due quesiti generali: come si trasformano le cose? Di cosa sono fatte le cose? Nel primo caso («Come si trasformano le cose?»), gli esperimenti più classici riguardano i semi e le piante, ma se ne potrebbero inventare altri prendendo in considerazione i composti inorganici e confrontando i risultati delle stesse variabili ambientali (ad esempio, immersione nello stesso liquido) su corpi differenti.

Nel secondo caso («Di cosa sono fatte le cose?»), si potrebbe ad esempio fare una ricerca su ciò che la scienza contemporanea dice a proposito degli elementi che compongono il corpo umano e chiedersi se alcuni di quegli stessi elementi si trovano in altre cose (esercitandosi a differenziare il livello di descrizione, passando da elementi come ossigeno, carbonio e azoto alle «parti» che li costituiscono).

Storia

Le domande di Talete possono essere messe in relazione con l’avvio allo studio della Storia, dove i sussidiari delle discipline accennano talvolta all’origine dell’universo, dando alcune informazioni sui miti e sulla teoria contemporanea del Big Bang. Sono in gioco i concetti chiave di «causa», «fatto» e «conseguenza»: Talete si interroga infatti su ciò che fa sì che il mondo sia così come ci appare, con tutte le sue differenze. Le domande del filosofo di Mileto potrebbero infatti essere riformulate così: c’è una causa che spiega perché le cose sono così e non altrimenti? C’è un principio che spiega da dove vengono tutte le cose e come si trasformano? In classe quarta, le domande di Talete possono ispirare dei collegamenti con i miti e le credenze sull’origine del cosmo presso le grandi civiltà dei fiumi (Sumeri, Babilonesi, Egizi), mentre in quinta si può inquadrare la figura del filosofo nella geografia della cultura greca, affrontando il passaggio dall’età micenea all’epoca delle poleis e i complessi rapporti tra Grecia, Asia Minore e Magna Grecia.

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Matematica

A partire dalla classe quarta, le domande di Talete si possono affrontare elaborando dei sistemi di «insiemi», tra cui distribuire le cose individuate dai bambini nelle battute iniziali, quando si tratta di definire in modo più preciso quali siano le cose (o in modo più generale, le categorie di cose) a cui pensiamo quando ci riferiamo a «tutto ciò che esiste».

Scienze, Tecnologia

Fin dalla classe terza primaria si affrontano la classificazione dei materiali (solidi, liquidi, gassosi; naturali e artificiali) e la distinzione tra esseri non viventi e viventi. La domanda di Talete permette di introdurre o di riprendere l’argomento, in quanto richiede sia di riflettere sulle differenze nell’ambito dell’esistente, sia di ipotizzare elementi o principi comuni, o una comune origine. Un altro tema vicino alla domanda di Talete (e ancor più al pensiero di Anassimandro) è quello dell’evoluzione: i libri fanno riferimento al formarsi dei batteri (organismi viventi molto piccoli e semplici) nell’acqua (materia non vivente). Chi si sofferma su questa informazione arriva probabilmente a chiedersi: com’è avvenuta questa trasformazione? Cosa c’è in comune tra l’acqua, gli elementi non viventi che essa può contenere e i batteri? Se i batteri iniziano a comparire a seguito di una trasformazione di qualcosa che c’era già, cosa hanno «preso» da ciò che già esisteva (elementi comuni) e cosa hanno di diverso (cosa li rende «vivi»)?

Scienze, Tecnologia

Talete fu colpito dalla pervasività dell’acqua. Per farsi un’idea di come l’elemento «entri» nelle piante, si può diluire del colorante rosso in un bicchiere pieno d’acqua e immergervi un gambo di sedano. Dopo alcuni giorni si potrà osservare la traccia dell’acqua risalita lungo il gambo.

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