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Studente, corilicoltore e professore

L’evoluzione di Giacomo Citterio, da ex allievo alla scelta di dedicarsi alla coltivazione delle nocciole, fino al ritorno tra i banchi di scuola come prof per raccontare cosa vuol dire essere un imprenditore oggi a coloro che lo saranno domani

Giacomo Citterio coltiva nocciole e dopo aver frequentato Fondazione Minoprio ha deciso di diventare un corilicoltore. La sua scelta deriva dalla voglia di fare qualcosa di nuovo “che avesse futuribilità” e soprattutto che gli permettesse di impostare una coltivazione biologica. In questa intervista ci racconta la sua esperienza da imprenditore e di appassionato del mondo vegetale, un percorso che si chiude con il ritorno come insegnante presso Minoprio dove lui stesso si è formato e dove punta a ispirare i suoi studenti ad approcciarsi al settore con entusiasmo in modo tecnico ed etico.

Giacomo, com’è nata la passione per il mondo vegetale e come ti sei formato?

«La passione per il mondo vegetale nasce da bambino e mi è stata trasmessa dalla famiglia. Ho studiato all’Istituto Tecnico Agrario di Fondazione Minoprio e mi sono laureato alla Facoltà di Agraria di Pisa, diventando agronomo. La mia passione, unita alla mia formazione, mi ha permesso oggi di realizzare il mio sogno, ovvero essere un imprenditore agricolo».

Perché hai deciso di produrre nocciole?

«Perché c’erano molti campi a disposizione e avevo voglia di inserire una coltivazione nuova e non presente nell’area, che avesse futuribilità. Il nocciolo mi è sembrata la scelta migliore anche per impostare una coltivazione biologica».

Parlaci della giornata tipo di giovane imprenditore e dicci come mai hai deciso di investire nel biologico.

«Coltivo nocciole, quindi sono un corilicoltore. Le mie giornate dipendono dal periodo: se ne alternano alcuni di maggior carico, con lavori prettamente di campo, come le lavorazioni preparatorie, le concimazioni e la raccolta, e altri di minor carico, durante

DI VISTA ECOLOGICO E HA OTTIME PROSPETTIVE DI MERCATO”

i quali mi occupo di mansioni burocratiche, legate agli aspetti tecnici dell’azienda. Scegliendo di coltivare noccioli biologici, ho fatto una scelta agronomica, perché è una buona coltivazione dal punto di vista ecologico e ha ottime prospettive di mercato».

In termini di costi, è più dispendioso rispetto a un’agricoltura di tipo convenzionale?

«È un tipo di costo diverso, perché il biologico impone più lavorazioni, dovendo sopperire al non utilizzo di determinati prodotti fitosanitari, che ti costringe a immettere più lavoro. Tutto ciò, però, ha una resa maggiore, quindi viene compensato».

La produzione della tua azienda è sostenuta dalla ricerca o da altre risorse?

«È sostenuta dal punto di vista di un aiuto tecnico da parte di Regione Lombardia, che incentiva queste tipologie di coltivazione, ma anche dalla Comunità Europea. In ogni caso la maggior parte dell’aiuto lo devi dare tu stesso in primis».

I lunghi periodi di siccità impattano inevitabilmente sull’agricoltura: come hai ovviato a questo problema?

«Ovviare al problema della siccità del nocciolo è avvenuto a monte, quando ho scelto di coltivare questa specie vegetale, che ha un fabbisogno di acqua molto limitato, sfruttando soprattutto la rusticità e la tipologia forestale della pianta stessa».

E con i patogeni che attaccano le piante? Tra le tante specializzazioni, sei anche entomologo…

«Essendo un’azienda biologica, non posso trattare il problema dei patogeni con i prodotti classici, in quanto il biologico impone degli studi e delle operazioni più specifiche. Oggi, ad esempio, sulla cimice si sta iniziando ad andare verso tecniche agronomiche specifiche e di contenimento biologiche valide, come l’utilizzo di antagonisti, che hanno permesso il raggiungimento di un buon livello di resa in campo».

Sei un giovane imprenditore, qual è la maggior difficoltà nella gestione dell’impresa?

* Progetto che vede Edizioni Laboratorio Verde collaborare con la Fondazione Minoprio ITS. Un comitato di redazione composto da allievi e professori, per raccontare il mondo del verde là dove si formano i professionisti del settore. Cinque gli studentiredattori coinvolti: Iris Cazzaniga, Alessia De Micheli, Alessandro Ferri, Giacomo Gatti e Maddalena Mercandalli. Quattro i professori: Daniela D’Alessandro, Barbara Fedrigo, Andrea Tomé e Debora Piccolo

«Più che difficoltà, sono gli impegni stessi nel condurre l’impresa, come gli aspetti burocratici legati all’attività e lo stare dietro al campo dal punto di vista agronomico , nel quale lavorare non è mai scontato e banale. Inoltre, parlando di attualità, anche interfacciarsi con l’aumento dei costi energetici che incidono sull’impresa e, di conseguenza, sull’imprenditore, sono impegnativi».

Ti sei diplomato in Fondazione Minoprio e dopo qualche anno torni in qualità di insegnante: cosa ti ha spinto in questa direzione e quale consiglio daresti ai tuoi studenti?

«La scelta è stata romantica, perché sono tornato dove mi sono formato e dove sono diventato uomo, per la volontà di trasmettere la mia passione per le piante e determinati valori tecnici e umani alle nuove leve, che saranno gli imprenditori agricoli del domani. Il consiglio che mi viene da dare ai miei studenti è di credere in questo settore, che ha grandi margini, approcciandosi con entusiasmo in modo tecnico ed etico».

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