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Immaginare un giardino

Partire dalla visione di un progetto, per poi renderlo reale, facendo affidamento sulla conoscenza della materia: questo l’approccio di Mirco Colzani, che riavvicina la figura del paesaggista a quella del giardiniere

Sono peraltro tornato a Minoprio, recentemente, ma in veste di insegnante, per svolgere alcune ore di lezione: una grossa responsabilità, ma di certo una grande soddisfazione, proprio perché per me la scuola è sempre stata una famiglia, importante per la crescita personale oltre che per quella professionale».

Hai lavorato in diversi Paesi, dall’Australia all’Inghilterra, oltre all’Italia. Che valore hanno avuto queste esperienze?

«Dopo la formazione ho scelto di partire e andare in Australia, dove ho potuto lavorare in un’azienda di costruzione paesaggistica, che si occupava specialmente di creazione di parchi pubblici e manutenzione negli zoo. Dopo sei mesi, ho trovato un altro lavoro in una delle aziende per la manutenzione del verde più famose e rispettate del Paese. Quando sono rientrato in Italia ho scelto di mettermi in proprio, aprendo una mia azienda e iniziando a creare e progettare qualche piccolo giardino, completamente da solo. Dopo un breve periodo sono ripartito per l’Australia, dove si aprivano nuove prospettive lavorative che mi permettevano di lavorare come paesaggista in un’azienda che non faceva solo progettazione, ma anche consulenze a distanza in altri Stati. Alla fine di un anno di lavoro ho deciso di andare in Inghilterra, sperimentando e conoscendo meglio il giardino all’inglese. Tutte esperienze che ho conservato e accumulato negli anni, che ritornano nei miei lavori di oggi come risultato di tutto quello che ho avuto modo di sperimentare in giro per il mondo».

Però poi sei tornato in Italia definitivamente…

«Sì, successivamente ho scelto di ritornare in Italia e iniziare a creare i giardini con il mio stile. I primi progetti che ho realizzato ho scelto di regalarli, visto che ci tenevo a farli bene, fino a quando dopo essermi fatto conoscere nel settore, anche grazie alla mia partecipazione a Orticolario, ho iniziato a far pagare non solo la realizzazione ma anche il progetto. La conoscenza del mondo vegetale, pratica e con le mani nella terra, è fondamentale per la fase di progettazione, e viceversa».

Nel 2018 hai partecipato a Orticolario e vinto diversi premi. Che tipo di contesto è nel quale misurarsi?

«A Orticolario ho partecipato per due anni consecutivi, nel 2018 e nel 2019. Nel 2018 il tema era il gioco e avevo partecipato con lo spazio spLaYce ship, un progetto molto “wild”, principalmente di graminacee. L’anno successivo ho partecipato con una sintesi tra un giardino formale moderno e uno naturalistico, lo stile che, del resto, maggiormente mi accompagna oggi. In entrambi gli anni ho utilizzato la stessa forma e le stesse dimensioni dell'area, proprio per far vedere nei due anni consecutivi al pubblico di Orticolario, che spesso è un pubblico che si ripete, che in due pezzi completamente identici si possono creare diverse soluzioni. Si ha più o meno una tela bianca sulla quale disegnare, anche se in minima parte occorre contestua- lizzare nel contesto di Villa Erba. Poi si tratta però di un contest tra paesaggisti, quindi poi si può anche osare un po' di più».

Come nasce un giardino, secondo te?

«Gli elementi sono moltissimi. Innanzitutto, un giardino nasce da un luogo, che deve essere sempre rispettato. Ma è anche vero che all'interno di un determinato luogo bisogna sempre avere un po' di coraggio per osare un pochino, perché altrimenti si realizzano lavori tutti uguali. Poi il giardino nasce dalle persone, dall’incontro degli stili e delle esigenze del cliente, tanto quanto del paesaggista. Ingredienti fondamentali, invece, conoscenza e competenza tecnica: bisogna sempre fare fede alla botanica per realizzare al meglio l’idea che abbiamo immaginato. Da qui mi ricollego a un altro elemento fondamentale: l’immaginazione, una visione del progetto che nasca dallo spazio su cui lavorare, ma anche dalla capacità di leggere il cliente».

C’è un tuo progetto che, per qualche motivo, hai preferito ad altri? «Tutti i miei lavori mi stanno sempre molto a cuore: se non mi sta a cuore un lavoro non lo prendo. Mi è capitato con alcuni clienti, ove non c'erano le condizioni per fare un bel lavoro, di rifiutare».

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