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ANNO XIII | NUMERO 2 | FEBBRAIO 2021 | www.fsitaliane.it
PER CHI AMA VIAGGIARE
AMORE E DINTORNI
T R A S TORIE, VIA G G I E C AR TO O N
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EDITORIALE
L’AMOR CHE MOVE IL SOLE E L’ALTRE STELLE
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ebbraio si spacca in due, e traccia il confine tra Carnevale e Quaresima. Due estremi, come sono allegria e contrizione, giorno e notte… yin e yang. Ecco, tutta la nostra vita sembra ruotare intorno a queste opposte polarità e dipanarsi per giorni, mesi, anni tra cime e abissi, trovando periodica quiete nelle pie-
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ghe che l’esistenza ci offre tra il bianco e il nero assoluti. È in queste pieghe che scopriamo le proprietà benefiche e rilassanti della medietas, di un distanziamento, anche psicologico, dagli estremi. Ebbene questo percorso naturale è stato stravolto dalla pandemia, immersi come siamo da ormai un anno
in un clima di persistente pesantezza, di lutti e sofferenze che ci inducono nell’insana tentazione della rimozione, non trovando più adeguato rifugio neppure nelle nostre comfort zone, come la routine lavorativa, la vita famigliare, gli hobby e le passioni della domenica, contaminate anche loro da un’aura e un’inquietudine oppressive.
© ryo_k12/AdobeStock
Siamo confusi, smarriti, ma non dobbiamo smettere di essere ottimisti. Ottimisti e razionali. Ottimisti e realisti. La Freccia di questo mese non può suggerirvi nessun tradizionale appuntamento in maschera, tutti rimandati all’autunno, fuori dalla loro stagione. Resiste però il 14 febbraio, San Valentino, la festa degli innamorati. Per questo a febbraio vogliamo parlarvi soprattutto d’amore. Quello sacro, potente, «che move il sole e l’altre stelle»; quello leggero, pop, dei cartoon; quello cortese o passionale; quello che, duri una vita o poche ore, «a nullo amato amar perdona». Perché le polarità,
in amore, possono diventare anche complementari. Perché è l’amore il vero e unico motore della vita, dove yin e yang si abbracciano, si avvinghiano e diventano una cosa sola. Perché l’amore può condensare gli opposti, farli convivere, pur non riuscendo a conciliarli: «Odi et amo», come recita l’incipit di un famosissimo Carme del poeta latino Catullo. Insomma, perché l’amore fa miracoli. Con questa rivista non possiamo ambire a tanto, ma vogliamo almeno farvi viaggiare, incontrare coppie innamorate, persone e luoghi stimolanti; suscitarvi emozioni e smuovere la vostra curiosità, nell’attesa di ri-
trovarci insieme a bordo di una delle nostre Frecce, e accompagnarvi di nuovo a mordere la vita. Lontani dal livido grigiore di giorni che dovranno, prima o poi, diventare un ricordo. Un ricordo ricco, però, di preziosi ammonimenti. Facciamo quindi tutto quanto è nelle nostre possibilità e nel nostro dovere perché questo accada. Non c’è bisogno di essere – o mascherarsi da – Superman, anche se tutti noi vorremmo chiudere gli occhi, trovarci abbracciati al nostro supereroe o alla nostra Lois Lane e volare via, leggeri. Riaprirli, e «riveder le stelle». In un cielo finalmente libero da nubi. 3
MEDIALOGANDO
FORMICHE, UN ANTIDOTO ALLA SUPERFICIALITÀ A CONFRONTO CON FLAVIA GIACOBBE, DIRETTORE DEL MENSILE DI APPROFONDIMENTO FORMICHE. UNA BUSSOLA PER ORIENTARSI NEI CAMBIAMENTI DELLA NOSTRA SOCIETÀ di Marco Mancini
marmanug
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ra le abitudini indotte dalla pandemia, le videochiamate sulle piattaforme digitali sono ormai diventate il surrogato degli incontri de visu. È così che abbiamo medialogato, un venerdì pomeriggio di fine gennaio, con Flavia Giacobbe, direttore dal 2012 del mensile Formiche. Per farlo abbiamo tribolato un po’ perché, checché se ne dica, la digital revolution deve fare ancora molta strada nel nostro Paese affinché il sol dell’avvenire possa illuminarne i destini. Ma superati firewall sospettosi, WiFi pigri e piattaforme inconciliabili per policy aziendali, hanno poi potuto liberamente esprimersi l’affabilità, la lucidità, l’energia e la freschezza di pensiero della nostra interlocutrice. Intanto, per cominciare, chi è Flavia Giacobbe? Una giornalista romana che ha mosso i primi passi al quotidiano Il Tempo. Dalla carta stampata sono poi passata alla televisione, come giornalista televisiva per l’emittente Odeon TV e poi, quasi per caso, sono approdata a Formiche. Era l’autunno 2011, e l’idea era di fare una sosta dalla televisione, cimentandomi in una realtà diversa, per poi tornare alla mia precedente esperienza. Invece sei ancora qui, e da oltre otto anni sei direttore del mensile. Sì, la vita, anche quella professionale, prende spesso direzioni imprevedibili. Sono rimasta a Formiche, e credo di aver fatto la scelta giusta, perché il magazine ha forgiato il mio profilo professionale, aprendomi un mondo fatto di approfondimento e di capacità critica che né il quotidiano né la televisione mi avevano stimolato. La mitezza, la curiosità, l’approfondimento sono secondo me ingredienti preziosi per costruire un giornalista, e non tutti i colleghi hanno la fortuna di poterli coltivare. Insomma, posso dire che si tratta di una storia positiva. In effetti, un direttore donna e giovanissima… non proprio una mosca bianca ma quasi, almeno qui in Italia. È così e ti racconto un episodio. Ero da poco direttore, avevo poco più di 30 anni, e sono dovuta andare all’Ordine dei giornalisti per dirimere una questione importante che riguardava un dipendente. Quando il presidente e i consiglieri mi hanno ricevuto pensavano che io fossi il dipendente e non il direttore. «Ma no, non è possibile, lei è troppo giovane. Noi ci aspettavamo una signora più grande». Ecco, arrivare presto in queste posizioni è piuttosto raro, ed
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Flavia Giacobbe, direttore del mensile Formiche
è senz’altro un vantaggio, ma anche un pericolo perché ti puoi bruciare per inesperienza. Io credo che, al di là dei percorsi individuali, ci sia davvero bisogno anche nel giornalismo di freschezza, inventiva, voglia di sperimentare, che non sono sempre correlati all’anagrafe, ma spesso sì. Ma torniamo alla dimensione del mensile: hai detto che ti ha aperto un mondo…
Sì, perché viviamo in una grande bolla dell’informazione. Siamo tutti bombardati da messaggi, sempre più numerosi e superficiali, su ogni piattaforma tecnologica. Per questa ragione considero un privilegio poter offrire un luogo in cui far sedimentare il pensiero e generare sia approfondimenti sia confronti. Quel luogo è la rivista. Ecco, raccontaci bene cos’è Formiche. Intanto è un progetto editoriale che ha scelto sin dalla sua fondazione di scommettere sul mercato. Non ha mai goduto, per scelta, del finanziamento pubblico. È una rivista che si può comprare in libreria, ricevere in abbonamento o acquistare in versione digitale. Trattiamo argomenti che abbracciano la politica, interna ed estera, ma anche l’economia, la cultura, le tecnologie, l’ambiente e la sicurezza. Ci sforziamo di essere una rivista seria, ma certo non grave. Insomma, non vogliamo essere guardati come un oggetto da collezione. Formiche è da leggere. Già perché oggi, nell’epoca dei tweet e dei messaggi sincopati, i tempi di attenzione si sono molto contratti. E questo penalizza l’approfondimento, lo fa apparire tedioso. L’affermazione dell’infosfera ha prodotto molte opportunità ma anche numerose contraddizioni. La nostra società sta cambiando con la sua comunicazione. E dovremmo prestare tutti maggior attenzione. Tornando a Formiche, negli anni abbiamo modificato il nostro format, rendendolo più snello e fruibile. Per esempio proponiamo interventi che siano contenuti in due pagine. Non abbiamo la presunzione di competere con Denis Diderot e la sua Enciclopedia. Facciamo di tutto per favorire e invogliare la lettura, provando a confezionare anche un prodotto bello, elegante e con bellissime illustrazioni.
La lunghezza non eccessiva è una strategia, ma non credo l’unica. Esatto. Formiche cerca di essere una rivista mai uguale a se stessa. Cerchiamo sempre di sorprendere il lettore e incuriosirlo. Per questo, i temi che affrontiamo sono sempre diversi e soprattutto sono numerosissimi gli autori prestigiosi che coinvolgiamo. Il pluralismo delle idee e dei punti di vista, purché ancorati alla qualità e alla profondità, sono un elemento di distinzione che proviamo a preservare. Nell’interesse dei nostri lettori. Chi sono i vostri lettori? Ci rivolgiamo soprattutto alle istituzioni, ai policy maker, alle aziende, alle università, al terzo settore, a quanti già sono o si candidano a essere classe dirigente consapevole. Abbiamo una diffusione di circa 15mila copie, un target di nicchia ma capace di ampliarsi attraverso l’engagement che riusciamo a ottenere con i social media. Più di un nostro webinar ha registrato singolarmente un’audience superiore ai 100mila contatti. Perché, com’è ormai consuetudine nel mondo dell’editoria, anche Formiche fa parte di un ecosistema più ampio… È ben più di una rivista, è una vera e propria comunità. Dialoghiamo attraverso il mensile, il quotidiano online e i seminari, ora in formato digitale. Si tratta di appuntamenti che stanno conquistando sempre più attenzione. Nonostante siano proliferate le iniziative online, le nostre hanno un carattere distintivo che le rendono particolarmente attrattive. Sui nostri canali è possibile dialogare con l’astronauta Luca Parmitano oppure con John Podesta, fondatore del think tank Center for American Progress e già consigliere dell’ex presidente Usa Barack Obama. Senza contare incursioni come quella della famiglia Surace. Contenuti di qualità e ospiti non banali. Questa formula piace molto. E qual è il rapporto con il sito Formiche.net? La rivista cartacea rappresenta il progetto e il nucleo originario. Da lì, dopo un po’ di anni, è nata l’idea di un sito che potesse approfondire proprio le questioni del quotidiano. Fin dall’inizio, abbiamo deciso di creare due piattaforme completamente diverse, con direttori e redazioni a sé stanti. Diciamo che siamo due corpi distinti, ma nient’affatto distanti. Abbiamo linguaggi diversi per una fruizione che è completamente differente. Nonostante questo, abbiamo una grande identità di stili. Il marchio “Formiche” ci unisce e ci rende un’unica grande squadra, molto affiatata. Come si evince nelle sinergie che mettiamo in campo sui webinar. Con risultati lusinghieri, visti gli oltre 100mila contatti raggiunti sul web… Integrare online e offline è una sfida bellissima e ogni giorno diversa. La comunità di Formiche si aspetta da noi una informazione di qualità, anche nei social. C’è un forte desiderio di contrastare la sempre più diffusa, e più subdola, disinformazione. In effetti sui social troviamo di tutto, un incontrollabile mix di verità e post verità, news e fake news. Urgono antidoti… Questa nuova dimensione della comunicazione mette a rischio la stessa democrazia, come abbiamo visto recentemente con i fatti di Capitol Hill. Potremmo citare le interferenze registrate in occasione della Brexit, nelle elezioni 5
MEDIALOGANDO
americane del 2016, con la stessa pandemia. Insomma, oggi serve da parte di tutti un plus di responsabilità. Soprattutto per i giornalisti. Nel suo piccolo Formiche, in tutte le sue piattaforme, cerca di proporsi come una modesta ma efficace bussola per comprendere e decifrare gli eventi che viviamo, orientandosi nei cambiamenti in atto. Insomma, il ruolo del giornalismo e dei giornalisti, dopo la sbornia dei movimenti anti establishment che non li ha risparmiati, torna a essere fondamentale. Non ha mai smesso di esserlo, anche se con l’affermazione dei social network si era fatta avanti l’idea di una possibile disintermediazione tale da rendere la figura del giornalista quasi superflua, in procinto di essere completamente travolta dalla rivoluzione digitale. E invece il successo dei new media e dei social ci hanno di fatto mostrato ancora di più il valore di questa professione, del rispetto di regole condivise, dell’autorevolezza e della serietà delle fonti e quanto un’informazione professionale costituisca una tutela per l’opinione pubblica. E anche, condivido, una tutela per la democrazia. Resta tuttavia il problema, al quale hai fatto prima cenno, della smodata quantità di informazioni che riceviamo e della superficialità nell’elaborarle. È vero, con l’informazione compulsiva che troviamo in Rete spesso pensiamo di essere molto e ben informati ma, in realtà, non è così. È una percezione ingannevole. Non basta leggere un titolo, magari gridato, per dire: «Ho capito la notizia, la so». E questo è il modo più sbagliato per informarsi. Come ho detto, il tema della superficialità è complesso, e riguarda anche una società che si sfilaccia, come ci ammonisce il professor Giuseppe De Rita. Questo accresce la responsabilità dei media e dei suoi operatori. Ma è anche una questione culturale e, lasciami dire, educativa. Insomma, un ruolo anche pedagogico che la scuola negli anni ha un po’ smarrito e che, di fronte alle nuove frontiere della comunicazione, dovrebbe ritrovare. Perché il web, e il digitale, insieme alle enormi opportunità nascondono insidie e minacce. Riconoscere che c’è un ingrediente importante di disinformazione nella nostra società mostra la necessità che le giovani generazioni, ma anche gli adulti, debbano imparare a maneggiare con consapevolezza Internet e i social, saper alzare la guardia, cercare sempre l’autorevolezza della fonte. Non eravamo pronti a questo nuovo mondo ma dobbiamo essere rapidi nel fornire ai giovanissimi strumenti cognitivi adeguati. Senza bussola rischiano di annegare nell’oceano dell’infosfera. L’autorevolezza della fonte. Ecco, qual è lo stato di salute del giornalismo in generale e di quello italiano in particolare? Il giornalismo in Italia, secondo me, gode di buona salute. Anche in America abbiamo visto come la funzione critica svolta da una buona parte dei media abbia costituito un ingrediente importantissimo per il lievito della democrazia. Per altri versi, la professione vive un momento di trasformazione che la pandemia non ha fatto altro che accelerare. La questione per tutti noi è come governare il cambiamento senza esserne vittime. 6
Su questo numero della Freccia noi parliamo soprattutto d’amore. E su Formiche, qual è il tema del mese? Napoleone Bonaparte. Ma in fondo affrontiamo anche il suo rapporto con l’amore, quindi siamo allineati al vostro magazine. A maggio saranno 200 anni dalla morte di Napoleone, e noi abbiamo voluto soffermarci su questa figura storica molto controversa, dalle tantissime sfaccettature, ma anche molto attuale. Attenta all’importanza della comunicazione, abile nel promuovere il “brand Napoleone”, con idee brillanti sulla ricerca del consenso e visioni quasi premonitrici. Mentre si affermavano i valori della Rivoluzione, Bonaparte già pensava al valore che avrebbe avuto un’Europa unita e al pericolo di Pechino: «Quando la Cina si sveglierà il mondo tremerà». Ci salutiamo ricordando Il cinque maggio di Manzoni e, posteri quali siamo, pronunciamo dopo due secoli l’ardua sentenza: sì, fu vera gloria. Che Formiche celebra con un numero da non perdere. formiche.net formichenews formichenews formichenews
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SOMMARIO FEBBRAIO 2021
IN COPERTINA SUPERMAN E LOIS LANE
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67
RIDERE PER AMORE
54 POP (HE)ART
58 METE DEL CUORE
64 UN’ALTRA MONTAGNA PUGLIA SENZA TEMPO
UN TRENO DI LIBRI
71
Invito alla lettura di Alberto Brandani, che questo mese propone ai lettori della Freccia il nuovo romanzo di Luca Di Fulvio, La ballata della Città Eterna pag.
Dal 7 al 21 febbraio la regina delle Dolomiti ospita i campionati di sci alpino. Oltre 600 atleti da 70 nazioni gareggiano per aggiudicarsi i 13 titoli in palio
16 L’ITALIA CHE FA IMPRESA
IL PATRIMONIO DEL FUTURO
78 VERSI GENTILI
80 AMOR SACRO E PROFANO
86 CARNEVALE NELLA STORIA
89
42
20 GUSTA & DEGUSTA
42
74
CORTINA MONDIALE
RAILWAY HEART
WHAT’S UP
LA CITTÀ DEL MITO
38
56
12
22
68
27
UN ORTO PER TUTTI
COME IN UNA FAVOLA Sei coppie famose raccontano luoghi, progetti e segreti del loro amore. In attesa del prossimo viaggio a due
92 LA SOLIDARIETÀ È UN’ARTE
96 ARANCE CONTRO IL CANCRO
88
98 DIGITAL FASHION
101 ALTAROMA STYLE
102 IL FUTURO IN PASSERELLA
104 58
INDIPENDENTI A SANREMO
102
108 SEMPLICEMENTE TINA
112 ITALYART
116 LA SISTINA IN VENDITA
127 FUORI LUOGO LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO
119 SCOPRI TRA LE PAGINE LE PROMOZIONI E LA FLOTTA DELLE FRECCE i vantaggi del programma CartaFRECCIA e le novità del Portale FRECCE
8
Tra le firme del mese
I numeri di questo numero
70
le nazioni che gareggiano alla Coppa del mondo di sci alpino [pag. 38]
1.000
CESARE BIASINI SELVAGGI Critico d’arte, curatore e saggista. Da marzo 2017, direttore editoriale di Exibart.com ed Exibart on paper. È anche co-direttore del festival Art+b=love (?) di Ancona
i m² dell’orto urbano messo a disposizione da Villaggio 95 [pag. 89]
250
le aziende che hanno aderito a Pitti Uomo [pag. 99]
100
gli scatti di Tina Modotti al Mudec di Milano [pag. 109]
Read also
PEPPE IANNICELLI Giornalista, scrittore e conduttore radio e tv. Ama raccontare e vivere la vita: viaggi, tavole gustose, arte e spettacoli, chiese, moschee, occhi negli occhi
FSNews festeggia il primo anno nella sua nuova veste, sempre più ricca di contenuti multimediali, come podcast e video, pensati per arricchire interviste e approfondimenti. In questi 12 mesi, la testata giornalistica online del Gruppo FS ha accompagnato i lettori con notizie sul mondo ferroviario, la mobilità e i nuovi modi di viaggiare al tempo del Covid-19, per raccontare un mondo che si è trovato improvvisamente a mettere in discussione stili di vita e abitudini.
PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XIII - NUMERO 2 - FEBBRAIO 2021 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 26/01/2021 Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane FS Italiane | PHOTO AdobeStock Copertina: TM & © 2021 DC. All Rights Reserved Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore
ALCUNI CONTENUTI DELLA RIVISTA SONO RESI DISPONIBILI MEDIANTE LICENZA CREATIVE COMMONS BY-NC-ND 3.0 IT
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Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre Silvia Del Vecchio Gaspare Baglio Francesca Ventre Giovanna Di Napoli Michele Pittalis, Claudio Romussi Serena Berardi, Claudia Cichetti, Cesare Biasini Selvaggi, Alberto Brandani, Francesco Bovio, Peppone Calabrese, Viola Chandra, Fondazione FS Italiane, Alessio Giobbi, Peppe Iannicelli, Valentina Lo Surdo, Matteo Lucchi, Luca Mattei, Bruno Ployer, Enrico Procentese, Andrea Radic, Elisabetta Reale, Gabriele Romani, Flavio Scheggi, Filippo Teramo, Mario Tozzi
REALIZZAZIONE E STAMPA
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
VALENTINA LO SURDO Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino
PROGETTO CREATIVO
Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli
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FILIPPO TERAMO Direttore di VdGmagazine.it. Giornalista eclettico, vanta diverse collaborazioni con quotidiani, magazine e televisioni. Da cronista di enogastronomia racconta personaggi, territori e tutto ciò che tocca le corde dei sensi
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FRECCIA COVER
Antony Gormley SHY (2017) Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio Courtesy l’artista
LA TIMIDEZZA DI GORMLEY di Sandra Gesualdi sandragesu sandragesu
Trasmette silenzio e salda fermezza. Impossibile non alzare lo sguardo su di lei o rallentare il passo per girarle intorno e ammirarla, silenziosa e imponente, appunto. È SHY, l’opera di Antony Gormley inaugurata lo scorso dicembre a Prato dal Comune e dalla Fondazione per le arti contemporanee in Toscana, attraverso il Centro Pecci, in collaborazione con l’Associazione culturale Arte Continua. Il colosso di 3.600 chilogrammi – anima di ghisa e testa tra le nuvole, con i suoi quasi quattro metri d’altezza – ha una missione: occupare per sei mesi, fino a giugno, un luogo urbano secolare, piazza del Duomo, per inscenare un testa a testa con Michelozzo e Donatello, che lì hanno decorato
la facciata della Cattedrale con il celebre pulpito. Un modo per far nascere una relazione tra antico e moderno che reinterpreti il concetto di spazio pubblico, dove gli umani sentimenti si connettono. «L’arte non deve servire il potere, come accadeva nell’antichità, ma fare da catalizzatore per memorie future. Trasformarsi in una possibilità collettiva che occupi la nostra vita quotidiana e ci racconti il tempo e lo spazio», afferma l’artista londinese. Come a dire che la scultura, accessibile e socializzante, ci parla. Timidamente. antonygormley.com cittadiprato.it 11
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PHOTOSTORIES PEOPLE Relax in viaggio © Ludovica Perna cappuccino.ludo
IN VIAGGIO Stazione Termini di Roma © Lorenzo Cardone lwr88
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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME a cura di Enrico Procentese
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente, priva di watermark, non superiore ai 15Mb. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt un progetto di Digital Communication, Direzione Centrale Comunicazione Esterna, FS Italiane.
enricoprocentese
LUOGHI Stazione Centrale di Milano © Claudia Alemanno lateladiclaudia
AT WORK Stefano a Roma Termini © Stefano Nicolò stefano_nicolo
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RAILWAY heART
A TU PER TU a cura di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it
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aolo, 53 anni, responsabile nella gestione e manutenzione ciclica dei componenti dei treni per la Direzione tecnica di Trenitalia, lavora nelle Officine di Vicenza. Quando sei entrato nel Gruppo FS? Nel 1988 e ho cominciato subito nelle Officine di Vicenza, una delle sedi storiche per la manutenzione dei treni, che da poco più di dieci anni si concentra sull’Alta Velocità. Ne ho seguito le evoluzioni già prima del lancio commerciale. Di cosa ti occupi in particolare? Con il mio team provvediamo al monitoraggio e alla manutenzione dei componenti smontabili e rimontabili di Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, cioè di tutto quello che si sgancia dalla cassa del treno: motori di trazione, carrelli motori e portanti, sale montate o sistema frenante. Tutti accessori che revisioniamo e sostituiamo a seconda delle necessità e degli esiti dei controlli, attraverso un processo che riguarda anche test in linea e corse prova dopo gli interventi. Qual è la tua esperienza nell’Alta Velocità? Dopo le prime revisioni iniziate a Vicenza a fine anni ’90, ho partecipato all’upgrading tecnologico e degli interni del treno capostipite dell’era AV, l’ETR 500, sino alla sua definizione nel brand di punta Frecciarossa, entrato in circolazione a dicembre del 2009. Negli anni ho proseguito questo percorso nelle Officine di Vicenza, che nel frattempo sono diventate un centro specializzato nella manutenzione della flotta Alta Velocità. In particolare, mi sono occupato del Frecciarossa 1000 e del Frecciargento 700, dei loro carrelli e assi motori. Raccontaci la tua attività. Uno degli aspetti più affascinanti riguarda la manutenzione predittiva, un sistema diagnostico all’avanguardia che consente di intervenire in anticipo sui componenti monitorati rispetto al manifestarsi di un’anomalia o un guasto. Questo avviene grazie all’interpretazione, con sistemi di ultima generazione e algoritmi sperimentali, dei primissimi segnali di debolezza provenienti da un componente. Una sorta di intelligenza artificiale? Si tratta di una particolare sensoristica che si sviluppa lungo tutto il treno, in alcuni punti specifici delle linee ferroviarie e anche in vari impianti, per esempio a bordo del tornio in fossa che ci consente azioni mirate prima che il convoglio si fermi per un problema tecnico. Lo scopo è eliminare ogni inefficienza grazie alla connessione tra sensore e componente del treno e, al tempo stesso, garantire una manutenzione nell’esatto momento in cui è necessario. Un sistema, quindi, ancora più efficace rispetto alla manutenzione programmata a tempo o pianificata a seconda dei chilometri di percorrenza.
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LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE
R
enato Bernardi, 50 anni, chef e ambasciatore della dieta mediterranea nel mondo, volto di programmi targati Rai2 e Mediaset, oggi nella trasmissione Sempre Verde, in onda su Rete 4, e autore di vari libri sugli stili alimentari. La sua esperienza di viaggio, umana e professionale, lo ha portato da Torino a Roma per coronare un sogno. Com’è nata la passione per la cucina? Ho iniziato a coltivarla verso i 12 anni, quando ho lasciato il Piemonte per trasferirmi a Roma, dove ho proseguito i miei studi. Il salto dalla realtà operaia torinese a uno scenario più variopinto ha dato il via a un desiderio di conoscenza, in cui anche il viaggio ha avuto un ruolo importante. Parlaci del tuo lavoro. Sono responsabile dell’industria alimentare di una società che produce e distribuisce oltre duemila pasti al giorno, preparati secondo linee guida salutistiche, per le scuole della provincia di Roma. Ma sono anche un cuoco in continua esplorazione, ambasciatore della dieta mediterranea nel mondo. Esperienze che hanno orientato i miei piatti verso la cura del particolare, perché una buona ricetta è la capacità di tradurre il bisogno di una persona in un’idea che lo soddisfi. Il tuo rapporto con il treno? Viaggio soprattutto sulla Roma-Torino e la Roma-Padova. Per me il treno è il mezzo più confortevole di tutti, capace di ispirare riflessioni e similitudini: penso all’immagine di Guglielmo Tell che trafigge con una freccia la mela sulla testa del figlio. La mela è il cibo, la freccia l’immediatezza, la precisione. Come un treno che va avanti nel suo percorso, il cuoco si muove sui binari immaginari di una cucina, pianificando itinerari ben definiti per adempiere ai suoi compiti. Spostarsi con l’Alta Velocità, quindi, è una forma mentis che ben si adatta al mio mondo. Il cibo si lega in maniera naturale al viaggio? L’alimentazione va di pari passo con le abitudini, sempre più salutari, delle persone. La dieta mediterranea è uno stile di vita che racchiude in sé i concetti di movimento, cura dello spirito e nutrizione corretta ed equilibrata. Uno straordinario viaggio nel benessere a tavola, quindi, che mi piace raccontare ogni sabato nella rubrica gastronomica del programma Sempre Verde, condotto da Luca Sardella su Rete 4. Al benessere si collega anche il concetto di nutriscienza. Di cosa si tratta? Il cibo è uno strumento fondamentale per la salute e l’attenzione ai cambiamenti del corpo umano deve tenerne conto. Per questo, insieme al nutrizionista Antonello Senni, ho scritto il volume La nutriscienza (Agra, pp. 160 € 18), spiegando come l’alimentazione influisca sul nostro genoma e su quello delle nuove generazioni. E poi è fondamentale prestare attenzione ai bambini: per loro, insieme con la conduttrice televisiva Adriana Volpe, ho realizzato il libro Così mi piace (Agra, pp. 84 € 14). Un modo per guardare al futuro, in un periodo così particolare, e avere cura di chi ci sta intorno.
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L’ITALIA che fa IMPRESA
LA SCATOLA DEL TEMPO (GUADAGNATO) È QUESTO IL SIGNIFICATO DEL NOME MUKAKO, E-COMMERCE DEDICATO AI PRODOTTI PER L’INFANZIA NELLA TOP TEN DELLE MIGLIORI STARTUP ITALIANE di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it
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È
una storia particolare quella di Martina Cusano ed Elisa Tattoni. Racconta l’incontro e la fusione di due mondi simili ma differenti: l’e-commerce e il crowdfunding di prodotto. Insieme, infatti, nel 2015 hanno fondato Mukako, brand nativo digitale dedicato agli articoli per l’infanzia che dal 2018 è nella top ten delle migliori startup italiane per valore di vendite. Ma anche tra le piccole e medie imprese italiane cresciute di più nel triennio 2015-2018 (+316%) e con esportazioni in oltre 40 Paesi tra cui, come primo mercato, la Cina. Martina, come vi siete conosciute e perché avete deciso di fondare Mukako? Tutto è cominciato nel 2014: come amiche, mamme e professioniste
con una lunga esperienza manageriale nel campo digitale, abbiamo deciso di dare vita al primo e-commerce italiano dedicato ai prodotti per l’infanzia puntando a restituire tempo ai neogenitori. Grazie alla live chat attivata sul sito abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con numerose famiglie, cogliendo un bisogno crescente di prodotti evolutivi ed educativi, di alta qualità e al giusto prezzo, capaci di accompagnare la crescita dei piccoli. Cosa significa Mukako? Scegliere come battezzare la nostra startup è stato come decidere il nome dei nostri figli. Ci siamo ispirati al Paese natale della mamma di Elisa, la Finlandia, che da anni si classifica come il migliore al mondo in cui essere madre. Così, dall’unione di due parole finlandesi nasce Mukako, ovvero “la scatola che ti aiuta e ti restituisce tempo”. Il portale offre articoli per la prima infanzia, giocattoli e pezzi di design, anche originali, con un comune denominatore: la qualità. I nostri prodotti nascono dalla conoscenza approfondita del cliente e dall'idea di voler offrire un articolo di qualità e design ricercato ma accessibile a tutti. Nel progettarli abbiamo pensato tanto all’estetica quanto alla funzionalità, utilizzando quasi esclusivamente il legno. Non risparmiamo un solo centesimo in qualità, mentre tagliamo i costi inutili attraverso il modello di vendita direct to consumer. Nella distribuzione classica il prezzo al consumatore arriva a quadruplicarsi a causa dei passaggi tra distributori, negozi e rivenditori, mentre noi ci occupiamo anche della vendita e della consegna direttamente a casa del cliente riuscendo a garantire il miglior rapporto qualità/prezzo. Il resto lo possono raccontare le famiglie che, da ogni parte del mondo, ci hanno dato fiducia: in soli due anni dal lancio, 28mila bambini in circa 40 Paesi giocano con il nostro MUtable, una rivisitazione moderna del tavolo per i piccoli, pluripremiato a livello internazionale. Come nasce questo prodotto?
Dall’ascolto delle necessità dei genitori. Per realizzarlo ci siamo ispirate al metodo Montessori, in particolare al principio dell’indipendenza del bambino che prevede di incoraggiarne l’autonomia attraverso giochi e strumenti alla sua portata, lasciandolo libero di scegliere le sue attività preferite. In questo modo segue le proprie inclinazioni, impara a riordinare in modo divertente e, giocando, cresce e apprende in maniera naturale ed efficace. MUtable è infatti modulare e personalizzabile, si adatta a tutte le fasi della crescita, da uno a otto anni, ed è stato pensato per stimolare le diverse abilità dei piccoli. Il suo successo ci ha dato una grande spinta per osare di più e porci un obiettivo ambizioso: ridisegnare l’intera cameretta, partendo da una parete attrezzata multifunzione che abbiamo chiamato MUwall, in fase di sviluppo. Vi siete affidate all’e-commerce e al crowdfunding di prodotto: un’accoppiata vincente? Il nostro modello di vendita è unicamente l’e-commerce, ambito nel quale lavoriamo da tantissimi anni. Ma in alcune occasioni abbiamo fatto ricorso al crowdfunding con una doppia finalità: il lancio di nuovi prodotti e la conquista di nuovi mercati. Questo sistema di finanziamento collettivo attraverso piattaforme come Kickstarter, infatti, funziona bene soprattutto in alcune aree geografiche, come quelle anglosassoni. Lo abbiamo utilizzato per raccogliere i fondi necessari allo sviluppo iniziale di MUtable ma anche per far conoscere Mukako ai principali mercati. Si tratta, tuttavia, di campagne puntuali che durano poche settimane: una volta concluse, la vendita avviene tramite il nostro sito. Raggiungendo in maniera diretta i clienti di oltre 40 Paesi attraverso una struttura operativa per la consegna basata su tre magazzini centrali in Italia, Stati Uniti e Cina. Com’è composto il vostro team? Quello diretto è costituito da una ventina di persone, quasi tutte don-
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© Spinelli Barrile
L’ITALIA che fa IMPRESA
Martina (a sinistra) ed Elisa, sullo sfondo la parete multifunzione MUwall
ne. Abbiamo sempre lavorato in presenza nella nostra sede centrale di Milano, perché dovendo coordinare attività in tutto il mondo riteniamo fondamentale restare uniti. Dal lockdown di marzo, purtroppo, non andiamo più in ufficio, crediamo sia la scelta più responsabile per combattere il Covid-19. Siamo comunque abituati a lavorare da remoto: oltre a coordinare i magazzini e il personale dedicato, abbiamo diverse persone che collaborano con noi attraverso agenzie di marketing e di consulenza e presso il nostro 18
partner produttivo Hape Toys, una multinazionale tedesca che opera in Cina. Nuovi progetti o prodotti in vista? Per natura abbiamo sempre nuove idee nel cassetto, anche se in questo delicato momento storico abbiamo deciso di restare focalizzati soprattutto sui progetti già avviati. Lavorando sul digitale non abbiamo vissuto le difficoltà di tanti altri business, ma la catena produttiva e logistica è stata certamente rallentata. E l’impossibilità di viaggiare rende lo sviluppo di nuove proposte
davvero complicato. Lei è entrata anche a far parte delle Inspiring Fifty italiane, le 50 donne più influenti in ambito tecnologico, e MUtable si è aggiudicato il Red Dot Award 2019 per l’High Design Quality e il Gold Parents’ Choice Award. Un consiglio per diventare imprenditori di successo? Sono molto soddisfatta, ma non credo ci sia una ricetta, piuttosto penso che molte startup in Italia nascano con obiettivi poco ambiziosi. Come Paese ci mancano storie visionarie a cui ispirarci, al di là
di poche “mosche bianche”, e l'ecosistema porta spesso i giovani imprenditori a essere molto cauti. Premesso che non c’è nulla di male nel voler creare un piccolo business, è anche vero che a livello sistemico
servono realtà che possano fare innovazione ed esportarla sia verso le grandi aziende sia all’estero. Quindi il mio consiglio è di credere molto nella propria idea e di impegnarsi al 110% per farla diventare un suc-
cesso. Senza risparmiarsi, puntando anche a risultati che possono sembrare irraggiungibili. mukako.com mukako.it
MUtable, il tavolo multifunzione che cresce insieme ai bambini
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GUSTA & DEGUSTA
di Andrea Radic
Andrea_Radic
andrearadic2019
NEL CUORE DEL CILENTO, TRA PAESTUM E IL MARE
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a casa del Duca, di pregevole architettura ottocentesca e appartenuta al duca Marigliano di Napoli e a sua moglie Maria Vittoria, è situata tra il mare e il parco archeologico di Paestum, al centro della tenuta di cui era casa padronale. Restaurata con cura, oggi è un delizioso boutique hotel di raffinata modernità, inserito in un affascinante giardino mediterraneo. Un sogno trasformato in realtà da Loredana Noce e Rosario Paolino, imprenditori innamorati della propria terra, che hanno creato un luogo esclusivo, la cui formula recita: ospitalità, alta cucina e benessere. Diciannove tra camere e suite, un parco privato con orto e frutteto, l’antico forno trasformato in cantina, una spa e il ristorante gourmet Casa Coloni. In cucina lo chef Luigi Coppola che, dal 2016, con talento e curiosità riscopre il territorio riconsegnandolo con mano contemporanea ed elevata tecnica. Calamaro, zabaione di zucca e nocciole, amaretto e limone piccante, risotto con gallinella e burro di fondale tra le suggestioni del menù da gustare anche sotto un piacevole pergolato esterno. Tenuta Duca Marigliano offre anche esperienze per vivere il Cilento attraverso le sue eccellenze con visite in realtà come il Caseificio Vannulo, una sapienza nella lavorazione artigianale del latte di bufala. tenutaducamarigliano.it
Loredana Noce e Rosario Paolino
A CENA DA NOI, IN PERFETTO STILE ARMANI
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na cena indimenticabile a cura dell’executive chef Francesco Mascheroni, da degustare nella meravigliosa cornice del settimo piano dell’Armani Hotel Milano. A seguire, pernottamento nelle raffinate Armani deluxe room o Armani ambassador suite. Questa la
L’Armani Hotel Milano 20
proposta A cena da noi: per vivere una serata e una notte speciale nell’hotel del capoluogo lombardo, coccolati dai sapori, dallo stile, dagli arredi e dalla vista sulla città. Un’esperienza in perfetto stile Armani anche al Bamboo Bar, dove il menù valorizza le materie prime e racconta l’Italia del fine dining con nomi evocativi come la pasta Vesuvio del Pastificio Gentile con polpo arrosto, cime di rapa e olive croccanti, la guancia di manzo all’olio, fonduta valdostana e polenta soffiata o il salmone pak choi con salsa al curry per una piacevole virata internazionale. Se il finger food è la scelta, porcini alla milanese e Parmigiano Reggiano liquido in abbinamento a un calice di Barolo Cerequio 2010 di Cantine Damilano, dalla nuova carta La Vineria che, grazie alla tecnologia Coravin, propone una selezione al calice di bottiglie di grandissimo pregio. Per un cocktail di charme c’è il menu Capsule, un tributo al mondo di Armani nelle sue molteplici espressioni creative. Privé, Ginza Tower, Il Re sono alcune delle proposte di mixology ispirate alle creazioni dello stilista e a quell’inconfondibile eleganza che lo hanno reso un paradigma di stile. armanihotelmilano.com
PELLEGRINO, DAL 1880 UNA STORIA DI FAMIGLIA
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l sogno di impresa vitivinicola della famiglia Pellegrino a Marsala, nel lembo più a ovest della Sicilia, nasce nel 1880 da Paolo, notaio e viticultore per passione. Fu poi Josephine Despagne, gentildonna francese e sposa di Carlo, a portare in dote le conoscenze enologiche del padre, originario del Sauternais. Oggi, alla sesta generazione, Pellegrino è un marchio che ha reso conosciuti nel mondo vini di carattere, che nelle note e nei sapori racchiudono tradizione e contemporaneità. Un’azienda cresciuta e fondata sui valori e sulla passione. Nel solco della tradizione nel 2010 nasce il progetto Tenute di Famiglia, quattro cru di vitigni autoctoni dislocati tra Marsala, Trapani e Mazara del Vallo, coccolati dalle più avanzate tecniche di coltivazione, cui si aggiunge il Grillo Superiore. Un vino intenso, aromatico, di grande fascino e consapevole dedizione al territorio. E quindi ecco i quattro moschettieri: Kelbi, Catarratto in purezza dai piacevoli e netti sentori di zagara e limone che mantiene nell’eleganza del sorso. Gazzerotta, nero d’Avola da un terreno ricco di minerali che ne impreziosiscono la struttura, sorso pieno che denota la frutta rossa e aromatiche mediterranee. Rinazzo, Syrah di ottima declinazione con selezionate fascinose aromaticità speziate. Salinaro, vitigno Grillo
che denota perfetti equilibri olfattivi con una piacevole freschezza di beva. carlopellegrino.it
La famiglia Pellegrino
BORGO SAN DANIELE, IL CARATTERE DEL VINO FRIULANO
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oche selezionate etichette per rappresentare, con la giusta concentrazione fatta di ricerca e valorizzazione del territorio, il carattere di una terra enologicamente tutta da scoprire: il Friuli. Siamo a Cormons (GO) nella cantina Borgo San Daniele dei fratelli
Alessandra e Mauro Mauri
Alessandra e Mauro Mauri. Lei, anima creativa, racconta con passione l’essenza dei suoi vini. Lui ha in mano vigna e cantina e le idee che creano caratteri intensi da ogni vitigno. «Potature verdi, lunghe fermentazioni sui lieviti indigeni e imbottigliamenti senza filtrazioni sono le nostre parole chiave, insieme alle vendemmie manuali nel momento di perfetta maturazione», spiegano. I vini Blend di Malvasia e Riesling per “Jiasik” presentano personalità, rotondità e un bel finale minerale, Arbis Blanc declina il solare incontro tra Sauvignon, Chardonnay, Pinot Bianco e Friulano. Le uve si completano con equilibrio consegnando un vigoroso bouquet aromatico e floreale. Tra i monovitigni il Friulano è un inno al territorio, espressione piena, schiena dritta, non si perde in morbidezze bensì interpreta la forza gentile di chi lo produce. Da provare anche la Malvasia, con quel carattere di uva di confine che muta la percezione del vino a seconda del momento di vendemmia. Quasi un gioco di maturazione che affascina con i suoi aromi. A Borgo San Daniele producono anche un Vermouth, secondo l’antica tradizione di aromatizzare il vino con erbe, spezie e botaniche. Il suo nome è Santon ed è il primo Vermouth agricolo del Friuli Venezia Giulia. borgosandaniele.com 21
© Eleonora Ferretti
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IL MONDO
DI MONICA POPOLARE ALL’ESTERO GRAZIE AL PROGRAMMA L’ITALIA CON VOI, MARANGONI CONDUCE ORA SU RAI RADIO2 SANREMO DI SABATO di Gaspare Baglio
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gasparebaglio
l volto dell’Italia nel mondo? Due parole: Monica Marangoni. La giornalista veneta, dopo aver lavorato a programmi di successo come Unomattina, Unomattina in famiglia e TuttoChiaro su Rai1, è da tre stagioni al timone del format di infotainment L’Italia con voi su Rai Italia. Un programma dedicato espressamente alle comunità di connazionali all’estero. Ma c’è di più: Marangoni è anche la voce che traghetta gli ascoltatori di Rai Radio2 verso il 71esimo Festival della canzone italiana di Sanremo. Fino al 13 marzo conduce infatti, insieme a Sergio Rubino, lo show Sanremo di sabato, in diretta anche su Raiplay e riascoltabile in podcast. In più, ogni settimana, è ospite fissa di Luca Barbarossa e Andrea Perroni nel programma Radio2 Social Club. Un successo, quello di Monica, costruito passo dopo passo, come ci racconta la diretta interessata. Grazie all’Italia con voi sei diventata il volto del Paese all’estero. La cosa straordinaria è che sono molto più popolare fuori dai confini che dentro. Questo programma è un contenitore che passa dalla politica alla musica fino al turismo e alle bellezze artistiche, oltre che alle eccellenze nel food e nel design. Il patrimonio che rende grande l’Italia nel mondo, insomma. Diamo anche informazioni tecniche per le comunità all’estero, come i voli d’emergenza per ritornare in patria. Grazie al direttore di Rai1 Stefano Coletta, la scorsa estate ho condotto una serie di speciali anche sull’ammiraglia Rai e il mio nome è circolato un po’ di più. Sognavi di fare questo mestiere? Sono laureata in filosofia e, in realtà, non sapevo quale sarebbe stato il mio futuro professionale. Poi nel 2005 è capitata l’occasione di Rai Utile, il primo canale digitale terrestre del servizio pubblico, e da lì è partita l’esperienza che si è tradotta nel lavoro della mia vita. Ormai fa parte di me. Quando sei stata all’estero, come ti hanno accolta gli italiani? Per loro sono una di famiglia. Prima del Covid-19 conducevo anche NYCanta, il festival della musica italiana della Grande Mela. La comunità italo-americana mi ha acclamata come una star. Passiamo a Sanremo di sabato…
gasparebaglio
Ho iniziato molto bene il 2021 con questa nuova avventura. Raccontiamo il Festival attraverso anticipazioni, indiscrezioni e interviste ai cantanti, ai direttori artistici e ai conduttori passati. A cominciare proprio da Amadeus. Com’è arrivata la proposta? Mi ha chiamato il mio agente, Lucio Presta, dandomi la notizia, totalmente inaspettata, di questa conduzione con Sergio Rubino, autore di riferimento di Amadeus. Proprio lui voleva un luogo sicuro dove veicolare le informazioni, ed eccoci in onda, ogni sabato, dalle 21 alle 22. Tu seguivi già la kermesse con Rai Italia. Conduco le dirette per tutto il mondo: Sanremo è l’unico live show all over the world. Quindi ci sono persone che lo guardano la mattina presto, tra un cornetto e un cappuccino, mentre altre se lo gustano in tarda serata. Sei mamma di due bambini. Come hanno vissuto il lockdown? Sono stati molto bravi e ricorderanno quei mesi come un periodo sereno. Soprattutto perché hanno avuto la mamma e il papà sempre in casa. L’anno scorso ero una trottola mentre quest’anno abbiamo vissuto molto la famiglia. Escludendo, purtroppo, i miei genitori: una scelta necessaria per preservarli. Com’è andata sempre in casa con tutta la famiglia? Abbiamo dovuto creare nuovi spazi di intrattenimento: ci siamo divertiti con le costruzioni e, sotto le Feste, con la tombola. Abbiamo cercato di stimolare la creatività dei bambini. Come genitori ci siamo dovuti cimentare anche con i compiti e questa è stata la parte più difficile: la didattica a distanza è faticosissima e, non avendo in casa quattro computer, ci siamo dovuti arrangiare tra connessioni, password e smart working. È stato anche un modo per capire davvero il valore degli insegnanti. La scuola e la famiglia devono essere molto uniti nel veicolare questo messaggio. Il primo viaggio dopo la pandemia? Voglio tornare a Milano, la città del cuore, dove ho vissuto la mia giovinezza. Con le Frecce si arriva in un attimo all’ombra della Madonnina. monicamarangoniofficial 23
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JE M’APPELLE
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OSCAR ECCO CHI È IL 24ENNE PARIGINO ANTON, CHE STA SPOPOLANDO IN RADIO E SUL WEB CON LA HIT BYE BYE
© Mathieu Puga
rriva dalla Francia la nuova popstar che, con la hit bye bye, si è aggiudicata in una manciata di settimane la medaglia per il primo tormentone del 2021. Oscar Anton, 24enne parigino dal volto irresistibile, è destinato a far parlare di sé, grazie alla prima posizione conquistata su Shazam Discovery Italia e al battage delle radio che mandano in continuazione il suo brano. Come definiresti bye bye? Decisamente una canzone pop. Parla di quanto sia difficile accettare di lasciare andare qualcuno, specialmente se si è alla prima relazione. Ho provato a mettermi nei panni di me stesso a 18 anni. Ti aspettavi così tanto successo? No, è pazzesco. Sono grato e orgoglioso che le persone si sentano legate al brano. Non sono ancora riuscito ad ascoltarlo in radio, ma quando succederà mi sentirò una rockstar. Per ora sono solo un ragazzo che fa musica nella sua cameretta. Come mai hai deciso di aprire un’etichetta in un momento così complicato? È un periodo strano per tutti, ma mi sento molto fortunato. Non sono una persona che fa festa, di solito passo le notti nel mio studio. In realtà, anche con un’etichetta, la mia vita non è cambiata molto. È solo più facile per contratti, distribuzione e cose simili. Ma un giorno aprirò un enorme ufficio a Parigi che potrò attraversare in bicicletta, ne riparleremo tra qualche anno. Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali? Mi piacciono molto i Coldplay, Ludovico Einaudi e Yann Tiersen. Le loro melodie sono storie a cui ognuno può relazionarsi: per questo mi piace l’idea di scrivere e raccontare attraverso la musica per il resto della vita. Cosa rappresenta per te il viaggio? L’idea di sfuggire alla propria realtà, uscire dalla comfort zone. Amo scoprire cose nuove e trovarmi in posti in cui non sono mai stato prima. Come stai vivendo questo periodo di Covid-19? Finora abbiamo dovuto affrontare situazioni difficili, ma voglio credere che vivremo presto giorni più soleggiati. Desideriamo tutti essere di nuovo liberi, ballare, ridere. Penso che quando potremo tornare alla normalità apprezzeremo ancora di più certi momenti. Per adesso prendiamoci cura della nostra famiglia e concentriamoci su ciò che è importante: abbiamo avuto il tempo di fare un passo indietro, di visualizzare dove siamo e dove vogliamo essere. Almeno questa è una cosa buona. Progetti per il 2021? Fare musica è l'unica cosa che voglio e posso fare. E spero davvero di poter organizzare presto un concerto. Quando lo farò, sarà una festa come non l’avete mai vista prima. G.B. oscarantonmusic
Il cast della Caserma
SULL’ATTENTI! SU RAI2, FINO AL 3 MARZO, IL NUOVO DOCU-REALITY LA CASERMA
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entuno giovani tra i 18 e i 23 anni, una location immersa nel verde e la missione di formare un gruppo unito e solidale. Ecco i punti saldi del docu-reality La Caserma, prodotto da Blu Yazmine e in onda su Rai2, ogni mercoledì, nel prime time fino al 3 marzo. Il capo progetto Cristiano Rinaldi, autore di successi come L’isola dei famosi e Pechino Express, spiega che il programma racconta i ragazzi nati dopo il 1995, di cui si parla molto poco in tv: «La Banca d’America ha fatto una ricerca di mercato sulla generazione Z, definendola la più dirompente di sempre. Questi giovani sono cresciuti con Internet, sviluppando un sistema comunicativo molto avanzato, attraverso social media, scrittura veloce e messaggi vocali. Per loro regole e sistemi sono cambiati rapidamente, ma sono ragazzi speciali alla ricerca di un’autonomia intellettuale». In più, si sono dovuti confrontare con le pesanti conseguenze di una pandemia e quindi emerge «un vero affresco di una generazione inesplorata in un momento particolare della nostra storia». L’intento è di farli rapportare con qualcosa che non hanno mai conosciuto, ma verso cui sono attratti: il mondo militare. «Soprattutto per l’attività fisica e la disciplina tipiche di questo ambito. Non è un caso se molti nuovi sport si rifanno ad addestramenti simili», continua Rinaldi. Che, du-
rante le riprese, ha avuto conferma della straordinarietà di questi giovani: «Ci hanno dato un’energia enorme. Sono intelligenti, maturi, intuitivi e scaltri. Mi ha sorpreso la loro trasformazione, che va di pari passo con la velocità di apprendimento. In poco tempo sono diventanti una squadra capace di interagire in maniera intelligente e logica». La struttura dove si dipanano le puntate è a Levico, in provincia di Trento, adattata per la trasmissione rispettando tutte le norme previste per l’emergenza sanitaria: «Abbiamo pianificato un isolamento e seguito tutti i protocolli, con tamponi e analisi costanti, così da creare una bolla protetta». Ci sono poi altri due elementi da sottolineare: «Per la prima volta, un programma del genere non si svolge in estate o in luoghi caldi, ma in inverno in alta montagna. Inoltre, rispetto al format originale Lads Army, ci siamo concentrati sulle relazioni dei ragazzi che entrano in una realtà diversa, lasciando a casa status symbol e mezzi di comunicazione, cercando di essere autosufficienti e di instaurare nuovi rapporti in una situazione estrema», prosegue l’autore. Con un ottimo risultato: «Una generazione multitasking, costantemente connessa, scopre la noia e il silenzio, convivendo e comunicando in maniera differente. Nascono racconti e storie che possono sorprendere». G.B. raiplay.it 25
UN TRENO DI LIBRI
Invito alla lettura di Alberto Brandani [Presidente giuria letteraria Premio Internazionale Elba-Brignetti]
In viaggio con il Prof
LA BALLATA DELLA CITTÀ ETERNA A TU PER TU CON LUCA DI FULVIO: COME NEL BACKSTAGE DI UN FILM, L’AUTORE SVELA I SEGRETI DEL MESTIERE E LE PARABOLE UMANE DEI SUOI PROTAGONISTI
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n placido accento romanesco srotola la scena: da piccolo, in un paese vicino a Novara, di sera la nonna radunava intorno al focolare tutta la famiglia e cominciava a raccontare storie avvincenti, spesso inventate sul momento. Si emozionava talmente da restare a bocca aperta e desiderare di saper raccontare anche lui storie che «ti tiravano dentro con tutte le scarpe». Chiedo a Luca Di Fulvio: «Ma perché ambientare questo romanzo nel Risorgimento?». Un periodo che non suscita molta curiosità. «Una sfida», confessa. Proprio come succede quando ci si intrufola nel backstage di un film, arriviamo al primo segreto da narratore: nascono prima i personaggi e dopo la trama: «Sono proprio loro che comandano, non la storia», come se camminassero tracciando linee ben definite dal loro carattere, dalle passioni, come se sfuggissero alla penna e avessero una vita propria. «Inutile assegnare scene: il personaggio non le farà se non è nella sua natura». Questo romanzo storico d’avventura, ambientato nel 1870, inizia e si snoda qualche mese prima della presa di Porta Pia, dal Nord a Roma, nello Stato Pontificio, dove tutti i protagonisti intrecciano i loro destini e iniziano a tessere la trama. Ecco la contessa Silvia di Boccamara, che di contessa ha solo il titolo. Lei che, dopo la morte del marito, per sfuggire ai creditori, scappa dalla sua villa di campagna in Piemonte e raggiunge le porte di Roma nelle vesti di una donna del popolo. Portando con sé Pietro, un
sedicenne preso in un orfanotrofio, il “figlio” che aveva sempre voluto e che a Roma, tra mille vicissitudini, troverà la sua passione e anche l’amore. A Roma, infatti, arriva anche la giovane Marta, scampata a una terribile fine grazie a Melo, un ex cavallerizzo del circo. Anche se in maniera contraddittoria, lo considera come un padre e, spinta proprio da lui, sosterrà fin dall’inizio la causa dei rivoluzionari per l’Italia libera. È un romanzo corale, in cui ogni ceto sociale del periodo è rappresentato: abbiamo Ludovico, un giovane della Roma nobile che farà la sua parte, così come l’Albanese, assassino, truffatore, un “malacarne” senza pietà, il cattivo dei cattivi. E poi Leone Pompei, ufficiale giudiziario del papato, psicopatico e vile. Henry, il nano del circo, che vivrà finalmente il suo momento di gloria. E l’ufficiale francese che amerà in segreto gli ideali di libertà dei “nemici italiani”. Ciascuno dei protagonisti inizia il suo personale viaggio, nella consapevolezza del cambiamento non solo politico e storico, dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, ma anche del proprio percorso di crescita e di scoperta personale, di odio e di amore. Sullo sfondo compaiono anche personaggi realmente esistiti, come Giacomo Segre, il capitano al comando della quinta batteria del nono reggimento di artiglieria che sparò il primo colpo di cannone per aprire la Breccia nelle Mura aureliane; e un giovane Edmondo De Amicis, nelle vesti di giornalista militare mentre fa da cronista, non proprio obiettivo, durante la presa di Roma.
Ed ecco un altro segreto del mestiere: far salire la suspense su più livelli, focalizzando ora un pericoloso evento, ora uno sguardo e un incontro misterioso tra i personaggi, ora instillando dubbi e sviscerando misteri nelle loro vite. Creando forti aspettative nel lettore, anche nei confronti dei diversi antagonisti, da quelli terribilmente perfidi ai più ingenui. La mente proietta il film, le scene scorrono come sul grande schermo. E proprio Roma, la città dell’autore, s’innalza sopra la storia e diventa la vera protagonista. Putrida e affascinante, densa di passato, di palazzi e chiese, trucidamente misera e violenta, eppure magica e carismatica come una donna sensuale ma crudele. Da sempre il centro del mondo.
Rizzoli, pp. 640 € 20 27
UN TRENO DI LIBRI
BRANI TRATTI DA LA BALLATA DELLA CITTÀ ETERNA [...] Era una truppa merdosa e miserabile. Magri. Avvizziti. Con una carnagione smunta, colore della cera. Sulla faccia, sulle mani, sulle caviglie si vedevano i segni rossi dei morsi delle cimici che infestavano le loro brande. Se non fossero stati così giovani, si sarebbe potuto dire che erano dei relitti. Invece avevano tra i quattro e i diciassette anni. Erano tutti vestiti nella stessa maniera, con addosso la stessa schifosa divisa piena di rattoppi. Cento merdosi e miserabili ragazzini che se ne stavano allineati lungo il perimetro fangoso del cortile del Regio Istituto di San Michele Arcangelo a Olengo, tremando per il freddo, la fame, le malattie polmonari e, in quello speciale giorno, anche per una altrettanto speciale inquietudine. Il cielo basso, grigio e così compatto da poterlo tagliare con un coltello, incombeva su di loro come una maledizione. Come un peso che non si sarebbero mai scrollati dalle spalle. A parte uno, se quel giorno la fortuna l’avesse baciato. Per questo, tutti loro muovevano impercettibilmente le labbra screpolate. E tutti, all’unisono, come una cantilena senza speranza, come un rosario senza fede, con la fiacca passione di chi era cresciuto in un mondo in cui la parola “fortuna” non era mai stata scritta, rivolgendosi al Dio che non si era mai curato di loro, sussurravano: «Fa’ che sia io… fa’ che sia io… fa’ che sia io…». Fa’ che sia io quell’uno dallo speciale destino. In fondo, all’ingresso del cortile, dove sventolava pigramente la bandiera tricolore del neonato Regno d’Italia, comparve una donna elegantissima. Sulla trentina. E tutti sapevano che era la Contessa Silvia di Boccamara. [...] Quando il buio fu totale, Pietro sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio. Il sangue gli si era raggrumato sul viso. Andò in riva al Tevere e se lo sciacquò via alla meno peggio. Non sapeva cosa avrebbe raccontato alla Contessa. Ma sapeva che la Contessa non 28
Roma di fine ‘800 negli acquerelli di Ettore Roesler Franz
sarebbe stata tenera. E, alla luce del pasticcio nel quale si era ficcato, ne aveva tutte le ragioni. Per un attimo pensò addirittura di non tornare a casa. Ma si guardò intorno ed ebbe paura. Allora risalì la sponda del fiume, individuò alla sua sinistra, dall’altra parte del Tevere, la sagoma di Castel Sant’Angelo e si mosse in quella direzione. Si infilò in un portone socchiuso mentre passavano delle guardie
pontificie che pattugliavano la zona. Aveva visto militari dappertutto. Non capiva perché. Quando la pattuglia fu passata, uscì dal portone, affrettò il passo fino all’altezza del ponte e poi girò a destra per via di Panìco. Percorse gli ultimi metri a una lentezza esasperante. Aveva paura a restare da solo tra quei vicoli, che ora gli apparivano minacciosi, ma aveva anche paura di affrontare la Contessa.
Un assaggio di lettura Alla fine, però, arrivò agli scalini che portavano al seminterrato. La porta di casa era spalancata. L’interno era rischiarato dalla tremula luce di una lampada a olio. La Contessa doveva essere furibonda. Gli aveva lasciato la porta aperta come messaggio. Fece un profondo respiro ed entrò, pronto alla lavata di capo. Ma appena dentro sbarrò gli occhi. «Contessa!» urlò, precipitandosi sul corpo privo di sensi di Nella, scompostamente sdraiata sul pavimento. [...] «Che hai in testa?» fece la Contessa a Pietro appena fu tornato a casa, alla fine delle lezioni. «Vuoi farti cacciare?» Pietro era scuro in viso. La rabbia ancora gli si agitava in corpo. «Ne ho già prese troppe in orfanotrofio. E ho imparato che c’è un solo modo per evitarlo. Spiegargli che sei più forte di loro». «Sei più forte perché vinci una battaglia in cortile?» ribatté Nella, severamente. «Lui è un principe. Tu un pezzente. La tua sola vittoria sarà non essere più un pezzente».
«Scusatemi» fece con un filo di voce Pietro. «Cioè… scusami». «Smettila di comportarti come un delinquente e lavora sodo». Pietro si agitò, ciondolando da un piede all’altro. «Io non so se voglio ancora andare a scuola» disse infine. Nella lo fissò. «Hai paura?» «No…» Pietro si ingobbì. «Sì, hai paura di quei ragazzi» disse Nella. «È così o no?» Pietro non riuscì a reggere lo sguardo. «Vuoi arrenderti perché loro sono ricchi e nobili e tu un morto di fame?» disse Nella. «Non è da te. Non è questo che ho letto nel tuo sguardo all’orfanotrofio. Io ho visto che non sei un perdente. E non mi sbaglio. Tu sei un ragazzo capace di sognare». Pietro continuò a fissare il pavimento senza rispondere. «Vieni». Nella lo portò fuori. «Guardati intorno» gli disse. «Guarda la miseria, guarda le difficoltà. Le vedi?» Per via di Panìco si aggirava la gente del rione. Scarpe bucate, pantaloni e gonne rattoppate, un odore di verdure rancide nell’aria. «Ringrazia Dio di essere qui» riprese Nella. «E sai perché? Perché in
un mondo così schifoso è più facile sognare. Non hai altro che quello». Abbassò la voce. «Ma se smetti di sognare… se molli, allora sei fregato». Indicò dei passanti che ciondolavano per strada. «Quasi tutti quelli che invecchiano qui sono persone che hanno smesso di sognare. Li vedi come trascinano i piedi? Stanno aspettando la morte, rassegnati. Chi invece ha lottato per i propri sogni non è più qui. Se ne è andato». Individuò tra la folla un vecchio. «Ma guarda lui, per esempio. Lo vedi che ha un sorriso sottopelle? Che cos’ha da sorridere se è ancora qui? Io lo so. Quel vecchio ha sognato per suo figlio, ci scommetto. E suo figlio non è più qui. E per quel vecchio è come se ce l’avesse fatta lui stesso». Prese tra le mani la testa di Pietro. «Ti è chiaro? Tu sei uno di quelli che ce la faranno, credi a me. Ma devi sognarlo.» Sorrise. «Tu te ne andrai, anche a costo di lasciarmi indietro». «Io non ti lascerò mai indietro!» scattò Pietro. «Lo so che non mi lascerai indietro, cavallino» sorrise Nella. «È per questo che sei speciale. Ma se servirà lo farai…».
Attacco a Porta Pia, settembre 1870
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UN TRENO DI LIBRI
Un assaggio di lettura
«No!» «Se servirà, te lo farò fare a calci in culo!» [...] «Dovete stare vicino al fuoco. C’è poca luce» disse Pietro. «Vuoi anche che sorridiamo o ti va bene se facciamo finta di essere dei militari con una cazzo di guerra su per il culo?» I soldati risero. «Dei militari con una cazzo di guerra su per il culo sarebbe perfetto» rispose Pietro. I soldati risero ancora più forte. E anche il capitano. Pietro piazzò il cavalletto e scattò. «Siamo liberi?» gli chiese Buttafuochi. «Sì, signore. Grazie, signore» sorrise soddisfatto Pietro. Giovanni Boldini Ritratto della principessa Radziwill (1910) Collezione privata
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Poi si allontanò di qualche passo e scattò delle altre foto alle mani degli artiglieri, nere di polvere da sparo, ai pentoloni nei quali bolliva una sbobba densa e a un uomo che lucidava un cannone. Infine si sedette in disparte. «Ti ho sentito, ragazzo» fece un giovane di circa venticinque anni avvicinandoglisi. Aveva capelli e baffi neri e ricci. «Sono uno scrittore e un giornalista al seguito delle truppe di Sua Maestà» gli disse. «Farò il glorioso resoconto di questa storica battaglia.» Gli tese la mano. «Mi chiamo Edmondo De Amicis». Pietro gliela strinse. Ma provò una immediata antipatia. «E che ne sapete che sarà gloriosa, questa battaglia?» gli chiese. «Perché io scriverò che è stata glo-
riosa. Semplice» rispose il giovane. Pietro capì perché gli era stato subito antipatico. «E tu perché fai fotografie?» «Perché se qualcuno scriverà che la battaglia è stata gloriosa e magari non lo è stata… le mie fotografie lo smentiranno». De Amicis si irrigidì. «Non provare a rivoltare le mie parole, presuntuoso». «Io non rivolto nulla» replicò Pietro. «Siete voi che avete detto che sarà gloriosa perché così scriverete». «Sei uno sciocco» fece Edmondo De Amicis indispettito. «Non provare a fotografarmi». «Non ci penso neanche, signore» resse il suo sguardo Pietro. Edmondo De Amicis se ne andò. [...]
Lo scaffale della Freccia a cura di Alberto Brandani
A PROPOSITO DI KAMALA Dan Morain Solferino, pp. 320 € 19 Figlia di immigrati, nata nella California ancora segregata, è diventata la prima vicepresidente donna nera degli Stati Uniti. Se Kamala Harris deve a qualcuno il suo posto nella storia, quel qualcuno è la donna che la mise al mondo, a Oakland nel 1964, dandole il nome di una dea indù. Etica del lavoro, determinazione, volontà di ferro sono le sue armi. E con queste ha sfondato molti muri.
LUCE DELLA NOTTE Ilaria Tuti Longanesi, pp. 256 € 16,80 Chiara ha fatto un sogno. E ha avuto tantissima paura. «Canta e conta», si diceva, ma il buio non voleva andarsene. Così, si è affidata alla luce invisibile della notte per muovere i propri passi nel bosco. Ma quello che ha trovato scavando alle radici dell’albero l’ha sconvolta. Perché forse non era davvero un sogno. Forse era una spaventosa realtà.
IL PALAZZO DELLE DONNE Laetitia Colombani Nord, pp. 288 € 16,90 Blanche volta le spalle a una vita di agi per lanciarsi nella battaglia contro la povertà e la fame. A sette anni dalla fine della Grande Guerra, Parigi è in ginocchio. Tutti gli sforzi sono però rivolti agli uomini. Nessuno tende la mano alle donne, che mendicano agli angoli delle strade, si privano del cibo per sfamare i propri figli e sfuggono ai mariti violenti. Per Blanche un’ingiustizia intollerabile.
OGNUNO ACCANTO ALLA SUA NOTTE Lia Levi Edizioni e/o, pp. 272 € 18 A Roma, durante le leggi razziali, uno scrittore di teatro si nasconde dietro un prestanome, una coppia di giovanissimi riesce a strappare al buio una notte d’amore, mentre un padre e un figlio si confrontano sul ruolo di una classe dirigente incapace di proteggere il proprio gregge. Un romanzo avvincente sugli aspetti meno noti della deportazione degli ebrei capitolini. G.B.
SAETTA ROSSA Riccardo Atzeni, Marco B. Bucci Panini Comics, pp. 224 € 25 Il giorno della morte di David Bowie, tutto smette di avere senso per Samuel che resta letteralmente paralizzato per milioni di anni. Si risveglia in un futuro con persone vestite da dinosauro, tecnologie biologiche integrate e un benessere globale. Samuel cercherà di ritrovare la sua dimensione, in un mondo in cui la libertà e accettazione delle differenze sono al primo posto. G.B.
SUPERTELE Luca Barra, Fabio Guarnaccia Minimum Fax, pp. 320 € 20 Una palestra per esercitare lo sguardo sul piccolo schermo attraverso 19 saggi, scritti da studiosi dei media, professionisti del settore e giornalisti. Ciascuno di loro ha scelto un singolo programma o personaggio della tv italiana e globale odierna per realizzare un’analisi efficace. Dalla fiction ai serial, dal talk show al reality fino alla televisione di Instagram ne emerge un quadro aggiornato ed efficace. G.B.
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Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti
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GUARDA SOTTO IL LETTO SE C’È DELLA POESIA Ruth Krauss e Sergio Ruzzier Topipittori, pp. 48 € 16 (da 4 anni) Quando si incontrano una grande scrittrice e un grande illustratore ne viene fuori un capolavoro: un libro con il linguaggio poetico e positivo dei bambini (ne abbiamo bisogno tutti) e disegni essenziali che raccontano, oltre le parole, altre piccole storie. Dove i testi diventano difficili – come per esempio il verso Dì di sì – le immagini si fanno ironiche o romantiche e aiutano a tradurre la poesia.
TUTTO CAMBIA Anthony Browne Orecchio Acerbo, pp. 32 € 15 (per tutti) Un’opera di immaginazione illustrata, non a caso il miglior albo disegnato del 2019. È un giorno qualunque quando, all’improvviso, gli oggetti della cucina cominciano a trasformarsi sotto gli occhi di Joseph: al bollitore spuntano orecchie, coda e zampe da gatto, la poltrona non è più la solita, ricoperta di pelo marrone gorilla. Sembra che tutto stia cambiando. Ma è proprio così o il cambiamento è dentro di lui?
UN ATTIMO PERFETTO Meg Rosoff Rizzoli, pp. 208 € 15 (da 12 anni) Un modo diverso di raccontare l’amore adolescenziale, un romanzo di formazione senza tempo in cui irrompe prepotente il ruolo del corpo desiderante dei ragazzi e delle ragazze. Al centro della storia la travolgente seduzione dell’affascinante Kit, in una spensierata estate al mare che si trasforma nella stagione dei grandi cambiamenti e delle scoperte.
E TUTTE VISSERO FELICI E CONTENTE Emma Dante, illustrazioni di Maria Cristina Costa La Nave di Teseo, pp. 240 € 22 (da 8 anni) Cenerentola, Biancaneve, Rosaspina, Anastasia e Cappuccetto rosso sono ragazze indipendenti che sanno cavarsela anche senza principi azzurri e affrontano la vita con un atteggiamento nuovo. La drammaturga Emma Dante riscrive le favole più conosciute affrontando temi attuali come gli stereotipi di genere, l’ingiustizia e il coraggio di essere se stessi. S.G.
BATTERITA Laura Pusceddu, illustrazioni di Fabio Santomauro Km Edizioni, pp. 32 € 15 (3-6 anni) Il pacco appena ricevuto dalla piccola Rita conterrà quello che desiderava? Una deliziosa storia per imparare a inseguire i sogni e a trasformarli in realtà, superando ostacoli e pregiudizi. Dall’autrice di Che musica! 20 rockstar leggendarie e con i coloratissimi disegni di “Fabbio”, vincitore del Premio Andersen 2015. G.B.
KID. IL RAGAZZO CHE VOLEVA ESSERE DIABOLIK Guido Sgardoli De Agostini, pp. 288 € 14,90 (da 12 anni) Kid Clermont si divide tra il minicross, le acrobazie del parkour e la passione per i fumetti diDiabolik. Dopo aver visto l’anteprima del cinecomic dedicato al famoso ladro, decide di seguirne le orme, anche se mamma e papà non ne sono tanto contenti. Complice una ragazza che somiglia a Eva Kant, per Kid inizia l’avventura più spericolata della sua vita. G.B.
IN VIAGGIO CON
RIDERE PER AMORE SEMPRE IN CERCA DEL TONO GIUSTO PER TRASMETTERE LEGGEREZZA, L’ATTORE ENRICO BERTOLINO SA COME PORGERE LE BATTUTE. IN ATTESA DI TORNARE A TEATRO E A VIAGGIARE (IN TRENO) di Andrea Radic
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rande osservatore del genere umano, in particolare quello milanese, da cui trae spunto per le sue pennellate da narratore, sempre con ironia e con altrettanta delicata profondità. Enrico Bertolino, attore in teatro, brillante conduttore in televisione, formatore comportamentale nelle aziende e fondatore di Vida a Pititinga Onlus, nata per aiutare la comunità di Pititinga, in Brasile. Uomo poliedrico di fronte al quale l’empatia muove subito i suoi passi. Momento difficile per il mondo dello spettacolo? Il teatro non morirà mai. Dai tempi dell’antica Grecia ne ha passate tante: rivoluzioni, guerre, oppressioni, pandemie. Ma è sempre sopravvissuto, perché è fatto di maschere dietro alle quali ci sono le persone e, proprio a teatro, le persone scoprono forme di aggregazione che altri modelli non riescono a offrire. Quelle stesse forme che troviamo quando viaggiamo o quando semplicemente stiamo insieme. Quando tutto questo tornerà, il teatro sarà un elemento fondamentale. Quanto ti manca il rapporto con il pubblico? Molto, infatti ho realizzato pochissimi spettacoli sul web. Il teatro e lo stre-
aming sono come il caviale e le uova di lompo: il primo è quello buono, il secondo si usa quando serve, ma non è la stessa cosa. Tra attori e pubblico ci deve essere quel qualcosa di cui Ugo Foscolo parlava nei Sepolcri: la corrispondenza di amorosi sensi. La difficoltà maggiore non sarà riaprire i teatri, ma fare in modo che la gente non abbia paura a tornarci. Nei tuoi spettacoli ami più la battuta o l’improvvisazione? Nel teatro comico bisogna saper porgere le battute. Dario Fo, uno dei miei maestri, mi diceva: «Parli troppo veloce, devi fare delle pause senza averne paura. La battuta è come un’onda e l’onda è bella quando ha la risacca». Ovvero quel tempo che lasci al pubblico per metabolizzare, ridere e aspettare la prossima. Personalmente amo più la narrazione, lo storytelling umoristico, più alla Walter Chiari che alla Gino Bramieri. Oppure la straordinaria capacità di avvincere di Gigi Proietti. Ricordo un suo Socrate al Piccolo Teatro Strehler di Milano: per quattro minuti e mezzo non faceva che muovere la catena che lo teneva legato al letto prima del suicidio e il pubblico a bocca aperta, in attesa, neanche un colpo di tosse. Da attento osservatore, come vedi oggi gli italiani?
All’inizio della prima ondata di Covid-19 eravamo motivati, tutti sui balconi a sventolare il tricolore e a picchiare le pignatte, amavamo gli infermieri. Oggi siamo meno euforici, più realisti e concreti, alcuni hanno perso il senno andando a sfregiare le auto dei medici. Gli italiani non sono esattamente coerenti, ma hanno una grande voglia di credere in quello che fanno. Siamo stati capaci di risorgere da situazioni complesse. Siamo un popolo di santi e navigatori: i santi li abbiamo tirati giù tutti, mentre i navigatori stanno a guardare. Ma siamo anche un popolo di viaggiatori e abbiamo tanta voglia di muoverci di nuovo. Per andare dove? A Napoli in treno, per soddisfare la curiosità di mia figlia di 12 anni, raccontandole in ogni stazione dove ci troviamo. Amo molto questa città, ci sono stato per una trasmissione televisiva: all’inizio avevo mille dubbi, dopo un paio di settimane non volevo più venire via. Un posto bellissimo, gente eccezionale, street food in piena notte. E poi, apri la finestra e vedi Ischia. Il tuo rapporto con il treno? Quando eravamo chiusi in casa, mi chiedevano cosa avrei voluto fare se si fosse potuto uscire. Rispondevo:
Il giornalista Andrea Radic in viaggio con Enrico Bertolino
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© Gian Mattia D’Alberto/LaPresse
IN VIAGGIO CON
Enrico Bertolino ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa
«Prendere un treno». E, per la prima volta, sedermi a bordo senza guardare telefono e computer, ma osservando fuori dal finestrino, come mi piaceva fare da bambino. Aprire la testa e nutrirmi delle immagini: gli alberi che fuggono via veloci e l’effetto dei raggi del sole che passano in mezzo e stordiscono un po’. Mi piacerebbe anche chiacchierare con la persona seduta accanto, come faceva in televisione il grande Nanni Loy, godendomi il meglio, ma anche il peggio, che ne viene fuori. Per farlo dobbiamo saper aspettare, una delle poche cose che questa pandemia ci ha insegnato, alla faccia dei milanesi frettolosi che sulla lapide al cimitero scrivono: «Si è portato troppo avanti con il lavoro». Un viaggio in treno che ti è rimasto dentro? Molti. Bellissimi. Uno fino a Capo Pa36
linuro (SA), in vacanza con gli amici, con l’ansia di scendere a prendere un panino e vedere il treno che se ne va mentre io resto giù, il mio incubo. Poi l’amore per quel treno che mi riportava a casa quando ero militare ad Abano Terme (PD). Salivo alla stazione Colli Euganei e appena partiva mi sentivo già a casa. Mai scattata la scintilla dell’amore in carrozza? Quella no, ma capita di provare empatia, vedere qualcuno leggere un libro che hai amato, trovare persone cortesi, gentili, e finire per restare in contatto scambiandosi il numero di telefono. Il bello di questo mezzo è poter parlare. In aereo non è cosi, vedi solo la nuca di chi hai davanti, guardi a fianco e il vicino, di solito, dorme. Una volta sul Frecciarossa ho viaggiato in Executive: che meraviglia, mi aspettavo arrivasse Carlo
Cracco in persona con qualcosa di fresco. Negli anni ‘90, in treno, ho anche fatto un provino con Giorgio Gambino per il mio esordio al Maurizio Costanzo Show. Anche come formatore ho avuto un’esperienza emozionante: un kick off meeting di un’azienda nel Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, tra i vecchi locomotori. A che punto della tua carriera ti senti? Sempre agli esordi, e speriamo davvero di poter presto esordire di nuovo. Ecco, dovremmo rieducarci al palcoscenico, capire che ciò che funziona in televisione non necessariamente ha successo dal vivo. Viceversa, è più facile estrarre dal teatro spunti che hanno una buona riuscita in tv, come ha fatto Enrico Brignano. Grazie al piccolo schermo abbiamo scoperto anche un grande attore
come Andrea Pennacchi. Il teatro presta talenti alla televisione, non cerchiamo di fare il contrario. È più efficace la profondità o la leggerezza? La leggerezza, una delle lezioni americane di Italo Calvino, che non vuol dire essere leggero, ma far sentire leggero chi ti ascolta. Lo si capisce lavorando sul web, dove alla gente non arriva più la fisicità, la mossa, ma la voce, il tono. L’ho capito grazie a una frase di George Bernard Shaw: «Con il tono giusto si può dire tutto, con quello sbagliato nulla, l’unica difficoltà consiste nel trovare
il tono». Questo assunto è alla base della mia carriera. Un concetto che vale per tutti, anche per far rispettare le regole ci vuole il tono giusto, perché l’alternativa sono le bastonate. Che con le donne e in amore si trasformano in un mazzo di fiori, giusto? Di solito se non porti il mazzo di fiori arriva il bastone. Poi l’amore cambia dimensione, un tema che uso spesso nei miei spettacoli citando le parole di Zygmunt Bauman, filosofo scomparso quattro anni fa: «Nel futuro che ci attende, la velocità sarà molto più importante della durata». E chiude-
Enrico Bertolino al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa (NA)
vo lo spettacolo commentando: «Ho letto la citazione di Bauman a mia moglie e lei mi ha risposto “Tu, nel dubbio, ascolta pure Bauman, ma continua con la durata, sennò con la velocità resti da solo”». Quando vai da Milano a Torino o a Bologna in 50 minuti, la velocità cambia anche la dimensione dell’amore, che non sarà solo più fatto di struggenti addii ma di veloci arrivederci. E poi Cupido, la freccia dell’amore, un simbolo del Frecciarossa: troppo “paraculo”. Tua moglie è brasiliana, ci si innamora anche di ciò che una persona rappresenta? Del suo modo di vivere, della sua gioia di farlo. L’amore con il tempo diventa complicità. Sarà retorico, ma quando incontri due persone anziane che si prendono cura l’una dell’altra, magari anche borbottando, vedi l’espressione dell’amore. Come quelle coppie di anziani stranieri, circa 200 anni in due, che salgono sui treni con valigie più grandi di loro. Se li aiuti e senti il peso dei bagagli, pensi ci abbiano rinchiuso un contorsionista. A San Valentino, visto che non potremo limonare nei cinema perché sono chiusi, lancio l’appello a limonare virtualmente. Facciamolo. Stando a casa ti sei dilettato ai fornelli? Per mia figlia, a casa sia pranzo che a cena con la didattica a distanza. In cucina sono creativo, faccio girare sempre gli stessi ingredienti per realizzare ricette diverse. Funziona un po’ come nella vita: mischia il carattere e le qualità che hai e sembrerà sempre un piatto differente. Il consiglio di Enrico Bertolino per conquistare una donna? Sono il meno adatto, potrei definirmi il “re di quadri” del “due di picche”. Ma un consiglio posso darlo: siate ironici solo quando vi è permesso. Ma soprattutto siate voi stessi perché, prima o poi, la sceneggiata cade e, dopo essersi conquistati, il tempo passa e arriva il momento di accettarsi. Questo è l’amore. enricobertolino.it enricobertolino enricobertolino_ 37
© Pentaphoto
SPORT
CORTINA MONDIALE Olympia delle Tofane, Audi FIS Ski World Cup 2018
DAL 7 AL 21 FEBBRAIO LA REGINA DELLE DOLOMITI OSPITA I CAMPIONATI DI SCI ALPINO. OLTRE 600 ATLETI DA 70 NAZIONI SI SFIDANO PER AGGIUDICARSI I 13 TITOLI IN PALIO
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on il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati». Queste parole della leggenda dello sport Michael Jordan sono impresse negli uffici della Fondazione Cortina 2021. Un monito, una motivazione, un’ispirazione per tutte quelle persone che, malgrado la pandemia in corso, si sono impegnate per organizzare i Campionati del mondo di sci alpino, in programma a Cortina d’Ampezzo (BL) dal 7 al 21 febbraio. Oltre 600 atleti provenienti da 70 nazioni gareggiano per aggiudicarsi i 13 titoli mondiali in palio. Un evento di portata globale che si svolge a porte chiuse ma coinvolge oltre 500 milioni di persone collegate in diretta televisiva da tutto il mondo, a cui si aggiunge la popolazione digitale sui social network. Gli sciatori più forti del momento tornano, quindi, a dare spettacolo all’ombra delle Tofane. A livello femminile, dopo l’incidente che purtroppo ha costretto al
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ritiro Sofia Goggia, gli occhi sono puntati su Federica Brignone, vincitrice della passata stagione di Coppa del mondo, e Marta Bassino. Un vero peccato per la punta di diamante della squadra azzurra femminile, reduce da quattro vittorie mondiali consecutive: a Sofia i migliori auguri di pronta guarigione. Le regine della velocità gareggiano sull’Olympia delle Tofane, una pista amatissima anche dal pubblico per il suo scenografico Schuss, spettacolare pendio tra le rocce con pendenza del 65%. L’azzurro Dominik Paris è invece uno degli “uomini jet” su cui puntare. La pista nera maschile è la Vertigine, con un nuovo salto di 45 metri da affrontare a oltre 100 chilometri orari, dedicato a Kristian Ghedina, campione di casa e ambassador di Cortina 2021. Questi campionati e il territorio che li ospita sono raccontati nel volume Cortina 2021, Regina dello Sport. Il libro dei Mondiali di sci alpino. Un testo nato per celebrare un momento importante
nella storia della città e dell’Italia, dove viene raccontato l’amore, o meglio, tanti amori: per lo sci, il territorio, la tradizione e per tutto quello che ha reso Cortina l’indiscussa regina delle Dolomiti. Il libro è diviso in quattro sezioni: la prima è dedicata ai Mondiali 2021, seguono Cortina nel firmamento dello sci alpino,
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di Flavio Scheggi
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Questo libro nasce per celebrare un momento importante nella storia dello sport di Cortina e dell’Italia. I Mondiali Cortina 2021 rappresentano un sogno, un traguardo, e Fondazione Cortina 2021 ha pensato a un volume per immortalarlo. Questo è un libro inclusivo e corale. Un libro che dà voce a tutti coloro che da anni mettono cuore, passione e impegno per realizzare questo grande evento mondiale. Alle istituzioni e agli stakeholder che lo hanno voluto, difeso, preservato anche nei momenti più bui che purtroppo non sono mancati in questo periodo di pandemia. È un racconto del prima e del dopo Mondiali, che per Cortina certamente rappresentano uno spartiacque, una grande opportunità di rinnovamento.
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Il libro dei Mondiali di sci alpino di Cortina d’Ampezzo
Questo libro è qualcosa di più: è la prova dell’affetto che lega a Cortina. Lo si percepisce chiaramente tra le righe, scorrendo i contributi dei membri del Comitato Media Cortina 2021 che si alternano all’interno dei capitoli redatti da Marco Dibona, Feliciana Mariotti, Alessandra Segafreddo, Massimo Spampani. Un lavoro editoriale che ha unito ricerca e ascolto, metodo e sentimento. Un libro che ha voluto raccontare il valore di un territorio narrando tutti quegli aspetti di pregio che negli anni hanno costruito la reputazione e l’apprezzamento per Cortina. Conoscere cosa è accaduto ieri serve a capire l’oggi, soprattutto per sapere quali elementi conservare per un miglior domani.
Regina dello Sport
Roberta Alverà, presidente dell’Associazione albergatori. Tra gli eventi, prosegue online la manifestazione Una montagna di libri. A febbraio, sono in programma una serie di incontri in streaming su Facebook e YouTube come quelli con Massimiliano Ossini, Paolo Mieli e Carlo Verdone, che racconteranno i loro nuovi lavori.
CORTINA 2021
CORTINA 2021 Regina dello Sport Il libro dei Mondiali di sci alpino di Cortina d’Ampezzo
28,50 €
Morellini Editore, pp. 162 € 28,50
Cortina di notte con le piste illuminate
© Giacomo Pompanin
Sci R-Evolution e Non solo Cortina, che rappresentano un excursus nella storia, nella cultura e nella gastronomia di questo gioiello veneto. Ogni membro del comitato media, composto dalle firme delle principali testate italiane, tra cui La Freccia, ha scelto un tema e lo ha sviluppato apportando il proprio contributo o intervistando persone legate al territorio. Tra questi Alessandro Benetton, presidente della Fondazione Cortina 2021, sottolinea così l’impegno profuso per rendere possibile la gara: «Come le Olimpiadi di Cortina nel 1956 furono la vetrina di un’Italia che aveva messo il turbo del miracolo economico dopo la Seconda guerra mondiale, così i Campionati del mondo di sci alpino Cortina 2021 sono l’icona di un Paese che contrasta la pandemia e si rialza, per tornare a guardare al domani con fiducia ed energia». Un mondiale che Michele Di Gallo, Operations Director di Cortina 2021, definisce con quattro semplici parole: «Responsabilità, perché questo evento è realizzato in sicurezza. Innovazione, poiché servono nuove idee per cambiare un mondo abituato a essere tradizionalista. Serenità, anche quando le cose sembrano impossibili, per andare avanti con fiducia. E normalità: quello che stiamo creando è un nuovo standard che poi sarà la base di partenza per tutto quello che verrà dopo». Mentre Fabio Lalli, Founder & Chief Business Innovation Officer di IQUII, spiega come la tecnologia aiuti a promuovere e diffondere questi mondiali disputati a porte chiuse: «Se le persone non possono andare all’evento, in montagna, dobbiamo portare l’evento e la montagna a casa dello spettatore. Non più solo il commentatore ma gli stessi atleti, le persone del posto e i partner dell’evento sono veicolo della storia che racconteremo». La regina delle Dolomiti, che nel 2026 ospiterà le Olimpiadi, ha un valore che va oltre l’aspetto sportivo. «La più grande tipicità di Cortina è quella di offrire un’esperienza che non si limita alle piste innevate, ma coinvolge il paese in ogni suo aspetto: dalla famosa passeggiata in centro per lo shopping alla visita di una mostra, dalla presentazione di un libro al pranzo o all’aperitivo in uno dei tanti locali e ristoranti tipici», auspica
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© FISI
SPORT
Sofia Goggia all'Alpine Ski World Cup 2020-2021, Sankt Anton (Austria) 40
IN QUESTE PAGINE ERA STATA REALIZZATA UN’INTERVISTA (ANCORA PRESENTE NELLA VERSIONE CARTACEA DELLA RIVISTA) ALLA SCIATRICE BERGAMASCA SOFIA GOGGIA. IL 31 GENNAIO, A MAGAZINE GIÀ CHIUSO, LA CAMPIONESSA SI È INFORTUNATA AL GINOCCHIO DESTRO E NON POTRÀ PARTECIPARE AI MONDIALI DI CORTINA. A LEI VANNO I NOSTRI AUGURI DI PRONTA GUARIGIONE, IN ATTESA CHE TORNI PRESTO A CALCARE LE PISTE 41
SAN VALENTINO
COME IN UNA FAVOLA SEI COPPIE FAMOSE RACCONTANO LUOGHI, PROGETTI E SEGRETI DEL LORO AMORE. IN ATTESA DEL PROSSIMO VIAGGIO A DUE
CLAUDIO SANTAMARIA E FRANCESCA BARRA [ATTORE E GIORNALISTA] di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it
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ono legati da molti anni. Claudio Santamaria e Francesca Barra si sono conosciuti appena adolescenti in Basilicata, una terra che definiscono magica. Ma si sono rincontrati e innamorati da adulti, nel 2017. Oggi l’attore e la giornalista vivono la loro storia con romanticismo e complicità in una casa sui Navigli, a Milano. Sognano viaggi lontani, ma apprezzano molto anche l’Italia, soprattutto Verona. La città in cui Cangrande della Scala accolse il poeta Alighieri fa infatti da scenografia al video La Verona di Dante che vede protagonista la coppia. Le immagini promuovono il progetto Dante a Verona 1321-2021 che coinvolge il Comune, l’università cittadina e diverse istituzioni e associazioni culturali per celebrare i 700 anni dalla morte dell’artista. Come una novella Beatrice, Francesca si fa rincorrere per le vie della città scaligera da Claudio, che si meraviglia di fronte ad angoli nascosti, piazze, palazzi, dimore storiche e tesori artistici poco noti. E la meta finale non può che essere il balcone di Giulietta, il personaggio reso immortale dalla tragedia di William Shakespeare. La canzone che legate di più alla nascita del vostro amore? [F] Per me è il brano Come nelle favole, di Vasco Rossi. L’abbiamo ascoltato la prima sera che siamo usciti insieme, in un bar di via Veneto, a Roma, dove siamo rimasti a parlare per molto tempo, mentre alle nostre spalle veniva proiettato il video. In particolare, ci ha colpito il verso «in un bar a bere e a ridere». Per me quella canzone è stata una profezia. [C] Io sono molto legato al ricordo del nostro primo concerto insieme: i Radiohead a Firenze, quattro anni fa. Il viaggio di coppia in Italia a cui siete più affezionati? [C] Matera, durante la Festa della Bruna a luglio, che ha ispirato il libro scritto insieme, La giostra delle anime (Mondadori, pp. 264 € 19), e Pantelleria, l’isola del cuore di Francesca – e ora anche del mio – dove abbiamo messo radici. La Basilicata per voi è una regione importante. Oltre al libro ambientato nella Città dei Sassi, Francesca è di
Policoro (MT), dove vi siete sposati due anni fa con una cerimonia sul mare. Che cosa amate della terra lucana? [C] Lì c’è davvero tutto ciò che l’uomo può desiderare: due mari, i Laghi di Monticchio, montagna, campagna, ottimo cibo e tanti luoghi d’arte. E poi noi ci siamo conosciuti proprio a Policoro: Francesca aveva 11 anni e io 16. Questa zona per noi è magica. Il luogo del cuore a Milano, dove vivete ora? [C] [F] I Navigli, dove abbiamo scelto di abitare. Ci sentiamo privilegiati perché è un quartiere che rispecchia la nostra creatività e il modo di concepire la vita: senza traffico, accanto all’acqua e al verde, fra le cose più autentiche, come le botteghe di artigiani e di artisti. La metà più romantica che vi piacerebbe visitare appena possibile? [C] [F] I nostri viaggi sono sempre avventurosi e passionali. Abbiamo una lista delle prossime tappe e tra queste c’è il Messico durante il Día de los Muertos, la Festa dei Morti, una delle celebrazioni più suggestive al mondo. Poi vorremmo andare nelle Filippine e in Giappone. E naturalmente girare per la nostra Italia, che non smette mai di stupirci. Siete testimonial di Verona, la città di Romeo e Giulietta, ricordata nel 2021 per aver accolto Dante in esilio. Quali luoghi di questa città vi hanno stupi-
to di più? [C] [F] Finora l’avevamo visitata solo da turisti: abbiamo soggiornato lì per assistere a qualche concerto nell’Arena o per lavoro. Conoscere il suo rapporto con il Sommo Poeta è stato decisivo per inserirla fra i luoghi in cui tornare. Possiede diversi monumenti e tesori poco conosciuti, come per esempio la basilica di San Zeno o la chiesa di Sant’Elena, inserite nel video che promuove il progetto Dante a Verona. L’inferno è intrigante e provocatore, il paradiso rappresenta la sicurezza e la pace. Nel vostro rapporto come convivono questi due luoghi simbolici? [C] [F] L’inferno non ci appartiene, abbiamo scelto il paradiso, il nostro amore, costruire una famiglia e una casa. Il resto è fuori dalla porta. Chiudiamo con il futuro: che progetti professionali vi aspettano? [C] Ora sto girando una serie per Sky, presto uscirà il film Freaks Out con la regia di Gabriele Mainetti e in tv è prevista una serie per Mediaset, con la regia di Piero Messina, ispirata a un grande giornalista siciliano e al suo giornale. [F] Ho vari impegni televisivi, un libro in uscita e un progetto al quale sto lavorando con Claudio. Ma è ancora tutto top secret. danteaverona.it
Un abbraccio tra Claudio Santamaria e Francesca Barra sulla Scala della Ragione a Verona
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[CANTAUTORI] di Gaspare Baglio gasparebaglio
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Foto Mattia Guolo
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alifornia (al secolo Francesca Mesiano) e Fausto Zanardelli sono una coppia nella vita e nella musica. Insieme formano, infatti, i Coma_Cose, tra le realtà più interessanti della discografia italica. Attraverso sonorità eclettiche e una scrittura caratterizzata da immagini urban, il duo ha vivisezionato la love story che li vede protagonisti. Riuscendo, al contempo, a offrire uno sguardo alternativo sulle emozioni di una generazione liquida. La loro relazione e la carriera artistica in tandem inizia nell’estate del 2016. Un anno dopo sfornano l’ep Inverno ticinese che li fa conoscere a pubblico e critica e, nel 2019, l’album Hype Aura li consacra. Arriva poi il progetto Due e, dal 2 al 6 marzo (salvo slittamenti causa pandemia), la partecipazione tra i big al 71esimo Festival di Sanremo con il brano Fiamme negli occhi. C’è una canzone che, più di tutte, rappresenta la vostra unione? [F] Anima lattina, parla del nostro incontro con parafrasi e immagini molto vivide. È cantata all’unisono e, nei live, si crea un’alchimia armonica, vocale, di totale condivisione. Come conciliate l’aspetto professionale con quello personale? [C] Avere un progetto in comune fa nascere una serie di problemi: c’è sempre molto da discutere, ma è anche quello che ci salva e ci fa andare avanti. [F] Non abbiamo nemmeno uno storico precedente, ci siamo messi insieme quando è nato il progetto. È un tutt’uno, una relazione all’interno della musica. Il lockdown è stata la prova del nove per tante coppie, mentre a noi è sembrato normale perché siamo abituati a scornarci. Il vostro viaggio del cuore? [C] Amiamo Berlino. Ci siamo stati per due settimane, scandagliandola in lungo e in largo a piedi: quando visitiamo un posto ci piace farlo con calma.
[F] Ogni volta che andiamo lì veniamo ispirati, ci trasmette una propulsione importante. Il primo viaggio post Covid-19? [F] Qualcosa di esotico, come Bali, in Indonesia. Oltre all’avventura, un po’ di mare da cartolina non guasterebbe. In Italia, invece, c’è una città a cui siete legati? [F] Milano ha fatto da sfondo ai nostri ultimi dieci anni, è stata molto presente nelle nostre prime composizioni, ci ha formati, dandoci diversi input e cambiando il nostro asset mentale. La pandemia ha reso un po’ strano vivere in questa metropoli, l’ha trasformata quasi in un non luogo che confonde chi era abituato a vederla viva. La sentiamo come una città vicina e lontana allo stesso tempo. Quando ripartirà avrà un grande boom, aspettiamo anche noi questa ripresa visto che tutto quel che riguarda la musica, al momento, è sospeso. Qual è il tema della canzone con cui vi presentate sul palco dell’Ariston? [C] Parla di noi, dei nostri sentimenti. Ci piace fotografare momenti della nostra storia: abbiamo raccontato l’inizio, lo stare insieme dopo due anni e la convivenza. Adesso descriviamo la nostra vita attuale. [F] Abbiamo due codici narrativi: scattiamo istantanee della realtà che ci
circonda e di noi stessi. Fiamme negli occhi descrive gli alti e bassi di una relazione: siamo due amici che poi si sono fidanzati e ora lavorano insieme. Abbiamo una passione che arde dentro e ci dà la direzione per continuare la nostra avventura, che è musica ma anche vita. Come mai avete deciso di partecipare al Festival? [C] Abbiamo iniziato a scrivere canzoni un anno fa, durante il periodo del lockdown. [F] Le avevamo pensate per un ipotetico disco che, causa forza maggiore, non ha mai visto la luce. Tra queste, ce n’era una che ci sembrava perfetta per Sanremo. È stato tutto molto naturale: abbiamo provato a partecipare, sapendo che l’edizione 2021 viene vista come quella del rilancio della musica. Il brano è piaciuto e adesso siamo in gara. Ci sentiamo come Davide contro Golia. Canzone di Sanremo a parte, come saranno i vostri nuovi pezzi? [F] Parlano la stessa lingua, contengono tanto passato e tanto futuro. I sentimenti sono messi a nudo, con tutta la poesia possibile. Cose piccole, raccontate in modo immaginifico: scandaglieremo la nostalgia umana. comacose coma_cose
Uno scorcio dei Navigli di Milano
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COMA_COSE
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© Mauro Sebastianelli
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[ATTORI, COMICI E CONDUTTORI]
«I
niziamo dall’insuccesso della nostra love story, poi andiamo a salire». Una battuta fulminante dà il via alla chiacchierata con Maria Di Biase e Corrado Nuzzo, che condividono vita privata e progetti professionali. Come i diversi programmi Mai dire della Gialappa’s band su Italia 1, Zelig su Canale 5 e Quelli che il calcio su Rai2. Oltre a essere comici professionisti e attori, Nuzzo & Di Biase conducono due show su Rai Radio2 e in live streaming su Raiplay: sono al timone (insieme a Mauro Casciari) di Numeri Uni, dal lunedì al venerdì, mentre nel weekend fanno parte della squadra di Black out. Maria, il vostro amore è un insuccesso quindi? [M] No, in realtà è il contrario, ma vorrei lo raccontasse Corrado… [C] Mi sembra, se non mi confondo con le date, che stiamo insieme da 23 anni. Ormai è come aver messo una bandierina sulla Luna. Bisogna festeggiare. [M] Stranamente tutto funziona, anche se condividiamo lo stesso palco. È difficile lavorare insieme? [M] Per noi è un collante avere una progettualità. E poi Corrado, dopo tanti anni, riesce ancora a farmi ridere. [C] E non sotto le coperte, eh! [M] L’ingrediente è quello: l’allegria, ma anche l’autoironia sulla coppia e sui problemi che, inevitabilmente, ci sono. [C] Stare insieme a Maria è come fare analisi. E poi riusciamo ad avere una grande alchimia. Se ci dovessimo lasciare, non so se riuscirei mai a trovare un grandissimo amore come questo. [M] Incontrandolo ho già vinto la lotteria. È difficile vincere una seconda volta. [C] Ma non è che deve succedere
per forza, eh! Come vi siete conosciuti? [M] A Bologna, in una scuola di teatro: Corrado insegnava e io seguivo un corso sulla comicità. [C] Io ero l’insegnante più bello. [M] Prima eravamo amici e poi, dopo due anni, siamo diventati amanti: Corrado cambiava le fidanzate, ma l’amante fissa ero sempre io. [C] È stata la mia confidente e, adesso, non ho mai margine di improvvisazione: conosce tutto di me, ogni segreto. A questo si aggiunge la passione comune per il teatro, che ha creato un’alchimia davvero unica. [M] Il comico Paolo Migone ha dato una bella definizione di noi: «Se spari a uno, muore l’altro». I luoghi a cui siete particolarmente legati? [M] Il Molise e il Salento, le nostre terre. [C] Siamo come la pizza mari e monti: se vogliamo il freddo andiamo in Molise, per il caldo in Salento. Lì abbiamo anche una casetta e tornarci è sempre una grande gioia. Un viaggio in giro per il mondo che vi piacerebbe fare? [M] Io vorrei andare a Lisbona. [C] Io a Crotone. Corrado, a parte Crotone? [C] Sarebbe bello visitare il Canada. E andare a Montréal, dove è nata Maria: vorrei vedere i luoghi dove ha passato l’infanzia. [M] Corrado sta con una canadese 4x4. Una canzone che vi fa pensare al vostro amore? [M] La colonna sonora del film Il Postino, composta da Luis Bacalov. Vivete a Roma. Dove vi piace andare? [C] A me piace andare a bere. [M] Abitiamo qui da poco, abbiamo più ricordi a Bologna. Un luogo di Bologna, allora?
[C] Il Parco Talon a Casalecchio di Reno. [M] Quando ci siamo messi insieme lo frequentavamo spesso: Corrado abitava proprio lì vicino. Progetti futuri? [C] A febbraio, su Rai1, esce la serie Le indagini di Lolita Lobosco di Luca Miniero, con Luisa Ranieri. Io interpreto l’ex cognato della protagonista. [M] Io invece sono nel cast di Bla Bla Baby di Fausto Brizzi, dove il mio personaggio lavora in un asilo. E continuate con la radio… [M] È il nostro primo amore, ci piace tantissimo. [C] Inoltre, pandemia permettendo, vorremo portare in Italia l’adattamento di una commedia teatrale francese che abbiamo visto ad Avignone. [M] E stiamo scrivendo il nostro nuovo film. G.B. nuzzodibiase nuzzodibiase
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CORRADO NUZZO E MARIA DI BIASE
Uno scorcio del Parco Talon, Casalecchio di Reno (BO)
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KATIA FOLLESA E ANGELO PISANI [ATTORI, COMICI E CONDUTTORI]
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uella di Katia Follesa e Angelo Pisani è una storia d’amore nata sotto i riflettori. Entrambi – lui insieme a Marco Silvestri con i Pali e Dispari, lei in coppia con Valeria Graci – ci hanno fatto fare moltissime risate dal palco di Zelig. Se nella vita privata sono una coppia affiatatissima, sul lavoro non si erano (quasi) mai sfiorati fino allo spettacolo teatrale di grande successo Finché social non ci separi. E alla sitcom Social Family, prodotta da Banijay Italia, on air su Discovery+. Un progetto in cui hanno coinvolto anche la figlia Agata. È stata molto brava, tra l’altro. [K] E infatti nella prossima serie non ci sarà più! (ride, ndr) È difficile parlare il linguaggio della sit-com quando spopolano i reality? [A] Volevamo passasse l’impianto
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comico, ma restando su quello real. Così abbiamo lavorato sulla naturalezza, caratteristica che poteva esserci solo rimanendo noi stessi, con le dinamiche che conosciamo bene. È stato un progetto stimolante e la gente ci ha percepito come veri. Difficile stare sempre insieme, a casa e al lavoro? [K] In teatro è più semplice: c’è un’energia molto forte, unita alla carica del pubblico. Sul set ci possono essere tensioni per i tempi e le battute che, recitate, sono diverse da quelle scritte. Dalla nostra abbiamo entrambi la facilitazione di aver lavorato in coppia con altre persone per tanto tempo. [A] La difficoltà è riuscire a staccare, ma vivere con Agata ci facilita e ci fa subito entrare nel ruolo di genitori. Per il resto, ormai sappiamo come isolarci e sfiammare.
Il vostro viaggio del cuore? [K] Il mio ricordo indelebile è la Puglia. [A] Abbiamo fatto un bellissimo giro visitando Ostuni, Martina Franca, Ceglie. Ci tengo anche a dire che il mondo dei treni è legato a tantissimi stati d’animo ed emozioni, anche in ambito professionale. A volte si parte con la tensione di un provino e si torna con il piacere e la speranza. [K] Noi prendiamo spesso il treno, scelta prediletta per staccare completamente la testa. Sono momenti autentici e da incorniciare per chi fa il nostro lavoro. Vivete a Milano. Il vostro luogo preferito della città? [A] Sono affezionato a Parco Sempione perché sono nato lì vicino. Ma an-
che a quell’angolo sui Navigli dove si trova la chiesetta di San Cristoforo: c’è un passaggio a livello che mi permette di entrare, dietro a una curva, nella parte più urbana della metropoli. [K] Ci piacciono anche le cascine rurali, sempre verso i Navigli. Dove vorreste andare insieme? [K] A New York, che amo moltissimo. E poi ho nella testa un viaggio in Patagonia: me ne hanno parlato e me ne sono innamorata. [A] Io vorrei girare in camper la Svezia, la Norvegia e la Danimarca. Ci siamo stati già, con Agata piccolissima, ed è stato molto bello. Sono Paesi che, anche con i bambini, permettono di vivere il viaggio in massima rilassatezza. Come artisti, coppia e genitori, in che
modo avete vissuto la pandemia? [K] All’inizio è stata una novità che ci ha presi alla sprovvista, abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare chiusi in casa, dalla cucina al relax. Fortunatamente, viviamo in un luogo spazioso. Adesso, però, direi basta. [A] Personalmente, ho usato il lockdown per approfondire cose che mi interessavano. Ora la situazione è un po’ diversa ma è chiaro che rimane destabilizzante. Per nostra fortuna siamo genitori e dobbiamo essere i primi a dare speranza a nostra figlia perché tutto si sistemerà. Spero che ci vedremo presto sui treni e in giro per il mondo. Quali progetti avete in fieri? [K] Il più imminente è il merluzzo che sta cuocendo in forno! [A] Purtroppo, il tour che stava andando benissimo è stato posticipato – se tutto va bene – a ottobre 2021. Stiamo costruendo altri progetti insieme, oltre alla seconda serie di Social Family, che è quasi sicura. Con il lockdown, il nostro modo di interagire ha portato buonumore ai telespettatori. [K] Io continuo anche il mio programma su Radio 101 e sono nel cast dello
show LOL: chi ride è fuori, in primavera su Amazon Prime Video. G.B. katioska76 angelorpisani
BACI POP Lei simbolo di sensualità e romanticismo, loro icone di ironia e originalità. Elodie e i Pinguini Tattici Nucleari sono i nuovi autori dei cartigli per i Baci Perugina lanciati in occasione di San Valentino 2021. Trenta frasi inedite per chi cerca la dichiarazione d’amore perfetta nei cuori e nei tubi dei famosi cioccolatini. In più, una divertente e originale web serie in quattro episodi su Instagram per scoprire come le icone pop hanno realizzato i messaggi dedicati a tutti gli innamorati. baciperugina.com baciperugina_it
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CIRO IMMOBILE E JESSICA MELENA [CALCIATORE E MAMMA A TEMPO PIENO]
© Emanuele Novelli
di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it
Ciro Immobile e Jessica Melena durante la festa a tema Il grande Gatsby per i 30 anni di Ciro (20 febbraio 2020)
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iro Immobile, attaccante della Lazio e giocatore della Nazionale, il 20 febbraio festeggia il suo 31esimo compleanno. La moglie Jessica Melena, con la quale è sposato dal 2014 e ha avuto tre figli – Michela nel 2013, Giorgia nel 2015 e Mattia nel 2019 – è nata invece il 17 luglio di 31 anni fa a Bucchianico, in provincia di Chieti. Un numero, il 17, che Ciro porta orgogliosamente sulla maglia della squadra capitolina in omaggio alla sua compagna di vita. Sono una coppia semplice, genuina, non amano lo show business e trasudano amore. A rispondere alle nostre domande è Jessica, che parla anche a nome del marito. Come vi definireste? Una coppia innamorata. Cosa fate generalmente il giorno di San Valentino? Sembra scontato dirlo ma non serve il 14 febbraio per festeggiare. Usiamo questa ricorrenza come scusa per prenderci del tempo per noi, partite e allenamenti permettendo. A Ciro piace prendere l’iniziativa: l’anno scorso siamo andati in una spa e poi a cena fuori. Quest’anno cade di domenica e poi siamo in piena emergenza Covid-19, quindi staremo a casa. Il regalo più bello? Per il nostro primo San Valentino mi ha preparato tante piccole sorprese. Tra queste un cuscino con una nostra foto. Mi emoziono ancora quando ci ripenso. Vi siete conosciuti nel 2012 in Abruzzo, quando Ciro giocava nel Pescara, ed è stato un colpo di fulmine. Hai lasciato gli studi universitari, la tua famiglia, la tua regione per cominciare il vostro viaggio insieme... Dopo tre giorni che ci conoscevamo, Ciro mi ha mandato un messaggio dicendomi che se avesse avuto figli li avrebbe voluti con me. Come si può definire il vero e grande amore se non così? Dopo tanti traslochi, da qualche anno siete stabili a Roma. Come vi trovate? È una città caotica, ma ci ha accolti con estremo calore. Ammetto di non frequentare tanti posti, ma ormai per
noi è casa. Il luogo a cui siete più legati? Lo stadio Olimpico, serve un perché? Un’altra città del cuore, in cui avete vissuto momenti importanti? Ho amato Torino. È stato magico il periodo che abbiamo trascorso lì: era nata da poco Michela, la nostra prima figlia, e le cose andavano bene. Ciro era felice, io ero felice. Il viaggio indimenticabile, all’estero e in Italia? New York su tutti. Sono un’amante di Sex and the City, abbiamo fatto anche il tour di Manhattan nei luoghi simbolo di questa serie tv. In Italia, invece, senza dubbio la Sardegna, per noi significa famiglia, è la vacanza che dedichiamo solo a noi cinque. E quello che vorreste fare appena l’emergenza Covid-19 lo consentirà? La meta non l’abbiamo decisa, ma sarà un posto caldo, al mare. La vostra canzone e il film del cuore? Eccomi, degli 883, è stata la serenata scelta da Ciro per la proposta di matrimonio. Mentre la pellicola a cui ci sentiamo legati è Famiglia all’improvviso - Istruzioni non incluse, di Hugo Gélin. Le passioni che condividete? Viaggiare, i film horror e i giochi di società. E, ovviamente, la Lazio. A proposito di condivisioni, siete molto attivi sui social e pubblicate molte foto… Cerchiamo di mostrare quello che siamo nella realtà, ma senza dover postare a tutti i costi qualcosa. Nell’ultimo anno i social ci hanno aiutato a distrarci dall’emergenza e a mantenere il contatto con chi ci segue. Leggiamo e rispondiamo sempre con piacere ai messaggi, ma ci dispiace quando per questioni di tifoserie si scatena la rabbia: per questo motivo, a volte, sono stata tentata di cancellare i nostri profili. Avete tre figli, due femmine e un maschio, e tu fai la mamma a tempo pieno. È un lavoro impegnativo che ti soddisfa? Chiunque abbia figli non si annoia mai. Fare il genitore è il lavoro più bello del mondo, non si dice così? L’impegno primario sono i miei piccoli, essere mamma è faticoso.
Molti pensano che, essendo Ciro un calciatore, ci siano tate a non finire e che io faccia chissà quali altre cose. Niente di più falso. I figli sono i nostri, non delle tate, li portiamo a scuola, li laviamo, li vestiamo, li facciamo crescere. Durante il lockdown la mattina seguivamo le lezioni al pc, poi facevamo i compiti. Ovviamente, c’è chi mi aiuta in casa e chiamavamo la baby sitter per uscire a cena quando si poteva, ma mai potrei farli crescere a qualcun altro. Ciro che papà è? Straordinario, ama tutti e tre in modo totalizzante. Michela e Giorgia sono le sue principesse, Mattia il suo complice. Ogni tanto la notte mi sveglio e mio marito non è a letto, poi controllo e lo trovo addormentato in camera delle figlie con un libro delle favole vicino. Il maschietto è arrivato nel 2019, già tira calci al pallone? È un Immobile, come potrebbe non avere il piede buono? A parte gli scherzi, Mattia è un bambino straordinario. Capisce tutto e imita quello che fanno le sue sorelline. Insieme al papà gioca spesso con la palla, anche se in casa non dovrebbero… le decorazioni del nostro albero di Natale sono state distrutte. Il gol più bello? Quello contro il Napoli che lo ha consacrato Scarpa d’oro nello scorso campionato. Una partita su tutte che vi è rimasta dentro? La sua prima gara in Champions con il Borussia Dortmund, segnò anche un gol. Sei nata in una famiglia semplice, non ami metterti in mostra. E Ciro, nonostante il successo, è un antidivo. Anche su questo siete in sintonia. La nostra fortuna è il nostro quotidiano. È vero, il lavoro di Ciro ci permette di vivere bene, ma poi dopo cena ci sono comunque i piatti da lavare. Hai progetti per il futuro? Vorrei poter ballare in televisione, la danza è sempre stata il mio sogno e la mia passione. Se Maria De Filippi decidesse di rifare Amici Celebrities sicuramente mi candiderei. ciroimmobile jessicamelena 51
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MARIA GRAZIA CUCINOTTA E GIULIO VIOLATI [ATTRICE E IMPRENDITORE] di Elisabetta Reale
Qual è invece il vostro luogo del cuore? La nostra casa a Roma, dove abbiamo portato Giulia. Per noi è la culla che ci fa sentire protetti. Ma c’è anche l’hotel Signum a Salina, isola delle Eolie, che ho conosciuto ai tempi del Postino e dove sono sempre ritornata. Ho visto crescere la famiglia che lo gestisce: la piccola Martina, figlia dei proprietari, è la più giovane chef ad avere ricevuto l’ambita Stella Michelin in Italia. Questa è la Sicilia che vale e lascia il segno nel cuore delle persone. Durante la pandemia è uscito per Mondadori il libro Vite senza paura. Storie di donne che si ribellano alla violenza, legato all’attività della onlus che hai fondato nel 2019 per combattere forme di abuso. Come è nato? È un diario in cui racconto le vicende di cinque donne che ho incontrato, di estrazione, nazionalità ed età diverse, perché nessuno può dirsi escluso da questo problema. È stato pubblicato in un periodo particolare e, attraver-
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© Marco/AdobeStock
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n’unione solida e serena suggellata, a 25 anni dal sì avvenuto il 7 ottobre del 1995, con una cerimonia intima ma profondamente sentita. Maria Grazia Cucinotta e Giulio Violati hanno festeggiato le nozze d’argento risposandosi: «Quando si è giovani non ci si rende conto del passo che si sta facendo, così questo per noi è stato il vero matrimonio», tengono a precisare. L’attrice, regista e produttrice messinese nota per film come Il postino e 007 - Il mondo non basta e l’imprenditore romano hanno coltivato giorno per giorno il loro amore, completato nel 2001 dall’arrivo della figlia Giulia. Come vi siete conosciuti? A una festa di Capodanno. E, fin dall’inizio, il nostro è stato un rapporto molto frenetico. Già in occasione del primo San Valentino io sono dovuta andare in Germania per una pubblicità e siamo stati costretti a scambiarci solo dei bigliettini. Poi ho continuato a muovermi per girare Il postino. Subito dopo il matrimonio sono partita per Vienna perché dovevo completare un altro film. Giusto il tempo di fare il viaggio di nozze e via di nuovo, per la cerimonia degli Oscar a Los Angeles. Sempre in viaggio, quindi. Ma ce n’è uno fatto insieme a cui siete legati? Ricordo con piacere quello a Sorrento, in un albergo di cari amici, dove ho passato quasi tutto il periodo della gravidanza: era come trovarsi a casa. La fuga romantica che farete non appena sarà possibile? Avevamo l’abitudine di staccare dal lavoro ogni fine settimana per goderci del tempo insieme e scoprire posti nuovi, come un borgo o un agriturismo. Non vediamo l’ora di ricominciare a farlo. E poi vorrei tornare presto a casa, a Messina. Sono un’immigrata, per me viaggiare è la normalità, ho iniziato a 18 anni e non ho mai smesso. Il viaggio è la mia adrenalina.
so il ricavato, sosterrò un fondo per le vittime di violenza. Per ricordare sempre che il nostro cuore deve battere per amore e non per paura e nessun uomo può annullare la volontà e la forza di una donna. Da poco con la onlus Vite senza paura ho avviato una partnership con l’Arma dei Carabinieri per sostenere chi sceglie di denunciare. Abbiamo presentato anche una proposta di legge per la creazione di un albo nazionale che raccolga le associazioni impegnate a combattere la violenza di genere. Hai trovato comunque il tempo di tornare sul set, in Calabria, per l’opera prima di Lorenzo d’Amico de Carvalho Gli anni belli. Sì, con le dovute precauzioni anti Covid-19. Ma Lorenzo d’Amico è stato fantastico, così come tutta la troupe. E il film, ambientato negli anni ‘90, ci ha fatto fare un viaggio nel tempo, tra ricordi e spensieratezza. Quando è finito è stato un grande dispiacere: abbiamo visto terminare qualcosa che ci aveva fatto stare bene, un’esperienza che prima della pandemia consideravamo scontata. Forse è servita per farci apprezzare ancora di più ogni momento, anche sul set.
Il tramonto visto dall’isola di Salina (ME)
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POP (HE)ART DA SPIDER-MAN A DIABOLIK, PASSANDO PER TOPOLINO, LE PIÙ GRANDI LOVE STORY FORMATO FUMETTO di Gaspare Baglio
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ebbraio, si sa, è il mese dell’amore. Un sentimento che ha sempre ispirato ogni forma d’arte. Compresa quella più moderna e popolare dei fumetti. Basti pensare che, nel 1961, le avventure dei Fantastici 4, comic che ha posto le basi per l’universo Marvel di oggi, racconta della love story (che dura ancora) tra Reed “Mister Fantastic” Richards e Susan “La donna invisibile” Storm. Tra i personaggi usciti dalla mente di Stan Lee non possiamo tralasciare la passione di Spider-man per l’attrice Mary Jane Watson. E quella della strega Scarlet (alias Wanda Maximoff) per l’androide Visione. Quest’ultima coppia, che milita negli Avengers, è diventata così famosa da essersi aggiudicata un serial tutto suo targato Disney+: WandaVision. Anche i personaggi della DC Comics cedono alla passione. Un esempio su tutti è l’invincibile Superman che va in brodo di giuggiole per la giornalista Lois Lane. Ma l’amore non è solo al centro delle vicende dei supereroi: nelle strip dei Peanuts è indimenticabile l’infatuazione di Sally, sorella minore di Charlie Brown, per l’insicuro Linus. Sempreverde, poi, l’unione di Topolino e Minni, che dura da 90 anni e li ha visti protagonisti di mille peripezie. Last but not least, il legame tra il ladro Diabolik e la sua complice e compagna Eva Kant: i due stanno insieme da quasi 60 anni. Qualche tempo fa sono addirittura entrati in crisi, sfiorando il divorzio. Ma, Diabolik ed Eva Kant almeno nei fumetti, l’amore trionfa © Astorina Srl Diabolik. Visto da Sergio Zaniboni Mondadori/Astorina, pp. 464 € 22 sempre.
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Spider-man e Mary Jane Watson Š Marvel
I grandi matrimoni Marvel Panini, pp. 320 â‚Ź 29
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Mister Fantastic e La donna invisibile © Marvel
Amore è camminare insieme sotto la pioggia
Visione e Scarlet © Marvel
Visione & Scarlet Witch Panini, pp. 136 € 17 Wanda & Visione Panini, pp. 112 € 9,90
Superman e Lois Lane TM & © 2021 DC. All Rights Reserved
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Topolino e Minni © Disney
Sally e Linus
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29/12/15 15:53 © 2016 Peanuts Worldwide LLC
Basata sui Peanuts di Charles M. Schulz Disegnata da Jason Zamajtuk, Tilly Grassa, Melissa Gerber © 2016 Baldini+Castoldi s.r.l. - Milano
Love & Strips
Bao Publishing, pp. 224 € 20
Bao Publishing, pp. 152 € 20
L’amore diventa protagonista anche nelle graphic novel. Da non perdere, le ultime due targate Bao Publishing: Un anno senza te, di Luca Vanzella e Giopota, scandaglia 12 mesi della vita di un giovane che tenta di accettare la fine di una storia importante con il suo compagno, in una Bologna che riprende le atmosfere oniriche dei film di Federico Fellini e dei libri di Boris Vian. Mentre Nonostante tutto, di Jordi Lafebre, disegna una love story lunga 40 anni. Ma al contrario: dall’ultimo capitolo al primo bacio. 57
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METE DEL CUORE CASTELLI FATATI E CITTÀ ETERNE, BORGHI MEDIEVALI E SCORCI NASCOSTI. I LUOGHI ROMANTICI (E SICURI) DOVE CELEBRARE SAN VALENTINO di Peppe Iannicelli peppeiannicelli65@gmail.com
L’
Italia si colora tutta di rosso, almeno per un giorno. Non quello della pandemia, delle zone catalogate in base ai vari Dpcm. Ma il colore dell’amore. Abitualmente il santo degli innamorati era celebrato con eventi, feste, spettacoli. Non quest’anno, tuttavia il Covid-19 non spegne comunque la fiamma del sentimento. Spostamenti e abbracci sono limitati, ma ovunque ci sono luoghi romantici dove sognare in due. Facendo attenzione al calen-
dario: in questo 2021, San Valentino cade di domenica e coincide quasi con il Carnevale, che finisce martedì 16 febbraio. E si sa com’è, Cupido talvolta può giocare brutti scherzi ai suoi devoti. LA ROSA DI SAN VALENTINO L’epicentro religioso della Festa degli innamorati è certamente la Basilica di San Valentino a Terni, in Umbria. Il 14 febbraio si celebra la decapitazione del vescovo martire, crudelmente giustiziato durante le persecuzioni
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Burano (VE)
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Il balcone di Giulietta a Verona
imperiali. Egli donava le rose del suo giardino agli sposi per propiziarne l’unione felice, e in suo nome tante coppie si scambiano la promessa di amore eterno. La data del suo martirio coincide, infatti, con quella di un’antica festa romana dedicata alla fertilità degli uomini e della terra. Altri due borghi custodiscono reliquie e memoria del martire: San Valentino Torio, in provincia di Salerno, dove nella chiesa settecentesca di San Giacomo Maggiore si venera una reliquia del santo in un’urna d’argento, e San Valentino in Abruzzo Citeriore (PE), nel Duomo dei Santissimi Valentino e Damiano. ROMEO, PERCHÉ SEI TU ROMEO? La Casa di Giulietta a Verona è decisamente l’altra capitale italiana della Festa. La tragica storia dei due adolescenti resa immortale da William Shakespeare commuove milioni di persone di tutto il mondo e di tutte le età. Gli occhi sono fissi sul balcone dal quale l’eterea fanciulla sospirava dolci parole nei riguardi del suo ardimentoso Romeo. Basta chiuderli un attimo per far volare la fantasia. Si accarezza la statua e si affida a un bigliettino il proprio auspicio d’amore. Chissà se
il drammaturgo inglese avrebbe mai immaginato un successo planetario per i due fanciulli nati dalla sua fantasia (o forse da una storia vera)? Nelle questioni di cuore mai dire mai. IL MERLETTO DELLA SIRENA Un regalo infallibile per San Valentino è certamente un prezioso merletto di Burano, isolotto poco distante da Venezia. L’origine di questa lavorazione, apprezzata insieme ai vetri artistici della vicina Murano, è leggendaria. Un giovane pescatore era innamorato della più bella fanciulla dell’isola. Una notte, mentre ritirava le reti a bordo della sua imbarcazione, le sirene provarono a sedurlo con il loro ammaliante canto. Il giovane, come Ulisse, trovò la forza di resistere a quelle suadenti melodie, preservando la sua fedeltà all’amata. La regina delle sirene, colpita da questa prova d’amore, sfiorò con la sua pinna la superfice del mare generando un’onda che, baciata dalla luna, si trasformò in un meraviglioso merletto da sposa. Tutte le ragazze di Burano impararono, con aghi e fili sottilissimi, a riprodurre quella preziosa trama simbolo d’amore eterno. DOMENICA TI PORTERÒ SUL LAGO «Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo (…)
Tu dammi mille baci, e quindi cento, poi dammene altri mille, e quindi cento, quindi mille continui, e quindi cento». Una visita alle grotte di Gaio Valerio Catullo e a Sirmione (BS), sul Lago di Garda, permette di rievocare gli amori del poeta latino. Gli amanti si estraniano completamente dal mondo immersi in una natura fantastica e cangiante. Proprio come accade a chi sceglie di arrivare fino al Lago di Misurina (BL), dominato dalle maestose tre Cime di Lavaredo, che sarebbe nato dalle lacrime inconsolabili del re Sorapiss dopo la morte di sua figlia Misurina. Un pianto straziante che ancora oggi ci sembra di sentire se restiamo in silenzio trattenendo il respiro. CASTELLI E PRINCIPESSE Le favole più belle e le tragedie più drammatiche si svolgono tra le mura dei castelli. La fiction televisiva Elisa di Rivombrosa ha trasformato quello di Agliè, a circa 40 chilometri da Torino, in una delle mete preferite dagli innamorati. La controversa passione tra la bella ma di umili origini Vittoria Puccini e il nobile e tenebroso Alessandro Preziosi, interpreti della popolarissima serie, riscalda milioni di cuori. Il bacio 59
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Lago di Misurina (BL)
da ricordare è quello al cospetto della fontana dove s’incrociavano gli sguardi dei protagonisti. Il Castello di Torrechiara (PR) è invece definito la fortezza dal cuore affrescato. Il maniero, che faceva parte del
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Le grotte di Gaio Valerio Catullo a Sirmione (BS)
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Ducato di Parma e Piacenza, espone una camera d’oro decorata con splendide allegorie dedicate al sentimento più coinvolgente. Il borgo medievale di Castell’Arquato, poco distante, è celebre per vini e cibi afrodisiaci che
inebriano gli amanti. E ancora la Rocca Malatestiana, nel castello di Gradara (FC), è la scena del tragico amore tra Paolo Malatesta e Francesca da Rimini che Dante ricorda nel V canto dell’Inferno. Un libro galeotto fece di-
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Castello di Agliè (TO)
vampare la passione tra i due amanti che insieme furono uccisi dal marito di lei. Dante ben conosceva le pene del cuore. Immaginatelo al tramonto tra le gioiellerie di ponte Vecchio, a Firenze, mentre incrocia la sua bella e inavvicinabile Beatrice. «Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia, quand'ella altrui saluta, ch’ogne lingua devèn, tremando, muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare». Esiste una dichiarazione più bella? Più a sud Macchiagodena, in provincia d’Isernia, accoglie gli innamorati sulla Terrazza della lettura del Castello Baronale: panchine con vista mozzafiato e libri messi a disposizione gratuita in piccole teche realizzate dagli artigiani locali. AMORI IMMORTALI E MITOLOGICI Nella Città Eterna gli amori non possono che essere tali. Chissà, però, quanti sarebbero disposti a sotto-
porsi alla prova della Bocca della Verità, il mascherone di marmo murato nella chiesa di Santa Maria in Cosmedin pronto a punire i fedifraghi. Meglio andare sul sicuro e sbirciare dal buco della serratura del cancello del Priorato dei Cavalieri di Malta. Una vista indimenticabile del Cupolone con effetto wow garantito e a rischio zero. BACI NATURALI TRA FUNGHI E GROTTE In Campania è la natura a ispirare gli innamorati. Il Fungo di Lacco Ameno è uno dei simboli dell’isola di Ischia, come i Faraglioni lo sono per Capri. È uno scoglio di tufo verde alto dieci metri poco distante dal romanticissimo Albergo della Regina Isabella, frutto di un’eruzione vulcanica del Monte Epomeo, anche se la leggenda locale lo presenta come monumento di Madre Natura all’amore di
due giovani ischitani periti in mare mentre tentavano di sfuggire alle rispettive famiglie ostili al loro amore. Le Grotte dell’Angelo, nel territorio di Auletta e Pertosa (SA), propongono lo spettacolo delle stalattiti e stalagmiti che – goccia dopo goccia in un’attesa millenaria – riescono finalmente a congiungersi quasi come le labbra ansiose di due innamorati dopo lunga attesa. Ad Agropoli, borgo alle porte del Cilento, l’imponente scalone che conduce al centro storico è intitolato agli innamorati, grazie alla collaborazione tra il Comune e il movimento Italia Emotional Way, quasi a voler simboleggiare le fatiche della conquista amorosa. VOLARE CON IL PADRINO Quando si ama, sembra quasi di poter volare. Ovviamente nel blu dipinto di blu. Il selfie di coppia più gettonato nella località balneare pugliese 61
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Macchiagodena (IS)
di Polignano a Mare (BA) è quello al cospetto della statua di Domenico Modugno soprannominato, appunto, Mister Volare. Dalla musica leggera al cinema. Immaginate il brivido di poter dichiarare il vostro amore seduti ai tavolini del Bar Vitelli di Savoca (ME), in Sicilia,
sulle orme del film Il Padrino. Francis Ford Coppola ambientò all’esterno di questo locale la celebre scena in cui Mike Corleone chiede al padre, così si usava all’epoca, il permesso di sposare la figlia Apollonia. Infine, si può provare l’emozione di un bacio all’ombra del Pan di Zucchero senza
dover volare necessariamente fino a Rio de Janeiro. Basta il traghetto per la Sardegna. La spiaggia di Masua, nel comune di Iglesias (SU), è celebre per la sua sabbia dorata, il mare cristallino e uno scoglio alto più di 130 metri molto somigliante alla famosa collina carioca.
PROCIDA 2022 Procida sarà la Capitale della cultura italiana per l’anno 2022. L’annuncio ufficiale ha premiato le bellezze artistiche, culturali e ambientali dell’isola che finalmente potrà esser conosciuta e amata come le sue più famose sorelle del golfo che pone al centro della propria di Napoli: Ischia e Capri. mission il tema della sostenibilità è La Regione Campania e il Comune hanno predisposto un vasto programma di spettacoli, eventi, manifestazioni per la oggi al centro della mission di Ing, valorizzazione nazionale e internazionale di Procida, importante strumento per il rilancio turistico dell’Italia intera. per esempio per mettere in campo Qui si respira un’incredibile atmosfera romantica grazie alla magia delle case colorate della Corricella, agli scorci di luce azioni concrete per che si aprono attraverso vicoli e Terre Murate, alle oasi naturali come quella di Vivara. Procida ha conosciuto l’amore contrastare tra Alberto Moravia ed Elsa Morante che qui ambientò il suo capolavoro L’isola di Arturo dove narra del tormentato climatico e “per il cambiamento amore del protagonista per la matrigna Nunziata. A Procida sono state girate alcune scene dell’ultimo filmuna di Massimo favorire società indipendente Troisi Il postino, innamorato della bella Maria Grazia Cucinotta. L’isola è anche il regno di Graziella, la fanciulla descritta e inclusiva”. Dalla casa madre nell’omonimo romanzo di Alphonse de Lamartine, che incarna il mito della bellezza mediterranea.
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ci tengono a sottolineare che l’impegno diProcida Ing su(NA) questo terreno è stato premiato dal Dow Jones Sustainability Index, che nel 2018 ha assegnato a Ing un punteggio di 82 punti su 100, ampiamente sopra la performance media del settore bancario (54 punti).
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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
Gli artigiani che viaggiano nel tempo U
n approccio pratico guidato delle emozioni e dallo spirito intraprendente. È il modus operandi della Magistri, impresa specializzata nel restauro di opere d’arte, monumenti e luoghi di culto, guidata dal restauratore Eros Zanotti: «Io e la mia squadra di restauratrici e restauratori siamo viaggiatori nel tempo: passando da un cantiere all’altro, attraversiamo intere epoche. Il nostro lavoro ci conduce dalla millenaria area archeologica di Nora in Sardegna, al cinquecentesco Palazzo Bonaparte di Roma, dalla settecentesca Villa Arconati di Castellazzo in provincia di Milano, alle piccole pievi di provincia, che spesso rivelano tesori inesplorati e fuori dal tempo. In un giorno capita di percorrere non chilometri, ma…. interi secoli di storia». Ciascun monumento è come un il team di magistri all’opera nel restauro di palazzo Bonaparte a roma in piazza Venezia e un dettaglio delle operazioni di descialBo nella chiesa di sant’agata. foto di marco ligaBue documento prezioso che testimonia la vita delle persone nei secoli. La sfida non è solo giungere al colore originale, in senso stretto, ma anche metaforico. Eros Zanotti ha alla Ca’ Granda nel settecentesco atrio del Vestibolo, fondato la sua azienda su un modello di primo incarico del 2021. Nel 2019 Magistri ha inaubusiness radicato nella cultura dell’artigurato il nuovo laboratorio di restauro occupandosi di gianato: poche, selezionate e competenti un olio su tela del XVI secolo: la “Madonna in trono e maestranze, accanto alle quali resta il più i santi Filippo e Giacomo”, attribuito a Bernardino Lapossibile preferendo in primis il contatto nino. Anche le sculture lignee occupano un posto d’oumano e sociale a tutto il resto. A ciò si nore nel laboratorio, come ad esempio La Crocifissioaggiunge il continuo lavoro e confronto ne, scultura a tuttotondo, venerata sin dal XVII secolo con sovrintendenze, tecnici, architetti, indalla comunità del paesino dove è ubicata sin dalle sue gegneri con i quali confrontarsi ogni volta, ogni giorno. Tutto per origini. Tra le opere restaurate vi sono inoltre i dipinti su tela di granaccrescere una positiva contaminazione di idee e progetti sempre di dimensioni presenti nelle sale nobili della Villa Reale di Monza. nuovi e sempre più approfonditi da sviluppare nel nostro Paese. MaMagistri srl è un’impresa che offre servizi dedicati alla conservazione gistri lavora per committenza pubblica e privata, enti pubblici, mudei beni culturali sottoposti a tutela, partendo dalla progettazione sei fondazioni come ad esempio il Fai-Fondo per l’ambiente italiano, sino alla realizzazione dell’intervento in ogni sua parte. la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, le soprintendenze CONTATTI territoriali, la Curia Arcivescovile e per privati cittadini o comunità, Magistri Srl chiunque possieda un’opera d’arte, un edificio di pregio che desideVia Repubblica 18 - 20026 Novate milanese (MI) - Tel. 02 39434541 ra conservare e valorizzare. L’approccio di base è sempre lo stesso: info@zanottirestauro@gmail.com - www.magistrirestauro.it valutare l’opera in base a due importanti parametri: lo stato di salute @magistri_srl vimeo.com/magistri e l’analisi storico artistica. Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità in vista della sua traer il controllo dei cantieri di sino alla documentazione foto- anni da Magistri, inoltre, è stato smissione al futuro. Al momento Magirestauro Magistri mette a grafica e alle schede d’interven- documentato e reso disponibile stri sta lavorando all’interno di una delle disposizione una piattaforma di- to. Collegandosi alla piattaforma in formato video digitale fornenparti più antiche del Duomo di Milano: il gitale che fornisce un aggiorna- tramite password è possibile se- do un archivio dinatransetto nord, sul portale dell’antica samento continuo caricando tutti i guire l’intervento in tempo reale. mico e suggestivo. crestia aquilonare del XIV secolo. Un alcontenuti attinenti, dal progetto Molto del lavoro svolto in questi tro cantiere in corso è a Nora antica città, alle relazioni tecniche e storiche, Scansiona il QR per guardare i video prima punica poi romana, in Sardegna. All’inizio dell’anno ha iniziato a lavorare
Nuove strategie per la comunicazione
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© Alex Moling
UN’ALTRA MONTAGNA
Sci di fondo in Alta Badia
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ra i settori che le necessarie misure anti Covid-19 stanno colpendo di più in questi ultimi mesi ci sono sicuramente tutti quelli legati alla montagna. Una realtà che impegna decine di migliaia di lavoratori tra ristorazione e strutture ricettive, 64
addetti alla preparazione delle piste e agli impianti di risalita, scuole di sci e commercianti. Persone che, per la prima volta nella loro vita, non hanno ancora potuto inaugurare la stagione per cui si preparavano da mesi. Per questo siamo voluti andare in Alta Badia, a in-
contrare chi vive di neve nel cuore del più importante comprensorio sciistico del mondo, il Dolomiti Superski. Milleduecento chilometri totali di piste, 450 impianti di risalita, 30 snow park, 50 località in mezzo alle montagne Patrimonio Mondiale Unesco che, con i
NON SOLO PISTE DA SCI. IN QUESTA STAGIONE COSÌ DIVERSA, L’ALTA BADIA CONSENTE DI SCOPRIRE LE DOLOMITI IN MODO ALTERNATIVO, TRA FONDO, CIASPOLATE ED ESCURSIONI A CAVALLO di Valentina Lo Surdo valentina.losurdo.3
ValuLoSurdo
ilmondodiabha
ilmondodiabha.it Foto Alta Badia Brand
loro 200 milioni di anni, vegliano su 12 comprensori sciistici tra cui spiccano località indimenticabili come Corvara, La Villa, San Cassiano, Colfosco, Badia e La Val. Nel sito ufficiale del Dolomiti Superski si leggono queste righe: «La diffusio-
ne della pandemia non ci consente l’apertura della stagione come pianificato. Per ragioni di sicurezza tale data deve essere posticipata almeno fino al 15 febbraio. Siamo dispiaciuti di non potervi dare un’informazione migliore, anche perché tutte le aree sciistiche
sono state preparate con grande attenzione e impegno per minimizzare ogni rischio connesso con il contagio da Covid-19». Il motto assunto dall'intero team è «We care about you», ovvero «Ci teniamo a te». Roberto Huber, il direttore 65
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di Alta Badia Brand, organizzazione che mette insieme le associazioni turistiche della zona, il Comitato coppa del mondo di sci, il Comitato Maratona dles Dolomites e il Consorzio impianti a fune Alta Badia, ci consegna un messaggio ottimista: «Pensando solamente a un anno fa, la situazione attuale è dir poco irreale, un contesto che nessuno di noi avrebbe mai immaginato di dovere affrontare. Ciononostante, stiamo vivendo questo momento con innato ottimismo. La tenacia e l’operatività che contraddistingue da sempre noi ladini emerge con vigore in questa stagione ancora purtroppo in attesa di inizio. Tutti gli operatori si stanno impegnando per essere pronti quando si potrà partire. Queste settimane sono servite per sistemare alla perfezione ogni dettaglio e affinare prodotti e servizi necessari per assicurare agli ospiti una vacanza indimenticabile». Nel frattempo, continua Huber, «gli abitanti del posto, forse per la prima volta nella loro vita, hanno potuto vivere e godere appieno della magnificenza delle Dolomiti in un periodo dell’anno normalmente dedito esclu-
sivamente al lavoro. La natura ci ha concesso il privilegio di essere i guardiani di queste meravigliose montagne, abbiamo intensificato il rapporto con loro, vivendole e apprezzandole come forse mai prima, capendo ancora di più la necessità di accudirle e tutelarle sempre con maggiore vigore. Abbiamo approfittato del momento per assorbire a pieni polmoni l’energia della natura, impazienti di poter nuovamente accogliere i visitatori in questo paradiso terrestre». Un periodo, insomma, sicuramente difficile ma anche utile a ripensare in modo persino più completo l’offerta turistica di una delle aree che, per antonomasia, ha sempre fatto scuola in Italia e nel mondo in termini di qualità della vita per i suoi abitanti e per i turisti in visita. In questa stagione così diversa, l’Alta Badia si presenta con allettanti attività, che offrono l’opportunità di avventurarsi alla scoperta delle Dolomiti in modo alternativo. Senza dimenticare che, già di suo, la montagna è un luogo sicuro grazie all'aria salubre e all'ampiezza degli spazi all'aperto, che garantiscono il distanziamento sociale in modo naturale.
Dunque, per tutti gli amanti della discesa, questa può essere la stagione adatta per sperimentare attività differenti. La pratica dello sci di fondo, per esempio, è un toccasana: adatto a persone di tutte le età, coinvolge nel movimento l’intera muscolatura del corpo e favorisce un rapporto di profondo contatto con la natura circostante. In Alta Badia vengono preparate giornalmente decine di chilometri di piste da fondo, adatte sia alla disciplina classica che allo skating. La prima area è il Centro fondo Alta Badia, in località Armentarola, con 26 chilometri di tracciati, un campo scuola e quattro piste agonistiche omologate dalla Federazione internazionale sci. La zona fondo di Corvara, invece, offre tracciati con poco dislivello, adatti ai principianti, mentre l’area La Val presenta un suggestivo percorso tra i Prati dell’Armentara, prevedendo tre itinerari diversi per una lunghezza complessiva di 12 chilometri. Da qui i più sportivi possono lasciare gli sci, rimettere le scarpe e raggiungere, dopo un’ora di camminata sul sentiero 15A, la chiesetta di Santa Croce e l’omonimo rifugio, sopra l’abitato di
© Freddy Planinschek
Chiesetta di Santa Croce, Alta Badia
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© Alex Moling
Preparazione dei cajincí t’ega, mezzelune ripiene di spinaci
e, per chi volesse provare la libertà di una discesa sulla neve fresca, lo sci alpinismo, da sperimentare solo se in possesso di una buona tecnica di base e in presenza di guide esperte. L’Alta Badia rappresenta anche un luogo ricco di cultura e tradizioni millenarie. D’obbligo una visita al Museum Ladin Ćiastel de Tor, che narra la storia dei ladini, abitanti di queste
Escursioni sulla slitta tra la neve delle Dolomiti
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Badia. I sentieri invernali sono infatti un altro punto forte della zona: oltre 80 chilometri di vie pedonali, perfettamente segnalate e curate, offrono l’opportunità di interminabili escursioni, attorniati dai più bei paesaggi dolomitici, galleggiando sul morbido manto bianco grazie alle racchette da neve, le ciaspole, tra gli articoli più venduti quest’anno. Per esperienze in totale sicurezza si consiglia di intraprendere le escursioni accompagnati da una guida locale. Scendere a tutta velocità con lo slittino è un’altra emozione da non perdere. Il tracciato adatto è la pista Rit-Biei: raggiungibile a piedi da La Val in un’ora di cammino, regala 1,8 chilometri di affascinanti paesaggi che l’hanno resa molto popolare. Anche il cavallo fa da sempre parte della storia di questa valle: compagno fedele dei contadini al lavoro e orgoglio indiscusso in occasione di sfilate e parate, in Alta Badia è protagonista di rilassanti passeggiate in sella o su una slitta. E per chi fosse alla ricerca di esperienze più avventurose, le guide alpine locali propongono l’arrampicata su ghiaccio, l’alpinismo invernale
terre, e al Musem Ladin Ursus ladinicus dedicato all’orso preistorico delle Dolomiti. Grande attenzione riscuote da sempre la tradizione enogastronomica e sono molti i prestigiosi eventi culinari previsti, come la XII edizione di Sciare con gusto, ma anche Sommelier in pista, Wine Skisafari, Roda dles Saus e Colazione tra le vette, manifestazioni che accompagneranno le sciate non appena le piste saranno aperte. In tutta sicurezza, perché qui il distanziamento fisico è più semplice, il comprensorio offre un’ampia superficie in rapporto al numero di sciatori trasportati e ben 41 impianti di risalita sono seggiovie e sciovie all’aria aperta. Gli impianti coperti, invece, andranno in funzione con la capienza definita dalla normativa vigente e alla massima velocità possibile, grazie a tecnologie all’avanguardia capaci di un’elevata portata oraria. Anche nei rifugi, nelle scuole di sci e nei negozi sarà data massima attenzione alle misure di sicurezza, con regolamenti ferrei per le aree d’accesso, in modo da garantire il distanziamento, la sanificazione delle mani e dei locali e l’installazione di schermi protettivi parafiato. L’Alta Badia c’è, le Dolomiti sono pronte. altabadia.org dolomitisuperski.com altabadia.org altabadiaorg alta_badia_official
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PUGLIA SENZA
TEMPO
DAL BORGO MEDIEVALE DI ACAYA ALLE ANTICHE MASSERIE NELLA VALLE D’ITRIA. IN VIAGGIO ATTRAVERSO IL TACCO D’ITALIA, PROIETTATI IN UN PASSATO RICCO DI STORIA di Filippo Teramo a cura di vdgmagazine.it
Centro storico di Acaya (LE)
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Borgo Egnazia (BR)
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u e giù per la Puglia, tacco d’Italia, un tempo terra di dominazioni e conquistatori. Nel seguire le torri merlate dei tanti castelli e delle città fortificate, ci sembra di sentire ancora il tintinnio di spade e l’eco di mille battaglie. Si resta affascinati dai palazzi di corti sfarzose, dai castelli nobiliari e dai maestosi fortini, come quello nell’Alta Murgia fatto edificare da Federico II di Svevia, imperatore conosciuto tra i suoi contemporanei come stupor mundi (stupore del mondo). Il maestoso maniero a Castel del Monte è ritenuto un capolavoro dell’architettura medievale il cui fascino ci invita a scoprirne la misteriosa pianta ottagonale. Oggi è simbolo della Puglia e Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Pensando al Salento, con i suoi paesaggi da sogno, torna alla mente il ritornello “lu sole, lu mare, lu ientu” mentre lo sguardo si perde in meravigliosi tramonti. Il territorio è infatti baciato dal sole tutto l’anno e coinvolge i visitatori con la gioiosa e contagiosa ospitalità dei suoi abitanti. Nella penisola omonima, tra i tanti luoghi da scoprire, facciamo rotta verso l’antico borgo di Acaya, a dieci chilometri da Lecce, dove il fascino dell’arte ci accoglie trasmettendo un’energia magica. Ci si ritrova proiettati in un
passato ricco di storia e cultura, in cui il tempo sembra essersi fermato all’età di mezzo. Una delle tante piccole frazioni di Vernole, Acaya ha un minuscolo centro abitato di appena 500 abitanti. Chiamata anticamente Segine, entrò a far parte della contea di Lecce nel XII secolo. In seguito, il borgo fu donato dagli Angioini al Convento di San Giovanni Evangelista di Lecce e poi, nel 1294, fu concesso in feudo da Carlo II d'Angiò a Gervasio Acaya, membro della famiglia che ne cambiò nome e storia. Oggi è una meta molto ricercata per le sue tradizioni e le tipicità locali. Qui si venera Sant’Oronzo, patrono di Lecce, la cui statua è posta all’ingresso della cittadina, tutt’oggi unico esempio di città fortificata del Meridione d'Italia, quasi indenne nonostante le guerre e il passare dei secoli. La simmetria delle sei strade nel centro urbano, tra loro perfettamente parallele e uguali in larghezza e lunghezza, fa intendere che la città seguiva una pianificazione militare ben precisa. E anche se Acaya non deve più difendersi dagli attacchi dei Saraceni dal mare rimane ancora una città fortezza, ieri come oggi. Splendida macchina del tempo alimentata da un carburante magico, la curiosità di chi la visita. E “nel seguir virtute e canoscenza” im-
bocchiamo la via verso la riserva naturale Le Cesine, oasi Wwf, tipica macchia mediterranea tra aree palustri e dune, ricca di zone coltivate e con un campo da golf – l’Acaya Golf Club – tra i più suggestivi d’Italia, dotato di 18 buche tra cui alcune spettacolari, come l’undicesima con la sua cascata mozzafiato, che lo rendono unico nel suo genere. L’importanza di questi luoghi è evidenziata anche dalle vecchie costruzioni rurali adibite a museo, come le masserie fortificate a sud di Acaya, sulla strada che conduce al mare. Un tuffo nel passato è la Masseria Favarella, risalente alla metà del XVI secolo, con la sua massiccia torre. La magia continua anche nella Masseria Pier di Noha, dove all’interno del cortile domina una torre fortificata con al centro un pozzo e gli abbeveratoi. Prima di risalire la Puglia, ci fermiamo ad ammirare Martano, una città di origine romana dall’antica cinta muraria. La porta d’ingresso, Porta Terra o Arco di Santa Domenica, risulta essere la porta urbana più antica esistente in Terra d’Otranto. Nelle vicinanze degli affascinanti laghi Alimini, in piena Grecia salentina, questo borgo era un tempo chiamato Antica Terra per le sue remote origini testimoniate ancora oggi dalle torri difensive e dal castello 69
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Valle d'Itria
circondato da un ampio fossato. A pochi chilometri da Martano incrociamo l’antico borgo contadino Naturalis Bio Resort, immerso tra secolari alberi di ulivo, sapientemente ristrutturato e trasformato in una struttura di lusso ideale per chi va in cerca di un meritato relax. Qui, frutta di stagione e ricercate coltivazioni biologiche di piante aromatiche, con le loro varietà di colori e profumi, catturano i sensi e l’anima lasciando gustare sapori d’altri tempi. Non molto lontano dal mare, o meglio dai mari, perché da una parte c’è l’Adriatico a una ventina di chilometri, dall’altra lo Ionio, all’imbocco del canale d’Otranto, spicca Santa Cesarea Terme. Affacciata sulle secche di Ugento, dove i fondali del mare sono particolarmente bassi, accoglie l’insenatura dell’Acquaviva, conosciuta per le numerose polle di fresca acqua sorgiva. Risalendo la regione, è d’obbligo una tappa a Savelletri di Fasano, là dove la Valle d’Itria inizia a scendere dolcemente verso l’Adriatico. Borgo meraviglioso non lontano da Brindisi, con antiche costruzioni sulla scogliera, un piccolo porto con tante pescherie e romantici ristoranti. Savelletri è l’idea70
le in tutte le stagioni per una vacanza rilassante nelle tante masserie che traspirano storia e offrono ospitalità di qualità. Nei pressi della cittadina si possono pianificare visite allo Zoo Safari, al Castello Aragonese di Brindisi e ai borghi di Cisternino e Ostuni. Merita poi una sosta il Parco Archeologico di Egnazia. Non lontano scopriamo un luogo unico, immerso tra ulivi millenari: Borgo Egnazia. Ispirato nelle forme, nei materiali e nei colori a un tipico paese pugliese, dove unicità e autenticità si combinano con genuine tradizioni locali e servizi dagli standard elevati, fa parte dei Luxury Bike Hotels e offre un concetto di ospitalità e benessere fondato su esperienze sostenibili nell’incomparabile bellezza della campagna circostante. Da godersi tra una passeggiata mattutina, un bicchiere di vino sorseggiato in riva al mare, un delizioso piatto preparato con prodotti del luogo e un pomeriggio green in bicicletta. Le due ruote consentono, infatti, di apprezzare al meglio questo territorio e coglierne l’essenza più vera. Qui un accompagnatore locale fa da guida tra le stradine della Valle d’Itria verso
Alberobello, Fasano, Locorotondo, Cisternino. Se invece si preferisce respirare la brezza marina, si può seguire la costa verso Monopoli e Polignano, con percorsi adatti sia agli appassionati che ai professionisti della bici tra dossi, pendii e infiniti rettilinei lungo i muretti a secco e i filari di ulivi. Poi, per un meritato momento di relax, c’è la spa di Borgo Egnazia, che precede una cena dai tradizionali sapori pugliesi. Nelle vicinanze si trova la Masseria San Domenico con il suo Golf Club, altro covo di quiete e relax, impreziosito da una torre di avvistamento del XIV secolo. O anche la Masseria Cimino, antica struttura la cui torre rossa costruita nel ‘700 si scorge già dalla prima buca del green. Un viaggio da pianificare presto, per tornare a vivere esperienze autentiche, immersi nell’incomparabile unicità delle terre italiane. casteldelmonte.beniculturali.it riservalecesine.it acayagolfresort.com naturalisbioresort.com borgoegnazia.com luxurybikehotels.com sandomenicogolf.com masseriacimino.it
GENIUS LOCI
LA CITTÀ DEL MITO di Peppone Calabrese PepponeCalabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]
A CASTELLANETA, DOVE È NATO RODOLFO VALENTINO. TRA SPETTACOLARI GRAVINE, TRADIZIONE ARTIGIANALE E INCONTRI SORPRENDENTI
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ita fuori porta, destinazione Castellaneta (TA), la città del mito. E il mito è naturalmente lui, Rodolfo Valentino, partito per l’America alla conquista della settima arte: il cinema. Qualcosa in più di due ore di treno da Potenza e sono
giunto a destinazione. Il viaggio è stato allietato dallo scambio di parole con altri viaggiatori, volti sconosciuti ma non per questo meno cordiali. Tra questi un tale Angelo, che mi colpisce immediatamente per la camicia che indossa, raffinata ed estrosa nello stesso tempo. Gli chiedo dove l’ha comprata e mi risponde che è lui stesso a confezionarle. Angelo è nato a Castellaneta, ma si sente cittadino di tutte le terre delle Gravine di Puglia. Non è un artigiano qualunque. A farlo innamorare delle camicie è stata la nonna, che cuciva e scuciva e si ricorda delle ore che trascorreva a osservarla intorno a un braciere, pieno di carboni accesi insieme a bucce di agrumi che sprigionavano un profumo indimenticabile. Nei suoi occhi però c’è altro, c’è quella che mi piace definire “la fame”. Angelo fin da subito voleva far conoscere un
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prodotto tradizionale, fatto a mano, a un pubblico internazionale. Il suo laboratorio è all’interno di un palazzo antico e anche le macchine per cucire che usa sono ancora quelle di un tempo. Il treno si ferma alla stazione di Grassano (MT), salgono una coppia di americani e una signora di mezza età che si viene a sedere accanto a me. Ha un cappotto grigio e un cappello giallo paglierino. Le chiedo il nome – si chiama Concetta – e la invito a sentire la storia di Angelo, che si presenta e continua. Il primo mercato di riferimento per Angelo Inglese, questo il suo cognome, è stato il Giappone. Inviava di notte video e foto per dimostrare l’artigianalità dei suoi prodotti. La sua passione è evidente e contagiosa, tanto che anche la signora Concetta inizia a fare domande sulla differenza di vestibilità tra italiani
© Clemente Giuliano
Castellaneta (TA)
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GENIUS LOCI
e giapponesi e gli chiede se avesse vestito persone importanti. Angelo risponde che per lui tutti i clienti sono importanti ma che tanti sono anche famosi, come per esempio l’ex premier giapponese, Yukio Hatoyama, ora suo abituale cliente. Siamo quasi arrivati a Castellaneta. Angelo ci indica la Gravina, spiega quanto sia importante per lui trovare ispirazione nella tradizione. Ci parla con orgoglio del ricamo come cultura non scritta del nostro Paese e del lavoro di tanti artigiani. «Io credo», sottolinea, «che siano le ricchezze del mio territorio a stimolare l’estro e la fantasia. Nessun manufatto sarebbe stato così affascinante se fosse stato realizzato lontano da casa mia». Siamo arrivati, ci salutiamo scambiandoci i numeri di telefono e ci diamo un appuntamento senza tempo. Arrivato in stazione vengo accolto da due giovani dell’associazione Amici delle Gravine di Castellaneta e capisco che è giunta l’ora di camminare. Destinazione Gravine, meglio conosciute come il Grand Canyon della Puglia. Si tratta, infatti, di profonde gole rocciose di origine carsica formate dall’azione corrosiva dei corsi d’acqua che partono dall’altopiano delle Murge dirigendosi verso il mare. Nel percorso incontriamo grotte che hanno dato vita a villaggi rupestri, con chiese abilmente modellate nella tenera calcarenite da sapienti mani che ancora oggi conservano splendide iconografie, con segni inconfutabili di pellegrini e viandanti.
Fabio Mancini insieme con il nonno Lorenzo
Gli itinerari sono semplici ma sembra che il contesto ci chieda di rallentare, di prenderci il tempo necessario per ammirare la bellezza di questa natura caratterizzata dalla diversificazione di specie floristiche frutto di diversi microclimi che ne permettono lo sviluppo. Una vera esplosione di biodiversità. E io voglio godermelo appieno questo cammino che mi sta rasserenando l’animo. Mi sento già
© Nicola Muro
Angelo Inglese nel suo laboratorio
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più leggero, e non è poco. Prendiamo la Via di Sant’Elia e nel tragitto alcuni falchi ci accompagnano danzandoci sulla testa, sembra ci stiano indicando la strada. Non faccio in tempo ad abbassare lo sguardo per controllare il terreno che si apre davanti ai miei occhi uno scenario mozzafiato: il laghetto di Sant’Elia, un’inaspettata macchia azzurra, come un astratto getto di colore in un quadro dipinto da Jackson Pollock, su questo mare di grigia roccia calcarea. Intanto, mi scopro a ricercare il silenzio per bere con gli occhi questa natura millenaria. Mi lascio stordire dai profumi tipici della macchia mediterranea, tra cui il rosmarino e il timo selvatico che, se non l’avete mai annusato, vi garantisco che da solo vale il viaggio. È il momento di risalire la Gravina per andare in paese. Lascio i ragazzi, anche se prima di raggiungere Castellaneta, mettendomi sulle tracce del mito, resto per un attimo ancora a osservare incantato la Gravina da un punto panoramico. A pochi metri da me un giovane, alto e ben vestito, mi volge le spalle: anche lui sta ammirando quello spettacolo
naturale. È assorto nei suoi pensieri ma oso chiedergli che giro mi conviene fare per visitare la città. Si volta e mi sembra un viso conosciuto. Ma come può essere lui? È la reincarnazione di Rodolfo Valentino, penso. Mi risponde pacatamente che dovrei cominciare a passeggiare nei vicoli del paese per ammirarne i colori, sentire le voci della gente e gli odori che fuoriescono dalle case. Poi mi invita a seguirlo per un tratto. Ci presentiamo, ha un accento non proprio pugliese, mi guarda fisso negli occhi mentre parla con amore di Castellaneta. Incuriosito, gli chiedo cosa avesse in comune con la città e mi racconta che il padre era originario di lì e che spesso torna a trovare il nonno Lorenzo. Si presenta e dice di chiamarsi Fabio Mancini. Cerco il suo nome sul web facendo finta di mandare un messaggio e apprendo che è uno dei modelli italiani di maggiore successo a livello internazionale. Sono incuriosito da lui, ha il piglio del bravo ragazzo e quell’atteggiamento di chi, conscio del proprio valore, non se la tira per niente. Mi racconta dei suoi viaggi in treno da Milano, dove viveva e vive, verso Castellaneta con la nonna che, dopo aver fatto il giro dei figli al nord, tornava al paese con tutti i nipoti. Erano una sorta di festa: nello scompartimento da cinque si viaggiava almeno in 15, perché la nonna preparava da mangiare per un esercito e offriva prelibatezze a chiunque. Ricorda con gioia l’arrivo alla stazione
in pieno centro e i tre mesi che in genere trascorreva nel paese d’estate. Ogni vicolo che attraversiamo è una storia: lì abitava una parente, lì un amico con cui andava sempre a giocare in villa. Al nominarla muta espressione del viso e gli chiedo il motivo. Mi racconta che ha un sogno, vorrebbe che la villa tornasse a splendere per permettere a tutti i bambini di avere un’infanzia felice e spensierata come la sua. A un certo punto mi prende per il braccio e mi porta con sé. «Vieni, ti voglio far vedere una cosa. Qui c’era la latteria di Onofrio e qui la bottega dove da bambino nonna mi mandava a comprare la focaccia e la bottegaia mi regalava mozzarelline a forma di maialino che divoravo prima di rientrare in casa». È arrivata per me l’ora del caffè e Fabio mi porta nel bar di un suo amico. La gente gli vuole bene, le ragazze gli chiedono un selfie e le persone anziane gli ricordano la sua infanzia. Lui è cordiale con tutti, si vede che si sente parte di quella comunità. Ci sediamo e mi racconta che in quel bar prova sempre a portare il nonno, per fargli fare una colazione diversa, ma che alla fine è costretto a desistere: si ritrovano sempre seduti uno di fronte all’altro a condire la frisella con olio, sale e pomodoro. Finita la colazione, partitella a scopa. Da piccolo vinceva sempre il nonno, era un campione, ricordando sempre a tutti di aver battuto anche il capostazione di Barletta. Fabio mi racconta di lui con un amore
smisurato, mi dice che ha imparato ad amare le donne grazie ai suoi racconti di baci rubati alla nonna nella vigna. Degli insegnamenti che ha ricevuto solo vedendolo lavorare, sempre con dignità e orgoglio, senza mai chinare il capo. Si ritrovò a Milano da solo con il fratello più piccolo, trasferitosi dalla provincia lombarda che non poteva offrire opportunità alcuna, per avere un’occasione. La forza e la tenacia del nonno gli sono stati da esempio per superare i momenti difficili che una città nuova può riservare ed è diventato il punto di riferimento per il fratellino che ancora oggi lo vede come un padre. Poi però la ruota girò. Un bel giorno, per strada, come nelle favole, lo hanno notato e da allora ha calcato le passerelle di tutte le capitali della moda, ma senza mai scendere a compromessi con niente e nessuno. Questa storia mi ha emozionato tanto e mi fa ben sperare per il futuro. Chiedo a Fabio di salutare il nonno, usciamo dal bar e lo vediamo regalare cioccolatini a tre bambini che abitano vicino casa: sono diventati anche loro nipoti acquisiti. Fabio mi presenta al nonno che mi riconosce e confessa che tutte le domeniche è sintonizzato su Rai1 e che a casa sua si mangia sempre con Linea Verde. Mi invita a casa, è ora di pranzo, c’è una sua specialità, purè di fave e capperi raccolti nella Gravina, non posso che accettare.
© Clemente Giuliano
La Gravina di Castellaneta
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CULTURA
IL PATRIMONIO D EL F UTU RO La biblioteca dell'Istituto della enciclopedia italiana Treccani
LA CULTURA È IL BENE COMUNE PER ECCELLENZA, CAPACE DI GIOCARE UN RUOLO CHIAVE NELLA RIPRESA DEL PAESE. MA PER MASSIMO BRAY, DIRETTORE DELLA TRECCANI, È SOPRATTUTTO UNA PASSIONE MAI INTERROTTA di Bruno Ployer
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a bambino ha conosciuto un amore, che è cresciuto negli anni della scuola, passando attraverso turbamenti e minacce ma senza interrompersi mai. Massimo Bray ci parla del suo amore per la cultura, profondamente legato
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alle idee di comunità e di qualità della vita. È il racconto di un intellettuale impegnato, ma anche attratto dal connubio tra conoscenza e svago. Bray è direttore generale dell’Istituto della enciclopedia italiana Treccani, è stato ministro dei Beni culturali tra il
2013 e il 2014 e, da novembre scorso, è assessore alla Cultura della Regione Puglia. Direttore, innanzitutto, come definirebbe la cultura nel XXI secolo? È un concetto che, nel corso della storia, si è sempre evoluto e trasformato. Oggi va ampliato fino a comprendere ogni manifestazione che sia portatrice di significati individuali e collettivi in grado di migliorare il nostro rapporto con l’altro e con il mondo. La conoscenza deve anche aiutarci a distinguere tra ciò che è valido e attendibile e ciò che non lo è, una capacità più che mai necessaria per districarsi nel caos informativo generato da un utilizzo a volte improprio di un mezzo così potente e al tempo stesso così dispersivo come Internet.
Prima di venire al suo racconto personale, le chiedo quanto è importante l’amore per la cultura durante la pandemia. È sotto gli occhi di tutti come la conoscenza e la storia abbiano un ruolo chiave nell’aiutarci ad affrontare questa crisi. È proprio grazie alla cultura che si sono tenuti vivi, durante le fasi più critiche della pandemia, i legami di comunità. L’Italia si è identificata ancora una volta nel suo patrimonio, nelle sue tradizioni, nei suoi simboli: le sue meravigliose piazze vuote sono state, non a caso, una delle rappresentazioni più potenti dell’emergenza Covid-19. Pensiamo, poi, a quanto musei, biblioteche, fondazioni, associazioni, cooperative abbiano funzionato da collante sociale: letture, festival, incontri si sono spostati nel mondo virtuale e le istituzioni culturali hanno continuato a dialogare con il pubblico attraverso i social. Ma è ovvio che questo pur meritorio impegno non basta, da solo, a far sopravvivere il mondo della cultura, che in questa fase ha mostrato tutta la sua forza, ma anche la sua drammatica fragilità. Sono assolutamente improrogabili sia una politica seria di sostegno al settore sia l’elaborazione di strategie che consentano di superare la gravissima crisi che ha colpito l’universo culturale e creativo in tutto il mondo. A proposito di crisi mondiale, qual è secondo lei il rapporto tra cultura italiana e globalizzazione? Nel momento in cui l’emergenza sanitaria ci ha messi di fronte alle enormi lacune di cui soffre un modello basato esclusivamente sul profitto, che lascia indietro diritti, equità e cooperazione, si torna a cercare identificazione e sicurezza nei valori fondanti del nostro vivere comune: la cultura italiana può giocare un ruolo chiave in questa ripresa di coscienza. Com’è nato il suo amore per questo mondo? Diciamo che ho sempre vissuto a contatto con la cultura. Da bambino avevo una grande passione per i vocabolari, mi divertivo a ricostruire un periodo storico attraverso le parole di quel tempo. Cercare “armatura” o “scudo” nelle minute descrizioni della pagina era un modo per immaginare un corpo preciso e vederlo davanti a me.
Certamente poi ha influito anche Lecce, la mia città, con il suo meraviglioso Barocco e la sua vita ricca e stimolante. I miei genitori mi hanno trasmesso apertura mentale e curiosità per le diverse civiltà. Uno dei miei luoghi della memoria è il liceo classico Palmieri, dove mi sono formato da ragazzo: un istituto di grande sperimentazione culturale, dove arrivò a recitare anche un giovanissimo Roberto Benigni. Voglio poi citare il poeta Vittorio Pagano, amico di mio padre, con cui ho trascorso tanti pomeriggi a parlare di letteratura. Lei e la cultura vi siete mai lasciati? Ci sono stati momenti intensi e bellissimi e momenti difficili, in cui ho dovuto convivere con angoscia e preoccupazione. In particolare, il periodo in cui la mia famiglia ha dovuto vivere sotto scorta dopo le minacce e le intimidazioni giunte a me e alle altre persone che hanno creduto nella possibilità di una rinascita per la Reggia di Carditello a San Tammaro, in provincia di Caserta, che da decenni era preda delle razzie della camorra. Ma forse questo ha reso ancora più significativo il momento in cui siamo riusciti a realizzare il progetto dell’acquisizione da parte dello Stato di questo importantissimo sito borbonico, che pian piano sta tornando ai suoi antichi fasti. Quindi credo di poter dire che, nonostante le difficoltà, il mio
rapporto con la cultura non si è mai interrotto. Un amore felice o tormentato? Certamente chi ha a cuore la bellezza non può che essere addolorato per ogni scempio perpetrato contro di essa, per l’incuria e l’immobilismo che purtroppo affliggono ancora la gestione del nostro patrimonio culturale, per i molti e frequenti tagli a cui è stato negli ultimi decenni sottoposto questo settore, che invece dovrebbe essere considerato strategico per la nostra economia. La cultura è un impegno… Certo, e la consapevolezza che proprio questa sia il fondamento della nostra identità nazionale deve indurre tutti a una scelta di responsabilità. In tutte le sue manifestazioni è il bene comune per eccellenza, appartiene a tutti; la politica e le istituzioni devono e dovranno sempre farsi carico della sua tutela e valorizzazione. E può essere anche divertimento… Chi ancora crede che la cultura sia, e debba essere per forza, una cosa seria e noiosa dimostra di non aver compreso affatto i rapidi mutamenti che stanno interessando, in tutto il mondo, la fruizione del patrimonio culturale. La stessa esperienza turistica è soggetta a una radicale trasformazione: l’incontro con la storia, l’arte, l’archeologia, la natura, l’enogastronomia e le tradizioni popolari occupa un posto di
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© Francesca Sciarra /AdobeStock
CULTURA
La Reggia di Carditello a San Tammaro (CE), sottratta alla camorra e ora gestita dalla Fondazione Real Sito di Carditello
primo piano. La capacità di far interagire svago e conoscenza rappresenta il punto di forza di qualsiasi progetto che voglia promuovere una città o un bene artistico. La cultura può incutere timore? Sì, soprattutto a chi alimenta la povertà educativa come strumento di controllo della popolazione e dei territori. Sono in primo luogo le mafie a temerla, perché sanno che essa
© Luigi/AdobeStock
Lecce, città del Barocco
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potrebbe smascherare l’infondatezza del loro potere, quindi troppo spesso non si fanno scrupoli ad agire contro chi cerca di proteggerla e diffonderla. Per questo la valorizzazione del nostro patrimonio culturale a volte può essere descritta come un vero e proprio atto di coraggio. La cultura è un’industria pulita, che migliora la qualità della vita di chi la produce e di chi ne usufruisce, ed è in grado di
generare redditi reali, equi e virtuosi. Tra l’altro è un’industria che, per sua natura, è meno permeabile all’infiltrazione della criminalità: dunque, senza dubbio, almeno per il nostro Paese è l’industria del futuro. treccani.it treccani Treccani treccanigram
CULTURA
VERSI GENTILI COME L’AMORE HA ISPIRATO I VERSI DI DANTE E DEI POETI DEL DOLCE STIL NOVO. CON L’IMMORTALE FIGURA DI BEATRICE, QUI IMMAGINATA IN CARNE E OSSA
Henry Holiday Dante e Beatrice (1883) Walker Art Gallery di Liverpool © Archivist/Adobestock
«T
anto gentile e tanto onesta pare/ la donna mia, quand'ella altrui saluta,/ ch'ogne lingua devèn, tremando, muta». Muta non restò, invece, la lingua di Dante che proprio nell’ammirazione e nell’amore per Beatrice trovò fertile ispirazione. E nell’amore, in quel sentimento atemporale e
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mitologico, hanno tratto ispirazione tanti altri poeti e poetesse, prima e dopo di lui, per versi raffinati e commoventi o spazi di realtà sublimata dove rifugiarsi, pensiamo a Isabella di Morra o a Gaspara Stampa, fino a Emily Dickinson. Quanto a Beatrice, protagonista del celebre sonetto – figura simbolo della donna amata per
eccellenza – qui la vogliamo immaginare in carne e ossa, nella sua breve esistenza terrena, oltre che in quella ultrasecolare, letteraria, donatale dall’Alighieri. Grazie alla sua intercessione, il Sommo ha condotto per mano decine di generazioni in quel viaggio allegorico che dagli inferi sino alle sfere di luce
accecante porta direttamente al divino. E immaginando Dante come un uomo contemporaneo, ci piace credere che il Poema l’abbia scritto per elaborare un lutto, come si usa dire in psicoanalisi: quello per la perdita precoce della donna amata. Di lei si sa poco, ma secondo Boccaccio si tratta di Beatrice Portinari, detta Bice. Muore ad appena 25 anni, nella Firenze di fine ‘200, e Dante per non impazzire di dolore inizia a scrivere. Bice è per lui la prima infatuazione bambina, che diventa scompiglio adolescente per poi trasformarsi in battito d’ali, donna celeste, sentimento rarefatto, colei che permette di entrare niente di meno che in Paradiso e percepire Dio attraverso i suoi occhi. La vede per la prima volta al Calendimaggio (il primo di maggio da calendario), quando inizia la bella stagione e le contrade fiorentine festeggiano intorno a tavole imbandite. Nove anni lui, uno meno lei. Forse giocano insieme, Bice ha un abitino rosso, lui è un bambino precoce in tema d’innamoramenti: «D’allora innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima». Lo scrive qualche anno dopo nella Vita Nova, quando Beatrice è già morta, dove ci racconta tutto di lei e di quel che in lui ha suscitato. E narra anche di quel fantomatico secondo incontro avvenuto anni dopo, sui Lungarni vicino al ponte Santa Trinita, durante una passeggiata. Bea 17enne, bella e leggiadra e adulta per il suo tempo – è già sposata – lo riconosce, incrocia il suo sguardo e lo saluta. La prima e unica volta che si parlano manda nel panico il povero Dante, lo getta in un trambusto di sensazioni mai provate: «Mi parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine», annota. La sogna, probabilmente si sveglia madido e di getto si cimenta nel suo primo verso d’amore, A ciascun’alma presa, seguendo una nuova attitudine in voga tra i giovani poeti: comporre versi e liriche che raccontino sentimenti ardenti, lodino la bellezza della donna che fa battere il petto e descrivano gli effetti della passione. Non in latino ma in volgare, la lingua comune parlata da tutti, con rime semplici e comprensibili, pianeggianti e dolci, adatte anche a essere musi-
cate e cantate. Aveva iniziato qualche decennio prima un bolognese che di lavoro faceva il giudice ma che si dilettava, ispirato dalle storie dei trovatori su dame e cavalieri, a scrivere: «Al cor gentil rempaira sempre amore». Guido Guinizzelli rimava su quanto l’affetto per eccellenza abitasse nei cuori puri, non necessariamente di casato nobile ma sinceri, onesti e puliti. Convinto che una donna da elogiare posi sempre il suo sguardo su colui che ama dal profondo, gentile d’animo. Guinizzelli, insomma, pone le basi per una nuova arte poetica che Dante fa sua appieno e per cui si sente piuttosto portato: il Dolce stil novo, come lo definisce nel Purgatorio per bocca dell’autore toscano Bonagiunta Orbicciani. È così che il Poeta con la P maiuscola inizia a verseggiare, entrando in “tenzone” con gli altri colleghi, tra
cui l’amico Guido Cavalcanti, ma anche Lapo Gianni e Dino Frescobaldi e, chino sui fogli, ascolta ogni rintocco del suo – ovviamente gentile – cuore, per scrivere sotto dettato diretto di Amore. E scrive tanto. Lemmi, rime, sonetti, ballate e canzoni che raccoglie nella Vita Nova, tutte per lei. Sempre per Beatrice, rivista di sfuggita, a un matrimonio o in chiesa, dove lui la fissa silenzioso sempre più in preda a quel platonico sentire che non ammette possesso e gelosia, ma “solo” contemplazione della fanciulla. Sempre più angelo e mai femmina, idea e mai carne, spiritualità ma non passione. «E par che de la sua labbia si mova un spirito soave pien d'amore, che va dicendo a l'anima: Sospira». La fatica d’esser amata dai poeti e di dover rimanere, per sempre, battito d’ali invece che ragazza spensierata a passeggio per Firenze. S.G.
Dante e Beatrice contemplano l'Empireo Illustrazione di Gustave Doré © Archivist/Adobestock
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CULTURA
AMOR SACRO E
IN VIAGGIO TRA LE OPERE D’ARTE CHE RAPPRESENTANO IL SENTIMENTO PIÙ ALTO E COMPLESSO PER L’UMANITÀ. DAL CAPOLAVORO DI TIZIANO ALLE PERFORMANCE DI MARINA ABRAMOVIĆ di Sandra Gesualdi e Francesca Ventre
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sandragesu
sandragesu - f.ventre@fsitaliane.it
AMOR PROFANO
Tiziano Vecellio Amor sacro e Amor profano (1515 c.a.) Galleria Borghese, Roma
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nelare con anima e corpo, percepire rapimento totale, avere la carne tremula. Incerta è l’etimologia della parola amore, che forse conserva in sé la radice indoeuropea ka – desidera-
re integralmente – o il verbo greco mao – volere profondamente. Oppure, più liricamente, ha la a privativa del latino a-mors, senza morte. Di sicuro l’amore altro non è che quel sentire potente a cui nessuno
può sottrarsi. Sarà per questo che l’arte, capace di rendere visibile ciò che non sempre lo è – per citare il pittore tedesco Paul Klee – ne rappresenta, in ogni sua forma, convulsioni, estasi, gioie, piaceri e dolori.
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Doppio, enigmatico e controverso è il significato dell’Amor sacro e Amor profano, il capolavoro di Tiziano conservato nella Galleria Borghese di Roma. Indecifrabile e dai molteplici messaggi come il sentimento più complesso e sorprendente che esista, l’amore, soggetto di molte opere d’arte. Non a caso, in questo dipinto due figure femminili rappresentano con ogni probabilità la stessa persona. Una è vestita e l’altra è nuda, per esaltare le due qualità della perfetta sposa: abbigliata riccamente per rappresentare il suo ruolo pubblico e sociale ma anche, al tempo stesso, coperta in minima parte da un drappo rosso, ardente di una passione che mostra solo al suo sposo. La donna è Laura Bagarotto, promessa a Niccolò Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci, che commissionò l’opera intorno al 1515, proprio in occasione delle sue nozze. Purezza e peccato, proprietà terrene e proprietà divine sono gli elementi che costituiscono l’amore, ben presenti nell’arte sia quando illustra il sacro e il racconto biblico sia quando descrive la passione umana e carnale. Una manciata di opere, tra capolavori del passato e scatti contemporanei,
© Steve Kuttig/AdobeStock
CULTURA
Gian Lorenzo Bernini Estasi di Santa Teresa d’Avila (1647-1652) Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma
possono raccontare le due facce del sentimento per eccellenza. Un esempio magistrale su tutti sono Adamo ed Eva, la prima coppia della storia umana, ritratti da Michelangelo Buonarroti nell’affresco sulla volta della Cappella Sistina Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre. Giotto interviene invece nella Cappella degli Scrovegni a Padova, nel 1300, per dipingere quello che è considerato il bacio più antico della storia dell’arte cristiana. Nell'affresco L'incontro di Anna e Gioacchino alla Porta
Giotto L’incontro di Anna e Gioacchino alla Porta d’Oro (1303-1305) Cappella degli Scrovegni, Padova
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d'Oro rappresenta i genitori di Maria, ormai anziani, che si abbracciano alle porte di Gerusalemme, stupiti da Dio che concede loro in dono di avere una figlia, la vergine Maria. I due visi sembrano uno solo, i manti che li avvolgono si accostano senza divisioni, le braccia sono intrecciate per non lasciarsi più. Frutto del loro amore è la Madonna, rappresentata e venerata in miriadi di opere. La madre di Dio, simbolo dell’amore universale, protegge l’umanità nel dipinto la Madonna della Misericordia, al
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centro del polittico omonimo esposto nel Museo civico di Sansepolcro (AR) e realizzato da Piero della Francesca tra il 1442 e il 1465. Con il suo mantello avvolge i bisognosi inginocchiati e in preghiera, tra cui lo stesso Piero che si autoritrae. La posizione della donna, raffigurata in grandi e irreali proporzioni, è eretta e ieratica per dare conforto. Protettiva come è, o come dovrebbe essere, la Chiesa per i fedeli. Elegante e raffinato è lo Sposalizio della Vergine, il matrimonio tra Maria e Giuseppe narrato nei vangeli apocrifi, opera che Raffaello Sanzio realizza circa 50 anni dopo Piero. L’armonia della composizione, che ricorda la perfezione divina, e un ampio spazio di fondo, che fa da scenografia ai due sposi dai volti gentili, caratterizzano l’opera conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano. Vivida espressione di un sentimento giudicato al limite tra il sacro e il passionale è l’attimo reso immortale da Gian Lorenzo Bernini nell’Estasi di Santa Teresa d’Avila, la scultura custodita nella chiesa romana di Santa Maria della Vittoria. Realizzata a metà del 1600 e indubbiamente barocca, suscita grande meraviglia in chi osserva la santa inondata da raggi dorati, affiancata da un giovanissimo angelo che la sta per trafiggere con un dardo. Amore filiale e materno si fondono, infine, in due capolavori di Michelangelo con lo stesso soggetto, creati a distanza di molto tempo l’uno dall’altro. Nella Pietà giovanile del 1500, che ogni anno porta milioni di persone a visitare la Basilica di San Pietro, Maria appare più giovane di Gesù. Il Cristo, ormai senza vita, si affida a lei quasi fosse di nuovo nel grembo materno, adagiato sulle ginocchia di una «Vergine madre, figlia del tuo figlio», come la descrive San Bernardo nel canto XXXIII del Paradiso di Dante. Nella Pietà Rondanini, opera molto più tarda che si può ammirare nel Castello Sforzesco di Milano, l’abbraccio tra i due corpi è in piedi, tormentato e inscindibile, scolpito nella pietra rimasta ruvida perché ancora non lavorata completamene. È l’anno 1564 e sono gli ultimi giorni terreni di Michelangelo, che in questa stretta d’amore consegna il suo testamento.
Michelangelo Pietà Rondanini (1552-1564) Castello Sforzesco, Milano
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Antonio Canova, che manipolava il marmo tanto da renderlo morbido allo sguardo, realizzò una delle composizioni a tema più famose nella storia della scultura: Amore e Psiche che si abbracciano (1787-1793), conservata al Louvre. Come un fermo immagine arrivato dal passato per trasmettere eternità ai nostri giorni, Canova riproduce un frame della favola di Lucio Apuleio. Quello in cui Eros, entità divina generata niente di meno che da Venere, rianima con uno sfiorar di labbra l’amata caduta in un sonno mortifero. I marmi esprimono il massimo della sollecitazione del sentimento in una tensione compositiva che racconta di abbandono e premura. I due giovani sono colti nell’attimo prima di concedersi, abbracciati e sospesi, in cui si toccano con delicato erotismo e bellezza contemplativa. Le ali di Amore sono spiegate e irte, i capelli di Psiche un fiume ondoso che ricade all’indietro. Gli sguardi racchiusi in un pugno di centimetri svelano tutto il rapimento emotivo dei due giovani: il divino e il terreno scompaiono per far spazio alla complicità totalizzante e sbarazzarsi di tutto quello che li circonda. Qualche secolo dopo René Magritte firma con i colori densi e conturbanti tipici del Surrealismo un bacio senza volto a cui potremmo attribuire il siRené Magritte Gli amanti (1928) MoMA, New York
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© Nikolai Korzhov/AdobeStock
CULTURA
Antonio Canova Amore e Psiche che si abbracciano (1787-1793) Museo del Louvre, Parigi
gnificato della rottura e dell’eterno. Gli amanti ritratti nel 1928 dal pittore belga sono incollati da un atto volontario di adesione fisica, i due corpi non si lambiscono come in Canova ma esprimono fusione materica. Eppure, turbano e inquietano per quei lenzuoli bianchi
che celano completamente la testa, lasciandoli per sempre nell’oblio. L’amore trasfigura, priva di identità o, più potentemente, avvolge in un sudario che divide il visibile dall’invisibile? Forse quel bacio è l’anticamera dell’oscurità dove incontrare, dietro i veli, chiunque.
Ren Hang Kissing Roof (2012) Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate
Oltre i legami socialmente accettati e il tempo che scorre. «Io cerco di trasformare in materia l’insensibile», scrive René. E con la sensibilità del secolo successivo, lontani da ogni facile retorica, piace dare ai due amanti del primo ‘900 le sembianze di un sentimento senza stereotipi. L’uno, nessuno e centomila dell’amante e dell’amato. La forza che attanaglia anche se non si comprende e non si fa comprendere, l’attrazione che non si spiega. Più recentemente, è diventato emblematico quello che è accaduto durante la memorabile performance di Marina Abramović The Artist is Present (2010) al MoMA di New York, quando l’artista serba rimase immobile su una sedia per 700 ore, in silenzio, osservando i 1.700 volti di fronte a lei. Una prova rigida, fisica e mentale. Nessuna parola, nessun contatto era permesso con i presenti. Solo energia muta provocata dagli sguardi. Eppure, quando le compare di fronte Ulay, con cui in giovinezza ha condiviso anni di vita e progetti artistici, Abramović cede, si lascia andare, rompe le dure regole della performance e si sporge verso l’ex compagno per stabilire un con-
tatto e stingergli le mani. L’amore, pur finito, ritrova i sentieri della memoria, traccia il lessico di profili che si riconoscono, annuncia la propria immortalità pur avendo consumato irrimediabilmente pezzi di sé. E in questi lunghi tempi in cui il corpo ci è negato, la fotografia cruda e poetica di Ren Hang – artista cinese scomparso nel 2017 e di recente in mostra al Centro Pecci di Prato – esibisce la pelle viva, gli intrecci, le lingue, i seni e gli afflati di una generazione che del proprio sentire vuol farsi vanto. Desiderando fortissimamente di poter
essere nient’altro che se stessi, con le proprie attitudini, peculiarità e infatuazioni giovanili. Tra le quali poter baciare e assaporare gli umori dell’altro senza distinzioni di razza, sesso, religioni. Quello profano, in fondo, non è che l’amor per l’umano e la sua carne. galleriaborghese.beniculturali.it cappellascrovegni.padovamusei.it museocivicosansepolcro.it pinacotecabrera.org milanocastello.it louvre.fr moma.org centropecci.it
Marina Abramović The Artist is Present (2010) New York, Abramović LLC. Courtesy of Marina Abramović Archives e Sean Kelly, New York, MAC/2017/071 © Marco Anelli Courtesy Marina Abramović Archives Marina Abramović by SIAE 2018
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CARNEVALE
CHI VUOL ESSER
LIETO SIA
UN VIAGGIO PER IMMAGINI NELLA TRADIZIONE DEL CARNEVALE. PER GUARDARE AL FUTURO CON UNA RINNOVATA LIBERTÀ di Francesco Bovio
Pieter Bruegel il Vecchio La lotta tra Carnevale e Quaresima, particolare (1559 circa) Olio su tavola Kunsthistorisches Museum di Vienna
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arnevale, carnem levare. È il periodo che cede il passo alla Quaresima e rappresenta un mondo alla rovescia. Lo dice a chiare lettere il dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio che nel 1559
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rappresenta, appunto, La lotta tra Carnevale e Quaresima. Esposto nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, il quadro da una parte festeggia il divertimento, gli ultimi fuochi del baccanale, dall’altra è già immerso nella
dimensione della penitenza, dell’astinenza dopo gli eccessi e la sregolatezza del martedì grasso. Il Carnevale, tempo bizzarro, nel corso dei secoli è diventato la festa del mondo perché appartiene all’umani-
© silvia_b/AdobeStock
Monumento ai tetrarchi, Basilica di San Marco, Venezia
tà, lo spiega bene l’antropologo Giovanni Kezich in un suo recente saggio (La festa del mondo, Laterza, pp. 216 € 20). Con i suoi carri allegorici, le sfilate in maschera e l’esplosione di colori, questa festa somiglia un po’ alla vita: un viaggio che si vorrebbe non finisse mai. Ancora sospesi tra tante incertezze, quest’anno il Carnevale vivrà una dimensione più rarefatta, virtuale. Non saranno le consuete maschere ad animare i palazzi moreschi di Venezia, ma potremo comunque ammirare lo splendore di piazza San Marco da ogni parte del mondo, magari attraverso le webcam puntate sui tetrarchi, pronti a raccontarci nel loro abbraccio la storia del Mediterraneo. Alcune città, come Fano (PU), hanno scelto di posticipare i festeggiamenti in estate. Mentre Viareggio, per la prima volta nella sua storia, celebrerà il Carnevale in autunno. Altre, tra cui Santhià (VC), hanno preferito una festa digitale. Un vero e proprio cambio di passo e prospettiva. D’altronde – come suggeriva Carlo Goldoni – «la stagion del
Carnevale tutto il mondo fa cambiar». E sovvertire l’ordine ormai superato sembra essere l’unico imperativo davvero categorico in un tempo di rottura come quello che stiamo vivendo. Qualcosa del genere avveniva già in epoca antica, seppure per pochi giorni, con il rito dei Saturnali, eternato dai fescennini versus. Canti rustici tipicamente popolari, forma teatrale di carattere licenzioso, di scherno che deve il nome alla città di Fescennio, fra Etruria e Lazio, ma che deriva da fascinum, stregoneria, magia. Molto più tardi, nel 1787, è un giovane Johann Wolfgang von Goethe a imbattersi nel caotico Carnevale romano. In principio infastidito e poi ammaliato, Goethe si interessa soprattutto alla connessione tra questa festa universale e la natura stessa dell’uomo. La descrizione delle sfilate irriverenti per le strade del rione Campo Marzio sarà ripresa più tardi nel suo celebre Viaggio in Italia. Pubblicato poco prima della presa della Bastiglia, Il carnevale romano (Das römische Carneval) si conclude significativamente così: «La libertà e l’uguaglianza pos-
sono essere godute solo nell’ebbrezza della follia». Ma nelle arti figurative questa ricorrenza è soprattutto maschere e personaggi. Come nell’allucinata processione del martedì grasso raffigurata tra il 1812 e il 1814 da Francesco Goya con la sua Sepoltura della sardina, una tavola che si può ammirare a Madrid, alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando. O il famoso Arlecchino musicista di Pablo Picasso, un’opera del 1924 carica di ritmo e di colore conservata alla National Gallery of Art di Washington. Passando per Il Carnevale di Arlecchino di Joan Mirò, capolavoro surrealista attualmente negli Stati Uniti, alla Albright-Knox Art Gallery di Buffalo e l’onirico Carnevale notturno di Marc Chagall, ospitato nel Museo de Arte Contemporàneo di Caracas. Goethe parlava di Wiedergeburt, “rinascita”, dopo gli eccessi carnevaleschi: sarà anche questo Carnevale a distanza, virtuale, un tempo di preparazione per affrontare meglio il futuro e permettere a tutti di riappropriarsi di una rinnovata libertà? 87
CARNEVALE
Dopo tutto, proprio sulle ceneri della peste nera, la grande pandemia che tra il 1347 e il 1351 uccise circa 25 milioni di persone, è sorto il Rinascimento. Già, proprio il Rinascimento. Il rifiorire dell’uomo anche nel Carnevale, con feste e spettacoli architettati affinché tutti potessero partecipare. Le sfilate dei carri allegorici rappresentavano scene mitologiche, vizi e virtù ma anche storie della Grecia e di Roma antica, favole e leggende dei santi. Protagoniste le grandi città come Roma, Milano, Bologna, ma anche Ferrara, Mantova, senza dimenticare Firenze. Proprio qui Lorenzo de’ Medici, in occasione del Carnevale del 1490, cantò il Trionfo di Bacco e Arianna, che risuona nei versi: «Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza». Un viaggio per immagini nel Carnevale attraverso il tempo, per lanciarci nel futuro. Chi vuol esser lieto sia: una vera e propria fuga in avanti, nella libertà.
© DeAgostini/GettyImages
Joan Miró Il Carnevale di Arlecchino (1924-25) Olio su tela Albright-Knox Art Gallery, Buffalo (New York)
Il Carnevale romano, schizzo di vita di Johann Wolfgang von Goethe e Johann Georg Schutz, incisione di Georg Melchior Kraus (1789)
CARNEVALE DIGITALE ALLA BIENNALE DI VENEZIA Un programma caratterizzato da nuove attività online, gratuite e su prenotazione. Percorsi, giochi, racconti, laboratori musicali e di danza sono le attività principali realizzate in una speciale aula virtuale. È il progetto digitale della Biennale Educational in occasione del Carnevale internazionale dei ragazzi 2021, rivolto a tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado, online dal 6 al 14 febbraio. labiennale.org 88
INCLUSION
UN ORTO PER TUTTI A ROMA VILLAGGIO 95 METTE A DISPOSIZIONE DI CITTADINI E ASSOCIAZIONI UN ETTARO DI VERDE. PER LAVORARE LA TERRA E COLTIVARE LA COESIONE SOCIALE di Serena Berardi - s.berardi@fsitaliane.it
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n una via di Casal Bertone, alla periferia est di Roma, tra il grigio dei capannoni industriali e delle rimesse, si apre uno spicchio color smeraldo. È l’orto del Villaggio 95,
dove tra le zolle ruvide spuntano gemme tenere, come i cespi rannicchiati d'insalata o le cime trapuntate dei broccoli. L’orto urbano è nato nel maggio del 2019 quando la Fondazione civiltà cattolica, proprietaria di un terreno di quasi un ettaro, ha deciso di concederlo in comodato d’uso gratuito alla cooperativa sociale Europe Consulting, che gestisce l'Osservatorio Nazionale della Solidarietà nelle stazioni (un progetto di FS Italiane e Anci che mette in rete 16 Help Center nelle stazioni ferroviarie), oltre a Binario 95, centro di accoglienza per persone senza fissa dimora a Roma Termini. Il progetto iniziale prevedeva anche moduli abitativi in legno, aule di formazione e serre per l’agricoltura acquaponica. Alcuni ostacoli burocratici ne hanno ridimensionato la portata,
per il momento, a causa dell’impossibilità di costruire. Tuttavia lo spirito originario ha trovato, letteralmente, terreno fertile. L’iniziativa è riuscita a coinvolgere persone diverse, di differente estrazione sociale e background, valorizzandone competenze e abilità. Ne è nato un piccolo laboratorio di cittadinanza attiva dove si sperimentano gli effetti benefici della coesione sociale. Mille metri quadri dell’appezzamento si sono trasformati in 28 lotti che sono stati assegnati, con un bando aperto, a 80 cittadini del IV e V municipio. «Sono arrivate 200 richieste. Abbiamo incontrato tutti per un colloquio, tentando di rappresentare l’intera comunità dentro al microcosmo dell’orto. Si va dallo studente universitario al pensionato fino al funzionario ministeriale», racconta Simone Giani, responsabile del pro-
In questa pagina e nelle successive, gli spazi del Villaggio 95 a Roma
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INCLUSION
getto. «Nelle grandi città viviamo in appartamenti all’interno di condomini e, spesso, non conosciamo nemmeno il vicino di pianerottolo. Passiamo molto tempo chiusi in casa, davanti al pc. Avere un pezzo di terra, stare all’aria aperta e sporcarsi le mani è terapeutico. Nel periodo del Covid-19 questo potere curativo è stato ancora più evidente», aggiunge. «L’obiettivo è rendere disponibile una cornice di riferimento, all’interno della quale ognuno può trovare qualcosa da fare a seconda delle proprie predi-
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sposizioni. Villaggio 95 è una piccola comunità: ogni mese vengono organizzate giornate di lavori collettivi, principalmente di manutenzione, pulizia e abbellimento. Abbiamo costruito un barbecue, realizzato panchine, dipinto l’autoclave, piantato 40 alberi da frutto e creato una compostiera per gli scarti vegetali. E, quando è stato possibile, abbiamo anche organizzato pranzi e cene in cui ognuno portava qualcosa. Insomma, abbiamo puntato molto sul senso di appartenenza e sullo spirito di collaborazio-
ne», prosegue Simone. Dopo l’investimento iniziale di Europe Consulting, il progetto si autofinanzia attraverso un piccolo contributo versato ogni tre mesi dagli ortisti. Villaggio 95 è un luogo d’incontro, uno spazio creativo, ma anche un alveo accogliente dove persone e famiglie in difficoltà coltivano la terra, socializzano e fanno rete: «Alcuni lotti sono stati assegnati ad associazioni come la Comunità di Sant’Egidio, Binario 95 e Immensa…Mente, che si occupa dell’integrazione di persone con
disagio mentale», spiega Giani. «Dalle relazioni che nascono qui si attivano circoli virtuosi: lo scorso anno una persona senza dimora, che frequenta la Comunità di Sant’Egidio, si è cimentata nei lavori di manutenzione ed è stata assunta da un altro ortista che gestisce una ditta di ristrutturazioni». Poco distante dai lotti c’è una “ciclorticina”, pure questa messa in piedi grazie al contributo di tutti: «Ripariamo vecchie biciclette. Alcune provengono da un progetto di bike rental avviato da Binario 95, ora non più
attivo. Le due ruote che riusciamo ad aggiustare vengono prestate o regalate». Per esempio, ne hanno donata una al proprietario di un orto che lavora come rider e aveva rotto la sua. Il riciclo e il riutilizzo sono capisaldi della filosofia di Villaggio 95: «Un’azienda qui vicino ci ha lasciato dei pallet e noi li abbiamo assemblati per costruire alcune panche. Con le vele delle barche abbiamo realizzato una copertura impermeabilizzata mentre vasche da bagno dismesse sono diventate semenzai», conclude Simone.
Tra i membri più attivi del villaggio di Casal Bertone spiccano Mario e Gustavo, due pensionati che hanno deciso di prendere un lotto insieme. Ci hanno piantato insalata, radicchio, scarola, broccoli e finocchi e tutti i giorni, di mattina e di pomeriggio, si prendono cura del loro angolo di terra. «Fino a 16 anni ho lavorato nei campi. Durante la vendemmia raccoglievamo anche 300 quintali d’uva e la trasportavamo con i bigonci. Nonostante la fatica, la campagna mi è rimasta nel sangue. Mi ricordo ancora il divertimento di dare il ramato oppure, in estate, la soddisfazione di fare colazione dopo il lavoro al fresco del pergolato», racconta con tono appassionato Mario. L’orto urbano ha restituito significato alle giornate dei due amici: «Prima passavamo il tempo tra il bar e la piazza, ora veniamo qui e abbiamo ritrovato l’entusiasmo», gli fa eco Gustavo. La coppia dispensa consigli su tempi e tecniche agricole, aiuta i meno esperti, si offre di dare una mano nel caso qualcuno non possa badare all’orto per un periodo. Mario è convinto che non servano grandi capacità per far crescere bene ciò che si pianta: «La terra richiede amore, non serve altro». E forse sono proprio l’amore, la collaborazione e la condivisione i frutti migliori del Villaggio 95. villaggio95.it
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INCLUSION
LA SOLIDARIETÀ È UN’
© Marco Minozzi
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Ars Captiva in Housing Giulia (2017)
A TORINO, NEGLI SPAZI DI HOUSING GIULIA, IL LABORATORIO SOCIALE DI OPERA BAROLO DOVE CREATIVITÀ E CULTURA DIVENTANO ACCELERATORI DI CAMBIAMENTO di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com 92
© Carlo Toso
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uesto mese raccontiamo una bella storia d’amore, dove l’arte esprime la bellezza della solidarietà, l’amore al servizio del prossimo che non smette mai di sorprenderci. La nostra storia ci conduce dritti in Piemonte, nel cuore di Torino, in un’ampia porzione urbanistica che unisce il centro storico della città alla prima periferia multiculturale. Siamo nel “miglio del sociale” sabaudo, un unicum europeo. Entriamo nel Distretto sociale Barolo, attivo dal 1823, tra via Cigna e via Cottolengo, con 14 edifici e altrettanti enti impegnati ogni anno a dare risposte concrete a 20mila persone tra donne, famiglie e adolescenti fragili. Dall’Ufficio pastorale migranti della diocesi all’ambulatorio medico Camminare insieme, dalla Casa Cilla per le famiglie con bambini in cura all’ospedale Regina Margherita all’Housing Giulia, che ospita nuclei in difficoltà abitativa, è un polo di prossimità nel quale trovare, oltre all’accoglienza, la possibilità di ridisegnare il proprio futuro per una nuova opportunità di vita. In un luogo bello, a partire dai suoi giardini.
Alessandro Bulgini, parabordi in Housing Giulia (2016)
«Non solo tutti abbiamo diritto alla bellezza, ma possiamo produrla, nelle nostre relazioni, nella qualità del nostro lavoro, nelle nostre vite». Con queste parole mi accoglie a Housing Giulia l’avvocato Luciano Marocco, presidente dell’Opera Barolo, istituzione che dal 1864 custodisce il patrimonio dei valori e della visione di Giulia Colbert e Carlo Tancredi Fal-
letti, ultimi marchesi di Barolo, grandi e visionari innovatori, entrambi venerabili della Chiesa tra i santi sociali per cui Torino è nota. Nel varcare l’ingresso della struttura, il mio pensiero corre alla marchesa di Barolo e a quanto la celebre nobildonna e filantropa, imparentata con Luigi XVI e il celebre ministro del re Sole, Jean-Baptiste Colbert, sarebbe
© Ivan Catalano
Massimo Barzagli, Save our Flowers in Housing Giulia (2016)
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Alessandro Bulgini, realizzazione dei parabordi (2016)
la bellezza. L’immenso wall painting dal titolo Rhythm & Form dell’artista britannico David Tremlett, realizzato in collaborazione con Ferruccio Dotta e gli studenti dell’Accademia Albertina, dà subito il benvenuto agli ospiti abbracciando le parti comuni e accompagnandoli lungo tutti i corri-
© Stefano Spessa
orgogliosa di sapere che oggi, a distanza di due secoli, il luogo che aveva voluto come rifugio per le giovani donne uscite dal carcere ha saputo mantenere viva la sua vocazione all’accoglienza. Questa struttura è infatti un progetto di housing sociale nato nel 2016, e ospita lavoratori fuori sede, cittadini temporanei, migranti, famiglie che hanno perso la casa e studenti. Molti arrivano qui in profonda difficoltà e sono seguiti con percorsi di accompagnamento, per ritrovarsi e trovare il proprio posto nel mondo. Ma chi non è in difficoltà oggigiorno? E chi non ha da dare e ricevere dall’altro? Quando si entra in questo complesso di tremila m2, composto da 48 appartamenti, fortemente voluto dall’Opera Barolo, si rimane subito colpiti dalla quiete, dalla serenità che si respira, dall’operosità delle persone immerse in spazi che esprimono il valore della relazione, del senso del-
© Carlo Toso
INCLUSION
Social Community Theatre Centre, Caravan Next Torino-Saving the beauty (2016) 94
doi di accesso alle singole abitazioni. Un altro intervento artistico permanente è quello eseguito dal fiorentino Massimo Barzagli che, nell’ambito del suo progetto internazionale Save our flowers, ha fatto fiorire otto appartamenti durante sei mesi di residenza, riproducendo nelle stanze
© Enrico Scarsi
David Tremlett insieme a Ferruccio Dotta e agli studenti dell'Accademia Albertina, Rhythm & Form, wall-painting in Housing Giulia (2015)
un giardino che accompagna la “rifioritura” delle persone. Sempre negli appartamenti e in alcune aree comuni sono presenti anche lavori di artisti “irregolari”, provenienti dall’archivio Mai visti e parte della collezione dell’Opera Barolo che, nel 2015, ha costituito il Polo delle arti relazionali e irregolari per valorizzare le discipline di confine, fuori dal sistema per scelta o per esclusione sociale. Su uno dei terrazzi, poi, svettano i volti umani realizzati in rete metallica di Pueblo, una delle prime opere di Edoardo Tresoldi. Non mancano nemmeno gli interventi artistici temporanei, come i parabordi dipinti da Alessandro Bulgini, per circa un anno installati in collaborazione con gli stessi inquilini sulle finestre delle loro unità abitative, evocando così l’idea di protezione, solidarietà, eguaglianza e abbattimento delle distanze, tutti valori che Housing Giulia fa propri quotidianamente. Qui, oltre a dipinti, sculture e installazioni, l’arte vive pure attraverso collaborazioni con istituzioni culturali,
per esempio con il Museo del cinema, il festival MiTo, il progetto Dance well e il Social Community Theatre Centre. «Parafrasando Giuseppe Bencivenni Pelli, direttore degli Uffizi nella seconda metà del XVIII secolo, Giulia Colbert affermava: “Portate tutti nella bellezza, affinché sappiano specchiarsi, riconoscersi e riprodurla nella vita”. Ecco, negli spazi di Housing Giulia rendiamo concreto questo messaggio antesignano di quello che oggi chiamiamo welfare culturale», spiega l’avvocato Marocco. E aggiunge: «Mai come in questo momento abbiamo bisogno dell’arte. Non solo per lenire le ferite più profonde di questi tempi feroci, ma anche per sentirci connessi agli altri. Siamo animali sociali. È la relazione con l’altro che ci rende unici e irripetibili. Ne abbiamo bisogno tutti, anche e soprattutto le persone più fragili, per sviluppare l’immaginazione, pensare e co-creare insieme un futuro desiderabile». In un grande laboratorio sociale come Housing Giu-
lia, con i suoi spazi da vivere e dove sperimentare nuovi modelli abitativi e nuove grammatiche di convivenza, «incontrando processi artistici che diventano acceleratori di cambiamento, facilitando le relazioni tra gli abitanti della struttura e quelli del territorio in cui è inserita», prosegue il presidente dell’Opera Barolo. Pensando a quante storie belle, di solidarietà e accoglienza, abbia incontrato negli anni, gli chiedo di raccontarci un aneddoto tra i tanti. «Le note di Ezio Bosso, scomparso pochi mesi fa. Dagli esordi della sua patologia, nel 2011, aveva scelto di abitare a Palazzo Barolo, in residenza d’artista, e ha sempre accompagnato i progetti sociali del nostro ente. Molte persone non avevano mai sentito il suono di un pianoforte. Mi tornano alla mente gli sguardi dei bambini trascinati dalla sua musica. Indimenticabili». housinggiulia.it housinggiulia thelifeingiulia 95
INCLUSION
ARANCE CONTRO IL CANCRO DAL 1° AL 14 FEBBRAIO, LA FONDAZIONE AIRC PROMUOVE ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE E RACCOLTA FONDI PER SOSTENERE LA RICERCA. TRA LE TESTIMONIAL, LA CONDUTTRICE TV MADDALENA CORVAGLIA di Luca Mattei
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l.mattei@fsitaliane.it
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l cibo che mangiamo può essere un utile alleato della nostra salute, in particolare se abbinato a uno stile di vita che depreca la sedentarietà, l’obesità e il fumo. Grazie alle scoperte dei ricercatori sappiamo infatti che l’essere fisicamente attivi incide su processi fondamentali dell’organismo, quali il sistema immunitario e il metabolismo energetico e ormonale. Per questo motivo aderire alla campagna Arance della Salute è un modo per preservare il proprio benessere, ma anche per dare una mano al mondo della ricerca, dei cui successi è la collettività intera a giovarsi. Lo storico appuntamento della Fondazione Airc, quest’anno in programma dal 1° al 14 febbraio, promuove attività di informazione e raccolta fondi a sostegno di oltre cinquemila ricercatori, grazie all’impegno di volontari, studenti, insegnanti e marchi della grande distribuzione. Oltre che di testimonial d’eccezione come Maddalena Corvaglia, conduttrice televisiva e radiofonica che pratica diverse discipline sportive, propone allenamenti per tutti sui suoi profili social e sostiene da anni, al fianco di Airc, l’importanza di una vita attiva e un’alimentazione sana. Quando ti sei avvicinata alla Fondazione? Credo ormai una decina di anni fa. Nel tempo ho sposato il
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loro progetto e ho visto tutti i progressi compiuti dai ricercatori, mi sono innamorata del loro lavoro. Come sempre in passato, anche stavolta è un piacere per me far parte del team di Airc. In questo momento l’attenzione generale è sul Covid-19, ma è importante ricordare che ci sono anche altre malattie, purtroppo si continua a morire per tanti diversi motivi. Quella del cancro è un’esperienza che ho vissuto in famiglia: lo ha avuto mia mamma, so cosa vuol dire affrontare una situazione del genere e, soprattutto, combatterla. A lei è andato tutto bene. Che ricordi hai di quei momenti? Chiaramente non sono positivi, sei di fronte a qualcosa che è più grande di te, ti fa sentire impotente. Già la parola spaventa, quando te la dicono sai che la tua vita cambierà, ma non sai in che modo. Noi però abbiamo fatto tutte le cure del caso, anche in diversi ospedali, e abbiamo avuto la fortuna di trovare medici competenti. La professionalità e l’umanità di chi ha scelto questo lavoro possono salvarti e ridarti il sorriso, facendoti rendere conto di quanto sia importante il loro ruolo. Oggi è cambiata per te la sensazione che si prova nel sentire la parola cancro? Certo, perché solitamente quando pensiamo a questa malattia crediamo sempre che sia una realtà lontana da noi. Quando invece arriva una telefonata e capisci che ci sei dentro, ti rendi conto di quanto sia fondamentale affrontarla di petto. Bisogna essere uniti e farsi coraggio con chi ha già provato quest’esperienza e chi la sta vivendo, ma anche con chi non l’ha sperimentata sulla sua pelle. Insieme si è più forti. In questi anni, quali cambiamenti hai notato nel mondo della ricerca? Nel corso dei numerosi eventi realizzati, mi è capitato di incontrare donne che erano appena venute a conoscenza della malattia e pensavano di non farcela o non sapevano come sarebbe andata a finire quella battaglia. Ora, a differenza di tanti anni fa, almeno nel caso del cancro al seno l’esito molto spesso è positivo. C’è stato un grande miglioramento da questo punto di vista. Un percorso che ho seguito e fatto mio, arancia dopo arancia. Questo frutto è sinonimo di sana e corretta alimentazione. Quali buone abitudini ti senti di consigliare? Non sono una nutrizionista, quindi non mi permetto di dire cosa sia giusto mangiare e cosa no. Di sicuro, però, mangiare bene non vuol dire dover stare sempre a dieta, lo strappo a tavola ogni tanto possiamo concedercelo. Bisogna solo trovare il giusto compromesso. Soprattutto oggi
che è più facile scegliere cibi sani, biologici, la cui provenienza è riconosciuta. Cosa non può mai mancare sulla tua tavola? Ciò che mi fa stare bene. Vivo e vivrei di carne, pesce, verdura e frutta. Faccio sempre una colazione abbondante, nel senso di variegata, non con due chili di Nutella. A pranzo poi privilegio i carboidrati, in particolare il pane perché, stranamente, non amo la pasta. Cerco sempre di evitarli in abbinamento alle proteine perché hanno due tipi di digestione diversa: il connubio appesantisce molto e rende più difficile lavorare subito dopo. A cena, quindi, proteine. Ma questo è ciò che funziona per me, per altre persone potrebbe non valere lo stesso. La corretta alimentazione non può viaggiare senza l’attività fisica e sportiva. Quali semplici esercizi si possono fare, anche restando in casa? Un circuito che trovo molto efficace è il tabata. Praticamente per 20 secondi lavori, per altri dieci no, così in sequenza per otto volte, fino ad arrivare a quattro minuti. Si può scegliere un esercizio qualsiasi per le braccia o per le gambe, come gli squat, ma bisogna farlo impegnandosi, senza barare. Con il metabolismo arrivi a un punto tale di stanchezza che, anche quando hai finito di allenarti, continui comunque a bruciare calorie. Più volte sui social network hai sottolineato l’importanza di un’attività che sia innanzitutto regolare. Quanto conta la costanza? Tantissimo. Ma prima ancora, secondo me, è importante trovare una disciplina che ci faccia stare bene. Spesso, per chi va in palestra il momento più bello è quando ne esce. Ciò significa non aver capito l’essenza dello sport. Spesso ripenso a quando ero bambina e giocavo per strada con le amiche, a nascondino, facendo la ruota o pattinando: non so quante migliaia di calorie bruciavo ma ricordo soprattutto che era divertente. Crescendo, ho capito che per me lo sport è trovare attività che mi piacciono, in cui non do peso alle calorie perché mi sto divertendo. E questo basta. airc.it arancedellasalute.it maddalena.corvaglia.5 AIRC.it lamaddyb AIRC_it maddalena_corvaglia airc.it
I FRUTTI DELLA RICERCA La storica campagna della Fondazione Airc quest’anno si presenta con un format rinnovato a causa della pandemia. Le arance rosse per la ricerca si possono trovare dal 4 febbraio – Giornata mondiale contro il cancro – al 14 in numerosi supermercati che donano all’associazione 0,50 € per ogni reticella venduta. A ciò si aggiunge la distribuzione privata, dal 1° febbraio fino a esaurimento scorte, di marmellata d’arancia e miele di fiori d'arancio da parte dei volontari dei Comitati regionali Airc. I vasetti sono acquistabili anche sullo shop online della Fondazione e negli oltre 140 istituti scolastici che hanno aderito a Cancro io ti boccio, il progetto che dal 1° al 5 febbraio promuove, tra alunni e insegnanti, stili di vita salutari e il valore della ricerca scientifica. shop.airc.it scuola.airc.it
Maddalena Corvaglia, testimonial della campagna Arance della Salute della Fondazione Airc 97
MODA
DIGITAL FASHION APPUNTAMENTO ONLINE, FINO AL 5 APRILE, CON LE PRESENTAZIONI UOMO E BIMBO DI PITTI IMMAGINE. CHE CONFERMA LA SUA VOCAZIONE GREEN di Cecilia Morrico
MorriCecili
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Foto Pitti Immagine
RÆFOUND by Christopher RÆBURN, uno dei 15 talent di Sustainable Style di Pitti Immagine
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ino all’ultimo si è sperato, ma purtroppo resta ancora chiusa Fortezza da Basso, a Firenze, luogo simbolo delle sfilate di Pitti Immagine. Anche per il 2021, infatti, le edizioni invernali delle fiere Uomo, Bimbo e Filati si tengono esclusivamente in modalità digitale, sulla piattaforma Pitti Connect. Un approccio già sperimentato nel 2020 che, grazie ai social e alle dirette streaming, ha contribuito a rendere più democratico il mondo della moda, lasciando comunque inalterato il dialogo (virtuale) più stretto tra stilisti, brand, stakeholder e professionisti del settore. «Abbiamo voluto tenere aperta l’opzione dell’evento dal vivo fino alla conferma ufficiale della sospensione, perché espositori e compratori avevano espresso il forte desiderio di incon-
trarsi fisicamente, seppure con tutti i dubbi del caso», commenta Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine. «Non è stato superficiale ottimismo né ostinazione a dispetto delle evidenze. Piuttosto una determinazione a non lasciare niente di intentato, con l’obiettivo di lanciare un messaggio positivo per i mesi prossimi», prosegue, confermando la volontà di vedersi a Firenze in estate. Nel frattempo, si continua a lavorare a fondo sull’edizione digitale: «Adesso concentriamo tutte le nostre forze su questa. Per Pitti Uomo contiamo sull’adesione di circa 250 aziende che promettono di darci fiducia anche in futuro. Già a gennaio gli eventi in streaming, così come le collezioni caricate online su Pitti Connect, hanno avuto grande successo», conclude Napoleone.
Brunello Cucinelli, Autunno-Inverno 2021
Kiton, Autunno-Inverno 2021
La piattaforma, i cui contenuti saranno costantemente incrementati fino al 5 aprile, ha permesso di entrare in casa dell’imprenditore Brunello Cucinelli, a Solomeo (PG), per ascoltare la sua visione ottimistica del futuro: «Dobbiamo affrontare la ripresa con umiltà, coraggio e solidarietà». O a Napoli nell’azienda di Kiton, brand di alta sartoria, per scoprire come si realizza la giacca perfetta. Dal web arriva forte e chiaro anche un messaggio green, capitanato da Herno, che utilizza materiali all’avanguardia per cappotti, giacche e piumini. Il fondatore Claudio Marenzi ha puntato su Herno Globe, etichetta contenitore che racchiude tutti i progetti sostenibili della main collection. Tenendo a mente i concetti di durata, riciclabilità e biodegradabilità, l’azienda si è impegnata a rivoluzionare tutti i processi industriali in chiave ecologica, nella convinzione che oggi più che mai sia necessaria un’evoluzione a livello produttivo. Ma anche nella capacità di raccontare la moda in maniera trasparente, inducendo imprese, dipendenti e consumatori a una presa di coscienza sulle questioni ambientali. Da qui anche la scelta del brand 99
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Herno, showroom di Milano dove si è svolto il live streaming di Pitti Connect
di aderire, con un corner di 90 m2, al progetto Green Pea di Oscar Farinetti, a Torino: il primo green retail park al mondo interamente dedicato a prodotti sostenibili di diverse categorie merceologiche. Un modo per ripartire dopo la pandemia perché «domani il Covid-19 verrà ricordato sui libri di storia con cinque righe, mentre la salvaguardia del pianeta deve tenerci impegnati ogni giorno per cambiare il nostro modo di consumare e vivere», dice Farinetti. Un appello che Marenzi ha sposato appieno augurandosi di estendere il concetto di eco-sostenibi-
Yatai, brand di sneaker tra i 15 talent di Sustainable Style di Pitti Immagine 100
lità di Globe a tutte le sue linee, «rendendole virtuose in eguale maniera». Segue la stessa impronta green anche la seconda tappa di Sustainable Style, il progetto di Pitti Immagine lanciato la scorsa estate dalla fashion editor e talent scouter indipendente Giorgia Cantarini. Con questo contenitore viene confermato l’impegno della kermesse fiorentina a promuovere in maniera concreta una moda menswear responsabile, ospitando e valorizzando le creazioni dei più interessanti designer del mondo che sono stati capaci di coniugare l’etica produttiva con lo stile, l’estetica e il business. Quindici i talenti internazionali scelti: stilisti e brand emergenti provenienti da Perù, Corea, Regno Unito, Thailandia e Italia, capaci di unire il linguaggio estetico forte e definito con la responsabilità ambientale e sociale. Durante la prima edizione di questo progetto, l’azienda biellese Reda – leader nella produzione di tessuti sostenibili in pura lana Merino – ha istituito il premio Reda x Sustainable Style, che quest'anno viene vinto da Phipps International. Lo stilista americano Spencer Phipps realizzerà una minicapsule per Rewoolution, brand activewear del gruppo piemontese specializzato nei capi per lo sport outdoor e il tempo libero. «Una mini collezione di cinque pezzi per un total look maschile», spiega Luca Martines, Ceo della divisione Consumer del Gruppo Reda, «che coniuga la passione di Phipps per la montagna e le attività outdoor con le linee di Rewoolution, strizzando l’occhio ai look anni ‘70 ispirati al celebre film All That Jazz del regista e coreografo Bob Fosse». Non resta che scoprire le nuove collezioni eco-friendly su Pitti Connect,
nella speranza di potersi incontrare a Firenze la prossima estate per la 100esima edizione di Pitti Uomo. «Perché c’è una grande volontà di ritrovarsi», conclude Napoleone, Ad di Pitti Immagine, «ci manca il contatto personale e quell’entusiasmo che solo la fiera fisica può trasmettere. Anche se l’esperienza digitale ormai è diventata fondamentale e necessaria per comunicare con tutto il mondo». pittimmagine.com Pittimmagine pittimmagine
Spencer Phipps, vincitore del Reda x Sustainable Style
© Valerio D'Urso
© Valerio D'Urso
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Da sinistra, Dima Leu e Francesco Murano, vincitori di Who Is On Next? 2020, progetto di scouting targato Altaroma
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o schermo del computer non è mai stato così grande. Con Altaroma, dal 18 al 20 febbraio, la moda diventa cinema e trasmette le sfilate della nuova stagione ricordando la dolce vita nella Capitale alla fine degli anni ‘50. Un’edizione completamente digitale, che conferma il successo già ottenuto a settembre con la piattaforma digitalrunwat.altaroma.it. Sono previste 12 sfilate e diversi talk realizzati in collaborazione con la Business School del Sole 24 Ore, oltre alla settima edizione di Showcase, il format dedicato ai
giovani che attira buyer e stampa da tutto il mondo. A loro Altaroma dedica un’esposizione collettiva virtuale: uno spazio espositivo, che resterà online per tre mesi dopo la fine della manifestazione, con l’obiettivo di promuovere i brand di ultima generazione. L’attenzione ai nuovi talenti, infatti, è il fiore all’occhiello della kermesse capitolina: nella scorsa edizione sono stati assegnati i premi del progetto di scouting Who Is On Next? 2020, volto a sostenere la ricerca di designer emergenti. Francesco Murano e Dima Leu si sono aggiudicati il primo posto rispettivamente per il prêt-à-porter uomo e donna e le loro collezioni saranno protagoniste di un servizio fotografico sul numero di marzo di Vogue Italia. E se gli abiti di Murano sono già stati scelti da Beyoncé per il video di Spirit, colonna sonora del remake in live action del film Disney Il re leone, Dima Leu affronta il tema della rilettura dello sportswear maschile in chiave sofisticata, focalizzandosi sull’incontro tra lo sport e il tailoring. È orgoglioso Adriano Franchi, direttore generale di Altaroma: «Siamo riusciti a garantire un’edizione com-
pleta in digitale, diventando parte di un sistema che lavora in sinergia con le manifestazioni di Firenze e Milano. Rappresentiamo l’anello di congiunzione per tutte quelle giovani realtà indipendenti che iniziano il loro cammino nel fashion system e siamo qui per loro». C.M. altaroma.it AltaRomaStyle AltaRoma altaroma
© Luciana Ognibene
DAL 18 AL 20 FEBBRAIO VA IN SCENA ONLINE LA FASHION WEEK CAPITOLINA. CHE PUNTA SUI GIOVANI CON UN’ESPOSIZIONE COLLETTIVA VIRTUALE
Il brand di borse e accessori The body as medium 101
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IL FUTURO IN PASSERELLA DAL 23 FEBBRAIO AL 1° MARZO MILANO OSPITA I DÉFILÉ DELLE COLLEZIONI DONNA. PUNTANDO SU SOSTENIBILITÀ, INCLUSIONE E ARTIGIANATO
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he la moda sia sempre stata una fucina d’innovazione è cosa nota. Con le antenne all’insù è uno degli ambiti culturali capace di catturare meglio ciò che ci circonda. E spesso si fa portatrice, con leggerezza, di temi d’importanza sociale come la sostenibilità e l’inclusività. E infatti, più di altri settori, ha saputo vincere la sfida del digitale. A confermarlo è la fashion week dedicata alle collezioni donna che torna a Milano dal 23 febbraio al 1° marzo. Dopo l’edizione di settembre, che con il connubio di sfilate live e condivisione social ha raggiunto i 45 milioni di visualizzazioni sul sito della Camera nazionale della moda italiana, quella dedicata alla Fall-Winter ha tutte le carte in regola per superare il risultato precedente. La pandemia ha incentivato l’uso del web e dell’e-commerce e non si torna più indietro. Certo le sfilate sono sempre a porte chiuse o con pochissimi ospiti per le maison più importanti – a settembre a Milano sono state allestite 23 passerelle superando New York, Londra e Parigi – ma aumentano gli eventi digitali. Si sta lavorando sulle presentazioni dei brand, per poter entrare in esclusiva negli showroom e restituire poi agli spettatori da device tutta l’emozione che potrebbe esserci dal vivo. In più, la piattaforma verrà divisa per temi: la sostenibilità, principio fondamentale per ogni casa di moda, l’inclusione, capitanata da Stella Jean – stilista italo-haitiana – e l’artigianato, perché anche se manca il touch and feel di una kermesse fisica la richiesta di alta sartoria rimane forte. E, infine, spazio ai nuovi talenti, ai
Stella Jean, Primavera-Estate 2021
giovani e ai cosiddetti nativi digitali, promotori di linguaggi e stili innovativi. Un orientamento al futuro che punta su una community della condivisione fondata sui cardini del made in Italy. C.M. cameramoda.it cameramoda cameramoda cameramoda
Uno degli interni del volume MSGM 10!
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MUSICA
PAROLA D’ORDINE: LA RAPPRESENTANTE DI LISTA DEBUTTA IN GARA AL 71ESIMO FESTIVAL DI SANREMO. CON UN BRANO CHE PARLA DI SPERANZA E RINASCITA di Gaspare Baglio gasparebaglio
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Foto Rori Palazzo
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uest’anno il Festival di Sanremo – al Teatro Ariston dal 2 al 6 marzo – ha puntato sulle realtà indipendenti. Il direttore artistico e conduttore Amadeus ha messo in piedi un cast che vede nomi (probabilmente) sconosciuti ai più, ma amatissimi dai giovani. Tra questi La Rappresentante di Lista, band nata nel 2011 dall’incontro tra la cantante Veronica Lucchesi e il polistrumentista Dario Mangiaracina. La loro idea unisce scrittura visionaria, cantautorato e sonorità elettroniche. Dopo i dischi (Per la) via di casa e Bu Bu Sad, nel 2018 arriva il successo di Go Go Diva, seguito da un tour zeppo di sold out, con il brano Questo corpo inserito nel soundtrack del serial Sky The New Pope, di Paolo Sorrentino, e nella fiction Il Cacciatore 2, su Rai2. Il pezzo in gara al Festival si intitola Amare. Che valore assume, oggi, questa parola? [D] Ci piace l’idea che sia un verbo all’infinito, volendo anche un imperativo. Da quando abbiamo iniziato a scrivere, l’amore è stato al centro delle nostre canzoni. In un momento come quello che stiamo vivendo è giusto attivare l’amare, che non è amore. [V] Esatto. L’amore, in qualche modo, è talmente grande da essere un colosso che non si riesce a spostare. Invece la parola amare è un moto verso qualcosa, verso una comunità che abbiamo voglia di riabbracciare. [D] La canzone parla di rinascita. Tutti i nostri brani hanno un potere apotropaico: sconfiggere il male ed essere una 104
speranza. Amare serve, a chi la canta, per risorgere e ricredersi sulla bontà del mondo. Non eravate convinti della bontà del mondo? [V] Abbiamo avuto crolli emotivi legati a questo tema. [D] Crediamo che l’arte debba essere anche politica. Abbracciare il tema dell’amare – sviluppato in tutto il disco – è prendersi la briga di seguire anche altri filoni come l’ecologia e il femminismo. È una bandiera sotto la quale unire le voci di ripresa e resistenza. La canzone, nello specifico, di cosa parla? [D] È un inno in cui ci si accorge di essere in un momento disastroso della propria esistenza. E si trova la forza per risollevarsi. Abbiamo avuto la fortuna di portare il nostro collettivo nella produzione del brano, che ha visto la collaborazione del musicista e produttore Dardust. L’avete conosciuto l’anno scorso, quando vi siete esibiti con lui e Rancore sul palco dell’Ariston, nella serata dei duetti. [V] Un rapporto che ha mantenuto la sua spontaneità, anche quando ci siamo ritrovati in studio. Un bellissimo scambio di gioia a servizio del messaggio della canzone, per esaltare il significato di un testo. Vi definite una queer band pop. Anche il pezzo sanremese prosegue in questa direzione? [D] Queer pop significa libertà, fuori da ogni definizione catalogante. È come se il brano fosse costituito da scene che attraversiamo. Ed è legato alla fluidità di arrangiamenti, sonorità e percorsi musicali. Vi siete spesi molto contro la chiusura dei teatri, avvenuta nonostante ci sia stato un solo contagio su 350mila spettatori da metà giugno a inizio ottobre 2020. [V] Chi fa il nostro lavoro ha una gestione meticolosa del proprio pubblico. È stato molto strano vedere surrogati del teatro con spettacoli in streaming. Nulla di sbagliato, ma l’incontro con l’altro è la chiave fondamentale di questo mestie-
re e non si può sostituire. Quello di quest’anno sarà il Festival della rinascita? [V] Il cast restituisce una sensazione forte: ho ritrovato volti incontrati nei palcoscenici indipendenti. Mi sono sentita accolta. [D] La direzione artistica si è accorta di qualcosa che era già in nuce: la musica indipendente fatta di artisti con un percorso già avviato, in alcuni casi, diventa mainstream. Non era scontato, ma ci ha aiutato a capire che eravamo sulla strada giusta. Che cos’è, oggi, La Rappresentante di Lista? [V] Un progetto plurale, una costellazione di professionisti mossi degli stessi sentimenti: stupirsi, meravigliarsi, cercare il bello. [D] Adesso attorno a noi abbiamo un collettivo e un’ottima etichetta: il sogno di creare una factory è quasi realizzato. Vivete a Palermo. Che cosa significa questa città per voi? [D] È un porto dai mille colori che conosce l’accoglienza. Le contraddizioni sono tante, ma solo qui sarebbe potuto nascere questo progetto trasversale. lrdl.it larappresentantedilistaufficiale rappresentantedilista
SANREMO INDIE Superato il traguardo dei 70 anni, la kermesse della Città dei Fiori si rinnova con un cast che guarda al futuro e al web. In aggiunta a nomi noti come Arisa, Francesco Renga e Orietta Berti, quest’anno il Teatro Ariston, dal 2 al 6 marzo, sarà invaso da sonorità indie. Oltre alle ricercatezze della band La Rappresentante di Lista e del duo Colapesce e Dimartino (intervista nella pagina successiva), spuntano le musicalità urban dei Coma_Cose e il punk da balera degli Extraliscio che si esibiscono con Davide Toffolo, tra i più importanti fumettisti italiani e frontman dei Tre allegri ragazzi morti. Ma trovano spazio anche l’idolo dell’itpop Aiello, il cantante poeta Gio Evan e tre esponenti della scena rap e trap: Madame, Random e Willie Peyote.
AMARE
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MUSICA
LEGGERISSIMI SONGWRITER IL DUO SICILIANO COLAPESCE E DIMARTINO SI ESIBISCE PER LA PRIMA VOLTA AL FESTIVAL DI SANREMO. CHE QUEST’ANNO PUNTA SUI GIOVANI INDIPENDENTI
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percorsi umani e lavorativi di Lorenzo Urciullo, alias Colapesce, e Antonio Dimartino, amici e cantautori, viaggiano su binari paralleli. Siciliani entrambi, hanno iniziato a fare musica dieci anni fa, sono autori per altri cantanti, hanno scritto due libri ciascuno e l’anno scorso hanno celebrato il primo decennio di carriera con l’album in tandem I mortali. Tra le canzoni spicca la summer hit Luna araba, che vede la partecipazione di Carmen Consoli. Il duo si presenta, sempre in coppia, al 71esimo Festival di Sanremo, previsto dal 2 al 6 marzo. Portate il brano Musica leggerissima. Lo è davvero? [D] Non è pesante né leggera, in realtà. È una terza via, il motivo che salva quando si cade in un baratro. [C] Il baratro è metaforico: sono le debolezze e i tabù dell’uomo, che in questa canzone vogliamo affrontare in maniera schietta. Perché avete deciso di partecipare alla kermesse? [D] Ci sembrava il prolungamento di un percorso. Era giusto che ci andassimo insieme, visto che
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abbiamo iniziato a fare dischi dieci anni fa. È un passaggio importante per la nostra carriera. [C] Una festa simbolica tutta nostra a chiusura di un ciclo. E poi abbiamo anche il mutuo da pagare (ride, ndr). In questi dieci anni cosa siete diventati?
[C] Sono cambiate tantissime cose. Il nostro esordio è avvenuto nella crisi più nera: non c’era lo streaming, non si vendevano più dischi e il vinile non era tornato di moda. Abbiamo contribuito a creare una scena e il fatto di essere ancora qui mi fa pensare che il nostro impegno coerente abbia pagato rispetto a tanti progetti che sono solo la fotografia di un momento. Tendiamo a essere songwriter, scrittori di canzoni. Spaziate in diversi ambiti, dalla letteratura al teatro. Qual è la vostra concezione di artista? [D] Per non incancrenirsi, deve portare avanti un percorso pieno di tante cose. La creatività deve spaziare, andare in altri posti. La condivisione è alla base del successo di un’opera. Il graphic novel La distanza, con i testi di Lorenzo e i fumetti di Alessandro Baronciani, e il libro Un mondo raro, sulla can-
tante messicana Chavela Vargas, che ho scritto insieme al cantautore Fabrizio Cammarata, sono testimonianza di questo: cambiare strada all’improvviso dà linfa vitale a quello che si sta facendo. [C] Sono d’accordo. Perché la chiusura, alla lunga, può essere tossica e controproducente. Siete anche autori per altri cantanti. Come cambia, in questo caso, la scrittura? [C] Quando lavoriamo per altri costruiamo i brani sulle loro caratteristiche. Si modifica l’immaginario, il vocabolario, la struttura armonica, la tonalità. È sempre un viaggio diverso. Come il lavoro di un sociologo che cerca di capire, di volta in volta, cosa fare. I luoghi che vi ispirano? [D] Le isole piccole, dove tutto sembra più chiaro. Mi fanno sentire più protetto, anche se attaccabile da ogni lato. Come Levanzo, un luogo in cui non è possibile andarsene quando si vuole ma che, proprio per questo, mi aiuta a stare in pace con me stesso. Sulla terraferma penso continuamente a cambiare posto. [C] Amo moltissimo muovermi in treno, soprattutto quando costeggia il mare. Ho ricordi bellissimi di viaggi dal nord al sud Italia, quando i binari passano di fianco al litorale. Siete entrambi siciliani, cosa rappresenta questa regione per voi? [C] Quasi sempre è nei nostri lavori, non per campanilismo, ma perché il luogo in cui si cresce va comunque a finire nella costruzione di un modo di dire, si insinua nel linguaggio anche senza volerlo. E poi la Sicilia ha diversi scenari cui attingere: è una terra che ha una quantità infinita di input. [D] È il posto dove tornare. Anche se, paradossalmente, riesco a pensarne bene solo quando sono lontano. Mi basta nominarla e mi vengono in mente i profumi della mia terra e i racconti degli anziani, che sono fonti di ispirazione. È generatrice di impressioni e sfumature che mi aiutano molto a scrivere. G.B. musicadicolapesce Dimartinoband colapesce dimartinoofficial 107
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Edward Weston Tina (1924), Messico © Center for Creative Photography, Arizona Board of Regents
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SEMPLICEMENTE
TINA
AL MUDEC DI MILANO GLI SCATTI DI MODOTTI, INTERPRETE DELL’AVANGUARDIA ARTISTICA DEL ’900, TRA FOTOGRAFIA SOCIALE E IMPEGNO POLITICO di Sandra Gesualdi sandragesu sandragesu
L
ibertà, intelligenza e rivoluzione, la sintesi di una vita breve ma senza sosta. Piena di coraggio. Quella di Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, o semplicemente Tina Modotti (18961942), tra le più grandi interpreti femminili dell’avanguardia artistica del ’900. Fotografa, attrice, attivista ed emancipata figlia di operai emigrati oltreoceano, ha respirato in anticipo di almeno mezzo secolo l’ebrezza di essere spirito affrancato e pensiero libero, immersa nelle arti che mescolava sapientemente con l’impegno sociale e la militanza politica. Prima il teatro, poi il debutto nel cinema muto, viaggiando in lungo e in largo nell’America degli anni ’20 e ’30. Dall’effervescenza culturale di San Francisco a Los Angeles e Hollywood, fino a spingersi più a sud dove incrocia i grandi movimenti sindacali. Nel luglio del 1923 arriva in Messico, insieme al fotografo Edward Weston, amante e maestro, e la sua biografia prende forma. Qui Tina incontra gli strascichi della rivoluzione, si iscrive al partito comunista messicano, vive indomita una coscienza di classe schierata con i
più deboli, e inizia a dedicarsi alla fotografia in maniera feconda, realizzando immagini divenute icone senza tempo. Molte tra queste sono raccolte in Tina Modotti. Donne, Messico e libertà, la retrospettiva allestita al Mudec - Museo delle culture di Milano fino al 16 maggio, nell’ambito della rassegna comunale I talenti delle donne e curata da Biba Giacchetti. Circa 100 scatti in bianco e nero, stampe originali, oltre a lettere, documenti e alcuni video storici, per un racconto che scruta da vicino una protagonista del suo tempo e la svela come anticipatrice di ideali moderni. Bella, mai stanca e remissiva, cittadina del mondo e combattente, Tina narra con i suoi fermo immagine le lotte per la riforma agraria e l’istruzione di massa, le donne indios e le giovani madri, i mezzadri e gli operai, il riscatto femminile e il divario tra ricchezza e indigenza. La militanza politica si traduce in un linguaggio espressivo diretto e schietto, eloquenti immersioni nella realtà popolare che con piglio etnografico esprimono durezza e purezza, dignità e rivalsa. Dopo i primi lavori sperimentali che hanno al centro soprattutto fiori, rose corpo-
se o longilinee calle, si concentra sui personaggi del quotidiano ritratti da vicino con l’obiettivo a tutto fuoco. Esalta particolari che ripete in maniera seriale, come le mani consumate dal lavoro e plasmatrici di materia. Frequenta personaggi illustri, tra cui Frida Kahlo e Diego Rivera, Pablo Neruda, Ernest Hemingway e Robert Capa, fonda El Machete, il giornale letto dai campesinos, ama molti uomini. Tina è tante donne in una. «Mi considero una fotografa, niente di più», scrive di se stessa, «e la fotografia è il medium più soddisfacente per rappresentare la vita in tutti i suoi aspetti ed è da questo che dipende il suo valore di documento». La Donna con bandiera è tra le sue testimonianze più cariche di significato, sunto di quello che è stata la Modotti. Struttura ed equilibrio di una forma d’arte che offre voce ai senza voce mostrando individui poveri ma orgogliosi e manifestando una vita, la sua, schierata e spesa a voler migliorare il mondo. A costo di essere arrestata, espatriata, screditata, inquisita. Ma la libertà è la luce che occorre a imprimere e disegnare la pellicola, e questa l’ha resa Tina Modotti.
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Contadini che leggono, El Machete (1927), Messico Š Tina Modotti
Calle (1924), Messico Š Tina Modotti
Le mani del marionettista (1929), Messico Š Tina Modotti
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Donna incinta con bambino in braccio] (1929), Tehuantepec Š Tina Modotti
Donna con bandiera (1928), Messico Š Tina Modotti
Le donne di Tehuantepec portano frutta e fiori sulla testa, dentro zucche dipinte chiamate jicapexle (1929) Š Tina Modotti
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ITALYART
UNA MAPPA DINAMICA, MULTIMEDIALE E INTERATTIVA REGALA UNA VISIONE A 360 GRADI DEI NOSTRI TESORI ARTISTICI E ARCHITETTONICI a cura di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it
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endere accessibili e navigabili a 360 gradi opere artistiche e architettoniche del nostro Paese attraverso una mappa dinamica arricchita da informazioni dettagliate in italiano e inglese. È il progetto ItalyArt, realizzato dall’architetto romano Paolo Rolli per offrire gratuitamente visite digitali, multimediali e interattive attraverso una tecnologia evoluta. Sul portale italyart.it (e in futuro con l’app dedicata) si possono vivere dal proprio smartphone, tablet o pc tour completi e immersivi in 400 musei statali e siti d’eccellenza grazie a immagini sferiche di altissima quali-
tà. Oltre ad approfondire la scoperta di questi luoghi – alcuni dei quali inaccessibili e sconosciuti al pubblico – con un visore cardboard o 3D si può sperimentare una vera interazione emozionale muovendosi nello spazio. Un nuovo modo di viaggiare, anche quando fisicamente non è possibile, godendo della bellezza di centinaia di capolavori a completa disposizione. Paolo Rolli spiega così il suo progetto: «Oggi sono più che mai convinto che in tempi di Covid non si possa più prescindere dalla digitalizzazione immersiva dei luoghi della cultura, Per questo ho voluto renderli visibi-
li a tutte le persone, anche a quelle con diverse abilità o diversi bisogni che non ne conoscono l’esistenza o non hanno possibilità di visitarle. Italyart è un progetto multimediale proiettato verso il futuro, frutto della ricerca e della creatività italiana. Una bottega digitale del terzo millennio che propone un modo diverso di vivere il viaggio, per conoscere e osservare senza alcuna interferenza ogni minimo dettaglio, prendendosi tutto il tempo necessario per vivere un’emozione intima con l’arte». italyart.it italyart.it italyart.it
In queste pagine foto equirettangolari con elaborazione digitale di 212 singoli scatti, navigabili a 360 gradi con apposito player
Teatro Regio, Reggia di Caserta © P.E. Rolli, A.Galluzzi, F.Rolli/Italyart
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Tempio di Hera, Selinunte (TP) © P.E. Rolli, S. Ponti, L. Rolli/Italyart
Villa dei Misteri, Pompei (NA) © P.E. Rolli, S. Ponti, L. Rolli/Italyart
Casa di Augusto sul Palatino, Roma © P.E. Rolli, A. Galluzzi, F. Rolli/Italyart
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Castello di Miramare, Trieste © P.E. Rolli, S. Ponti, L. Rolli/Italyart
Galleria Borghese, Roma © P.E. Rolli, S. Ponti, L. Rolli/Italyart
Palazzo Reale, Torino © P.E. Rolli, A. Galluzzi, F. Rolli/Italyart
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Duomo di Orvieto (TR) © P.E. Rolli, S. Ponti, L. Rolli/Italyart
Duomo di Teramo © P.E. Rolli, S. Ponti, L. Rolli/Italyart
Cappella del Tesoro di San Gennaro, Napoli © P.E. Rolli, A. Galluzzi, F. Rolli/Italyart
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LA SISTINA IN VENDITA UN FOTOLIBRO DA COLLEZIONE RITRAE IL CAPOLAVORO DI MICHELANGELO NEI PIÙ PICCOLI DETTAGLI GRAZIE ALLA POTENZA DEI GIGAPIXEL di Cecilia Morrico MorriCecili morricocecili Immagini tratte dal volume La Cappella Sistina e realizzate dalla Nuova campagna fotografica del 2016
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© Governatorato dello Stato città del Vaticano – Direzione dei Musei. Tutti i diritti riservati
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ue indici protesi, congelati un attimo prima di sfiorarsi, nella metafora dell’energia vitale che passa dal Creatore alla creatura. In questa semplice rappresentazione, tutto il genio di Michelangelo. Una potenza iconografica che Scripta maneant ed Edizioni Musei Vaticani hanno riportato in un fotolibro che sembrava un’impresa impossibile: La Cappella Sistina, tre volumi con le immagini più precise mai ottenute grazie alla potenza dei gigapixel che consentono di ritrarre i dipinti nei più piccoli dettagli. Gli affreschi del ‘400, La Volta, Il Giudizio Universale sono i titoli dei tomi realizzati attraverso l’utilizzo della Nuova campagna fotografica del 2016 e stampati questo inverno da Callaway arts per il pubblico americano. Studiata con l’intento di reggere livelli di riproduzione per la prima volta in perfetta scala 1:1, la ricognizione digitale delle immagini è stata eseguita da Carlo Vannini e Gabriele Roli, mentre il responsabile di produzione è Gianni Grandi. L’impiego dei gigapixel, in grado di assicurare massimi livelli di risoluzione e precisione millimetrica, affiancato all’utilizzo dei più evoluti apparati di puntamento ed elaborazione elettronica e alle migliori e più garantite sorgenti di illuminazione a Led, regala un’esperienza veramente unica. Il risultato è un’opera scomposta in un insieme di fotogrammi, paragonabili a tessere di un mosaico, con un elevatissimo livello di dettaglio. Ciò ha reso possibile l’accesso a particolari mai esplorati, impossibili quindi da cogliere se non portando l’osservatore a pochi centimetri dagli affreschi stessi.
Backstage della Nuova campagna fotografica del 2016
© Governatorato dello Stato città del Vaticano – Direzione dei Musei. Tutti i diritti riservati
Creazione di Adamo di Michelangelo Buonarroti, dal volume La Volta
avviato la stampa di 600 copie in lingua inglese, con il titolo The Sistine Chapel, al costo di 22mila dollari l’una con pre-ordine sul sito. Un prezzo elevato dovuto proprio alla rarità del progetto. Le dimensioni dei tre volumi sono 61x43 cm per un totale di 822 pagine e un peso complessivo di 34 chilogrammi. Oltre al pregio della stampa, è forte anche il valore documentario
dell’opera che fa gola a privati così come a collezioni pubbliche. Perché, come spiega Paolucci nell’introduzione, «la Cappella Sistina è l’attrazione fatale, l’oggetto del desiderio per l’internazionale popolo dei musei, per i migranti del cosiddetto turismo culturale». scriptamaneant.com thesistinechapel.callaway.com museivaticani.va
Il primo anello de Il Giudizio Universale di Michelangelo Buonarroti © Governatorato dello Stato città del Vaticano – Direzione dei Musei. Tutti i diritti riservati
Ci sono voluti cinque anni di lavoro per digitalizzare 270mila immagini, raccolte in 67 notti durante la chiusura al pubblico della cappella e corredate dai testi di Antonio Paolucci, storico dell’arte e direttore dei Musei Vaticani dal 2007 al 2016. Il fotolibro viene realizzato in edizione limitata: sono previste solo 1999 riproduzioni al mondo, senza ristampe. Oggi la Callaway arts ha
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© foto di Pax Paloscia
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Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze | 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 | WiFi | FRECCIAROSSA Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 700
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze | 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 | WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 432 | WiFi Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 1000
Velocità max 400 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 8 carrozze 124
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 489 | WiFi Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA
Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 457 | WiFi Fast | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 125
PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS
IL TRENO DEL PRESIDENTE
© Archivio Fondazione FS Italiane
EREDE DI QUELLO REALE, UTILIZZATO DAI SAVOIA, DAL 1948 ACCOMPAGNA IL CAPO DELLO STATO NEI VIAGGI ISTITUZIONALI
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L’anticamera dello studio del presidente, nella carrozza un tempo riservata alla regina
l 20 febbraio 1854 ha inizio una storia unica che arriva fino ai giorni nostri. Il protagonista è un treno molto particolare che ha la capacità di attraversare oltre un secolo di trasformazioni epocali. Quella mattina d’inverno c’era una gran folla a Genova, in piazza Caricamento. Si inaugurava, infatti, la prima linea ferroviaria del Regno sabaudo, che ancora oggi dal capoluogo ligure conduce a Torino. Ad attendere il convoglio che percorrerà la nuova strada ferrata anche il re di Sardegna, nonché futuro sovrano d’Italia, Vittorio Emanuele II, e il primo ministro, Camillo Benso conte di Cavour. In stazione, tra lo stupore degli spettatori, arriva il primo treno reale della storia italiana: la locomotiva sbuffante traina cinque carrozze ad assi con cassa in legno, abbellite esternamente da fregi di bronzo dorato e simbologie araldiche, con eleganti decorazioni anche nelle parti meccaniche delle ruote. Nel 1873 emerse quella necessità di ammodernamento che ne caratterizzerà l’evoluzione: il mezzo venne sostituito con un convoglio più moderno a nove elementi, tra cui una caldaia per riscal-
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dare gli ambienti in inverno. Nel corso degli anni le migliorie furono sempre più consistenti e il treno, che nel 1906 venne affidato alle neonate Ferrovie dello Stato, arrivò a essere composto da 11 elementi intercomunicanti, con una cucina, una sala da pranzo, le carrozze personali del sovrano e della consorte e altri ambienti. Le nozze del principe Umberto di Savoia con la principessa Maria José del Belgio, nel 1929, furono l’occasione per l’introduzione di ulteriori modifiche. La Fiat realizzò tre nuove carrozze, ricorrendo ai migliori artigiani dell’epoca per la lavorazione del bronzo e del cuoio, degli intarsi, della tessitura, del ricamo. Il risultato fu un arredo raffinato ed esclusivo, ricco di simbologie di Casa Savoia. Nel periodo postbellico, quando nel 1948 si accantonò la monarchia, le Officine FS riconvertirono le nove vetture sostituendo le simbologie reali con la nuova iconografia repubblicana. L’ultimo ammodernamento risale al 1955, quando la Società Breda effettuò una generale ristrutturazione del treno, con l’installazione di una centrale telefonica per garantire un sistema di comunica-
zione in tutte le carrozze. Il treno fu utilizzato in diverse occasioni istituzionali: il 25 aprile 1956 il capo dello Stato Giovanni Gronchi lo prese fino a Parigi per incontrare il presidente francese René Coty. E non si può dimenticare lo storico viaggio di papa Giovanni XXIII da Roma ad Assisi, il 4 ottobre 1962. Più recentemente, il 31 marzo 2017, il presidente Sergio Mattarella ne utilizzò alcune carrozze per muoversi da Napoli al Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa. E ancora, il 5 ottobre 2019, in occasione dei 180 anni della prima ferrovia italiana Napoli-Portici, Mattarella è tornato a bordo del treno presidenziale, ospite della Fondazione FS Italiane, che oggi ha il compito di conservare e valorizzare il significato storico nazionale di questo mezzo. Un impegno importante che ha reso necessario l’impiego, oggi come in passato, dei migliori artigiani italiani, necessari per garantire la tutela e il mantenimento in efficienza di una importante testimonianza storica del nostro Paese. fondazionefs.it FondazioneFsItaliane fondazionefsitaliane
PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO
di Mario Tozzi mariotozziofficial mariotozziofficial [Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]
ROMANTICO AVENTINO
nche i romani, in genere molto scanzonati per le cose d’amore, si inerpicano volentieri a piedi sul Colle Aventino a partire dal Circo Massimo. Mentre salite, al tramonto, dietro di voi la luce inonda d’arancio tutta l’area archeologica dei Fori, ma non sarà quello il vostro obiettivo. Passerete accanto al Giardino delle Rose municipale che sta per esplodere in mille colori per spingervi fino al limite del Colle, costeggiando basiliche silenziose e sostando in una piazzetta contornata di piccoli monoliti e pinnacoli. Lì troverete un portone che presenta un foro all’altezza
della serratura. Avvicinando un occhio osserverete la cupola di San Pietro così vicina da poterla quasi toccare (è la stessa inquadratura del film La grande bellezza di Paolo Sorrentino). Ma ancora non siete arrivati. Tornate indietro verso i Fori e girate a sinistra entrando all’interno delle mura di un piccolo giardino. Decine di aranci costellati di frutti coloratissimi vi faranno da cortina romantica mentre raggiungete la terrazza in fondo, che affaccia sulla meraviglia della Città Eterna e sul Tevere. Appoggiatevi al muretto: aspettando il calar del sole vi ritroverete innamorati pure se non lo siete. Il giardino degli aranci a Roma
© georgeoprea9/AdobeStock
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OfficialTozzi
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PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE
a cura di Matteo Lucchi
È dedicato alla valorizzazione dei migliori talenti under 35 Giovane fotografia italiana, l’iniziativa del Comune di Reggio Emilia che, attraverso una call annuale, premia i sette migliori progetti in linea con il concept dell’edizione. Il tema di quest’anno è Reconstruction e a declinarlo nel modo più originale sono stati Domenico Camarda, Irene Fenara, Alisa Martynova, Francesca Pili, Vaste Programme, Martina Zanin ed Elena Zottola. Tutti i vincitori vedranno le proprie opere esposte, dal 21 maggio al 4 luglio, in una mostra collettiva organizzata a Reggio Emilia, nell’ambito del Festival Fotografia Europea. Tra i progetti premiati colpisce #Abruxaus – in sardo “possiate bruciare tutti” – di Francesca Pili. Una denuncia sociale contro la piaga degli incendi dolosi in Sardegna che intende mettere a nudo la vulnerabilità della natura di fronte a modelli di politica e turismo scellerati. gfi.comune.re.it fotografiaeuropea.it cultura reggio emilia cultura reggio emilia
#Abruxaus © Francesca Pili
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