ANNO XII | NUMERO 11 | NOVEMBRE 2020 | www.fsitaliane.it
PER CHI AMA VIAGGIARE
VITA NOVA
IN VIAGGIO CON DANTE VERSO IL 2021 A RITROVAR GLI ABBRACCI CHE PERDEMMO ITINERARI, RIFLESSIONI, SAPORI E SUONI PER RINASCERE
EDITORIALE
VITA NUOVA O
© Roberto Di Patrizi
stinatamente ottimisti, o quanto meno positivi. Ancora meglio, pro-positivi. Per questo, nonostante i giorni bui che stiamo vivendo, e che richiedono attenzione, serietà e rispetto delle regole, abbiamo scelto come cover della Freccia di novembre un’immagine dalla forte valenza simbolica, e beneaugurale. L’abbraccio tra il poeta
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trovatore Sordello da Goito e Virgilio nel VI canto del Purgatorio, sotto gli occhi di Dante. Per strillo principale il titolo di una tra le opere più famose del “ghibellin fuggiasco”. E un endecasillabo che però non è suo, ma nostro. L’auspicio è chiaro. Anno nuovo, vita nuova. Chiudere in fretta il 2020 e viaggiare verso un 2021 diverso, migliore, con la speranza di
tornare di nuovo ad abbracciarci. E, se oggi ci è precluso persino l’esilio in una terra libera dal Covid-19, augurarsi e fare tutto quel che è nelle nostre capacità perché le celebrazioni per i sette secoli dalla morte di Dante coincidano con la liberazione dalla pandemia. Per una vita rinnovata e ricca di abbracci. Nel VI canto del Purgatorio l’Alighieri si lancia anche in una dura
invettiva contro la «serva Italia, di dolore ostello». È un grido poetico frutto di amore e passione civile per una nazione, attraversata allora da divisioni e lotte fratricide, che politicamente unita lo diventerà soltanto sei secoli più tardi. E che oggi – sebbene ancora sopravvivano fazioni e rivalità – si sta dimostrando forte e solidale, nelle difficoltà e nei lutti di questi mesi. Ma che può, deve e saprà fare ancora meglio. L’abbraccio tra quei due grandi lombardi è un simbolo di fratellanza, in un luogo di dolore ma anche di speranza. Un messaggio, per tutti noi. Questa rivista l’ab-
biamo modificata in corsa tante volte: il racconto di quello che desideravamo viveste lo abbiamo sostituito o rivisto alla luce di quello che non avverrà. Tutto appare incerto, precario. Però resta e resterà immutato l’incanto delle nostre contrade, quelle conosciute e raccontate da Dante, quelle della Sicilia vissuta a piedi da una camminatrice e narratrice instancabile come Valentina Lo Surdo, o percorse in bici da un manipolo di appassionati biker da Venezia a Roma dopo un viaggio con un Intercity già attrezzato per il trasporto delle biciclette. Resta e resterà immutata la passione per la musica, l’arte, il
buon cibo e il buon vino, per il teatro e l’archeologia, per le foto che catturano attimi irripetibili e restituiscono emozioni. Tutto questo il Covid-19 non può sottrarcelo e ovunque voi siate potete continuare a viaggiare con noi. E far sì che tutto, alla fine, vada davvero bene, come ci raccontavamo gli uni agli altri la primavera scorsa. Noi, con il Gruppo FS Italiane, impegnato a far ripartire il Paese grazie anche a una mole di investimenti in infrastrutture che non conosce precedenti. Voi, con La Freccia, che vi è compagna fedele. In viaggio verso il 2021, desiderosi di «riveder le stelle».
Un abbraccio, il gesto più frequente in stazione prima del Covid-19
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MEDIALOGANDO
APPROFONDIRE E FARSI CAPIRE BRUNO VESPA RACCONTA 25 ANNI DI PORTA A PORTA: INFORMAZIONE, CONFRONTO ORDINATO E UN PIZZICO DI INTRATTENIMENTO di Marco Mancini
F
marmanug
are dell’intervistatore per eccellenza un intervistato d’eccellenza è, più che un gioco di parole, un divertente esperimento per dimostrare quanto la tv, almeno per la mia generazione, sia ancora uno strumento di comunicazione di straordinaria efficacia. Perché (me)dialogare con Bruno Vespa – il mio incipit roboante vuole dissimulare l’inaugurale soggezione ma tradisce lo spirito di questa rubrica – sembra come parlare con
© La Malfa
Bruno Vespa
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uno di famiglia, tale e tanta è la consuetudine domestica con quel volto e quell’inconfondibile timbro di voce. Tratti diventati familiari, perché ci accompagnano da oltre 50 anni dallo schermo televisivo sintonizzato sulla rete ammiraglia della Rai. Mi viene da definirti un colosso, un monumento del giornalismo, poi penso all’amico Emilio Giannelli, anch’egli ospite di questa rubrica, che rifiuta l’appellativo ricordando – autoironico e realista – che sui monumenti ci cagano i piccioni. No, no, né colosso né monumento… Però il tuo percorso professionale ha pochi termini di confronto. Sì, dai, direi che è andata bene. E il tuo punto di vista su come se la passa oggi il mondo dell’informazione ha un peso specifico non da poco. Senz’altro è un momento di grande crisi e di grande trasformazione. Sai, io ho cominciato a fare questo lavoro quando non esisteva nemmeno il fax ma
soltanto le telescriventi e, soprattutto, per noi di provincia esistevano gli stenografi, loro sì veri monumenti, di una bravura imbarazzante. Quindi di rivoluzioni ne ho vissute tante, e quella di Internet è stata, in positivo e in negativo, una grande rivoluzione. In positivo non devo spiegartelo, sto pensando soltanto ai miei libri, per esempio. Ecco, se devo verificare una data non devo perdere tempo, come succedeva 20 anni fa, a sfogliarmi un’enciclopedia, mi basta un nanosecondo. In negativo perché purtroppo c’è uno scarsissimo controllo delle fonti anche da parte dei nostri colleghi. E siccome online esce di tutto, questo è assolutamente devastante. Molto pericoloso, come i social che sono diventati uno strumento di distruzione di massa. D’istruzione e distruzione, suona uguale ma c’è tanta differenza. E quindi, come ci si difende? Non fidandosi di nessuno, tantomeno delle informazioni assunte sul web
Mondadori, pp. 400 € 20
lando di più di 30 anni fa, che prima di Mani Pulite arrestarono un assessore regionale, mi pare della Liguria, e noi demmo la notizia nel sommario del telegiornale, proprio nei titoli principali. Quando fu prosciolto io pretesi che fosse messo nei titoli del telegiornale. Cosa che non succede mai, mai. Perché sono tali e tanti i danni che noi riusciamo a procurare alla vita delle persone che insomma queste riparazioni sono... Più che doverose. Assolutamente, una regola di vita dalla quale non si può derogare in maniera assoluta. Parlando prima dei colleghi di redazione che da 25 anni ammonisci sul controllo delle fonti ti riferivi a quelli di Porta a Porta. Un quarto di secolo di approfondimenti e confronti politici. Venticinque anni a gennaio, quelli solari, ma questa è già la 26esima stagione. Porta a Porta è nata il 22 gennaio del 1996, Romano Prodi fu il primo ospite. E gli portasti fortuna. Tutta la prima puntata fu molto fortunata. Quando Prodi venne da noi stava per essere fatto fuori da candidato premier dell’Ulivo. Questo succedeva il lunedì e il mercoledì ci fu il confronto tra Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi che poi avrebbero mandato per aria l’ipotesi di un governo Maccanico. E questo salvò Prodi. Da subito, in qualche modo, Porta a Porta fu testimone di un episodio decisivo. Quasi un elemento della vita politica italiana, tant’è che Giulio Andreotti la definiva la “terza Camera”. Testimone, testimone. Però è vero, Andreotti diceva: «Se io parlo in Senato non mi si fila nessuno, se vengo a Porta a Porta poi mi telefonano tutti». La politica è stata senz’altro uno dei temi centrali della trasmissione, con gli inevitabili corollari di polemiche, penso anche alla famosa firma di Berlusconi del contratto con gli italiani. Però anche la cronaca, tante vicende che hanno appassionato gli spettatori e tu hai approfondito, sviscerato, chiamando a raccolta tecnici, esperti, opinionisti. Ecco, qual è il confine tra informazione e intrattenimento e come quest’ultimo è funzionale a conquistare attenzione e ascolto? Quando nacque Porta a Porta, il diret-
© La Malfa
che, ripeto, è uno strumento prezioso ma anche straordinariamente pericoloso. Si torna a una delle regole principi del giornalismo, il controllo delle fonti. Sì, ai miei colleghi di redazione, da 25 anni, dico sempre che siccome noi non possiamo sbagliare perché se agli altri perdonano tutto a noi non perdonano niente, il controllo delle fonti deve essere assolutamente rigoroso. E questo vale per tutti, evidentemente. Ogni volta ripeto: «Non mi dite mai: “L’ho letto sul giornale”, perché il giornale può essere una prima fonte, ma non è la fonte». Un giornale ti può avvertire che è successa una cosa ma poi devi verificare se davvero è andata così. È anche vero, come sostiene Pierluigi Battista intitolando così un suo corso di scrittura giornalistica, che “i fatti sono opinioni”. E vale anche la chiosa “le opinioni non sono fatti”. Sono assolutamente d’accordo con Pigi, parole sante. Basta vedere come si titolano le condanne e le assoluzioni: in maniera totalmente diversa a seconda di come la pensi. E, comunque, per una condanna sei colonne in prima pagina, per l’assoluzione due in 24esima. E qui c’entra la ricerca di sensazionalismo, per fare della notizia un prodotto da vendere, oppure la partigianeria, che quando è dichiarata è discutibile ma lecita, ma anche l’impossibilità a essere totalmente oggettivi. Sì, certo, ma occorre comunque onestà. Io mi ricordo sempre, e sto par-
Bruno Vespa nello studio di Porta a Porta
tore di Rai1 era il bravissimo Brando Giordani, che in qualche modo questa trasmissione la subì, non ci credeva. Non credeva che si potesse fare politica educatamente su Rai1, perché quelli erano i tempi di Samarcanda, del sangue, dell’arena, la politica era proprio battaglia, robe terribili. Invece ci riuscimmo e, a proposito di intrattenimento e politica, contaminammo proprio la politica con le persone dello spettacolo. Scusami, che significa la subì? Le cose andarono così: io ero stato direttore del telegiornale fino al ‘93 e mi dimisi senza condizioni, fui un imbecille assoluto. Avrei dovuto fare la prima serata di informazione e non me la fecero fare. Ero a Palermo per seguire la prima udienza del processo Andreotti e rientrando in albergo, per caso, sentii uno spot: seconda serata a Carmen Lasorella, cinque serate su cinque. Allora, tornato a Roma, andai a viale Mazzini da Letizia Moratti che, pur essendo presidente, era la donna forte dell’azienda e le dissi: «Ma lei vuole che io me ne vada?». E allora dettero tre serate a Lasorella e due a me. Da lì tutto un susseguirsi di successi 5
© Sandro Michahelles Fotografo
MEDIALOGANDO
di share fino a che Porta a Porta non diventa la regina della seconda serata televisiva. Quale il segreto? Se guardiamo le analisi degli ascolti, emerge che siamo leader nella fascia più colta e in quella più elementare, questo da sempre. E fin dall’inizio. Lo dissi a Gianni Agnelli che mi chiedeva come andava la trasmissione e anche a Carlo De Benedetti. Noi parliamo molto molto semplicemente e cerchiamo di far capire. Questo non significa naturalmente parlare in maniera banale, però nessuno può dire: «Ma quelli parlano in maniera complicata». Oppure: «Litigano e non si capisce niente». Poi ciascuno può non essere d’accordo con le posizioni espresse dalla trasmissione, ma quello che cerchiamo di fare è mantenere il confronto e la discussione ordinati, certe volte fin troppo, in modo che tutti quanti capiscano. Ecco, questa è la nostra caratteristica da sempre. Una caratteristica vincente, a quanto pare. Più di un direttore di giornale mi ha detto che il suo quotidiano dà spazio a opinioni contrapposte così che sia poi il lettore a “farsi 6
un’idea propria”. Ma in tv oltre al contenuto delle opinioni conta anche come uno le propone e interagisce con l’altro. È così. E la televisione offre, insieme a numerose opportunità di approfondimento, la possibilità proprio di mettere a confronto opinioni e personalità diverse, per questo credo che la tv, anche quella generalista, abbia ancora lunga vita. Perché per un certo tipo di informazione ancora serve. Non per le notizie in sé, che la gente già sa, sempre e subito. Una delle cause, questa, della crisi dei giornali. Ma per approfondire e capire. Tu hai fatto radio, tv, sei stato direttore editoriale di QN Quotidiano Nazionale, scrivi libri. Media diversi, tecnicalità diverse… Sì, ci sono delle differenze tecniche ma l’informazione è la stessa, le regole sono le stesse. Poi sai che parli a pubblici diversi, e ti adatti. Io però uso sempre lo stesso linguaggio dovunque, dai libri ai giornali, dalla radio alla televisione, e cerco di farmi capire. Farsi capire, il contrario del latinorum tanto elitario quanto vacuo dell’azzeccagarbugli manzoniano, un demone che alligna in molti di noi. La tua si è dimostrata una scelta popolare e di successo. Ebbene sì, questa cosa ci ha portato bene e funziona anche nei libri. Io racconto la storia in maniera molto colloquiale, perché la storia è fatta di persone, di amori, di sentimenti insomma. La vita di Benito Mussolini è affascinante perché appunto c’è una personalità molto forte con tutte le sue sfaccettature, paradossalmente anche le sue insicurezze, le sue diffidenze, i suoi casini sentimentali. Sono persone e come persone vanno raccontate. Ecco, parliamo di Mussolini, che è di nuovo il protagonista del tuo ultimo libro, uscito a fine ottobre. Un tema di gran voga, penso anche al successo editoriale di Antonio Scurati con M. Il figlio del secolo… Beh, io ero partito ben prima, la mia Storia d’Italia da Mussolini a Berlusconi ha venduto 300mila copie, molti anni fa. L’anno scorso ho dato
alle stampe Perché l’Italia diventò fascista (e perché il fascismo non può tornare), quest’anno Perché l'Italia amò Mussolini (e come ha resistito alla dittatura del Covid) e, se Dio vuole, l’anno prossimo Come Mussolini distrusse l’Italia. Perché tanto interesse verso il Duce? Forse perché dietro la storia di Mussolini c’è la storia di questo Paese, di come gli italiani siano in perenne ricerca di un condottiero, di un padre che li guidi, ma anche di quanto siano volubili e pronti a ripudiarlo? Sì, è proprio così. Lui diceva, e aveva perfettamente ragione: «La folla è una puttana, va sempre con chi vince». E questo è vero, ed è una caratteristica anche degli italiani. Vorrei tornare a Porta a Porta e a quel dosato mix di informazione e intrattenimento. Che è poi una ricetta adottata anche da altri, con alterne fortune. Hai detto: «Contaminammo la politica con persone dello spettacolo». Un tuo ricordo? Penso alla nostra prima puntata, quando oltre a Prodi ospitammo Milly Carlucci, poi alla puntata con Valeria Marini che era al massimo della bellezza e del successo. Allora andavamo in onda un’ora prima, la seconda serata era ancora in un orario decente. E poi le sorprese. Quando entravano gli ospiti ce n’era sempre una: il benzinaio amico di Gianfranco Fini o il ciclista amico di Prodi. Era talmente percepito come un piccolo evento che una sera dovetti lasciare in anticipo una cena alla quale era presente Agnelli, dicendo: «Scusate ho la trasmissione». E l’Avvocato mi chiese: «Qual è la sorpresa stasera?». Nel raccontare l’episodio e ricordare la domanda di Agnelli, Vespa imita la sua voce e la sua celebre erre moscia. Ecco, il segreto del successo sta anche in questo, in un’empatia e bonarietà mai scontate. E neppure tanto frequenti, tra i giornalisti. brunovespaofficial BrunoVespa RaiPortaaPorta RaiPortaaPorta raiportaaporta
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SOMMARIO NOVEMBRE 2020
IN COPERTINA IN VIAGGIO CON DANTE VERSO IL 2021
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UN TRENO DI LIBRI Invito alla lettura di Alberto Brandani, che questo mese propone ai lettori della Freccia il nuovo romanzo di Joe Wilkins, Nella terra dei lupi
64 pag.
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12 RAILWAY HEART
20 L’ITALIA CHE FA IMPRESA
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L’ITALIA A RITMO SLOW Da Roma a Venezia in Intercity e ritorno su due ruote. Sei ciclisti sperimentano i nuovi servizi Trenitalia per viaggi sostenibili treno+bici
L’AGORÀ DEL DOMANI
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DANTE NELLA MUSICA
NEL CUORE DI SCANNO
70
Viaggio nel borgo abruzzese famoso per il rito delle Glorie, tra tradizioni ancestrali e profumi antichi di legna,
SAVE THE DATE
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IL CAMMINO DI SICILIA
74 SUI BINARI DELLA STORIA
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28
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78
GUSTA & DEGUSTA
LA REGINA DI FIRENZE
30
A PIEDI PER CAMBIARE
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GOURMET
87 BERGAMO ALL’OPERA
32
90
WHAT’S UP
60
CAPOLAVORI SOLIDALI
94
90
SCULTURE IN CAMPO
98 OMELIA CONTADINA
102 PHOTO
128 FUORI LUOGO LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO
113 SCOPRI TRA LE PAGINE L’OFFERTA DELLE FRECCE, LA NUOVA APP E LE PARTNERSHIP TRENITALIA i vantaggi del programma CartaFRECCIA e le novità del Portale FRECCE
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Tra le firme del mese
I numeri di questo numero
© Luca Managlia
700
MARCO GEMELLI Giornalista, redattore di VdGmagazine.it, dirige Il Forchettiere e collabora con diverse testate trattando temi di economia, costume, turismo ed enogastronomia
i chilometri della futura ciclovia Ro.Ve. [pag. 64]
300
le specie arboree siciliane al Museo vivente del mandorlo [pag. 77]
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gli scatti finalisti al Comedy Wildlife Photography Awards [pag. 105]
Read also
VALENTINA LO SURDO Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino
Sempre più podcast, video e interazione con l’universo social. La testata giornalistica FS News continua a evolversi, per informare con obiettività e promuovere riflessioni, ospitando interventi di esperti e opinion maker. Uno strumento multimediale che ascolta, interpreta e fa sue le tendenze della Rete
PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XII - NUMERO 11 - NOVEMBRE 2020 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 27/10/2020 Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane FS Italiane | PHOTO AdobeStock Copertina: illustrazione di Gabriele Dell’Otto Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore
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Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre Silvia Del Vecchio Gaspare Baglio Francesca Ventre Giovanna Di Napoli Michele Pittalis, Claudio Romussi Cesare Biasini Selvaggi, Alberto Brandani, Fabio Bruni, Peppone Calabrese, Roberto Cetera, Viola Chandra, Elena Chiodi, Gabriele Dell’Otto, Fondazione FS Italiane, Marco Gemelli, Alessio Giobbi, Valentina Lo Surdo, Luca Mattei, Bruno Ployer, Enrico Procentese, Andrea Radic, Elisabetta Reale, Gabriele Romani, Flavio Scheggi, Filippo Teramo, Mario Tozzi
REALIZZAZIONE E STAMPA
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
GIULIANO PAPALINI Giornalista, collezionista ed esperto di arte moderna e contemporanea. Già inviato speciale e poi responsabile della redazione economica dell’Agi, matura la passione per l’arte grazie all’amicizia di grandi maestri e sapienti galleristi
PROGETTO CREATIVO
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BRUNO PLOYER Caporedattore e inviato speciale di Sky Tg24 per lo spettacolo. Convinto che l’arte e la cultura siano la migliore vitamina per lo spirito
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FRECCIA COVER
Margaret Bourke-White al lavoro in cima al grattacielo Chrysler, New York City (1934) © Oscar Graubner Courtesy Estate of Margaret Bourke White
OBIETTIVO CONTROCORRENTE a cura di Flavio Scheggi
Per lei fu disegnata la prima divisa militare da corrispondente di guerra: durante il Secondo conflitto mondiale, infatti, ha seguito l’esercito Usa in Nord Africa, Italia e Germania. Margaret Bourke-White (New York 1904-Stamford 1971), pioniera dell’informazione e dell’immagine, ha esplorato ogni aspetto della fotografia: dai primissimi scatti dedicati al mondo dell’industria ai grandi reportage per le riviste Fortune e Life, dal Sudafrica dell’apartheid all’America dei conflitti razziali, dal racconto bellico ai celebri ritratti di Stalin e Gandhi. Ma Bourke-White è stata anche protagonista davanti la macchina fotografica, diventando a sua volta soggetto di un reportage realizzato dal collega Alfred Eisenstaedt per documenta-
mescoupsdecoeur
re la lotta al Parkinson, malattia da cui era afflitta. Fino al 14 febbraio 2021 Palazzo Reale di Milano celebra l’artista statunitense con la mostra Prima, donna, oltre 100 immagini suddivise in 11 gruppi tematici, tra le più iconiche realizzate nel corso della sua lunga carriera. Una straordinaria retrospettiva per ricordare, attraverso gli scatti provenienti dall’archivio del magazine newyorchese Life, un’importante fotografa e una grande donna che non ha avuto paura di vivere controcorrente. L’accesso alla mostra è contingentato per tutelare la sicurezza e la salute dei visitatori. Si consiglia la prenotazione. palazzorealemilano.it palazzorealemilano palazzorealemilano 11
RAILWAY heART
A TU PER TU a cura di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it
G
iacomo, 35 anni, macchinista Frecciarossa della Divisione Passeggeri Long Haul di Trenitalia, racconta la sua esperienza professionale tra formazione teorica, pratica e il desiderio di diventare istruttore di guida. Come è cominciata la tua carriera nel Gruppo FS? Nel 2005 ho risposto a un concorso lanciato da Trenitalia e ho superato le selezioni. Così è iniziato il mio percorso formativo e professionale per realizzare il sogno di una vita: fare il macchinista. All’epoca lavoravo in un call center, senza pensarci due volte ho lasciato tutto per gettarmi a capofitto nello studio delle normative e dei regolamenti ferroviari per superare questa importante sfida che alla fine mi ha portato sull’Alta Velocità. Parlaci del tuo periodo formativo. Il corso di preparazione per l’abilitazione è durato circa tre mesi e mi teneva impegnato dal lunedì al sabato. Ricordo che in passato si studiava su diversi manuali, mentre adesso ne abbiamo uno unico. Rispetto a oggi il livello di difficoltà era maggiore perché bisognava consultare più pubblicazioni. La domenica la dedicavo al ripasso delle lezioni in attesa del ritorno in aula per le prove e le interrogazioni. Inizialmente ci siamo occupati della teoria su treni, componenti e apparecchiature dei materiali rotabili, procedure di circolazione e sicurezza, nozioni sull’infrastruttura. Poi siamo passati alle prove di guida in affiancamento agli istruttori, che ti seguono dall’inizio alla fine dell’iter preparatorio. Il primo viaggio da solo in cabina di guida? Su un Pendolino ETR 450 in servizio tra Roma e Napoli: per la prima volta eravamo io, il treno e il mondo che scorreva davanti e al lato dei binari. Ho viaggiato diversi anni sulla lunga percorrenza, fino ad approdare, dopo diverse esperienze su più mezzi e con un continuo aggiornamento formativo, alla guida del primo Frecciarossa nel periodo natalizio del 2015, quando il nostro mezzo di punta era già diventato un brand di eccellenza conosciuto in tutto il mondo. Altri sogni nel cassetto? Riuscire a trasmettere alle future generazioni ciò che i miei istruttori hanno trasmesso a me: dedizione, attenzione al particolare, livello massimo di concentrazione, capacità di affrontare qualsiasi situazione in un’attività che unisce tecnologia d’avanguardia e componente umana mentre si sfreccia a 300 km/h. Ai futuri colleghi che mi è capitato di affiancare durante le corse di prova ho cercato di insegnare a mettere sempre in pratica il frutto dei loro studi, senza lasciare nulla agli automatismi, elemento che fa comunque parte del nostro lavoro. Una professionalità che si rispecchia anche nella vita privata? Mia moglie risponderebbe: anche troppo. Oltre alla passione per i treni, presente sin da bambino, essere un macchinista mi ha aiutato a sviluppare un senso dell’organizzazione e della puntualità nella vita di tutti giorni che ha plasmato il mio modo di affrontare sia gli impegni che i piaceri del tempo libero.
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LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE
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iuseppe Ariano, 40 anni, è direttore marketing e comunicazione di Scabec - Società campana beni culturali, azienda partecipata al 100% dalla Regione che si occupa di valorizzare il patrimonio del territorio. Per lui muoversi in treno è sempre stata un’occasione per migliorare la sua professionalità. In cosa consiste il tuo lavoro? Sono impegnato nel marketing della cultura, collaboro a stretto contatto con la filiera turistica per la promozione di progetti sulle bellezze e le attrazioni che hanno reso la Campania famosa in tutto il mondo. Molti dei lavori che seguiamo puntano all’interazione digitale tra visitatori e professionisti per lo scambio di informazioni, consigli, storie. Che ruolo ha giocato il treno nel tuo percorso professionale? Nella mia formazione, che definirei itinerante, è stato un mezzo necessario per perfezionare idee e progetti riguardanti il patrimonio culturale italiano. Viaggiare ha assunto negli anni un grande valore aggiunto, è stato uno stimolo all’approfondimento, una fonte d’ispirazione che ha condizionato in maniera positiva scelte lavorative e modelli di sviluppo. Che tipo di viaggiatore sei? Sono stato un passeggero dell’Alta Velocità dalla sua nascita, più di dieci anni fa. Negli ultimi tempi ho imparato a sfruttare il mix tra Frecce e treni regionali, per raggiungere in comodità e sicurezza il centro delle grandi città ma anche paesi e borghi di importante attrattività per storia e tradizioni. Napoli, Roma, Lecce, Firenze e Milano sono le destinazioni che ho scelto più spesso per coltivare al meglio i miei rapporti di lavoro. E questo fin dai tempi in cui collaboravo con il ministero per i Beni e le Attività culturali e per il turismo, dove ho seguito il progetto dei treni storici che oggi rappresenta un’eccellenza per il Paese. Cosa ti piace del treno e come sta cambiando il modo di viaggiare? A differenza di altri mezzi, qui il piacere del viaggio è totale: arrivare in tutta comodità e senza stress nel cuore dei centri abitati non ha eguali. Un piacere tutto da riscoprire in un periodo in cui il turismo di prossimità si è mostrato come un’opportunità, nonostante l’emergenza sanitaria che ha condizionato le nostre vite. Nel mio caso, ho apprezzato le soluzioni previste in Campania nella stagione estiva che hanno reso più facili i collegamenti tra Nord e Sud, in particolare il Frecciarossa Torino-Reggio Calabria. Un episodio da raccontare? Il treno per sua natura favorisce i rapporti umani e il confronto tra viaggiatori provenienti da ogni parte d’Italia e non solo. Non sono mancate occasioni in cui mi sono trovato a svolgere il ruolo di guida turistica improvvisata, consigliando musei e luoghi da visitare.
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PHOTOSTORIES PEOPLE
Attese a Roma Termini © Alfredo Falcone alfredo_falcone
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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME a cura di Enrico Procentese
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente, priva di watermark, non superiore ai 15Mb. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt un progetto di Digital Communication, Direzione Centrale Comunicazione Esterna, FS Italiane.
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AT WORK
Tiziano, Alice e Francesca in servizio a Roma Tiburtina © Edoardo Cortesi eddiecortesi
Lorenzo, addetto Gate Roma Termini © Antonio Li Piani ermetico.op
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IN VIAGGIO Verso Pisa © Flavia Piola flavia.piola
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LUOGHI
Stazione Roma Tiburtina © Edoardo Cortesi eddiecortesi
Stazione Napoli Afragola © Giovanni De Angelis Cenci giovannideangelis1
PHOTOSTORIES 17
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UN FERROVIERE
SPECIALE MASSIMO CICCOTTI, DIPENDENTE DI MERCITALIA, RECITA ACCANTO A LUCA ARGENTERO NELLA FICTION DI RAI1 DOC - NELLE TUE MANI di Roberto Cetera
«P
iacere, sono Alessandro Moretti», dice stringendo la mano all’attonito
medico d’ospedale, che scopre così l’impensabile, e cioè che la sua simpatica sorellina down ha un fidanzato, down anche lui. È una delle scene più belle della decima puntata di Doc - Nelle tue mani, la fortunata serie tv con Luca Argentero, in onda giovedì in prima serata su Rai1, che ha raggiunto più di sette milioni di spettatori e oltre il 30% di share. Ma quasi nessuno sa che Alessandro Moretti è in realtà la prova provata che le politiche per l’inclusione e le pari opportunità di FS Italiane non sono soltanto nobili declamazioni destina-
Massimo Ciccotti con Luca Argentero 18
te a rimanere sulla carta. Perché Alessandro è Massimo Ciccotti, 37 anni di Colleferro (RM), attore ma soprattutto ferroviere doc. Massimo, infatti, da ormai 15 anni è impiegato in Mercitalia Logistic, la controllata di FS che gestisce il traffico merci su rotaia. «Mi è sempre piaciuto recitare. L’ho fatto anche in teatro. Sono stato Rugantino in un’edizione interpretata da ragazzi e ragazze down. Ma il mio vero lavoro è un altro, e mi piace tanto». Massimo ogni mattina prende da solo il treno, viene a Roma Termini e da lì sale su un bus che lo porta allo scalo merci di San Lorenzo, dove è impiegato amministrativo nella società del Gruppo FS che si occupa di trasporti cargo e logistica. Nel pomeriggio stessa storia per il ritorno: due ore di viaggio al giorno che non sembrano pesargli affatto, tanto è il piacere di rendersi utile e di stare insieme ai suoi colleghi, che gli vogliono un gran bene: «Massimo ha portato una ventata di allegria nel nostro ufficio. È una persona sempre positiva, non lo abbiamo mai visto arrabbiato o triste. Ama scherzare e ridere con tutti», dicono di lui. Ma come è cominciata l’avventura di Massimo in Ferrovie? Racconta la dirigente che lo selezionò: «Siamo sempre stati sensibili al tema dell’inclusione e delle pari opportunità. Poi una sera abbiamo visto in tv un servizio delle Iene che spiegava come la sindrome di Down fosse quasi sempre connessa a una progenitura tardiva. La vita media delle persone che ne sono affetti si è alzata parecchio negli ultimi decenni e, avendo genitori anziani, rischiano spesso di trovarsi soli in età adulta. Quindi il lavoro per loro significa soprattutto intraprendere una strada per l’autosufficienza». Così è stato deciso di contattare l’Associazione italiana delle persone down, che in genere fatica a convincere le aziende ad assumere: «Quasi non ci credevano che un’impresa si candidasse spontaneamente. Per la selezione, ci mandarono due giovani poco più che ventenni: Giorgia e
Massimo, appunto. Si presentarono tutti e due carinissimi e ingiacchettati. Io feci il colloquio di rito e riferii gli esiti al mio superiore, con una precisazione: “Sono entrambi in gamba ed entusiasti della prospettiva, io avrei deciso, ma avvisi lei il candidato che non prendiamo perché io non ho il coraggio”. Lui mi rispose: “Come dicevano i contadini? Dove c’è da mangiare per due c’è anche per tre. Prendiamoli entrambi!”». Ormai sono passati 15 anni e il bilancio della scelta è più che positivo, non solo per loro ma per tutti i colleghi. Quelle inevitabili difficoltà, gelosie e competizioni non proprio corrette che sempre albergano in ogni posto di lavoro finiscono per perdere efficacia quando devono confrontarsi con la diversità. Ovunque Massimo abbia lavorato in questi anni, ne ha beneficiato l’intero l’ambiente di lavoro. «L’impiego in FS è stato importantissimo per lui, ha acquisito una maturità Massimo con la sua amica Ludovica Scandorza
e una consapevolezza di sé che prima non aveva», conferma Fiorella, la sua splendida mamma. Per quanto riguarda il (poco) tempo libero Massimo lo utilizza per inseguire le sue passioni: «Faccio molta palestra, ho fondato un’associazione di fan del culturismo, poi non mi perdo una partita della magica Roma e amo viaggiare: i miei fratelli mi portano spesso con loro in giro per il mondo. Mi piace incontrare persone di altri Paesi e confrontarmi con chi ha la mia stessa sindrome (a tale proposito, infatti, cura la pagina Cromosomi in viaggio su Facebook, ndr). Poi recito. Lavorare con Luca Argentero e altri attori importanti su Rai1 è stato straordinario. Lo sai che adesso la gente mi ferma per strada e mi riconosce?». Insomma, oltre ad avere una vita molto piena si sente veramente realizzato: «Fare l’attore e lavorare come ferroviere sono entrambe esperienze bellissime, ma quello che mi aiuta di più è il tanto amore da cui sono sempre circondato. Mi ha talmente cambiato che ormai mi scordo che da piccolo ero down!» E ridendo della sua stessa battuta se ne va, senza un abbraccio che solo il Covid-19 ha potuto impedire.
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L’ITALIA che fa IMPRESA
FITNESS ON DEMAND LO SPORT AL TEMPO DEL COVID-19: COME VIRGIN ACTIVE ITALIA AFFRONTA E SUPERA LA CRISI CON REVOLUTION, IL PROGETTO MADE IN ITALY PER ALLENARSI OVUNQUE ANCHE SENZA ESSERE SOCI DEL CLUB di Cecilia Morrico
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Photo Simone Bonanni - in tutto il servizio immagini di Revolution Virgin Active
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scienza: uno sforzo fisico dai 20 ai 40 minuti a un ritmo confortevole, ma sostenuto, rilascia endorfine. Sostanze chimiche che procurano una sensazione di benessere e felicità. E mai come in questo momento ce n’è bisogno, anche se i luoghi deputati al fitness stanno vivendo un momento difficile a causa delle continue restrizioni dovute al Covid-19. Ma allo sport è importante non rinunciare. Che sia in una palestra attrezzata, al parco o tra le pareti di casa, sempre sotto la guida di professionisti del settore. Per consentire a tutti di provarci, senza limiti di spazio e tempo, Virgin Active, brand del fitness con 38 club in Italia e presente anche in altri sette Paesi - Regno Unito, Sudafrica, Australia, Thailandia, Singapore, Namibia e Botswana - ha lanciato un progetto made in Italy che riscrive il modo di vivere l’allenamento sportivo: Revolution. Un programma di corsi on demand sull’app MyVirginActive per soddisfare il proprio desiderio di energia e salute, dovunque. Una risposta tutta italiana al Covid-19 importata anche all’estero e nelle Virgin Active del mondo. A spiegare l’evoluzione del workout è Ilario Volpe, Training experience director di Virgin Active Italia nonché papà di Revolution. Di cosa si tratta? È un’esperienza di allenamento digitale che avevamo in cantiere già da due anni. Ma con il lockdown c’è stata una spinta all’uso della tecnologia che ci ha fatto accelerare i tempi. Avevamo già lanciato il prodotto abbinato all’attrezzo integrato cycle, poi nei mesi di marzo e aprile abbiamo cercato di essere vicini ai soci pubblicando sui nostri canali social diversi workout a corpo libero, con risultati ottimi: quasi 15 milioni di interazioni e tre milioni di esercizi completati. E adesso abbiamo lanciato a tutti gli effetti Revolution, un’esperienza totale anytime, anywhere. Non solo in Italia ma in tutto mondo abbiamo fatto in modo che sia fruibile anche in francese, inglese, tedesco e spagnolo.
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Che tipo di corsi sono presenti sull’app? Produciamo 75 contenuti a settimana, circa 300 al mese. Chi entra nel sistema ha a disposizione sette tipologie di allenamento diverso (cycle, running, grid, recovery, strength, yoga e pilates) e la gallery continuerà ad aumentare. Oggi contiamo 300mila clienti che hanno scaricato l’app, dei quali 160mila sono active user, quindi sicuramente spingeremo sul digitale. Avete a disposizione veri e propri studi televisivi, alcuni vi hanno soprannominato i Netflix del fitness… Ogni sessione viene studiata nei minimi particolari, non si tratta di semplici tutorial pubblicati su YouTube. Gli studi sono due e abbiamo registi, addetti alla fotografia, stylist per capelli e abbigliamento e make-up artist. Come per un prodotto televisivo di qualità, seguiamo un copione preciso con un’attenzione minuziosa ai particolari, per non tralasciare nulla. I tempi sono ben scanditi, le luci studiate per riprendere ogni singolo movimento o gesto atletico, le inquadrature dettagliate perché i workout devono essere esaustivi al 100% per mantenere la qualità Virgin Active anche quando non ci si trova fisicamente
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nel club. C’è quindi anche un lavoro importante sui trainer, che ora diventano live trainer. Quali caratteristiche devono avere? Predisposizione all’intrattenimento, abilità comunicative e capacità di coinvolgere i partecipanti. Oltre alla library abbiamo i live streaming, con una diretta al giorno. Si può cominciare lavorando come semplice trainer, in presenza, ma per diventare live trainer ci sono tre percorsi di formazione: Light, Medium e Advanced. Il primo è dedicato a chi è già nel settore ma deve affinare la comunicazione, il Medium a chi è a metà percorso, mentre l’Advanced è per i più giovani dotati di grandi potenzialità per intraprendere questo tipo di lavoro. È una nuova professione e organizziamo vere e proprie audition: chi non lavora nei nostri club può caricare sul sito il proprio video di presentazione e candidarsi. Quali sono le differenze tra chi è iscritto in una sede fisica e chi invece sceglie solo l’abbonamento digitale? Per i clienti classici che hanno scaricato l’app MyVirginActive è tutto incluso nell’abbonamento: possono già usufruire dell’esperienza Revo21
L’ITALIA che fa IMPRESA
lution. Chi invece sceglie l’abbonamento digitale ha diritto a un mese di accesso al club, con tutti i servizi della normale membership. Ha un volto la campagna di Revolution? Sì, è quello di Melissa Satta. Millennial doc, cittadina del mondo, dinamica e rappresentativa di un nuovo stile di vita. L’abbiamo scelta perché è sempre in movimento, ma non rinuncia mai al fitness per migliorare la sua forma fisica e il suo benessere psicologico. Lo spot che la vede protagonista è stato girato in un set che ricostruisce un loft dallo stile metropolitano e nel club Virgin Active di Milano Corso Como, dove ha sperimentato diversi allenamenti 22
scegliendoli direttamente dall’app MyVirginActive. Mentre sui palinsesti nei centri in Italia, oggi chiusi per le ultime disposizioni anti Covid-19, che modifiche prevedete di fare? Una volta ripresa l’attività, cercheremo comunque di garantire tutte le tipologie di allenamento. Prima del lockdown di marzo 2020 godevamo di un programma ricchissimo, dalle 20 alle 30 lezioni al giorno: se di una determinata disciplina avevamo cinque classi ogni mattina, ora ne faremo due o tre. Anche perché, già da maggio, provvediamo all’accurata igienizzazione delle sale, che richiede del tempo. Nel 2020 avete avviato anche il
progetto #moreactivelessplastic. Quanto è importante per voi l’attenzione all’ambiente? Non facciamo più uso di plastica. Abbiamo dotato il personale di borracce d’alluminio, regalate anche ai soci, oltre a modelli particolari in vendita al desk. Sono stati installati erogatori di acqua filtrata nelle aree comuni e nella gym floor, mentre nei bar e nei ristoranti non vengono più utilizzati bicchieri, bottiglie e posate di plastica. Un’operazione importante, ma è il nostro giusto contributo all’ambiente. virginactive.it virginactiveIT virginactiveit
AGENDA a cura di Luca Mattei
ellemme1 - l.mattei@fsitaliane.it
save NOVEMBRE the date 2020
Gli eventi segnalati potrebbero subire variazioni per le nuove disposizioni contro il Covid-19
I MACCHIAIOLI PADOVA//FINO AL 18 APRILE 2021 Uomini e donne di valore, forti, coraggiosi, quasi eroici, che non si stancano mai di ripartire, giorno dopo giorno, a dispetto di qualsiasi difficoltà. A vederlo oggi sembra l’identikit di tutti gli essere umani, che cercano di trovare una nuova stra-
da verso il futuro, messi a dura prova dalla pandemia. Invece è il ritratto dei soggetti immortalati dai Macchiaioli, gruppo di artisti italiani che nella seconda metà dell’800 decide di allontanarsi dalla pigrizia accademica per imporre uno stile di pittura più attivo, immediato, verista. Su questo fil rouge che lega il presente al passato corre la mostra organizzata a Palazzo Zabarella, il cui sottotitolo, indicativo, è Capolavori dell’Italia che risorge. Le scene dei dipinti esposti rappresentano un Paese che non è ancora unito sotto il profilo politico, ma è già iconicamente riconoscibile, segno di una società civile, legata da punti di riferimento valoriali e culturali, che spesso anticipa i disegni istituzionali. Tra le oltre 100 opere da osservare, le pescivendole di Lerici e il merciaio di La Spezia nelle tele di Telemaco Signorini, l’erbaiola di Giovanni Fattori, le donne al sole di Vincenzo Cabianca, le bambine che fanno le signore di Silvestro Lega. Uomini e donne, dunque, pieni di emozioni. Di vita, intesa come forza dell’amore che permea tutto e contrasta la morte. Uomini e donne che si potrebbero incontrare anche ai giorni nostri. zabarella.it Vincenzo Cabianca, Al sole (1866) Collezione privata Bologna palazzozabarella palazzozabarella
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EmobItalia
E-mob (2019) e_mob_italia
E_MOB ONLINE// 9>11 NOVEMBRE Promuovere la mobilità elettrica per rendere più sostenibili i trasporti. È l’obiettivo che si pone l’eMobility Festival, che ha modificato il programma della IV edizione per venire incontro agli ultimi aggiornamenti sulle disposizioni di sicurezza anti Covid-19. I giorni dedicati all’esposizione di mezzi ecologici in varie location di Milano sono stati rinviati a data da destinarsi mentre la consueta Conferenza nazionale della mobilità elettrica si trasforma in evento digitale, con incontri e workshop visibili in streaming previa iscrizione. Tra le novità di quest’anno anche l’ampliamento della comunità di e_mob, con l’ingresso nel Comitato scientifico di Rete Ferroviaria Italiana. Martedì 10, la società del Gruppo FS Italiane è tra i protagonisti della tavola rotonda online dal titolo Decarbonizzazione nel trasporto pubblico: elettrificazione del trasporto su gomma ed evoluzione delle stazioni ferroviarie in hub di mobilità condivisa. L’evento meneghino si conferma un appuntamento fondamentale per accrescere la consapevolezza collettiva della necessità di favorire trasporti a basse e a zero emissioni contro il surriscaldamento globale. emob-italia.it
© Jonas Schauer
InfopointGrottaglie
GrottaglieInfo
I MARMI TORLONIA ROMA//FINO AL 29 GIUGNO 2021 Finalmente si possono ammirare 92 delle 620 sculture antiche della prestigiosa Collezione Torlonia. I Musei Capitolini, nelle sale della Villa Caffarelli riaperta al pubblico dopo 50 anni, espongono opere d’eccezione per le quali la definizione di capolavori è più che legittima. Statue monumentali di divinità, vasi dalle proporzioni enormi e sarcofagi riccamente decorati con storie di miti. Ma anche rilievi con la raffigurazione di pollame e carne venduti in una bottega, un caprone a riposo, volti di Meduse e fanciulli che giocano. Sono pezzi unici, provenienti da una collezione nata 150 anni fa, ai tempi della costituzione di Roma Capitale, per volere del principe Alessandro Torlonia, oggi visibili grazie a un accordo del 2016 tra la fondazione omonima e il MiBACT. Una mostra di livello internazionale che parla il linguaggio universale dell’arte e racconta il passato, per trasmettere la bellezza alle generazioni future. F.V. torloniamarbles.it
Statua di caprone in riposo, Collezione Torlonia © Fondazione Torlonia/Lorenzo De Masi
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© Julio Vergne
Lama del Fullonese
ESCURSIONI NELLE GRAVINE GROTTAGLIE (TA)//FINO A GENNAIO 2021 Per gli amanti dei cammini e della geologia, ogni sabato e domenica a Grottaglie si possono effettuare visite guidate all’interno delle gravine, solchi spettacolari creati dalla natura nel corso di milioni di anni per l’erosione della roccia calcarea da parte dell’acqua, poi modellati dall’uomo per costruire rifugi e chiese. La città pugliese sorge infatti su un territorio carsico e il suo stesso nome significa “altre grotte”. Le tre gravine visitabili sono a pochi chilometri dal centro storico. La Lama di Penzieri, le cui cave sono connesse da sentieri stretti e scalette intagliate, ospita la chiesa cinquecentesca di San Biagio. La Lama del Fullonese si chiama così per via dei fullones, conciapelli e tintori appartenenti a una colonia di ebrei sfuggita all’eccidio di Oria del 977. È lunga circa 800 metri e si sviluppa in un burrone ricoperto da profumati cespugli di timo, serpillo e ruta. Infine c’è la gravina di Fantiano, con un insediamento rupestre tra i più importanti nel Medioevo, oggi sede di un teatro all’aperto. grottaglieturismo.it
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TORINO FILM FESTIVAL ONLINE//20>28 NOVEMBRE Dopo la chiusura delle sale cinematografiche, disposta per contrastare la diffusione del Covid-19, l’edizione numero 38 della rassegna sabauda si sposta completamente online. Grazie al contributo di MyMovies.it, è disponibile una stanza virtuale da 500 posti, per vedere i film da pc, smartphone o tablet. La kermesse si dovrebbe aprire e concludere con due anteprime internazionali: per l’inaugurazione è prevista Ballo Ballo, commedia musicale costruita sui successi di Raffaella Carrà e primo lungometraggio per il regista uruguaiano Nacho Álvarez. A chiudere il sipario del festival è invece Un anno con Godot, seconda prova del francese Emmanuel Courcol, basata sulla storia vera di un attore di teatro che per sbarcare il lunario tiene un seminario in carcere. Nel mezzo un omaggio a Franca Valeri, una delle attrici che ha segnato la storia del teatro e della televisione, grazie alla sua arguzia, ironia e ai suoi indimenticabili personaggi iconici. torinocittadelcinema2020.it Una scena di Ballo Ballo, film d’apertura del TFF 2020 TorinoCittadelCinema2020 torinocittadelcinema 25
AGENDA ellemme1 – l.mattei@fsitaliane.it
Freccia Weekend novembre 2020
a cura di Luca Mattei
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1 Kenji Sugiyama, Cell - Inside of Myself (2020) per la Primo Marella Gallery ArtissimaFair ArtissimaFair ArtissimaFair
2 Tomoko Nagao, The girl with pearl earrings (2020) tomokoart tomoko.art
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Nei musei Gam, Palazzo Madama e Mao di Torino, dal 7 novembre al 9 gennaio 2021, tre mostre sul tema Stasi frenetica organizzate per Artissima, rassegna che riunisce gallerie affermate ed emergenti nella scena mondiale. [1] artissima.art
Last weekend alla Galleria Vik di Milano per Women in Pop, personale dell’artista giapponese Tomoko Nagao che esprime una forte critica alla società contemporanea con uno sguardo esplicitamente femminile. [2] galleriavikmilano.com
Nell’ambito della quinta edizione del festival Dentro l’arte, Palazzetto Bru Zane di Venezia ospita domenica 8 Il carnevale degli animali, spettacolo con pianoforte, illustrazioni in diretta, danza, mimo e voce narrante. bru-zane.com Alla Dep Art Gallery di Milano fino al 22 dicembre, la mostra Turi Simeti. Opere 1960 – 2020 ripercorre il percorso di uno degli artisti chiave nella pittura volumetrica degli anni ’60, sviluppatasi attorno a Lucio Fontana. depart.it L’installazione di William Kentridge More Sweetly Play the Dance è esposta fino al 2 dicembre all’Arsenale di Amalfi (SA), da poco riaperto al pubblico e famoso per aver ospitato, nel ’68, la mostra Arte Povera più Azioni Povere che proiettò il talento italiano nel mondo. scabec.it/williamkentridge
Concerti in diretta streaming per il Festival ParmaJazz 2020: dopo quello del 7 con i Cartoons, si prosegue il 13 con Enrico Pieranunzi, pianista e compositore, da anni figura chiave nel panorama italiano. parmafrontiere.it La mostra Le forme del tempo, a Palazzo Cipolla di Roma fino al 10 gennaio 2021, presenta oltre 70 opere fra quadri e sculture (dal legno al bronzo e al marmo) di Manolo Valdés, artista spagnolo di fama mondiale. fondazioneterzopilastrointernazionale.it Piero Angela, Paolo Nespoli e Manuel Castells sono alcuni degli ospiti di Biennale Tecnologia, in streaming dal 12 al 15, che quest’anno invita a riflettere sulle mutazioni da progettare per un futuro sostenibile. biennaletecnologia.it
3 John R. Pepper, Dasht-e Lut desert, Iran (2017) JohnRPepperPhotography johnrpepper johnrpepper
4 Antonio Ievolella, progetto per l’installazione nel Chiostro piccolo della Certosa di San Giacomo a Capri (2020) Polonapoli
5 Fa’ la cosa giusta (2019) © Alessia Gatta
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FOCUS 20>22
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Inhabited deserts, al Museo Civico e al Complesso del Nido dell’Aquila di Todi (PG) fino al 28, è un viaggio in 53 scatti dell’artista John R. Pepper, che ha percorso 18mila chilometri tra i deserti del mondo, da Dubai agli Usa. [3] johnrpepper.it
Alla Certosa di San Giacomo a Capri (NA), fino al 30, è allestita la mostra di Antonio Ievolella Fons vitae, che ha come motivo ispiratore l’acqua e presenta 30 otri di terracotta su strutture di ferro in sospensione. [4] polomusealecampania.beniculturali.it
Sabato 21 è tempo di Visionary Days, maratona online di brainstorming in cui 2.500 giovani under 35 sono chiamati a discutere per dieci ore di sei argomenti legati al tema della quarta edizione, Confini. visionarydays.com
Nell’ambito del Festival MusicAntica, rassegna che propone concerti di musica sacra a Trento, il 29 nella Chiesa di San Francesco Saverio si esibisce il gruppo La Cantoria, con esecuzioni dal repertorio baracco. centrosantachiara.it
Fino al 28, a Palazzo Gil di Campobasso 136 Identità Molise, reportage di viaggio del fotografo Franco Cappellari che propone 136 scatti, uno per ogni paese, di una terra ancora troppo poco conosciuta. fondazionecultura.it
Al Mast di Bologna, fino al 3 gennaio 2021, le opere dei cinque finalisti della sesta edizione di Mast Photography Grant on Industry and Work, concorso per i migliori scatti su industria e lavoro dedicato ai talenti emergenti. mastphotogrant.com
Striscioni, stendardi, t-shirt e arazzi sono strumenti che spesso hanno dato voce a proteste spontanee, come rileva la mostra Protext! Quando il tessuto si fa manifesto, al Centro Pecci di Prato fino al 14 febbraio 2021. centropecci.it
Noto fin dagli anni ’80 per il suo uso innovativo della ceramica, l’enigmatico artista Johan Creten è protagonista dell’esposizione I peccati, all’Accademia di Francia di Roma - Villa Medici fino al 31 gennaio 2021. villamedici.it
FA’ LA COSA GIUSTA! 2020 Per la fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili il 2020 non è l’anno più semplice dal punto di vista organizzativo. Doveva tenersi a marzo, come di consueto, ma il lockdown ha bloccato tutto. Era stato riprogrammato a novembre, dal 27 al 29 a Milano, ma con la situazione epidemiologica registrata a ottobre e i conseguenti Dpcm volti a ridurre il propagarsi del Covid-19, il rischio di ulteriori ripensamenti è concreto. Almeno per la parte espositiva, a cui avrebbe dovuto partecipare con un proprio stand anche il Gruppo FS Italiane, impegnato nel progettare un sistema di mobilità integrata e sostenibile di persone e merci. Il tradizionale programma di incontri e laboratori, tuttavia, resta confermato e si sposta sul web, dal 20 al 29 novembre, con approfondimenti sui tre temi scelti per questa edizione: Ripartire dai territori - Walk and live, Slower deeper, per valorizzare i luoghi in grado di rilanciare economia e turismo dolce, e sostenere comunità e imprenditoria; Ecosistemi e innovazione, per far sì che dal connubio di natura, cultura e scienza si possano trovare nuove forme di sviluppo; Covid-19: come rileggere la società, per cogliere l’esperienza della pandemia come opportunità di costruire un futuro diverso e più equo. falacosagiusta.org
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GUSTA & DEGUSTA
di Andrea Radic
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I CUOCHI DEL FUTURO NEL SEGNO DI GUALTIERO MARCHESI
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ortare avanti ciò che il signor Marchesi voleva fosse fatto nel suo nome, come avrebbe fatto lui». Dice proprio così, “signor Marchesi”, perché Enrico Dandolo, marito della figlia Simona, ha sempre dato del lei al grande chef. «Quando sposai Simona iniziai a dare del tu a sua mamma, mentre lui mi disse che potevo continuare con il lei. Ma fu un bene, io mi occupavo della parte amministrativa e una certa distanza formale mi aiutava. Marchesi era generosissimo e io dovevo tenere i conti». L’Accademia Marchesi nasce a Milano nel 2010, in via Bonvesin de la Riva, stessa strada dove nel 1977 il Maestro aprì il suo ristorante. «Avevamo trovato questi locali e sistemato tutto senza dirgli nulla, fu una sorpresa», racconta Dandolo, segretario generale della Fondazione a lui intitolata. «Quando entrò disse: “Allora è vero, volete farmi lavorare anche a 80 anni”. In realtà era felice, perché il suo obiettivo era lasciare un’eredità morale e didattica fondata sulla cultura e sull’arte», prosegue Enrico. Queste erano le sue due grandi passioni. Della prima diceva: «Con la musica ho risolto sposando la mia insegnante di pianoforte», intendendo la signora Antonietta Cassisa, che tanto ispirò Marchesi nella vita e in cucina. In merito all’arte, avrebbe voluto frequentare l’Accademia di Brera, citava Henri de Toulouse-Lautrec e definiva la cucina stessa una forma d’arte. L’estetica del suo “dripping di pesce” si ispirava a Jackson Pollock e dialogava con i colori di Andy Warhol e
Gualtiero Marchesi
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l’essenzialità dell’arte giapponese. «Marchesi teneva molto alla formazione e la sua scuola ha proprio lo scopo di formare cuochi secondo la sua filosofia, intendendo la cucina non come un fine ma come un mezzo espressivo», aggiunge Dandolo. L’essenza della ricerca gustativa ed estetica è ciò che si può apprendere all’Accademia Marchesi, aperta a cuochi professionisti e a semplici appassionati, con corsi monografici di due giorni. Momenti che coinvolgono anche pittori, musicisti, per esprimere il concetto marchesiano che avvicina arte e cucina: «Io sono un compositore e i cuochi sono musicisti che eseguono una partitura», diceva. Per le nuove generazioni di chef c’è il corso I cuochi del futuro, che prevede un mese di full immersion e sei mesi di stage in ristoranti di alta cucina, riservato ai nove migliori allievi degli istituti alberghieri, selezionati in base al punteggio. Gualtiero Marchesi teneva molto al talento e per questa ragione la Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi mette a disposizione tre borse di studio per i partecipanti. Mentre, per gustare i piatti del Maestro realizzati secondo i dettami della sua filosofia si può andare alla Terrazza del Gran Hotel Tremezzo, sul Lago di Como, dove lui stesso amava rifugiarsi. accademiamarchesi.it accademiamarchesi MarchesiAcademy
GLI ELEGANTI FRANCIACORTA DI LAURA E CESARE BOSIO
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l territorio di Timoline di Corte Franca (BS), con la sua decisa escursione termica, rende le uve capaci di generare bollicine di raffinata eleganza, freschezza e ben definita mineralità. E proprio per questo i fratelli Laura e Cesare Bosio hanno scelto di coltivare qui i 30 ettari dei loro vigneti. Dagli anni ’90 la famiglia Bosio, di antiche origini franciacortine, concilia la passione per la terra con la voglia di innovare grazie all’utilizzo di tecniche particolari. Vini rigorosi e mai banali sono frutto del severo e attento lavoro in vigna di Cesare, esperto agronomo. Spiccata personalità che si ritrova nel Boschedor, Brut Millesimato 2015 che matura sui lieviti per 50 mesi: 50% Pinot Nero e 50 Chardonnay, presenta un colore giallo intenso e un bouquet elegante con note speziate. Al palato giunge importante, fresco, complesso e dona una beva di grande respiro. Il Riserva Girolamo Bosio 2012, dedicato al fondatore dell’azienda, a maggioranza di Pinot Nero, raggiunge la ragguardevole cifra di 72 mesi sui lieviti. Dal finissimo perlage, è felicemente pieno, ricco e morbido al palato. Vini super premiati al Concours Mondial de Bruxelles 2020, una delle più prestigiose gare enologiche internazionali: Gran medaglia d’oro per il Boschedor Extra Brut Millesimato 2013 e Medaglia d’argento per il Riserva Girolamo Bosio 2012. L’azienda Bosio Franciacorta si può visitare dal lunedì al sabato su prenotazione, con possibilità di tour in bicicletta e degustazione in cantina. bosiofranciacorta.it
MAIDA MERCURI, LA REGINA DEL NAVIGLIO
Laura e Cesare Bosio
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ospitalità è un’arte e Maida Mercuri ne è straordinaria interprete. Il suo talento si compone di professionalità, tecnica, umanità e passione e la tavolozza dei suoi colori le consente di dipingere ogni giorno un nuovo quadro. Il suo ristorante Al Pont de Ferr, in Ripa di Porta Ticinese a Milano, non è solo un riferimento ma una certezza per chi ama star bene. Maida sceglie cuochi con enormi potenzialità e li trasforma in grandi interpreti della cucina italiana. Al Pont de Ferr è un sacro luogo del gusto e guidarne la cucina è come affrescarne le volte. Oggi è Luca Natalini, toscano di Pistoia, a tratteggiare un nuovo episodio con la regia di Maida. E, volendo comporre un trittico, sono imperdibili l’Insalata d’anguilla affumicata e scarola, il piatto Uovo e uova, elaborata preparazione con uova di pesce e gallina, e il Risotto alle ortiche, un inno alla stagione autunnale e alla tradizione. La vena artistica di Maida è generosa e si esprime con rinascimentale ampiezza nell’amore per il vino. Una cantina che la signora Mercuri sceglie personalmente bottiglia per bottiglia consegnandoci un’articolata e intensa geografia enologica italiana, con diversi piccoli produttori, e veri gioielli vinicoli francesi. E poi c’è il romantico tramonto sul Naviglio. pontdeferr.it
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TRUFFLE EXPERIENCE © HQUALITY/AdobeStock
FrecciaGourmet
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di Marzia Dal Piai - a cura di vdgmagazine.it
NOVEMBRE A CACCIA DI TARTUFI. DA ACQUALAGNA AD ALBA, DA ACQUI TERME A SAN MINIATO, UN ITINERARIO PER DEGUSTARE IL PREZIOSO FUNGO
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n profumo tenace nell’aria ci avvisa che è ripartita la stagione del tartufo. In Italia sono tanti i luoghi dove andare a degustarlo o acquistarlo, magari approfittando di qualche esperto per farsi guidare nella caccia al prezioso fungo. Si può cominciare approfondendo la storia di questa specialità, nota fin dai tempi dei Greci e dei Romani che gli attribuivano un’origine sacra e divina, nel Museo del Tartufo di Acqualagna (PU). Proprio la cittadina marchigiana raccoglie i due terzi dell’intera produzione nazionale e i migliori tartufi bianchi d’Italia si trovano proprio qui e ad Alba (CN), in Piemonte. Chi vuole assaggiare il re (bianco o nero) dell’autunno ha l’imbarazzo della scelta. In Irpinia, nelle Marche, nel Lazio, in Molise e in Calabria molte zone hanno la fortuna di essere destinate alla raccolta di questa prelibatezza. Senza dimenticare San Miniato (PI) in Toscana, l’area collinare e boschiva di Bellagio (CO), in Lombardia, e una gran parte del Piemonte, dove si registra la maggiore varietà produttiva di elevata qualità. Questa è senza dubbio la regione ideale per scoprire le tecniche di ricerca e i segreti del bravo raccoglitore, il trifolau, vi-
sitando le tartufaie di Rivalba (TO), Murisengo (AL), Vezza d’Alba (CN), San Sebastiano Curone (AL), Castelnuovo Don Bosco (AT) e Acqui Terme (AL). C’è poi una novità prevista per il 2021: l’Unesco potrebbe riconoscere l’arte del tartufo come Patrimonio dell’Umanità. Promotrice della candidatura, insieme alle Città del tartufo, la Federazione nazionale delle associazioni tartufai italiani (Fnati), che riunisce una cinquantina di realtà del nostro Paese. Non resta, allora, che andare ad assaggiarlo, sia quello nero, più facilmente reperibile e alla portata di tutti, che il bianco, da degustare tagliato a lamelle sottili su piatti semplici con una componente grassa e calda come l’uovo o i tagliolini. Ma non manca chi lo sperimenta anche sul pesce e sul gelato. Riguardo al costo, il bianco pregiato ha un prezzo medio di 2.000 euro al chilo, il nero pregiato circa 450 euro al chilo, l’uncinato intorno ai 350, il bianchetto sopra i 300, l’ordinario sui 200, il nero estivo sotto questa cifra. Insomma, per tutti i gusti e (non proprio) per tutte le tasche. acqualagna.com fieradeltartufo.org sanminiatopromozione.it eventisansebastianocurone.com
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
Iperpigmentazione: un inestetismo sempre più diffuso
Urban Medical Beauty, brand d'eccellenza per la cura di inestetismi di viso e corpo, vanta marchi d'eccezione sia di strumentazione, sia di cosmeceutici per la cura in Studio e domiciliare. Evolversi e raggiungere risultati una volta impensabili è finalmente possibile per tutti.
Definizione, tipologie e cause dell’iperpigmentazione
L’analisi approfondita delle macchie L’analisi delle macchie viene effettuata con la Lampada di Wood e con il sistema elettronico Skin Test. Si tratta di esami rapidi e indolore, ma dai risultati molto precisi e dettagliati che aiutano a identificare origine, profondità e identità delle macchie.
Soluzioni e cure per l’iperpigmentazione
L'iperpigmentazione è una condizione discromica della pelle generata dalla produzione localizzata di melanina. La causa è, spesso, un rilascio eccessivo di melanosomi da parte dei melanociti (le cellule produttrici di melanina). A loro volta, i melansomi contengono la l’enzima tirosinasi, che innesca la produzione di melanina. Esistono tre tipologie di iperpigmentazione: - Photoaging (che interessa la superficie epidermica) - Cloasma (che interessa il derma medio) - Melasma (che interessa il derma profondo) Nella donna, è molto frequente che si manifestino fenomeni di iperpigmentazione (soprattutto sul volto) durante la gravidanza.
Per le macchie meno profonde, da Urban Medical Beauty si utilizza Dermapen4: un microneedling verticale che riesce a migliorare notevolmente la permeabilità del derma creando fino a 100.000, minuscoli, fori per consentire la veicolazione transdermica di principi attivi che depigmentano e ricompattano l’epidermide. Il numero di sedute varia da 4 a 6, con un intervallo di almeno 14 giorni tra una seduta e l’altra. In caso di iperpigmentazione profonda, invece, Urban Medical Beauty ricorre a un trattamento cosmeceutico depigmentante basato sull’utilizzo di peeling medicali schiarenti e illuminanti.
Prevenire l’iperpigmentazione
La pelle è il riflesso di noi stessi e, in quanto tale, ha bisogno di continue attenzioni, cure e riguardi per rimanere sempre in salute. È fondamentale mantenere un’idratazione costante, una buona pulizia e associare ai trattamenti periodici effettuati in Studio una Beauty Routine personalizzata, prescritta da specialisti, da svolgere quotidianamente in casa.
Per prevenire l’iperpigmentazione, è molto importante proteggere le zone sempre esposte al sole (viso, collo, décolleté e mani) anche in città utilizzando cosmetici dotati di filtro solare: durante l’inverno è importante continuare a utilizzare prodotti con SPF 25 (minimo), mentre in estate è necessario attivare un sun block completo sul corpo con l’utilizzo di SPF 100+.
Urban Medical Beauty urbanmedicalbeauty_e_wellness
Un ultimo consiglio
www.medicinaesteticaromacentro.it Via Sardegna 14, Roma Tel. 0688653165 Cell. 3283140866 31
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NUOVO CINEMA
SAMUELE
DOPO SETTE ANNI, BERSANI TORNA CON UN ALBUM VISIONARIO. TRA FRAGILITÀ, SENTIMENTI SINCERI E GUIZZI IRONICI di Gaspare Baglio
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gasparebaglio
i è mancato tanto Samuele Bersani. Con le sue canzoni, fotografie puntuali e poetiche della realtà, che riescono a rendere accettabili anche i momenti più duri. Dopo sette anni, il cantautore romagnolo torna con Cinema Samuele, un album mosaico vitale e visionario, in cui ogni tassello si presenta in maniera cinematografica, come un film da guardare a occhi chiusi. Un progetto importante, fatto di fragilità, sentimenti sinceri e guizzi ironici. L’ascoltatore può immergersi nell’universo Bersani, nel suo vissuto e nella sua visione del mondo. Perché hai lasciato passare tanto tempo per un nuovo disco? Faccio musica, ma prima di tutto sono un essere umano. Ho avuto un blocco che non mi ha consentito di pensare ai testi delle canzoni. Ho dovuto ricostruirmi, trovare i tasselli di puzzle che mancavano nel mio privato. Come hai fatto a ricomporli? Credendo nel mio lavoro. Sono stato orgoglioso di me stesso quando ho ricominciato a viaggiare tra Parma, Milano e Bologna per lavorare sul
nuovo disco, trascorrendo molto tempo in treno. È un mezzo che amo per l’atmosfera che si crea a bordo, anche se oggi è molto cambiata: sono tutti iperconnessi, non c’è più il viaggio felliniano in cui capitava di conoscere qualcuno e chiacchierare. Possiamo dire che sei un treno regionale in un mondo di Alta Velocità? Mi riconosco in questa metafora. Anche se ci tengo a dire che utilizzo molto anche le Frecce. In ogni caso, su entrambi, prevale l’immersione nella tecnologia. Luoghi e rapporti si sono trasformati. Ho fatto viaggi in cui le persone intorno a me erano più interessate allo schermo del pc che al mondo fuori dal finestrino. A proposito di viaggi, Cinema Samuele è nato, in Sicilia, sull’isola di Ginostra... È stato l’incipit inutile e bellissimo del disco. Mi illudevo di poter andare su un’isola, solo io, il mare, l’orizzonte, il profumo delle bouganville e due musicisti. Però, quando l’acqua non era più calda e dopo un temporale pazzesco, loro hanno deciso di ripartire e sono dovuto tornare indietro anche io. Da lì mi sono chiuso a Milano, poi a Parma e a Bologna, tra melodie e arrangiamenti, per completare l’album con le storie che potevano starci bene dentro. Hai cambiato qualche testo dopo il lockdown? Solo una strofa del brano a sfondo ecologista Distopici (ti sto vicino) perché strideva: parlava di camion in colonna, ma dopo aver visto le immagini di Bergamo ho deciso di toglierla. Cosa ti ha insegnato la pandemia?
Che anche tra i condomini ci sono persone generose che non ti aspetti. Chi fa il mio lavoro, poi, ha avuto molto tempo per riflettere, al di là dello scrivere canzoni. Nel disco parli dei social in modo critico. Ci hanno reso peggiori? Siamo in una società ricurva, che non ha memoria nel momento in cui si dimentica il cellulare a casa. Mi spaventa non si veda più il mondo con gli occhi, ma attraverso il filtro di uno schermo. A metà aprile dovresti partire per i live, in un momento di forte crisi per i lavoratori dello spettacolo… La situazione è tragica per chi vive di palcoscenico, ha figli e non riesce a lavorare. Al momento, però, i dati hanno dimostrato che cinema e teatri sono luoghi sicuri. Il nuovo progetto inizia con Pixel, un brano che parla anche di mobilità. Per te cosa rappresenta il viaggio? Il futuro, l’incognita. Spesso i bambini in treno, sedendosi sul lato opposto alla direzione di marcia, pensano di poter tornare indietro nel tempo. Ma purtroppo non è così. A questo proposito posso dire una cosa da passeggero? Certo. C’è una categoria di persone che, in treno, proprio non sopporto: gli esibizionisti che parlano a voce alta per far sapere a tutti che lavoro fanno. E di nuovo penso che sarebbe bello un mondo senza cellulare. samuelebersani.net samuelebersaniofficial SamueleBersani samuelebersaniofficial 33
© Anna Camerlingo
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Giuseppe Fiorello 34
UNA STORIA DI CORAGGIO GIUSEPPE FIORELLO TORNA SU RAI1 CON GLI OROLOGI DEL DIAVOLO, LA SERIE SUL TESTIMONE DI GIUSTIZIA GIANFRANCO FRANCIOSI
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l’uomo della fiction targata Rai. Il suo nome è simbolo di successo e, negli anni, ha acquistato sempre più credibilità grazie a personaggi positivi e storie bellissime di riscatto come nelle miniserie Salvo D’Acquisto, Joe Petrosino, Io non mi arrendo, I fantasmi di Portopalo e Il mondo sulle spalle, giusto per citare qualche titolo. Giuseppe Fiorello non si è fatto mancare neanche il cinema diretto da grandi registi: da Baarìa di Giuseppe Tornatore a I baci mai dati di Roberta Torre, fino a Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek, Benvenuto Presidente! di Riccardo Milani e Chi m’ha visto di Alessandro Pondi. Dal 2 novembre, in prime time, torna sul piccolo schermo con Gli orologi del diavolo, serial ispirato dall’omonimo libro (Rizzoli, pp 672 € 19) scritto dal testimone di giustizia Gianfranco Franciosi insieme al giornalista Federico Ruffo. L’avventura tosta e avvincente di un uomo qualunque infiltrato tra i narcos ma tradito dallo Stato. Cosa ti è piaciuto di questo progetto? L’impianto drammaturgico e narrativo e il percorso di questo ragazzo. La sua è, davvero, una vita da film: un uomo comune con la passione per il mare e una tranquilla esistenza di provincia scombussolata da una decisione che si trova a dover prendere. In qualche modo, a spingerlo verso una determinata scelta è l’amore per il suo lavoro. Si sarebbe sentito un traditore a non aiutare lo Stato. Gianfranco Franciosi è, oggi, uno dei testimoni di giustizia più famosi del nostro Paese, con una storia complicata.
Cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo? Ci ho visto subito una grande serie e la possibilità di mettermi nei panni di un personaggio diverso da quelli interpretati finora. Sebbene anche lui sia mosso da un grande senso di giustizia, pronto a tendere la mano verso gli altri e a fare un gesto valoroso, pur non essendo eroe. Una prima volta, quindi… Ce ne sono tante di prime volte in questo lavoro: Rai1 che dedica una fiction ai narcos e io che vado oltre le due serate-evento, alle prese con una serialità più lunga. Mi interessava anche il mondo dei motori, il mare e l’adrenalina. Hai incontrato Franciosi? Prima ho letto Gli orologi del diavolo, poi Federico Ruffo, il giornalista che ha scritto il libro con Gianfranco, mi ha regalato il suo punto di vista appassionante. Solo dopo ho incontrato Franciosi: mi ha illuminato sugli anfratti di questa storia che, nella biografia, erano solo accennati. Mi ha colpito la sua generosità. Credo non sia facile aprirsi, dopo una vita così complessa. È un uomo molto coraggioso, per certi versi anche incosciente, ma rifarebbe mille volte quello che ha fatto: il più grande sequestro di narcotraffico nel nostro Paese. Come scegli le storie da interpretare? Sono curioso e sempre alla ricerca di racconti. Anni fa, in Sicilia, incontrai due signori anziani della provincia di Torino. Era inverno pieno e mi domandavo che ci facessero in un paesino sperduto e nemmeno vicino al mare. Ho scoperto che erano lì per cercare una verità
nascosta su una persona, a loro cara, che non c’era più. Una storia di vita che mi ha appassionato tantissimo, un potenziale da raccontare per una famiglia che cerca giustizia. Comunque, mi affascina tutto, anche gli incontri in treno. Tra l’altro la scena iniziale del mio primo spettacolo teatrale, Delitto per delitto, era ambientata proprio su un vagone. L’opera, ispirata al film di Alfred Hitchcock il cui titolo originale era Strangers on a train, diede inizio alla mia carriera sul palcoscenico. A proposito di teatro: dopo aver interpretato Domenico Modugno nella fiction Volare, hai portato il tributo anche on stage con Penso che un sogno così…. Novità in vista, nonostante il Covid-19? Ne stiamo facendo un adattamento per la televisione che dovrebbe andare in onda l’11 gennaio su Rai1. Nella fiction Gli orologi del diavolo il viaggio è molto presente. Per te cosa rappresenta? Un momento di riflessione, di solitudine bellissima, romantica. È come staccare dal mondo per dedicarsi a se stessi. A certi professionisti della psicanalisi proporrei di trattare i pazienti in treno. Sono convinto che la terapia avrebbe ancora più valore. Il viaggio, in qualche modo, alleggerisce anche chi lo compie per raggiungere destinazioni complicate, dolorose, amare. Ogni tanto un treno bisognerebbe prenderlo, anche senza meta. G.B. giuseppefiorelloOfficial BeppeFiorello giuseppefiorello 35
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RIAPRE IL COLLEGIO
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ono 21, sono giovanissimi e hanno deciso di entrare a far parte del docu-reality Il Collegio che ogni martedì su Rai2, in prime time, tiene incollati tantissimi telespettatori. Un vero e proprio cult tra gli adolescenti, che quest’anno vedono i loro coetanei varcare i cancelli dell’istituto Regina Margherita di Anagni (FR), catapultati indietro nel tempo fino al 1992, anno in cui frequentavano la scuola molti dei loro genitori. A raccontare e accompagnare le avventure degli studenti ritorna la voce di Giancarlo Magalli, volto storico di mamma Rai e impegnato anche nella conduzione della nuova edizione de I Fatti Vostri, su Rai2. Il conduttore aveva già partecipato alle prime tre stagioni del reality, ambientate negli anni ’60, dopo che l’ultima – calata invece negli ’80 – aveva visto al suo posto Simona Ventura. Ha ripreso in mano il timone del programma… Mi fa piacere, pensavo mi avessero
abbandonato! (Ride, ndr). Ma evidentemente i ragazzi e le mamme si erano affezionati alla mia voce. Quest’anno si parla del 1992: a scuola in quel periodo non c’ero, ma la frequentava mia figlia. Che cosa le viene in mente se pensa agli anni ’90? Tanti cambiamenti, nella musica come nella politica. È stato un periodo complesso, ma lo ricordo con piacere anche professionalmente. Sono accadute anche cose orribili, come le stragi che hanno coinvolto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma, paragonato agli anni ’70, è stato tutto sommato più tranquillo. I ragazzi di oggi, in un periodo che non li rappresenta, come ne escono? Sempre male, devo dire. Anche agli occhi dei loro genitori: sono più ribelli, meno studiosi e insofferenti alla disciplina. Penso alle edizioni ambientate negli anni ’60: la differenza era abissale. Perché i genitori si meravigliano?
I partecipanti alla quinta edizione del reality Il Collegio
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© Ravagli
LA QUINTA EDIZIONE DEL DOCU-REALITY SU RAI2 TRASPORTA 21 ADOLESCENTI NEL 1992. A RACCONTARE LE LORO STORIE LA VOCE DI GIANCARLO MAGALLI
Giancarlo Magalli
Un teenager di oggi, proiettato nel passato, sembra sviluppare un'insofferenza alle regole rigide proprio per colpa di mamma e papà. La casa è il primo luogo dove non si fanno rispettare le direttive. Quanto è cambiata la tv con la pandemia? Siamo stati costretti a modificare le modalità di lavoro. Per esempio, realizzando un programma come I Fatti Vostri da soli, con gli aggiornamenti via Skype dei medici. Pian piano siamo tornati a tenere un po' di compagnia. E ora siamo in una condizione migliore: il pubblico non c'è, ma molti ospiti vengono in studio. Diciamo che il piccolo schermo è tornato ad adempiere a uno dei suoi compiti principali: informare e intrattenere. Lei ha condotto moltissimi show: qualcosa che vorrebbe fare in tv? Condurre un bel quiz come L’Eredità e Affari tuoi. Non ho mai avuto l’occasione di provarci. Ed è un peccato, perché magari si prendono persone bravissime a fare gli attori, ma che non sono presentatori. Ora sto registrando il game di Rai2 Resta a casa e vinci, spero che vedendolo si ricordino di me. G.B.
Teatro India 28 ottobre - 1 novembre Teatro di Roma / Romaeuropa Festival
Teatro di Roma
Frosini / Timpano
Ottantanove Teatro India 2 - 15 novembre Oceano indiano
Fabio Condemi / Gabriele Portoghese
Questo è il tempo in cui attendo la grazia Teatro India 7 - 22 novembre Teatro di Roma / Romaeuropa Festival Oceano indiano
Muta Imago
Teatro Argentina 12, 19 e 23 novembre 3 e 10 dicembre Filarmonica Romana
I concerti dell’Accademia Filarmonica Romana Teatro Argentina 20 novembre
Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli
25 anni del Gabrielli
Asimmetrie emotive - il video le canzoni degli spettacoli, musica dal vivo
Teatro India 28 novembre - 6 dicembre Deflorian / Tagliarini
Sonora Desert
Scavi
Teatro Argentina 8, 15 novembre / 6 dicembre
Teatro India 1 - 13 dicembre Roberto Rustioni
Luce sull’archeologia Roma, il Lazio dei ciclopi e lo sguardo dei greci Testimonianze scritte e architettura Roma città aperta tra rappresentazione e realtà
Vaudeville! Teatro Argentina 15 - 20 dicembre 2020 / 5 - 10 gennaio 2021 Massimo Popolizio
Furore
Teatro Argentina 10 novembre -6 dicembre Giorgio Barberio Corsetti
Teatro di Roma Cantiere dell’immaginazione teatrodiroma.net
Foto di Arianna Lodeserto
La metamorfosi
Con UPMC l’eccellenza non si ferma mai. Noi di UPMC, azienda globale sanitaria tra le principali degli Stati Uniti, continuiamo a lavorare per migliorare costantemente le nostre prestazioni e per offrire ai pazienti l’accesso a cure innovative ed efficaci vicino a casa, senza interruzioni. Combiniamo assistenza medica a distanza e presenza sul territorio italiano in Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, trattamenti avanzati e specializzati in strutture sicure con l’impegno per la ricerca di un vaccino.
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UN TRENO DI LIBRI
Invito alla lettura di Alberto Brandani [Presidente giuria letteraria Premio Internazionale Elba-Brignetti]
In viaggio con il Prof
NELLA TERRA DEI LUPI UN’INTENSITÀ STRUGGENTE. UN TERRITORIO SELVAGGIO E OSTILE. UNA FRONTIERA DOVE LE REGOLE SONO INFLESSIBILI E SI APPLICANO A TUTTI CON IMPLACABILE VIOLENZA
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cco un Montana odierno, secondo Joe Wilkins: una “terra di lupi” in cui, però, le bestie non sono certo loro. Una terra dura e selvaggia, dalla valle di Yellowstone alla catena delle Bull Mountains, in cui gli abitanti fanno fatica a sopravvivere. Per il clima, l’analfabetismo, la disoccupazione e la miseria, a cui spesso fa eco una brutalità inaudita. Wendell, il protagonista, è un ventiquattrenne che vive da solo, perché suo padre è fuggito sulle montagne per sottrarsi all’arresto per l’omicidio di una guardia forestale. «Stasera a est il cielo è blu come gli occhi di tua madre», diceva. «Da un lato c’è questo blu che va verso la notte. Dall’altro le montagne lontane, rosse e oro nel sole che scende. Lo sapevi che tra il rosso e l’oro c’è una scatola di colori?». Wendell è un giovane straordinariamente equilibrato, anche se vive in questo contesto di miseria, violenza e ossessione per le tradizioni. Gli viene affidato il figlio di sua cugina, un bambino di sette anni con un grave deficit cognitivo. Tra i due nasce un legame profondo, che commuove nell’intimo. Gillian, l’antagonista, è vicepreside della scuola che si occupa degli allievi in difficoltà. Inevitabilmente, inizia a gravitare intorno a Wendell, malgrado il tragico legame che congiunge e oppone le rispettive famiglie. Wilkins modella i suoi personaggi con brevi tratti di pennello, come un impres-
sionista, e li inserisce in uno straordinario paesaggio che descrive con maestria: «Lungo un sentiero che costeggiava un groviglio di prugnoli, un varco tra i pioppi e i salici incorniciava un’ansa del fiume, con le sue rapide poco profonde, su un letto di ghiaia. Oltre il fiume, la foresta s’infittiva e si innalzavano le Bull, bitorzolute, scoscese e frastagliate e la punta più vicina era ammantata dal verde azzurrognolo dei cedri». Un territorio selvaggio e ostile che, al pari di quasi tutta la provincia rurale americana, considera un diritto sacrosanto del cittadino armarsi e uccidere la fauna selvatica, anche se proibito. Uno dei protagonisti ha addirittura ucciso un lupo: «A proposito di lupi. Se ne sente sempre parlare al notiziario, ma chi ne aveva mai visto uno? Io no, almeno fino ad allora. Ti assicuro che il lupo è un vero spettacolo [...] ma quel lupo era sulla mia terra. Quella lupa era venuta a divorarmi un pezzo di cuore». Uccidere quell’animale diventa qui affermazione di libertà individuale. Il romanzo ha un’intensità struggente che si dipana tra i protagonisti, costretti ad affrontare troppi disagi, a cercare di risollevarsi da soli e a espiare le colpe dei padri. Qualunque sia il destino di questi personaggi, ognuno di loro, a partire dal padre di Wendell, troverà conforto nella bellezza di quella terra e riuscirà a dare un’impronta lirica, quasi poetica, alle proprie azioni. Una notazione finale. Gli Stati Uniti sono
una nazione relativamente giovane. Non hanno avuto l’Impero romano e neppure il Rinascimento. Generazioni di scrittori hanno vissuto come un naturale anfiteatro l’epopea del West e della natura incontaminata, con le sue leggi tribali e l’eterna lotta per la sopravvivenza. Il grande cinema americano ha sempre colto questo stato d’animo culturale, da Ombre rosse a Un gelido inverno fino a Revenant. E la letteratura non è stata da meno. Dai classici William Faulkner e John Dos Passos, all’ultima generazione dei Don Winslow e Joe Wilkins. Per i lettori, insomma, un avviso in bottiglia.
Neri Pozza, pp. 304 € 18 39
UN TRENO DI LIBRI
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BRANI TRATTI DA NELLA TERRA DEI LUPI
Un primo piano di Leonardo DiCaprio nel film Revenant, di Alejandro González Iñárritu
[...] Ora Wendell raccontò a quel suo lontano cugino addormentato una cosa che non aveva mai raccontato a nessuno, ovvero che, sebbene alle superiori prendesse sul serio solo il basket, non c’era nulla che gli piacesse di più che quando la signora Jorgeson, l’insegnante di inglese, anziana, severa, con un neo dall’aria arrabbiata accanto al naso, assegnava un nuovo libro. Un albero cresce a Brooklyn, I ragazzi della 56ª strada, Vicolo Cannery. Quelle volte lui tornava a casa e diceva a stento due parole a sua madre o a Lacy prima di scomparire in camera sua, e da lì nei bizzarri, peculiari mondi di quelle pagine, luoghi e tempi dove le regole a volte erano le stesse e a volte erano diverse da quelle che conosceva lui, e improvvisamente, e spaventosamente, il posto dove viveva, la Musselshell County, coi suoi meno di cinquemila 40
residenti, diventava uno dei tanti luoghi possibili. La cosa lo turbava ed elettrizzava – che il mondo fosse multiforme, variegato. Raccontò al bambino addormentato che, sebbene in teoria i romanzi andassero restituiti dopo l’interrogazione e la scheda libro, lui aveva cominciato a tenerseli. La signora Jorgeson doveva essersene accorta, ma non l’aveva mai trattenuto dopo la lezione per chiedergliene conto e, anche se in ogni caso non aveva più il tempo di leggere, quei romanzi erano ancora impilati sul suo comodino. Lacy lo prendeva in giro perché se ne stava tutto immerso nei libri, e sua madre lo guardava storto perché non li riportava a scuola, ma avevano preferito lasciar correre. Per un po’ erano stati davvero una specie di famiglia, pensò, ciascuno con una stanza del trailer da pulire la domenica, ciascuno con le proprie ferite e le proprie tristezze.
Un assaggio di lettura La luna si alzò, sottile come un fischio. Come un dente, un artiglio, come la più aguzza delle lame. E un vento basso strisciò fra i cespugli di creosoto e d’artemisia, e andò giù per le colline, un soffio fresco e secco dove toccava Wendell nella parte interna del braccio, nell’incavo del collo. [...] Ore dopo, quand’erano tornati sui loro passi alla luce della torcia, ridendo, facendo progetti, proponendo nomi per la nascitura, nomi belli e ridicoli – Evelyne, River, Gracie Ann, Cuthbert –, avevano trovato tutt’e quattro le gomme del pick-up tagliate, i fari frantumati. E inciso sulla portiera del guidatore: Federale di merda. Tammazzo federale del cazzo. Lei non era riuscita a trattenersi dal guardarsi intorno facendo un giro su se stessa. Lì c’era qualcuno, ne era certa. C’era qualcuno che li stava sorvegliando, e che si avvicinava ogni volta che lei gli dava le spalle. Minacce simili non erano una novità, ma quella era stata la più impudente. In un modo o nell’altro era sempre la stessa storia: da una decina d’anni i dipendenti del National Park Service, del servizio forestale e del Bureau of Land Management erano sempre meno rispettati, da
quando Reagan aveva dato il proprio avallo alla Sagebrush Rebellion, la rivolta delle praterie, fino al crescente e ancor più radicale movimento per il cosiddetto uso razionale del territorio, con la sua ambigua patina di rispettabilità. E di problemi ne avevano già avuti, naturalmente: un governatore che chiedeva tutto infervorato la privatizzazione dei terreni demaniali, trucide lettere ai giornali dopo l’arresto di un allevatore che si era rifiutato di pagare le imposte sul pascolo, e poco tempo prima i bidoni della spazzatura dati alle fiamme davanti alla caserma delle guardie forestali. Quella volta però erano isolati in uno sperduto angolo del Texas, isolati nell’oscurità più fitta che lei avesse mai visto, e lì fuori c’era un mentecatto violento armato di coltello, se non di qualcosa di peggio. [...] Questo dannazione Kevin doveva saperlo. Sarà anche un uomo del governo ma è pur sempre un uomo. Prima di essere un guardiacaccia è un uomo. Pochi giorni dopo che avevo ucciso il lupo e mi ero tenuto solo due artigli e il dente che adesso porto al collo e avevo sepolto il resto nel crepaccio della discarica e avevo buttato un vecchio frigorifero sopra la terra smos-
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DiCaprio con il regista Iñárritu sul set di Revenant
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UN TRENO DI LIBRI
Un assaggio di lettura
sa Kevin Kincheloe è venuto a bussare alla porta del nostro trailer facendo prendere uno spavento a tua madre. Quando quella sera sono tornato a casa ho cominciato a imprecare contro Kevin ma lei ha detto che non era colpa sua. Perché lo hai fatto mi chiede. Perché per una volta non hai pensato al bene della tua famiglia. Verl che diavolo facciamo se ti sbattono dentro. Tutto questo mi chiede. Poi scoppia a piangere. Devi aver sentito anche tu. Questi trailer hanno le pareti sottili. C’è stato un tempo in cui eri solo un bimbetto e io non pensavo a quello che potevi sentire. Quando tornavo a casa ubriaco. Quando tua madre tornava a casa ubriaca. Quando se ne stava per giorni seduta sul divano senza spiccicare parola e io cucinavo e pulivo e non capivo perché lei faceva così. Mi sa che te ne accorgevi anche tu. Io coi miei me ne accorgevo. Eccome se me ne accorgevo. [...] Gillian aveva letto da qualche parte che, se una persona aveva subìto una lesione alla testa, bisognava parlarle, perciò le faceva domande su domande, ma Tricia perde-
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Una scena del film Un gelido inverno
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va continuamente conoscenza. E anche lei cominciava ad assopirsi. A un certo punto si svegliò e vide i cespugli che si arrossavano, fasci di luce che filtravano tra i pini, e sentì la ghiaia sotto la pancia e il sangue che le colava dalla ferita. Si ricordò cosa doveva fare e ricominciò a parlare a Tricia. Non ricevette risposta. Parlò, si assopì, parlò di nuovo, e intanto se ne stavano lì, due donne in lutto per i propri uomini, due donne in cerca dei propri figli, a sanguinare insieme sul ciglio della strada. Per due volte le parve di sentire un motore in lontananza, ma era solo il vento. Ogni tanto le sembrava che la donna dentro la macchina non fosse Tricia, ma lei stessa più giovane, e che la mano bagnata di sangue, la mano che stava stringendo, fosse la propria. Poi da un’altura giunse un ululato, lungo e persistente. Era così vicino che lei ne percepì nel petto la forma: curva, a campana, pesante. Anche quando l’ululato si spense, lei continuò a sentirlo. Sebbene non avesse mai udito un lupo, sapeva che era un lupo. «Allora è vero che sono tornati». Tricia non replicò. Gillian le strinse forte la mano e le disse di tenere duro. Di tenere duro ancora un poco.
Lo scaffale della Freccia COSE CHE SUCCEDONO LA NOTTE Peter Cameron Adelphi, pp. 241 € 19 Un treno nella notte, una coppia senza nome che scende in una stazione deserta del Grande Nord. Buio e neve. Un immenso albergo nel cuore di una foresta: stanze chiuse, infiniti corridoi, l’isola di luce del suo bar. I suoi ambigui ospiti, una vecchia cantante che tutto ha visto, un losco uomo d’affari con un suo crudele disegno. E, ancora, un sinistro orfanotrofio e un enigmatico guaritore.
L’ULTIMA NAVE PER TANGERI Kevin Barry Fazi Editore, pp. 246 € 18,50 Nel porto spagnolo di Algeciras, Maurice e Charlie, due irlandesi sulla cinquantina, tengono d’occhio le navi per Tangeri. Stanno cercando Dilly, la figlia di uno dei due. Maurice e Charlie si conoscono fin dall’adolescenza: due ex criminali al verde, due balordi, noti come macchiette giù al porto, che inseguono un fantasma che forse non è mai esistito se non nella loro immaginazione.
STORIA DI DUE ANIME Alex Landragin Casa Editrice Nord, pp. 400 € 18 A Parigi una ricca collezionista incarica un uomo di rilegare insieme tre manoscritti, composti in epoche diverse e da mani diverse. A una condizione: non leggerli. Ma quando viene a sapere che la donna è morta – qualcuno dice assassinata – il rilegatore rompe la promessa. Rimane così turbato dalla lettura dei manoscritti che decide di pubblicarli col titolo Storia di due anime.
THE ITALIAN RAILWAYS 1839-2019 Stefano Maggi Il Mulino, pp. 288 € 22 Il treno ha contribuito a definire la realtà e l’immaginario degli italiani. Nell’800 la strada ferrata diventa un simbolo di unità nazionale: consente di scambiare merci, far circolare idee, conoscere persone. Il libro racconta la storia delle ferrovie nel nostro Paese dalle origini all’evoluzione più recente, che include l'Alta Velocità e l’ingresso di aziende private dopo la liberalizzazione del settore. G.B.
IL GRANDE LIBRO DI WONDER WOMAN AA. VV. Panini Comics, pp. 400 € 25 La leggenda della nota supereroina in un’antologia senza precedenti, nell’attesa di vedere sul grande schermo il cinecomic Wonder Woman 1984. Le 18 avventure più significative dell’amazzone Diana Prince sono raccolte in un volume che rappresenta un viaggio nel tempo attraverso le epoche più importanti dell’iconica donna dei fumetti. G.B.
QUI GIACE UN POETA AA. VV. Jimenez Edizioni, pp. 336 € 20 Quando si ama un poeta o uno scrittore ormai morto, non bastano le parole che ha lasciato, i diari, le lettere, le autobiografie. Cinquantaquattro autori italiani e stranieri raccontano tombe sfarzose (Oscar Wilde) o semplici lapidi in un prato (Jack Kerouac e James Joyce), ospitate in cimiteri celebri o nascoste tra monti desertici. Per leggere tra i marmi e le piante una postfazione della loro arte.
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IN VIAGGIO CON
L’AGORÀ DEL DOMANI TOMMASO SACCHI, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSCANA, PUNTA A TRASFORMARE LA PERGOLA IN UNA PIAZZA APERTA AL DIBATTITO CONTEMPORANEO. IN ATTESA DI OSPITARE SUL PALCO FIORENTINO IL DANTE INEDITO DI BOB WILSON di Andrea Radic
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Sacchi, presidente della Fondazione Teatro della Toscana e assessore alla Cultura del Comune di Firenze, con il quale prendiamo un treno da Milano alla Città del Giglio. E subito, per rafforzare il concetto, cita il presidente
della Repubblica Sergio Mattarella, dopo averlo ascoltato al Quirinale in occasione del concerto diretto dal Maestro Riccardo Muti che ha aperto le celebrazioni previste per i 700 anni dalla morte del Poeta: «Dante nostro
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iò che più mi colpisce di Dante è la contemporaneità del suo viaggio e la magia della lingua italiana, nella sua espressione maggiormente compiuta». Sono le prime parole di Tommaso
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Tommaso Sacchi al Teatro La Pergola di Firenze 44
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Isabelle Huppert e Bob Wilson al Teatro La Pergola di Firenze
contemporaneo, così la sua voce parla al futuro». Con il sindaco di Firenze, Dario Nardella, e il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, avete da poco presentato il programma delle iniziative organizzate per festeggiare l’anniversario del 2021. Siamo partiti con grande anticipo, per un settecentenario che verrà celebrato principalmente il prossimo anno, allestendo un ampio palinsesto di eventi e produzioni di teatro, musica e arti performative. Abbiamo scelto di farlo coinvolgendo tutti i livelli della filiera culturale, dal Maggio Fiorentino alle associazioni cittadine. La Pergola, il teatro nazionale che presiedo, allestirà spettacoli specifici per raccontare un Dante assolutamente inedito. A questo scopo abbiamo coinvolto il grande regista statunitense Bob Wilson, figura di fama mondiale che porterà qui il suo Inferno. Con lui abbiamo pensato di coinvolgere le nuove generazioni della Pergola: saranno i giovani delle scuole di teatro a interpretare il Dante ideato da un mostro sacro. La galassia della Fondazione è diffusa su tre comuni: Pontedera con il Teatro Era, quello che con il direttore Marco Giorgetti ci piace definire il luogo delle prime, Scandicci con lo storico Teatro Studio, luogo di sperimentazione, e Firenze con il Nicolini e, naturalmente, La Pergola.
Questo coinvolgimento a livello culturale vuole essere anche un coinvolgimento sociale? Dante è nella nostra vita ed è declinato al futuro. Tutti noi ci siamo confrontati con la Divina Commedia. Una professoressa di Lettere me lo fece amare molto e io iniziai già allora ad apprezzarne l’incredibile attualità. È un viaggio che guarda ai giorni nostri dal punto di vista fantastico e spirituale, toccando tutte le sfere della società, dal mondo dei giovani a quello scientifico. Bisogna essere duttili e capaci di offrire programmazioni culturali che tocchino molteplici corde, soprattutto quelle dei ragazzi, lavorando senza pregiudizi. Fino a formare una catena umana che attraverserà Firenze, idea che ci è venuta con l’associazione Cult, durante la quale ciascuno reciterà una terzina: un chilometro di Dante per raccontare la storia della lingua italiana attraverso la Divina Commedia, con i cittadini protagonisti della scena. C’è dinamismo nel tuo ruolo di presidente della Fondazione Teatro della Toscana. Credo sia il momento di disegnare un nuovo modello di istituzione culturale, che sia un museo o un teatro. Alla base c’è un’idea che parte da una stanza vicino agli uffici della Fondazione, dove si trovano le firme dei registi che nel corso degli anni hanno de-
buttato su quel palcoscenico davvero emozionante. Ecco, a mio parere, il teatro deve fare il teatro, ovvero diventare piazza, agorà, luogo del dibattito, meridiana del tempo di una città come Firenze, la più preziosa delle città globali con una forte dimensione internazionale e una spiccata identità orgogliosamente locale. La Pergola deve avere come obiettivo quello di fare cultura nella contemporaneità. Quando durante l’emergenza scuola abbiamo aperto il teatro affinché diventasse aula, moltissime ragazze e ragazzi hanno scoperto la bellezza di un luogo del quale non conoscevano l’esistenza, e ora vogliono tornarci. Il teatro come agorà didattica, quindi, luogo di scambio e formazione. Alla Pergola hai chiamato Stefano Accorsi come direttore artistico, un modo anche per attirare l’attenzione? È uno dei volti più noti del cinema, dotato di grande sensibilità artistica. Con lui stiamo lavorando benissimo, presenteremo a breve la programmazione, ci sentiamo praticamente ogni giorno per confrontarci, discutere sulle idee e sull’impostazione. Abbiamo stretto accordi con il Théâtre de la ville di Parigi per organizzare scambi culturali e sviluppare nuove categorie di pubblico con l’audience development. È straordinario avere una figura attiva e di rappresentanza come 45
IN VIAGGIO CON
Stefano per attirare a teatro le nuove generazioni. Con lo stesso spirito abbiamo aperto due scuole, una delle quali, la Oltrarno, è diretta da Pierfrancesco Favino, altra straordinaria figura sulla quale possiamo contare. Il teatro è un corpo vivo della città. Da Bob Wilson ad Accorsi e Favino, tutti a Firenze perché ci sei tu? Al di là del mio ruolo, Firenze ha una credibilità che si è conquistata nei secoli e, oggi come allora, il mondo dell’arte e della cultura vuole confrontarsi con questa città. Un tempo erano Leonardo, Michelangelo, Galileo Galilei, oggi sono i protagonisti dei nostri giorni, come Marina Abramović, Jan Fabre, Jeff Koons, Sting, i Metallica, Isabelle Huppert e Zubin Mehta. Tutti legati al capoluogo toscano da un amore viscerale e inscindibile. Stiamo lavorando così al nostro progetto e uso il plurale perché credo che i risultati si ottengano insieme, la politica one man show non mi ha mai convinto. La nostra squadra condivide passioni, idee e proposte con i diversi livelli della città che, ripeto, è un corpo vivo.
Il tuo amore per Firenze com’è nato? Un pezzo alla volta, a essere sincero: è un luogo che si svela con lentezza, ci vuole dedizione. Non è una città da colpo di fulmine, ma dai mille volti, dalla quale è bello farsi sedurre, che sia per la meraviglia del Brunelleschi, per una frazione come Settignano o un quartiere forte e popolare come l’Isolotto. Che sensazioni ti accende il viaggio in treno? Il Frecciarossa è la mia seconda casa, ci siamo abituati in fretta alla velocità di connessione della dorsale italiana, è stata una rivoluzione per rapidità e qualità di viaggio. Un impatto positivo, entusiasmante, che ha modificato le nostre agende in maniera radicale. Sono figlio di una geografa e di un fotoreporter, quindi sono abituato a muovermi spesso, fin da bambino, con i miei fratelli. Oggi il treno rappresenta il momento del pensiero, il mio momento. Mi siedo, apro il computer portatile e butto giù idee e pensieri. Ma è anche il luogo degli incontri, di riunioni involontarie ma utili, alle volte risolutive.
Ho risolto situazioni urgenti e critiche proprio a bordo delle Frecce, dove spesso ci si ritrova e si esordisce così: «Scusa, ne approfitto per parlarti…». Molto bello, poi, seguire il paesaggio dal finestrino: Firenze, l’Appennino, la Pianura Padana, Milano fanno parte della tratta che percorro più frequentemente. Uno spaccato d’Italia che segna il tempo del viaggio. Qual è il profumo della tua infanzia? Quello del camper dei miei genitori, viaggiavo con loro quando lavoravano alle guide del Touring club. Dalla Sardegna al Nord Africa, quanti profumi… La bellezza aiuta nel proprio lavoro? Metto di fronte a tutto le idee, la competenza e la voglia di fare. Poi nel nostro Paese abbiamo la fortuna di essere circondati dalla bellezza. teatrodellapergola.com teatrodellatoscana.it ilteatrodellapergola PergolaFirenze teatrodellapergola
Il presidente della Fondazione Teatro della Toscana Tommaso Sacchi (a destra) in treno con il giornalista Andrea Radic
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Statua di Dante in piazza Santa Croce, Firenze 48
D(UR)ANTE UN LUNGO VIAGGIO DA FIRENZE, PASSANDO PER IL CASENTINO E LA VERNA, FINO A VERONA E LE PINETE DI RAVENNA. TRA CITTÀ D’ARTE, CASTELLI E INSOLITE METE, SEGUENDO LE TRACCE BIOGRAFICHE DEL SOMMO POETA
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ato sotto il segno dei Gemelli. Forse a fine maggio. In una città che è il centro del mondo, costruita a strati, in pietra di bugnato grigio, marmi bianchi, tetti rossi, case torri a sfiorar le nuvole. Nato all’ombra di una di queste, la Torre del Castagna, l’edificio politico «dentro da la cerchia antica» dove i priori si ritrovavano per deliberare gli affari cittadini contando consensi e preferenze con le castagne. In quel 1265 in cui Firenze è Fiorenza, lacerata dalle lotte di fazioni, ricca e colta, denarosa e viziosa senza avere ancora su di sé il gran cupolone, visibile da ogni dove. Dante Alighieri, battezzato Durante, capisce da subito che per diventare qualcuno avrebbe dovu-
to avere un nome adeguato. Dante, secco e diretto. E lui vuol diventare qualcuno, così dedito alle arti e alle letterature, innamorato dei libri, prestato alla politica che conta, fino a trovarsi cavaliere. «Sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa», tra la fitta rete di vicoli medievali, si svolge la prima parte della sua vita, nella zona della parrocchia di San Martino del Vescovo, oggi via stretta e dritta a lui intitolata dove pullulano bar, ristoranti e musei e dove, invece, nel XII secolo, sorgevano una chiesetta e la casa paterna oggi perdute. Come ogni fiorentino di allora, le forme ottagonali del Battistero lo accolgono quando «fu cristiano», si legge
nel Paradiso, e attraverso i mosaici, ancora oggi magnificenza dell’arte, si avvicina alle narrazioni bibliche: gerarchie angeliche, gironi, Serafini, schiere di beati o dannati azzannati da Lucifero. Probabilmente qualche scintilla che ha animato il divino poema è partita proprio da quella visione musiva. In un fazzoletto di città si districano le giornate del giovane figlio di Alighiero di Bellincione, usuraio, un mestiere che fa un po’ vergognare il colto rampollo, frequentatore dei salotti buoni. Non è ricco Dante ma benestante quanto basta per non dover lavorare, dedicandosi solo agli studi e alla vita della pòlis, iscritto alle Arti dei medici e degli speziali.
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di Sandra Gesualdi
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Nel quartiere di famiglia frequenta la Badia fiorentina, dal campanile appuntito come un siluro con i rintocchi che fanno da orologio alle giornate dei bottegai. Va a messa proprio lì dove, si narra, abbia incrociato ancora bambino quella Beatrice Portinari che gli sconvolse la vita solo a guardarla. Amata, tanto e da lontano, ispirazione per i suoi tuffi nei meandri della scrittura e visione paradisiaca. In questa abbazia incastrata nel centro storico su via del Proconsolo, l’antica arteria romana, Giovanni Boccaccio in persona, mezzo secolo dopo la morte del poeta, si cimenta nelle famose letture della Divina Commedia. Prestigiose le cariche che Dante politico riesce a ricoprire, da fedele militante del partito dei guelfi bianchi, sostenitori moderati dell’autonomia comunale, senza mai smettere di scrivere la Vita Nova e «lagrimare» per la scomparsa prematura di Beatrice. È membro del Consiglio del popolo, in quello dei Cento, ambasciatore della città gigliata. Si trova a Roma nel 1302, in viaggio istituzionale, quando viene pronun-
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Abbazia fiorentina, Firenze
San Godenzo (FI)
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ciato il bando con la condanna d’esilio per lui e un gran numero di influenti esponenti del suo partito. Da quel momento si sommano i paesi, i castelli, le corti di signori, i luoghi resi noti dal suo passaggio, le grandi città dove soggiorna e racconta in un lungo peregrinare da espatriato. Sempre in contatto con drappelli di personaggi illustri e senza nome, vagando per mezza Italia, da ribelle, profugo e poeta, tra terre sconosciute e famiglie altrui. Un viaggio senza fine narrato, in terzine e con insuperabile maestria, con la penna a tirare di fioretto, scendendo tra le bolge infernali, scalando le cornici del Purgatorio, fino in alto tra i beati dell’Empireo. La Divina Commedia, il cammino universale, senza tempo e metaforico della condizione umana, è colma del tragitto fisico di Dante. C’è un paesaggio reale, oltre a quello ultraterreno che spunta tra i ver-
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Castello di Poppi (AR)
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si del Poema. È «del bel paese là dove 'l sì suona», l’amata Italia, che fa da quinta scenica e sentimentale al mondo metafisico evocato nella Commedia e raccontato in maniera
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La Verna (AR)
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realistica, sia nei luoghi visitati che in quelli immaginati. Nelle prime tappe è ancora vicino a Firenze, sulle montagne tra il Mugello e il Casentino, a San Godenzo
in uno dei castelli dei conti Guidi di cui oggi ci sono solo i resti. Da Dicomano, sulla strada verso Forlì quasi al confine con la Romagna, dove la vegetazione diventa folta e
rigogliosa, ci si imbatte nell’abbazia in pietra, incastonata nel paese e rimasta intatta, uno dei maggiori esempi di architettura romanica toscana. Qui i guelfi bianchi esuli, tra cui Dante, si riunirono in convegno con i ghibellini che volevano rientrare a Firenze. Verso l’Appennino, nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, la provinciale porta a San Benedetto in Alpe (FC) costeggiando il corso del fiume Montone e deviando in una serie di sentieri che conducono dove l’affluente Acquacheta, tra sbalzi e dislivelli, salta nella cascata che porta il suo nome. Dante la cita nell’Inferno paragonandola al Flegetonte e la incontra dal vivo quando attraversa questo pezzo di Paese in bilico tra la Toscana e la Romagna, diretto verso la Forlì di Scarpetta Ordelaffi.
Nella Valle dell’Arno, «un fiumicel che nasce in Falterona», con i suoi molti ruscelli, i colli verdeggianti e freschi descritti nel Canto delle Malebolge, si ferma qualche anno. A Poppi (AR), in un castello del ’200 tra i meglio conservati in Toscana e tutt’ora visitabile, viene accolto da Guido da Battifolle e dalla moglie Gherardesca, figlia del conte Ugolino, quello che «la bocca sollevò dal fiero pasto». A lei fa da segretario, scrivendo per suo conto lettere indirizzate a regine e imperatori. Parole e conoscenza in cambio di ospitalità e una scrittura che non si ferma mai, come lui. Suggestioni, intrecci biografici e tradizione vogliono che il penoso Canto XXXIII dell’Inferno sia stato concepito proprio qui. Dalle stanze del castello la vista
si perde sulla vallata casentinese, dove a nord si apre la Piana di Campaldino, prati sterminati e pianeggianti rimasti tali, l’ideale per una battaglia tra cavalieri. L’11 giugno 1289 esattamente lì (oggi una colonna marmorea lo ricorda) si scontrano i guelfi fiorentini e i ghibellini d’Arezzo. Dante, poco più che ventenne, posa la penna e indossa le armi del fenditore: «Corridor vidi per la terra vostra, o Aretini». I buoni rapporti con il casato dei Guidi gli permettono di abitare a Pratovecchio Stia (AR) e nei dintorni, dove ci sono altri manieri di proprietà dei conti. Fa tappa anche a Romena, nel castello lambito dalla Fonte Branda (evocata nella bolgia dei falsari), di cui sono rimasti in piedi la torre delle prigioni, una delle quattro porte e il mastio. E in quello del vicino bor-
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Torri degli Asinelli e Garisenda, Bologna
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Verona
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go di Porciano, oggi dimora storica e museo. Nel Purgatorio, invece, Dante cita Camaldoli (AR) e il fiume Archiano «che sovra l’Ermo nasce in Appennino», raggiungibili oltrepassando il ponte di Poppi e salendo fino a 800 metri d’altezza, tra una fitta macchia
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di faggeti d’alto fusto. Nei suoi spostamenti, l’Alighieri ha spesso cercato bolle d’atmosfera contemplativa e mistica in cui praticare quella fede granitica che nell’ultima Cantica gli permette di trasformarsi in pellegrino tra luoghi ultraterreni, riconoscere profili divini e soprattutto rincon-
trare Beatrice. Sempre nell’aretino La Verna, il convento francescano arroccato sulla montagna e visibile da tutto il Casentino e dall’alta Val Tiberina, entra in Paradiso come il luogo dove San Francesco ricevette le stimmate: «Nel crudo sasso intra Tevero e
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Porta Borsari, Verona
Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo». Tutt’oggi è meta assidua di pellegrinaggio religioso e camminatori. Ha sempre viaggiato il Sommo, da giovane studente o da rappresentante politico, fino all’ultimo dei suoi giorni e, soprattutto alle grandi città incontrate, dedica apostrofi di pura
poesia e immagini divenute celebri. Girovaga di regione in regione, accolto come intellettuale e uomo di cultura nelle corti di generosi signori: dai Malaspina di Lunigiana nel Castello di Fosdinovo (MS), dagli Scaligeri a Verona, dai Da Camino a Treviso, dai Da Polenta a Ravenna. A
Bologna invece ci capita fin da giovane, per motivi di studio. Dante vuol visitare l’università più antica d’Europa, si interessa di filosofia, compone senza sosta sonetti e liriche, e nella città emiliana entra in contatto con l’importante scuola di retorica tramandata da Guido Guinizzelli, il pa-
Mantova
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Basilica di San Francesco, Ravenna
dre del Dolce Stil Novo. E, intanto, Dante osserva. I quartieri, le piazze, i monumenti, le torri. Quella della Garisenda, la sorella più bassa degli Asinelli, lo colpisce per la sua postura sbilenca tanto da sembrare proiettata in avanti quando le nuvole l’attraversano – «Qual pare a riguardar la Carisenda sotto 'l chinato, quando un nuvol vada sovr'essa sí, ched ella incontro penda» – e mentre con Virgilio, attraverso il settimo cerchio infernale, si ricorda di lei e la paragona al gigante Anteo che dal pozzo si protende verso di loro. Mantova è la città di Virgilio, «anima cortese», maestro e guida nel percorso più difficile. Non è certo se il poeta vi abbia mai soggiornato davvero, certo è che ne parla a più riprese. Tra i dannati dell’ottava bolgia, Virgilio gli presenta l'anima dell’indovina Manto e illustra a Dante le origini della città, fondata seguendo il corso del fiume Mincio, sulle paludi in cui la giovane visse e che da lei prese il nome. Sordello, invece, oggi nome della grande piazza rettangolare nel cuore della città lombarda su cui affacciano i principali monumenti e palazzi, 56
è l’anima del Purgatorio che quando riconosce la provenienza di Virgilio lo abbraccia e festeggia come suo concittadino. Di Verona Dante fece la sua città per molti anni, ospite alla corte degli Scaligeri o Della Scala, per i quali tenne relazioni politiche estere. «Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello sarà la cortesia del gran Lombardo», fa dire al suo antenato Cacciaguida nell’ultima Cantica. Descrive lo stemma del nobile casato esattamente com’è visibile nel sarcofago di Bartolomeo all'interno delle Arche Scaligere, il sepolcro di famiglia al centro della città. Verona reclama questa lunga presenza e molti sono i riferimenti del passaggio dell’Alighieri, cognome ancora presente in città. Dalla casa dei Montecchi citati nel Purgatorio, «Vieni a veder Montecchi e Cappelletti…color già tristi», alla Porta Borsari sotto cui passava l’antico palio a cui Dante assiste e che lo ispira per raccontare il girone di Brunetto Latini, «e parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna». Il chiostro della Biblioteca Capitolare
è uno dei luoghi più affascinanti della città scaligera e tradizione vuole che l’Alighieri la frequentasse immerso tra antichi manoscritti, dove scopre le lettere di Cicerone e lavora a una buona parte della Commedia. A Ravenna, «su la marina dove ‘l Po discende per aver pace co’ seguaci suoi», stroncato dalla malaria, si ferma per sempre nel 1321. Nella città romagnola restano le spoglie del
Editori Laterza, pp. 361 € 20
Chiostri francescani, Ravenna
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Sommo Poeta conservate in quello che i ravennati chiamano la zuccheriera: un tondeggiante e bianco tempietto neoclassico ottocentesco. Spoglie contestate, dissotterrate e nascoste a più riprese. Nel cortile del Quadrarco di Braccioforte, a fianco della Basilica di San Francesco dove si celebrarono i funerali, furono nascoste le ossa di Dante durante la Seconda guerra mondiale. Secoli prima, già i frati francescani le avevano trafugate e celate nel convento per non restituirle ai Medici. Firenze gli costruisce il cenotafio nella Basilica di Santa Croce, tra i grandi della storia, a ribadire che quello dovrebbe essere il posto suo. Ma Dante è il viaggio planetario, l’unico che è arrivato alla contemplazione diretta di Dio, «l’amor che move il sole e l’altre stelle» in un itinerario umano e lirico, convulso e leggendario, in cui ognuno può ritrovare le proprie pene e fatiche, e quei pezzetti di Paese in cui riconoscersi e tornare a conoscere ancora oggi, perché sempre lì dopo 700 anni. Come la Pineta di Classe che porta al mare ravennate, mossa dal vento, in una qualsiasi fresca mattina d’estate. «Un’aura dolce, senza mutamento avere in sé, mi feria la fronte non di più colpo che soave vento…». dantesca.it vivadante.it dante2021.it Certi brevi passaggi del testo sono ispirati a Il viaggio è Dante di Silvia Lanzano
Nave di Teseo, pp.1226 € 30 57
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save RAVENNA the date FIRENZE
Gli eventi segnalati potrebbero subire variazioni per le nuove disposizioni contro il Covid-19
a cura di Silvia Del Vecchio
Kate, New York 1993 (for Harper’s Bazaar) © Paolo Roversi - courtesy Pace Gallery
Al Mar - Museo d’arte della città di Ravenna, fino al 10 gennaio 2021, è in programma la mostra Paolo Roversi - Studio Luce, a cura di Chiara Bardelli Nonino e con le scenografie di Jean-Hugues de Chatillon. Dal 1973 il fotografo ravennate Paolo Roversi lavora a Parigi, nel suo atelier Studio Luce che dà il titolo alla mostra. Nelle opere esposte sono numerosi i rimandi alla sua città e, in occasione del 700esimo anniversario della morte 58
di Dante, un’ampia selezione di scatti celebra e reinterpreta in chiave contemporanea la figura della musa, la Beatrice cantata nella Divina Commedia, impersonata da icone come Kate Moss, Natalia Vodianova, Naomi Campbell e Rihanna. Nei suoi lavori l’elemento chiave è sempre la luce, con la quale tenta di dar forma al mistero e alle diverse anime che ogni suo scatto racchiude. mar.ra.it
Carlo Wostry, Dante nella pineta (1908)
Alla Biblioteca Classense, sempre fino al 10 gennaio, Inclusa est flamma è la prima delle tre mostre del progetto Dante. Gli occhi e la mente e ripercorre le celebrazioni del 1921 per il sesto centenario della morte del poeta, quando la città che fu il suo ultimo rifugio divenne capitale internazionale del culto dantesco. Manoscritti autografi di Gabriele d’Annunzio, opere di Alfonso De Carolis, Galileo Chini e Carlo Wostry (come Dante nella pineta), edizioni preziose, manifesti, fotografie, dipinti e oggetti d’arte conferiti come omaggio a Dante e a Ravenna raccontano vicende e persone in un arco cronologico che va dalla fine dell’800 al 1921. Tra i pezzi esposti i sacchi donati da D’Annunzio e decorati da De Carolis col motto Inclusa est flamma (la fiamma è all’interno), da cui prende il titolo la mostra. classense.ra.it
Dante nell’arte dell’Ottocento nasce da una stretta collaborazione tra il Comune di Ravenna e le Gallerie degli Uffizi per esporre nella città romagnola, fino al 5 settembre 2021, opere del XIX secolo dedicate alla figura di Alighieri. Ad aprire la mostra, ai chiostri francescani limitrofi alla Tomba di Dante, l’opera Dante in esilio di Annibale Gatti. La tela ritrae il poeta in un momento di intima riflessione, in compagnia del figlio, nella pineta di Classe, citata nel Purgatorio e luogo a lui caro, ricordato anche da una selezione di fotografie storiche provenienti dal Fondo Corrado Ricci della Biblioteca Classense. mar.ra.it
Annibale Gatti, Dante in esilio (1854) Firenze, Galleria degli Uffizi
Silent Play per Dante accompagna i partecipanti alla scoperta della Ravenna del ’300, tra i luoghi legati alla memoria del Sommo Poeta, come la Basilica di San Francesco, la Biblioteca Classense, la Zona del Silenzio e i Giardini Pensili del Palazzo della Provincia. E questo grazie a un percorso performativo sonoro, teatrale e poetico e alla sceneggiatura curata dal Centro di produzione teatrale La Piccionaia. Sono tanti, poi, gli incontri in città dedicati ad Alighieri. Domenica 8 novembre alle 19:30, nella Basilica di San Francesco, si leggono i canti VII, VIII, IX, X del Paradiso, con intermezzi musicali e proiezione di immagini della Biblioteca
del Centro Dantesco di Ravenna. La Biblioteca Classense ospita invece, il 10, 17 e 24 alle 17:30, gli incontri Sguardi sulla moda al tempo di Dante, mentre il 12 si parla della musica legata al Poeta e il 18, al Planetario, della matematica nella Divina Commedia. Sabato 28 novembre, 5 e 12 dicembre, sempre alla Biblioteca Classense, il ciclo Cinquant’anni di “Letture Classensi”: lingua, storia e modernità di Dante. L’ingresso agli eventi è libero ma contingentato e su prenotazione, nel rispetto delle prescrizioni sanitarie. ravennaexperience.it | centrodantesco.it classense.ra.it | planetarioravenna.it 59
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Il Museo Casa di Dante, riaperto dal 24 giugno scorso, offre un nuovo allestimento tecnologico e multimediale per scoprire in modo coinvolgente e interattivo, attraverso stanze immersive, video mapping e realtà virtuale, la vita e l’opera di uno dei più grandi personaggi della letteratura italiana e mondiale. Qui si può conoscere il Dante uomo, soldato, politico, poeta e, con lui, la sua Firenze. Nove le sale, tra cui quella dedicata alla Divina Commedia, dove l’emozione è assicurata: al centro un grande volume aperto e animato da proiezioni, con i passi più significativi del capolavoro letti dalla voce di Francesco Pannofino, oltre a una collezione di volumi in tutte le lingue del mondo con rappresentazioni geografiche e visione sinottica dei 100 canti. museocasadidante.it
La torre del Museo Casa di Dante, Firenze
Al Complesso di Santa Maria Novella si ammirano invece 20 scatti realizzati dal celebre fotoreporter Massimo Sestini tra Firenze, Verona, Venezia e Ravenna. La mostra intende esprimere in immagini la contemporaneità del Sommo Poeta a 700 anni dalla sua scomparsa, perché il mondo lirico, politico ed emozionale di Dante fanno parte da sempre del nostro Dna culturale ed espressivo. E sono, appunto, le tracce presenti ancora oggi nell’immaginario collettivo, nei luoghi della cultura e nelle strade delle nostre città a comporre Dante 700 - Un ritratto di Dante e i luoghi del poeta nelle fotografie di Massimo Sestini, che dopo la tappa a Palazzo del Quirinale di Roma è a Firenze fino al 6 gennaio. musefirenze.it santacroceopera.it
Cenotafio di Dante nella basilica di Santa Croce, Firenze 60
MUSICA DIVINA DA JOVANOTTI AI RADIOHEAD PASSANDO PER VENDITTI E BATTIATO. TUTTI GLI ARTISTI CHE NELLE LORO CANZONI SI SONO ISPIRATI A DANTE E ALLA SUA COMMEDIA di Gaspare Baglio
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ante? Una vera popstar. Il Sommo Poeta, infatti, è presente in tante canzoni della musica leggera italiana. «Amor, ch’a nullo amato amar perdona», uno dei versi che raccontano della passione di Paolo e Francesca nel V canto dell’Inferno della Divina Commedia, è piaciuto così tanto da essere stato
saccheggiato da diversi cantautori nostrani: Jovanotti in Serenata rap lo conclude con un «porco cane», mentre Antonello Venditti l’ha inserito in Ci vorrebbe un amico. Ma l’artista romano ha fatto riferimento alla figura dantesca anche in Notte prima degli esami: «Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto». Luciano Ligabue in Siamo chi siamo cita il primo verso della Commedia: «Nel mezzo del cammin di nostra vita». E già nella hit Happy Hour dichiarava: «Dicono che il cielo/ ti fa stare in riga/ che all'inferno si può far casino/ mentre il purgatorio te lo devi proprio infliggere». Non si risparmia neppure il menestrello Angelo Branduardi: per l’album L’infinitamente piccolo, dedicato a San Francesco, cita il Canto XI del Paradiso nel quale, con parole di grande ammirazione, San Tommaso traccia un quadro delle grandi virtù del frate di Assisi. In Apriti Sesamo, invece, il maestro Franco Battiato ha inserito il brano Testamento, nel quale dice la sua sul
tema della metempsicosi citando l’Inferno di Alighieri: «Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtude e conoscenza». Ma Dante e la sua poetica sono riusciti a conquistare pure la musica rock e a valicare i confini nazionali. Nel progetto Hail to the Thief, i Radiohead hanno scelto di inserire sottotitoli o titoli alternativi per ogni traccia. Quello di 2 + 2 = 5 è The Lukewarm, riferito agli ignavi protagonisti del Canto III dell’Inferno. Non mancano riferimenti su questa lunghezza d’onda nei gruppi hard rock e metal, probabilmente per i temi dark e associati alla ribellione contenuti nella Divina Commedia. L’album Fistful of Metal degli Anthrax contiene, tanto per fare un esempio, la canzone Howling Furies il cui incipit è «Abandon all hope for those who enter» («Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate»). Un verso che lascia poco spazio ai dubbi. E sottolinea quanto Dante sia universalmente riconosciuto. 61
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iaggiare a ritmo slow osservando il mondo con altri occhi. Muoversi in bicicletta consente di scoprire lentamente il territorio e le sue tradizioni, senza inquinare né danneggiare l’ambiente. Il modo migliore per farlo a lungo raggio è usare il treno per raggiungere il luogo di partenza o per tornare a casa. Grazie ai servizi offerti da Trenitalia, infatti, è possibile attraversare in lungo e in largo la Penisola combinando percorsi sui binari e itinerari ciclabili. Chi parte con una bici pieghevole può farla viaggiare gratuitamente su tutti i treni, comprese le Frecce. Ma i cicloturisti scelgono più frequentemente una bici di dimensioni standard, che può essere trasportata sui Regionali (in alcune regioni gratuitamente, in altre con supplemento) o, una volta smontata e riposta in apposite sacche, anche sui treni nazionali. Ora però – questa la novità – è possibile viaggiare con la propria due ruote, senza smontarla, anche su alcuni Intercity (vedi approfondimento nel box a pag. 69). Questo nuovo servizio è stato testato da un gruppo di sei ciclisti (Jack Lumino, Lucia Capparella, Elena Chiodi, David Martinez, Simone Tarroni e Gianpiero Chinigò) che da Roma ha raggiunto Venezia in treno, per tornare poi nella Capitale una settimana dopo attraverso un itinerario di circa 700 chilometri percorsi interamente in sella, che grazie al loro lavoro di tracciamento diventerà la ciclovia Ro.Ve. 64
DA ROMA A VENEZIA IN INTERCITY. E IL RITORNO SU DUE RUOTE. SEI CICLISTI SPERIMENTANO I NUOVI SERVIZI TRENITALIA PER ORGANIZZARE VIAGGI SOSTENIBILI TRENO+BICI di Fabio Bruni ed Elena Chiodi
Il viaggio inizia a Roma Termini, sull’Intercity diretto a Venezia Mestre. La carrozza con i sei posti bici è molto comoda, ci sono anche le prese per chi ha una due ruote elettrica e, nello stesso vagone, distributori di bevande e snack. Si raggiunge Mestre in poco meno di sei ore e da lì Venezia Santa Lucia con il Regionale veloce o, volendo, già con una bella ciclabile di 12 chilometri che arriva a piazzale Roma. In entrambe le stazioni c’è la possibilità di lasciare il mezzo nell’apposito parcheggio BiciPark. È utile sapere che nella Laguna non è consentito l’uso della bici, neanche portata a mano. Lo scalo di Santa Lucia è
praticamente di fronte al Ponte degli Scalzi, prima che cominci il divieto: se si dorme in città, quindi, meglio scegliere un albergo nelle immediate vicinanze per non rischiare la multa. VENEZIA-PADOVA Da piazzale Roma, sul lato destro del Ponte Calatrava, si imbocca una ciclabile ben tracciata che porta a Padova. Il percorso fa parte del Cammino di Sant’Antonio e il paesaggio è molto vario, tra reperti di archeologia industriale nella zona di Marghera e caratteristici paesi con case basse affacciate sul fiume Brenta. A Stra si passa accanto a Villa Pisani, uno dei più celebri esempi di villa veneta. Nelle vicinanze, e sempre
lungo il percorso, c’è il Museo della Calzatura, ospitato nel complesso architettonico seicentesco di Villa Foscarini Rossi, che raccoglie una collezione di oltre 1.500 modelli femminili di lusso. Arrivati a Padova, si prosegue verso Rovigo lungo argini di fiumi, attraversando boschi e campi coltivati. Superato Abano Terme, ecco l’incredibile Castello del Catajo, monumentale edificio di 350 stanze considerato la reggia dei Colli Euganei, costruito a Battaglia Terme a partire dal XVI secolo da Pio Enea I Obizzi. Si prosegue lungo l’argine fino a Monselice, dove si abbandona la vista dell’acqua per continuare su una comoda ciclabile
In bicicletta sulla Riviera del Brenta
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fino a Stroppare, località di Pozzonovo, borgo antico della pianura padovana famoso per la coltivazione delle patate americane. Dopo aver attraversato il ponte sull’Adige in un attimo ci si ritrova a Rovigo. ROVIGO-FERRARA-BOLOGNA Molto piacevole la ciclabile che da Rovigo porta a Ferrara, sempre seguendo il Cammino di Sant’Antonio. Lungo la strada, nei pressi di Polesella (RO), ci si imbatte in residenze da sogno come Villa Morosini, realizzata dopo il 1555 per conto di Pietro Morosini su progetto attribuito all’architetto Vincenzo Scamozzi. Si incrocia qui anche un tratto della ciclabile VenTo – 679 chilometri di strada lungo l’asse del Po, da Torino a Venezia – fino a raggiungere la città estense con percorsi semplici che costeggiano entrambi le rive del fiume. A Ferrara, si può decidere di provare i nuovi convogli regionali Rock, per arrivare a Bologna con poca fatica, o anche raggiungere il capoluogo emiliano in bici. L’intermodalità treno+bici è un aspetto fondamentale in un percorso cicloturistico: in caso di brutto tempo o stanchezza, si può smettere di pe-
Un treno Intercity con sei posti per le biciclette
dalare e scegliere di viaggiare sui binari fino alla tappa successiva. Diversi suggerimenti di percorsi ciclabili raggiungibili direttamente con i Regionali sono contenuti nel travel book Ciclovie di Trenitalia.
Il gruppo di ciclisti davanti al Castello del Catajo, a Battaglia Terme (PD)
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BOLOGNA-FIRENZE Se il percorso da Venezia a Bologna è pianeggiante e tranquillo, adatto a famiglie con bambini e con diverse località meritevoli di una sosta, la tappa da Bologna a Firenze sem-
Villa Morosini a Polesella (RO)
bra veramente un Gran Premio della Montagna. Si lascia il capoluogo emiliano seguendo la provinciale SP 65 e si ammira la bella effige all’entrata di Loiano. Ma poi la strada sale impietosa. È una tappa dura – 110 chilometri, 1.800 metri di dislivello – con due passi appenninici da superare, Passo della Raticosa e Passo della Futa, entrambi a più di 900 metri di altezza. In particolare, il Passo della Raticosa è un punto di arrivo molto frequentato da ciclisti, come testimoniato dai numerosissimi autoadesivi attaccati sull’insegna stradale. Anche quello della ciclovia Ro.Ve fa bella mostra nell’angolo in basso a sinistra. Dopo il Passo della Futa, si inizia a scendere verso Firenze, passando per il Mugello e attraversando il Lago del Bilancino. Sembra fatta, ma inattesa si presenta la salita di Pratolino, alle porte di Firenze. Il colpo di grazia a fine giornata. FIRENZE-AREZZO Si lascia il capoluogo toscano con il Lungarno, diretti verso Bagno a Ripoli. Sono queste le strade di Gino
Bartali, nato nelle vicinanze, a Ponte a Ema, dove si trova il Museo del Ciclismo dedicato al grande campione. Passato Bagno a Ripoli, la strada si fa ripida e propone la tremenda salita del Bigallo. Superata que-
sta prova, si percorre la provinciale SP 1, lungo la Valle dell’Arno, che attraversa Incisa, Figline, San Giovanni. E si arriva facilmente ad Arezzo, ammirando i paesaggi tipici della campagna toscana.
In salita lungo la strada verso Firenze
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AREZZO-CHIUSI Da Arezzo si prende il Sentiero della Bonifica e si attraversa la Val di Chiana fino a Chiusi (SI). Una tappa tranquilla, 62 chilometri tutti in pianura. Questa ciclabile si sviluppa sull’antica strada per la manutenzione del Canale Maestro della Chiana, storica opera di ingegneria. Lungo il sentiero, un rapido spuntino al BiciGrill. Viaggiare lentamente vuol dire scoprire la natura di una terra che l’uomo ha sottratto all’acqua ma anche arrivare alle radici della civiltà etrusca attraverso mura millenarie e necropoli come quelle di Cortona e Castiglion Fiorentino. Si passa tra meleti e campi di girasoli, si costeggia il Lago di Montepulciano, riserva naturale e meta prediletta dagli appassionati di birdwatching. CHIUSI-VITERBO Da Chiusi si parte in direzione Viterbo: più di 100 chilometri e 1.200 metri di dislivello. Il percorso segue il tracciato della Via Francigena,
Il paesaggio tipico della campagna toscana lungo la ciclovia Ro.Ve
passando per località che lasciano senza fiato come San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, uno dei borghi più belli d’Italia. Si prende la Cassia e, dopo Acquapendente e San Lorenzo Nuovo, si prosegue per strade secondarie fino al Lago di Bolsena, lo specchio d’acqua di origine vulcanica più grande d’Europa, per una meritata sosta sorvegliati
Una sosta lungo il percorso per ammirare San Casciano dei Bagni (SI)
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dall’isola Bisentina. Abbandonata la riva, si continua con qualche sali e scendi impegnativo sulla Tuscanese, la Chirichea e poi la Vetrallese fino a Viterbo. VITERBO-ROMA Ultima tappa della ciclovia, da Viterbo a Roma lungo la Via Francigena. Gli ultimi 90 chilometri del percorso (con dislivello di oltre mil-
le metri) iniziato nella Capitale una settimana prima. Si pedala per pittoresche stradine secondarie, come l’Oriolese e l’Antica Strada della Valle dei Santi, attraverso boschi, uliveti e paesi ricchi di storia, fino a raggiungere la Tuscia. La strada passa accanto al Parco Archeologico di Sutri, con il Mitreo e la chiesa
rupestre della Madonna del Parto. E prosegue verso Formello, passando per il Parco Naturale della Valle del Treja, con le suggestive cascate del Monte Gelato. Si va poi verso Sacrofano, con le sue discese verticali, e percorrendo via di Valle Muricana si arriva alla Giustiniana e poi a Prima Porta, fino a Castel Giubileo, dove
si imbocca la ciclabile che porta a Roma. Un viaggio inaugurale che ha consentito di impostare il primo tracciato della ciclovia Ro.Ve, presto disponibile per tutti i cicloturisti. E di assaporare le bellezze del Paese a ritmo lento. ciclovia.ro.ve
Pedalando verso Roma, lungo l’Antica Strada della Valle dei Santi
IN CARROZZA SU DUE RUOTE Trenitalia si impegna a favorire chi sceglie di sostenere l’ambiente utilizzando la combinazione treno+bici. Sulle Frecce si può portare gratuitamente una sola bicicletta (smontata e contenuta in una sacca) o una pieghevole chiusa, da sistemare negli spazi previsti per i bagagli. Sui treni regionali contrassegnati da apposito pittogramma, si può far salire una due ruote montata, acquistando il relativo supplemento o, in alternativa, un biglietto di seconda classe. Dal 17 ottobre è possibile trasportare la bicicletta montata anche su alcuni Intercity. Per ora il servizio è disponibile su quattro coppie di treni Roma-Reggio Calabria e una coppia di treni Roma-Salerno. Ognuno di questi ha una carrozza attrezzata che può contenere fino a sei biciclette. Ogni viaggiatore può portarne una sola, acquistando il servizio trasporto bici con prenotazione, gratuito fino al 30 novembre. Il servizio può essere comprato insieme al biglietto per il passeggero, presso le biglietterie in stazione, le self-service, le agenzie di viaggio abilitate, sul sito Trenitalia, la app Trenitalia o chiamando il call center 892021. 69
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IL CAMMINO DI SICILIA DA PALERMO AD AGRIGENTO PER 183 CHILOMETRI. ALLA SCOPERTA DELLA MAGNA VIA FRANCIGENA, CHE ATTRAVERSA 20 COMUNI E ATTIRA PELLEGRINI DA TUTTO IL MONDO di Valentina Lo Surdo valentina.losurdo.3
ValuLoSurdo
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nel 2019 ha attratto più di 2.100 persone, sfiorando il raddoppio di anno in anno. «La Magna Via è il nostro primo sogno: nata come un esperimento è, oggi, la più piccola delle Vie Francigene ma probabilmente rappresenta il tracciato più reale, verificabile e il più riuscito dell’intero sistema delle Francigene di Sicilia», spiega Comunale. «Un percorso che racconta storie celebri intrecciate ad altre meno conosciute, come quella dei Chiaramonte, che giocò un ruolo di primo piano nella politica siciliana del tempo». Lo studioso messinese
si riferisce alla nobile famiglia di origine piccarda, discendente dal casato francese dei de Clermont, giunta nell’isola ai tempi del Gran Conte Ruggero I d’Altavilla, i cui più antichi componenti pare si siano installati qui già tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo. Prosegue così Comunale: «Qui da noi c’è sempre un gran parlare di Greci, Romani, Siculi e Sicani, ma spesso ci si dimentica di quella Sicilia che per secoli, e specialmente tra l’800 e il 1300, è stato il luogo più importante di scambio, incontro e confronto tra culture diverse. Vi furono piedi bizantini a calcare il nostro
© Emanuela Tomaselli
i sono cammini che nascono sotto una buona stella, quasi che possiedano già, nel loro Dna, il famoso fattore X. Altri invece, malgrado sulla carta abbiano tutti i numeri per meritare il successo del pubblico, stentano a decollare. La Magna Via Francigena, il percorso che in 183 chilometri unisce Palermo ad Agrigento, porta nei suoi passi un fascino senza pari, difficile da spiegare a parole. Per questo ci siamo rivolti al suo ideatore, Davide Comunale, ricercatore, archeologo e autore della guida per Terre di Mezzo editore, per comprendere il fenomeno, che solo
Panorama della Magna Via Francigena verso Milena (CL) 70
li per accogliere i viandanti». Dal 2013, da quando cioè Comunale ha intrapreso le sue ricerche proprio sulla Magna Via, lo studio della topografia antica, insieme al recupero fisico dei tracciati, ha permesso alla rete delle Francigene di Sicilia di vivere una crescita che quasi non ha pari in Italia. «Il punto di partenza fu quando mi misi sulle tracce delle culture antiche che abitano l’isola: romani, bizantini, musulmani e normanni». Al fianco di Davide, da anni, oltre agli inseparabili Irene Marraffa e Salvatore Balsamo, l’associazione di volontari Amici dei Cammini Francigeni di Sicilia e, a mano a mano, i comitati di accoglienza dei comuni attraversati, responsabili del funzionamento di ogni tratta, tappa per tappa. «Magna Via significa anche testimonianza di vicinanza di quelle comunità che operano per il territorio: la nascita dei comitati sorti nel corso degli anni rappresenta un esperimento senza precedenti in Italia di come singoli cittadini possano sostenere il bene comune». Tra le ragioni dell’exploit di questo percorso figura anche l’eccezionale
bellezza degli ambienti attraversati: «È un racconto a piedi che tocca 20 comuni e permette di camminare da un castello a un’area archeologica bizantina, da un rabato arabo a una bifora normanna, salutando il mar Tirreno per toccare il cuore del Mediterraneo abbracciando il mar d’Africa, teatro di così tanti lutti e sofferenza», sottolinea l’archeologo. Andiamo dunque a ripercorrere le tappe di questo itinerario «fatto dai cavalieri normanni per collegare Palermo con Agrigento e che ricalca il tracciato compiuto dai soldati romani, molti secoli prima, per sottrarre Palermo alla mano fenicia». Il primo passaggio ci porta davanti all’abbagliante bellezza del Duomo di Monreale (PA), poi, attraversando la Riserva d’Altofonte recentemente devastata da un terribile incendio, si raggiungono le vedute a perdita d’occhio che circondano il Lago di Piana degli Albanesi, nei cui pressi Santa Cristina Gela ci accoglie con il suo scrigno di tradizioni arbëreshë tutte da scoprire. Il santuario di Tagliavia impone una sosta nel silenzio e un sorso della sua acqua conside-
Al tramonto, verso Sutera (CL)
© Emanuela Tomaselli
suolo, quindi i musulmani dalla Tunisia e dalla Spagna. Poi vi passarono scalpitanti i cavalieri normanni, che cambiarono il Dna della nostra terra, trasformandola in una provincia provenzale e restituendole un ruolo centrale nella cornice del loro futuro regno e del Mediterraneo». Per questo, aggiunge, «nel ricreare l’antico percorso della Magna Via, abbiamo cercato di far rivivere anche quello spirito, frutto dell’incrocio sapiente tra ecumenismo e volontà di pace, portato nell’isola da Re Ruggero II, da Guglielmo II il Buono, ma anche da Federico II e dalla madre Costanza d’Altavilla, simbolo splendente di una schiera di donne di potere di quel tempo e di quei luoghi». Sotto il nome di Magna Via Francigena è tornata alla luce la doppia anima di questo sistema viario: da una parte adibito al trasporto commerciale, rievocando un fitto transito di mercanti, dall’altra animato dalla presenza di pellegrini: perché dalla Sicilia ci si spostava per raggiungere Santiago, Roma, Gerusalemme, «e fu così che l’isola si popolò sempre più di chiese rurali, grange benedettine e hospita-
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© Pino Gentile
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Panorama dopo Acquaviva (CL)
rata miracolosa al punto da valerle l’appellativo di piccola Lourdes. Si giunge così a Corleone, dove cadranno i veli del pregiudizio di fronte all’arcaica potenza dei suoi paesaggi carsici e alla sua storia rigogliosa, tanto da essere soprannominata la cittadina dalle 100 chiese. Con i suoi 1.043 metri, il paese più alto del percorso è Prizzi: noto per una delle feste tradizionali più esaltanti di tutta la Sicilia, il Ballo dei Diavoli, ti accoglie con la gioia colorata dei suoi murales. Per giungere a Castronovo si attraversa la Riserva Naturale Orientata Monte Carcaci, uno dei polmoni verdi dell’isola, da cui sbuchiamo nel cuore autentico della Magna Via, raggiungendo l’antico insediamento
© Davide Comunale
La segnaletica della Magna Via Francigena
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normanno della Rocca di San Vitale e il kastrum bizantino del Kassar, che riporta testimonianze di vita risalenti al VI secolo a.C. La street art è protagonista anche a Cammarata, delizioso borgo che si raggiunge sconfinando in provincia di Agrigento dopo un percorso mozzafiato sulla trazzera esplorando anche le sicane Grotte di Capelvenere. Quindi siamo pronti per ascendere al monolite gessoso di Sutera (CL), regalandoci una visione così spettacolare da richiamare, nel lento avvicinarsi alla meta, le emozioni vissute davanti alla Monument Valley americana o al monolite australiano di Uluru. Con il suo quartiere arabo, lo stanziamento bizantino e quello
cristiano, Sutera rappresenta in pieno il fascino della Magna Via, con il castello normanno e il santuario di San Paolino arroccati sulla sommità rocciosa a 820 metri d’altezza. Si prosegue attraversando il territorio confinante con la Riserva Naturale di Monte Conca, lambendo i resti del ponte romano-medievale di Campofranco, vari siti archeologici che punteggiano la valle e la bella Milena, la città delle “robbe”, i piccoli villaggi sorti nella parte antica. Giungere a Racalmuto (AG) significa vivere l’emozionante esperienza di contatto tra il territorio e il suo più celebre concittadino: lo scrittore Leonardo Sciascia. A risvegliarci dalle affascinanti letture che ci han-
© Davide Comunale
Casale di San Pietro, Castronovo di Sicilia (PA)
no assorbito presso la Fondazione Leonardo Sciascia, ci pensa Grotte: l’accoglienza è festante come i murales che ridanno colore a questa cittadina del ’600. Bisogna poi dedicare tempo al passaggio verso Comitini, con le sue miniere di zolfo, e Aragona. Infine, divertimento assicurato a Joppolo Giancaxio, dove non può mancare un giro nei percorsi del Parco Avventura Il Boschetto, per sperimentare i brividi tra gli alberi affrontati però con la leggerezza di sentire vicina la meta. Agrigento è dietro l’angolo e ci aspetta con la sua storia antica come il nome Akragas, nell’abbraccio monumentale della Valle dei Templi. «Ma la Magna Via racconta anche della ricotta di San-
ta Cristina Gela (PA), delle ricette del pastry chef Giuseppe Sparacello a Castronovo, del pane scanatu di Milena, delle ‘mbriulate di Grotte, dei taralli dolci di Racalmuto e di tutto l’agrigentino», conclude Davide Comunale. «È un acceleratore di esperienza che in una decina di giorni ti conduce all’essenza di quell’universo a sé che è la Sicilia, un’isola che contiene al suo interno tante altre isole. Ma è anche un cammino di resistenza: di chi ha deciso di non abbandonare Corleone al racconto che ne fanno i giornali». magnaviafrancigena.it magnaviafrancigena magnaviafrancigena
Terre di Mezzo editore, pp. 108 € 15
La mappa ufficiale delle Vie Francigene di Sicilia, elaborata da Davide Comunale
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SUI BINARI DELLA STORIA IN TRENO ALLA SCOPERTA DELLA VALLE DEI TEMPLI, AD AGRIGENTO. TRA ECHI DEL PASSATO, RIMANDI LETTERARI E SAPORI TIPICI DI SICILIA di Elisabetta Reale
P © Giuseppe Pastorello
anche in legno, bagagliere in ferro, un oscillare insieme dolce e deciso, e una deliziosa brezza che dai finestrini abbassati invade la carrozza. Un viaggio dal ritmo lento quello a bordo dei treni storici di Fondazione FS
Italiane, affinché il paesaggio intorno possa imprimersi negli occhi e nella memoria, con i suoi scorci incantevoli. Come quelli incontrati lungo l’itinerario che dalla stazione di Palermo Centrale ha condotto oltre un centinaio di curiosi viaggiato-
ri alla scoperta di Porto Empedocle (AG), attraversando la Ferrovia turistica dei Templi, l’unica in Europa ad addentrarsi dolcemente in un parco archeologico di fama internazionale, considerato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.
La Ferrovia dei Templi
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© Giuseppe Pastorello
Il Treno dei Templi
Un viaggio carico di fascino che rimanda al passato e invita a godere del tempo presente senza fretta. Non ci sono coincidenze da prendere, neppure appuntamenti da rispettare, solo il gusto della scoperta e la bellezza di un itinerario da condividere con la famiglia, gli amici o, semplicemente, i compagni di carrozza con cui scambiare qualche battuta, sempre nel rispetto delle norme anti Covid-19. Alla scoperta della Sicilia più vera, dalla bellezza ora selvaggia, ora addomesticata, grazie all’edizione 2020 dei Treni storici del gusto in Sicilia, progetto che unisce sapori, cultura e tradizioni, promosso dall’assessorato del Turismo, dello sport e dello spettacolo della Regione Siciliana, con la Fondazione FS Italiane e la partecipazione di Slow Food Sicilia. Una serie di appuntamenti che, fino a dicembre,
connettono i centri urbani più importanti con luoghi custodi di specialità uniche, tradizioni millenarie, bellezze archeologiche e paesaggistiche senza pari. Il Treno dei Templi, in partenza da Palermo, trabocca di storia e bellezza sublimata dagli interventi di restauro delle carrozze: due vetture Centoporte che risalgono agli anni ’30, con doppio ingresso, e una Corbellini che deve il nome all’ingegnere del Servizio materiale e trazione di FS, anche senatore della Repubblica, Guido Corbellini (18901976). In più, un bagagliaio adibito a vettura bar, per rifocillarsi con un buon caffè grazie alla preziosa collaborazione dei volontari dell’associazione Treno Doc, sempre pronti a fornire informazioni e dettagli sul viaggio. In testa un locomotore D 445, tra i più performanti diesel italiani.
Dopo Palermo, ci si ferma nelle stazioni di Bagheria e Termini Imerese (PA), Aragona Caldare (AG) e Agrigento Bassa, che quotidianamente vedono transitare i treni regionali. Lungo il percorso, immersi in una paesaggio dai toni caldi che si colora di autunno, si partecipa al Laboratorio del gusto organizzato da Slow Food Sicilia per scoprire le specialità del territorio, come la deliziosa pasta di mandorle e la cuddrireddra, tipica di Delia (CL), prodotta secondo le antiche metodologie della tradizione e coi migliori grani siciliani coltivati in molte zone interne dell’isola. Piccole delizie consegnate ai viaggiatori in confezioni singole da gustare durante il percorso. E sono parecchi i presìdi Slow Food che si trovano lungo la tratta, in primis i grani antichi, e a Monreale (PA) le susine bianche, molto particolari perché 75
© Marco Brivio/AdobeStock
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La Valle dei Templi (AG)
venendo incartate dopo la raccolta e sistemate in trecce si conservano fino a Natale. Nella stessa zona, a Bagheria, è protagonista lo sfincione bianco, una focaccia condita con la cipolla, mentre a Termini Imerese e dintorni si trova l’ape nera sicula, una razza autoctona che produce prezioso miele durante tutto l’anno. Inoltrandosi verso l’agrigentino, c’è la cipolla Paglina di Castrofilippo, dolce e dal classico colore giallo paglierino, mentre fra Agrigento e Porto Empedocle, proprio vicino ai templi, si aggira la Capra Girgentana, dalle maestose corna, che fornisce un latte prezioso e ricco di nutrienti. Il viaggio è un’immersione nella storia dello zolfo siciliano e dei campi di grano, nei colori e nelle forme di 76
colline e vallate in cui si alternano ombre e foschie. Ed è anche un percorso letterario attraverso i luoghi della Vigata-Porto Empedocle raccontata da Andrea Camilleri e della Agrigento di Luigi Pirandello. In contrada Caos, ai margini del Parco archeologico della Valle dei Templi, sorge infatti la casa natale dello scrittore premio Nobel, ora trasformata in museo. Scorre l’itinerario attraverso un paesaggio dolce e insieme vigoroso, dove il bruno delle colline dai profili eleganti e aspri si confonde col verde argento degli ulivi e con quello brillante dei fichi d’India che a fine estate cominciano a riempirsi di frutti succosi, soprattutto nella zona di Roccapalumba (PA), nota per questo tipo di coltivazioni.
Dal finestrino l’azzurro del cielo si sfuma con il blu splendente del mare che bagna Agrigento e Porto Empedocle, la cui stazione, che oggi effettua solo servizio turistico, era uno dei più importanti scali ferroviari siciliani del ’900. Ad animare la città anche i colori luminosi del murale che ritrae lo scrittore Camilleri, mentre le scalinate del raccolto centro storico sono decorate con i nomi dei suoi libri sul Commissario Montalbano. Un vero viaggio nel tempo quello per chi sosta alla fermata turistica Tempio di Vulcano che dà l’abbrivio a un percorso di rara bellezza e maestosità lungo la Valle dei Templi, visitabile gratuitamente grazie a una convenzione con Fondazione FS.
© Leonid Andronov/AdobeStock
Il santuario dell'Addolorata (AG)
ri e poeti del Mediterraneo, che con i suoi ipogei scavati 2.500 anni fa racconta la storia dell’antica Akra-
© Giuseppe Sparacio
Da ammirare anche il Giardino della Kolymbethra, raro gioiello archeologico e agricolo, celebrato da scritto-
gas (nell'attuale territorio di Agrigento), città fondata dai Greci nel VI sec. a.C. Recuperato dal Fai - Fondo ambiente italiano, è ora trasformato nel Museo vivente del mandorlo con oltre 300 specie siciliane. Attraversato il giardino, si apre l’area archeologica della Valle dei Templi, con una delle rovine più rappresentative, il Tempio dei Dioscuri, frutto della ricostruzione parziale eseguita nella prima metà dell’800 utilizzando elementi architettonici di varie epoche e provenienza, e il Tempio di Giove, i cui resti sono testimonianza di uno dei più grandi edifici dorici dell’antichità classica. La strada di ritorno diventa poi occasione per confrontarsi con i compagni di viaggio, scambiarsi pareri e riflettere sulle bellezze, spesso poco note, che si trovano così vicino ai luoghi vissuti ogni giorno. E, ovviamente, darsi appuntamento alla prossima avventura in treno storico. fondazionefs.it parcovalledeitempli.it 77
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LA REGINA DI FIRENZE DAI MIGLIORI MACELLAI AI RISTORANTI STORICI, UN TOUR NELLA CITTÀ DEL GIGLIO (E NON SOLO) ALLA SCOPERTA DELLA BISTECCA PIÙ FAMOSA DEL MONDO di Marco Gemelli - a cura di vdgmagazine.it
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Ristorante Buca Lapi
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on è solo uno dei piatti simbolo della cucina toscana, perché in riva all’Arno è quasi una religione. La bistecca alla fiorentina è una di quelle specialità in cui i segreti di ogni cuoco – il tempo di frollatura, lo spessore della carne, il tipo di brace, la permanenza sulla griglia, la quantità e il tipo di sale, l’uso dell’olio extravergine – danno vita ad altrettante varianti. Dalle “buche” nelle stradine a ridosso del centro storico, fino alle trattorie in Oltrarno e alle osterie in periferia, non c’è locale d’ispirazione tradizionale che non contempli nel menù questa specialità. A scanso di equivoci, il nome identifica un taglio di carne di filetto e controfiletto con l’osso, alto almeno tre dita, frollato per circa 20 giorni e messo sulla brace, con un mix di legni scelti per ottenere particolari risvolti aromatici, dove viene cotto per pochi minuti su un lato, sull’altro e dalla parte con l’osso, per essere servito al sangue. A detta di molti, la più pregiata è la femmina di razza Chianina, ma anche Limousine e Fassona non sono da meno se ben lavorate, così come le varietà autoctone Calvanina o Marchigiana. In quanto al prezzo, il costo della fiorentina dipende da diversi fattori: oltre alla razza bovina da cui proviene, senza dubbio conta anche il tipo di ristorante in cui la si assaggia. Escludendo i locali turistici con cartelli che propongono questa bistecca a prezzi sospettosamente bassi (perfino a 15 euro, inclusi contorno e bevande), la spesa media a Firenze è di circa 50 euro al chilo, con un range che oscilla tra i 40 e i 60. Nel caso della Chianina – più ricercata anche perché espressione autentica del territorio – la cifra può salire fino a 70.
In fondo l’eccellenza impegna e i commercianti attenti alla qualità viaggiano in Europa alla ricerca degli esemplari migliori: è il caso di Alessandro Soderi dell’omonima macelleria del Mercato Centrale di Firenze, una sorta di talent scout della carne. «Con mio padre Paolo giro il mondo per conoscere i fornitori, in modo da tenere in bottega circa 20, 25 referenze provenienti da almeno dieci Paesi. Le visite iniziano negli allevamenti e nei macelli, effettuando prove sulla carne cruda e cotta, per assicurare costanza e linearità al cliente». Un itinerario tra i ristoranti di Firenze consente di scoprire le differenze rispetto alla preparazione della fiorentina, che comprendono affumicature e marinature particolari, interessanti alternative al piatto tradizionale. Attenzione ai dettagli, però: la Città del Giglio è piena di locali che parlano di Florentine steak, senza però indicare nel menù la razza bovina o se si tratta di incroci e non di animali in purezza. Spesso viene servita sulla pietra ollare della Valtellina, per mantenerla calda più a lungo, e non è raro trovare chi usa cristalli di sale Maldon, che rispetto a quelli tradizionali assicurano una sapidità immediata sciogliendosi subito in bocca. Per accompagnare la bistecca, le due migliori opzioni di contorno sono le patate arrosto e i fagioli bianchi. Nel calice, invece, si tende a preferire l’abbinamento con un Chianti Classico, a temperatura ambiente. In città, la bistecca è un’istituzione per diversi ristoranti storici, da Il Latini in via dei Palchetti alla Buca Lapi in via del Trebbio, da Coco Lezzone in via Parioncino alla Trattoria dall’Oste in via Alamanni o Marione in via della Spada, fino a locali di periferia come Da Burde in via Pistoiese e le outsider Regina Bistecca in via Ricasoli e la Vetreria in via 79
del Proconsolo. Ma per assaggiarla si può uscire da Firenze, poiché questa specialità è “patrimonio” dell’intera regione e trova un posto d’onore nei menù anche nelle altre province, sia sulla costa che all’interno. Pensiamo alla Maremma, patria dell’omonima razza bovina: qui c’è persino chi – come la Tenuta di Paganico (GR) – fa crescere le vacche allo stato brado, lasciandole libere di vivere, nutrirsi e persino di partorire nel bosco. L’allevamento etico, attento alla salute e al benessere degli animali, fa sì che, una volta macellate, le mucche forniscano una carne capace di perdere poca acqua durante la cottura. Lo sa bene uno dei macellai più apprezzati della zona, Andrea Laganga: «Frollate per almeno 15 giorni, dalle costate di maremmana si ricava la classica bistecca alla fiorentina, ma è di gran pregio anche il quarto anteriore che fornisce bolliti, brasati, stufati e stracotti». E se sulla costa viareggina, dove imperano piatti di mare come il cacciucco, opera il macellaio Fabrizio Mazzantini, nel Chianti il nome più quotato nell’arte dei beccai è quello dei Falorni, così come i Belli sono noti nel senese. C’è poi Dario Cecchini, il macellaio poeta di Panzano in Chianti (FI). Partendo dalle colline toscane, è arrivato a far apprezzare lombate e costate in tutto il mondo: «L’autentica dev’essere alta almeno tre dita di macellaio e provenire da un animale che abbia fatto una buona vita e un’onesta morte», spiega. Ma per lui, cantore della “ciccia” e grande affabulatore di folle, questa bistecca non è solo un taglio di carne né un semplice piatto della tradizione gastronomica toscana. «Nella fiorentina c’è l’archetipo del fuoco, ma so-
© Alessandro Moggi
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Da
rio
Ce
cch
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prattutto l’animale e il suo sacrificio. Nella liturgia laica della bistecca risiede la volontà di onorare la sua morte e trasformarla in un momento di convivialità che nutre la vita, chiudendo così il cerchio. Ecco perché non può che essere il piatto centrale di un pasto, da mangiare insieme, davanti a un caminetto con l’officiante che, come raccomandava Giuseppe Prezzolini nella sua Vita di Nicolò Machiavelli fiorentino, la cuoce su braci di legni nobili tipo la quercia o il leccio».
© Luca Managlia
Bovini di razza maremmana
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GENIUS LOCI
di Peppone Calabrese PepponeCalabrese [conduttore Rai1, oste e gastronomo]
peppone_calabrese
NEL CUORE DI SCANNO UN VIAGGIO NEL BORGO ABRUZZESE FAMOSO PER IL RITO DELLE GLORIE, TRA TRADIZIONI ANCESTRALI E PROFUMI ANTICHI DI LEGNA, ALL’OMBRA DI UNA MONTAGNA SELVAGGIA
È
un grande onore per me scrivere per questa rivista, ne sono un lettore incallito e vi confesso che ne porto via sempre una copia. Lo faccio perché mi fa sognare, mi ricorda di avere sempre una finestra aperta sul mondo per poter viaggiare con l’immaginazione, ma soprattutto, come dice in una canzone Eugenio Finardi, «per chi sa volare che da noi possa arrivare a riposare». Quando mi immergo nella lettura capisco quanto sia vitale viaggiare, scoprire posti nuovi, godere di arte e paesaggi,
insomma confrontarsi. C’è un aspetto dei miei viaggi che in particolare mi farebbe piacere condividere con voi ed è la voglia di scoprire e raccontare un’Italia fatta di volti, aneddoti, storielle, cibo, tradizioni di cultura contadina. Mi farebbe piacere farvi vedere con i miei occhi quanto sia potente sentirsi parte di una comunità e avere ben chiaro che la felicità passa inconfutabilmente dall’affettività, da quel parlar fitto fitto con il bottegaio, il calzolaio, l’oste, la sarta.
© Roberto Bellini/AdobeStock
Il borgo di Scanno (AQ)
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© Roberta Camilli
Lago di Scanno (AQ)
Il mio viaggio inizia da Scanno, in quella parte d’Abruzzo, ai margini del Parco Nazionale, tra Roccaraso e Sulmona. Arrivato qui comprendo immediatamente che siamo nel cuore pulsante della nostra amata Italia, anche perché il paese – e si potrebbe scrivere una fiaba solo su questo – è caratterizzato dalla presenza di un lago a forma di cuore. Scanno è uno dei borghi più belli d’Italia ed è in provincia dell’Aquila. Centro storico praticamente intatto grazie alla pietra locale, capace di resistere ai rigori di un clima di alta montagna che forgia corpi e anime e lascia il segno come una bella donna profumata. L’architettura e lo stile dei secoli passati si leggono perfettamente nei vicoli stretti stretti, ripidi e caratteristici. Perdersi è veramente facile, anzi lo faccio apposta, inebriato da profumi antichi di legna per camino e sugo di passata di pomodoro fatta in casa dalle nonne. Ora vi do un consiglio: se casualmente passate davanti a una pasticceria non potete non fermarvi ad assaggiare il Pan dell’orso, il dolce tipico locale con una storia di gusto alle spalle. A base di mandorle e miele, veniva usato dai pastori durante la transumanza come fonte di energia. Si racconta che un orso aggredì lo stazzo e divorò tutti i panelli contenuti nelle bisacce. Quel giorno nacque il Pan dell’orso. Annuso in paese un’energia dolce e frizzante ma soprattutto un forte legame con la tradizione e la montagna che lo sovrasta, aspra e amara ma rigogliosa, il tutto esaltato nei riti e negli sguardi dei suoi abitanti. Uno di questi mi ha segnato profondamente. Gregorio Rotolo di orsi ne sa qualcosa, uno lo ha anche salvato, incastrato tra due alberi, e solo per questo bisogna andare a conoscerlo. Sguardo intenso e vispo, dolce come solo un pastore sa essere. A primo impatto appare duro e aspro come la sua montagna, poi ti accorgi della profondità di
chi conduce una vita in simbiosi con la natura. Insomma uno che le cose le ha fatte e le sa. Sono tante le storie che mi ha raccontato durante i due giorni trascorsi in questo borgo, ma quella che più mi ha emozionato – dandomi la chiara percezione dell’uomo che avevo di fronte – è stata la narrazione del suo viaggio in Afghanistan. Gregorio è partito durante il periodo critico della guerra per insegnare quello che lui sapeva fare molto bene. I formaggi stagionati sono da sempre fonte di sostentamento per chi deve affrontare un inverno lungo, ma anche e soprattutto fonte di ricavo economico per i pastori. Gli afgani conoscevano solo l’arte di fare lo yogurt e un formaggio fresco, e non dimenticherò mai la gioia negli occhi di Gregorio al racconto di questa comunità alle prese con una nuova ed esaltante esperienza. Vi parlavo di riti ancestrali che si possono vivere visitando Scanno, cittadina che ha conservato costumi e usanze antiche grazie all'isolamento dovuto alla natura selvaggia. Qui gli inverni sono durissimi e le giornate corte già in autunno. Prima però che cominci l’anticamera del letargo, il 10 novembre solitamente il borgo interrompe la monotonia e le vie si animano di persone, tutte pronte e intente all’organizzazione di una festa unica, autentica, di comunità: le Glorie di San Martino, un rito agropastorale incentrato sul fuoco, una cerimonia unica in onore dell’inverno imminente che quest'anno non si svolge per rispettare le norme anti Covid-19. Ma vale la pena raccontare questa sorta di rito del fuoco che, forse, aveva la funzione di superare il timore atavico dell’assenza di luce e contestualmente di propiziarne il ritorno. Normalmente, in occasione della festa, tanti ragazzi si impegnano ad accumulare fascine, legna e tutto ciò che si possa bruciare. La vigilia di San Martino è speciale, il preludio alla giornata più lunga per il paese e l’energia si taglia a fette. I tre gruppi che si contendono 83
© Michele Garzi
GENIUS LOCI
la vittoria iniziano a creare, come dei veri costruttori, torri alte 20 metri, le Glorie appunto. Il clima di festa è coinvolgente, il vino novello non manca mai ma il lavoro è duro: martelli, seghe, ordini dei più anziani ed esperti per portare a casa la vittoria. E mentre la carne si cuoce sulla brace, le Glorie svettano sui tetti delle case. In alcuni angoli nascosti, piccoli operai e costruttori innalzano mini Glorie che verranno bruciate prima di quella grande. Poi, come una tribù indiana, con i carboni ancora caldi si pittano i volti e, felici come solo i bambini sanno essere, intonano canti e con i campanacci svegliano e preparano gli animi di tutti alla festa. Sembra di vivere un antico rito agrario per allontanare le forze del male che mettono in pericolo le sementi appena messe a dimora. Avvicinarsi alla Gloria per il momento unico e irripetibile dell’accensione richiede un certo coraggio. Per il rito di passaggio, un ragazzo prende una lunga pertica con la miccia accesa e incendia gli inneschi disposti lungo la Gloria che deve ardere interamente. La luce prodotta è potente e illumina tutti i visi sorridenti dei partecipanti alla festa. I tre falò risplendono tutta la notte sulle tre colline attorno a Scanno, come per purificare e aiutare a rendere feconda la terra. Da anni le tre contrade sono in competizione tra loro e la vittoria, che ne determina la gloria e la supremazia per un anno intero, viene assegnata con criteri che non sembrano molto rigidi: qualcuno mi ha detto per l’altezza della Gloria, altri per la durata del fuoco, altri ancora per la bellezza della danza che le fiamme producono. In attesa che il rito torni ad animare il borgo, vale la pena comunque andare a conoscere Scanno, per assaggiare la squisita ospitalità che solo gente di montagna sa dare. 84
© Nicola Piscitelli
L’accensione della Gloria di San Martino
Il pastore Gregorio Rotolo in partenza per la transumanza
INCLUSION
A PIEDI PER
CAMBIARE UNA SETTIMANA IN CAMMINO LUNGO LA VIA FRANCIGENA. TRE GIOVANI AUTORI DI REATO RACCONTANO IL LORO VIAGGIO-METAFORA VERSO UNA NUOVA VITA di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
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i sono sentito protetto e felice», esclama Paolo. «Il cammino lo puoi fare se senti un’ispirazione o se hai un’aspirazione», dice Damian. «Un’esperienza per mettere in movimento la mia vita e i miei desideri»
secondo Marco. Ecco uno stralcio delle riflessioni che tre ragazzi, autori di reato e impegnati in percorsi di recupero, qui citati con nomi di fantasia, hanno scritto dopo aver percorso per una settimana l’itinerario laziale della Via Francigena. Un’iniziativa
realizzata grazie al progetto pilota della onlus Setting in Cammino, in collaborazione con il Ministero della Giustizia e il Tribunale per i minorenni di Roma, che offre a chi ha compiuto un errore la possibilità di orientarsi nuovamente nella vita.
In cammino lungo la via Francigena, sui basoli dell'antica Via Cassia 85
INCLUSION Paolo ha trasmesso così il senso del suo viaggio: «Al terzo giorno mi sono sentito molto stanco ma l’esperienza era sempre più bella. Il cammino ti aiuta a pensare pulito. Ricordo che abbiamo preparato la cena tutti assieme: un momento di serenità piena e presente. È stato come tenere in “ballanza” la felicità». Damian, invece, osserva: «A me il cammino è servito per aprirmi agli altri, per imparare la pazienza e godermi la strada. All’inizio chiedevo sempre agli operatori quando era previsto l’arrivo e di poter riavere il cellulare, poi ho iniziato a godermi un percorso di amicizia. Volevo stare in contatto con me stesso, con il silenzio e la natura. Ognuno di noi è una stella che dà nuova luce». Marco, invece, ha imparato a pensare alle conseguenze che ha sul domani ciò che viene fatto nel presente. «Questa esperienza mi è servita per avere un altro punto di vista. Una volta ho gettato delle patatine lungo il percorso, pensando che le avrebbero mangiate gli uccelli. L’operatore, invece, mi ha fermato, le abbiamo raccolte insieme e mi ha spiegato l’effetto negativo che avrei
generato sugli altri. Poi, per un dolore al piede mi sono dovuto fermare, sebbene dispiaciuto, e ho capito quanto è importante prendersi cura di sé». Ad assistere i giovani, camminando al loro fianco, Luca Ansini, dottore di ricerca in pedagogia e presidente della onlus: «Da Bolsena a Roma abbiamo percorso a piedi 140 chilometri: un’esperienza fisica e metaforica nella quale i giovani, tra i 18 e i 20 anni, hanno imparato a trovare un ritmo comune. Una vera e propria esperienza educativa in grado di coinvolgere, a tutto tondo, giovani impegnati in un progetto di riorientamento delle proprie scelte di vita. La presenza di accompagnatori, specializzati in processi di aiuto lungo il cammino, e la temporanea separazione dal proprio contesto quotidiano, hanno permesso ai giovani di integrare gli aspetti cognitivi con quelli corporei», spiega Ansini. Poter stare nella natura ha significato anche «trovarsi nella dimensione del bello», attraversandolo. La Via Francigena è stata scelta perché è un tracciato ad alto contenuto simboli-
Panorama lungo il tratto laziale della via Francigena 86
co: «Tutti gli itinerari storici sono significativi perché percorsi per secoli da milioni di persone, ognuno con le sue domande e la sua ricerca, tutte da rispettare», conclude il responsabile. Zaino in spalla anche per Emanuela Magnaterra, psicoterapeuta esperta dell’età evolutiva, collaboratrice di Setting in Cammino: «Percorrere insieme un pezzo di strada rende uguali. Pur mantenendo i propri ruoli, si è esposti alla stessa sfida. E ciò ha consentito ai ragazzi, in stato di svantaggio sociale, di ridurre i pregiudizi verso la mia figura. In questa occasione, ritrovarsi alla pari in una relazione di aiuto ha permesso loro di ampliare la fiducia e avere maggiore facilità nel raccontarsi. Un’esperienza potente in un ampio spazio potenziale». Al progetto ha partecipato anche l’Università di Roma Tre, con il compito di valutarne l’efficacia finale. «Il dipartimento di Scienze della Formazione, diretto dal professor Massimiliano Fiorucci», spiega la professoressa Elena Zizioli, «ha scelto un approccio di qualità, con interviste e focus group, sostenuto da un modello educativo responsabilizzante. La finalità è stata quella di individuare le specificità proprie dell’esperienza immersiva del cammino in termini di crescita individuale e collettiva». Ultima parola alla presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, Alida Montaldi, che in un breve tratto di strada conclusivo si è unita ai giovani e agli educatori con un preciso obiettivo finale: «Credo sia importante far sentire a questi ragazzi che l’autorità giudiziaria minorile non si limita a "giudicarli", ma li "accompagna" e sostiene nel cammino, per riappropriarsi della possibilità di scegliere la propria vita come adulti liberi e responsabili. Un gesto simbolico, ma forte e chiaro, di vicinanza a loro e a chi si adopera per tracciare un diverso e possibile percorso di crescita. Questi ragazzi mi hanno fatto percepire, con semplicità e chiarezza, quanto fossero felici di vivere questa preziosa esperienza, che conservano nella memoria per attingervi fiducia nel proprio futuro». settingincammino.org
TEATRO
BERGAMO ALL’
OPERA
LA CITTÀ LOMBARDA RIACQUISTA IL TEATRO DONIZETTI, APPENA RESTAURATO. NELLA SPERANZA DI OSPITARE DAL VIVO, DA FINE NOVEMBRE, IL FESTIVAL DEDICATO AL GRANDE COMPOSITORE. CHE VERRÀ COMUNQUE TRASMESSO IN STREAMING di Bruno Ployer Photo Gianfranco Rota
L’evento segnalato potrebbe subire variazioni per le nuove disposizioni contro il Covid-19
Il Teatro Donizetti di Bergamo appena restaurato 87
TEATRO
I
l Teatro Donizetti di Bergamo, da poco restaurato, era pronto a ospitare la sesta edizione del festival dedicato al grande compositore. Un avvenimento molto importante, e non solo dal punto di vista artistico, per la città lombarda tragicamente colpita dalla grande ondata del Covid-19. Le misure anti-contagio annunciate il 25 ottobre, però, hanno disposto la chiusura dei teatri e l’evento per ora rimane confermato solo in streaming. In attesa di nuove disposizioni che potrebbero consentire di nuovo gli spettacoli dal vivo, la direzione del festival ha deciso di realizzare comunque le opere in programma, senza spettatori in sala, trasmettendole online, con la speranza che non intervengano ulteriori restrizioni. Tre i titoli: Belisario, Marino Faliero e Le nozze in villa. «Gli artisti non vedono l’ora di ricominciare», spiega il direttore musicale Riccardo Frizza, «perché non lavorare è come morire, in qualche modo. Nessuno si è tirato indietro, nessuno ha rinunciato a venire a Bergamo per far parte del festival. È importante che l’artista si faccia protagonista e promotore della cultura, che sta rischiando di morire». A proposito di protagonisti, lo spagnolo Plácido Domingo è per la prima volta Belisario nell’opera di inaugurazione, eseguita in forma di concerto. Il baritono, superati i 60 anni di carriera, continua ad aggiungere ruoli al suo sterminato repertorio. E si presenta così ai lettori della Freccia: «Quest’opera è poco rappresentata ma è stata scritta l’anno dopo la più celebre Lucia di Lammermoor e sempre dallo stesso librettista, Salvadore Cammarano. Donizetti in quegli anni ha vissuto un periodo terribile per la morte dell’amico Vincenzo Bellini, dei genitori e di suo figlio. Il personaggio di Belisario, infatti, è veramente tragico. Un condottiero che passa dal trionfo della vittoria all’infamia dell’esilio. Alla fine della sua vita ottiene il riscatto, quando finalmente emerge la verità, e si compie così il ritratto di questo padre e uomo magnanimo. Purtroppo Donizetti non ha scritto una romanza per Belisario», conclude il baritono, «ma abbiamo pagine di recitativi, duetti e terzetti estrema88
mente drammatici che meritano di essere valorizzati». Frizza, sul podio anche per questo titolo, si entusiasma: «Domingo è una leggenda e per Bergamo è un grandissimo onore averlo in queste recite. È la prima volta che canta in città. Due anni fa l’ha visitata, se ne è innamorato e ha espresso il desiderio di tornare per il nostro festival. Noi ovviamente abbiamo preso la palla al balzo. Tra l’altro, è il primo ruolo baritonale
di Donizetti che canterà. Belisario è un’opera importante nel repertorio del compositore e siamo felici che sia lui a interpretarla». Sarà invece in forma scenica Marino Faliero, con Michele Pertusi nel ruolo del protagonista. Si svolge nella Venezia del ‘300 e a metterla in scena sono Stefano Ricci e Gianni Forte, che vengono dalla prosa d’avanguardia e che negli ultimi anni si sono fatti valere anche nella lirica. «Ho condiviso
Riccardo Frizza sul podio
totalmente la scelta del direttore artistico Francesco Micheli di affidare la regia a questa coppia di innovatori», commenta Frizza. «Sanno scavare all’interno della drammaturgia portandola nella nostra epoca e dando un senso al teatro dell’800. Ho visto la loro Turandot al festival di Macerata, uno spettacolo rivoluzionario sotto tutti i punti di vista». Al festival ci sono anche Elio e Rocco Tanica: un’occasione per scoprire il lato classico dei due artisti, che hanno scritto un numero mancante nel dramma buffo Le nozze in villa. «Nella
partitura a noi giunta manca la musica del quintetto, così abbiamo affidato a loro la composizione», specifica il direttore. «È un titolo del Donizetti giovane e si presta alla sperimentazione. Elio e Rocco Tanica sono musicisti di formazione classica, diplomati al conservatorio ma prestati al pop. Abbiamo quindi pensato che potessero essere il collegamento tra la contemporaneità e l’opera lirica». E sul ruolo di Donizetti nella storia dell’opera italiana Frizza conclude: «Ha un posto di assoluta importanza, però spesso non riconosciuto. È
il compositore che anticipa gli argomenti e le innovazioni drammaturgiche su cui poi lavorerà Giuseppe Verdi. È stato un apripista nello sviluppare le scene e dare protagonismo agli aspetti psicologici dei personaggi. Nelle parti recitate per me è il primo. Come musicista nessuno lo mette in discussione, ma come drammaturgo lo stiamo riscoprendo adesso». donizetti.org donizettiopera donizettiopera FestivalDonizettiOpera 89
ARTE
© Matthu Placek - Collezione San Patrignano
LA SOLIDARIETÀ È UN CAPOLAVORO
Vanessa Beecroft VBSS.002 (2006-2017) Stampa digitale C-Print 90
A RIMINI IL NUOVO MUSEO PART OSPITA LA COLLEZIONE DI OPERE CONTEMPORANEE DELLA FONDAZIONE SAN PATRIGNANO. CHE AFFRONTANO TEMI COME L’EMARGINAZIONE E IL DISAGIO SOCIALE di Giuliano Papalini - paepa2010@libero.it
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ll’interno del complesso monumentale medievale costituito da Palazzo dell’Arengo e Palazzo del Podestà si inserisce un ambizioso progetto espositivo che coniuga la riqualificazione a fini culturali dei due edifici storici alla valorizzazione della straordinaria iniziativa solidale messa in campo dalla comunità fondata da Vincenzo Muccioli. «Part è un percorso sinergico che, attraverso cultura e arte, alimenta un nuovo modello di collaborazione tra pubblico e privato», ha spiegato Letizia Moratti, cofondatrice della Fondazione San Patrignano durante l’inaugurazione del nuovo museo. «Un modello in grado di promuovere cultura, occupazione, sviluppo eco-
Michelangelo Pistoletto, Tra specchio e tela (1988) Serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio Collezione San Patrignano
nomico e riqualificazione urbana nel nome e per conto dell’innovazione, della qualità, della responsabilità sociale e della partecipazione allargata. Ringrazio la città di Rimini e il suo sindaco per aver creduto fin dall’inizio in questo progetto di alleanza virtuosa a cui San Patrignano contribuisce con la propria collezione d’arte, nata dall’idea – mutuata dalla tradizione delle fondazioni anglosassoni – di dotarsi di una risorsa patrimoniale per eventuali progetti di natura straordinaria». Tutte le opere, continua Moratti, «sono frutto unicamente di donazioni e affrontano temi chiave per San Patrignano: l’emarginazione, il disagio sociale, l’accoglienza, la rinascita. Credo che Part rappresenti un unicum nel 91
ARTE
suo genere e possa costituire uno stimolo per progetti simili in una nazione come l’Italia che dovrebbe sempre costruire, anche sulle leve dell’arte e della cultura, una delle direttrici di sviluppo attuale e futuro». E se il concetto di patrimonio artistico nel nostro Paese viene prevalentemente ricondotto ai capolavori antichi, questo nuovo museo «è invece un’ulteriore testimonianza del fatto che anche le opere contemporanee contribuiscono in maniera significativa ad arricchirlo», sottolinea Clarice Pecori Giraldi, responsabile del coordinamento curatoriale della Collezione San Patrignano. Part è il risultato, in continua evoluzione, della prima grande iniziativa italiana di endowment su modello anglosassone: le opere della raccolta sono infatti state donate alla Fondazione San Patrignano con atti che impegnano a non alienarle per un periodo minimo di cinque anni, ma valorizzandole e rendendole visibili al pubblico. Successivamente, potranno essere cedute solo in caso di esigenze straordinarie della comunità per soddisfare necessità priorita-
Mimmo Paladino Cinema (2010) Terracotta, ossidi e smalti Collezione San Patrignano Thomas De Falco Arazzo (particolare) (2020) Tecnica mista Collezione San Patrignano
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rie degli ospiti che stanno seguendo un percorso di recupero dalla tossicodipendenza. La raccolta è già oggi una ricca collezione contemporanea che riunisce oltre 50 artisti di rilievo internazionale, tra i quali Vanessa Beecroft, Bertozzi & Casoni, Pier Paolo Calzolari, Loris Cecchini, Jake e Dinos Chapman, Sandro Chia, George Condo, Enzo Cucchi, Thomas De Falco, Nicola de Maria, Flavio Favelli, Giuseppe Gallo, Alberto Garutti, Giorgio Griffa. E, ancora, Da-
mien Hirst, Emilio Isgrò, William Kentridge, Iva Lulashi, Agnes Martin, Igor Mitoraj, Davide Monaldi, Gian Marco Montesano, Mimmo Paladino, Achille Perilli, Diego Perrone, Luca Pignatelli, Pino Pinelli, Michelangelo Pistoletto, Mario Schifano, Julian Schnabel, Ettore Spalletti, Grazia Toderi, Francesco Vezzoli, Velasco Vitali, Xiaongang. Il Part ospita inoltre un’opera site specific dell’artista David Tremlett, realizzata con l’aiuto dei ragazzi della comunità. La sede di Rimini è il pun-
to di arrivo della mostra itinerante La collezione San Patrignano - Work in progress che dal 2018 ha toccato alcune delle principali istituzioni museali del Paese, come la Triennale di Milano, Palazzo Drago a Palermo, il MAXXI di Roma e la Sala d’Arme di Palazzo Vecchio a Firenze. palazziarterimini.it partrimini partrimini Part Rimini
Francesco Vezzoli, Madonna piangente con lacrima cubista (2019) Ricamo in cotone su tela e tessuto Collezione San Patrignano 93
ARTE
SCULTURE IN CAMPO IL PROGETTO DI LUCILLA CATANIA PORTA L’ARTE CONTEMPORANEA FUORI DAI MUSEI, NELLA CAMPAGNA E NEL BORGO DI BASSANO IN TEVERINA di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com Photo Giorgio Benni
Sculture in campo, Casetta Lola, veduta delle opere di Lucilla Catania
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critico d’arte Roberto Gramiccia nel suo testo per la mia monografia Stareeandare. Ci potresti tracciare un tuo breve profilo personale e professionale? Sono un’artista romana degli anni ‘80. In quel periodo imperversava la pittura di derivazione transavanguardistica, e c’era poco spazio per la scultura, in particolare per quella realizzata da donne. Sono sempre stata una solitaria, svincolata dalle tendenze dominanti del momento. Ho portato avanti una ricerca nella scultura che, pur partendo da basi classiche, si apre ai nuovi codici della contemporaneità. Al centro dei miei studi ci sono la forma, la materia, il volume. Quando e come ti è venuta in mente l’idea di fondare il Parco delle sculture? È nata nel 2017 quando, volendo posizionare alcuni miei lavori di grandi dimensioni nel giardino della mia casa a Bassano in Teverina, mi sono resa conto che sarebbe stato molto interessante affiancarvi opere di altri autori. Il motivo principale credo sia da rintracciare nella mia personale visione del mondo e nella mia sensibilità di donna. Credo che oggi l’artista dovrebbe uscire dal suo individualismo e lavorare su un progetto di inclusione e condivisione dell’arte. In quanto intellettuale, in un mondo pesantemente compromesso sul piano sociale ed ecologico, dovrebbe aprirsi a una visione collettiva del fare arte e cultura, alla ricerca di un’esperienza estetica
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perazione non nuova nella storia dell’arte italiana. Ma, in questo caso, il committente non è un’aristocratica famiglia o un ricco collezionista, bensì un’artista animata dalla passione per la scultura. A fare da sfondo, una natura di particolare bellezza e biodiversità, arricchita da una forte presenza archeologica: la campagna di Bassano in Teverina (VT), piccolo borgo tra le città di Orte e Viterbo, dal quale si gode un suggestivo panorama sulla vallata del Tevere. Sculture in campo si articola come un work in progress: ogni anno nuovi artisti posizionano le loro opere nel Parco, inaugurato nel 2017 con sei grandi sculture. Per saperne di più abbiamo intervistato la fondatrice e anima pulsante del progetto, Lucilla Catania. Come ti definiresti? "Una gazzella contro", come scrive il
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immersiva e coinvolgente. Per te è stata non solo una scelta professionale, ma anche di vita, visto che ti sei spostata per gran parte dell’anno in campagna. Come è cambiata la tua quotidianità? Ormai da 11 anni vivo tra Roma e Bassano in Teverina, condividendo il mio spazio con circa 35 animali – oche, galline, gatti, cani e una cavalla – di cui mi occupo personalmente e che rappresentano, insieme alle opere d’arte, l’anima di Sculture in campo. La mattina mi alzo presto per occuparmi di loro. Successivamente sbrigo tutto ciò che ha a che fare con il lavoro in campagna, dalla sistemazione del giardino alla potatura delle piante fino alla pulizia dei box che ospitano i miei animali nelle ore notturne. La giornata finisce con il tramonto del sole. Con quali criteri selezioni gli scultori da invitare nel Parco? Sculture in campo ha un comitato scientifico e due curatori che ho coinvolto fin dall’inizio, Alberto Dambruoso e Roberto Gramiccia. Insieme decidiamo di anno in anno quali saranno gli artisti da invitare. A oggi quali sono quelli presenti? Nel 2018 abbiamo invitato Alberto Timossi, Francesca Tulli e Luigi Puxeddu. Successivamente, nel 2019, sono state posizionate le opere di Andrea Fogli, Licia Galizia, Vittorio Messina e Paolo Grassino. Nel 2020, nonostante le mille difficoltà causate dal Covid-19, abbiamo avuto Inés Fontenla, Bruno Ceccobelli, Roberto Pietrosanti e Paolo Garau. Sono tutte opere di grandi dimensioni, realizzate con materiali resistenti agli agenti esterni e non deperibili, ispirate in qualche modo al contesto naturalistico. Per te è sempre stato importante coniugare l’arte con la natura, gli animali e lo sport. Come mai? Gli animali sono quegli esseri meravigliosi con i quali condividiamo il pianeta. A mio avviso, dovremmo amarli e rispettarli di più, anche perché è grazie a loro che noi viviamo in equilibrio con l’ecosistema. Per quanto riguarda lo sport, mi definisco un “animale da palestra”, avendo sperimentato diverse discipline per 35 anni. Lo sport praticato con passione e costanza è un’arte. 95
ARTE
Alberto Timossi, Flusso (2015)
La popolazione di Bassano in Teverina come ha preso questa nuova realtà del territorio e come interagisce col progetto? Sculture in campo è stato sostenuto fin all’inizio dall’amministrazione comunale di Bassano in Teverina. Il giovane sindaco Alessandro Romoli ha dimostrato di porre attenzione all’arte contemporanea come viatico di cultura e civiltà anche per il paese. I bassanesi, nonostan-
te la novità del progetto, incuriositi dalla presenza di opere diffuse sul territorio seguono con interesse e partecipazione l’attività del Parco. Sto lavorando con il mio gruppo per coinvolgere in modo diretto tutta la comunità e l’hinterland. Lo scopo è valorizzare, attraverso il Parco e le sue iniziative, le imprese agrituristiche, enogastronomiche e le attività artigianali locali. Con un tour operator mi piacerebbe, poi, definire un pacFrancesca Tulli, Umana Natura (2018)
chetto turistico per un weekend di archeologia, arte contemporanea, natura e sport. Progetti futuri? Oggi Sculture in campo comprende cinque spazi espositivi. Innanzitutto, due terreni nella campagna bassanese, Casetta Lola e Il Querceto. Poi, all’interno del borgo antico ci sono due spazi indoor per mostre temporanee: Sculture in campo ipogeo e Sculture in campo progetti, riservato a disegni, studi e bozzetti preparatori delle opere ospitate nel Parco. Con il Comune di Bassano in Teverina stiamo realizzando anche La valle delle presenze, un’ulteriore estensione del Parco, in un’area ai piedi del borgo che l’amministrazione sta riqualificando. In questo luogo, che diventerà uno spazio di cultura, socialità e sport, con una palestra all’aperto, verranno posizionate quattro opere realizzate da artisti under 40 vincitori di un bando indetto da Sculture in campo. Tra i prossimi progetti c’è anche la volontà di costituire un network per riunire, su un’unica piattaforma online, tutti i parchi di scultura italiani, e poi quelli internazionali, per fare squadra e definire una nuova offerta turistico-culturale globale da vivere in modalità slow e all’insegna della sostenibilità. Al termine di una visita a Sculture in campo, cosa ti auguri che il pubblico porti con sé? Soprattutto il ricordo di una giornata passata in un luogo in cui arte e natura offrono un’esperienza estetica totale e coinvolgente, che ritengo fondamentale per migliorare la qualità della vita delle persone. Penso che questo sia il compito della cultura. scultureincampo.it scultureincampo
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© Simon d’Exéa
NATURA AD ARTE
Mario Merz Senza titolo (Igloo di Oporto) (1998 - part.2)
Benedetto Pietromarchi (2020) Courtesy Museo Carlo Bilotti
A VILLA BORGHESE, FINO AL 13 DICEMBRE 2020, INSTALLAZIONI CONTEMPORANEE IN SIMBIOSI CON GLI SPAZI VERDI DELLO STORICO PARCO ROMANO di Francesca Ventre
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l ritorno alla natura, mai come in questi tempi, è desiderato e necessario. Back to Nature. Arte contemporanea a Villa Borghese è la mostra a ingresso gratuito, curata da Costantino D’Orazio, che prevede installazioni open air al Parco dei Daini e in piazza di Siena, nella storica area verde romana, e all’interno dei musei Carlo Bilotti e Pietro Canonica.
Fino al 13 dicembre si possono ammirare creazioni realizzate per essere esposte all’aperto, progettate o reinventate per l’occasione da artisti di rilievo internazionale come Andreco, Mario Merz, Mimmo Paladino, Benedetto Pietromarchi, Davide Rivalta, Grazia Toderi, Edoardo Tresoldi, Nico Vascellari. Le opere si caratterizzano per esilità e trasparenza, così da poter essere ammirate in perfetta sintonia con la natura. Passeggiare a Villa Borghese diventa un’occasione per apprezzare il contemporaneo che dialoga con l’architettura e la flora del parco. Non mancano, infine, performance musicali e interventi di street artist per coinvolgere il pubblico: i visitatori possono interagire con le immagini elaborate dagli artisti e diventare protagonisti attraverso selfie e scatti fotografici. museiincomuneroma.it museocarlobilotti.it museocanonica.it 97
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OMELIA © JR
CONTADINA
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uando non ci saranno più le lucciole, le api, le farfalle, quando l’industria avrà reso inarrestabile il ciclo della produzione allora la nostra storia sarà finita. La nostra storia è finita». Sono volti battuti dal vento e dal sole, mani screpolate dal lavoro, scarpe fangose e occhi malinconici, ma fieri, quelli dei contadini e delle contadine che si sono ritrovati
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sull’altopiano dell’Alfina per inscenare una vera e propria liturgia funebre e pronunciare insieme queste parole, in bilico tra poesia e previsione catastrofica. Omelia contadina è il cortometraggio realizzato dall’artista JR con la regista Alice Rohrwacher presentato in anteprima a Venezia, tra le proiezioni speciali della scorsa Mostra del Cinema, per riflettere e denunciare
la fine del mondo rurale. Fino al 10 gennaio 2021 l'azione cinematografica è visibile, in versione integrale, presso la Continua di San Gimignano (SI) come pezzo forte dell’omonima esposizione di JR, per la prima volta in Italia con una personale. Negli spazi suggestivi della galleria toscana – che a metà degli anni ’50 era un teatro di cui si è mantenuta la struttura originale – il fotografo e
ALLA GALLERIA CONTINUA DI SAN GIMIGNANO, PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, UNA MOSTRA PERSONALE DEL FOTOGRAFO E STREET ARTIST PARIGINO JR. PER RIFLETTERE E DENUNCIARE LA SCOMPARSA DEL MONDO RURALE di Sandra Gesualdi sandragesu sandragesu
JR Omelia contadina (2020) Processione, San Gimignano (SI) Courtesy l’artista e Galleria Continua
street artist parigino, che ama definirsi “photograffeur” per i suoi collage di foto e graffiti, indaga sulla scomparsa della civiltà contadina attraverso una serie di opere iconiche realizzate su vetro o gesso e un’installazione site specific che popola e trasforma l’intera platea e il palcoscenico dell’ex cinema-teatro. Profondamente sensibile alle tematiche sociali e attento alle fragilità
insite nella collettività contemporanea, JR utilizza spesso gli spazi cittadini più degradati per dare voce ai senza voce, mischiando il linguaggio della fotografia a interventi performativi e arte urbana con l’idea di ribaltare le prospettive formali e la determinata convinzione che l’arte possa cambiare il mondo. Famose le sue opere di grandi dimensioni attaccate come manifesti
sui muri e palazzi dei quartieri più fatiscenti di Parigi, Istanbul, Los Angeles, Berlino o a ridosso della barriera che separa il Messico dall’America. Gli occhi giganti delle donne che vivono nelle favelas, attaccati sia sulle baracche che nella piazza principale di Rio de Janeiro, urtarono e scandalizzarono i benpensanti. Di recente l’artista si è interessato alle difficoltà dei piccoli 99
© JR
ARTE
Omelia contadina, Iris Pulvano (2020) Installazione nel teatro della Galleria Continua Courtesy l’artista e Galleria Continua
produttori agricoli sopraffatti e vinti dalle multinazionali che sfruttano i territori con colture e allevamenti intensivi, a suon di pesticidi e agenti chimici. «Nell’autunno scorso, durante una
passeggiata al confine tra Umbria, Lazio e Toscana, raccontavo all’amico JR le mie preoccupazioni sulla distruzione del paesaggio agrario, violato dalle monoculture intensive con cui le grandi società stanno
plasmando interi territori», racconta Rohrwacher, figlia di un apicoltore che nell’altopiano viterbese ha trascorso l’infanzia. «Gli facevo notare la grave moria di insetti prodotta da simili impianti e le lotte dei piccoli Omelia contadina (2020) Processione, San Gimignano (SI)
© Ela Bialkowska, OKNO Studio
Courtesy l’artista e Galleria Continua
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moria di coloro che hanno profuso impegno millenario nei confronti del territorio, di generazione in generazione, tra silenzio e fatica, filari di viti e distese di grano. In ricordo di chi da secoli coltiva, plasma, dissoda e semina la terra senza gli onori della storia. «Per il contadino sconosciuto che ha piantato siepi per convivere con animali e insetti o alberi per donare ombra e ristoro a greggi e pastori», invocano i coltivatori immortalati dagli scatti di JR e dalle riprese di Alice. «Per tutti quelli che hanno avvelenato ciò di cui dovevano nutrirsi. Preghiamo. Per tutti i contadini che hanno sofferto miseria e povertà ma hanno lasciato al
mondo delle bellezze, delle meraviglie e dei paesaggi di cui tutti oggi si stupiscono. Per questa commovente testimonianza che gli esseri umani possono vivere in armonia con la natura, e non solo vocati al profitto e alla distruzione di tutte le risorse. Ci avete sotterrato ma non sapevate che eravamo semi». Quando l’arte incontra la terra viva si trasforma in rivoluzione gentile e le esequie in speranza. galleriacontinua.com jr-art.net GContinua galleriacontinua JRart jr
Omelia contadina (2020) Processione, San Gimignano (SI) Courtesy l’artista e Galleria Continua
© JR
contadini che provano ad arginare questo fiume in piena di speculazioni, sussidi, pesticidi», prosegue la regista fiorentina. «Poi ci siamo fermati a un crocevia: su tutti i fronti si dipartivano fino all’orizzonte file ininterrotte di noccioli. Ci siamo detti che sembrava un cimitero di guerra, così abbiamo deciso: se sembra un cimitero, dobbiamo celebrare un funerale. Ma che sia un funerale pieno di vita!». In processione, anche tra le vie attorcigliate di San Gimignano, una sagoma gigante in carta a rappresentare un agricoltore o un’agricoltrice, con banda al seguito e un’omelia da recitare durante la sepoltura. Una performance in me-
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MI SCATTA DA RIDERE
IL LATO BUFFO DELLA NATURA NEGLI SCATTI DEL COMEDY WILDLIFE PHOTOGRAPHY AWARDS, IL CONCORSO FOTOGRAFICO CHE VUOLE SENSIBILIZZARE IL PUBBLICO SULLE SPECIE A RISCHIO di Cecilia Morrico
MorriCecili
morricocecili
Photo Comedy Wildlife Photography Awards
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Arthur Telle Thiemenn Smiley El Hierro, Isole Canarie
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U
na tartaruga marina dall’aria scocciata sembra fare un gestaccio all’obiettivo, quasi un velato mes-
Mark Fitzpatrick Terry the Turtle flipping the bird Isola di Lady Elliot, Australia
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saggio per questo 2020 che sta per finire. È lei la vincitrice indiscussa di Comedy Wildlife Photography Awards, il concorso fotografico più
divertente del mondo. Fondato da Paul Joynson-Hicks e Tom Sullam, entrambi fotografi professionisti e appassionati ambientalisti, è un
Esa Ringbom Doggo Kuhmo, Finlandia
contest globale, online e gratuito che raccoglie scatti insoliti e spassosi con gli animali più straordinari del pianeta. Oltre a strappare un sorriso, il progetto vuole sensibilizzare il pubblico sull’importanza della conservazione della fauna selvatica, grazie anche alla collaborazione con la Born Free Foundation che si occupa di tutelare gli ambienti naturali a rischio e le specie che ci vivono. Dai ritratti sui generis è facile rendersi conto che gli animali provano emozioni: le foto mostrano un pesce che sorride (Smiley), un babbuino infreddolito che si fa un bagno caldo (So Hot), un pinguino nauseato (I could puke) e un orso timido costretto a nascondersi dietro a un albero (Doggo). La tartaruga immortalata da Mark Fitzpatrick, in lista con altre 44 immagini, si aggiudica un trofeo forgiato a mano dall’Art Garage a Dar es Salaam, in Tanzania, e un safari di una settimana in Kenya. Che magari diventi il set ideale per nuove irriverenti foto. comedywildlifephoto.com comedywildlife comedywildlifephotoawards comedywildlifephoto
Wei Ping Peng So Hot Giappone
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IL MONDO VISTO DAL
CIELO
L’evento segnalato potrebbe subire variazioni per le nuove disposizioni contro il Covid-19
Foto dell’anno Jim Picôt, Love Heart of Nature In inverno, uno squalo si ritrova all’interno di un gruppo di salmoni che, inseguendo un pesce esca, creano la forma di un cuore 106
IN MOSTRA A SIENA LE IMMAGINI VINCITRICI DEL PREMIO INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA AEREA DRONE PHOTO AWARDS a cura di Silvia Del Vecchio s.delvecchio@fsitaliane.it
A
l Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena, fino al 29 novembre, si possono ammirare le immagini più apprezzate della prima importante rassegna collettiva in Italia sulla fotografia aerea. Above us Only Sky mostra la bellezza del mondo vista dai cieli attraverso gli scatti premiati ai Drone Photo Awards, in occasione del festival Siena Awards. Un’opportunità irripetibile per osservare scatti meravigliosi realizzati dai fotografi di 126 Paesi, suddivisi in nove categorie, e per riflettere sulle condizioni ambientali e sociali della Terra nel nostro tempo. festival.sienawards.com sipacontest sipacontest sipacontest Siena International Photo Awards
Nature (secondo classificato) Martin Harvey, Flamingos at Lake Logipi Il sole del primo mattino illumina i fenicotteri raccolti sul bordo del Lago Logipi, in Kenya, lungo un’interessante formazione geologica a ventaglio
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PHOTO Wildlife (primo classificato) Dmitrii Viliunov, Where Herons Live Molti pensano che gli aironi facciano il nido tra i canneti o nelle paludi. In realtà , scelgono le cime di enormi alberi e con un drone è stato possibile vederli
Urban (primo classificato) Tomasz Kowalski, Alien Structure on Earth Cambiando prospettiva, a volte si riesce a percepire la forza di una struttura. Le Petronas Towers, note anche come Petronas Twin Towers, sono grattacieli gemelli a Kuala Lumpur, in Malesia
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People (primo classificato) Alessandra Meniconzi, Frozen Land A -30°C gli inverni nella steppa eurasiatica possono essere brutali. Ma la vita non si ferma e la gente del posto si muove da un villaggio all’altro con la slitta, attraversando fiumi e laghi ghiacciati
Life under Covid-19 Tomer Appelbaum, Black Flag Tel Aviv, 19 aprile 2020. Migliaia di israeliani mantengono le distanze sociali a causa delle restrizioni per il Covid-19 mentre protestano contro il primo ministro Benjamin Netanyahu, in piazza Rabin
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I MILLE VOLTI DI L’evento segnalato potrebbe subire variazioni per le nuove disposizioni contro il Covid-19
JOHN
Annie Leibovitz, Meryl Streep, New York City (1981), 2014 110
IN MOSTRA A TRIESTE LE FOTO DI SANDRO MILLER IN CUI MALKOVICH REINTERPRETA I RITRATTI PIÙ ICONICI REALIZZATI DAI MAESTRI DELL’OBIETTIVO di Luca Mattei ellemme1 - l.mattei@fsitaliane.it Photo Sandro Miller
«Con John sapevo di avere a disposizione la persona giusta per portare avanti l’enorme, folle compito di ricreare questi straordinari scatti dei Maestri» Sandro Miller Andy Warhol, Self Portrait (Fright Wig) (1986), 2014
Philippe Halsman, Salvador Dalí (1954), 2014
C
hi è davvero John Malkovich? Il dubbio viene a guardare le decine di immagini che compongono la mostra Malkovich, Malkovich, Malkovich. Homage to Photographic Masters, al Magazzino delle Idee di Trieste fino al 31 gennaio 2021. Si tratta degli scatti realizzati dal fotografo Sandro Miller che ha utilizzato il noto
Skira, pp. 144 € 40 111
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attore americano per riprodurre i più iconici ritratti di personaggi famosi realizzati dai grandi maestri dell’obiettivo. Un progetto vincente grazie al talento di Miller per l’illuminazione e l’editing, ma soprattutto per merito delle interpretazioni camaleontiche dell’attore. Così, a un primo sguardo, sembra di rivedere l’autoritratto di Andy Warhol o le foto di Herb Ritts a Jack Nicholson (nei panni di Joker), di Arthur Sasse ad Albert Einstein, di Annie Leibovitz a Meryl Streep e di Philippe Halsman a Salvador Dalí. Si tratta invece delle sorprendenti e multiformi mimiche di John Malkovich. Da osservare anche in un catalogo da collezione edito da Skira. magazzinodelleidee.it magazzinoideetrieste
Herb Ritts, Jack Nicholson, London (1988), 2014 Arthur Sasse Albert Einstein Sticking Out His Tongue (1951), 2014
«John è una bella tela pulita, pronta per essere dipinta. Ha una mentalità estremamente libera, non ha mai paura ed è disposto a esplorare mondi che la maggior parte degli attori del suo calibro eviterebbero. È un genio che ama il rischio, con un talento che gli permette di diventare qualsiasi cosa io chieda. La sua disponibilità a giocare a travestirsi, diventando il protagonista di alcune tra le immagini più emblematiche della storia, è stato un vero dono per me: il lavoro più importante che ho realizzato finora» Sandro Miller 112
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OFFERTE E SERVIZI
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er un’esperienza di viaggio a 360 gradi ci pensa l’app Trenitalia. Una volta scelto il proprio treno e un attimo prima di concludere l’operazione è possibile cliccare sul pulsante Completa il tuo viaggio che consente di aggiungere al carrello una serie di servizi utili ad arricchire il proprio itinerario. Se per esempio si è diretti a Venezia, si può acquistare il voucher per il servizio pubblico locale Actv (vaporetti o autobus). Se la meta è la Sicilia, invece, con un semplice tap è possibile selezionare il biglietto di corsa semplice per le navi veloci Blu Jet Villa S. Giovanni-Messina e viceversa. A Milano, Roma, Torino, Napoli, Palermo, Catania e Cagliari è disponile il servizio Taxi Free Now (dettagli nella pagina seguente). E, ancora, si può prenotare uno dei parcheggi Metropark nelle stazioni italiane oppure il trasporto del proprio amico a quattro zampe. Tante soluzioni per un viaggio completo. trenitalia.com
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T
utti i clienti Trenitalia che viaggiano da/per Milano, Roma, Torino, Napoli, Palermo, Catania e/o Cagliari possono acquistare insieme al biglietto del treno un voucher Free Now a prezzo ridotto. Free Now è l’app leader in Europa per prenotare e pagare il taxi da smartphone o tablet. Disponibile in oltre 100 città di dieci Paesi europei, vanta 10 milioni di download e 100mila tassisti con licenza registrati al servizio. In più, per i soci CartaFRECCIA, 1 punto fedeltà per ogni 2,50 euro spesi a bordo di uno dei cinquemila taxi Free Now a Milano, Roma, Torino, Napoli, Palermo, Catania e Cagliari. Dettagli su trenitalia.com - offerte e servizi - free-now e free-now.com
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ECONOMY
LIBERTÀ DI VIAGGIO E CAMBI ILLIMITATI Biglietto acquistabile fino alla partenza del treno. Entro tale limite sono ammessi il rimborso, il cambio del biglietto e il cambio della prenotazione, gratuitamente, un numero illimitato di volte. Dopo la partenza, il cambio della prenotazione e del biglietto sono consentiti una sola volta fino a un’ora successiva.
CONVENIENZA E FLESSIBILITÀ Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del secondo giorno precedente il viaggio. Il cambio prenotazione, l’accesso ad altro treno e il rimborso non sono consentiti. È possibile, fino alla partenza del treno, esclusivamente il cambio della data e dell’ora per lo stesso tipo di treno, livello o classe, effettuando il cambio rispetto al corrispondente biglietto Base e pagando la relativa differenza di prezzo. Il nuovo ticket segue le regole del biglietto Base.
SUPER ECONOMY MASSIMO RISPARMIO Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del decimo giorno precedente il viaggio. Il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti.
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L’offerta consente di usufruire di prezzi ridotti per chi utilizza, in un unico viaggio, un treno Notte e un treno Frecciarossa o Frecciargento. La promozione è valida per i viaggiatori provenienti con un treno notte dalla Sicilia, dalla Calabria o dalla Puglia che proseguono sulle Frecce in partenza da Napoli, Roma o Bologna per Torino, Milano, Venezia e tante altre destinazioni, e viceversa 4 .
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© DGTL Graphics sro/AdobeStock
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Tappa a Torino per la mostra internazionale World Press Photo Exhibition 2020. Fino al 18 gennaio 2021, il più grande concorso di fotogiornalismo al mondo invade le sale di Palazzo Madama. Migliaia di reporter delle principali testate internazionali come National Geographic, BBC, CNN, El País e Le Monde si contendono il titolo nelle otto diverse categorie in gara. A sfidarsi, quest’anno, 4.282 fotografi provenienti da 125 Paesi per un totale di 73.996 immagini. Tra i 44 arrivati in finale, di 24 nazioni diverse, ci sono anche sei italiani. Tra loro Fabio Bucciarelli, torinese classe 1980, secondo premio nella categoria General news con un servizio realizzato
per L’Espresso sulle proteste in Cile iniziate a ottobre 2019. Sale sul podio anche il cuneese Nicolò Filippo Rosso, terzo nella sezione Storie della categoria Contemporary issues, con un lavoro sugli effetti della crisi politica e socio-economica in Venezuela e sulla migrazione dei cittadini in Colombia. Ingresso 2x1 riservato ai soci CartaFRECCIA in possesso di biglietto per le Frecce con destinazione Torino e data antecedente al massimo di tre giorni da quella della visita. Riduzione sul ticket d’ingresso anche per chi viaggia da solo, alle stesse condizioni, e per chi è in possesso di un abbonamento annuale e/o mensile o della Formula Piemonte.
IN CONVENZIONE ANCHE TORINO • Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea • China Goes Urban, Mao - Museo di arte orientale, fino al 14 febbraio 2021 MILANO • Divine Avanguardie, Palazzo Reale, fino al 5 aprile 2021 • Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci VENEZIA • Collezione Peggy Guggenheim BOLOGNA • Viaggio in Etruria, Museo civico archeologico, fino al 29 novembre Info su trenitalia.com
Gli eventi segnalati potrebbero subire variazioni per le nuove disposizioni contro il Covid-19
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NETWORK // ROUTES // FLOTTA Bolzano Ora Udine
Bergamo
Trento Verona
Milano
Vicenza
Brescia
Trieste
Venezia Padova
Mantova
Torino
Treviso
Reggio Emilia AV Genova
Modena Bologna
La Spezia
Rimini
Firenze
Assisi
Pisa
Perugia
NO STOP
Ancona
Siena Pescara Roma Fiumicino Aeroporto
Foggia
Caserta Napoli
Matera
Bari Lecce
Potenza
Salerno Sapri
Taranto
Sibari
Paola
LEGENDA:
Lamezia Terme Reggio di Calabria
Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com
FRECCIAROSSA ETR 1000 Velocità max 400 km/h Velocità comm.le 300 km/h Composizione 8 carrozze 124
Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 WiFi
Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità Fasciatoio
FRECCIAROSSA
FRECCIAROSSA ETR 500
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 700
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 WiFi | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
1a
FRECCIARGENTO ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA
Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 125
PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE
ellemme1 - l.mattei@fsitaliane.it
© Roberto Conte
a cura di Luca Mattei
Anonimo, copertina L’Italia - Rivista turistica e ferroviaria n. 105 (marzo 1957) Stampa fotografica su carta 20x15 cm
Una veduta aerea di piazza di Spagna con la scalinata di Trinità dei Monti, a Roma. È la cover scelta a marzo 1957 dal periodico L’Italia - Rivista turistica e ferroviaria. Raccogliendo l’eredità di Italia, pubblicazione degli anni ’30 edita da Enit - Agenzia nazionale del turismo in collaborazione con Ferrovie dello Stato, questo magazine assunse il nuovo titolo nel Secondo dopoguerra. In quegli anni ospitava articoli di Gio Ponti e Carlo Carrà e rubriche su artisti come Renato Guttuso, dava ampio spazio a moda e costume e per le copertine, spesso vere opere d’arte, iniziava a preferire la moderna fotografia alle stilizzazioni grafiche. Questa e altre riviste, insieme a bollettini, opuscoli, monografie e manifesti, ma anche documentari cinematografici e campagne pubblicitarie, sono protagonisti della mostra digitale Enit e l’Italia. Una gran bella storia, iniziativa con cui l’Agenzia mette a disposizione il proprio archivio storico su una piattaforma 3D raggiungibile online. Un omaggio a un ente di lunga data, fondato nel 1919 per far conoscere all’estero il nostro Paese come destinazione turistica d’eccellenza. «L’industria dell’accoglienza», sottolinea il direttore di Enit Giovanni Bastianelli, «segue una linea tendenziale ascendente: in 100 anni il movimento turistico è esploso da 900mila visitatori nel 1911 a quasi 64 milioni di arrivi nel 2019». E la speranza di tutti è che, una volta terminata la pandemia, l’Italia torni a essere tra le mete più desiderate al mondo. 126
PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS
NUOVO VOLTO PER CAMPO MARZIO © Archivio Fondazione FS Italiane
RESTAURATA LA FACCIATA DELLA STAZIONE-MUSEO DI TRIESTE, PERLA DELL’ARCHITETTURA LIBERTY DI INIZIO ’900
È
La facciata restaurata della stazione-museo di Campo Marzio, a Trieste
stata restituita alla città la facciata della stazione-museo di Campo Marzio, a Trieste. A 17 mesi dall’inizio del restauro di questa perla architettonica, è possibile apprezzare di nuovo il prospetto esterno dell’edificio, che si affaccia su viale Giulio Cesare. La struttura, costruita dalle ferrovie dell’impero austro-ungarico, fu acquisita dal Gruppo FS nel 1923, dopo il Trattato di Saint Germain che nel 1919 aveva sancito le ripartizioni territoriali alla fine della prima guerra mondiale. Chiusa alla circolazione dagli anni ’60, è stata convertita a museo già dal 1984. Ottimo esempio di stile Liberty, ha una facciata con ampie vetrate interrotte da una tettoia in ferro con ricche elaborazioni e decorazioni floreali. I lavori si sono focalizzati sul consolidamento dell’involucro esterno, con il risanamento delle coperture e dei solai di sottotetto e grande attenzione ai paramenti murari. In particolare, sono stati effettuati interventi su intonaci, cornicioni di gronda, cornici e modanature, mediante azioni di rifinitura molto delicate a causa del precario stato conservativo di molti elementi decorativi. Contemporaneamente, sono
state recuperate anche le inferriate e gli infissi originali. Grazie alla riqualificazione del prospetto esterno, la stazione sembra aver compiuto un salto indietro nel tempo, fino al 1906, quando fu interessata da una serie di ampliamenti e dalla costruzione del fabbricato di testa, firmato dall’architetto viennese Robert Seelig. I lavori finalizzati al completo restauro della struttura, a opera di Fondazione FS Italiane, sono divisi in tre fasi e prevedono non solo un nuovo museo, ma anche un hotel a tema ferroviario. Un progetto ambizioso che permetterà di creare un grande polo attrattivo in una zona di interscambio culturale tra Italia, Austria, Slovenia e Croazia, capace di spingere la rigenerazione urbana ed economica di una vasta porzione cittadina. Il prossimo traguardo sarà il rinnovo dei locali interni della stessa ala. Un impegno fondamentale per valorizzare questo gioiello e consegnarlo alle generazioni future. fondazionefs.it FondazioneFsItaliane fondazionefsitaliane 127
PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO
di Mario Tozzi mariotozziofficial mariotozziofficial [Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]
OfficialTozzi
RIVOLUZIONE DI FERRO
I
l nome di Pietro Rigosi non dirà granché alla maggior parte delle persone, eppure è stato un simbolo per chi, alla fine del XIX secolo, si ribellava alle ingiustizie, trasformando talvolta le macchine nello strumento stesso di una rivoluzione imminente. È il protagonista di una delle più famose canzoni di Francesco Guccini, La locomotiva, che lancia la macchina a vapore contro un treno «pieno di signori» chiamando a raccolta i proletari delle campagne padane. E descrive lo stadio iniziale della rivoluzione industriale in Italia, quando il treno unifica il Paese e la velocità inizia a impossessarsi delle nostre vite. Questa storia viene raccontata a novembre dal programma Sapiens - Un solo pianeta, su Rai3, grazie alla collaborazione di Fondazione FS Italiane e dei suoi macchinari rotabili di stanza a Pistoia. È stato possi-
bile salire sulla mitica locomotiva 740, figlia di quella lanciata come una bomba da Rigosi. Non era particolarmente veloce né tanto grande, ma estremamente versatile nell’affrontare le prime linee ferrate, come la Porrettana, nell’Appennino emiliano, su cui si muoveva dagli inizi del XX secolo. Sessanta tonnellate di ferro spinte da enormi quantità di carbone, ma non era come far partire un’autovettura: ancora oggi ci vogliono 24 ore per accendere la caldaia che, una volta attivata, doveva rimanere in funzione fino a 90 giorni prima di essere spenta. Un animale di ferro. Dopo l’avvento del treno, il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Ma quando attraversate l’Appennino fra Bologna, Pistoia o Lucca, ricordatevi delle locomotive a vapore e dell’anarchico Rigosi, mentre cantate a squarciagola la canzone di Guccini.
© Luca Catasta/Archivio Fondazione FS Italiane
La locomotiva 740
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UN MOTIVO IN PIÙ PER TORNARE IN GIORNATA
Andata e ritorno in giornata a partire da 69€ L’offerta a posti limitati, che variano in base al giorno, al treno e alla classe o livello di servizio è valida per treni Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca e permette di viaggiare, a seconda delle tratte prescelte, a partire da 69 € nel livello standard/2° classe, da 79 € per il livello Premium, da 89 € nel livello business/1°classe e da 159 € per il livello Executive. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per i quali è previsto un prezzo Base A/R inferiore. Per usufruire dell’offerta, i viaggi a/r devono essere effettuati nei medesimi livelli o classi di servizio. È ammesso il cambio dell’orario sia per il treno di andata che per quello di ritorno, una sola volta fino alla partenza degli stessi. Il cambio delle date dei viaggi, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti. L’offerta è acquistabile fino alle ore 24 del terzo giorno precedente la partenza del treno. Non è possibile prenotare il posto nei salottini. L’offerta non è cumulabile con altre riduzioni compresa quella per i ragazzi. Per i dettagli sull’offerta e le tratte interessate vai su www.trenitalia.com e presso tutti i canali di vendita.
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