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RISPETTO IN CAMPO

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PRIMA DI SCENDERE

PRIMA DI SCENDERE

Il contatto con i fan è fondamentale, mi consente di capire come viene visto ciò che sto facendo. Mi fa molto piacere recepire l’emozione e la passione che i tifosi trasmettono, un elemento molto importante per continuare a credere in ciò che facciamo.

Hai una famiglia con precedenti sportivi di alto livello: tuo padre è stato anche campione di vela. Che valori hai assorbito?

Mia madre vive lo sport come una necessità fisica e uno svago, mi ha trasmesso amore e passione e mi ha fatto capire che lo sport rende felici. Mio padre, invece, è stato un professionista, olimpionico di vela a Los Angeles 1984 e Seul 1988. Le sue indicazioni mi hanno permesso di superare momenti più o meno difficili, mi ha consigliato molto bene in alcune scelte importanti. Sono molto grato a entrambi. Sei cresciuto a Roma. Che infanzia hai avuto?

Il mio tempo era suddiviso tra lo studio nella scuola tedesca e il rugby, con frequenti allenamenti e partite nel weekend. Un’impostazione un po’ diversa dal solito, che mi ha caratterizzato e ora fa parte di me. Passare tanto tempo all’aria aperta con i miei coetanei, sul campo dell’Acquacetosa, mi ha consentito non solo di migliorare dal punto di vista sportivo ma di superare anche lo stress dell’impegno scolastico. Stavamo insieme prima, durante e dopo l’allenamento e questo mi ha aiutato a crescere come persona e mi ha insegnato ad apprezzare gli altri.

I valori dello sport ci rendono persone migliori?

Non mi prendo la responsabilità di un’affermazione così importante ma sicuramente lo sport aiuta ad avere una visione diversa. È un grande valore nella vita di un ragazzo e di una ragazza. E poi la disciplina insegna a seguire regole, schemi tattici, di allenamento e di gioco.

Il rugby è uno sport divenuto simbolo del concetto di rispetto, anche per la sua percentuale di pericolosità. È così?

I valori che trasmette sono fondamentali anche nella vita. Noi ci affrontiamo viso a viso con lealtà, siamo avversari ma terminata la partita ci abbracciamo come amici. Anche lo scontro fisico fa parte del gioco, più uno dimostra rispetto in questo più viene elogiato, dentro e fuori dal campo. Qual è lo stato di salute della nostra Nazionale?

Sicuramente dobbiamo crescere come tradizione e cultura, ma stiamo facendo grandi passi in avanti nell’esprimere un gioco nuovo che sta facendo appassionare. Sfruttare le nostre qualità è fondamentale per costruire una mentalità e una squadra vincenti. Dobbiamo giocare con la nostra identità, tirando fuori il meglio. Così aumenta il divertimento in campo e il livello delle prestazioni.

Nel poco tempo libero che hai cosa ti piace fare?

Dirlo può far ridere ma anche in quei momenti mi piace fare sport. Magari in montagna e a contatto con la natura, dove è bello sentirsi piccoli e non i supereroi che, a volte, pensiamo di essere. Con la mia ragazza, Martina, passeggiamo nel verde o andiamo in bicicletta e spesso portiamo anche il nostro cane Ares.

Martina viene sempre in tribuna?

Assolutamente sì.

E la cerchi con lo sguardo?

Certo, anche se si fa un po’ fatica a individuare le persone. Ma con il cuore ci guardiamo. Il suo sostegno è importantissimo, come lo è quello della mia famiglia. Se sto facendo tutto questo è per renderli orgogliosi e fieri di me.

Il tuo rapporto con il treno?

Sono un romano che vive a Treviso e quando salgo sul Frecciarossa sono felice perché è sempre un ritorno a casa: verso nord per vedere Martina e i miei compagni della Benetton Treviso, verso Roma per ritrovare la mia famiglia e quella della Nazionale.

Ti piace più stare a tavola o in cucina?

Preferisco sedermi a tavola ma quando mi capita di stare dietro ai fornelli, da buon romano, preparo la pasta. Cucinare è sempre stato un bel momento di condivisione, soprattutto durante le prime esperienze fuori casa. A Padova vivevo con Niccolò Cannone, che è qui con me in Nazionale, e Antonio Rizzi, che oggi gioca a Parma nelle Zebre: cimentarsi con le piccole necessità quotidiane era challenging (stimolante ndr ).

Un detto afferma che il calcio è stato inventato da gentiluomini ma è giocato da galeotti, mentre il rugby, inventato dai galeotti nelle colonie, è giocato da gentiluomini. Tu ti senti uno di loro?

Potrei dire di sì ma semplicemente perché ho imparato che esserlo fa bene a me e al prossimo. Non c’è alcuna necessità di essere cattivi e nemmeno scorretti: è un fatto di educazione. A me è stata insegnata e sono contento di conoscerne il valore.

Se un giorno fosse un giocatore di rugby a governare il nostro Paese staremmo meglio?

Questa è una grande domanda per la quale non ho risposta (ride, ndr ). Quello che posso dire è che lo sport, non solo il rugby, trasmette un senso di collettività e unità. In qualche modo, è quello che serve per governare. Il lavoro individuale messo a disposizione della squadra.

federugby.it

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