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BUON VIAGGIO BRAVA GENTE

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PRIMA DI SCENDERE

PRIMA DI SCENDERE

salita è dura, come quella del Calvario, la stanchezza del venerdì santo pesa sulle spalle e si aggiunge al fardello delle croci di legno, del cataletto col Cristo e della statua della Madonna.

Echeggiano le litanie intonate dalla voce metallica del megafono, con le lamentazioni delle centinaia di persone raccolte lungo il tragitto che si fanno ancora più forti della mattina. Tutti, che siano laici o membri della Chiesa, rispondono alla preghiera con l’andatura oscillante tipica di qualsiasi processione: il passo cadenzato dal canto e dallo scricchiolio ligneo della lettiga, come fossero le articolazioni di chi accompagna la salita.

Il portone si spalanca per accogliere madre e figlio. Ora la cattedrale straripa di persone, in un odore misto di incenso, fede e fatica, e una massa informe circonda per l’ultima volta quel corpo disteso. La mattina successiva Cristo torna sulla croce, da cui sembra poter osservare il viavai di cesti pieni di cibo della tradizione pasquale, su cui il sacerdote impartisce la benedizione per il pasto della domenica di Resurrezione.

La dimensione antropologica di tutta questa ritualità è molto marcata: una serie di appuntamenti fissi che permettono di riconoscersi e ritrovarsi per uno scopo comune, creando coesione sociale. Quaranta giorni dopo la domenica della Resurrezione, gli assisiati si ritrovano anche sulla cima del monte Subasio per celebrare l’Ascensione e festeggiare la primavera che, finalmente, torna a scaldare l’aria e a far rinascere la natura.

Sui vasti prati del monte – scelti anche come location dalla regista e sceneggiatrice Liliana Cavani per il film del 1966 Francesco d’Assisi, con Lou Castel – uomini e donne raccoglievano un tempo fiori per addobbare delle “mazze fiorite”, bastoni ingentiliti con la flora locale. Una celebrazione simbolo della rinascita universale, sia religiosa sia laica, visto che la Pasqua coincide con l’arrivo della primavera. Anche se oggi raccogliere fiori sul Subasio è impossibile, perché i suoi settemila ettari di pregio naturalistico e paesaggistico sono tutelati come parco naturale, si possono comunque vivere al meglio i rigogliosi spazi offerti da questo luogo, molto caro a san Francesco. Nel rispetto della natura con la sua grande varietà di specie arboree, floreali e faunistiche, che arricchiscono il monte alle cui pendici, come scrisse Dante nel canto XI del Paradiso parlando di Francesco, «nacque al mondo un Sole».

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