La Freccia - febbraio 2022

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ANNO XIV | NUMERO 2 | FEBBRAIO 2022 | www.fsitaliane.it

PER CHI AMA VIAGGIARE

STEFANO ACCORSI

MUOVIAMOCI INSIEME




© Archivio FS Italiane

EDITORIALE

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IL VALORE DELLA MOBILITÀ A

vremmo voluto non parlare più di Covid-19, di una pandemia che ancora dilaga, sebbene con tassi di ospedalizzazione ormai da molti mesi più contenuti. Avremmo voluto non parlare più di restrizioni e, ancor meno, sapere che in molti si ostinano tutt’oggi a negare certe evidenze. Ma non possiamo permettercelo. A due anni di distanza dai primi casi, la Sars-CoV-2 modella ancora le agende pubbliche e private e ci impone di adottare ogni misura possibile per prevenire una malattia tanto subdola quanto, in molti e talvolta imprevedibili casi, persino letale. Ma in attesa che sparisca o diventi endemica – prestissimo, ci auguriamo – tutto ciò non può e non deve privarci della voglia di muoverci. Non deve snaturare la nostra indole e la nostra essenza. Quell’essenza che ci rende simili e diversi ognuno dall’altro, ma che non dovrebbe mai farci smarrire la consapevolezza di quanto il benessere di tutti, nella sua accezione più ampia, dipenda da ciascuno di noi. Perché, come scriveva quattro secoli fa John Donne, nessun uomo è un’isola. Anche per questo non dobbiamo rinunciare a quel nomadismo fisico e intellettuale che oggi per qualcuno significa purtroppo sfuggire da miseria e persecuzioni, per altri – molto più fortunati – viaggiare con gioia per cono-

scere luoghi e persone, i loro gusti, costumi e prodotti, e andare per fiere, musei, teatri e concerti. Fare, con mutate modalità e finalità, quel che è stato per millenni uno dei motori dell’evoluzione umana, del suo adattamento ai diversi contesti fisici e climatici, di un’ibridazione che ci ha fatto essere quel che oggi siamo. O quel che dovremmo essere. Donne e uomini assetati di conoscenza, appassionati e aperti al confronto, come libri da scrivere con parole sempre nuove, con occhi e menti pronte a indagare e apprezzare le diversità, eppure difensori delle proprie peculiarità, della propria storia e cultura, ma consapevoli che si tratta solo di una porzione del tutto, di una piccola componente – ancorché irrinunciabile – del caleidoscopio del mondo. Noi di FS Italiane lavoriamo per consentire alle persone di muoversi e conoscersi, magari pregustando o approfondendo con l’ascolto e la lettura quelle esperienze. Perché la mobilità e il diritto alla mobilità sono valori di libertà da preservare e rafforzare. Come scrisse su questo magazine nel giugno del 2019 il presidente Sergio Mattarella, che intendiamo qui salutare e ringraziare: «La mobilità è un importante elemento di libertà, di pari dignità sociale, strumento che sottrae all’emarginazione territori e popolazioni».

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SOMMARIO FEBBRAIO 2022

IN COPERTINA STEFANO ACCORSI

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UN TRENO DI LIBRI

I GIOCHI DELL’ITALIA

Nell’Invito alla lettura di questo mese La Freccia propone ai lettori il primo romanzo di Jacopo De Michelis, La stazione

58 NEVE SENZA CONFINI

62 PASSIONE GRAN RISA

42 pag.

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8 RAILWAY HEART

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IL JET DELLE NEVI In gara ha toccato i 160 chilometri orari. Lo sciatore Dominik Paris, dopo il sesto successo sullo Stelvio, è pronto per le Olimpiadi di Pechino

QUALE ALLEGRIA

72 IL SEGRETO DI TARQUINIA

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TABACCO DI COSPAIA

LE TRAIN DES ITALIENS

L’ITALIA CHE FA IMPRESA

18 INNOVATION

Trenitalia sbarca in Francia. Una giornata sul nuovo Frecciarossa 1000 che da Milano raggiunge Parigi passando per Torino, Modane, Chambéry e Lione

80 IL RIFUGIO DI FRANCESCO

83 LIBERI DI PEDALARE

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AGENDA

SCIROPPO DI EMOZIONI

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26 GUSTA & DEGUSTA

LA DONNA DEL FUTURO

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TEMPO D’AMORE

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WHAT’S UP

92 UN ANGOLO DI FRANCIA A ROMA

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98

87

MILANO CHIAMA PARIGI

104 COME ERAVAMO, COME SAREMO

108 COSA VEDONO LE STATUE

125 PRIMA DI SCENDERE LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO

113 SCOPRI TRA LE PAGINE LE PROMOZIONI E LA FLOTTA DELLE FRECCE i vantaggi del programma CartaFRECCIA e le novità del Portale FRECCE

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I numeri di questo numero

Tra le firme del mese

PER CHI AMA VIAGGIARE

MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XIV - NUMERO 2 - FEBBRAIO 2022 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 25/01/2022

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le lampade Pramac che illuminano il circuito motociclistico di Losail, in Qatar [pag. 14] GIULIANO COMPAGNO Ha pubblicato 24 volumi tra saggistica, narrativa, aforismi e comica, oltre ad aver scritto quattro libretti di opera contemporanea per il maestro Vittorio Montalti. Vive a Roma, da dove in genere parte e ritorna

Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane Adobestock Copertina: © Oliviero Toscani Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore

1.200

i metri di lunghezza della pista da sci Gran Risa, nel cuore delle Dolomiti [pag. 65]

ALCUNI CONTENUTI DELLA RIVISTA SONO RESI DISPONIBILI MEDIANTE LICENZA CREATIVE COMMONS BY-NC-ND 3.0 IT

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Info su creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/deed.it

le biciclette restaurate dai detenuti dell’istituto penitenziario di Sollicciano (FI) [pag. 83]

EDITORE

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Communication Piazza della Croce Rossa, 1 | 00161 Roma fsitaliane.it Contatti di redazione Tel. 06 44105298 | lafreccia@fsitaliane.it

i pediatri coinvolti nel progetto Sciroppo di teatro [pag. 87] VALENTINA LO SURDO Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino

Direttore Responsabile Responsabile Editoria Caporedattrice Coordinamento Editoriale

Read also

FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale

Caposervizio In redazione Segreteria di redazione Coordinamento creativo Ricerca immagini e photo editing Hanno collaborato a questo numero

Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre Silvia Del Vecchio Gaspare Baglio Francesca Ventre Giovanna Di Napoli Claudio Romussi Gerardo Adinolfi, Osvaldo Bevilacqua, Cesare Biasini Selvaggi, Francesco Bovio, Peppone Calabrese, Claudia Cichetti, Giuliano Compagno, Fondazione FS Italiane, Enzo Fortunato, Peppe Iannicelli, Sandra Jacopucci, Valentina Lo Surdo, Luca Mattei, Giuliano Papalini, Carmen Pidalà, Andrea Radic, Elisabetta Reale, Alessandro Ribaldi, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Floriana Schiano Moriello, Flavio Scheggi, Mario Tozzi

REALIZZAZIONE E STAMPA

GIULIANO PAPALINI

Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa

Giornalista professionista con una lunga esperienza nel settore economico e finanziario. Collezionista ed esperto di arte moderna e contemporanea, segue come art advisor alcune collezioni private italiane e internazionali

PROGETTO CREATIVO

Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli

PER LA PUBBLICITÀ SU QUESTA RIVISTA advertisinglafreccia@fsitaliane.it | 06 4410 4428

La carta di questa rivista proviene da foreste ben gestite certificate FSC®️ e da materiali riciclati

FLORIANA SCHIANO MORIELLO Giornalista, attiva nel campo della comunicazione e degli eventi di promozione territoriale, dell’agroalimentare e dell’enogastronomia. Con la passione vulcanica della natia terra flegrea, ama scoprire e raccontare angoli, sapori e tradizioni d’Italia

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On web La Freccia si può sfogliare su fsnews.it e su ISSUU 5

PER CHI AMA VIAGG IARE

PER CHI AMA

VIAGGI

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Mostra aperta fino al 26 giugno MUSE - Museo delle Scienze, Trento


FRECCIA COVER

Moneyless Senza titolo (2019)

ATTITUDINI URBANE di Sandra Gesualdi

Colori acuti, macchie scomposte e assiomi acrilici che si allargano e mescolano lungo la tela. Sono le geometrie urbane astratte del milanese Teo Pirisi, in arte Moneyless, tra i nomi presenti nella collettiva When urban attitudes become contemporary art alla 21Gallery, il nuovo centro dedicato al contemporaneo e animato da scopi benefici recentemente inaugurato a Villorba (TV). Il progetto dell’esposizione, allestita fino al 20 marzo e curata da Cesare Biasini Selvaggi, si concentra su 26 talenti italiani e internazionali under 40 – tra cui Gonzalo Borondo, Alberonero, BR1, Edoardo Caimi, Uno, Cane-

sandragesu

morto – che si sono formati a partire dal contesto del writing e della urban art. Sono passati dalla strada al lavoro in studio, attraversando i linguaggi multiformi delle arti visive: pittura, scultura, fotografia, performance, videoarte, arte digitale, ceramica e installazioni. «L’opera, che si trovi nell’ambiente naturale, in quello urbano, oppure all’interno di un luogo espositivo, è concepita per entrare in un rapporto di tesi-antitesi con le superfici e i volumi dello spazio circostante», spiega Biasini Selvaggi, «subordinandoseli e mettendoli in discussione». twentyonegallery.it 7


RAILWAY heART

PH OTOS TO R I E S PEOPLE Riflessioni © Simone Bonardi simone_bonardi

IN VIAGGIO Verso Milano © Simona Isca simonacotillard

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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME a cura di Enrico Procentese

Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente e priva di watermark. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt è un progetto di Digital Communication, FS Italiane.

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LUOGHI Napoli Afragola © Davide Sibilio idevid

AT WORK Cristiano e Stefano, capitreno Frecciarossa © Edoardo Cortesi eddiecortesi

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RAILWAY heART

A TU PER TU di Alessandro Ribaldi

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© Archivio FS Italiane

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oberto De Iure è nato a Foggia nel 1978 e vive a Milano. Dal 2004 lavora nel Gruppo FS, prima come capotreno adesso come istruttore di bordo. Un viaggio professionale lungo quasi 18 anni che l’ha portato fino a Parigi. Come sei entrato in azienda? Decisamente per caso. Nella mia vita, prima dell’incontro con Trenitalia, ho provato di tutto. Sono stato perito informatico, ho lavorato nelle telecomunicazioni e in uno studio di architetti, ho fatto il vigile del fuoco e l’operaio. Ho anche un brevetto come speleologo. E poi? Nel 2004 sono stato assunto come capotreno e questo mi ha fatto riscoprire una caratteristica che, in realtà, non mi aveva mai abbandonato. Quale? Quella di essere un viaggiatore. Lavorare sui treni mi ha ricordato la bellezza del viaggio, non solo quello che ti porta da un punto a un altro. Ma quello fatto di incontri, persone, sguardi, parole e silenzi. Un viaggio che ti ha portato anche soddisfazioni professionali? Certamente. Nel 2008 sono stato selezionato per lavorare sull’Alta velocità e poi, nel 2019, ho avuto la possibilità di diventare istruttore di bordo. Un’esperienza molto intensa, perché ho scoperto il piacere di insegnare, sia ai colleghi che si devono aggiornare sia a chi sta cominciando una nuova avventura lavorativa, come nel caso di Trenitalia France. Ci racconti come è andata? Qualche tempo fa il mio responsabile mi ha proposto di far parte del progetto, cioè di essere uno dei protagonisti del primo viaggio del Frecciarossa 1000 Milano-Parigi. In un primo momento ho ricoperto il ruolo di formatore per i colleghi francesi e poi, il 18 dicembre, sono salito sul primo convoglio ad Alta velocità che ha collegato il capoluogo lombardo alla capitale transalpina. Che esperienza è stata? Incredibile ed emozionante. Era la prima volta che andavo oltreconfine per lavoro. Su quei vagoni si respirava una sensazione di novità. Il nuovo treno ha ridotto le distanze tra due città europee ed è stato capace di farci vedere un panorama inaspettato. Dal finestrino scorrevano paesaggi unici: montagne, verde, laghi, sole, neve. Una volta arrivato a Parigi cosa hai fatto? Mi sono trasformato in turista. Ci sono stato solo una notte perché poi l’indomani dovevo lavorare sul Parigi-Milano, ma l’emozione di farsi rapire dalla bellezza della città è stata davvero tanta. Ho camminato quasi 30 chilometri. E non ti sei stancato? Quando c’è la passione, la stanchezza non ti viene mai a trovare.


LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE

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auro Malavisi è un imprenditore di Varese. Viaggia spesso per lavoro in automobile e del treno aveva un ricordo sbiadito. Fino al 18 dicembre 2021, quando è salito sulla prima corsa del Frecciarossa 1000 Milano-Parigi e ha cambiato totalmente la sua idea di viaggio sui binari. Cosa ti ha spinto a salire su quel treno? Gli amici e la mia famiglia. Sono venuti a conoscenza di questa novità e me l’hanno proposta. Prima di quel giorno, non avevo mai avuto un gran rapporto con il treno, forse per colpa di un immaginario totalmente sbagliato e fuori dal tempo di questo mezzo. Ero abituato a spostarmi solo con la mia auto. Una volta partito cosa hai pensato? Caspita se sono belli i treni! Scherzi a parte, l’ultima volta che ne avevo preso uno erano gli anni ’90 e sono rimasto molto sorpreso dopo tutti questi anni. Viaggiare da Milano a Parigi in queste condizioni è un’esperienza davvero unica, dieci volte meglio dell’aereo. Per quale motivo? Perché la durata del viaggio, alla fine, non è poi molto più lunga, anzi. Per prendere un volo bisogna arrivare ore prima in aeroporto, che tra l’altro si trova spesso a molti chilometri fuori città, fare i controlli e aspettare il bagaglio. In questo caso, invece, si parte dalla stazione di Milano Centrale e si arriva direttamente a Paris Gare de Lyon senza troppe difficoltà. Dal cuore di una città all’altro. Inoltre, a bordo è possibile lavorare, leggere un libro o consultare il fantastico portale di bordo, pieno di film, musica e altri servizi. Oppure ci si può rilassare e stare in silenzio, ammirando un panorama unico dal finestrino e in questo periodo spesso imbiancato. Da imprenditore, che effetto fa sapere che un marchio italiano è capace di competere su un territorio straniero? È decisamente piacevole. Sapere che un brand nazionale si sta espandendo in questo modo mi rende orgoglioso. La capacità di fare impresa degli italiani è una caratteristica unica al mondo. La storia ce lo ricorda puntualmente. E, con questa iniziativa, il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane l’ha ribadito. Pensi che da oggi prenderai il treno più spesso? Certamente. Sono stato letteralmente rapito dal suo fascino. Tanti colleghi imprenditori lo usano per raggiungere Roma da Milano o viceversa e mi hanno sempre raccontato di come si trovassero bene. Anche se non ho mai messo in dubbio le loro dichiarazioni, ci sono dovuto salire per rendermene conto una volta per tutte. Ora aspetto con frenesia le nuove avventure straniere del Frecciarossa. So di un prossimo debutto in Spagna e farò di tutto per esserci anche questa volta.

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© hxdyl /AdobeStock

RAILWAY heART

LA VELOCITÀ DEL DESIDERIO DAL FUTURISMO AL FRECCIAROSSA 1000 MILANO-PARIGI. FRANCIA E ITALIA UNITE SULLA SCIA DEL TEMPO, NELLE ARTI E NELLO SPORT, NELLA CULTURA E NEI TRASPORTI

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a velocità è una retta che unisce l’Italia alla Francia e viaggia così da oltre un secolo, da quel 20 febbraio 1909, quando Le Figaro pubblicò in prima pagina Le Manifeste du Futurisme di Filippo 12

di Giuliano Compagno

Tommaso Marinetti. «Nous chanterons les locomotives au grand poitrail, qui piaffent sur les rails, tels d'énormes chevaux d'acier bridés de long tuyaux», si leggeva. A questa roboante incitazione, la

Francia rispose con entusiasmo. La Parigi ove partire e arrivare, per Paul Verlaine, era pura poesia: «Le train glisse sans un murmure, chaque wagon est un salon où l’on cause bas…». Malcolm de Chazal vide luce all’al-


© SeM/GettyImages

Entr’acte è rimasto nella memoria del cinema di ogni epoca. Preannunciare in 20 minuti 100 anni di poesia e di immaginazione era un’impresa che soltanto in Francia poteva avere luogo. Eppure, non soltanto nelle arti, anche negli sport la grandeur e la vitesse coabiteranno bene nell’animo del suo popolo. Ad avere una visione superiore nel corso di ogni Gran Premio era il pilota automobilistico Alain Prost, quattro volte campione del mondo. Sulle due ruote, invece, erano imprendibili il ciclista Jacques Anquetil, che amava bere il Calvados e «conferiva alla bicicletta le virtù dell’aria», e Bernard Hinault, campione che non si è mai arreso: «Mientras respire, ataco!». Infine il

Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista

ba del XX secolo. Artista e scrittore mauriziano, ci ha lasciato una frase incantevole e compiutamente francese: «La pensée voyage à la vitesse du désir». In otto parole aveva raccolto i concetti di pensiero, viaggio, desiderio e velocità in una sola esperienza umana che sarebbe stato bello realizzare nelle immagini di un film. In Francia accadde. Nel dicembre 1924, tra il primo e il secondo tempo del balletto Relâche,

viene proiettato Entr’acte, regia di René Clair, idee di Francis Picabia, Marcel Duchamp e Man Ray e musica di Erik Satie. L’opera, fulminante, narrò la Parigi che pensava e desiderava, che guardava la luna mentre col dito indicava un vero futuro. Le scie della velocità lasciavano le loro tracce nel cortometraggio: dai fantocci con la testa a palloncino che viaggiavano in treno alle biciclette che gareggiavano per Parigi; dalle auto che giravano per le strade a un carro funebre che dapprima avanzava adagio e poi aumentava l’andatura, sino a costringere il piangente corteo a correre all’impazzata per stargli dietro. Dalla bara che rotolava su un prato usciva un prestigiatore: con la sua bacchetta faceva scomparire il suo stesso feretro, poi i trafelati personaggi in lutto e, infine, se stesso.

calcio, che tra Raymond Kopa, Michel Platini e Zinédine Zidane ci ha dimostrato sino a che punto la velocità e lo stile potessero giocare, far divertire e vincere assieme. Non c’è dubbio che francesi e italiani abbiano anticipato nella stessa misura i tempi della cultura e della fantasia, della strategia e della creatività. Spesso si accenna alla loro cuginanza e alla loro rivalità. Io invece credo che la storia ci renda fratelli: siamo stati a lungo, insieme, il cuore felice d’Europa, e andare e venire dalla Francia all’Italia era un po’ come transitare «dallo stesso allo stesso», come avrebbe detto il filosofo Mario Perniola. E quando gli chiesero di indicare un segno forte del ‘900, Ernst Jünger, scrittore e ufficiale tedesco di stanza a Parigi durante l’occupazione, prese a raccontare di quando il nonno, agli inizi degli anni ‘10, portava i nipotini a fare un giro in auto: «A un certo punto si voltava e tutto serio ci avvisava: Occhio, bambini, si va a 20!». Che la velocità fosse un valore relativo si intuiva già allora ma sarà un altro parigino a svelare gli ultimi segreti della dromologia, la scienza che studia questo fenomeno: per Paul Virilio, urbanista e pensatore visionario, la velocità resta un’illusione di tempo, perché non ci nega mai la dolcezza di un’attesa. Di un Frecciarossa proveniente da Milano o da Parigi, per esempio, e di una figlia che scende dal treno e corre verso suo padre. Per abbracciarlo. 13


L’ITALIA che fa IMPRESA

LUCE MONDIALE A ILLUMINARE IL CIRCUITO NOTTURNO DEL MOTOGP, DAL 6 MARZO IN QATAR, È L’AZIENDA ITALIANA PRAMAC. CHE PARTECIPA ANCHE ALLA GARA CON IL PROPRIO TEAM di Flavio Scheggi

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mmaginate un circuito lungo più di cinque chilometri in mezzo al deserto del Qatar. Pensatelo nella notte, ma illuminato a giorno grazie a 44 generatori che accendono 3.600 lampade per garantire la visibilità dei piloti e la spettacolarità della gara di motociclismo più amata al mondo. Questa la scenografia che viene allestita ancora una volta, il prossimo 6 marzo, nel Losail International Circuit, vicino a Doha, per la prima prova del

MotoGP 2022 in notturna. Un appuntamento seguito in tutto il globo, che si ripete ormai dal 2008, reso possibile grazie alla tecnologia e all’energia di Pramac. L’azienda italiana con base nella campagna toscana a Casole d’Elsa, in provincia di Siena, produce generatori elettrici esportati in tutto il mondo. «La storia della nostra impresa», rac-

Il circuito di Losail in Qatar illuminato a giorno dall’azienda Pramac 14

mescoupsdecoeur

conta l’amministratore delegato Paolo Campinoti, «nasce nel 1966, quando mio padre Mario fondò una società che produceva betoniere ed elevatori da cantiere. Negli anni ’80, con la crisi dell’edilizia, c’è stata una netta trasformazione ed è stata creata la


Pramac». Oggi l’azienda è presente in più di 150 Paesi con un fatturato di 274 milioni di euro (dati del 2020): «Con il passare del tempo siamo diventati un punto di riferimento a livello globale nella produzione di generatori elettrici e macchinari per la movimentazione di materiali da interno», prosegue Campinoti. La forte esperienza tecnologica è supportata da un team di circa 1.100 dipendenti, di cui quasi il 10% nel reparto ricerca e ingegneria. Con una presenza capillare a livello mondiale, grazie alle sedi operative e agli stabilimenti situati tra Europa, Asia e

Sud America. L’azienda, oltre ad accendere la luce nel primo Gran Premio della stagione, è presente nel Campionato del mondo di MotoGP con il suo team Pramac Racing, nato nel 2002. Da alcuni anni, grazie alla partnership con Ducati Corse, riveste un ruolo da protagonista nel massimo campionato delle due ruote con la sua squadra. Nel 2021, grazie alla vittoria del pilota spagnolo Jorge Martín e a sette podi, Pramac Racing ha chiuso il mondiale al quarto posto tra i team, lasciando dietro di sé marchi blasonati come

Honda e KTM. Raggiunto al telefono, l’imprenditore toscano racconta come un’azienda a conduzione familiare sia arrivata a essere un leader nel proprio settore. E di come un team creato da zero, in pochi anni, sia diventato una squadra che nel MotoGP è seconda solo alle grandi case motociclistiche mondiali. La definiscono un manager con la valigia in mano, dove si trova adesso? Sono rientrato da Bahrain e Dubai ma purtroppo, con il Covid-19, gli spostamenti si sono molto ridotti. In passato viaggiavamo parecchio, fino a pren-

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© FAlePhoto

L’ITALIA che fa IMPRESA

Johann Zarco, pilota del team Pramac Racing

© Daniele Tangari

dere anche 35-40 aerei in un mese. La nostra attività si svolge per il 90% all’estero: oltre all’Europa abbiamo sedi in India, Cina, Australia, Brasile, Russia e Medio Oriente. Per noi è importante muoversi ed essere presenti fisicamente nei vari territori. Usa anche il treno per i suoi spostamenti? In Italia mi muovo sempre con il Frecciarossa, vado spesso a Milano e a Roma. Il viaggio è un momento per

La business area di Pramac a Casole d’Elsa (SI) 16

continuare a lavorare. Quali sono i servizi della sua azienda? Un nostro video istituzionale inizia facendo vedere un ponte sul fiume Senegal, in Africa occidentale, una miniera nel deserto cileno di Atacama e le gare notturne di Formula 1 e MotoGP. Queste realtà così differenti tra loro, per tipologia e posizione geografica, hanno un elemento in comune: sono tutte alimentate dai nostri generatori. Strumenti che oltre a essere impiegati

come supporto di emergenza, nel caso in cui venga a mancare la rete principale, offrono la possibilità di essere usati per autoprodurre energia nei luoghi e negli impieghi più disparati. Negli anni ‘80, durante un momento difficile, avete riconvertito l’azienda. Le difficoltà possono diventare opportunità? Quando stai attraversando una crisi economica occorre rimettersi in discussione e analizzare con attenzione


quello che stai facendo, cosa che di solito non accade quando tutto va bene. Nei periodi di difficoltà, le aziende possono rafforzarsi. Cosa chiede il mercato in questo momento legato all’emergenza Covid-19? Dipende dai settori, ma un elemento che può valere per tutte le imprese è la necessità di fornire servizi senza una presenza fisica. Le aziende che riescono a trovare soluzioni a distanza, secondo me, avranno un grande successo. Basti pensare agli uffici tradizionali: difficilmente torneremo all’organizzazione classica, in presenza, come avveniva prima della pandemia. Come siete arrivati a questo livello? Investiamo molto nella ricerca e nello sviluppo dei nostri materiali, nella digitalizzazione del prodotto e nelle nuove tecnologie. Impieghiamo tante risorse per stare al passo con il mercato. L’altro elemento vincente è quello di avere una distribuzione diretta. Due fattori che danno la forza per crescere. Illuminare un autodromo nel deserto è stata una grande sfida? Nel 2008 era in programma il Gran Premio di Motociclismo in Qatar. Eravamo tra le dune e faceva caldissimo: impossibile correre alle due di pomeriggio. Allora iniziammo a pensare alle gare in notturna. Insieme a un’azienda americana, che gestisce l’illuminazione negli stadi di football, abbiamo intrapreso questa avventura fornendo i nostri generatori. Cosa avete provato? Vedere la pista illuminata in questo L’interno della fabbrica Pramac

La testing room Pramac

spazio immenso, in mezzo al nulla, è stata un’emozione unica. La cosa è piaciuta così tanto che, nel tempo, grazie ai nostri generatori sono stati possibili anche altri Gran Premi di Formula 1 in notturna, a Singapore e ad Abu Dhabi. Per rimanere in tema, nel 2002 siete diventati proprietari di un team in MotoGP. Compravamo dalla Honda i motori per alimentare i nostri generatori. Da loro abbiamo saputo che c’era una squadra in vendita e quasi per gioco l’abbiamo acquistata. Così è iniziata questa nuova avventura, diventata parte integrante della nostra azienda. Abbiamo trovato un mondo entusiasmante, adrenalinico, coerente al 100% con la nostra filosofia. I 20 Gran Premi a cui partecipiamo ogni

anno, in giro per il mondo, sono anche un momento per incontrare venditori e clienti, presentare i nostri progetti e tenere rapporti con i distributori. Piloti che le sono rimasti nel cuore? Difficile risponderle, siamo molto legati a tutti. Dal nostro team sono passati Andrea Iannone, Danilo Petrucci, Jack Miller. Siamo contenti di aver fatto crescere questi piloti che poi sono passati ai top team. Usando un paragone calcistico, siamo un po' il Sassuolo del Motomondiale. Quest’anno, con Martín e Johann Zarco, contiamo di fare una grande stagione come nel 2021. In gara con le moto Ducati. Abbiamo un ottimo rapporto con la casa bolognese, insieme facciamo crescere i giovani piloti. Siamo orgogliosi e fieri di questo rapporto che va avanti ormai da 15 anni. La Ducati è una grande eccellenza italiana nel mondo, troppe volte sottovalutata. Nel 2016, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, rispose che da lì a 15 anni si immaginava a Cortina, a porgere la padella dello skilift agli sciatori, con un bicchiere di vin brûlé e niente rotture di scatole… Purtroppo hanno tolto quello skilift, sostituito da una seggiovia. Dovrò trovare un'altra attività (ride, ndr). Sicuramente, continuo a vedermi in una vita molto tranquilla a contatto con la natura. pramac.com pramacracing.com

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INNOVATION

CIBO SPAZIALE UN ECOSISTEMA ARTIFICIALE DOVE COLTIVARE PIANTE CAPACI DI SUPPORTARE LA VITA DEGLI ASTRONAUTI. IL PROGETTO DELL’UNIVERSITÀ FEDERICO II DI NAPOLI ARRIVA A EXPO 2020 DUBAI COME SIMBOLO DELL’ECCELLENZA ITALIANA di Floriana Schiano Moriello floriana.schianomoriello florianaschianom floriana.fsm@gmail.com

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© © DONOT6_STUDIO/AdobeStock

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avoli, pomodori, fragole e ravanelli coltivati direttamente nello Spazio integreranno la dieta degli astronauti durante le missioni. Una frontiera diventata raggiungibile grazie al lavoro del gruppo di ricerca del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli che, nei laboratori alla Reggia di Portici (NA), si occupa di studiare gli aspetti biologici, agronomici e ambientali legati alla coltivazione delle piante per lo Spazio. Cardine del progetto è una speciale camera di crescita, la Plant Characterization Unit (PCU), fornita di sofisticati sistemi di coltivazione e controllo ambientale specifici per lo sviluppo della vegetazione. Obiettivo principale del gruppo guidato dalla professoressa Stefania De Pascale è ideare e analizzare sistemi e tecnologie per produrre cibo, rigenerare risorse vitali e riciclare i rifiuti organici di varia natura durante le lunghe missioni interplanetarie. Il lavoro di studio e sperimentazione campano calza perfettamente con il claim di Expo 2020 Dubai: connettere menti, creare il futuro. Per la sua unicità, è diventato protagonista del filmato sulle eccellenze nostrane realizzato dal regista premio Oscar Gabriele Salvatores per il Padiglione Italia. Innovazione, sviluppo e ricerca sono alla base dell’Esposizione universale, negli Emirati Arabi Uniti fino al 31 marzo, così come del laboratorio di Portici finanziato dalla Agenzia Spaziale Europea (ESA) nell’ambito del ventennale programma di ricerca spaziale MELiSSA (Micro-Ecological Life Support System Alternative). Il progetto campano promuove la creazione di un ecosistema artificiale orientato a migliorare la sopravvivenza dell’uomo nello Spazio evitando il consumo di risorse terrestri come acqua, cibo e ossigeno. Nell’innovativa camera di crescita si studia la creazione di un habitat circolare e autosufficiente dove poter allevare vegetali capaci di supportare la vita degli astronauti nelle piatta19


©Antonio Pannico

INNOVATION

Camera di crescita con cavolo nero toscano

forme orbitanti, in colonie planetarie sulla Luna e su Marte oppure a bordo di navicelle spaziali. Coltivate in una camera sigillata in idroponica, ovvero in assenza di terreno e alimentate da

sostanze nutritive, le piante svolgono infatti un ruolo fondamentale: rigenerano l’aria attraverso la fotosintesi, purificano l’acqua tramite la traspirazione e producono cibo fresco, ricco

Lo Space team del Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Da sinistra a destra: Veronica De Micco, Stefania De Pascale, Roberta Paradiso e Giovanna Aronne 20

di proprietà nutrizionali e nutraceutiche, importante per il fabbisogno e il benessere psicofisico degli astronauti. Senza contare che sono anche in grado di riciclare parzialmente i rifiuti organici prodotti dall’equipaggio. Dunque, le missioni interplanetarie dipenderanno sempre di più dallo sviluppo di sistemi biorigenerativi di supporto alla vita nello spazio (Bioregenerative Life Support Systems) volti a garantire la rigenerazione delle risorse in modo continuo, con ridotto spreco di energia e di materiali. Anche la selezione delle piante da coltivare, infatti, è studiata per raccogliere prodotti quasi completamente commestibili e privi di scarti. In ambienti extraterrestri lo spazio è prezioso e per questo diventano indispensabili soluzioni alternative come le coltivazioni verticali. Ma il team della Facoltà di Agraria guarda oltre: «Stiamo cercando di sfruttare risorse in situ come i suoli lunari o marziani, opportunamente fertilizzati con sostanze organiche da riciclo, per creare substrati adatti alla crescita


© Indiana Productions/Gabriele Salvatores per ItalyExpo2020

Stefania De Pascale e Antonio Pannico nel laboratorio della Plant Characterization Unit (PCU) in un frame del filmato girato da Gabriele Salvatores per Expo 2020 Dubai

razione, aggiunge, consentirebbero la realizzazione di sistemi produttivi in ambienti terrestri estremi come quelli polari e desertici. «Anche luoghi urbanizzati o contaminati, solitamente non adatti alla coltivazione tradizio-

© Antonio Pannico

delle piante», precisa De Pascale, responsabile anche del progetto Rebus (In-situ REsource Bio-Utilization per il supporto alla vita nello Spazio) finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana. Immaginare un futuro lontano dalla terra, con permanenze sempre più lunghe, sembra possibile grazie alle piante, quindi: la messa a punto di camere di crescita controllate e inserite in sistemi biorigenerativi per il riciclo delle risorse organiche in ambiente spaziale rappresenta una prospettiva di rilievo per le ricadute scientifiche e applicative nei settori agroalimentare e ambientale oltre che in quello dell’aerospazio. «La ricerca nel settore può avere effetti in tempi brevi sulle produzioni in ambiente protetto, nell’ottica del crescente interesse per l’agricoltura 4.0, che utilizza tecnologie avanzate per produrre cibo in modo più efficiente e sostenibile, a partire dalla drastica riduzione dei consumi idrici», chiarisce l’esperta. I sistemi di coltivazione e di biorigene-

La camera di crescita Plant Characterization Unit (PCU)

nale, potrebbero accogliere soluzioni tecnologiche capaci di consentire la crescita di vegetali, garantendo elevata qualità dei prodotti ed ecocompatibilità dei processi». Accanto ai benefici e ai vantaggi per le esplorazioni spaziali, il progetto MELiSSA, che studia da oltre 30 anni i sistemi di supporto vitale a ciclo chiuso, apre quindi opportunità progettuali affascinanti e innovative anche sul nostro pianeta. «Potrebbero essere notevoli le ricadute nella gestione e nel riutilizzo dei rifiuti organici e delle acque reflue che, conseguentemente, contribuirebbero alla riduzione dell’impatto ambientale soprattutto in luoghi fortemente urbanizzati». Il lavoro del team della Facoltà di Agraria, che oltre a De Pascale comprende Giovanna Aronne, Carmen Arena, Veronica De Micco, Antonio Pannico, Roberta Paradiso e Youssef Rouphael, ci fanno immaginare un avvenire segnato da prosperità e progresso a sostegno degli astronauti e delle missioni spaziali ma allo stesso tempo attento ai bisogni delle prossime generazioni. L’incredibile sfida e la fruttuosa scommessa anticipano un futuro fatto di connessioni di menti e cooperazione: dallo Spazio alla Terra e viceversa, lo scambio è possibile e già attuale. progettomelissa.org 21


AGENDA a cura di Luca Mattei ellemme1 lucamattei1 - l.mattei@fsitaliane.it e Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it

save FEBBRAIO the date 2022 L’ALTRO VERSANTE ROMA FINO AL 31 MARZO I lati nascosti delle montagne d’Italia sono svelati da questa mostra ospitata al Museo delle Civiltà. È figlia di un progetto significativo nato nel 2014, grazie ai fotografi Maurizio Biancarelli, Bruno D’Amicis, Luciano Gaudenzio e al regista Marco Rossitti. Scatti coinvolgenti che onorano le catene montuose, nella loro bellezza e varietà, attirando stupore e ammirazione. Cento luoghi, dal Monte Bianco all’Etna, dalle Dolomiti a Campo Imperatore, vengono ritratti da nuove angolazioni o prospettive che privilegiano località remote. Una selezione di immagini è dotata di un QR code per accedere ai video con gli interventi degli autori che raccontano il contesto e i dettagli delle loro foto.

Luciano Gaudenzio, Nuvole nei pressi della Busa delle Vette, Parco nazionale Dolomiti Bellunesi © L’Altro Versante

In occasione della mostra si possono ammirare anche oggetti di proprietà del museo, che testimoniano usi e costumi tradizionali di alcune comunità montane italiane. Un piccolo nucleo, mai espo-

sto fino a oggi, comprende originali souvenir d’alta quota, tra cui slitte, ciaspole, ramponi e costumi raccolti negli anni ‘80 del ‘900 dall’antropologa Annabella Rossi. laltroversante.com

VASI ANTICHI VERONA FINO AL 2 OTTOBRE La mostra è l’occasione giusta per visitare il Museo archeologico al Teatro Romano, affacciato scenograficamente sulla città, il cui patrimonio non è di solito visibile. Nella rassegna sono esposte circa 80 ceramiche preromane prodotte dal VII al IV secolo a.C. Di particolare impatto sono quelle appartenenti agli Etruschi, definite “buccheri”: contenitori e vasi di un colore nero, compatto e lucente. L’effetto è dato da un particolare procedimento di cottura, utilizzato per simulare i ben più costosi servizi in bronzo che gli Etruschi sfoggiavano nei banchetti, come si faceva nell’antica Grecia. Da ammirare, in particolare, un vaso monumentale donato dall’archeologo, linguista e mecenate Bernardino Biondelli. museoarcheologico.comune.verona.it

Vaso a figure rosse, prodotto nell’antica Puglia, IV secolo a.C. 22


MARGINALIA. LE FORME DELLA LIBERTÀ PAVIA FINO AL 28 FEBBRAIO Il Castello Visconteo ospita oltre 30 opere, tra tele, creazioni su carta e installazioni, di 13 artisti contemporanei visionari. Autori che si sono dovuti scontrare con rigidi canoni sociali o restrizioni psicofisiche, rischiando di restare ai margini. È il caso di Carol Rama, che non ha mai rispettato i dettami del mondo dell’arte, MadMeg (nome che deriva dal dipinto Margherita la pazza di Bruegel il Vecchio) e Séverine Gambier, impegnate in battaglie femministe e contrarie al sistema costituito da gallerie, collezionisti, case d’aste e musei. O anche di Carlo Zinelli, l’esponente italiano più noto dell’Art Brut, un concetto nato per definire la creazione di opere in una situazione di disagio psicologico. Internato in un ospedale, Zinelli ne dipingeva ossessivamente le pareti, fino a quando l’allora giovane psichiatra Vittorino Andreoli scoprì il suo lato artistico. museicivici.pavia.it

Madmeg, Patriarche n°20 Le Laborieux (2021)

Elliott Erwitt, USA, Alaska (1964)

ELLIOTT ERWITT. FAMILY RICCIONE FINO AL 3 APRILE Cos’è una famiglia? Basta spostarsi da un angolo all’altro del mondo o prendere in considerazione epoche diverse per ricevere risposte molto discordanti. È su questo tema così mutevole, eppure universale, che la curatrice della mostra a Villa Mussolini, Biba Giacchetti, ha chiesto al grande fotografo Elliott Erwitt di realizzare un album personale. Proprio come quelli di famiglia, che la media borghesia cominciò a utilizzare nel corso del ‘900 per raccogliere i ritratti di parenti o le istantanee di momenti importanti della vita, come nascite, matrimoni e feste. Il risultato è un’esposizione di circa 60 scatti in cui risalta la vena ironica, ma anche surreale e romantica, dell’autore. Un alternarsi di immagini divertenti e spaccati sociali, famiglie allargate o molto singolari, per una panoramica ampia sui costumi del secolo scorso. mostraerwittriccione.it

GEORGE TATGE. IL COLORE DEL CASO AREZZO FINO AL 27 MARZO Luoghi misteriosi, città disabitate e sospese nel tempo, strade da cui si intravede lo scontro tra ciò che è creato dall’uomo e la natura, una coesistenza ardua e spesso comica. Sono gli oggetti ricorrenti negli scatti di George Tatge, fotografo attivo in Italia da oltre 50 anni. La sua mostra alla Galleria comunale di arte contemporanea si basa su due focus. Il primo è la svolta stilistica dell’autore che, dopo aver raggiunto la notorietà con il bianco e nero, da un decennio si sta dedicando solo alle riprese a colori. L’altro è la casualità data da associazioni di elementi eterogenei – edifici, alberi, arredi urbani, raggi di sole – che creano composizioni frutto del disordinato fluire quotidiano. Dall’unione dei due aspetti nasce quindi una carrellata di immagini capaci di far riflettere o strappare un sorriso. fondazioneguidodarezzo.com George Tatge, Nuova edilizia, SA (2015) 23


AGENDA

SECOND LIFE PRATO E PISTOIA FINO AL 29 APRILE La mostra, dal sottotitolo Arte, bellezza e sostenibilità ambientale, presenta le opere selezionate in occasione del concorso lanciato dalla società Alia servizi ambientali. Al contest hanno partecipato cento giovani artisti italiani sotto i 29 anni

che per le loro creazioni, ispirate ai temi green, hanno utilizzato ogni strumento espressivo, dal video alle installazioni. Tra i 30 finalisti, la giuria ha scelto tre vincitori: 1° premio a Mariarita Ferronetti, con il ricamo No one should die for fashion, 2° posto a Miriana Di Martino con il video Sub

Respiro e terzo ad Alice Bertolasi con l’installazione Tensioni attive. L’esposizione è aperta nell’Officina Giovani di Prato, dall’8 al 27 febbraio. Si prosegue poi a Pistoia, nel palazzo comunale, dal 2 al 29 aprile. L’ingresso è gratuito e sono previsti visite e laboratori didattici. secondlifecontest.it

© Giusva Cennamo/Studio primo piano

Frame del video Sub Respiro (2020) di Miriana Di Martino, 2° premio concorso Second Life

SALVATORE SAVA. L’ALTRA SCULTURA LECCE 6 FEBBRAIO>25 SETTEMBRE La natura, emblematizzata in forme pure e talvolta rudi, è il tema della mostra alla Fondazione Biscozzi | Rimbaud dedicata a Salvatore Sava, salentino classe 1966, tra i più significativi scultori della propria generazione in Italia. Oltre alle opere Sentieri interrotti (1998) e Rosa selvatica (1999), già presenti nell’allestimento permanente della sede museale, sono esposti altri 30 lavori dell’artista, alcuni dei quali inediti, che ne svelano aspetti e ricerche rimasti finora in ombra. Sava si è infatti affermato nel campo della scultura soprattutto con il ferro, la pietra leccese, l’acciaio e, più di recente, con i colori fluorescenti, ma nel suo universo creativo figurano anche materiali diversi, dal legno alla resina, dalla fibra al vetro, dallo smalto ai collage metallici su cartone. fondazionebiscozzirimbaud.it Salvatore Sava, L’albero della luna (1997) 24

ENRICO CARUSO - DA NAPOLI A NEW YORK NAPOLI FINO AL 22 APRILE Uno sguardo nuovo su Enrico Caruso, il più famoso tenore di tutti i tempi e tra i migliori rappresentanti dell’emigrazione italiana, nel centenario della sua morte. Curato da Giuliana Muscio, il percorso espositivo del Museo archeologico nazionale si basa su una documentazione ricca, con un approccio rigoroso ma coinvolgente dal punto di vista comunicativo. In esposizione ci sono più di 250 fotografie, provenienti dal Metropolitan Opera Archive di New York, dalla Caruso Collection di Baltimora e dal museo di Villa Caruso di Bellosguardo a Lastra a Signa (FI). Oltre al materiale audiovisivo d’epoca e ai cinegiornali, si possono ascoltare le registrazioni discografiche originali dei suoi brani. Ed è prevista la proiezione, tre volte al giorno, del documentario Enrico Caruso: The Greatest Singer in the World. mannapoli.it


ARON DEMETZ. AUTARKEIA II. IL RICHIAMO DELLA MATERIA CATANZARO FINO AL 31 MARZO «Per un artista esporre le proprie opere scultoree a Catanzaro, in piena Magna Grecia, significa confrontarsi con il genius loci di una terra che affonda le sue radici nella tradizione artistica e culturale greco-romana». Aron Demetz parte dalla natia Val Gardena, patria dei più famosi scultori di altari lignei nel mondo, per portare al Museo Marca una riflessione sul tema dell’autosufficienza, intesa non come semplice accontentarsi, ma come una conquista da raggiungere attraverso autodisciplina, esercizio e confronto con i capisaldi dell’arte plastica, quella dei greci in primis. I lavori esposti – figure in legno, bronzo, gesso e vetro – testimoniano come per Demetz la scultura sia pensiero che si traduce in forma, filosofia che diventa prassi plastica. museomarca.info Aron Demetz, Memoridermata (2014) © Egon Dejori

Fa’ la cosa giusta! 2019 © Alessia Gatta

© Photo by David Köhler on Unsplash

FA’ LA COSA GIUSTA! 2022 MILANO 11>13 MARZO Torna a Fieramilanocity l’evento ideato dalla casa editrice Terre di mezzo che da 18 anni pone l’attenzione sulla sostenibilità ambientale e sociale, sensibilizzando l’opinione pubblica sull’adozione di responsabilità nel fare impresa e nell’utilizzare le risorse del pianeta. La fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili si presenta quest’anno in un’edizione rinnovata, con dieci sezioni tematiche: Abitare green, Area vegan (abbigliamento, accessori, bellezza, alimentazione), Cosmesi naturale e biologica, Critical fashion, Il Pianeta dei piccoli (vestiario, arredamento, giochi, servizi per la cura), Mangia come parli, Pace e partecipazione (progetti di associazioni, Ong), Servizi per la sostenibilità e mobilità, Street food e, last but not least, Turismo consapevole e percorsi. falacosagiusta.org

SANA SLOW WINE FAIR BOLOGNA 27>29 MARZO Il vino buono, pulito e giusto di cantine provenienti da tutta Italia e dall’estero viene presentato in occasione del primo meeting della Slow Wine Coalition. Tante presenze negli stand, dall’Albania agli Stati Uniti, dibattiti, riflessioni, incontri e iniziative caratterizzano la manifestazione internazionale organizzata da BolognaFiere. Si gira, idealmente, il mondo insieme a quei vini che rispondono ai principi di sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio, rappresentando il ruolo culturale e sociale delle aziende nei propri territori. Le tre giornate sono dedicate ai professionisti del settore: ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi e sommelier possono, infatti, incontrarsi, confrontarsi e stringere affari. Domenica 27 è la giornata dedicata ai consumatori con la degustazione delle etichette esposte e la possibilità di dialogare con i produttori e partecipare alle masterclass. slowinefair.slowfood.it 25


GUSTA & DEGUSTA

di Andrea Radic

Andrea_Radic

andrearadic2019

LE MARCHESINE: NOMI E GRAFICA NUOVI PER UNA QUALITÀ SEMPRE IN CRESCITA

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el 1985 Giovanni Biatta, capostipite dell’azienda Le Marchesine, acquistò i primi tre ettari in Franciacorta. Oggi gli ettari sono 47 e siamo alla quinta generazione sulle colline di Gussago (BS). Produrre il meglio è sempre stata la linea guida della famiglia, fin dal bisnonno di Giovanni, Camillo Biatta, négociant éleveur. La medesima passione e capacità sono le ragioni del successo di Loris Biatta e del figlio Andrea. Pinot Nero in purezza per il raffinato e identitario Nodens Extra Brut Millesimato, Chardonnay in purezza, setoso e intrigante per il Satèn Brigantia. Fiore all’occhiello del brand il Secolo Novo Giovanni Biatta dedicato al fondatore, non meno di 72 mesi sui lieviti, ma è superlativo anche l’Artio Rosé. I nomi sono quelli delle divinità celtiche che, insieme alla nuova veste grafica e alla prossima apertura dell’area accoglienza e degustazione, rappresentano le novità 2022 della cantina. Vini dell’azienda Le Marchesine

L’ASINELLO: ELEGANZA E GOLOSA IDENTITÀ TERRITORIALE

Ravioli di capocollo alla brace, porri, uva e cipolla fermentata 26

© Andrea Di Lorenzo

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illa a Sesta è una frazione di Castelnuovo Berardenga (SI), un borgo nel cuore del Chianti dove il tempo pare essersi fermato al Medioevo. Sulla romantica piazzetta affaccia l’ingresso del ristorante L’Asinello. Dietro al nome c’è la volontà di ferro che hanno avuto lo chef Senio Venturi e sua moglie Elisa Bianchini, maître e sommelier, nel far crescere il loro sogno con talento e professionalità. Una cucina elegante e di grande identità territoriale grazie ai prodotti di piccole aziende della zona, come La Scoscesa di Lorenzo Costa. Nel menù, tra gli antipasti c’è la Quaglia al Vinsanto, patata dolce, foie gras e marmellata di pomodori verdi, tra i secondi il buonissimo, concreto e raffinato Daino con crespella di farina di ghiande, cavolo cappuccio arrosto, funghi di stagione e salsa di susine. La sala accogliente, calda e ospitale, nelle mani di Elisa diviene un luogo davvero felice. Cantina di livello con interessante geografia enologica.


PALAZZO MONTEMARTINI: OSPITALITÀ CONTEMPORANEA NELLA ROMA ANTICA

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ostruito nel 1881 e dalle forme neoclassiche, Palazzo Montemartini si affaccia sulle Terme Diocleziane, nel cuore della Roma antica. L’hotel rappresenta un perfetto binomio tra storia e contemporaneità. Arredi essenziali, a tratti minimalisti, e il grande fascino della sala del ristorante Senses collocata sulle Mura Serviane. La cucina elegante e golosa dello chef Alessandro Tognacci e la mixology di alto livello del barman Riccardo Di Dio Masa sono fiori all’occhiello della struttura che, come spiega il direttore Marco Luzietti, «è capace di coccolare gli ospiti anticipando i loro desideri». Il relax è garantito dalla Caschera Spa, che propone rituali risalenti agli antichi romani. «Valorizzare l’Italia e le sue eccellenze è la nostra linea guida», afferma Giuseppe Marchese, direttore generale del Gruppo Ragosta, di cui Palazzo Montemartini fa parte insieme ad altre strutture in Sicilia e Costiera Amalfitana.

La sala del ristorante Senses a Palazzo Montemartini

CANTINE LUNAE: LA TRADIZIONE DEI COLLI DI LUNI DIVENTA UN METODO CLASSICO

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acidità e la sapidità dell’Albarola incontrano l’identità territoriale e l’aromaticità del Vermentino dando vita a Cuvée Lunae, il nuovo spumante brut metodo classico millesimato della famiglia Bosoni. Le uve, selezionate a mano, provengono dai vigneti tra le colline di Castelnuovo Magra e il Mar Ligure, dove la Liguria incontra la Toscana, nella Doc Colli di Luni. Terra di grande carattere, affascinante, ma per nulla facile. Lavorare i vigneti, da queste parti, è fatica vera. Gli elementi di questa raffinata e decisa bollicina sono quattro: terra, tempo, luna e maree. Poetiche suggestioni del processo creativo in vigna come in cantina. Cuvée Lunae si presenta con profumi ampi e avvolgenti, floreali e fruttati. Al palato freschezza e sapidità, persistenza e un piacevole ricco finale. «Un vino che fotografa il nostro territorio attraverso il proprio linguaggio», dice Diego Bosoni descrivendo il sogno realizzato.

Il Cuvée Lunae di Diego Bosoni 27


WHAT’S UP

KEEP ON SMILING DALLO SHOW NUMERI UNI ALLA NUOVA EDIZIONE DI LOL-CHI RIDE È FUORI. MARIA DI BIASE RACCONTA LA SUA STAGIONE DI SUCCESSI IN RADIO E TV, PENSANDO AL TEATRO di Gaspare Baglio

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gasparebaglio


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on Maria Di Biase si sa quando parte la risata, ma non quando finisce. L’attrice e comica molisana – che forma il duo Nuzzo-Di Biase con il partner in crime (e nella vita) Corrado Nuzzo – sciorina battute a tutto spiano anche durante l’intervista. Sarà perché sta raccogliendo, sempre in coppia, i frutti di una stagione d’oro: dal lunedì al venerdì, dalle 16:00 alle 18:00, va avanti l’ormai celebre Numeri Uni su Rai Radio2, il ritorno a Zelig su Canale5 ha fatto il boom di ascolti e il nuovo format Data Comedy Show su Rai2 ha rappresentato un esperimento vincente. E non finisce qui: dal 24 febbraio, sola soletta, Di Biase sarà tra i protagonisti di LOL-Chi ride è fuori, la seconda edizione del programma di Amazon Prime Video in cui è vietato anche solo abbozzare un sorriso. Ma partiamo da Zelig: com’è stato tornare al Teatro degli Arcimboldi? Salire di nuovo sul palco, davanti a 2500 persone dal vivo, dopo essere mancati per due anni, è stato davvero molto emozionante. Con Corrado abbiamo riscoperto il nostro primo amore. Anche se la radio è oggi la nostra prima attività, in un attimo si è ricreata la magia del teatro. E poi ho anche ricevuto una proposta di matrimonio davanti a milioni di italiani. A questo proposito, Nuzzo era serio o è stato solo un gioco? Ma sai che non l’ho ancora capito? Lo vedremo nel tempo. Corrado lancia la pietra e poi nasconde la mano. Ci sarà un seguito di Zelig? Si parla di una nuova edizione, ma dobbiamo capire tempi e modi. Questo era un esperimento. Tanti comici hanno voglia di far ridere e il periodo storico che stiamo vivendo lo richiede: abbiamo bisogno di leggerezza. Che mi dici di Data Comedy Show, invece? È stato un progetto davvero interessante, con un cast composto principalmente da stand-up comedian. Un’esperienza che ci ha consentito di sperimentare l’improvvisazione e altre declinazioni della comicità. Anche in questo caso è stato un successo… E infatti credo lo vogliano rifare più avanti, ma ancora non sappiamo molto. Nel frattempo prosegue Numeri Uni, che non ha temuto il cambio di uno dei

conduttori… Sì, abbiamo consolidato il nostro rapporto con il pubblico. E sia io sia Corrado ci troviamo molto bene col nuovo collega, Barty Colucci, entrato immediatamente nello spirito del programma. La radio è sempre interessante: ci permette un continuo allenamento, ci obbliga a scrivere pezzi comici tutti i giorni. E ci fa stare sull’attualità. Arriviamo a LOL-Chi ride è fuori. Perché hai scelto di vivere quest’avventura da sola? Perché non hanno chiamato Nuzzo (ride, ndr). In realtà c’era già una coppia nel cast e hanno preso me perché serviva una presenza nel gruppo delle donne. E già sentirmi considerata donna è stata tanta roba (ride, ndr). Però mi è mancato Corrado: ho dovuto giocare in solitaria. Com’è andata? È stata una specie di tortura, finite le registrazioni mi sentivo una sopravvissuta: per una come me, che ha il sorriso stampato in faccia, non ridere è andare contro la genetica, pensa che ridacchio pure alle battute di Nuzzo. È stata dura, comunque, mi sono dovuta mordere il labbro più di una volta. E dopo, dove ti vedremo? Sono nel cast del film di Fausto Brizzi Bla Bla Baby, che dovrebbe uscire il 14 aprile, Covid-19 permettendo. Farò la parte di una maestrina dell’asilo. È stato bello, con tanti bambini, mi ci vedi? Ma sarai buona o cattiva? Buona e amorevole. Interpreto un ruolo e, se mi dicono essere buona, lo sono (ride, ndr).

Tornerai a teatro con Nuzzo? Scusa, mi ricordi chi è? A parte gli scherzi, vorremmo portare in scena l’adattamento di una commedia francese di cui abbiamo acquistato i diritti. E poi ci piacerebbe tornare col Nuzzo Di Biase Live Show, per mostrare agli spettatori i pezzi inediti scritti in questi due anni di fermo. Ci saranno tante cose nuove, ma è ancora tutto da costruire. Anche perché, vedendo come stanno andando le cose, è meglio procedere con calma. Intanto lo allestiamo e lo mettiamo in piedi. Farete comicità anche sul coronavirus? Onestamente, non parlerei più della pandemia. Credo non ne abbia più voglia neanche il pubblico e già in radio cerchiamo di trattare i pochissimi aspetti del Covid-19 che possono risultare un po’ divertenti. Per il momento stiamo a casa, aspettando tempi migliori. Quando passerà tutto, dove vorresti andare? Semplicemente a Milano. Ci ho abitato per tanti anni e mi piacerebbe vivere due o tre giorni la città senza lo stress della pandemia. Ovviamente, andrai in treno… Certo! Mi piace tantissimo viaggiare sui binari: recupero quello che non riesco a leggere a casa, ascolto podcast, audiolibri, mi rilasso. E poi stilo la lista delle cose da fare. Ma non chiacchiero con Corrado: uso la scusa dell’Area silenzio per non dovergli parlare (ride, ndr). Il treno è un posto unico, mi permette di riconnettermi con me stessa. nuzzodibiase

Corrado Nuzzo e Maria Di Biase nel programma Zelig

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WHAT’S UP

FUORI DAL LABIRINTO DOPO 27 ANNI, DONATELLA RETTORE TORNA IN GARA A SANREMO. E PREPARA L’USCITA DI UN ALBUM ICONICO CHE SIMBOLEGGIA TUTTE LE DEVIAZIONI DELLA SUA CARRIERA di Gaspare Baglio

È

gasparebaglio

l’artista di rottura per antonomasia, quella capace di lanciare mode e diventare l’apripista per nuovi generi. Una vera e propria icona musicale e di libertà, da sempre in prima linea per i diritti della comunità arcobaleno, anche quando le battaglie non erano interessanti per la stampa. Donatella Rettore ha saputo insegnare l’inclusione a suon di hit come Splendido splendente, Kobra e Lamette. Ma ha tirato fuori anche chicche come Konkiglia, L’onda del mar e Di notte specialmente, che segna l’ultima partecipazione al Festival di Sanremo, nel 1994. Dal 1° al 5 febbraio, dopo 27 anni di assenza, sale di nuovo sul palco dell’Ariston in coppia con la cantante romana Ditonellapiaga. Come mai questo ritorno? In realtà ero in gara anche l’anno scorso: nella serata delle cover ho interpretato la mia Splendido splendente insieme al gruppo La Rappresentante di Lista. E la nostra esibizione è stata molto votata. Ancora oggi ho nostalgia di Dario e Veronica (i fondatori della band, ndr). Siete rimasti amici, quindi. Amicissimi. Mi piacciono un casino e vorrei fare nuovamente qualcosa con loro, tipo un musical. Che mi dici di Ditonellapiaga? È giovane, ma molto preparata, laureata al Dams. Il brano in gara, Chimica, è scritto a quattro mani e ha sonorità anni ‘80, con richiami a Donna Summer e Giorgio Moroder. Ditonellapiaga fa parte della nuova generazione di artisti capace di pescare la qualità, non il trash. Tra l’altro, festeggerà il compleanno pro-

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prio durante la finale del festival: se non dovessimo vincere, avremo comunque un motivo per brindare. Lo vivrai con il solito distacco? Al festival si soffre: pure se dici a te stesso che non te ne frega nulla, se non ti votano stai male. Con Amadeus come va? È molto presente con i cantanti, ha delle caratteristiche che lo accomunano a Pippo Baudo. Un vero patron, come Vittorio Salvetti, che lo adorava. Mi piacerebbe che, dopo le edizioni condotte da lui, arrivasse una donna. Ci sono tante brave e giovani presentatrici che si meritano quel palco. Cosa ti piace fare nei giorni del festival? Amo interagire con i colleghi, stimolarci reciprocamente. Mi sono addirittura interessata alla musica neomelodica napoletana e al rap, anche se quello italiano è diverso dallo statunitense o francese. In America e Francia sono grida di protesta delle periferie e delle banlieue. Da noi ci si può fare pure una canzone d’amore. Insomma, bazzichi il mondo hip hop… Lo frequento dal 2011. Non amo particolarmente la trap, ma nel rap ci vedo un certo virtuosismo nel pronunciare così tante parole insieme vorticosamente. Per il brano Natale sottovoce ho valutato diversi artisti hip hop veneti e, alla fine, ho scelto Nottini Lemon, che è bravissimo. Dopo Sanremo che farai? Uscirà un album iconico – ancora senza titolo – che simboleggia quello che ho affrontato dall’inizio della mia carriera: mari e montagne,

frenate, stop, cambi di percorso, spostamenti in Germania, Francia, Italia. I cattivi dicono che ho avuto una vita artistica a singhiozzo, mentre per me è stata turbolenta: in molte occasioni, mi è sembrato di dover uscire fuori da un labirinto. Sono un treno al quale hanno dovuto cambiare le rotaie e che ha avuto diverse deviazioni. E non è facile muoversi su un convoglio che modifica spesso l’itinerario. Cosa troveremo nel nuovo disco? Il mio repertorio e tanti pezzi inediti. Tra questi uno che stiamo registrando adesso, scritto da Enrico Ruggeri e Claudio Rego, mio marito. Ho sempre voluto lavorare con Enrico. Spero possa nascere una collaborazione al di là della musica. Lui è multimediale, come me. E poi è un bravo narratore: sa scrivere, sa parlare, è un uomo stimolante e pieno di spunti. Sei un’artista che, da sempre, ha un’anima green. Cosa pensi ci abbia insegnato la pandemia? La natura, durante il lockdown, si era risvegliata di brutto. Le fosse di fronte alla città dove vivo, Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, erano diventate cristalline, l’aria era più respirabile, sono apparsi i delfini nella laguna di Venezia e mio marito ha trovato addirittura uno scoiattolo in giardino. Ma questo 2022 non è iniziato nel migliore dei modi. Bisogna cercare di rispettare la natura, usare il compostabile e le bottiglie di vetro, portare sempre da casa il sacchetto di stoffa quando facciamo la spesa, ridurre il più possibile la plastica. E poi dobbiamo chiedere alle grandi industrie di inquinare meno e usare energie ecosostenibili. Sono stata tra le prime ad avere il fotovoltaico, ma noi siamo una piccola famiglia, composta da due umani e due cani. Meno male che ci sono gli animali a darci l’esempio di come vivere secondo natura. donatellarettore


31 © Alex Belli by AXB Studio


WHAT’S UP

LE SFIDE DELLA SCIENZA DOPO IL LIBRO CONFINI INVISIBILI, LA BIOLOGA BARBARA GALLAVOTTI SI PREPARA PER IL NUOVO PROGRAMMA DI RAI3 QUINTA DIMENSIONE di Gaspare Baglio

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uanto è difficile stabilire una giusta sintonia con il nostro pianeta? Ce lo spiega la divulgatrice scientifica Barbara Gallavotti, autrice da oltre 20 anni dei programmi Rai Superquark e Ulisse, oltre che ospite fissa a DiMartedì su La7. La biologa ha da poco pubblicato il libro Confini invisibili e si prepara per il nuovo programma Quinta dimensione, da marzo in prima serata su Rai3. Qual è il tema di Confini invisibili? Cerco di capire come ci ha cambiato questa epidemia, partendo dalla consapevolezza che non siamo soli sulla Terra: ci sono creature visibili e invisibili da cui dobbiamo vivere, in qualche modo, separati. Occasionalmente, i confini vengono violati e ci troviamo di fronte alcuni nemici che dobbiamo imparare a conoscere. Provo a spiegare i punti in comune con le epidemie del passato e l’unicità di quella che stiamo vivendo. Quale sarebbe? Affrontare l’agente infettivo non solo con le forze del nostro sistema immunitario, ma con l’aiuto della ricerca scientifica: un’arma enorme rispetto al passato. Cosa è successo quando è mancato questo sostegno? Nella metà del 1600, a Londra, arrivò la

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peste. Le autorità ordinarono di uccidere cani e gatti pensando fossero un veicolo del male. Ma la malattia era causata dalle pulci dei topi ed eliminando i felini i roditori proliferavano. Le conoscenze degli ultimi due secoli ci hanno dato un vantaggio mai avuto nel contrastare le malattie infettive. Tirando le somme, cosa emerge dal libro? Siamo parte di un unico grande ecosistema che deve essere in salute. E i confini invisibili vanno rispettati. Quando durerà la pandemia secondo lei? L’augurio è che i vaccini e l’esposizione a livelli non pericolosi del virus, rendano il nostro sistema immunitario sempre più preparato. In tre anni, poi, c’è stato un avanzamento tecnologico velocissimo: speriamo di coglierne i frutti su altri fronti. Il Covid-19 ce lo lasceremo dietro presto, ne sono convinta. E i farmaci a RNA, il cui studio è iniziato decenni fa, potranno aiutare anche per la cura dei tumori. Qual è la Quinta dimensione che vedremo a marzo su Rai3? Quella della conoscenza, capacità umana di guardare la natura e indagarla. Raccontiamo le frontiere della ricerca collegandole agli eventi storici.

gasparebaglio

Cosa dobbiamo aspettarci? Il filo rosso della tramissione è il ruolo dell’essere umano e la necessità di mantenersi in buona e corretta armonia con l’ambiente. Parleremo di microbi, del Dna che ci rende unici ma anche del desiderio di mantenersi giovani, senza dimenticare la sostenibilità e le esigenze dell’unico pianeta che sappiamo di poter abitare. barbaragallavotti

Mondadori, pp. 228 € 18,50



UN TRENO DI LIBRI

Invito alla lettura di Sandra Gesualdi

Foto di Massimo Sestini per cortesia di 7 - Corriere della Sera

LA STAZIONE IL PRIMO ROMANZO DI JACOPO DE MICHELIS, ABITATO DA DESTINI INVISIBILI E MISTERI DEL PASSATO. SULLO SFONDO, LA CENTRALE DI MILANO

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uando un’immagine diventa ossessione, fino ad assumere l’aspetto di una storia, occorre provare a scriverla per liberarsene, darle forma e percorrerla. Così ha fatto Jacopo De Michelis con La stazione, il suo romanzo d’esordio, esteso come «una riserva di pellerossa nel mezzo della città».

Giunti, pp. 873 € 19

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Inizia con questa citazione dello scrittore Giorgio Scerbanenco, dedicata allo scalo centrale di Milano, il racconto di De Michelis. Perché l’immagine che lo assilla fin da ragazzino è quella città nella città, quel tempio urbano dove ogni giorno si compiono riti antropologici, quella cattedrale a forma di galleria in cui anonimi destini e profili emarginati si incrociano: la grande stazione dei treni. Come in un labirinto fatto di dentro e fuori, sopra e sotto, luce e buio, storie e misteri serpeggiano tra i binari, gli atri e il sottosuolo, svelando i più acuti risvolti delle pieghe umane. Ogni angolo della stazione è un anfratto di noi. Spesso quello ancora da indagare. Da dove nasce l’idea di questo libro? L’ho avuta circa 20 anni fa, proprio negli stessi anni in cui è ambientato il thriller, leggendo un articolo su quello che poi sarebbe diventato famoso come il Binario 21, la rotaia sotterranea da cui durante la Seconda guerra mondiale partirono in segreto i convogli carichi di deportati, diretti verso i lager nazisti. Da lì è apparsa la prima traccia del romanzo: ogni sera, al crepuscolo, una ragazza vede aggirarsi nei dintorni della stazione due bambini, apparentemente soli e abbandonati, di cui nessuno tranne lei pare essersi accorto. Per un lungo perio-

do quell'immagine mi ha ronzato in testa, trasformandosi a poco a poco in un abbozzo di storia, finché, visto che non la smetteva di ossessionarmi, ho capito che dovevo provare a scriverla. Otto anni di lavoro per oltre 800 pagine. Un romanzo che ne contiene almeno altri due... Sapevo fin dall'inizio che il progetto sarebbe stato lungo e mi avrebbe richiesto un grande lavoro di documentazione, ma ho cominciato a rendermi pienamente conto della portata dell'impresa solo quando ho scritto le intenzioni iniziali: doveva essere un prologo di poche pagine ma mi sono ritrovato con un capitolo di quasi 40. Ho impiegato otto anni per terminarlo e non avrebbe potuto essere altrimenti. Solo una gestazione così lunga e lenta mi ha permesso di dare forma a un'opera dalla struttura articolata e complessa, composta da numerosi fili che si dipanano, intrecciandosi variamente, per poi confluire tutti nel finale. Che cosa rappresenta per te la Stazione Centrale di Milano, vera e propria grammatica della narrazione e sfondo che tutto contiene? Sono nato e cresciuto alla sua ombra e mi affascina fin da bambino. È uno degli edifici simbolo della città e una delle sue principali porte d'ingresso. A partire dal 1931, quando è stata inaugurata, la sua storia è in-


molto migliorata, ma ci sono ancora diversi senzatetto che dormono accampati sotto i portici circostanti e nei tunnel stradali che attraversano il cavalcavia dei binari. La nostra era e resta una società ricca, ma anche estremamente competitiva e per certi versi spietata, che non si ferma ad aspettare chi stenta a tenere il passo e non è disponibile a tendergli una mano se cade a terra. Una delle cose che ho voluto fare nel romanzo è dare voce agli ultimi della società, i più fragili e sfortunati, troppo spesso invisibili perché tutti noi distogliamo gli occhi. Chi i personaggi principali del tuo libro? L'ispettore Riccardo Mezzanotte, carattere energico e insofferente ai regolamenti formali, e la bella e ric-

ca studentessa Laura Cordero. Ad accomunarli, un rapporto conflittuale con uno dei genitori: il padre per Riccardo, la madre per Laura. Il primo è in crisi dopo il trasferimento forzato dalla prestigiosa Sezione omicidi alla Polizia ferroviaria. Mentre Laura, che ha da poco iniziato a fare volontariato in stazione, nasconde un segreto che non può rivelare a nessuno: qualcosa che è abituata a chiamare "il dono", ma considera in realtà una maledizione perché percepisce sensazioni che altri non sentono. Grazie a loro, il lettore si addentrerà fra gli oscuri e minacciosi misteri che si celano nei labirintici sotterranei abbandonati della Centrale. Ma anche in quelli dell’essere umano.

Lo scrittore Jacopo De Michelis alla Stazione Centrale di Milano

© 2021 Massimo Sestini

dissolubilmente legata con quella di Milano, anche in alcuni dei suoi risvolti più drammatici e oscuri. Nel corso del libro, il lettore può esplorarla in lungo e in largo, rendendosi conto che non è solo un semplice sfondo, ma l’interprete a pieno titolo della vicenda, che non avrebbe potuto svolgersi in nessun altro luogo. La storia è ambientata nel 2003: la società e la stazione erano diverse rispetto a oggi. Quale pezzo della collettività hai voluto raccontare? La situazione sociale nell'area intorno alla Centrale, negli anni precedenti alla grande ristrutturazione che ne ha cambiato il volto, era in parte drammatica: la stazione era assediata da miseria, droga e violenza. Dopo il tramonto, c'era da aver paura. Oggi è indubbiamente

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UN TRENO DI LIBRI

BRANI TRATTI DA LA STAZIONE L'INCIPIT […] Centinaia di occhi scrutavano i binari oltre le immense tettoie in ferro e vetro annerito dallo smog, dove per il momento nell’aria tremolante si scorgevano soltanto le vecchie cabine di controllo abbandonate. L’ annuncio si era appena diffuso tra gli uomini schierati, passando di bocca in bocca. Quello che un notiziario radio aveva già ribattezzato come il “treno del terrore” era alle porte di Milano. Tra pochi minuti, con quasi

quattro ore di ritardo sull’orario previsto, sarebbe entrato in stazione. Era da almeno mezz’ora che lo stavano aspettando. Un cordone di agenti dei Reparti mobili in tenuta antisommossa circondava le banchine intorno al binario 4, il primo dei binari lunghi, laterale e per questo ritenuto più facile da controllare. […] LA STAZIONE […] Inaugurata nel 1931 in pieno fascismo – ma la data di presentazione del primo progetto risaliva molto più indietro, addirittura al 1912 – la Stazione Centrale era stata definita dal

suo architetto, Ulisse Stacchini, una “cattedrale del movimento”. Sovraccarica di decorazioni e ornamenti, non aveva, probabilmente per via delle lunghe e travagliate vicende della sua costruzione, una cifra architettonica ben definita. Liberty, art déco, neoclassico, razionalismo, stile littorio si affastellavano uno sull’altro in un guazzabuglio che sconfinava nel kitsch. In città, quel gusto eclettico e pomposamente monumentale era stato ironicamente bollato come “assiro-milanese”. Bella, la Centrale era probabilmente difficile trovarla bella, ma certo a suo modo era unica.

© Jacopo De Michelis

In questa e nelle pagine successive scorci della Stazione Centrale di Milano negli scatti dell'autore

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© Jacopo De Michelisi

Un assaggio di lettura

E soprattutto grande. Sfacciatamente, smodatamente grande. […] L'INFORMATORE […] Tra la gente in coda agli sportelli dei biglietti, mattutino come sempre, era già al lavoro Schizzo, che quel giorno indossava una tuta da ginnastica dai colori sgargianti ri-

mediata chissà dove, la cui giacca troppo grande gli pendeva floscia dalle spalle incassate. Schizzo era un “collettaro”, uno dei tanti drogati che passavano le giornate in stazione a cercare di racimolare il necessario per una dose chiedendo spiccioli ai viaggiatori. A differenza della maggior parte dei suoi colleghi, che

si sforzavano di inventare storie elaborate e fantasiose per convincere la gente a scucire i soldi, Schizzo puntava tutto su una disarmante sincerità e una naturale carica di simpatia. Il suo approccio era immediato e diretto: «Ehi, tipo, ce l’hai qualche cento lire che devo farmi uno schizzo?». Non riusciva proprio a entrargli in te37


UN TRENO DI LIBRI

Un assaggio di lettura

sta che da più di un anno la moneta ufficiale in Italia era l’euro, e le vecchie lire erano ormai sparite dalla circolazione. Lo sguardo di Mezzanotte incrociò per un attimo quello del tossico, e i due si scambiarono un impercettibile cenno d’intesa. Schizzo era l’altro informatore che per il momento era riuscito a reclutare in stazione. […]

© Jacopo De Michelis

CIFRE […] Il commissario Dalmasso stava sudando. Più del solito. Il sudore gli appiccicava al cranio il riporto accuratamente steso a coprire la pelata, gli

colava lungo la fronte, sulle guance rubizze, s’insinuava tra le pieghe del collo tozzo, gli formava larghe chiazze umide sulla camicia. Era intento a snocciolare le cifre dell’ultima statistica fornita dalla Questura, relativa ai reati commessi nella zona della Stazione Centrale nei primi tre mesi dell’anno. I burocrati dei piani alti erano molto affezionati alle statistiche, ne producevano di continuo. C’era gente in polizia che passava più tempo a incolonnare numeri, e a cercare di piegarli alle proprie esigenze, che non ad arrestare delinquenti. Le statistiche erano moneta sonante da spendere a

livello politico. Intere carriere erano state costruite su di esse. Altre erano miseramente naufragate. I numeri, in questo caso, erano impietosi: 53 denunce per spaccio, 24 per esercizio della prostituzione, 42 tra scippi e borseggi, 61 rapine, 38 aggressioni con lesioni, 5 morti per overdose, 4 stupri e 2 omicidi. Un aumento complessivo dei reati rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente del 17%. Cifre che parlavano da sole, indicando una situazione fuori controllo. […] IL PADIGLIONE REALE […] Diretti verso l’esterno, oltre le tettoie di copertura, percorsero a grandi passi il marciapiede all’estremità est del piazzale costeggiando il binario 21. All’altezza dell’ingresso perennemente sbarrato del Padiglione Reale, la sfarzosa sala d’attesa riservata in origine alla famiglia e alla corte dei Savoia, come sempre da quando gliel’avevano fatto notare lo sguardo di Mezzanotte corse per un attimo a una delle grandi lunette decorative in ceramica dipinta che sovrastavano i portoni. Vi era ritratto anche Mussolini, il cui volto però era stato cancellato a fucilate da un partigiano dopo la Liberazione, e nessuno da allora si era mai azzardato a ripristinarlo. Quella cicatrice della Storia che il tempo non era riuscito a riassorbire lo affascinava. […] LA CAPPELLA […] Nella bolgia della Centrale, la piccola cappella di stazione era un’oasi di pace e tranquillità. Oltre la soglia, il frenetico brusio dei viaggiatori, lo stridore dei treni in arrivo, la litania degli annunci diffusi dagli altoparlanti si riducevano a eco ovattate. Arredata in modo piuttosto spartano, per sedersi offriva una prima fila di banchi in legno provvisti di inginocchiatoio più una dozzina di sedie di paglia. Alle spalle del modesto altare, una vetrata decorata lasciava filtrare una luce tenue e riposante. Entrando, Mezzanotte sapeva che avrebbe trovato Amelia già lì. C’era il suo carrello della spesa parcheggiato fuori, sorvegliato a vista da un membro della sua corte di straccioni. […]

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Lo scaffale della Freccia a cura di Gaspare Baglio e Sandra Gesualdi NIENTE DI NUOVO CORPI MINORI SUL FRONTE DI REBIBBIA Jonathan Bazzi Zerocalcare Mondadori, pp. 324 € 19,50 BAO Publishing, pp. 224 € 17,10 In una Milano ibrida e violenta, La nuova raccolta di storie in cui grottesca e straripante, il protagonista Zerocalcare si occupa di temi attuali fa i conti con le derive del desiderio, e importanti, senza fare sconti né a se dopo relazioni con persone sfuggenti. stesso né all’opinione pubblica. Dalla Quando inizia un rapporto con un condizione dei detenuti nelle carceri ragazzo più giovane di lui, si sente durante la pandemia all’importanza della finalmente felice. Eppure, non basta sanità pubblica territoriale, dal tema della trovarsi nel luogo che si è sempre cancel culture al reportage nel Kurdistan sognato, non basta l’amore. Come iracheno. E alla fine, nelle sue iconiche si trova il proprio posto nel mondo? strisce, l’autore riporta i dubbi e le paure Prova a rispondere Jonathan Bazzi, dell’ultimo anno, interrogandosi anche su autore rivelazione grazie allo cosa fare da grande. splendido romanzo d’esordio Febbre.

TUTTI I RACCONTI Javier Marías Einaudi, pp. 424 € 14 Celebrati, introvabili, inediti. In un unico volume tutti i racconti dello scrittore spagnolo, classificati secondo il suo personale giudizio autoironico in accettati e accettabili. Il grande maestro madrileno, tra gli scrittori iberici più prolifici e popolari, è un raffinato tessitore di romanzi imponenti quanto di capolavori della forma breve. E questa raccolta rappresenta una via d’accesso privilegiata al suo seducente universo letterario.

100 STORIE…E UN’INTERVISTA Claudia Benassai Di Nicolò Edizioni, pp. 290 € 13 Una carrellata di vite vere, raccontate sulla Gazzetta del Sud dal 2018 a oggi. Sono le cento storie di giovani imprenditori ma anche di scienziati, sportivi e artisti siciliani che hanno lasciato la propria città per cercare fortuna altrove. O che, al contrario, hanno scelto di restare e investire sul proprio territorio. Piccoli racconti ordinari che si fanno unici e straordinari.

IL PRIMO CAFFÈ DELLA GIORNATA Toshikazu Kawaguchi Garzanti, pp. 180 € 16 A volte basta un caffè caldo per fermarsi un attimo, fare spazio a speranze e decisioni, apprezzare i piccoli grandi riti quotidiani capaci di offrire sollievo. Tornano le storie e le biografie che si intrecciano nella piccola caffetteria giapponese, diventate un cult negli ultimi due anni. Un luogo dove mettere mano alle proprie emozioni bevendo un caffè dal profumo intenso e avvolgente, capace di evocare ricordi, sciogliere dubbi e progettare giorni futuri.

IMPOSSIBLE LANGHE Pietro Giovannini, foto Maurizio Beucci Fondazione Radical Design, pp. 655 € 50 Visioni luminose, colline gentili e storie animate da eroi quotidiani attaccati al proprio territorio. Il grande volume, più simile a un romanzo turistico che a una guida, racconta così un pezzo di Italia, le Langhe, disegnato da poggi e valli, insieme a città, borghi e frazioni che vanno dal basso Piemonte alla Liguria. Luoghi e persone narrate con gentilezza e mostrate attraverso foto d’autore di grande bellezza e capacità evocativa. 39


Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti

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NOI UMANI Dieter Böge Orecchio Acerbo, pp. 160 € 19,50 (da 5 anni) Gli esseri umani possono fare cose incredibili, parlano oltre 6mila lingue diverse e non sempre si capiscono. Possono essere crudeli o gentili, curiosi o noiosi, felici o arrabbiati. C’è chi fa di tutto per trovare una casa o chi vive viaggiando per scoprire continenti sconosciuti. Un meraviglioso libro illustrato per ritrovare fiducia nella nostra specie. E, fra le righe, un sobrio appello per i diritti umani, che vanno riconosciuti a tutti nello stesso modo.

MAMMA IN POLVERE Pino Pace Camelozampa, pp. 208 € 13,90 (da 10 anni) In un futuro non troppo lontano ogni famiglia possiede una Lio, una “mamma in polvere”. La si acquista al supermercato: cucina, pulisce e bada ai bambini. A casa di Mara, però, Iside, la Lio di famiglia, comincia a comportarsi in modo strano e a sembrare quasi vera. Dopo una serie di avventure, Mara si troverà a doverla proteggere da una multinazionale senza scrupoli. E a spingere i suoi parenti a guardarsi dentro per ritrovare il senso di famiglia e di comunità.

BACI Guia Risari Edizioni Corsare, pp. 40 € 19 (da 10 anni) I baci non sono tutti uguali: possono essere inaspettati o puntuali, frammentati o prolungati. Ma ci sono anche quelli silenziosi o quelli sonori con lo schiocco, che commuovono o che fanno ridere. Ognuno di loro racconta le tante sfumature dell’amore. Un libro per tutti, con versi e immagini che lasciano aperta la porta a infinite interpretazioni. Un modo per riscoprire un gesto semplice e senza fronzoli, in un periodo in cui abbiamo perso l’abitudine di baciare in modo spontaneo.

STORIA D’AMORE E VAPORE Francesco Niccolini, illustrazioni Sonia Maria Luce Possentini Carthusia, volume illustrato € 20 (da 4 anni) Un amore impossibile ma delicatissimo tra un cubetto di ghiaccio e una fiammella. Lui calmo e chiuso in un bicchiere, lei allegra e sempre in movimento. Tanto diversi tra loro ma tanto innamorati. Perché l'amore è una sorpresa: colpisce quando meno te lo aspetti e, soprattutto, avvicina i cuori più diversi. Una storia per i più piccoli, sulla potenza dei sentimenti che supera ogni confine e diversità e riserva sempre inaspettati incontri. S.G.

LA BAMBINA PIÙ FORTE DEL MONDO Silvia Salis Salani, pp. 200 € 13,90 (da 12 anni) Stella è esile e mingherlina all’apparenza, ma dentro di sé nasconde una tempesta pronta a spazzare via tutto. Nel campo sportivo di Villa Gentile, vede atleti piroettare come in una danza e scagliare lontano pesanti sfere d’acciaio. Così, decide di diventare campionessa di lancio del martello, ma si deve scontrare con un mondo che considera questa disciplina ad appannaggio maschile. La protagonista riuscirà a realizzare il suo sogno più grande? G.B.

FRIDA E LE SAETTE DEL MEDITERRANEO Valentina Ragnini, illustrazioni Marianna Sorelli LibriVolanti, pp. 48 € 12 (da 8 anni) Uno stormo di rondini parte dall’Africa per tornare in Italia dopo l’inverno. Ma trova una brutta sorpresa: i passerotti impediscono al gruppo di entrare e tornare ai loro nidi. Tra l’indifferenza degli altri uccelli, solo la tucana Frida prende le parti delle rondini. Accoglienza e inclusione vengono raccontate ai bambini attraverso le avventure di personaggi con becco e ali. Un libro a sostegno del progetto Amicafrica per la costruzione di una scuola in Ebolowa, in Camerun. S.G. fridaelesaette



SPORT

IL JET DELLE NEVI IN GARA HA TOCCATO I 160 CHILOMETRI ORARI. DOMINIK PARIS, DOPO IL SESTO SUCCESSO SULLO STELVIO, È PRONTO PER LE OLIMPIADI DI PECHINO di Flavio Scheggi

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Foto © Gabriele Seghizzi

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l 2021, l’anno indimenticabile dello sport italiano, si è chiuso il 28 dicembre con la vittoria di Dominik Paris nella discesa libera di Bormio. L'altoatesino, soprannominato l’uomo jet delle nevi, quel giorno è entrato nella storia dello sci alpino, aggiudicandosi il sesto successo sullo Stelvio. Mai nessuno era riuscito a vincere così tante volte sulla stessa pista, nella stessa disciplina. Un’impresa che ha fatto ricordare le sei vittorie del pilota Ayrton Senna sul tracciato di Montecarlo, i sette successi del ciclista Eddy Merckx alla Milano-Sanremo o Roger Federer che con la sua

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racchetta si è imposto per otto volte al torneo di Wimbledon. Ma gli eventi sportivi passano a grande velocità, come quella che tanto piace al carabiniere della Val d’Ultimo. E infatti lo sciatore già pensa al prossimo appuntamento: i XXIV Giochi olimpici invernali che si svolgeranno dal 4 al 20 febbraio a Pechino, in Cina. Giunto alla sua quarta partecipazione, Dominik scende in pista il 6 e l’8 febbraio nella Discesa Libera e nel Super Gigante, alla ricerca della medaglia olimpica: l’unico trofeo mancante che lo farebbe entrare nella storia di questo sport. Abbiamo raggiunto il velocista nella sua Val d’Ultimo, in Alto Adige, prima della partenza per la Cina. Si è parlato di velocità, sport ma anche delle sue passioni per musica e cucina. Ai Giochi di Pechino proseguirà il momento d’oro per lo sport italiano? Sarebbe bellissimo ottenere buoni risultati e far durare questo momento il più a lungo possibile. Le Olimpiadi sono diverse dalle altre competizioni: è una gara secca, in pochi minuti ti giochi tutto. Per la Coppa del mondo di sci gareggiamo da anni sugli stessi tracciati quindi tutto è più facile da gestire. Conosci le piste olimpiche? Nessuno degli atleti in gara, a parte i

cinesi, le ha provate. Sappiamo da varie voci che è un tracciato lungo, con tratti difficili e ripidi: per completarlo servono un paio di minuti. A causa della pandemia, purtroppo, sono saltate tutte le trasferte prima dell’evento. Questo può essere un bene perché nessuno di noi è avvantaggiato. Allo stesso tempo, però, sarà difficile gareggiare su una pista dove non ho punti di riferimento. Dovrò capire, magari prima degli altri, i passaggi in cui fare la differenza. Sarà un evento condizionato delle restrizioni per contrastare il Covid-19. Ti mancherà il pubblico? Noi sportivi viviamo di emozioni e sentiamo molto l’assenza dei tifosi. Il pubblico ti trasmette energia, ti spinge a dare qualcosa in più, altrimenti è come essere in un allenamento. E poi ci sono gli applausi e il tifo quando arrivi al traguardo. Questo calore della gente ti ripaga dei sacrifici che hai fatto. In The Night Before la miniserie di Red Bull uscita da poco sul web, racconti la tua serata prima della storica vittoria a Kitzbühel, durante la Coppa del mondo. Come sarà la notte prima delle Olimpiadi, invece? Come le altre (ride, ndr). Dopo cena faccio una riunione, preparo lo zaino per la gara e poi vado a dormire


In queste pagine, scatti tratti dalla miniserie web di Red Bull The Night Before

presto, al massimo prima guardo un film sul computer. Il giorno della gara mi sveglio alle sei per organizzare la giornata, faccio colazione e poi esco dall’albergo per andare sulle piste. Cosa pensi prima di uscire dal cancelletto? Sono concentrato su quello che devo fare. Ripenso alla linea da seguire che ho scelto durante la ricognizione. Negli ultimi istanti mi concentro sulla partenza: è un momento importante dove si possono perdere decimi di

secondo. Sei un appassionato di musica e suoni la chitarra in un gruppo. Cosa ascolti per caricarti? Soprattutto heavy metal. Quando sono in giro porto con me la mia cassa, che è sempre accesa. Appena esco dall’albergo metto le cuffie e le tolgo solo poco prima della gara. La musica mi accompagna in ogni momento della giornata. Mi trasmette equilibrio, mi carica e mi aiuta a isolarmi quando devo favorire la concentrazione.

Che emozioni ti dà la velocità? Mi affascina fin da quando ero bambino: appena mi hanno messo sugli sci ho capito che volevo andare veloce. Ma anche sulla bici correvo. In gara, poi, ho toccato i 160 chilometri orari. Ho letto che ti piace cucinare: qual è il tuo piatto preferito? Amo la carne, anche se è un po’ più difficile da gestire rispetto alla pasta. Preparo spesso il cervo o il capriolo, un tipo di selvaggina che va sempre seguita durante la cottura perché se 43


SPORT

la lasci un attimo rischia di diventare secca. Di solito la faccio in pentola e poi continuo a cuocerla in forno per avere l’interno bello roseo. Hai un posto del cuore da consigliarci nel tuo Alto Adige? Il luogo dove vivo, la Val d’Ultimo. In inverno si può sciare nell’area dello Schwemmalm e più in basso ci sono anche i percorsi per lo sci di fondo. In

Dominik Paris durante la gara di sci alpino 2021 FIS Ski World Cup

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alternativa si può usare lo slittino, pattinare sul ghiaccio o fare parapendio. In estate mi piace andare a camminare: dopo il paese di Santa Geltrude si arriva al lago di Fontana Bianca, dove cominciano alcuni sentieri che portano verso il Monte Chiodo, dal quale si può ammirare tutta la valle. olympics.com/it/beijing-2022


IL 20 FEBBRAIO SI SPEGNE LA FIAMMA DI PECHINO E PARTE IL CONTO ALLA ROVESCIA PER MILANO CORTINA 2026 di Flavio Scheggi

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uelli di Milano Cortina 2026 saranno i Giochi della sostenibilità, dell’inclusione e del cambiamento». Così Diana Bianchedi, due ori nel fioretto a squadre a Barcellona 1992 e Sydney 2000 e ora coordinatrice del progetto olimpico e paralimpico, riassume il prossimo grande evento sportivo sul suolo italiano. Il 20 febbraio si spegne la fiamma olimpica a Pechino e da quel giorno inizierà il conto alla rovescia per i XXV Giochi invernali Milano Cortina, che si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio 2026, seguiti dalle Paralimpiadi in programma dal 6 al 15 marzo. «Ho partecipato a 12 edizioni delle

Olimpiadi ricoprendo ruoli diversi, da atleta a dirigente sportivo, ma ricevere la bandiera sarà una grande emozione. Mancano quattro anni e già lavoriamo 12 ore al giorno perché si parli dell’evento. Dobbiamo entrare nelle scuole, coinvolgere il mondo della cultura, le società sportive. Non vogliamo far vivere questa manifestazione solo durante i 15 giorni di gara». Oltre a Milano, base delle gare di pattinaggio e hockey su ghiaccio, e Cortina, che ospiterà le discipline di sci alpino, bob e slittino, i Giochi si svolgeranno in nove sedi dalla Lombardia al Veneto, passando per il Trentino-Alto Adige, diventando così un evento diffuso su 22mila chilometri quadrati. «E non pensiamo di fermarci qui. Ci auguriamo che queste siano le Olimpiadi e le Paralimpiadi dell’Italia e vogliamo parlare di neve coinvolgendo anche chi abita a Reggio Calabria», aggiunge Bianchedi. L’organizzazione crede molto anche nell’uso del treno: «Molte persone in arrivo dall’estero lo useranno per raggiungere i luoghi delle gare. E, durante il viaggio, potranno ammirare dal finestrino un panorama che non

© NurPhoto/GettyImages

I GIOCHI DELL’ITALIA

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ha eguali al mondo. Anche il nuovo collegamento Frecciarossa tra Milano e Parigi, la città che ospiterà le Olimpiadi estive nel 2024, è un bel segnale per dare continuità ai due grandi eventi». Infine, ci tiene a precisare la coordinatrice del progetto olimpico, «saranno i primi Giochi invernali a costo zero per l’economia pubblica in quanto finanziati e ripagati da privati, sponsor, partner e biglietti venduti». milanocortina2026.org

© Paola Dandrea

Il complesso montuoso delle Cinque Torri, Cortina d’Ampezzo (BL)

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INCONTRO

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l teatro, quello serio, dall’Orlando Furioso al Decamerone, il cinema, quello impegnato, che lo ha portato a vincere una Coppa Volpi, due David di Donatello e due Nastri d’argento come miglior attore. La televisione, quella che crea opinione narrando un’Italia con pregi, difetti, speranze e disillusioni nelle serie 1992, 1993 e 1994. Poi la direzione artistica della Fondazione Teatro della Toscana e, non ultimo, il libro Album Stefano Accorsi, a cura di Malcom Pagani, una biografia che racconta attraverso le immagini di grandi fotografi la sua carriera, i cui proventi vanno totalmente alla famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore sequestrato e ucciso in Egitto nel 2016. «Giulio siamo noi, tutti noi. Perché non possiamo accettare, insensibili, che una famiglia del Friuli Venezia Giulia debba pagare ogni volta spese non banali per assistere a un’udienza. Questo è solo un piccolo sostegno per rendere la loro vita, enormemente segnata, un poco meno complicata», spiega Stefano Accorsi. Hai già fatto tutto ciò che il tuo mestiere consente. Per fortuna di cose da fare ce ne sono ancora tante (dice mentre termina una risata spontanea, ndr): ciò che hai elencato va distribuito su 30 anni di carriera, visto che ho cominciato a 20 anni e non mi sono mai fermato. C’è molta vita da attore, non ho mai smesso di voler raccontare storie e mi fa piacere che l’idea avuta per le serie tv 1992, 1993 e 1994 sia andata in porto, non era così scontato. Mentre è quasi naturale che un attore si impegni nella regia, è meno comune che lo faccia anche nella sceneggiatura, oltretutto in televisione. La fortuna fu che Lorenzo Mieli e Mario Gianani credettero nell’idea, così come fecero Andrea Scrosati e Nils Hartmann di Sky. Da un anno sono direttore artistico del Teatro della Pergola, anche se il lavoro è iniziato molto prima: lo sono diventato a quasi 50 anni, quando è uscito anche il mio libro. Mi riservo una serie di opzioni per il futuro, il che mi lascia ancora un certo margine. Far girare tutti questi birilli ti diverte o ti affanna? Lo trovo molto divertente, anche

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Stefano Accorsi nella Stazione di Milano Centrale davanti a un Frecciarossa 1000

DAL PALCOSCENICO AL CINEMA, PASSANDO PER LA TV, FINO ALLA DIREZIONE DELLA FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSCANA. STEFANO ACCORSI INTERPRETA IL MESTIERE A TUTTO TONDO, CON UN SOLO OBIETTIVO: RACCONTARE STORIE di Andrea Radic

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© Archivio FS Italiane

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© Ansa/Maurizio Degl Innocenti

INCONTRO

Accorsi durante la presentazione della prima nazionale di Decamerone. Vizi, virtù, passioni, al Teatro della Pergola di Firenze

quando esco dalla comfort zone come nel caso della direzione artistica di un teatro importante e prestigioso quale è La Pergola. Una responsabilità che sento molto, nonostante la frustrazione di un periodo complesso, che ci ha costretti a portare a casa solo una parte dei tanti progetti in cantiere. Ecco, questo incarico a volte mi fa tremare le vene dei polsi. Per il resto sono felicissimo di gestire molte attività, incluse la pubblicità e la comunicazione come quella che stiamo facendo per la Regione Emilia-Romagna. Il mio mestiere, e anche la mia passione, è raccontareraccon-

tare storie e cerco di farlo con ogni mezzo possibile. Sono storie profonde, mai banali. La scuola di teatro mi è servita molto, senza dubbio, e la suggerisco sempre ai giovani che vogliono intraprendere questo mestiere. La formazione è importante, consente di provare, buttarsi e sbagliare senza farsi troppo male. Tutto ciò, così come il concetto di italianità, mi è stato trasmesso lavorando con drammaturghi contemporanei o sulla nostra grande tradizione, come negli ultimi due spettacoli teatrali: Orlando Furioso e Decamerone. Abbiamo un enorme patrimonio cul-

© Ansa/US/Antonello&Montesi

Stefano Accorsi e Tea Falco sul set della serie 1992

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turale e siamo un popolo fortunato a possederlo, dovremmo ricordarcene più spesso. Quando hai un momento di pausa ti rifugi per un attimo nella normalità o azzanni la vita ogni minuto? Quando lavoro l’impegno è totale, passo fino a 16 ore al giorno sul set, in qualche modo sono sempre di fronte a un pubblico. Poter tirare i remi in barca è fondamentale per rigenerarsi. Senza per forza dovermi rifugiare in un eremo, io sto a casa in città, porto i figli a scuola e trovo il tempo per immergermi in una lettura, un approfondimento. Durante le vacanze nata-


© Ansa

quando lavori con la parte drammatica dell’emotività. Si deve compiere un lavoro di ricerca e immedesimazione, anche se l’uomo non diventa mai il personaggio che interpreta. E a teatro? Tutto questo è ancor più evidente, più immediato. Puoi essere narratore, interpretare cento personaggi, raccontare storie fantastiche e il pubblico crederà a tutto ciò che gli proponi. Pertanto, non bisogna mai dimenticare la componente del gioco. Se tornassi bambino, quale sarebbe il profumo della tua infanzia? Avevo una zia pellicciaia, che oggi sarebbe in grande controtendenza, e nella sua stanza ricordo questo odore di pelle e di pelliccia per nulla sgradevole, anzi, lo definirei poudree, incipriato. Lo sentivo quando stavo lì con lei e mi raccontava tutti i film che aveva visto al cinema. Ero fissato fin da piccolo. Poi c’è l’odore dell’inchiostro della tipografia di mio padre: stava in grandi barattoloni e si versava nelle macchine stampatrici. Sei cresciuto a Bologna, ti ha lasciato qualcosa della sua visione un po’ scanzonata della vita? Credo proprio di sì, in Emilia-Romagna ho le mie radici. Quando ci torno, sento fortemente che quella sotto i piedi è la mia terra. Una sorta di circolazione quasi sanguigna che percepisco pulsare. È una regione dove si fanno cose clamorose, basti pensare ai motori, ma sempre con ironia e leggerezza.

Accorsi sul set della serie 1992

lizie, a causa della quarantena per il Covid-19, io, mia moglie e tutti i miei quattro figli, inclusa Athena che vive a Parigi, siamo stati in casa insieme per molto più tempo del previsto. Bello. Hai figli di età diverse: come percepiscono il tuo mestiere? Ricordo che Orlando, quand’era piccolo, visto che mi allenavo in casa e non in palestra, mi chiese se di mestiere facevo lo sportivo. Poi mio padre lo accompagnò a trovarmi sul set. Stavamo girando un piano sequenza nel quale io camminavo e parlavo con un altro attore. Così Orlando disse al nonno: «Vado a parlare con papà».

Quando lui gli risposte di aspettare perché stavo lavorando, precisò: «No, tranquillo, sta solo camminando». Poi gli ho raccontato qualcosa in più del mio lavoro, è venuto a vedermi a teatro e si è seduto in platea. Stavo recitando nell’Orlando Furioso e ogni volta che pronunciavo il suo nome alzava la mano. A mio figlio più piccolo, che ha quattro anni, lo devo spiegare molto bene, perché non è facile capire per loro. Anche se il mio mestiere è molto più vicino al mondo dei bambini, ai loro giochi, che al mondo serio degli adulti. La recitazione è basata sul gioco delle emozioni, anche

Gruppo Editoriale, pp. 160 € 25

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© Ansa/UFFICIO STAMPA

INCONTRO

Accorsi in una scena di Furioso Orlando (ballata in ariostesche rime per un cavalier narrante), di Marco Baliani

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ste, che davanti a un ostacolo non si fermano, bensì si eccitano. Ciò che in Francia è più forte è il sistema cinema, fatto di investimenti, proporzione, difesa del valore del film francese. Sono uniti, coesi e veramente forti. Hai vinto grandi premi, te l’aspettavi? Direi di no. Per il film Veloce come il vento, forse, ci speravo. Ma non te lo aspetti mai, è sempre emozionante. I premi non fanno la differenza in una carriera, ma è bello vincerli. Come te la cavi ai fornelli?

So fare poco o nulla. Un solo piatto: lenticchie con il tonno. Tutto sta nel gioco di polso per aprire le scatolette e nel come sciacqui le lenticchie sotto l’acqua corrente. Per toccare l’anima e il cuore degli spettatori ci vuole più esperienza o più fantasia? L’esperienza ti dà tanto, ma credo ci voglia sempre la fantasia, la voglia di fare, provare, osare. StefanoAccorsi stefano.accorsi

Stefano Accorsi e Andrea Radic in viaggio sul Frecciarossa 1000

© Archivio FS Italiane

Il luogo del cuore nella tua città? Faccio poca fatica a ricordarlo: piazza Santo Stefano. Poi amo molto le brume della “bassa”, quella immortalata dalle fotografie di Luigi Ghirri, grande artista di Reggio Emilia. Per me quella nebbiolina ha a che fare con il sogno, perché guardandola cominci a fantasticare. Infine, i portici di Bologna, perfetti per le lunghe camminate. Il tuo rapporto con il viaggio sui binari? Amo molto prendere il treno, perché muovendomi spesso tra Milano, la città dove vivo, e Roma, posso avere a disposizione del tempo per lavorare, leggere un intero copione, guardare un film fino alla fine. Un modo di viaggiare che mi piace molto. E poi adoro osservare il paesaggio dal finestrino: le numerose foto sui miei social lo testimoniano. Al di là della moto, dove senti l’aria sulla faccia, per me guardare dal finestrino del treno è il modo più poetico di volare radente al suolo. Hai vissuto e lavorato in Francia, c’è qualcosa nel cinema che lì viene fatto meglio? Noi italiani abbiamo le troupe migliori del mondo: persone appassionate, capaci di inventare ciò che non esi-


ROME - MILAN - MONTECARLO - LONDON - MIAMI


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Il Frecciarossa 1000 nella stazione di Milano Centrale

LE TRAIN DES ITALIENS TRENITALIA SBARCA IN FRANCIA. UNA GIORNATA SUL NUOVO FRECCIAROSSA 1000 CHE DA MILANO RAGGIUNGE PARIGI PASSANDO PER TORINO, MODANE, CHAMBÉRY E LIONE di Gerardo Adinolfi Foto © Archivio FS Italiane

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In partenza dalla stazione di Milano Centrale

L’

alba entra dal finestrino e sveglia chi ancora non lo è del tutto. A chi resiste non rimane che provarci con un buon caffè servito a bordo. La giornata sul Frecciarossa 1000 Milano-Parigi nasce in Italia e continua in Francia, non appena il treno valica le Alpi e supera il confine. La frontiera qui è una linea invisibile ma coperta di neve, come lo è tutta la stazione di Modane. L’orologio segna le 8:35 del mattino, la neve spalata dalle banchine forma piccole collinette sotto i tetti spioventi dell’edificio, simile più a una baita-rifugio che a una sala d’attesa dei treni. Queste collinette non sono altro che una fortuita imitazione, in scala, dello spettacolo che si tro54

va davanti il viaggiatore in arrivo, in partenza o di passaggio da Modane. Montagne imbiancate, enormi, vicine, tutt’intorno. Sembra quasi di poter toccare le Alpi, al di là del finestrino. Fa freddo d’inverno a Modane e chi c’è stato racconta che sia sempre imbiancata. E per fortuna, perché lo spettacolo è assicurato. Campi candidi, intervallati da poche case sparse, una fabbrica, un deposito. E ancora un ruscello, che diventa fiume e poi cascata, perfetto panorama da cartolina. Il dislivello diminuisce, le Alpi si allontanano, il paesaggio cambia. Il bianco lascia spazio al verde dei campi e ai pascoli. È fin troppo facile raccontare la bellezza di Parigi, l’idea di arrivare

direttamente in treno, o meglio, in Frecciarossa, nella Ville Lumière. La suggestione di entrare dritti nel cuore della città, senza doverla sorvolare ma guardandola da una nuova prospettiva. In una mano il bagaglio, nell’altra il biglietto, la Torre Eiffel illuminata sullo sfondo quando la città si prepara alla sera. È facile così come viaggiare a bordo del Frecciarossa 1000, il treno di punta dell’Alta Velocità italiana, il simbolo del made in Italy che Trenitalia e il Gruppo FS stanno portando in Europa. Durante la prima corsa, lo scorso 18 dicembre, una passeggera in attesa alla stazione di Chambéry lo ha chiamato “le train des italiens”. Il treno degli italiani, però, non è mai


Il Frecciarossa 1000 nella stazione di Modane

In viaggio verso Lione

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stato così europeo. Ha valicato le Alpi, è arrivato e ripartito da Parigi, si è fermato a Lione, ha tinto di rosso il paesaggio innevato di Modane. Inaugurando, così, una nuova epoca: quella dell’ingresso nel mercato ferroviario francese di Trenitalia, primo operatore estero a farlo dopo l’apertura alla concorrenza. È fin troppo facile, dicevamo, descrivere la bellezza di un viaggio a Parigi in treno. Anche perché le storie di chi parte da Milano destinazione Paris Gare de Lyon sanno quasi sempre di romanticismo. Dalla coppia di ragazzi diretti sotto la Torre Eiffel per festeggiare il loro anniversario, ai coniugi che vedono nel treno un mezzo comodo, sicuro e veloce per poter raggiungere più spesso i nipotini che vivono all’estero. Fino alla sorpresa di Edoardo al nonno Primo, 83 anni: andare insieme a Parigi in un weekend, andata e ritorno, con tanto di foto a Modane, nonostante i meno 12 gradi. Il tre-

no, insomma, come veicolo di gioia, mezzo che supera i confini e regala emozioni. Ma c’è anche un altro mondo che si sposta sui binari, un mondo popolato di lavoratori e studenti, turisti e appassionati, viaggiatori e curiosi che si fermano nelle tappe intermedie. Quelle spesso dimenticate dalle cronache, perché a metà fra due opposti, il noto e l’ignoto, la partenza e l’arrivo, topoi di ogni viaggio che si rispetti. E invece la bellezza della scoperta è soprattutto nel mezzo, in ciò che si attraversa. Che nel caso del Milano-Parigi, e viceversa, sono le fermate di Torino Porta Susa, Modane, Chambéry - Challes-les-Eaux, Lyon. Ogni stazione è un punto di partenza alla scoperta di nuovi territori, nuovi tesori, nuove bellezze. La novità del servizio di Trenitalia in Francia sta proprio qui: il Frecciarossa non porta solo i viaggiatori da Parigi a Milano ma consente di spostarsi, con i comfort e i servizi del

Il Frecciarossa 1000 alla stazione di Parigi Gare de Lyon

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La stazione di Parigi Gare de Lyon

Frecciarossa 1000, anche all’interno del territorio francese. Georgette e Audrie, due giovani parigine dirette a Lione, fanno parte di questo “mondo intermedio”: «Viaggiamo spesso su questa tratta, abbiamo voluto provare il nuovo collegamento e ci sembra un treno molto comodo e confortevole», raccontano. Questa è anche la sfida di Trenitalia, pensare al treno non solo come a un mezzo che porta da una città a un’altra ma come a un luogo dove vivere un’esperienza unica di viaggio: WiFi affidabile, un portale per l’intrattenimento, servizi di benve-

nuto e ristorazione. «Questo treno è stato pensato intorno alle esigenze dei passeggeri, per offrire un’opportunità diversa», spiega l’AD di Trenitalia Luigi Corradi. E la risposta dei viaggiatori non si è fatta attendere: «Abbiamo già venduto biglietti per Pasqua e per l’estate», ha aggiunto Corradi. E la Francia è solo l’inizio: «Per il Frecciarossa è la prima volta fuori dai confini italiani, ma la nostra strategia è andare avanti. Oggi viaggiamo tra Italia e Francia, il prossimo anno saremo tra Madrid e Barcellona. Vogliamo che l’Europa sia il no-

stro mercato domestico», ha detto Carlo Palasciano Villamagna, Chief International Officer del Gruppo FS Italiane. Sul primo treno per Parigi, c’è anche una coppia di coniugi. Vivono a Milano, hanno ascoltato in radio la novità: un Frecciarossa per la Francia, senza cambi, senza code per gli imbarchi, senza lunghe attese. Un’occasione da non perdere. Hanno comprato i biglietti, sono partiti per una vacanza non programmata. Quasi all’improvviso. C’è chi le chiama pazzie, chi opportunità. Tutta questione di punti di vista. 57


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NEVE SENZA CONFINI CHILOMETRI DI PISTE E PANORAMI SPETTACOLARI. SUI TRENI REGIONALI PER SCOPRIRE LE PIÙ BELLE LOCALITÀ SCIISTICHE TRA ITALIA E FRANCIA

© Luca/AdobeStock

di Francesco Bovio

Bardonecchia (TO)

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«Q

uanto monotona sarebbe la faccia della Terra senza le montagne», scriveva il filosofo tedesco Immanuel Kant. E aveva proprio ragione. Febbraio è tempo di neve, tempo di montagna: un luogo dove è facile ritrovare la giusta libertà per vivere appieno la magia dell’inverno. A unire l’Italia e la Francia, oltre al nuovo Frecciarossa 1000 che collega Milano e Parigi, ci sono piste da sci, percorsi per ciaspole, slittini e snow-

board, snowpark e piste di pattinaggio. Tutto ad alta quota per bambini, giovani e famiglie. «Le grandi cose si compiono quando gli uomini e le montagne si incontrano», suggeriva il poeta inglese William Blake, e per vivere al meglio questo incontro il Gruppo FS Italiane mette a disposizione ogni giorno la flotta regionale di Trenitalia per raggiungere direttamente gli impianti innevati di Valle d’Aosta e Piemonte. Convogli che si arrampicano sui


monti, tra curve e gallerie, consegnando agli sportivi che salgono a bordo spettacoli unici. Proprio come affermava lo scrittore francese Jules Verne: «Alcune vette, ergendosi più arditamente, bucano le grigie nubi e riappaiono al di sopra di mobili vapori simili a scogli immersi in pieno cielo». BARDONECCHIA, SPETTACOLO AD ALTA QUOTA Salendo da Torino a Bardonecchia, per dirla con le parole di Dino Buzzati, «il sole non sembra più immobile, si

sposta rapidamente e non si fa in tempo a fissarlo che già precipita verso il confine dell’orizzonte». Uno spettacolo che si può ammirare anche grazie ai treni regionali che collegano il capoluogo piemontese alla città in Alta Val Susa, dalle 5:15 del mattino alle 22:15 di sera, in un’ora e

26 minuti. Arrivati a destinazione poi, grazie a una navetta gratuita messa a disposizione dal Comune a soli cin-

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© ilciqus/AdobeStock

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que minuti dal centro, si raggiunge il comprensorio dello Jafferau, con la sua punta massima di 2.800 metri di altezza, per provare il brivido dello sci fuoribosco in alta quota. Chi invece è alla ricerca di piste ampie e tracciate potrà apprezzare i comprensori del Colomion-Les Arnauds e del Melezet, con punti panoramici mozzafiato. Nel Colomion, cervi, camosci e tanti altri animali selvatici aspettano ogni giorno sulla pista del Sole i visitatori più piccoli. Prima di ri-

entrare, se rimangono ancora tempo ed energie, merita una visita il Parco archeologico Tur d’Amun, che permette di indagare la storia di tutto il territorio circostante. Per il ritorno in treno da Bardonecchia è previsto un regionale ogni ora, dalle 5:21 alle 22:21, per raggiungere Torino in un’ora e 24 minuti. OULX-SESTRIERE, SULLE TRACCE DI CARLO MAGNO La nostra galassia, la Via Lattea, dà il titolo a una canzone di Franco Bat-

© lucianofochi/AdobeStock

Sauze d'Oulx (TO)

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tiato del 1985, ma anche il nome al comprensorio sciistico internazionale che include Sestriere, Sauze d’Oulx, Cesana Torinese, Sansicario, Claviere, Pragelato – tutte località in Alta Val Susa e in Val Chisone – e Monginevro, in territorio francese. Una rete di 249 piste collegate e 70 impianti di risalita, la cui altitudine varia dai 1.380 di Cesana ai 2.823 metri del Monte Motta. Un comprensorio vasto che riesce a soddisfare gli sciatori più esigenti e offre diverse opportunità anche a famiglie e bambini che vogliono imparare a sciare. Il borgo di Oulx era un importante punto di transito e sosta dei pellegrini sul tracciato storico della Via Francigena: un percorso che dal Colle del Monginevro corre verso Salbertrand e, attraverso Susa, arriva a Rivoli e Torino in 108 chilometri. Gli amanti delle passeggiate sulla neve, a sei chilometri da Oulx, possono percorrere il Sentiero dei Franchi – proprio come fece l’esercito di Carlo Magno per sgominare i nemici Longobardi – e attraversare il Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand. Un itinerario emozionante immerso in una delle più vaste e spettacolari abetaie bianche d’Europa. Sono 36 le corse regionali di Trenitalia che ogni giorno uniscono Torino Porta Nuova a Oulx, Cesana, Claviere e Sestriere, in andata e ritorno.


Sestriere (TO)

LIMONE PIEMONTE, 80 KM DI PENDII INNEVATI Gioiello delle Alpi Marittime, Limone Piemonte è la località ideale per trascorrere giornate di divertimento e relax sulla neve. Raggiungibile in soli 38 minuti da Cuneo, dista da Torino meno di due ore. Ai quattro collegamenti giornalieri che la uniscono alla località francese di Tende in 30 minuti, se ne aggiungono altri 12 per ammirare in inverno le vette alpine. Su questi convogli, Trenitalia offre viaggi gratuiti per tutti i passeggeri fino al 27 febbraio 2022. Turisti e sportivi che

giungono nella stazione di Limone Piemonte hanno anche a disposizione un servizio di bus navetta del trasporto pubblico locale per raggiungere direttamente le piste. Con gli sci o sulla tavola, la Riserva Bianca ai piedi del Colle di Tenda è sempre un paradiso. Quarantuno piste, 80 chilometri di pendii innevati e neve battuta: l’ideale per chi è appassionato di discesa, con tempi di attesa ridotti grazie alla velocità dei 17 impianti di risalita. Per i più temerari ci sono le escursioni con le pelli di foca o in motoslitta, da provare in tut-

ta sicurezza insieme alle guide alpine e agli addetti specializzati capaci di consigliare gli itinerari migliori in base alla presenza di neve e alle condizioni meteo, senza sottovalutare l’allenamento personale. TRA AOSTA E PILA, SULLE VETTE PIÙ ALTE DELLA REGIONE Aosta è raggiungibile da Ivrea con i regionali veloci in 58 minuti e da Torino con i nuovi convogli bimodali in meno di due ore, senza cambi. Dal centro città partono poi le telecabine da otto posti che in soli 18 minuti portano al villaggio di Pila, lambito da boschi di abeti e larici a 1.800 metri di altitudine. Arrivati in cima, il panorama è quello straordinario delle vette più alte della Valle d’Aosta: dal Monte Bianco al Grand Combin, dal Monte Cervino al Monte Rosa. Sono disponibili piste da sci per tutti i livelli di difficoltà e due scuole con circa 170 maestri per imparare snowboard, freestyle e telemark, una tecnica particolare che prevede attacchi con tallone libero, scarponi flessibili e un lungo bastone al posto delle stecche da sci. Insomma, fra Chamolé, Platta de Grevon e Couis c’è neve per tutti. E tra Couis e Pila è in progetto anche una nuova cabinovia a forma di stella, un moderno impianto di risalita che può rappresentare una vera e propria attrazione turistica per tutte le persone desiderose di ammirare un patrimonio unico, quello delle Alpi.

© Rostislav Glinsky/AdobeStock

Limone Piemonte (CN)

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PASSIONE

GRAN RISA

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L’

È LA PISTA REGINA DELL’ALTA BADIA, TRA LE PIÙ AMMIRATE DAGLI SCIATORI DI TUTTO IL MONDO. UN TOUR DEI SOGNI AL CENTRO DEL DOLOMITI SUPERSKI, SENZA DIMENTICARE I PIACERI DEL PALATO valentina.losurdo.3

ValuLoSurdo

ilmondodiabha

© Alta Badia-IDM Südtirol-Alex Filz

di Valentina Lo Surdo ilmondodiabha.it

Pista Forcelles, Colfosco (BZ)

inconfondibile suono degli sci che fendono la neve di prima mattina, con quella polvere leggera depositata sul manto compatto lavorato dai gatti delle nevi che fruscia sotto le lamine, è tornato a emozionare le nostre orecchie. Dopo l’anno più buio nella storia del turismo invernale, con la stagione sciistica rimasta ai blocchi di partenza in tutta Italia, il desiderio di neve ora si fa sentire più forte che mai. E l’Alta Badia, uno dei comprensori più famosi in Europa, festeggia il traguardo di rivedere piste e impianti aperti con straordinarie misure di sicurezza, rese operative grazie alla tecnologia, come ci racconta Roberto Huber, direttore di Alta Badia Brand: «Si tratta di un inverno diverso da quelli a cui eravamo abituati, ma tutti gli operatori hanno lavorato sodo per renderlo il più normale e sicuro possibile», esordisce. «Per questo il consorzio Dolomiti Superski, come unica destinazione europea, ha sviluppato un‘app che permette in pochi secondi l’abbinamento tra skipass e green pass. Il risultato è la verifica costante di tutti gli sciatori, per garantire un livello di sicurezza assoluto a tutti gli ospiti. Oltre a questo, gli impianti di ultima generazione consentono il raggiungimento delle piste a velocità ottimale, accedendo al comprensorio da oltre 20 differenti punti di ingresso». Da appassionato sciatore, Huber ci offre il suo personale racconto di una giornata ideale con gli sci ai piedi nel territorio dell’Alta Badia, contraddistinto da un altipiano centrale contornato da stupendi percorsi alle estremità. «Vale la pena scoprirlo cominciando dal Piz La Villa per godere appieno della mitica Gran Risa, nota anche per le perfette condizioni di manutenzione. Il tour può proseguire in direzione Badia, per sciare sulle piste assolate alle pendici del maestoso Santa Croce. Al ritorno, una rossa del Piz Sorega ci conduce in direzione Armentarola per salire con la funivia al Lagazuoi e scendere lungo uno dei più straordinari paesaggi dolomitici, i sette chilometri che portano infine al suggestivo traino dei cavalli con gli sci ai piedi. La sosta per un pranzo prelibato in uno dei rifugi, ammirando le vette dolomitiche,

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© Alta Badia-Alex Moling

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Traino dei cavalli con gli sci ai piedi, Armentarola (BZ)

è d’obbligo. E per chi non ne avesse ancora a sufficienza, la pista Col Alto a Corvara e la Valle Stella Alpina a Colfosco faranno da ciliegina sulla torta». Grazie alle eccezionali misure di sicurezza intraprese, sono stati inoltre confermati gli attesi eventi del calendario turistico, come Sciare con gusto e Sommelier in pista.

La prima manifestazione, alla 12esima edizione, comprende appuntamenti culinari come il Gourmet Skisafari, SunRisa, Roda dles Saus e il Wine Skisafari. I protagonisti sono astri nascenti della cucina provenienti da tutta Italia, chef emergenti ma già stellati: otto, per l’esattezza, ciascuno abbinato a un differente rifugio a bordo pista, per il qua-

© Alta Badia-Alex Moling

La zuppa d’orzo della tradizione ladina chiamata Panicia

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le è stata creata una ricetta speciale da gustare durante tutta la stagione. La scelta dei magnifici otto ha portato a identificare questi nomi: Simone Cantafio del vicino ristorante La Stüa de Michil presso l’Hotel La Perla a Corvara (BZ), Riccardo Gaspari dello stellato SanBrite di Cortina d’Ampezzo, Davide Caranchini del Materia a Cernobbio (CO), Matias Perdomo del Contraste di Milano, Paolo Griffa del Petit Royal di Courmayeur (AO), Riccardo Agostini del Piastrino di Pennabilli (RN), Marco Martini alla guida dell’omonimo ristorante romano e, infine, Caterina Ceraudo del Dattilo, situato a Strongoli in provincia di Crotone. I piatti possono essere degustati, durante tutta la stagione invernale, nei rifugi Ütia Lé, Ütia L'Tamá, Club Moritzino, Ütia Las Vegas, Ütia I Tablá, Ütia de Bioch, Ütia Pralongiá e Ütia Jimmy. Inoltre, dopo il successo delle scorse edizioni, l’Alta Badia ripropone anche quest’anno Sommelier in pista, con lo scopo di valorizzare il connubio fra lo sci e i prodotti d’eccellenza del territorio. I prossimi appuntamenti saranno il 15 febbraio, l’8 marzo, il 5 aprile e prevedono sciate abbinate alla degustazione di alcuni tra i più pregiati vini dell’Alto Adige con i partecipanti ac-


l’incontro con le sue tradizioni, tra una sciata e l’altra lungo i 130 chilometri di piste collocati al centro dei 1.200 chilometri del Dolomiti Superski, in grado di connettere questo territorio con la Val Gardena, la Val di Fassa, il Plan de Corones e ora anche con Cortina che, grazie all’innovativo impianto Skyline Cortina, appare molto più vicina. Il viaggio sci ai piedi in Alta Badia non può concludersi senza un’ultima discesa sulla Gran Risa, guidati da Huber che così ce la descrive: «Una volta arrivati in cima all’ovovia, ad attenderci c’è un pauroso muro iniziale, ai cui piedi è possibile scorgere La Villa, incorniciata a destra dalle montagne del Santa Croce e del Lavarella, a sinistra dal Sassongher. E c’è da fare una scelta: l’adrenalinica nera a sinistra, la rossa a destra. Noi sceglieremo la prima, per ammirare la partenza delle gare di Coppa del Mondo che qui si svolgono da 36 anni, soprattutto lo Slalom Gigante maschile». All’altezza del cancelletto, inizia la parte più ripida: «Si tocca il 63% di pendenza, raggiungendo la precedente partenza della Gran Risa,

quella da cui – per intenderci – partiva Alberto Tomba. Finito il muro, ci sono due curve a destra su una pendenza più facile, dopo di che la svolta a sinistra porta su un altro tratto impegnativo, corrispondente a una quindicina di porte da gara distribuite lungo 200 metri di pista, una curva in fondo a sinistra ancora e la parte più complessa è finita. Per lo sciatore comune basterà girare a destra e riprendere l’ovovia, ma per chi avesse ancora benzina nelle gambe, la svolta a sinistra condurrà al traguardo dopo aver affrontato le gobes dl' giat, le due famose gobbe del gatto realizzate artificialmente». In questo modo, conclude Huber, «si porta a termine una delle piste più impegnative della Coppa del Mondo, con pendenze medie del 36% e un dislivello di 448 metri da quota 1.868 metri, percorrendo una lunghezza di 1.255 metri quasi tutti all’ombra di un fitto bosco. Circostanza che, come se non bastasse, è capace di renderla, particolarmente dura e spesso addirittura ghiacciata». altabadia.org

Uno scatto dello Ski World Cup Alta Badia Gran Risa

© Alta Badia-Freddy Planinschek

compagnati da un maestro di sci e da un sommelier professionista. A questi appuntamenti si aggiungono due edizioni speciali in programma il 1° febbraio (al Piz Boé Alpine Lounge) e il 29 marzo (al Rifugio Ütia de Bioch), durante le quali verranno degustati quattro vini dell’Alto Adige in abbinamento ad altrettanti piatti. Domenica 20 marzo, inoltre, sarà la volta di Wine Skisafari con la degustazione dei migliori vini altoatesini a duemila metri di quota presso i rifugi Piz Arlara, Ütia de Bioch, I Tablà e Pralongià. Nella settimana dal 13 al 20 marzo torna infine un altro appuntamento attesissimo, Roda dles Saus, l’evento dedicato alla cucina ladina presso le baite del comprensorio dello Skitour La Crusc: non bisogna dimenticare, infatti, che per i cinquemila abitanti dell’Alta Badia, capaci di accogliere 18mila persone equamente bilanciate tra italiani e stranieri nelle sue sei località principali, la cultura ladina resta ancora oggi l’aspetto caratterizzante fondamentale. A chi desidera scoprire l’anima di questa terra è fortemente raccomandato

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© Luana/AdobeStock

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Una maschera in piazza San Marco, a Venezia

QUALE ALLEGRIA UN VIAGGIO LUNGO LO STIVALE ALLA SCOPERTA DELLE TRADIZIONALI CELEBRAZIONI DEL CARNEVALE, DOVE PALPITA ANCORA FORTISSIMA L’ANIMA POPOLARE di Peppe Iannicelli

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© CreativePhotography/AdobeStock

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La battaglia delle arance a Ivrea (TO)

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I carri allegorici di Cento (FE)

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tempo di Carnevale. Anche se la pandemia impedisce lo svolgimento delle celebrazioni più fastose e festose, l’anima popolare del martedì grasso palpita fortissima nella memoria. In attesa che l’anno prossimo i festeggiamenti possano tornare in tutta la loro fragorosa allegria, si può comunque fare un giro d’Italia virtuale per ricordare le feste più importanti. DAI CARRI DI IVREA AL TRUCIOLO DI CANTÙ Profuma di agrumi il Carnevale di Ivrea, in provincia di Torino. I carri dei lottatori attraversano il centro storico della cittadina piemontese bersagliati a colpi di arance dagli aranceri appostati lungo i bordi del tragitto. Una tenzone senza quartiere per rievocare la rivolta popolare contro un signorotto che intendeva esercitare l’odioso ius primae noctis nei riguardi di una virtuosa fanciulla. Al termine della sfida, si svolge l’abbruciamento dello scarlo: il palo ricoperto di erica vecchia viene consumato dalle fiamme per scacciare ogni male e iattura. Paese che vai, maschera che trovi. In una delle capitali italiane del mobile,


© Maremagnum/GettyImages

I carri del Carnevale di Viareggio (LU)

mano di un artista? Una regina o un’umile domestica? L’erede di un doge o un mozzo sconosciuto? LE ALLEGORIE DI CENTO E GLI SBERLEFFI DI VIAREGGIO Nell’Italia centrale, i protagonisti del martedì grasso sfilano molto più tranquilli dei loro “colleghi” di Ivrea. I carri allegorici del Carnevale di Cento (FE), che raggiungono anche i 20 metri di altezza, sono gemellati con quelli di Rio de Janeiro che attraversano il sambodromo all’ombra del Corcovado. Durante il tragitto, i figuranti emiliani lanciano verso la folla giocattoli, palloni, oggetti di peluche. A Fano (PU), invece, dai carri piovono sui partecipanti dolci, caramelle e cioccolatini. A Ronciglione (VT), du-

© Mi.Ti./AdobeStock

la lombarda Cantù (CO), il protagonista del Carnevale è proprio Truciolo, un personaggio sempre con la testa tra le nuvole, lento di comprendonio ma che si dimostra utilissimo all’occorrenza come ben sanno i falegnami. A VENEZIA IL CAPOLAVORO DELLE MASCHERE La storia è al centro dei festeggiamenti a Madonna di Campiglio (TN) e nella Valle del Gran San Bernardo (AO). Nella città trentina i celebri valzer di Johann Strauss sono la colonna sonora che anima un perfetto Carnevale asburgico. Nella Coumba Freida sanbernardina i figuranti sfilano indossando abiti napoleonici nascosti dietro maschere di legno. Il corteo è scandito dal suono dei campanacci e dallo sventolare di crini di cavallo per scacciare via il maligno. Le maschere più celebri, raffinate ed eleganti sfilano da sempre al Carnevale di Venezia. Che siano quelle più popolari di cartapesta o quelle più nobili di porcellana finemente decorata, esaltano l’atmosfera magica della Serenissima. Sono dei veri e propri capolavori d’arte ospitati anche nei musei. Tra ponti e calli, al suono di minuetti e rondò, ogni attimo può concedere un incontro misterioso: chi si celerà dietro quella maschera la cui espressione è stata dipinta dalla

Farinella, maschera popolare di Putignano (BA)

rante la Pilatata dei Nasi Rossi (chiaro riferimento all’ebbrezza degli amanti di Bacco), vengono serviti gustosissimi maccheroni in… vasi da notte. A Viareggio (LU) va in scena la satira nelle sue forme più fantasiose e beffarde. I giganteschi carri che sfilano sul lungomare versiliano sono ispirati ai grandi protagonisti della vita politica, dello sport, del gossip. Nessuno può pensare di sfuggire allo sberleffo più irriverente. D’altro canto, uno degli aspetti più caratteristici di questa festa è proprio il rovesciamento dei ruoli e delle gerarchie sociali, almeno per qualche ora. TRADIZIONI POPOLARI A PUTIGNANO E ACIREALE La tarantella è la colonna sonora del Carnevale di Montemarano (AV). Agli ordini del caporaballo tutto il paese comincia a danzare in modo forsennato, mentre ovunque si accendono falò per riscaldarsi in compagnia del generoso vino d’Irpinia e del maiale cucinato in tutte le forme e in tutte le salse. Farinella, protagonista a Putignano (BA), è una maschera popolare ispirata a una specialità tipica del luogo a base di ceci ed orzo. Un piatto umile e povero ma allo stesso tempo capace di donare energia e coraggio per superare, con la saggezza contadina, le avversità. Anche ad Acireale (CT), nei secoli scorsi, si combatteva a colpi di arance. La tradizione si è smarrita di generazione in generazione e adesso, tra i meravigliosi palazzi del centro storico barocco, fanno bella mostra i carrettini allegorici siciliani finemente decorati e infiorati con eleganza.

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IL PAESE DEI MILLE PAESI di Osvaldo Bevilacqua [Direttore editoriale Vdgmagazine.it e ambasciatore dei Borghi più belli d’Italia]

IL SEGRETO DI TARQUINIA ©Mi.Ti./AdobeStock

Tarquinia (VT)

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a cura di

© Società tarquiniense d'arte e storia

LA CITTÀ CUSTODISCE UN VELO, TEMPESTATO DI PICCOLE SPILLE D’ORO, CHE APPARTENNE ALLA MADRE DI NAPOLEONE. EREDITÀ DELLA DOMINAZIONE FRANCESE LE CUI INFLUENZE SI RITROVANO ANCHE A TAVOLA

vdgmagazine.it

Il velo di Letizia Bonaparte

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uesto mese voglio proporvi un viaggio tra mare, dolci colline e campagna. Destinazione la Maremma laziale e la Terra degli Etruschi, protagonista Tarquinia (VT), importante sito archeologico riconosciuto dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, che custodisce molti segreti ma uno, in particolare, che pochi conoscono. Tarquinia è un angolo del nostro Paese, carico di magia e fascino, che richiama viaggiatori da secoli. Oltre alla necropoli con le sue emozionanti tombe dipinte, il Museo archeologico nazionale tra i più importanti al mondo per il periodo etrusco, basti ricordare i celebri Cavalli alati rinvenuti sull’Ara della regina, sul pianoro della Civita, il quattrocentesco ed elegante Palazzo Vitelleschi che ospita il Museo, l’antica Cattedrale dedicata a Santa Maria in Castello iniziata nel 1121 e ultimata nel 1208, uno dei simboli della città, le sue Torri, la Riserva naturale delle Saline. Per i più curiosi, segnalo il dialetto locale legato a una eredità linguistica originata dalla dominazione francese che ancora oggi si può cogliere in alcune espressioni dove il plurale maschile diventa femminile generando, in qualche caso, veri e propri equivoci (i fuochi-le foche; i tetti-le tette…). Ma vi è anche un segreto gelosamente custodito dalla benemerita Società tarquiniense di arte e storia

(Stas), nel centro storico della città. Nel suo archivio sono conservati due preziosi frammenti del velo con spille d’oro appartenute a Madame Letizia, madre dell’imperatore Napoleone Bonaparte. La storia comincia dopo la sconfitta di Waterloo, quando Madame Letizia si ritirò a Roma, a Palazzo Rinuccini, oggi Bonaparte, dove si spense nel febbraio del 1836. Spaventato da possibili moti bonapartisti e giacobini, il governo pontificio, sotto la pressione degli ambasciatori d’Austria e di Francia, le negò una degna sepoltura a Roma. Il feretro della madre dell’Imperatore venne frettolosamente trasportato a Tarquinia (allora Corneto) per volontà del cardinale Joseph Fesch, fratello della defunta, che lo volle tumulare nel convento cittadino delle Monache Passioniste. Dopo tre anni, anche il cardinale volle essere sepolto lì, vicino alla sorella. I tempi erano però mutati. A Parigi non c’era più un re, ma un nuovo imperatore, Napoleone III, nipote del famoso còrso e dunque pronipote di Letizia, che desiderava una degna e francese sepoltura per la sua cara nonna. Su spinta del governo francese, quindi, a Tarquinia giunse una delegazione proveniente dalla Corsica per riconoscere e prelevare il corpo di Donna Letizia. Cosa resta di tutta questa complessa storia nella città lazione? Una lapide 73


© Sandra Jacopucci

IL PAESE DEI MILLE PAESI

Porta di Castello e il Torrione detto di Matilde di Canossa, Tarquinia (VT)

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I Cavalli alati rinvenuti sull’Ara della regina, Tarquinia (VT)

© Società tarquiniense d'arte e storia

in ricordo del tumulo e, soprattutto, i due delicatissimi frammenti del velo di Donna Letizia. La vicenda ci ha calato nella magica atmosfera del borgo, che merita di essere visitato. E una volta appreso il suo segreto, si può procedere ad assaporarne la tradizione a tavola. Le influenze francesi, infatti, si intersecano anche con la cultura culinaria del luogo come nel piatto mirandot o mirandò (vedi ricetta nel box). Ma in tutti i ristoranti della zona emerge prepotentemente soprattutto la qualità delle materie prime, che provengono sia dal Mar Tirreno sia dalla florida attività agro-pastorale della zona. I piatti principali sono a base di carne o di pesce: la trippa, le lumache, i lombrichelli, la pasta straccia


© Società tarquiniense d'arte e storia

© Società tarquiniense d'arte e storia

o gli gnocchi al ferro. E la tradizione contadina spicca nell’ampia varietà dei sapori che si ritrovano in zuppe e minestre. Poi, ovviamente, qui si può degustare anche la coda alla vaccinara – piatto romano nato storicamente nel quartiere di Testaccio, dove abitavano i Vaccinari – o l'abbacchio alla cacciatora, un secondo saporito a base di carne d'agnello. Altre due prelibatezze da provare sono le fregnacce rea-

La lapide in ricordo del tumulo di Letizia Bonaparte e del cardinale Joseph Fesch

Letizia Bonaparte

tine, pasta fresca fatta in casa condita con sugo di carne, e il garofalato, lardo di guanciale rosolato. Il tutto va accompagnato da un buon bicchiere di vino prodotto in queste zone. Ce n’è per tutti i gusti: dal Trebbiano alla Malvasia, dal Sangiovese al Montepulciano e al Cesanese, passando

per lo Chardonnay, il Pinot bianco, il Petit Verdot, il Vermentino, il Merlot, il Syrah. Infine, la terra dona anche una buona produzione di vegetali, come pomodori, asparagi, finocchi, aglio e, non ultimo, il carciofo romanesco. artestoriatarquinia.it

MIRANDOT, SAPORE DI FRANCIA di Sandra Jacopucci

Le influenze della dominazione francese nella Tuscia viterbese si riflettono anche nella cultura gastronomica. Un piatto di origine francese tipico di Tarquinia è il mirandot o mirandò, che nacque come pietanza di recupero della carne avanzata dopo la bollitura del brodo, insaporita con abbondante cipolla dorata lasciata appassire in olio evo, pomodorini a grappolo, spesso conservati appesi, e ulteriormente arricchita con il brodo stesso fino a completa cottura. Per questa preparazione si utilizza ancora, preferibilmente, la carne di vacche maremmane, già allevate ai tempi degli etruschi e particolarmente adatta a lunghe cotture. A Roma, una tradizione simile è lo spezzatino alla romana, il picchiapò, mentre in altre aree geografiche limitrofe al Lazio, come la Toscana, prende il nome di francesina. 75


GENIUS LOCI

© Paolo Tosti

di Peppone Calabrese PepponeCalabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]

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TABACCO DI COSPAIA La coltivazione dell’erba tornabuona a Cospaia (PG)

NATA NEL ‘400 PER UN ERRORE CARTOGRAFICO, È STATA PER SECOLI UNA REPUBBLICA INDIPENDENTE. ORA LA CITTADINA DELLA VALTIBERINA SI È SPECIALIZZATA NELLA LAVORAZIONE DEI SIGARI TORNABUONI 76

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iro spesso per le campagne tra Toscana e Umbria. Ho studiato a Siena e, nelle mie gite fuori porta, ho avuto modo di apprezzare quanto la natura sia stata generosa con questi territori. Percorro una stradina di campagna tra Sansepolcro (AR) e l’antico borgo di Cospaia, una frazione del comune di San Giustino, in provincia di Perugia. Passo davanti alla chiesa parrocchiale della confraternita e poi davanti alla torre. Mi colpisce una signora affacciata alla finestra che prima mi ignora e poi, rientrata in casa, si affaccia e mi guarda. La saluto, ricambia e mi dice:

«Benvenuto a Cospaia, siamo piccini ma tanto ricchi di storia». Sono nella culla del Rinascimento e di tanto in tanto mi fermo a contemplare scorci meravigliosi. Non stupisce, infatti, che Piero della Francesca sia nato proprio in questa zona e non altrove. Non distante da Cospaia intravedo un uomo, anche lui a passeggio: espressione assorta, passo lento, fuma un sigaro. Capisco che anche lui, come me, sta godendo della bellezza di questi luoghi e sembra esplorarli con la mente. Disturbo o tiro avanti? La mia natura non me lo permette. Non posso esimermi dal fare la sua co-


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noscenza, mi ha incuriosito: «Buongiorno, cosa fa da queste parti solo solo?», chiedo. Come immaginavo, mi risponde che è alla ricerca di ispirazione e sta contemplando la storia di quei luoghi che, a suo dire, riluce in ogni arbusto. Non è infastidito dalla mia presenza, anzi, è sorridente e sembra una brava persona. Continua: «Sono un viandante, affezionato alla Repubblica di Cospaia. I suoi abitanti, liberi e anarchici, vivevano senza carceri né moneta e la Repubblica si reggeva sulle loro spalle e sul loro lavoro». Avevo sentito parlare di questa storia ma come una sorta di leggenda e ora sono proprio curioso e voglio saperne di più. Il mio nuovo amico mi spiega che quella singolare Repubblica aveva un’unica norma scritta – perpetua et firma libertas – ed era nata per caso nel Quattrocento, dopo un singolare errore cartografico avvenuto quando si dovettero delimitare i confini tra lo Stato pontificio e la Repubblica di Firenze. Trecento ettari rimasero terra di nessuno e gli abitanti si proclamarono indipendenti. Mentre mi racconta di come l’economia della Repubblica si reggesse sul contrabbando, prima del sale di

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Cervia prima e poi di tabacco, la mia curiosità ha la meglio e lo interrompo: «Scusami, però, io mi sono fatto ammaliare dai tuoi racconti ma non mi hai ancora detto come ti chiami. Sarebbe carino saperlo. Io sono Giuseppe ma mi chiamano tutti Peppone». Mi guarda, sorride e non favella. Insisto: «Voglio conoscere il nome di questo viandante così appassionato, è possibile?». E a quel punto mi risponde: «Mi chiamo Gabriele Zippilli e sono un agronomo abruzzese. Sono nato ad Ascoli ma ho studiato in Um-

© K3NSY

La lavorazione dei sigari Tornabuoni

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© Marcella Marone Pittalunga

GENIUS LOCI

Sigari Tornabuoni

© Matteo Tacconi

bria. Mi sono innamorato di questo territorio da giovane e, appena ho potuto, ho creato qui in Toscana la mia azienda agricola. I nostri prodotti sono dedicati a Niccolò Tornabuoni, il cardinale mediceo che seguì Caterina de' Medici alla corte di Francia quando andò in sposa a Enrico II. Lo stesso nome, erba tornabuona, venne poi dato al tabacco». Gli chiedo, quindi, se si tratti di un’azienda che produce sigari. «Sì, ma è più di questo. Mentre lavoravo da queste parti, sono entrato in contatto con i vecchi coltivatori. Inebriato dal vin santo, dai sigari e dai loro racconti, ho compreso quanto importante e ricca fosse la tradizione della coltivazione del tabacco. Ma anche

quanto fosse a rischio. Mi narrarono la loro vita, la storia del tabacco nero della Valtiberina. E mi spiegarono che questo territorio è così fertile grazie al Tevere e alle particolari condizioni ambientali. E poi quei ricchi boschi laggiù, li vedi? Donano legno pregiato, perfetto per l’affumicatura del tabacco. La mia azienda non si limita a produrre sigari: curiamo ogni fase, sin dal seme, seguendo gli antichi dettami della tradizione, gli stessi che mi sono stati tramandati oralmente e che vogliamo custodire». Mi sembra di parlare con un produttore di vino, ha la stessa passione e dedizione, così gli esterno la mia impressione. Gabriele sorride e risponde che non ci sono andato molto lontano. «Siamo stati i primi a creare sigari che definiamo Grand Cru e altri che chiamiamo Grand Cuvée. Hanno questi nomi proprio perché sono progettati seguendo una filosofia simile a quella enologica. Abbiamo anche prodotto il primo sigaro italiano con tabacco da agricoltura biologica anche se, comunque, tutti i Tornabuoni sono privi di ad-

ditivi e aromi aggiunti. Sono realizzati senza compromessi, fatti per consumatori esigenti e consapevoli. Persino le macchine adoperate per alcuni di questi sigari, che ci consentono di non utilizzare mai tabacco congelato, hanno una storia lunga alle spalle…». Si è fatto tardi, comprendo che la storia gloriosa della Valtiberina vive ancora nell’anima del tessuto imprenditoriale di questo territorio, in chi lo abita e anche in chi si trova a percorrerne i sentieri. Col cuore leggero saluto il mio nuovo amico, convinto sempre di più che ogni incontro sia un momento di crescita. Mi volto, ma Gabriele è assorto nei suoi pensieri. Lo saluto sottovoce, non si gira e io riprendo la mia strada.

Lavoratrici di sigari 78


La Bellezza unisce le Persone

Dubai, 1° ottobre 2021 - 31 marzo 2022 @italyexpo2020

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BUON VIAGGIO BRAVA GENTE

di Padre Enzo Fortunato

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© szymanskim/AdobeStock

[Giornalista e scrittore]

IL RIFUGIO DI FRANCESCO 80


Il monte della Verna con il santuario

SUI MONTI DELL’APPENNINO TOSCANO, VICINO AD AREZZO, IL SANTUARIO DELLA VERNA RICHIAMA PELLEGRINI E CAMMINATORI CHE VOGLIONO RIPERCORRERE LE ORME DEL SANTO

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on troppo lontano da Assisi, e molto vicino ad Arezzo, l'Appennino toscano protegge uno dei più importanti santuari francescani, La Verna, situato sul monte omonimo. Un territorio che Orlando Catani, conte di Chiusi in Casentino, donò al Santo e ai suoi fratelli: «È molto solitario e selvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera fare vita solitaria», si legge nell’edizione ottocentesca dei Fioretti di San Francesco. Una descrizione che si sovrappone, in maniera quasi perfetta, a quella con cui il cardinale Gianfranco Ravasi racconta il luogo in cui Cristo fu messo in croce: «Un modesto picco roccioso fuori dalle mura di Gerusalemme, in aramaico Golgota, in latino Calvario, in italiano Cranio, forse per la sua forma o perché sede della condanna a morte per crocifissione». Fa accapponare la pelle questa analogia di luoghi fra il monte della crocifissione di Cristo e quello dove Francesco riceve i segni della Passione. Lassù il Santo diventa l’alter Christus, ovvero l’uomo nuovo in cui si realizza la perfetta armonia e relazione tra la coscienza dell’essere creatura, del sentirsi finito, e la rivelazione dell’essere con il creatore. I testi delle Fonti Francescane raccontano, nel dettaglio, il momento in cui il Santo di Assisi riceve le stimmate, senza tralasciare gli aspetti più brutali e cruenti dell’atto di inchiodare una persona viva a una croce. Nello stesso tempo, esaltano la poesia e la spiritualità di come Francesco sarebbe stato «trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso». Sembra di vedere la scena. «La figura di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discese dalle sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, giunse, tenendosi librato nella aria, vicino all'uomo di Dio, e allora apparve non soltanto alato, ma anche crocifisso. Aveva le mani e i piedi stesi e confitti sulla croce e le ali disposte, da una parte e dall'altra, in così meravigliosa maniera, che due ne drizzava sopra il capo, due le stendeva per volare e con le due rimanenti avvolgeva 81


© adistock/AdobeStock

BUON VIAGGIO BRAVA GENTE

Santuario della Verna (AR)

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duta si voglia scegliere, il panorama è mozzafiato. Estremamente suggestiva e affascinante è la vista dal basso della scogliera, detta delle stimmate, sulla cui cima sorge il santuario. Ogni giorno alle 15, una processione di frati esce dalla basilica e attraversa il corridoio delle stimmate, decorato da affreschi, fino alla cappella, memoriale dell’evento miracoloso.

Il canto della liturgia zittisce il clamore dei pellegrini e dei turisti che ogni giorno salgono fino a questo luogo per goderne la bellezza. Probabilmente, questo è il momento più alto e solenne della giornata: la memoria del Santo più amato d’Italia. laverna.it santuarioverna Santuario della Verna

San Francesco riceve le stimmate, una scena del ciclo di affreschi delle Storie di San Francesco, nella Basilica superiore di Assisi (PG)

© Archivio fotografico Sacro Convento

e velava tutto il corpo», come citano le trecentesche Fonti. I religiosi che vi risiedono descrivono La Verna come «abitata, amata e custodita dai figli di frate Francesco, che nasce e affonda le sue radici in questo evento storico e misterioso». Da sempre il santuario tra i monti del Casentino è meta di francescani, pellegrini, semplici camminatori o escursionisti che, passando da questi posti, lasciano il proprio ricordo di devozione. Oggi La Verna si articola in una serie di edifici che ricordano i singoli avvenimenti accaduti. Passeggiando nel verde in cui è immerso il convento ci si può imbattere in differenti luoghi di preghiera: la cappella degli uccelli, quella delle stimmate, la cappella del letto di San Francesco, la prima cella del Santo, e il masso di frate Lupo dove Francesco convertì un terribile bandito. Il turismo che raggiunge questo «crudo sasso intra Tevero e Arno», per descriverlo con le parole di Dante Alighieri, non arriva sicuramente alle quantità di persone che affollano altri luoghi di culto ma sicuramente contribuisce a fare de La Verna un punto di riferimento per il Casentino, nel cui Parco nazionale è possibile compiere differenti tipi di escursioni. Mettendo i piedi sulle orme che ci ha lasciato Francesco, di cura e custodia del creato. Qualsiasi angolazione di ve-


INCLUSION

© misu/AdobeStock

LIBERI DI PEDALARE

A FIRENZE, UN PROGETTO SOCIALE COINVOLGE I DETENUTI DELL’ISTITUTO DI SOLLICCIANO NEL RESTAURO DI BICICLETTE CHE POI VENGONO NOLEGGIATE A LUNGO TERMINE di Carmen Pidalà

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alorizzare il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, il riciclo, la sostenibilità ambientale e la mobilità green. È il progetto Piedelibero per La Comune, grazie al quale 230 biciclette destinate

alla demolizione tornano alla vita dopo essere state aggiustate e restaurate dai detenuti dell’istituto penitenziario di Sollicciano, a Firenze. Un’iniziativa di noleggio bici a lungo termine, frutto della collaborazione tra La Comune,

neonata cooperativa di comunità urbana fiorentina, e Ulisse, cooperativa sociale che da anni è impegnata nel reinserimento dei carcerati attraverso il lavoro, con il contributo della Fondazione Noi-Legacoop Toscana. 83


INCLUSION

comprende colori e accessori nuovi. I mezzi rinnovati, poi, vengono messi in vendita online sul sito della cooperativa e possono essere prenotati e ritirati in un'officina esterna. «L’iniziativa è solo un piccolo contributo in termini numerici ai percorsi di recupero sociale dei detenuti e va letto come esempio di un indirizzo che andrebbe decisamente potenziato», sottolinea Romeo Gatti, presidente di Ulisse. «Non ricordo ricadute in termini di recidiva tra le persone uscite dal carcere tramite la cooperativa. Anzi, ormai sono tutte reinserite nel contesto sociale e professionale in maniera stabile. Investire sul lavoro come percorso riabilitante è fondamentale per la comunità se si pensa ai benefici che ne derivano in termini di sicurezza. Crediamo fortemente nel concetto di pena come strumento rieducati-

© Gabriele Cury

Provenienti dal deposito comunale di Firenze, le due ruote vengono rimesse su strada in un locale allestito a officina all’interno dell’istituto penitenziario, grazie all’impegno retribuito dei detenuti, che vengono coordinati e supportati da tutor e meccanici-operatori sociali di Ulisse. «Il programma ci ha entusiasmato fin dall'inizio», commenta Gabriele Cury, referente del progetto, «perché riassume esattamente i valori della nostra cooperativa, come l'inclusione sociale e il lavoro in carcere, per creare progetti capaci di aiutare la comunità, soprattutto in questa transizione ecologica che ci riguarda tutti». Il consorzio, che si occupa da anni di progetti a sostegno dei detenuti, ha creato il marchio Piedelibero con cui rendere riconoscibili le bici dopo il restauro e uno studio di re-design che

In questa e nella pagina successiva l'officina della cooperativa Ulisse di Firenze 84

vo e non come mera punizione, quindi ogni piccolo successo è motivo di grande orgoglio», prosegue. L’attività in officina è così diventata un percorso verso l’uscita dal carcere, un modo per trasferire ai detenuti competenze e regole utili per il loro ricollocamento all’esterno. A oggi, circa 30 ex ospiti dell’istituto penitenziario, impegnati nel laboratorio di riparazioni di Sollicciano, sono rientrati nel mondo del lavoro. E, grazie alla sinergia con La Comune, le bici sono ora pronte per percorrere le vie di Firenze in modalità noleggio. L’idea è offrire un servizio a costo agevolato per chi vuole un mezzo funzionante e proveniente da una filiera sicura, senza dover sostenere grandi costi di manutenzione o correre il rischio del furto. Chi diventa socio – che sia un cittadino, un’azienda o un’asso-


© Gabriele Cury

l’intento di coinvolgere tutti coloro che credono in una mobilità green, soprattutto i giovani che si spostano nelle ore di punta, per andare a scuola o a lavoro». È stata attivata anche una rete di officine convenzionate per riparazioni e tagliandi e in città si potrà parcheggiare gratuitamente in spazi messi a disposizione dal comitato territoriale Uisp Firenze. Sulle biciclette è presente anche un QR Code con cui si

possono ottenere tutte le informazioni relative al progetto, che coinvolge altre realtà locali. Gli adesivi del logo, per esempio, sono stati prodotti dalla Ginger Zone, stamperia sociale che ha come finalità l'inserimento nella collettività di giovani stranieri non accompagnati e persone in stato di fragilità. La solidarietà, insomma, viaggia pedalando. cooperativaulisse.it lacomune.coop

© Gabriele Cury

ciazione – può noleggiare una due ruote a canone agevolato, scegliendo tra i vari modelli disponibili. «Diversamente dai servizi di sharing più diffusi, il nostro è un noleggio a lungo termine, per sei mesi o un anno», spiega Roberto Negrini, presidente de La Comune. «Vogliamo contribuire a liberare le città dal traffico e dall’inquinamento e a non sovraccaricare il trasporto pubblico locale, anche alla luce dell’esperienza pandemica. Con

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TEATRO

SCIROPPO DI EMOZIONI IN EMILIA-ROMAGNA UN PROGETTO SPERIMENTALE COINVOLGE PEDIATRI, FARMACISTI E COMPAGNIE DI ATTORI PER PORTARE A TEATRO OLTRE 59MILA BAMBINI E BAMBINE DAI TRE AGLI OTTO ANNI di Elisabetta Reale

Una scena dello spettacolo Il carretto delle storie: Hansel! Gretel!, Teatro dell'Argine

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Il libretto del progetto Sciroppo di teatro distribuito da farmacisti e pediatri

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na medicina speciale, fatta di parole, suoni e storie fantastiche, che agisce sui cinque sensi e arriva dritta al cuore, lasciando traccia nella memoria anche a distanza di molti anni. Questa cura particolare, prescritta da pediatri che credono nella forza della fantasia, dell’arte e dell’immaginazione, si chiama Sciroppo di teatro ed è un progetto promosso da Ater Fondazione - Circuito teatri Emilia-Romagna in 22 centri della regione. L’iniziativa di welfare culturale è pronta a coinvolgere, fino al 10 aprile, oltre 59mila bambini e bambine dai tre agli otto anni e le loro famiglie nel pieno rispetto delle norme legate all’emergenza sanitaria. Nato da un’idea del regista Silvano Antonelli, direttore della compagnia teatrale Stilema di Torino, il progetto sperimentale ha preso corpo in Emilia-Romagna grazie a una proposta lanciata da Ater ai 34 Comuni associati alla Fondazione, in provincia di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena. Un prezioso lavoro di rete che vede protagonisti 152 pediatri, 225 farmacie aderenti a Federfarma e 11 di Assofarm e si completa con la collaborazione tra gli assessorati regionali alla Cultura, alla Sanità e al Welfare, le organizzazioni

sindacali e le associazioni scientifiche dei pediatri. Inoltre, sono 35 in tutto le compagnie coinvolte e 46 i titoli a disposizione del pubblico, dal teatro di figura alla narrazione, dal nuovo circo alla danza. Oltre al contributo di Antonelli, Ater si è avvalsa della consulenza di Alessandro Volta, direttore del Programma materno-infantile della Ausl di Reggio Emilia, con l’obiettivo di creare un’alleanza inedita, capace di generare cambiamenti significativi sul piano della salute e del benessere delle famiglie, grazie a una disciplina capace di suscitare emozioni e far volare con la fantasia. «Recenti ricerche scientifiche sullo sviluppo neuroevolutivo del bambino mostrano che l’ambiente sociale e le esperienze sono importanti e hanno effetti protettivi a lungo termine, ben oltre l’età evolutiva. Dopo quasi due anni di pandemia, il teatro per ragazzi può rappresentare una vera e propria terapia per far tornare i più piccoli a ridere, pensare, sognare». I pediatri e le farmacie aderenti hanno fornito con grande entusiasmo il loro Sciroppo di teatro, una medicina eccezionale per potersi emozionare, ovvero un libretto agile e scorrevole, imprezio-

sito dalle illustrazioni di Matteo Pagani, che nel mese di dicembre è stato distribuito in 42.300 copie. All’interno, fra personaggi colorati e filastrocche divertenti, è inserito un bugiardino che contiene le indicazioni per la somministrazione e l’assunzione di questa straordinaria terapia: sei ricette, ognuna delle quali corrisponde a un biglietto, al prezzo di 2 euro per ogni bambino e ciascun accompagnatore, per assistere a tre spettacoli di Teatro ragazzi. Il viaggio nelle parole e nell'immaginazione ha preso il via a metà gennaio. Tra i primi spettacoli proposti al giovane pubblico Zuppa di sasso della compagnia Tanti cosi progetti, prodotto da Accademia Perduta/Romagna Teatri, Rusco revolution di NoveTeatro, Tartaruga piè pesante di Fratelli di Taglia, Controvento di Michele Cafaggi, Il carretto delle storie: Hansel! Gretel! della compagnia Teatro dell’Argine, Rodarissimo del Teatro dell’Orsa, Caro Orco di Solares Fondazione delle Arti e Le nuove avventure dei Musicanti di Brema del Teatro Due Mondi. Tante storie per sognare ed emozionarsi. ater.emr.it/it aterfondazione

Le nuove avventure dei Musicanti di Brema, Teatro Due Mondi

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MODA

LA DONNA DEL FUTURO

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di Cecilia Morrico MorriCecili Morricocecili In tutto il servizio la collezione Elisabetta Franchi e La mia Bambina Primavera-Estate 2022

limitare da nessun confine. Hai un grande amore per gli animali e per i tuoi capi utilizzi materiali e procedimenti che li rispettano. Ho sempre adottato politiche per la loro salvaguardia, eliminando dalle mie collezioni l’uso della pelliccia, la lana d’angora e la piuma d’oca. A oggi, il 94% della mia produzione avviene secondo un’etica animal free e l’intenzione è creare collezioni di capi e accessori al 100% in materiale sintetico. Gli animali sono la mia seconda famiglia, ho dato vita a molti progetti orientati alla loro difesa e, da un paio

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ALLA MILANO FASHION WEEK DI FEBBRAIO CON LA STILISTA ELISABETTA FRANCHI, IMPRENDITRICE DELL’ANNO PER ERNST & YOUNG CHE VIVE LA MODA COME VOCAZIONE

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Foto courtesy Elisabetta Franchi

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e gennaio per il mondo della moda è sinonimo di collezioni maschili, febbraio è atteso per le sfilate femminili. Da New York fino a Parigi, passando per Londra e Milano, le passerelle più calde del fashion system sono pronte ad accendersi. La stilista Elisabetta Franchi ci accompagna verso la settimana della moda meneghina, dal 22 al 28 febbraio, per scoprire i must have for her del prossimo inverno. Insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana e imprenditrice dell’anno 2021 EY-Ernst & Young, la creativa bolognese porta avanti un’idea di donna autonoma, determinata e sensuale con uno sguardo alle generazioni future e alle politiche ambientali. A cosa ti ispiri per le tue collezioni? A tutto ciò che mi circonda. Amo vestire le donne che affrontano la propria vita con grinta, senza rinunciare alla propria eleganza. Donne che non sono mai fuori luogo, sensuali e chic anche con un look casual o in tenuta business. Per l’estate hai pensato a una donna viaggiatrice: quanta voglia c’è di tornare a esplorare il mondo? Dopo gli ultimi due anni, è veramente molta. Per la mia globetrotter mi sono ispirata a due film che amo da sempre: Il paziente inglese e La mia Africa. In queste pellicole ho rivisto la mia musa: una donna che vuole scoprire il mondo con nuovi occhi senza farsi 89


MODA

d’anni, li porto avanti tramite la Fondazione Elisabetta Franchi Onlus. Tra quelli che mi stanno più a cuore, c’è la lotta contro il randagismo e le attività di sostegno per l’adozione. Credo che ognuno di noi debba impegnarsi per avere un mondo migliore. Per le nuove generazioni hai creato la linea junior La mia bambina. Come immagini le donne di domani? La collezione nasce dall’idea di condivisione tra una madre e una figlia, che sia un momento di shopping o un’esperienza di vita. Da sempre adatto il Dna del mio brand al linguaggio dei più piccoli, trasformando alcuni dettagli per mantenere e rispettare la loro natura genuina. Il 2021 ti ha portato tante soddisfazioni: a giugno sei stata nominata Cavaliere della Repubblica e a novembre hai vinto il premio EY-Ernst & Young come imprenditrice dell’anno. Te lo aspettavi? È stato un grande onore ricevere quest’alta onoreficenza al merito per me che sono partita dal niente e ho costruito il mio grande sogno pietra dopo pietra. Mi sono guardata indietro e ho detto: «Cavolo, sono stata bravina». Per quanto riguarda il riconoscimento di Ernst & Young, in un mondo di imprenditori uomini per me vale tantissimo ed è un bel segnale per tutto l’universo femminile. Come donna, imprenditrice e creatrice cosa consigli a chi si approccia al settore moda? Innanzitutto, serve la vocazione: il mondo del fashion è luccicante ma pieno di buche, curve e montagne da scalare. Poi il talento, condito con passione, determinazione e senso del

sacrificio. E, per finire, bisogna avere le idee chiare: sapere chi vuoi essere e diventare. Il consiglio che dai a te stessa, ogni mattina, prima di iniziare la giornata? Rimanere ciò che sono, non perdere il cuore pulsante delle cose, non chiudere mai quel cassetto in cui si cela il mio sogno.

Il prossimo traguardo da raggiungere? Non mi sono mai fissata obiettivi, mi lascio guidare da passione e visione. Ecco: il mio traguardo è di vedere sempre chiaro davanti a me. elisabettafranchi.com elisabettafranchi bettafranchi

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ALFAPARF MILANO CON BARBIE PER DYNAMO CAMP Alfaparf Milano, brand italiano numero uno nel settore dell’hair care professionale, rinnova per il quarto anno il suo impegno nel supportare Dynamo Camp, la onlus benefica che ospita gratuitamente i bambini affetti da patologie gravi o croniche. Un progetto speciale, in collaborazione con Barbie e la sua linea Extra, caratterizzata da bambole con look e accessori vivaci, colorati e stravaganti, racconta l’importanza di esprimere sempre la propria unicità e il proprio stile. Il 7 febbraio vengono vendute all’asta cinque Barbie Extra, con le acconciature personalizzate per l’occasione dagli hair stylist di Alfaparf Milano. L’intero ricavato dell’asta verrà donato a Dynamo Camp, per permettere a sempre più bambini e alle loro famiglie di soggiornare presso il centro. www.alfaparfmilano.com Una delle cinque Barbie Extra con acconciatura Alfaparf Milano 90


TEMPO D’AMORE

Swarovski collezione Una

DAI GIOIELLI AI CIOCCOLATINI, SENZA DIMENTICARE I MUST HAVE DI STAGIONE. UN SAN VALENTINO PER TUTTI I GUSTI di Cecilia Morrico

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an Valentino porta sempre con sé un mix tra romanticismo, aspettativa e desiderio. Quest’anno va di moda celebrare la festa degli innamorati con piccoli gesti rivolti non solo al proprio partner, ma anche a un amico, un parente oppure, perché no, a se stessi. Dai gioielli agli occhiali, dal beauty agli accessori passando per i regali alcolici lunga è la lista dei cadeau scarlatti. Si parte con il simbolo di questa festa, i Baci Perugina, che quest’anno celebrano i 100 anni. Per l’occasione, il brand Dolce&Gabbana ha disegnato una serie limitata con una grafica ad hoc intitolata Amore e Passione. Si tratta di un Bacio Rosso, che ha al centro gianduia e lampone e sopra una copertura in cioccolato bianco di

colore scarlatto ottenuto con ingredienti naturali. Swarovski celebra invece l’amore con la serie Una: un cuore nato dall'incontro di due cigni, simbolo di unità per tutta la vita. La collezione vanta pendenti, choker, orecchini e bracciali creati con la solita maestria artigiana del brand. Cuori anche per Pandora e la serie Timeless in argento sterling di lega placcata d’oro giallo o rosa. Ma i gioielli non sono l’unica alternativa. Per lui si può scegliere anche la Latta vintage Proraso prima e dopo composta da crema pre-rasatura, sapone e lozione dopobarba, oppure l’eau de toilette Bois de Sauge di Yves Rocher (anche per lei nella versione eau de parfum Oui à l’Amour). Le fragranze della maison francese si di-

stinguono per la consueta attenzione all’ambiente con alcol di origine vegetale al 100% e flaconi riciclati. Ma San Valentino può essere anche l’occasione giusta per regalare le novità delle collezioni Primavera-Estate 2022, tra borse, gonne, camicie e occhiali da sole. Infine, per la coppia, cosa c’è di meglio di un inebriante picnic all’aperto condito da bollicine francesi? Ludovica Mascheroni pensa agli amanti del perlage con il baule porta champagne Le Blanc: un piccolo scrigno di alta artigianalità con all’interno due flûte, uno scomparto in acciaio inox contenente una bottiglia con sacca termoisolante, un vassoio, due sottobicchieri, un sottobottiglia in pelle e due tovagliolini in lino. Cin cin!

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08 01//Anelli Pandora collezione Timeless 02//Borsa a mano ottod'Ame 03//Occhiale da sole per uomo Italia Independent 04//Eau de parfum Oui à l’Amour ed eau de toilette Bois de Sauge di Yves Rocher 05//Camicia e gonna Sfizio 06//Cofanetto Baci Perugina e Dolce&Gabbana Amore e Passione 07// Latta vintage Proraso prima e dopo 08//Baule porta champagne Le Blanc di Ludovica Mascheroni 91


ARTE

UN ANGOLO DI FRANCIA CHE SI AFFACCIA SU ROMA

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di Cesare Biasini Selvaggi cesarebiasini@gmail.com

L

a fondazione dell’Accademia di Francia a Roma coincise con la politica dei grandi lavori pubblici intrapresa alla fine del XVII secolo da Luigi XIV, grazie alla quale furono trasformati il Louvre, il Palazzo delle Tuileries e la Reggia di Versailles. L’Accademia di Francia esiste nell’Urbe dal 1666, quando ha visto la luce

su impulso di Jean-Baptiste Colbert e Gian Lorenzo Bernini per accogliere sia i vincitori del Prix de Rome, la borsa di studio creata dallo Stato francese per studenti d’arte meritevoli, sia i borsisti protetti dai grandi nobili d’oltralpe. I giovani artisti nominati dal re avevano così la possibilità di accrescere la loro formazione grazie al contatto con Roma e l’Italia. Per la Francia è tutt’oggi un simbolo dell’influenza della sua cultura, del suo sostegno alle arti e agli artisti: oltre 350 generazioni di giovani si sono succedute, da compositori ad architetti, da pittori a fotografi, da storici dell’arte a studiosi del cinema. Sul sito web dell’istituzione è possibile consultare l’elenco completo dal quel lontano 1666 in avanti, dagli “antichi” Claude Debussy e Je-

an-Honoré Fragonard ai contemporanei Yan Pei-Ming e Balthus. Dal 1803, questa prestigiosa istituzione francese risiede a Villa Medici: uno dei luoghi più magici della Città eterna situato sulla collina panoramica del Pincio, nel più bel tratto di viale della Trinità dei Monti. Stiamo parlando di una superba residenza rinascimentale che si svela al visitatore solo una volta varcato il suo ingresso, con i saloni nei

© Giorgio Benni/Accademia di Francia a Roma-Villa Medici

NEL CUORE DI VILLA MEDICI, L’ACCADEMIA FRANCESE A ROMA OSPITA GIOVANI TALENTI E PROMUOVE MOSTRE D’ARTE CONTEMPORANEA

Villa Medici sede dell’Accademia di Francia a Roma

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ARTE

© Daniele Molajoli

quali riecheggia ancora il passaggio di generazioni di talenti. Oltrepassato il sobrio e austero androne da cui parte lo scalone centrale che conduce al primo piano, lungo la strada, in una nicchia, fa bella mostra di sé un’imponente statua. È la scultura raffigurante il re di Francia Luigi XIV ritratto con gli attributi da imperatore, a ricordare

Sam Stourdzé

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che si è entrati in territorio francese, per quanto ci si trovi comunque nella più italiana delle fondazioni d’oltralpe. E, poi, c’è il giardino storico con i suoi quasi sette ettari di verde sospesi tra il Vittoriano e Monte Mario, l’ultimo giardino mediceo rimasto nel suo disegno originale, concepito da Ferdinando I de’ Medici (da cui il nome che ancora oggi il complesso porta) negli anni ‘60 del ‘500. Per saperne di più, intervistiamo colui che è il “custode” di questa gloria italo-francese, il suo direttore dal 2020: Sam Stourdzé. Quarantotto anni, nato in una campagna francese un po’ triste dove pioveva molto, da quando ne aveva otto Stourdzé vive a Parigi. Verso i 20 anni scopre la fo-

tografia e decide che avrebbe fatto parte della sua vita professionale, diventando un curatore indipendente di mostre. Per 12 anni organizza esposizioni in tutto il mondo e le prime sono state proprio in Italia, ad Aosta. Nel 2009 viene nominato direttore del Musée de l’Elysée di Losanna, in Svizzera, dedicato alla fotografia, poi nel 2014 di Rencontres d’Arles, il grande festival della fotografia in Provenza. Dal 2020 fa ritorno in Italia, presso l’Accademia di Francia a Roma. Per lei non è la prima volta a Villa Medici, vero? In effetti, 13 anni fa sono stato borsista qui con un progetto di ricerca su Federico Fellini e le sue fonti di ispi-


© Daniele Molajoli/Accademia di Francia a Roma-Villa Medici

I giardini di Villa Medici

© Daniele Molajoli

La loggia di Balthus con le sculture di Katinka Bock

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ARTE

razione: ha dato origine a una grande mostra che ha circolato molto. Mi è piaciuto tanto questo periodo della mia residenza. Ricordo che lavoravo tutto il giorno in uno studio molto carino con una vista mozzafiato sui tetti di Roma. E quando uscivo di notte a fare una passeggiata su via del Corso mi sembrava di essere immerso in un film di Fellini. Questo passaggio è sicuramente stato decisivo per me e per il resto della mia carriera. Penso di poter dire – con un po’ di enfasi – che Villa Medici mi ha cambiato la vita. Quali sono gli obiettivi che la vostra istituzione si pone in Italia? L’Accademia di Francia a Roma-Villa Medici è sia una residenza d’artista – accogliamo infatti una cinquantina di borsisti e residenti ogni anno nelle varie discipline – sia un centro d’arte contemporanea in cui organizziamo mostre, incontri, concerti, proiezioni di film. Come terza missione, poi, preserviamo e promuoviamo il formidabile patrimonio architettonico e il giardino che rappresenta Villa Medici. Un luogo che è un vero e proprio compendio di storia… Sì, fu voluta da Ferdinando I de’ Medici, grande amante delle arti, e acquistata per la Francia da Napoleone. François-René de Chateaubriand, allora ambasciatore francese, ed Émile Jean Horace Vernet, direttore, vi han-

no celebrato delle iniziative memorabili. Jean-Auguste-Dominique Ingres era borsista, poi direttore, e ha piantato i pini nei giardini. Balthus è stato nominato direttore da André Malraux con la missione di ripensare l’istituzione per farne una punta di diamante del ‘900, per non parlare dei quattromila borsisti che si sono succeduti. In questo senso, Villa Medici rappresenta un vero e proprio compendio di storia. Come ci si sente a tornare in un ruolo dirigenziale? In effetti è un po’ strano tornare come direttore, qualche anno dopo. Sembra quasi di entrare dall’altra parte dello specchio, ma penso che sia un vantaggio. Conosco le aspettative degli studiosi e anche le loro paure. Nonostante le apparenze, non è sempre facile essere un ricercatore di Villa Medici. Vivi nel posto più bello del mondo, ma devi creare, sei solo davanti a te stesso. A volte può essere vertiginoso. Come vivono gli artisti il privilegio di essere ospiti qui? Bisogna chiederlo a loro. Penso sia un’esperienza unica trascorrere un anno in un luogo straordinario dove vengono ospitati e ricevono una borsa per sviluppare una residenza di ricerca e creazione, senza alcun vincolo. Diamo loro tempo e oggi questo è un

La mostra Toiletpaper & Martin Parr nei giardini di Villa Medici

© Daniele Molajoli

Courtesy Toiletpaper Magazine & Martin Parr/Magnum Photos

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lusso. Cosa significa ricoprire il suo ruolo? Il mio progetto per Villa Medici è molto semplice. La sua storia antica e rispettabile la onora, ma il suo futuro si scrive guardando avanti. Villa Medici è un’istituzione del XXI secolo, utile alle sue comunità? Questo è il tipo di domanda a cui io e il mio team ci sforziamo di rispondere. Ci può raccontare una sua giornata tipo? Inizia con un corso di italiano per provare a padroneggiare la vostra lingua, ma mi rendo conto che manca ancora un po’ di lavoro su questo. Poi tanti incontri con i partner dei nostri numerosi progetti e con gli artisti. Tra gli ultimi con cui ho lavorato c’è Giuseppe Penone, a mio avviso uno dei più rilevanti, le cui opere sono attualmente esposte da noi. E, quando mi resta un po’ di tempo, rispondo alle interviste. Perché Villa Medici è importante anche per il mondo della cultura italiana? È la più romana delle istituzioni francesi e la più francese delle istituzioni italiane. Dipende dal ministero della Cultura francese (e non dal ministero degli Affari Esteri). Il suo pubblico è romano. Ha dunque un ruolo importante nella vita culturale della città e accoglie regolarmente anche italiani tra i suoi borsisti. Non si rivolge solo ai


© Daniele Molajoli

Vaso (2005) di Giuseppe Penone nelle stanze del Cardinale di Villa Medici Archivio Penone

francesi, ma è aperta a tutti, purché si conosca la lingua francese. Quali sono, a suo avviso, le principali differenze culturali tra Italia e Francia? Come quelle tra cugini: molte somiglianze, un’aria di famiglia e personalità forti. A quali progetti sta lavorando attualmente? Al momento, la programmazione è estremamente ricca. La fotografa Natacha Lesueur ha appena concluso una mostra nelle gallerie espositive

della Villa. Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari – creatori del magazine Toiletpaper – e Martin Parr espongono nei giardini. L'artista tedesca Katinka Bock ha collocato due sculture sotto la loggia di Balthus e il grande Penone si è impossessato delle stanze del Cardinale. Tutte le opere sono visibili fino al 27 febbraio. Questo mese, poi, abbiamo una grande mostra sull’arte dello scarabocchio, il Gribouillage, da Leonardo da Vinci a Cy Twombly. E la prossima estate ci sarà il Festival des cabanes, con architetture leggere nei

giardini della Villa, in contemporanea con l’annuale esposizione dei borsisti. Quale artista del passato le piacerebbe avere come borsista? Sono indeciso tra Wolfgang Amadeus Mozart e Caravaggio. Ma quello che mi rassicura è sapere che i Caravaggio e i Mozart di domani sono ora a Villa Medici. villamedici.it VillaMedici.VillaMedicis VillaMedicis villa_medici 97


ARTE

© Gianni/AdobeStock

MILANO CHIAMA PARIGI Museo del Novecento, Milano

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© Isabelle Barthe/AdobeStock

Museo d’Orsay, Parigi

DALLA CAPITALE DEL FUTURISMO ALLA PATRIA DELL’IMPRESSIONISMO. UN VIAGGIO NELLA STORIA DELL’ARTE CHE PARTE DAL MUSEO DEL NOVECENTO E ARRIVA A QUELLO D’ORSAY di Giuliano Papalini - paepa2010@libero.it

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ecentemente riaperta al pubblico, la nuova Galleria del Futurismo all’interno del Museo del Novecento, a Milano, è stata interamente ridisegnata negli spazi e nel percorso espositivo. La saletta all'ingresso è stata trasformata in un luogo aperto che introduce la poetica futurista con scritti, locandine e manifesti – fondamentale strumento di diffusione delle idee e della grafica del movimento – oltre a importanti lavori su carta di Antonio Sant'Elia e Giacomo Balla. Una video installazione, inoltre, rimanda al clima sperimentale dei primi 30 anni

del ‘900, con importanti estratti di cinema futurista e d'avanguardia. Al secondo piano, i capolavori dei grandi maestri sono esposti considerando non solo l'evoluzione tecnico-pittorica del periodo, ma anche la vicinanza tematica e stilistica delle opere. Spiccano i lavori di Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Gino Severini, per indicare i più noti, affiancati da quattro dipinti provenienti da un’importante collezione privata, esposti al pubblico per la prima volta: Crepuscolo di Boccioni, Paesaggio toscano di Severini, Velocità d'automobile + luci di Balla e un ritratto di Mario

Sironi, Figura futurista (Antigrazioso). Un racconto espositivo che, attraverso indiscussi capolavori e sperimentazioni, espone i temi prediletti dai futuristi: soggetti di vita urbana, bellezza del movimento e della macchina, entusiasmo patriottico. Parallelamente, le opere rivelano anche la pittura e la scultura del movimento con soggetti tradizionali come la figura e la natura morta. La sala si chiude con il celebre bronzo boccioniano del 1913 Forme uniche della continuità nello spazio, che sfida i limiti di pesantezza e staticità della materia. Una vera e propria celebra99


ARTE

Umberto Boccioni Crepuscolo (1909) Donazione Giuseppina Antognini e Francesco Pasquinelli, 2021

zione del moto che dal corpo nudo in cammino si estende allo spazio che lo contiene. Ma il nuovo allestimento del Museo del Novecento non finisce qui, un altro capitolo di fondamentale importanza sta per essere scritto. Dopo una prestigiosa mostra itinerante in Russia, nella primavera del 2022 le opere della collezione Gianni Mattioli torneranno ad arricchire la selezione permanente, grazie a un comodato d’uso. Si tratta della maggiore raccolta privata al mondo di arte italiana futurista e metafisica, con un nucleo composto da 26 opere che andranno a dialogare con quelle della collezione Canavese, già di Fedele Azari, e quelle della Jucker, rendendo la già ricca Galleria del Futurismo la più importante esposizione di arte italiana del primo ‘900 a livello internazionale.

Umberto Boccioni Forme uniche della continuità nello spazio (1913) Acquisto Museo Novecento, 1934

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terrand. E nella sua realizzazione c’è anche un po’ di Italia. Il compito non facile di progettare gli allestimenti fu infatti affidato all’architetta Gae Aulenti, in collaborazione con Italo Rota, l'architetto delle luci Piero Castiglioni e il designer Richard Peduzzi. La difficoltà consisteva nel creare un’esposizione organica in un edificio caratterizzato da spazi molto diversi tra loro. «Il mio principio», spiegò Aulenti in un’intervista dell’epoca, «era di proteggere il meglio possibile la natura dell’edificio senza tuttavia rinunciare all’identità contemporanea della struttura. Abbiamo disegnato lo spazio espositivo per più di 4mila opere, studiando per ciascuna il rapporto visuale tra opera e visitatore». Attualmente, il museo si articola su tre livelli. La navata centrale, dove correvano i binari, è utilizzata come per-

Gino Severini Paesaggio toscano (1912-13) Donazione Giuseppina Antognini e Francesco Pasquinelli, 2021

Mario Sironi Figura futurista (Antigrazioso) (1913)

A PARIGI LA CASA DEGLI IMPRESSIONISTI In un’ex stazione ferroviaria nel centro di Parigi, si trova uno dei musei più visitati del pianeta: il Museo d’Orsay, universalmente noto per essere la casa degli impressionisti. I suoi depositi documentano lo sviluppo delle arti in un periodo che va dal 1848 al 1914: ci sono opere provenienti dal Louvre per gli artisti nati dopo il 1820, ma anche dalla Galleria Nazionale del Jeu de Paume, da cui arrivano soprattutto i capolavori degli impressionisti, e dal Musée d’Art Moderne che, dopo essersi trasferito al Centre Pompidou, ha ceduto al d’Orsay le tele dei maestri nati dopo il 1870. Sei sono i nuclei collezionistici fondamentali: pittura, scultura, oggetti d’arte, fotografia, grafica e architettura. La vecchia stazione dei treni, costruita come la Torre Eiffel per l’esposizione universale del 1900, è diventata ufficialmente il Museo d’Orsay il primo dicembre 1986, dopo varie vicissitudini. A inaugurare lo spazio è stato il presidente francese François Mit101


ARTE

Pierre-Auguste Renoir Il ballo al Moulin de la Galette (1876) Paul Cézanne I giocatori di carte (1890-1895)

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Edgar Degas La classe di danza (1871-1874)

corso principale da cui si sviluppano passaggi e terrazze che permettono ai visitatori di muoversi agevolmente da un padiglione all’altro. Così, come per incanto, ci si trova improvvisamente davanti ai capolavori dei grandi maestri dell’impressionismo: Claude Monet, Paul Cézanne, Edgar Degas, Édouard Manet, Pierre-Auguste Renoir. E di quelli del post-impressionismo, come Paul Gauguin e Vincent Van Gogh. Da non perdere assolutamente, tra i numerosi quadri presenti, La classe di danza di Degas (1871-1874), Il ballo al Moulin de la Galette di Renoir (1876), il celeberrimo Autoritratto di Van Gogh (1889), I giocatori di carte di Cézanne (1890-1895), Arearea di Gauguin (1892), Ritratto di Émile Zola di Manet (1868). museodelnovecento.org/it MuseodelNovecento museodel900 musee-orsay.fr/fr museedorsay museeorsay

Paul Gauguin Arearea (1892) 103


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COME ERAVAMO COME SAREMO

Folla in partenza per le vacanze sulla banchina alla Stazione Centrale di Milano (luglio 1961) 104


Le gallerie del Teatro alla Scala in occasione dell’inaugurazione della stagione lirica (7 dicembre 1953) Foto di Nick Giordano, Tino Petrelli, Silvano Lucca e Franco Giglio

OSSERVARE IL PASSATO PER IMMAGINARE IL FUTURO. A VICENZA, UNA MOSTRA FOTOGRAFICA RIPERCORRE GLI ANNI DELLA RIPRESA ITALIANA POSTBELLICA di Luca Mattei

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lucamattei1 - l.mattei@fsitaliane.it

Foto © Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

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el Secondo dopoguerra il treno fu un simbolo della rinascita italiana. Riportò a casa i soldati che rientravano dal fronte, alimentò il turismo e il rito collettivo della villeggiatura, accompagnò tanti migranti meridio-

nali in viaggio verso nord per lavorare nelle fabbriche, ma anche verso sud per il ritorno nelle terre d’origine. Oggi è uno dei protagonisti di Come saremo. L’Italia che ricostruisce, la mostra aperta a Vicenza, alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo,

fino al 18 aprile. In esposizione 44 immagini tratte dall’Archivio Publifoto di Intesa Sanpaolo, un patrimonio di circa sette milioni di scatti realizzati tra gli anni ‘30 e ‘90 su temi di cronaca, politica, costume, società, cultura, sport e paesaggi. L’obiettivo è raccontare chi eravamo, per immaginare come saremo. Le foto, ricche di umanità e cariche di entusiasmo, sono state scattate in un periodo fondamentale per l’Italia, quello della ricostruzione e del miracolo economico. «La scelta di immagini», spiega Arianna Rinaldo, curatrice della mo105


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Una ragazza in Vespa guarda dei manifesti di località turistiche (7 giugno 1949)

Ragazze al concerto dei Beatles, al Vigorelli di Milano (24 giugno 1965). Foto di Sergio Cossu ed Eugenio Pavone

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Bagnanti su una spiaggia della costa del Mar Adriatico (10 maggio 1956).

stra, «ci ha permesso di formulare un messaggio di speranza e ottimismo in un momento critico legato alla situazione globale attuale. La storia offre la possibilità di ritrovare parallelismi tra epoche differenti e, soprattutto, di apprendere dal passato». Dopo la Seconda guerra mondiale il Paese si rialzò dalle macerie e cambiò rapidamente, vivendo una rivoluzione nei costumi e nei valo-

ri. Non a caso, anche le donne sono protagoniste della mostra: si traccia il loro rapporto con la famiglia, il lavoro e i nuovi diritti, come quello al voto, ottenuto solo nel 1946. In quegli anni, inoltre, gli italiani si riappropriarono della quotidianità come cittadini liberi. Quella normalità che troppo spesso viene data per scontata, ma che si riscopre in occasione di un evento eccezionale, come l’odierna situazione pan-

demica. «Le foto esposte», prosegue Rinaldo, «colgono momenti individuali e collettivi di ripresa, resilienza, coraggio e anche leggerezza, che nel titolo Come saremo abbiamo voluto declinare al futuro, per aprire lo sguardo verso una rinascita comune ed esprimere il bisogno di riconciliarci con il mondo circostante». gallerieditalia.com gallerieditalia 107


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COSA VEDONO LE STATUE VENEZIA IMMORTALATA DALLO SGUARDO ALTO DI UN DRONE, IN OLTRE 50 IMMAGINI DEL FOTOGRAFO MARCO SABADIN di Sandra Gesualdi

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Foto di Marco Sabadin

Punta della Dogana

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lanare sulla Laguna ad ali spiegate, insinuarsi in picchiata tra calli e canali, ammirare dall’alto Venezia come fanno gli uccelli, che si librano su campanili e isolette, alternando basse quote a voli più elevati. Marco Sabadin, fotografo che vive e lavora nella Serenissima, ha sempre avuto il desiderio di catturare la sua amata città da prospettive diverse, come se avesse le ali per attraversarla o gli occhi delle statue issate su torri campanarie, chiese e palazzi che la scrutano da lassù. «Ho pensato di girovagare per la mia città immaginando di essere un uccello che la sorvola a bassissima quota, accarezzando tetti e statue, campa-

Chiesa di San Lazzaro dei Mendicanti 110

nili e capitelli. Un punto di vista che mi ha sempre affascinato», racconta. Fino alla scoperta dei droni che hanno volteggiato per lui e con cui, durante il lockdown della primavera scorsa, ha viaggiato tra i cieli. Un itinerario che inizia dalla stazione Santa Lucia e arriva fino all'Arsenale, transita per San Marco, Rialto, San Polo, sfiorando San Nicolò dei Mendicoli, per poi risalire fino alla Basilica di Santa Maria della Salute e giungere, attraverso la Giudecca, all'isola di San Giorgio. Dal viaggio sono nati scatti che sembrano cogliere gli sguardi delle statue, in bilico da millenni sui maggiori monumenti della città. La mostra fotografica Sguardi di Pie-

tra. Venezia vista dalle sue statue ne raccoglie una selezione di oltre 50, riprodotti in grande formato ed esposti, fino al 30 marzo, negli spazi del Fondaco dei Tedeschi. Punti di vista inconsueti, per godere di una città osservata con il naso all’insù. Visioni alte ma non troppo, capaci di carpire particolari e perdersi nell’orizzonte del mare lagunare. Chi l’avrebbe detto che avremmo incontrato sante intente a leggere, Madonne con le vesti mosse da folate di brezza, un Ponte del Rialto come un’architettura avveniristica o la statua Occasio intenta a seguire la direzione del vento sulla Punta della Dogana? veneziavision.it tfondaco


Chiesa di santa Maria dei Carmini

Ponte del Rialto 111


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A/R WEEKEND

YOUNG & SENIOR

Sconto del 40% sia sull’andata che per il ritorno sul prezzo Base per chi parte il sabato e torna la domenica con le Frecce e Intercity giorno, su tutti i livelli di servizio, escluso il Salottino. La giusta soluzione per visitare le città d’arte nel fine settimana senza stress e lasciando l’auto a casa 5 .

Riservate agli under 30 e agli over 60 titolari di CartaFRECCIA, le offerte Young e Senior permettono di risparmiare fino al 50% sul prezzo Base dei biglietti per tutti i treni nazionali e in tutti i livelli di servizio, ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 6.

ME&YOU

INSIEME

Promozione riservata ai titolari CartaFRECCIA consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconti fino al 50% sul prezzo Base su tutti i treni nazionali. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e i servizi cuccette, VL ed Excelsior 7.

Offerta dedicata ai gruppi da 3 a 5 persone per viaggiare con uno sconto fino al 50% sul prezzo Base di Frecce, Intercity e Intercity Notte. La promozione è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 8.

NOTE LEGALI 1. Il numero dei posti è limitato e variabile, a seconda del treno e della classe/livello di servizio. Acquistabile fino alla partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Il rimborso non è consentito. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi. 2. I componenti del gruppo che non siano bambini/ragazzi pagano il biglietto al prezzo Base. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza. 3. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni. 4. L’offerta Notte&AV è disponibile per i posti a sedere e le sistemazioni in cuccetta e vagoni letto (ad eccezione delle vetture Excelsior) sui treni Notte e per la seconda classe, o livello di servizio Standard, sui treni Frecciarossa o Frecciargento. L’offerta non è soggetta a limitazione dei posti. Il biglietto è nominativo e personale. 5. L’offerta è a posti limitati, acquistabile fino alle ore 24 del quinto giorno precedente la partenza del treno e non è cumulabile con altre riduzioni, compresa quella per i ragazzi. È valida per viaggi A/R con partenza il sabato e ritorno la domenica, sulla medesima relazione, categoria di treno e classe (o livello di servizio), effettuati durante lo stesso weekend. Il cambio dell’ora di partenza è consentito una sola volta per ciascun biglietto (di andata e di ritorno), fino alla partenza del treno. Il cambio delle date dei viaggi e del biglietto, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti. 6. Acquistabile entro le ore 24 del giorno precedente la partenza. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50% e si applica al prezzo Base. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la CartaFRECCIA insieme a un documento d’identità. 7. Riservata ai titolari di CartaFRECCIA, a posti limitati e variabili in base al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile entro le ore 24 del giorno precedente la partenza del treno. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50%. Cambio biglietto/ prenotazione e rimborso non sono consentite. 8. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 35% al 50% e si applica al prezzo Base. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.

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FOOD ON BOARD

Grazie al servizio Easy Bistrò è possibile ordinare comodamente dal proprio posto gustosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione di specialità del Bar/Bistrò tra cui snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, bevande analcoliche e alcoliche. Menù e prodotti possono essere acquistati direttamente al passaggio del personale dedicato oppure è possibile ordinarli dal Portale FRECCE* pagandoli alla consegna nella fascia oraria desiderata. Il servizio è presente su tutti i collegamenti Alta Velocità.

Il viaggio nel viaggio

*Al momento, l’ordine tramite Portale FRECCE è attivo solo su Frecciarossa a fronte di una spesa minima di 5 euro

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CARTAFRECCIA

CARTAFRECCIA E FONDAZIONE EBRI CON IL PROGRAMMA FEDELTÀ TRENITALIA SI SOSTIENE LA RICERCA SCIENTIFICA SULLE MALATTIE NEUROLOGICHE

IL VIAGGIO È SOLO L’INIZIO

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orrere più veloci della malattia, viaggiando in maniera solidale. Attraverso il programma CartaFRECCIA, Trenitalia sostiene l’European Brain Research Institute (EBRI) Rita Levi-Montalcini, il centro di ricerca internazionale no profit fondato dalla scienziata Premio Nobel e dedicato allo studio del cervello e delle malattie neurodegenerative e neurologiche. Con CartaFRECCIA è possibile aiutare la ricerca regalando 1.000 o 2.000 punti (che corrispondono a donazioni pari a 10 o 20 euro) alla Fondazione EBRI. Un piccolo gesto per contribuire alla lotta contro le malattie neurodegenerative a fianco del centro che, da anni, lavora per individuare strategie di prevenzione, diagnosi precoce e terapia dell’Alzheimer e di altre diffuse patologie. L’Istituto EBRI è inserito all’interno della sezione Charity del catalogo CartaFRECCIA Collection, interamente dedicata alle iniziative di beneficenza a cui destinare i punti accumulati con l’acquisto di biglietti. Dona su www.cartafrecciacollection.it

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NETWORK // ROUTES // FLOTTA

Parigi

Bolzano

Aosta-Courmayeur

Lione Chambéry

Ora Treviso Trento Vicenza

Bergamo Brescia

Milano

Torino

Val Gardena Val di Fassa-Val di Fiemme Cortina d’Ampezzo

Madonna di Campiglio

Udine Trieste Venezia

Verona Reggio Emilia AV

Padova

Mantova

Modena Bologna

Genova

Ventimiglia

La Spezia Pisa

NO STOP

Ravenna Firenze

Rimini Assisi

Perugia

Ancona

Pescara Roma Foggia

Fiumicino Aeroporto

Caserta

Bari

Napoli

Matera

Potenza

Salerno

Lecce Taranto

Sibari Paola Lamezia Terme

Palermo

Messina Reggio di Calabria

LEGENDA:

Catania

Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.

Cartina aggiornata al 21 gennaio 2022

FRECCIAROSSA ETR 1000 Velocità max 400 km/h Velocità comm.le 300 km/h Composizione 8 carrozze 122

Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 WiFi

Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità Fasciatoio


FRECCIAROSSA

FRECCIAROSSA ETR 500

Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 700

Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 WiFi | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

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FRECCIARGENTO ETR 600

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 485

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIABIANCA

Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIABIANCA ETR 460

Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 123


in collaborazione con

LUCCA | FONDAZIONE RAGGHIANTI 17 DICEMBRE 2021 | 20 MARZO 2022 Via San Micheletto, 3 – Lucca | www.fondazioneragghianti.it con il contributo di

sponsor

partner tecnico

con il patrocinio di


PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS

IL RITORNO DELLE LOCOMOTIVE ELETTRICHE

© Archivio Fondazione FS Italiane

DOPO LE OPERAZIONI DI RECUPERO, LE E.626, E.636 ED E.428 SI PREPARANO A TORNARE IN SERVIZIO SULLE STRADE FERRATE DEDICATE AI TRENI STORICI

Locomotive elettriche nel Deposito officina rotabili storici di La Spezia Migliarina

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opo oltre un triennio, stanno per concludersi le operazioni di recupero di tre gruppi di locomotive elettriche d’anteguerra appartenenti al parco rotabili storici della Fondazione FS Italiane: le E.626, E.636 ed E.428. I mezzi di trazione saranno presentati al pubblico in primavera e torneranno a sfrecciare sulle strade ferrate dedicate ai treni storici. Le E.626 detengono un primato molto particolare: sono le locomotive più longeve della storia del Gruppo FS, avendo prestato servizio per oltre 70 anni. Furono progettate negli anni ‘20 per la Benevento-Foggia, la prima linea dotata di corrente continua: una prova generale per un sistema di alimentazione allora pieno di incognite. E le E.626 rispondevano a tutte le idee progettuali: grande potenza,

ottima aderenza in salita, semplicità di riparazione in caso di guasto. Le macchine del gruppo E.636, invece, furono progettate nel 1937 e costituiscono una pietra miliare nella storia delle locomotive elettriche. Le cabine di guida furono pensate per offrire al macchinista una maggiore visibilità e un ottimo comfort di guida, per un utilizzo moderno e universale. Le E.428, infine, furono costruite dal 1934 con uno scopo preciso: rappresentare il simbolo della velocità e della potenza del veicolo ferroviario. Raggiungevano i 130 Km/h e potevano trainare tutti i treni rapidi e direttissimi a lunga percorrenza. Durante la Seconda guerra mondiale, furono razziate dall’esercito tedesco, tanto che alla fine del conflitto oltre 20 esemplari furono restituiti, in ottime

condizioni, alle Ferrovie dello Stato. Negli anni ‘50 erano considerate le locomotive d’immagine dell’azienda, l’esempio della ripartenza: nel film del 1952 Umberto D., diretto da Vittorio De Sica, un convoglio trainato da una E.428 sfreccia veloce, ben rappresentando l’aerodinamicità e la velocità del treno. Ma è nel capolavoro di Pietro Germi Il ferroviere (1956) che la locomotiv1a elettrica, insieme al macchinista Andrea Marcocci, ricopre il ruolo di protagonista. Gli interventi della Fondazione FS Italiane si sono concentrati sull’attrezzaggio del Sistema di controllo della marcia treno (Scmt) e sul sistema frenante, indispensabili per permettere una circolazione in sicurezza sull’infrastruttura ferroviaria nazionale. fondazionefs.it fondazionefsitaliane 125


PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO

di Mario Tozzi mariotozziofficial

mariotozziofficial

OfficialTozzi

[Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]

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RAVENNA MISTICA

© Konstantin Kalishko/AdobeStock

hi sono i santi rappresentati nella grande basilica paleocristiana di San Vitale a Ravenna? L’esterno in mattoni non lascia presagire lo spettacolo fastoso che si celebra all’interno, un’impressione profonda di armonia architettonica e suggestione spirituale che fa pensare: «Questo è un luogo dello spirito». Muovetevi verso l’abside, alzate lo sguardo e cer-

I mosaici della basilica di San Vitale a Ravenna 126

cate di riconoscere, oltre al Cristo, almeno Gervasio e Protasio (i figli di San Vitale), e poi, nelle lunette, Mosè e Isaia, Abramo e Isacco, oppure gli evangelisti o, infine, Giustiniano e Teodora. Se non ce la fate non avete tutti i torti, perché quelle figure ieratiche iscritte in un bel cielo d’oro sono praticamente tutte uguali e non ci riuscirebbe neppure uno studente di teologia. L’agnello mistico,

però, si riconosce benissimo e può essere considerato il simbolo della basilica, il legame fra il Vecchio e il Nuovo Testamento, la prova tangibile che il passaggio dall’annuncio al compimento della redenzione si è avverato. Ammirate, infine, la stupefacente lastra di alabastro trasparente che fa da altare: la basilica di San Vitale è un monumento ricchissimo costruito per durare in eterno.


PRIMA DI SCENDERE l

di Davide Rondoni DavideRondoniAutore [Poeta e scrittore]

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STAZIONE POESIA

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Daviderond

© Michal/AdobeStock

OLTRE LE DISTANZE

Ce matin le lac se tait le coeur gros d’un silence qui a la profondeur d’une parole longuement mûrie cent fois hésitée et finalement tue. Ce soir les montagne sont au bord de leurs lèvres bleuies par le froid la même parole à jamais tue, le mystère même du monde que l’homme qui les contemple désire et pressent sans jamais parvenir, lui non plus, à le formuler.

I

l treno filerà tra le montagne, e sotto le montagne, accorciando distanze, facilitando lavori, incontri, scoperte. Passerà quasi come un sospiro sotto le Alpi. Non ho competenza per valutarne la necessità, ma di certo le persone hanno sempre valicato in qualche modo i confini, le catene montuose, le onde del mare. Mai, però, possono del tutto valicare il mistero che parla nella natura, se la contemplano. Anche quando sem-

Stamattina il lago tace il cuore gonfio d’un silenzio che ha la profondità di una parola lungamente maturata cento volte esitata e infine taciuta. Questa sera le montagne hanno all’orlo delle loro labbra viola per il freddo la stessa parola per sempre taciuta, il mistero stesso del mondo che l’uomo che sta a contemplarle desidera e presente senza mai arrivare, neanche lui, a formularlo.

[Paul Guillon, da Le tue impronte, Ad Solem]

brano aggirarla, dominarla, piegarla. La Francia e l’Italia saranno ancora più prossime. E la poesia di un Paese parlerà ancora, come da secoli, al cuore dell’altro. Come questi versi del mio amico gran poeta francese Paul Guillon, maestro di contemplazione silenziosa, che accoglie la parola del mondo. Dal silenzio all’impronunciabile, con un senso che passa nel tunnel dei nostri cuori e del tempo, a volte frenetico, per ricordarci cosa

siamo innanzitutto: stupore, ascolto. Oppure distrazione, vanvera. Ogni viaggio può essere contemplazione in movimento, per i cuori vivi. Ogni nuovo tragitto un segno nel mondo di una presenza veramente umana, vigile, desiderosa. Viaggiare non è andar via da se stessi. Ogni itinerario, ogni tunnel, ogni panorama ci ripropone il problema del nostro posto nel mondo. Esseri contemplanti. E parlanti. 127


PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE

di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it

Lo scatto di Vivian Maier coglie una bimba con gli occhi socchiusi e una dallo sguardo timido, accanto a una terza immaginaria, disegnata con il gesso sul muro. L’autrice sa come ritrarre i più piccoli: governante e bambinaia per quasi 40 anni, ne ha documentato volti, emozioni, espressioni, smorfie, giochi e fantasie. Fino al 26 giugno i musei Reali di Torino, nelle Sale Chiablese, accolgono la mostra Vivian Maier. Inedita. Per raccontare la carriera e la vita della fotografa sono esposte oltre 250 immagini, molte mai viste, insieme a dieci filmati in formato Super 8, due audio con la sua voce, le macchine fotografiche Rolleiflex e Leica da lei utilizzate e, infine, uno dei suoi cappelli. Maier, considerata una delle massime esponenti della street photography, nata nel 1926 e morta nel 2009, ha prediletto sempre luoghi e quartieri di periferia, persone semplici, povere, proletarie. Lei stessa, tra la fine del 1900 e i primi anni del 2000, ha vissuto senza fissa dimora, costretta a mettere all’asta alcuni dei suoi negativi. Grazie al suo obiettivo, esseri umani che sentiva simili a lei sono diventati protagonisti assoluti. vivianmaier.it - museireali.beniculturali.it/spazio-mostre-chiablese

Vivian Maier, Digne-Les-Bains, Francia (1959) © Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

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Born out of the Dolomites, crafted by pioneers and worn by adventurers since 1897 54 LOW FG GTX SHOES


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