La Freccia di luglio

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ANNO XIII | NUMERO 7 | LUGLIO 2021 | www.fsitaliane.it

PER CHI AMA VIAGGIARE

IL BELLO E IL MEGLIO DELL’ITALIA FOTOGRAMMI DI UN PAESE DA EXPO


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EDITORIALE

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n anno fa la copertina della Freccia inaugurava la stagione estiva con una splendida aurora, sulla Costa dei Trabocchi, in Abruzzo. L’aurora come simbolo di rinascita, l’estate di esuberante vitalità, i trabocchi di reale resilienza. E questi ultimi, manufatti tanto suggestivi quanto straordinari per la pesca, come uno dei tanti simboli dell’italico genio, della nostra capacità di adattamento e industriosità. Era il luglio 2020 e, a un anno

esatto da quell’allora illusoria speranza di essere usciti dal tunnel della pandemia, possiamo davvero guardare al futuro con rinnovata fiducia. Una fiducia che nasce dalle mutate condizioni sanitarie, grazie soprattutto all’efficace campagna vaccinale condotta negli ultimi mesi, e dalla consapevolezza che questo Paese, se riesce a essere coeso e solidale, seguendo gli appelli del suo presidente della Repubblica, ha tutte le potenzialità per lasciarsi presto alle

spalle la crisi economica e sociale, aggravata da quella sanitaria, e conoscere così una nuova stagione di crescita. Insomma, ripartire e iniziare un nuovo ciclo, come suona il mantra più recitato degli ultimi mesi. Questa volta con un’acuta sensibilità, spesso quasi assente nel secolo scorso, agli impatti ambientali, ai risvolti sociali di ogni progetto o attività intrapresa, alla creazione di valore condiviso e a una adeguata sostenibilità econo-

L'ALBA DI UN NUOVO CORSO 2


Italia, a favorire il cosiddetto shift modale dalla strada alla rotaia e una progressiva transizione ecologica, con l’utilizzo di mezzi sempre meno energivori, usando fonti rinnovabili, e puntando alla massima riciclabilità delle materie usate. Con gli strumenti digitali a fare da fattore abilitante di questi processi virtuosi. Non ultimo quello di sostenere un turismo di qualità, dolce e attento alle tante ricchezze di un Paese che trova nella diversità uno dei

suoi aspetti più caratterizzanti. In tutto, dal paesaggio alla gastronomia, dalle tradizioni popolari al linguaggio. La Freccia vi porta a conoscere ogni mese questa Italia, quella che Gabriele Salvatores – ce lo racconta in questo numero – presenterà con un suo cortometraggio all’Expo 2020 di Dubai. Un anno dopo, confidando che questa sia davvero la volta buona. Il Gruppo FS Italiane ci sarà, insieme al meglio, e al bello, di questo nostro splendido Paese.

© Konstiantyn/Adobestock

mica di ogni iniziativa. In questo un grande sostegno arriva dall’Europa con i finanziamenti del Recovery, una parte dei quali sotto forma di sussidi, l’altra come prestiti agevolati. In questo ambito l’intero Gruppo FS Italiane, con le sue principali società operative, è chiamato a svolgere un ruolo chiave nell’esecuzione di tante opere destinate a rendere più moderno ed efficiente il sistema di mobilità del Paese, a colmare alcuni degli storici gap infrastrutturali tra nord e sud

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MEDIALOGANDO

LA RAGIONE, UNA VOCE LIBERA E IMPREVEDIBILE IL DIRETTORE FULVIO GIULIANI RACCONTA IDENTITÀ E OBIETTIVI DELLA NEONATA TESTATA GIORNALISTICA, DAL 2 GIUGNO NELLE EDICOLE di Marco Mancini

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© Marco Mona

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uando ha lasciato l’emittente radiofonica dove ha lavorato per 24 anni, è stato sommerso, e non soltanto sui social che ama frequentare con un suo personalissimo e sobrio approccio, dallo sconcerto e dall’affetto dei suoi fedelissimi ascoltatori. Non poteva essere altrimenti, perché quella di Fulvio Giuliani è stata sempre una voce empatica e lucida, non soltanto per il suo caratteristico e inconfondibile timbro vocale. Una voce e una conduzione dei programmi acute, asciutte e soprattutto estranee ai cori delle faziose partigianerie alla ricerca di consensi facili quanto effimeri. Lo incontriamo sulla Freccia, il magazine al quale ha anche collaborato, anni fa, firmando un servizio dedicato alla sua amatissima Napoli, nella nuova veste di direttore responsabile di un giornale freschissimo di stampa, La Ragione. Ad accompagnarlo in questa nuova avventura un altro giornalista che in radio ha interloquito spesso con lui, Davide Giacalone, direttore editoriale. Il primo numero de La Ragione, che esce cinque giorni su sette (non è in edicola il sabato e la domenica), è stato pubblicato lo scorso 2 giugno, il giorno della Festa della Repubblica. E data di nascita non poteva essere più significativa, soprattutto per gli obiettivi che questa impresa, impresa – occorre dirlo – nell’accezione più ampia del termine, dichiaratamente si prefigge. Quali siano ce lo racconta lo stesso Fulvio. «L’obiettivo principale è creare una piccola voce, libera e imprevedibile, con un’identità ben precisa, liberaldemocratica, europeista e atlantista, che si propone come una sorta di terrazza per ospitare anche chi ha idee lontane dalle nostre, aprendosi quindi al confronto, purché sia contrassegnato da grande onestà intellettuale». Concordi che intraprendere oggi, nell’anno 2021, un’iniziativa editoriale che ruota anche su un giornale di carta appare un’impresa a dir poco coraggiosa? Certo, ne siamo consapevoli, ma siamo anche convinti che l’oggettiva crisi dell’editoria, e della carta in modo particolare, non sia dovuta soltanto al completo cambiamento avvenuto nel rapporto tra lettore e prodotto editoriale. È così se ci si ferma a un’analisi superficiale.

Fulvio Giuliani, direttore responsabile de La Ragione


Noi crediamo ci sia un’ulteriore motivazione, molto più legata ai contenuti. E quale? L’esigenza non appagata del lettore italiano di trovare una voce che non sia scontata e sia capace di estraniarsi da quella divisione per bande e tifoserie che è diventata una costante, sempre e comunque, sia che si parli di calcio, di politica o di economia. Ci siamo talmente abituati a questa realtà che ormai sono addirittura i partiti a inseguire le divisioni, nate spesso sui social, senza avere più nemmeno la forza di proporre una contrapposizione su base ideologica. Il risultato è che abbiamo un’informazione assolutamente prevedibile. Insomma, l’obiettivo è rispondere a una domanda dei lettori, anche potenziali, che non troverebbe un’adeguata offerta sul mercato editoriale, con voci troppo spesso dichiaratamente schierate. Fattore che molti invece ritengono vincente per ricavarsi un proprio mercato… Certo, perché si rivolgono a una loro tifoseria. Ma non voglio essere frainteso. È una scelta che rispetto, ma non condivido. Il compito del giornalismo e dell’editoria non può ridursi a parlare a un proprio mercato di riferimento, e in quel mercato accapigliarsi per le stesse teste che certo non si moltiplicano magicamente. La nostra pretesa, chiamiamola pure così, è parlare a quell’Italia che si è stancata della lamentela fine a se stessa. Perché non ce la facciamo più a vedere un Paese ripiegato su se stesso, che ha i suoi innegabili problemi, ma invece di risolverli, tirandosi su le maniche, cerca un colpevole per sollevarsi dalla responsabilità morale di fare qualcosa. Avete deciso di nascere il 2 giugno, il giorno in cui ha vinto la res publica. Da quel che mi dici il messaggio appare chiaro e ambizioso: risvegliare le energie e le potenzialità comuni di un Paese che su quelle deve far leva per ripartire. È così? Ma sì, perché crediamo che il nostro Paese abbia potenzialità mostruose, e lo dimostriamo ogni santissimo giorno, lo dimostrano tante aziende italiane, come la stessa Ferrovie dello Stato. Ma non dobbiamo continuare a raccontarci che non siamo capaci, oppure che se le cose non vanno è sempre colpa di qualcun altro. Ci siamo annoiati di un giornalismo che accarezza il pelo, che non dà fastidio perché sta parlando solo agli amici. E non si pone il problema di fare venire dei dubbi. Uno dei presupposti fondativi della Repubblica è la coesione. Il presidente Sergio Mattarella la richiama spesso. La coesione, sociale ma non solo, passa attraverso il confronto. Hai appena detto che ospitate anche posizioni lontane dalle vostre… Certo, ma tenendo sempre ben ferma la nostra identità, che non significa escludere il confronto. Cerchiamo di far riscoprire il valore della responsabilità, rispetto a quello che ognuno dice e fa. Perché negli ultimi anni abbiamo visto tante Italie, attraversate da contrapposizioni laceranti, a iniziare da quella tra antiberlusconiani e iperberlusconiani per finire a quella dei vaffa. Però è

la stessa gente che prima ti porta agli altari poi, come si dice a Napoli, finge che “la cosa non era sua”. Se creiamo dei miti, poi non possiamo voltargli le spalle e pensare che eventuali problemi successivi non siano anche nostra responsabilità. E vale così per tante affermazioni lanciate negli anni sul merito, la selezione e il posizionamento internazionale dell’Italia che hanno condizionato l’opinione pubblica. Sul confine tra legittimità di cambiare idea e trasformismi di convenienza potremmo parlare a lungo, certo è che ognuno dovrebbe prendersi fino in fondo la responsabilità delle proprie posizioni e richiamarne il valore è un gran punto di merito. Ma torniamo a La Ragione. Il giornale costa 50 centesimi e chi si registra al sito lo legge gratis. Come sta in piedi? Intanto è così oggi e resterà così anche in futuro, tutto confermato, compreso il sito gratis. Dei 50 centesimi per il giornale di carta, 40 li lasciamo agli edicolanti, 9 vanno alla distribuzione locale e nazionale e un centesimo a noi, soltanto per poter fatturare le copie. Ma la qualità dell’informazione costa, come fate a sostenervi? Allora, innanzitutto la nostra è una cooperativa non di giornalisti, ma a capitale aperto. Abbiamo un socio sottoscrittore che ci fornisce le finanze necessarie allo sviluppo di un progetto che, per statuto, ha finalità sociali, culturali e di informazione. Per esempio, sempre per statuto, dobbiamo avviare nei prossimi mesi un

Europa & globalizzazione

Mercoledì 2 giugno 2021 / Quotidiano / Anno 1 Numero 1 / www.laragione.eu / info@laragione.eu / La Ragione – leAli alla libertà – P.I.: 02/06/2021 – 0,50 euro

Daje Azelio Sbagliare è umano, targare è diabolico. Almeno un intellettuale compitò il testo. Almeno un incisore lo realizzò. Fu consegnata. «Ve piace?» «Ce piace». Andorno e l’affissorno. Peccato che non si poté scoprirla, la targa, che manco il nome indovinorno.

di Fulvio Giuliani

Diritto e dovere di cambiare

Il tempo è ora

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di Davide Giacalone

he l’Italia e gli italiani desiderino il cambiamento è cosa che si sente spesso, ma è falso: s’è disperatamente provato a conservare l’impossibile. Pur di non cambiare, pur di non fare i conti con la realtà, s’è cambiato il volto dei politici. Con il risultato che si somigliano nel trasformismo. Dal 1994 siamo la sola democrazia in cui il governo non vince mai le elezioni, facendo prevalere non chi ha un diverso futuro da offrire ma chi si oppone al presente. Cambiare per non cambiare. Il 58% dei contribuenti è a carico degli altri e lo sarà in pensione, i redditi definibili alti (sopra 300mila euro lordi l’anno) sono in via d’estinzione (0,10%), 5 milioni di contribuenti (ricconi al di sopra dei 35mila lordi l’anno) mantengono tutti gli altri. A volere un vero cambiamento potrebbero essere questi ultimi, ma sono pochi. Non lo vogliono i finti poveri che incassano contributi pubblici, non lo vogliono i loro colleghi altolocati, che evadono senza chiedere, desiderando l’invisibilità, non lo vogliono quanti ricevono assai più di quel che danno. Tutti noi assieme, dal 1994 abbattiamo i

governi non per avere un diverso governo ma per non essere governati. Eppure il tempo è ora. La Ragione ci dice che cambiare è necessario e che si dovrà farlo perché l’alternativa è precipitare indietro. Inseguendo paure e rabbie, egoismi e rendite si generano debiti e livori. Che promettono sovranità nazionale e, invece, la distruggono. Il tempo è ora perché lo scudo europeo funziona e agli egolatri della demagogia è rimasta solo la loro immagine vuota o il vuoto linguaggio, che non è politicamente corretto ma culturalmente vacante (si veda il manifesto che si trova all’interno). C’è un governo cui (quasi) tutti partecipano e non è di nessuno. Ci sono investimenti pubblici che dovranno chiamare i privati. C’è il sano vincolo esterno delle riforme da fare. Il tempo è ora e non crederlo, beccheggiare fra scetticismo e rassegnazione, sarebbe colpevole. Le persone ragionevoli, che sono molte, che non sono moderate e semmai arcistufe, non hanno rappresentanza eppure rappresentano quel che ancora tiene in piedi l’Italia. Si ha non solo il diritto ma il dovere di prendere e dare la parola.

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l futuro siamo noi. L’Italia dei prossimi anni, il Paese che lasceremo in eredità sarà il frutto delle scelte dei mesi a venire. Un’occasione irripetibile, determinata dalla reazione europea all’incubo collettivo. Abbiamo perso troppo tempo in dibattiti surreali, su noi e l’Europa. L’Unione non è un comodo capro espiatorio per ritardi e decisioni rinviate. Prendiamo esempio dai nostri ragazzi: il loro europeismo è una scelta naturale, istintiva. Non perdono tempo immaginando confini e restrizioni che non hanno mai dovuto vivere. Una fortuna figlia dell’impegno delle generazioni che ci hanno preceduto. L’Italia ripiegata su sé stessa, dagli orizzonti ristretti, livorosa e cupa non è una condanna senza appello. Il Paese che ha smesso di creare occupazione, scegliendo ipocritamente di provare a proteggere ogni singolo posto di lavoro, la patria dell’assistenzialismo e del reddito di cittadinanza non sono il nostro destino. Un’alternativa è possibile. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco l’ha ricordato, sottolineando gli ottimi segnali dell’economia reale, con una possibile crescita del Pil oltre il 4%. Ha

inoltre chiesto di stabilizzare il debito comune europeo. Noi lo sosteniamo da tempo, ma ricordando che i più indebitati in assoluto restiamo noi e che debito comune europeo non significa deresponsabilizzazione e vacche grasse. L’esatto opposto. L’Italia che induce Taranto a scegliere per decenni fra due diritti inalienabili, alla salute e al lavoro, non è l’Italia de “La Ragione”. Come non lo è il Paese del giustizialismo, degli indagati massacrati a mezzo stampa e degli assolti dimenticati. Lezione severissima, a poche ore dalla sentenza di primo grado per i presunti reati all’Ilva e a una manciata di giorni dall’assoluzione dell’ex sindaco di Lodi, Uggetti, a cui nessuno restituirà una vita segnata dai forcaioli. L’europeismo e la globalizzazione non sono bandiere di parte, sono il giardino di casa dei nostri talenti, delle imprese che partendo dalle mille province italiane battono competitor in media cinque volte più grandi di loro. Globalizzazione che ci ha garantito i vaccini a tempo di record, grazie ai quali ci siamo ricordati di saper organizzare bene le cose e scoperto che sappiamo pure fare la fila.

Quel 2 giugno che ha trasformato i sudditi in cittadini Alfonso Celotto / «Il mio è un discorso antidemocratico» Massimiliano Lenzi / Gli errori che l’Ue non deve commettere Ottavio Lavaggi / Bit sòla Bancor / Libera parola in libero Stato Luca Ricolfi e Paola Mastrocola / Non portiamo il semaforo a tavola Maruska Albertazzi / Kill Bill Vittorio Pezzuto / Coccodrilli nel pallone Diego de la Vega / Un penalty lungo 130 anni Maurizio Stefanini

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MEDIALOGANDO

Martedì 22 giugno 2021 / Quotidiano / Anno 1 Numero 15 / www.laragione.eu / info@laragione.eu / La Ragione – leAli alla libertà – P.I.: 02/06/2021 – 0,50 euro

Gestire non (solo) arginare Il tema dell’emigrazione non va (solo) arginato, va gestito. Non si tratta di condividerne i dolori, ma di evitarne gli orrori e coglierne le opportunità. Questa la sfida che aspetta l’Ue, impossibile per ciascun singolo Paese.

Prezzi che corrono troppo

Furbi perdenti

Q

di Fulvio Giuliani

uelli in arrivo saranno i mesi della Grande occasione. Non solo dell’auspicata ripartenza, del riprendere progressivamente il controllo di pezzi della nostra vita andati a pallino nel pieno della pandemia. Parliamo di un’occasione pressoché unica, di quelle che si presentano in media una volta ogni tre-quattro generazioni grazie all’incredibile voglia di ripartire che si respira a ogni livello, dopo il blocco materiale e psicologico del lockdown e il gigantesco boost del Next Generation Eu. L’immagine sarà anche abusata e almeno in parte fuorviante, ma stiamo parlando di ben più del piano Marshall, un investimento su noi stessi che senza lo shock collettivo causato dal virus avremmo potuto solo sognare. Ora, però, bisogna avere la forza e il coraggio di chiedersi quale Italia troverà il Next Generation. Un Paese degno erede di quello che negli anni ‘50 seppe pensare in grande, senza perdere il senso della misura e della gradualità – anche a livello di scelte personali – o l’Italia del prendi e scappa, di un ‘mordi e fuggi’ egoista e senza prospettive? La domanda risulta cruciale, alla luce dei primi segnali che arrivano dal

mondo dei beni e dei servizi. Perché se qualcuno si illude di rifarsi in una manciata di settimane dei danni economici accumulati in un anno e mezzo di pandemia, allora avrà avuto la meglio la seconda Italia, quella del ‘piangi e fotti’. Il danno arrecato a noi tutti risulterebbe irrecuperabile. Non siamo delle vergini vestali, ci rendiamo perfettamente conto che dopo la Grande depressione un rimbalzo di costi e tariffe sia nell’ordine delle cose. Se però dovessimo pensare di essere sempre più furbi degli altri, ci ritroveremmo con le spiagge e ristoranti spagnoli o croati stracolmi e i nostri a leccarsi le ferite. Ci siamo passati già vent’anni fa quando in troppi pensarono di fare i furbi con l’avvento dell’euro, innescando una spirale esplosiva dei prezzi la cui responsabilità per anni i rimestatori del torbido hanno attribuito alla moneta unica. Come se il prezzo della pizza fosse stato definito a Bruxelles... Proprio perché già sappiamo, non ci sarà consentito ripetere errori simili. Commercio, turismo, servizi sono sempre più globalizzati e la nostra concorrenza (fisica e online) non vede l’ora di approfittare di aspiranti suicidi convinti della propria stupefacente furbizia.

Lavoro & Profitto

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di Davide Giacalone

l lavoro e il profitto non sono alternativi, si accompagnano. Il lavoro genera profitto, per il lavoratore e per l’azienda. Il profitto genera investimenti e lavoro. Non esiste un punto d’equilibrio perfetto e unico, semmai una continua ricerca. Quel che nuoce è lo squilibrio ideologico che prova a contrapporre ed escludere. A uccidere non è il “capitale” o la “logica del profitto”, semmai l’illegalità. Che la morte di Adil Belakhdim sia atroce e che l’inchiesta debba accertare le responsabilità e punire è del tutto ovvio e lo hanno ripetuto tutti. Fermarsi a questo non basta ed è fuorviante prendersela con gli appalti o con le condizioni di lavoro, che sono cose importanti ma non c’entrano nulla. In tante parole di politici e governanti si scorge lo svicolare e si misura l’assenza di senso dello Stato. A uccidere quel lavoratore straniero, che aveva il diritto di manifestare per i propri diritti, è stato un altro lavoratore, camionista, di ventisei anni, con due bambini a casa ad aspettarlo. Aveva scaricato la merce e voleva tornarci, a casa. Gli era impedito. Ha fatto la cosa peggiore che si potesse immaginare, ovvero forzare il blocco e travolgere un manifestante, ma noi tutti non possiamo non sapere che tornare a casa era un suo diritto. I lavoratori hanno a loro volta diritto allo sciopero e a manifestare ma nel rispetto della legge, che non prevede il sequestro della vita altrui. La legge e l’ordine non possono sottostare alla piazza.

Dalla quale, oltretutto, a uscire sconfitto è il sindacato, trascinato dai Cobas nella gara al rialzo dello scontro. La libertà di organizzazione sindacale non si tocca ma l’indebolirsi del sindacato nazionale, quindi dell’impegno a vivere le vertenze dentro un quadro di compatibilità, è un problema. Si tratta di un sindacato sempre meno rappresentativo, con più iscritti pensionati che lavoratori, ma non è che gli altri siano più rappresentativi. Sono capaci, però, di spiazzarlo. Far finta di niente moltiplica i guasti. Tanto più che fioriscono i racconti di rapporti di lavoro che arrivano a tredici ore al giorno e senza pagamento degli straordinari. Il che non è normale dinamica tesa alla produttività: è un reato. Chi difende i lavoratori da questo o dai racconti fuorvianti? Se non lo fa il sindacato deve farlo la legge. Ma la legge, oltre a far funzionare la giustizia, non può muoversi in modo unilaterale, punendo le violazioni di una parte sollecitata dalle violazioni dell’altra. È un punto nodale e non capirlo, appunto, denota scarso senso dello Stato e la solita fregola meramente propagandistica. Che poi significa parolaia, pusillanime e inutile. Si vogliono togliere gli appalti, ricondurre tutto ai soli soggetti grandi, come ha detto un ministro? Si racconti che questo comporta la sparizione dei soggetti medi e piccoli della logistica, con relativa perdita di posti di lavoro. Non affrontare questi problemi significa farli degenerare. Ed è escluso che porti fortuna ai lavoratori.

Cercasi colla per unire il Centrodestra Massimiliano Lenzi / Primarie Pd specchio della realtà Marco Sallustro / Tuffarsi nel cambio dei tempi Gaia Bottoni / Imbroglio alla fonte Antonio Caponetto / Elogio dell’Élite Gian Luca Caffarena / Mutande corrette Annalisa Grandi / Vuoto à la francese, le urne disertate / Siamo nella merda e non porta fortuna Jean Valjean / La Anm si becca un brutto voto Vittorio Pezzuto / Italiani gente seria Matteo Grossi / Iran, Ahmadinejad fu l’uomo del regime e ne è divenuto forte oppositore Anna Mahjar-Barducci / Complicata semplificazione Luigi Tivelli / Autobus volanti e auto elettriche Rudy Bandiera / L’uomo che cantava ai delfini Paolo Fusi / Se la resilienza diventa preoccupante Giuseppe Sacco / Le condizionalità sono una garanzia anche per noi Fabio Torrembini / La felicità inseguendo un goal Diego de la Vega / Stiamo cambiando, siamo cambiati Maruska Albertazzi

programma di borse di studio in collaborazione con i principali atenei italiani dedicato agli studenti più meritevoli. Quindi le nostre finalità sono prettamente culturali e sociali, la cooperativa è aperta a soggetti giuridici, a persone fisiche e a tutti coloro che, abbracciando la nostra stessa idea, vorranno unirsi a noi. Ecco la spiegazione della gratuità. La Ragione è anche un progetto multimediale... Certo, il sito è attivo dal 2 giugno ed è la nostra piattaforma per la lettura del giornale digitale. Basta iscriversi, senza abbonamento, e la lettura del quotidiano e una serie di contenuti premium saranno sempre gratuiti, come il podcast degli articoli letti dai giornalisti stessi o da altre voci. Avremo poi anche i vodcast, che altro non sono che podcast video. E, a breve, anche l’app, che ovviamente riprodurrà per gli smartphone e i tablet gli stessi contenuti disponibili attraverso il sito. Profili social? Tutti, quindi Twitter, Facebook, Instagram, Linkedin per cominciare, ma abbiamo in programma di sbarcare anche su Twitch, una piattaforma originariamente dedicata alla condivisione di videogame e oggi usata come strumento di comunicazione dai teenager fino ai trentenni. Una piattaforma molto potente, estremamente interessante, dove andremo a battagliare cercando il confronto anche con queste fasce d’età. Ovviamente a farlo saranno i nostri colleghi più giovani, e siamo 6

pronti ad accettare anche il rischio del rifiuto o della diffidenza di chi ci chiederà: «Che vuoi da me?». O, ancora: «Perché dovrei interessarmi a te che mi parli di politica estera piuttosto che di economia o di cinema?». Insomma, siamo pronti a confrontarci anche in ambienti che appaiono lontanissimi da quelli da cui siamo partiti. Per fare tutto questo quanti siete oggi e quanti sarete? Il giornale viene costruito da una redazione snella, un core composto da sette giornalisti ai quali si aggiunge un numero molto nutrito di collaboratori. Avremo una scrittura leggera con una foliazione altrettanto leggera. Siamo partiti con otto pagine ma ti posso già anticipare che stiamo studiando un ampliamento della foliazione, per realizzare il quale dovremo però crescere come corpo redazionale e giornalistico. Alla squadra che cura il giornale si aggiunge poi un gruppo di giovani colleghi che lavora ai social e al sito, ma che abbiamo già cominciato a integrare con la redazione del cartaceo. Redazioni integrate e contaminazioni anche generazionali… Sì, abbiamo già pubblicato pezzi di diciottenni e diciannovenni a fianco di testi firmati da Luca Ricolfi, Raffaele Morelli, Davide Giacalone, Giancarlo Padovan e il rettore del Politecnico Ferruccio Resta. Collaborerà con noi anche il rettore dello Iulm Gianni Canova. Insomma, firme di prestigio e di grande esperienza, e ne avremo sempre di più, ma facciamo scrivere a fianco a loro, e li paghiamo, anche ragazzi di 18 e 19 anni. Insomma, volete arrivare a un pubblico per quanto possibile variegato, spronandolo a una riflessione o a un approfondimento che non sia condotto da animosità o faziosità. Esatto, grande chiarezza di posizione ma anche la capacità di farci una risata e, se avremo sbagliato, saremo i primi ad ammetterlo in maniera molto onesta. Siamo alle primissime settimane di vita della testata, troppo presto per fare bilanci. Ma intanto puoi raccontarci le tue sensazioni dopo questo radicale cambiamento di vita professionale. Sono andato via da Rtl dopo 24 anni di lavoro bellissimo in radio, un’esperienza che avrò sempre nel cuore. Ci sarei potuto restare, forse anche vita natural durante, ma il concetto di sfida e di competizione sono per me il sale della vita. Così, non condividendo più la linea editoriale, ho preferito salutare la compagnia e abbracciare questa impresa che è parte di una mia evoluzione professionale. Quindi, che dire? Sono estremamente contento dell’accoglienza che il progetto ha avuto pur nella piena consapevolezza delle enormi difficoltà affrontate e da affrontare. Però, il fatto che nei soli primi dieci giorni abbiamo raggiunto diecimila iscritti al sito, registrati e certificati, è stato per noi una grandissima testimonianza di fiducia, di cui non posso che essere estremamente contento. laragione.eu laragione.eu LaRagione_eu


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SOMMARIO LUGLIO 2021

IN COPERTINA GABRIELE SALVATORES

60

98

29 UN TRENO DI LIBRI Invito alla lettura di Alberto Brandani, che questo mese propone ai lettori della Freccia il nuovo libro di Bruno Vespa, Quirinale

44 pag.

40

12 16 L’ITALIA CHE FA IMPRESA

21 INNOVATION

48

ROMA IN MUSICA

51

SUONI AD ALTA QUOTA

54

CLASSICA MA NON TROPPO

ITALIA IN FESTIVAL

Incide brani di Chopin e suona Stravinsky. La pianista Beatrice Rana si racconta senza filtri e, dal 18 al 24 luglio, porta la musica da camera nel suo Salento

LUNGO IL MARE

58

RAILWAY HEART

36 UN PRESIDENTE CONTADINO

64 70

IL CAMMINO CELESTE

74

TERRA BENEDETTA

PASSAGGIO IN IRPINIA

Scivolare rilassati sui binari, tra mare, rilievi scomposti e case color pastello, per scoprire con lentezza le Marche, amate da Giosuè Carducci

FANTASIE DI CASA

78

84

LA FESTA DELL’INCONTRO

88

64

UNA FRECCIA PER TOKYO

90

22

L’ARTISTA DELLA TAVOLA

GUSTA & DEGUSTA

92

APPESA A UN FILO

24

94

WHAT’S UP

UN TRENO SPECIALE

98

I COLORI DI TUTTI

44

100

92

SALENTO CONTEMPORANEO

104

MEMORIE IN BIANCO E NERO

108

STORIE MAI RACCONTATE

125

PRIMA DI SCENDERE

127

STAZIONE POESIA LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO

113 SCOPRI TRA LE PAGINE LE PROMOZIONI E LA FLOTTA DELLE FRECCE i vantaggi del programma CartaFRECCIA e le novità del Portale FRECCE

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I numeri di questo numero

Tra le firme del mese

PER CHI AMA VIAGGIARE

MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XIII - NUMERO 7 - LUGLIO 2021 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 25/6/2021

110mila

gli alveari del Consorzio nazionale apicoltori [pag. 16]

800mila

CESARE BIASINI SELVAGGI Da marzo 2017 è direttore editoriale di Exibart.com ed Exibart on paper. Manager culturale per diverse fondazioni italiane, svolge anche un’intensa attività di consulenza di comunicazione strategica d’impresa e per l’internazionalizzazione del made in Italy

i visitatori ogni anno al Museo nazionale del cinema di Torino [pag. 37]

4.100

le colonne della Terrazza Mascagni a Livorno [pag. 67]

200

Read also

PEPPE IANNICELLI

ALCUNI CONTENUTI DELLA RIVISTA SONO RESI DISPONIBILI MEDIANTE LICENZA CREATIVE COMMONS BY-NC-ND 3.0 IT

Info su creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/deed.it

EDITORE

i chilometri del Cammino Celeste [pag. 70]

Giornalista, scrittore e conduttore radio e tv. Ama raccontare e vivere la vita: viaggi, tavole gustose, arte e spettacoli, chiese, moschee, occhi negli occhi

Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane FS Italiane | PHOTO Adobestock Copertina: © Antonio Li Piani/FS Italiane Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore

FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale

Direzione Centrale Comunicazione Esterna Piazza della Croce Rossa, 1 | 00161 Roma fsitaliane.it Contatti di redazione Tel. 06 44105298 | lafreccia@fsitaliane.it Direttore Responsabile Responsabile Editoria Caporedattrice Coordinamento Editoriale Caposervizio In redazione Segreteria di redazione Coordinamento creativo Ricerca immagini e photo editing Hanno collaborato a questo numero

Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre Silvia Del Vecchio Gaspare Baglio Francesca Ventre Giovanna Di Napoli Michele Pittalis, Claudio Romussi Cesare Biasini Selvaggi, Alberto Brandani, Francesco Bovio, Peppone Calabrese, Viola Chandra, Claudia Cichetti, Fondazione FS Italiane, Alessio Giobbi, Peppe Iannicelli, Antonio Li Piani, Valentina Lo Surdo, Flaminia Marinaro, Luca Mattei, Enrico Procentese, Andrea Radic, Davide Rondoni, Gabriele Romani, Flavio Scheggi, Filippo Teramo, Maria Grazia Tornisiello, Mario Tozzi, Fabiola Zanetti

REALIZZAZIONE E STAMPA

Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa

VALENTINA LO SURDO Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino

PROGETTO CREATIVO

Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli

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La carta di questa rivista proviene da foreste ben gestite certificate FSC®️ e da materiali riciclati PER CHI AMA

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La Freccia accompagna il tuo viaggio. Cerca nei vestiboli dei treni il QR code per scaricare il numero di luglio e quelli dei mesi precedenti. Buona lettura ANNO XIII

Giornalista, si occupa di viaggi ed enogastronomia. Collabora con VdGmagazine e con Dove Viaggi. Ama scrivere delle bellezze che incontra sul suo cammino, raccontare itinerari insoliti e scoprire tesori nascosti

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MARIA GRAZIA TORNISIELLO

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La Freccia si può sfogliare su fsnews.it e su ISSUU

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circo massimo 2021 15, 19, 24, 27 GIUGNO 4, 6 LUGLIO OPERA

GIUSEPPE VERDI

IL TROVATORE DIRETTORE DANIELE GATTI REGIA LORENZO MARIANI

22, 25, 26, 30 GIUGNO 1, 2 LUGLIO BALLETTO

PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ

IL LAGO DEI CIGNI DIRETTORE ANDRIY YURKEVYCH COREOGRAFIA BENJAMIN PECH

16, 20, 29, 31 LUGLIO 6 AGOSTO OPERA

GIACOMO PUCCINI

MADAMA BUTTERFLY DIRETTORE DONATO RENZETTI

REGIA ÀLEX OLLÉ (LA FURA DELS BAUS)

Ettore Festa, HaunagDesign - Illustrazione di Gianluigi Toccafondo

24 LUGLIO CONCERTO

GIUSEPPE VERDI

MESSA DA REQUIEM

DIRETTORE MYUNG-WHUN CHUNG

30 LUGLIO 1, 3, 5 AGOSTO OPERA

GIACOMO PUCCINI

LA BOHÈME

DIRETTORE JORDI BERNÀCER

REGIA, SCENE, COSTUMI, LUCI DAVIDE LIVERMORE

ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA EX TR A 13, 14, 15 LUGLIO

ROBERTO BOLLE

AND FRIENDS

operaroma.it

SPONSOR CIRCO MASSIMO 2021

SOCI FONDATORI

SOCI PRIVATI

MECENATI


FRECCIA COVER

Chiara Fumai legge Valerie Solanas, videoinstallazione, dettaglio (2013) Veduta dell’allestimento della mostra Chiara Fumai. Poems I will never release 2007-2017, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, 2021 © Ela Bialkowska

ARTE IN RIVOLTA di Sandra Gesualdi

Lottatrice dell’arte e femminista del XXI secolo, ha riflettuto sui più recenti linguaggi dell’estetica attraverso performance e prestazioni creative ad alto tasso di consapevolezza. Chiara Fumai se n’è andata troppo presto, non ancora 40enne, nell’agosto del 2017, ma il suo lavoro – anzi lo “slavoro”, come amava definirlo – complesso e pungente ha saputo lasciare un’impronta profonda nel mondo dell’arte italiana e internazionale. Fino al 3 ottobre, il Centro Pecci di Prato le dedica Chiara Fumai. Poems I will never release 2007-2017, una retrospettiva a cura di Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi che raggruppa gran parte della poliedrica produzione dell’artista romana: performance, video, colla-

sandragesu

ge, wall painting, poesie e installazioni ambientali. In sottofondo, srotolate lungo tutto il percorso espositivo, le parole di alcune donne che Fumai ha utilizzato come mattoncini per costruire le proprie opere e, quindi, la propria identità professionale. Figure femminili controverse, capaci di imporsi e poi riscattarsi, come la medium Eusapia Palladino, la teosofista Madame Blavatsky, la terrorista Ulrike Marie Meinhof, la scrittrice Carla Lonzi e l’anarchica Valerie Solanas, che nel ‘68 sparò ad Andy Warhol. Antieroine di nicchia, tenacemente riabilitate e poi assimilate nei propositi sovversivi, femministi e rivoluzionari tipici della poetica di Fumai. centropecci.it 11


RAILWAY heART

PHOTOSTORIES PEOPLE Connessioni © Angela Piazza langelapiazza

IN VIAGGIO Verso Napoli © Carla Russo lacar_la_

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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME a cura di Enrico Procentese

Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente, priva di watermark, non superiore ai 15Mb. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt un progetto di Digital Communication, Direzione Centrale Comunicazione Esterna, FS Italiane.

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LUOGHI Reggio Emilia AV © Alberto Antoniazzi albetazz

AT WORK Arianna, addetta customer service, a Milano Centrale © Arianna S. aria_spak

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RAILWAY heART

A TU PER TU a cura di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it

C

laudia, 30 anni, addetta customer care nella Direzione Business AV Trenitalia, ci racconta la sua esperienza professionale nelle stazioni di Roma Termini e Tiburtina. Quando sei entrata nel Gruppo FS? Sono arrivata in Trenitalia nel 2018 con un contratto di apprendistato e, a maggio 2021, mi hanno assunta a tempo indeterminato. Ho iniziato superando un concorso per capotreno, ma poi, dopo una formazione ad hoc, sono stata inserita tra il personale di terra, un ruolo più adatto alle mie esigenze. Ora lavoro nell’assistenza clienti della lunga percorrenza a Roma Termini e Tiburtina. Parlaci del tuo percorso professionale. Ho cominciato dal presidio dei desk in stazione e proseguito con le attività di vendita e assistenza nel FRECCIAClub di Roma Tiburtina e nel FRECCIALounge di Termini, alternandomi nei ruoli. Durante l’emergenza sanitaria abbiamo lavorato in smart working, intensificando il filo diretto con i viaggiatori attraverso il canale di comunicazione via chat raggiungibile dal sito trenitalia.com. Tra le diverse attività che abbiamo svolto, è stata particolarmente intensa quella dei rimborsi verso chi non ha potuto viaggiare a causa del Covid-19. Come hai vissuto quel periodo? Abbiamo dedicato parecchio tempo agli aggiornamenti formativi rivolti essenzialmente alla situazione d’emergenza, che spero ci lasceremo presto alle spalle. Le richieste di informazioni più disparate provenienti dai clienti hanno reso necessaria una preparazione adeguata per fronteggiare una situazione del tutto nuova, che però abbiamo saputo gestire bene da subito. Lo scorso mese è entrato in vigore l’orario estivo, cosa è cambiato? Le stazioni si stanno ripopolando e si percepisce la voglia di ripartire in sicurezza, la stessa che abbiamo garantito anche nei momenti più drammatici, quando ci si spostava soltanto per lavoro o forte necessità. Le persone desiderano muoversi nel tempo libero, si moltiplicano le richieste d’informazione sulle ultime promozioni e i servizi messi a disposizione per l’estate, soprattutto da parte delle famiglie. Un episodio particolare che ti è capitato? Ero in azienda da soli tre mesi e mi trovavo alla stazione Tiburtina quando sono stata contattata dalla Sala operativa di Trenitalia: qualcuno aveva dimenticato sulla banchina dei binari un bambino su un passeggino. Mi sono precipitata sul posto dove ho trovato la Polfer, intervenuta pochi minuti dopo la segnalazione da parte del nostro personale di bordo, mentre la mamma del bimbo, impegnata a caricare i bagagli, non si era accorta della partenza del treno. Per fortuna, è finito tutto bene.

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LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE

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rancesco Cilea, 40 anni, nato a Roma, vive a Milano da cinque anni, dove lavora come Head of Brand per una multinazionale del beverage. «È una metropoli fatta a misura di persona, perfetta per le mie abitudini, che mi ha fatto sentire subito a mio agio», spiega. Che cosa apprezzi, in particolare, di Milano? Negli ultimi anni ha sviluppato un’urbanistica intelligente e un sistema di dialogo tra le diverse modalità di trasporto. Non è grande come Roma o Londra, città in cui ho abitato e lavorato, ma l’interscambio tra gomma e ferro, con servizi di sharing e percorsi ben strutturati, ha creato un forte legame con l’hinterland, molto popolato. Il suo sistema di trasporto integrato e sostenibile rappresenta ormai un fiore all’occhiello per le metropoli italiane ed europee. Che tipo di viaggiatore sei? Negli ultimi tempi, complice anche la pandemia, mi sono spostato solo durante le festività per tornare a Roma. Una volta arrivato a Termini, con il servizio regionale raggiungo i Castelli Romani per ricongiungermi con familiari e amici che vivono lì. Un viaggio che mi ricorda il pendolarismo del periodo universitario, anche se da allora molte cose sono cambiate, a cominciare dalla stazione, che si è trasformata molto, fino ai treni diventati sempre più veloci. Cosa ti aspetti dalla fine dell’emergenza? Mi auguro che si sappia cogliere l’aspetto positivo di ciò che la pandemia ci ha insegnato. Per esempio, la necessità di insistere sullo sviluppo delle tecnologie digitali, su cui siamo ancora indietro, e sullo smart working, una modalità di lavoro che in città come Londra è la normalità già da tempo. Cosa ti piace dell’Alta Velocità? Il Frecciarossa esprime l’eccellenza del nostro Paese dal punto di vista dell’innovazione tecnologica e professionale. La sensazione di staticità all’interno del vagone e quella di grande velocità suggerita dai panorami che mutano in fretta fuori dal finestrino rendono piacevole il viaggio. In treno posso rilassarmi o lavorare, ma amo soprattutto osservare le persone quando rivolgono lo sguardo verso il paesaggio esterno e si abbandonano a un’espressione nostalgica, romantica o interrogativa. Mi ritrovo a fantasticare su cosa passi loro per la mente e immagino i pensieri, i sogni e le aspettative che possono avere. Un suggerimento per migliorare il servizio di viaggio? Muoversi con i mezzi pubblici dovrebbe presupporre un profondo rispetto per gli altri. Sarebbe utile investire in campagne di sensibilizzazione per ricordare le buone abitudini da tenere quando si condivide uno spazio collettivo, come la carrozza di un treno. A volte si tratta di piccoli accorgimenti che però possono fare la differenza, come tenere bassa la suoneria del cellulare, evitare di trascorrere ore al telefono senza mai spostarsi dal proprio posto o avere la consapevolezza che il sedile di fronte non vada utilizzato come un poggiapiedi.

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L’ITALIA che fa IMPRESA

UN’APE CI SALVERÀ CON PIÙ DI 110MILA ALVEARI, IL CONSORZIO NAZIONALE APICOLTORI CONTRIBUISCE A MOLTIPLICARE LA BIODIVERSITÀ. CE NE PARLA IL DIRETTORE GENERALE NICOLETTA MAFFINI di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it

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e le api sparissero, avremmo davanti pochi anni di vita». Senza troppi giri di parole Nicoletta Maffini, direttore generale del Consorzio nazionale apicoltori (Conapi), fa subito intendere l’importanza di preservare questi preziosi insetti e valorizzare i loro prodotti per il futuro del pianeta. È questa la missione dell’impresa cooperativa, nata nel 1979 a Monterenzio, in provincia di Bologna, che riunisce 315 aziende e 600 apicoltori e, con oltre 110mila alveari in tutta Italia e circa tremila tonnellate di miele all’anno, di cui il 45% biologico, rappresenta il più grande produttore di miele bio in Europa. Sul sito di Conapi si legge che siete «coltivatori e moltiplicatori di biodiversità». Che cosa significa? La biodiversità ha molte definizioni ma una, particolarmente interessante, la paragona al sistema immunitario del pianeta: la presenza di numerose e diverse specie aumenta la capacità di rispondere in modo efficace ai cambiamenti che, negli ultimi tempi, sono in rapido aumento. Da qui l’importanza degli insetti pronubi, quelli che si spostano da un fiore all'altro permettendo l'impollinazione, che attivano la riproduzione di oltre il 75% delle circa 100 specie vegetali commestibili e di 350mila piante spontanee. Le api, in particolare, sono i più efficienti tra

questi, poiché visitano la stessa tipologia di pianta fino a quando trovano abbondanza di nettare, esercitando un’impollinazione eterologa, quindi più efficace e significativa. Con oltre 110mila alveari, che corrispondono a cinque miliardi di api, Conapi contribuisce fortemente all’impollinazione del Paese: per questo ci definiamo coltivatori e moltiplicatori di biodiversità. Quali garanzie offrite ai consumatori? Rappresentiamo la più importante filiera del miele in Italia e in Europa e ogni passaggio è tracciato e tracciabile: dalla cura degli alveari al controllo dei raccolti, fino al confezionamento. Il miele è attentamente analizzato per garantirne le qualità organolettiche e viene confezionato a temperature mai superiori ai 40°, le stesse dell’alveare, per consentire a chi lo assapora di coglierne le infinite sfumature di odori e sapori. Dalla produzione alla commercializzazione, il Consorzio controlla e certifica ogni passaggio, quindi. Certo. Oltre alle analisi organolettiche, il miele è sottoposto a controlli di laboratorio per valutarne la conformità ai parametri di legge rispetto al grado di umidità, la freschezza e la corrispondenza al tipo di prodotto dichiarato. C’è poi un protocollo di esami effettuati da laboratori esterni accreditati, per verificare l’assenza di sostanze estranee come zuccheri non di origine nettarifera o residui da trattamenti agricoli. Dove si acquistano i prodotti a marchio Conapi? Si trovano sugli scaffali della grande distribuzione con il marchio Mielizia, disponibile nell’omonimo shop online, mentre con l’etichetta Cuor di Miele sono presenti nella catena NaturaSì. Ma proponiamo anche pappa reale e polline biologici, composte di frutta bio, frollini dolcificati con miele e integratori a base di propoli o con pappa reale e polline. E poi abbiamo un Parco didattico, nella nostra sede sui colli bolognesi: presto la vallata dove risiediamo diventerà una vera e propria Bee Valley, amica delle api, arricchita da un museo dell’apicoltura che stiamo realizzando insieme al Comune di Monterenzio. 17


L’ITALIA che fa IMPRESA

Che differenze ci sono tra i vari tipi di miele? Siamo stati tra i primi a valorizzare il forte legame di questo prodotto con il territorio di raccolta: ogni varietà ha consistenza, aroma, profumo e sapore unici e irripetibili. Non c’è un miele uguale all’altro e in Italia se ne raccolgono oltre 50 tipologie differenti, proprio grazie alla straordinaria diversità dei luoghi e alla grande capacità dei nostri apicoltori di riconoscere le fioriture migliori. Ad aprile avete presentato i dati del quarto anno di monitoraggio ambientale Api e orti urbani in sei città italiane, Torino, Milano, Bologna, Roma, Potenza e Bari. Quali sono stati i risultati? Partita nel 2017, la ricerca vuole restituire una fotografia della presenza di contaminanti nell’area e nell’ambiente cittadino. Le api, infatti, sono ottimi bioindicatori e con alcune analisi di laboratorio si possono ottenere informazioni sullo stato di salute

© Rosy Sinicropi

Un apicoltore del Consorzio Conapi

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dell’ambiente in un raggio di circa tre chilometri. Nel 2020, diversamente dagli anni precedenti, non è stato rinvenuto alcun residuo di pesticidi, e la situazione è migliorata anche per i metalli pesanti, forse anche grazie alla drastica diminuzione del traffico a causa del lockdown imposto dalla pandemia. Il vostro obiettivo di impresa alimentare è promuovere un’economia sostenibile e un nuovo modo di alimentarsi e vivere. Come sta la Terra oggi? Non molto bene, soprattutto a causa del cambiamento climatico. Occorre fare scelte importanti che imprimano una svolta seria rispetto al sistema di produzione del cibo. Una buona occasione potrebbe essere il varo della nuova Pac (Politica agricola comune) che, stabilendo criteri di sostegno economico all’agricoltura, nei prossimi anni potrebbe determinare un importante cambio di rotta. La Comunità europea ha ufficialmente ammesso che non è stato raggiunto

l’obiettivo della Pac precedente (salvaguardare la biodiversità in Europa) ed è auspicabile che siano messe in campo misure più stringenti. BeeLife, l’associazione degli apicoltori europei di cui Conapi è componente attivo, ha proposto una verifica puntuale della presenza di impollinatori nelle aree agricole produttive come criterio fondamentale per accedere ai sostegni economici. Cosa ci mancherebbe se non ci fossero le api? La maggior parte del cibo che arriva sulle nostre tavole lo dobbiamo a loro. Non solo frutta e verdura ma anche caffè, latticini e carne. Questi insetti sono fondamentali per la salvaguardia della biodiversità e gli apicoltori sono i custodi che consentono loro di sopravvivere. conapi.it | apieortiurbani.it conapiconsorzioapicoltori _conapi_ mielizia_conapi


INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

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in collaborazione con

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INNOVATION

IL FUTURO È IN VIAGGIO RFI E NEVOMO STUDIANO LA NUOVA TECNOLOGIA MAGRAIL, PER CONNETTERE IL SISTEMA FERROVIARIO TRADIZIONALE A QUELLO MAGNETICO di Francesco Bovio

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n progetto per applicare la levitazione magnetica all’infrastruttura ferroviaria italiana. Magrail è la nuova tecnologia che farà viaggiare i treni a una velocità quasi doppia rispetto all’attuale, senza modificare le caratteristiche principali delle linee ferroviarie. Quello che potrebbe essere il viaggio del futuro nel nostro Paese e – perché no – in Europa, è allo studio di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e Nevomo, società tecnologica polacco-svizzera. Un sistema che permetterebbe il passaggio sulla stessa linea di treni a trazione elettrica, come i nuovissimi Rock, Pop e Frecciarossa, e convogli a levitazione magnetica. Con un sorprendente aumento – fino al 75% in più – della velocità per questi ultimi,

grazie alla nuova tecnologia. Il 18 giugno è stato firmato un Memorandum of Understanding da Vera Fiorani, Ceo di RFI, e Przemyslaw Paczek, omologo di Nevomo. Un’intesa che vede tra i primi obiettivi la verifica della fattibilità tecnica ed economica del progetto, oltre alla reale possibilità di far dialogare il sistema ferroviario tradizionale con quello magnetico. La collaborazione RFI-Nevomo prevede anche una richiesta di finanziamenti all’Unione europea per investire nel campo dell’innovazione e realizzare il progetto pilota Magrail nel circuito del polo tecnologico di RFI a Bologna San Donato, laboratorio all’avanguardia del Gruppo FS, tra i primi in Europa. rfi.it

L’EXPO DELLA MODA GREEN Tra una semplice T-shirt e una T-shirt sostenibile, sia i produttori sia i consumatori dovrebbero sempre scegliere la seconda. Una buona pratica su cui si impegna la Sustainable Fashion Innovation Society (Sfis), l’associazione senza scopo di lucro che annualmente dà vita al Phygital Sustainability Expo, primo evento al mondo dedicato alla transizione ecologica del sistema moda e design attraverso l’innovazione. Il 5 luglio, ai Mercati di Traiano, a Roma, si incontrano addetti ai lavori, stakeholder, piccole e medie imprese italiane, consumatori. Un momento di dibattito ma anche un percorso museale, digitale e immersivo 3D sul ciclo di vita di un indumento, per spiegare l’importanza dell’economia circolare e comprendere i diversi processi che i prodotti subiscono fino alla realizzazione finale. C.M. sustainablefashioninnovation.org

Nel rendering Nemovo, la tecnologia Magrail. Sulla stessa linea un treno a lievitazione magnetica e uno tradizionale 21


GUSTA & DEGUSTA

di Andrea Radic

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BRICOLA: LA DOC VENEZIA DI BOSCO DEL MERLO

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o Chardonnay Bricola racchiude in un sorso la magia veneziana, forte dell’identità del territorio. Dove adesso c’è un vigneto, un tempo c’era il mare, che ritirandosi ha lasciato un terreno ricco d’argilla e calcio, buono per la mineralità e sapidità del vino. Il nome Bricola si ispira alle strutture in legno tipiche della

laguna veneziana e friulana, da sempre utilizzate dai naviganti per indicare le strade d’acqua. Un punto di riferimento per le barche al rientro in porto dalla pesca. In vigna, la perfetta maturazione dell’uva 100% Chardonnay viene favorita dalla riduzione delle gemme e dalla potatura, consentendo una migliore esposizione al sole. La vendemmia, nelle ore più fresche della giornata ed effettuata in tempi diversi, contribuisce a preservare aromi e profumi primari. In cantina una pigiatura soffice estrae solo il mosto e il vino viene posto ad affinare sui lieviti, arricchendo il suo apporto aromatico e le sensazioni di equilibrio e morbidezza. Il Bricola, le cui uve provengono da un singolo vigneto, presenta un colore giallo paglierino dai riflessi verdognoli. Al naso è intenso, minerale e di piacevole freschezza, con sentori di frutta a polpa gialla matura. Al palato giunge coerente con le sensazioni olfattive, regalando un sorso di beva gioiosa. La struttura consente un’interessante longevità. Perfetto fin dall’aperitivo, si abbina bene con antipasti, primi di pesce, tartare delicate come quella di ricciola o carpaccio fresco di branzino. Un vino che Bosco del merlo dedica all’estate, con una ben declinata identità aziendale. boscodelmerlo.it

LA MANO FELICE DI NABIL SOLIMAN

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impasto lo prepara lui stesso con lievito madre e ne cura ogni dettaglio. Poi lancia il disco di pasta in aria e lo fa roteare con l’agilità delle mani. Nabil Soliman, egiziano di Luxor, si è dedicato dal 1994 all’arte della pizza e alla cucina del nostro Paese, tanto da ricevere il titolo di campione dalla Scuola della pizza. «L’Italia mi ha dato tutto», dice, mentre sorride alla moglie Daniela che cura la sala e l’accoglienza nel loro ristorante pizzeria The King, nella zona di Porta Venezia, a Milano. Davvero vasta la scelta delle pizze, dalle classiche a diverse golose combinazioni di ingredienti, come la Micol con radicchio rosso e prosciutto crudo, la Riva con rucola, bresaola e stracchino e la Vigile del fuoco con prosciutto crudo, pomodorini, tonno e Grana Padano, dedicata alle donne e agli uomini che vegliano sulla nostra sicurezza e si siedono spesso ai tavoli di questo locale. Cottura classica nello splendido forno con copertura in rame che vale una foto. Da provare come dessert la pizza a portafoglio con cioccolato, noci e spolverata di cocco grattugiato. Dalla cucina, Nabil Soliman propone poi un menù di grandi classici eseguiti con passione e ottima mano: spaghetti alle vongole in bianco, fritto di pesce di scoglio, selezione di 22

Nabil Soliman con la moglie Daniela

carni alla griglia, con qualche ghiotto inserimento a seconda degli arrivi. Da non perdere gli arrosticini abruzzesi che, una volta a settimana, diffondono il loro profumo nel locale. Selezione di birre alla spina e in bottiglia e una giusta carta dei vini, per un locale essenziale, senza fronzoli, con una cucina a cui ci si affeziona e un’accoglienza familiare e gioiosa. Ristorante-Pizzeria-The-King


IL FASCINO DI EDDYCOLA NEL CUORE DI BARI

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estate va goduta ai tavoli di Eddycola, dove una cucina basata sulle straordinarie materie prime del territorio e una mano di contemporaneo talento si abbinano a una carta dei vini che conta oltre 120 etichette. Da un classico Spaghetto ai ricci di mare, a cui accostare un rosato pugliese, al Troccolo cacio e pepe accompagnato da un bianco di struttura, fino allo Spaghettone con bottarga e vongole, con il quale una bollicina d’Oltralpe si sposa alla perfezione. E qui la selezione di champagne è un’arte. Il ristorante creato con passione da Eddy Guri e Nicola Introna offre un elegante dehors estivo e una sala aperta e affacciata sul centro storico di Bari. Tra le proposte della cucina, guidata dal giovane chef Nicola Vita, anche il Polpo fritto con chips fatte al momento e il Filetto di branzino con verdure croccanti. Il crudo di pesce, molto notevole, segue la stagionalità del mare, mantenendo un livello davvero goloso, come di bel carattere è la Tartare di ricciola. Eddycola è anche luogo di aperitivo, con un sontuoso banco bar e tavoli di design dove degustare i cocktail personalizzati del bartender, che esegue con maestria anche i più classici. Accompagnano i drink, gustosi crostini di pesce e

Eddy Guri e Nicola Introna

sfizi gourmet. Questo è il motivo per cui spesso dall’aperitivo si passa alla cena, vivendo l’atmosfera accogliente e raffinata, di un locale che invita alla convivialità, iniziando magari dalla Caprese di gamberi rossi. eddycola.it

LUMEN GARDEN: ANIMA GREEN DEL ST. REGIS ROME

L’

iconico hotel inaugurato a Roma nel 1894 dal celebre albergatore César Ritz, completamente rinnovato nel 2018, accoglie con grazia ed eleganza viaggiatori sofisticati e amanti del bello, in una delle città più ricche di storia e fascino in Europa. La novità dell’estate è il giardino nascosto firmato da Vincenzo Dascanio, luogo privilegiato per appassionati dell’arte e del buon vivere, attenti alla sostenibilità.

Lumen Garden è aperto tutti i giorni, anche per l’aperitivo, con i nuovi signature cocktail come il Lumen Rossini e il Green Mint, realizzati con le essenze botaniche coltivate dietro il bancone. Da non perdere il gOOOd vibes, cocktail di punta a base di tequila ed emulsioni di frutta e basilico, decorato con ombrellino in carta riciclata. E ogni giovedì serata Lumen Society con dj set all’aperto. Il menù, curato dall’executive chef Francesco Donatelli, presenta una selezione di ricette della tradizione italiana e romana. Golosi i “mozzichi”, assaggini con varianti vegetariane, in onore della Roma più vera. Creatività anche nei bicchieri grazie alla collezione curata da Le Dictateur, dinamica realtà indipendente dell’arte italiana: Atollo, firmato da Patricia Urquiola, Miniming di Federico Pepe e Pozzanghere di Nico Vascellari. Tra le novità, la nascita di un pop-up store situato nella lobby. In vendita felpe e t-shirt della linea gOOOders X Lumen, realizzate in esclusiva in cotone organico Fairtrade. «Sono particolarmente orgoglioso di questo sodalizio», spiega Giuseppe De Martino, general manager del St. Regis Rome, «perché ci permette di dare un contributo a temi attuali come la sostenibilità e di proporci come luogo per condividere idee e progetti che mi auguro diventino sempre più responsabilità di tutti». marriott.com 23


WHAT’S UP

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GIUSINA

VA IN SICILIA PER TUTTA L’ESTATE, LA REGINA DEL COOKING SHOW SU FOOD NETWORK PREPARA LE SUE RICETTE OPEN AIR TRA FAVIGNANA E USTICA di Gaspare Baglio

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maggio 2020, in piena pandemia, ha fatto capolino in tv. Ed è stato un successo immediato. Giusi Battaglia, dalla sua cucina di Milano, ha fatto venire l’acquolina in bocca a suon di ricette palermitane: dalle arancine all’iris fritta con ricotta, passando per gli involtini con i gamberoni. Il boom di consensi, edizione dopo edizione, ha portato Food Network a investire di più su questo volto ormai familiare. Ed ecco che ogni sabato, alle 15:45, irrompe sul piccolo schermo Giusina in cucina - Seacily edition. Questa volta la padrona di casa lascia la comfort zone meneghina alla scoperta di due splendide isole della Trinacria: Favignana e Ustica. Il risultato? Un viaggio tra sapori e tradizioni di una regione unica. Da dove nasce questo progetto estivo? Avevo voglia di andare in Sicilia e respirare nuovamente l’aria della mia terra, sentirne i profumi, osservare i suoi paesaggi stupendi. Da quando ho iniziato il programma, non ero più riuscita a tornarci per le restrizioni dovute alla pandemia. Così, ho pensato a questa proposta e la rete ha accettato con entusiasmo. Ci siamo organizzati per tempo ed eccoci qui. Anche se non è stata un’impresa semplice. Come mai? In casa ho tutte le comodità, mentre in questa nuova versione del cooking show ho una cucina realizzata ad hoc sul mare. Ma credo comunque che il

gasparebaglio

risultato sia più che dignitoso. Cosa cambia rispetto all’edizione classica? Il paesaggio vista mare, per prima cosa. Abbiamo avuto la fortuna e l’onore di cucinare a Favignana e a Ustica. Nella prima location eravamo nella spiaggia di Lido Burrone, mentre nella seconda ci siamo goduti la terrazza di un albergo che regala una veduta pazzesca sull’isola di origine vulcanica. Cosa rappresenta, per te, il mare? Un simbolo di vita. Dopo questo anno terribile, mi sembra un miracolo realizzare questo programma. Tra l’altro, uno dei motivi per cui ho deciso di andare in Sicilia è per poter raccontare mediaticamente la regione per una cosa bella come la cucina, che per me è arte, tradizione e cultura. Mi piacerebbe che gli spettatori si innamorassero di questi luoghi e venissero a fare le vacanze qui. Già sui social, dopo aver visto le mie storie, diversi follower mi hanno detto di aver prenotato a Ustica e a Favignana. Per me è una vittoria: ripartire significa anche tornare a scoprire posti meravigliosi della nostra Italia. Che ricette proponi al pubblico? Estive e legate al territorio. A Ustica, per esempio, ho utilizzato le lenticchie molto pregiate della zona per una bella insalata con pesce spada. E poi ho preparato una pasta con zucchine, limone e parapandoli, i deliziosi gamberetti dell’isola. A Favignana, invece, abbiamo trovato un tonno meraviglioso per i miei manicaretti.

E ho realizzato anche la granite e le brioche con il tuppo, tipiche del messinese. Sono ricette all’insegna della semplicità, ma sicilianissime. Ci saranno anche momenti divulgativi, visto che sei open air? Sono andata a trovare alcuni personaggi del posto come la signora Maria Cristina di Ustica, una simpatica 84enne che sgrana le lenticchie, una a una, dai baccelli della pianta. Mi ha raccontato la storia di questo legume, che vende nella sua bottega. A Favignana ho fatto quattro chiacchiere con Maria Guccione, memoria storica dell’isola, che ha fatto la chef in un ristorante. L’ho incontrata alla tonnara di Favignana, una delle più antiche del Mediterraneo, di proprietà dei Florio. Non tutti sanno che il tonno sott’olio lo dobbiamo proprio a loro: camminare in questo luogo, tra le scatolette vintage dell’epoca, è stato bellissimo. Altre novità? Ho portato con me Lello Analfino dei Tinturia, autore delle mie musiche da quando il format ha preso vita. Non potevo immaginare un viaggio in Sicilia senza di lui, anima pura sicula. Insieme abbiamo realizzato cose molto carine da vedere. Ma nella tua cucina milanese ci tornerai? Certo, ma in autunno. E dopo le ricette palermitane ci concentreremo su altre province della Sicilia. giusinaincucina.com giusinaincucina 25


WHAT’S UP

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UN ALBUM DI CANZONI SENZA PAROLE, COLMO DI RICORDI E CONTAMINAZIONI. SERGIO CAMMARIERE RACCONTA IL NUOVO DISCO, IN ATTESA DEI LIVE ESTIVI di Gaspare Baglio

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ttantotto tasti, un’orchestra nelle mani che entra nel cuore e nell’anima. Ecco come si definisce Sergio Cammariere. Cantautore, compositore, ma soprattutto pianista. Diverse sfaccettature di una personalità artistica in continua evoluzione, che si manifesta pienamente nel nuovo album Piano nudo, il secondo in solitaria, senza voce, con brani modern jazz ricercati. Spogli delle parole, ma pieni di melodie e momenti di improvvisazione, che prendono per mano l’ascoltatore e lo trasportano in un viaggio sognante e senza tempo. Da dove nasce questo disco? Da un’esigenza personale: la mia storia artistica è iniziata con il pianoforte. Il mio lavoro è a metà strada tra le colonne sonore per i film e il cantautorato. Le suggestioni evocate da alcune composizioni, con la loro poesia, è come se fossero canzoni senza parole. In realtà raccontano tanto, sono la sintesi del mio bagaglio culturale e sono pensate col cuore. Ci ho messo quattro anni per metterlo in fila. È la sua seconda esperienza con un lavoro di questo tipo. Che differenza c’è con Piano, il suo primo album senza parole? Nell’ultimo lavoro ogni pezzo racconta, con la scelta tonica, un’atmosfera diversa, anche se tutto è amalgamato. Rispetto al primo questo è più coraggioso, le mani sono più sicure. Piano lo avevo realizzato su consiglio di amici registi come Maria Sole Tognazzi, per la quale avevo scritto le musiche della pellicola Ritratto di mio padre. Tanti brani hanno avuto vita propria e partecipato a diversi festival. Le composizioni di Piano nudo, invece, le ho create per entrare nel cinema. Tre pezzi, infatti,

sono presenti nel corto Nonno Matteo di Fabio Teriaca, che è stato candidato ai David di Donatello 2021. Tra questi Girotondo per Greta, di cui Teriaca ha firmato anche il videoclip insieme a Juan Pablo Etcheverry. Sì, una parte del video è in animazione e ci sono io immerso nel mare di Crotone. Ma vengono mostrate anche le immagini dell’opera di Teriaca, in cui una ragazza ricorda il tempo che trascorreva da piccola con il nonno nella sua liuteria. Ogni canzone del disco ha la sua particolare connotazione. Penso a Lampedusa, ispirata dalle storie dei migranti che arrivano sull’isola, o a Le foto di Carlo, dedicata all’attore Carlo Delle Piane, scomparso nel 2019. Ciascuna porta in una situazione fluttuante e può essere percepita in maniera diversa. C’è tanto viaggio già nei titoli dei pezzi: La rotta degli alisei, Il mare del nord… Muoversi è fondamentale per la creatività, è fonte di ispirazione continua. Le grandi ispirazioni arrivano dai viaggi, dalla natura, dagli odori e dai ricordi dell’infanzia. In passato ho realizzato dischi di contaminazioni afro e indiane perché la musica ti porta verso linguaggi sempre nuovi, c’è una fratellanza di linguaggi e anime. In questo lavoro c’è la ricerca di tutte le possibilità consentite con un solo strumento. La musica come movimento, quindi. Le note fanno viaggiare. Basti pensare a quando nacque la locomotiva, nei primi del ’900. Il compositore svizzero Arthur Honegger scrisse Pacific 231, ispirato proprio a un treno. Il suono delle rotaie trasportava verso un’immagine di futuro. Nella musica iniziarono a entrare strumenti che ricordavano l’acciaio, il ferro, come l’intonarumori di Luigi Russolo. Era l’evoluzione dell’umanità attra-

verso il treno, un suono dirompente che ha regalato tante fantasie in musica. Nel disco c’è anche il brano Chanson du temps retrouvé. Come ha ritrovato il suo tempo durante la pandemia? L’unica difficoltà, nella mia quotidianità, è stata l’impossibilità di viaggiare. Per il resto sono un orso e il Covid-19 non mi ha cambiato più di tanto la vita. Io sono come un sacerdote che, come missione, ha quella di fare musica. Per questa estate, però, ha pianificato una serie di live. Sì. Sono a Padova Jazz il 21 luglio e a settembre mi aspetta Umbria Jazz. Ma parteciperò a tante altre manifestazioni. Il calendario si evolve di giorno in giorno, così come i miei concerti, che cambiano a seconda dei luoghi: a volte sono solo, in altre occasioni ho un’orchestra più o meno grande ad accompagnarmi. A questo proposito, sta preparando due progetti interessanti: il disco con il suo memorabile live al Sistina del 2003 e un nuovo album cantato. Nei giorni di pandemia abbiamo riascoltato alcune registrazioni e quella al Sistina ci è sembrata molto valida. È un concerto con il mio gruppo storico e il progetto dovrebbe uscire a novembre. E poi sto mettendo in piedi un disco di canzoni inedite che, prima o poi, saranno pubblicate. Ci sono già una dozzina di brani pronti per essere incisi. In questo momento siamo in una fase che ci fa stare molto attenti al suono, al componimento metrico: cerchiamo l’intarsio della parola da inserire in una frase. È un lavoro certosino. sergiocammariere.com SergioCammariereOfficial Cammarieremusic sergiocammariere

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WHAT’S UP

© rolffimages/Adobestock

TV, IL FUTURO È GLOCAL

DAL 7 AL 10 LUGLIO, A MATERA, L’AUDIO-VISUAL PRODUCERS SUMMIT OSPITA PLAYER INTERNAZIONALI E PRODUTTORI. IN GIURIA L’ATTRICE DI GOMORRA MARIA PIA CALZONE di Gaspare Baglio

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atera diventa la capitale mondiale dell’audiovisivo, dal 7 al 10 luglio, con l’Audio-Visual Producers Summit. L’evento, organizzato dalla Lucana Film Commission per l’Associazione produttori audiovisivi insieme con Producers Guild of America, ospita showrunner e mana-

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ger statunitensi e italiani con keynote e panel di altissimo livello. Il 9 luglio, inoltre, vengono assegnati i Premi MAXIMO per valorizzare la produzione nostrana, in un periodo di grande crescita e attenzione al settore audiovisivo del nostro Paese. Nella giuria, presieduta dal produttore Matteo Levi, figurano la scrittrice e autrice Barbara Cappi, lo sceneggiatore e regista Stefano Sardo. E Maria Pia Calzone, attrice di teatro e cinema consacrata dal piccolo schermo grazie al serial Gomorra. Perché ha accettato partecipare all’evento? È una manifestazione necessaria per l’industria audiovisiva italiana: rappresenta una grande opportunità ed è linfa vitale per risollevare le sorti di questo tipo di intrattenimento. Attivare un dialogo a livello internazionale è molto importante. Lo streaming e i prodotti scripted, soprattutto fiction e serial, stanno andando benissimo. L’obbligo di stare a casa ha incrementato l’uso delle piattaforme. E, per alcuni versi, la loro fruizione sta cambiando anche l’organizzazione familiare e sociale. Siamo in un momento fluido. In che senso? Ci siamo ubriacati di streaming, ma dobbiamo trovare norme per regola-

mentare legislativamente questo bacino. Senza dimenticare di recuperare la visione condivisa della sala cinematografica. Si deve prendere il meglio da tutto, senza demonizzare nessuno. L’Italia, ultimamente, è sempre più glocal. La regola principale è parlare di argomenti di cui si conoscono senso e significato: paradossalmente, più si è locali nel racconto più questo è esportabile oltreconfine. Si vede qualcosa che è lontanissimo da noi, ma attraverso chiavi di lettura che ci appartengono. Abbiamo iniziato ad avere contezza di essere competitivi proprio con Gomorra. E ora, attraverso una narrazione italiana entusiasmante, siamo alla pari dei grandi player mondiali in fatto di competenze, strumenti e capacità imprenditoriale. Cosa ricerca nelle produzioni, per assegnare i premi? Avrò uno sguardo da spettatrice, senza la preoccupazione del giudizio. Quali serie le sono piaciute di più quest’anno? Ho amato Il metodo Kominsky, su Netflix: scrittura fantastica e dialoghi non politicamente corretti messi in bocca agli anziani, che sembra possano permettersi di dire qualsiasi cosa. lucanafilmcommission.it/avpsummit


UN TRENO DI LIBRI

Invito alla lettura di Alberto Brandani [Presidente giuria letteraria Premio Internazionale Elba-Brignetti]

In viaggio con il Prof

QUIRINALE DA DE NICOLA A MATTARELLA, 12 PRESIDENTI TRA PUBBLICO E PRIVATO

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runo Vespa, scrittore versatile e poliedrico come pochi altri nel panorama italiano, accompagna le stagioni della nostra vita con libri sempre stimolanti. Miniere di informazioni, aneddoti, ritratti. In attesa del volume finale della grande trilogia sul Fascismo, che tirerà il bilancio complessivo del ventennio mussoliniano, in Quirinale traccia la storia di 75 anni di Repubblica italiana. A ogni presidente è dedicato un capitoletto pubblico e un’appendice privata, attraverso un periodare semplice e accattivante e, soprattutto, universalmente comprensibile. Nessuna finalità didattica nell’esporre la vita e le opere dei presidenti della Repubblica italiana. Ma la cosa sbalorditiva è che ciò, comunque, si realizza: Vespa fa conoscere ai giovani sprazzi di storia, fa riflettere gli adulti e fa ricordare i più grandi di età (come si dice a Livorno). Due sono le cose che più colpiscono: il dramma del presidente Leone, completamente innocente e aggredito da una campagna di stampa falsa e diffamatoria, insieme alla bellissima moglie Vittoria – Vespa tratta questo personaggio femminile con le sue pennellate migliori – e il fastidio o l’ostilità che ben tre capi dello Stato hanno nutrito verso Silvio Berlusconi. La carrellata sui presidenti inizia con Enrico De Nicola, il primo della storia repubblicana, che non concesse subito la sua adesione. Fu quindi la volta di Luigi Einaudi, che aveva votato monarchia nell’ultimo referendum. Grande economista, riuscì a garantire un bilancio dello Stato in perfetto equilibrio

(come dopo di lui non è più successo). Poi Antonio Segni, con il primo Governo di centrosinistra presieduto da Aldo Moro. E Sandro Pertini, che continuò ad abitare nel suo appartamento in affitto nel centro di Roma. Vespa lo chiama “il Gian Burrasca del Quirinale”, per le sue popolarissime intemperanze. Giuseppe Saragat, tirannico e presuntuoso: rientrò in Italia dopo la caduta di Mussolini e si adoperò sempre per l’unità socialista e un accordo con il Pci. Francesco Cossiga, il “picconatore”, con il quale Vespa, in qualità, all’epoca, di direttore del Tg1, ebbe scontri accesissimi, in contrasto con la profonda amicizia che nacque fra le rispettive famiglie. Carlo Azeglio Ciampi, l’uomo dell’euro, e Giorgio Napolitano, decisamente interventista, l’unico a essere stato rieletto due volte. Infine, Sergio Mattarella, il “nostro” presidente. Esponente della corrente democristiana che si rifaceva a Moro, uomo riservato e schivo, ha saputo imporsi con determinazione di fronte a tre crisi di Governo durante il suo settennato. Memorabile il suo discorso a reti unificate dello scorso febbraio: «Avverto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche affinché conferiscano fiducia a un Governo di alto profilo non politico, che faccia fronte subito a gravi emergenze non rinviabili». Un appello a cui tutti hanno risposto sì. Accanto a ciascun presidente, una figura femminile: le mogli, mai scialbe o banali. Indimenticabile Carla Voltolina Pertini, che non usò mai il cognome del marito: proseguì la sua carriera di dottoressa in psicologia e stabilì con il presidente che il Quirinale avrebbe dovuto

essere solamente il suo ufficio. E Vittoria Leone, la bellissima e corteggiatissima first lady che fu sempre perseguitata da una stampa scandalistica irrispettosa. Poi, Ida Pellegrini Einaudi, che s’innamorò, ricambiata, del suo professore. Donna semplice, schietta e generosa, mise a disposizione dei bisognosi un terzo delle dotazioni annuali del presidente. E Franca Ciampi, che conobbe Carlo Azeglio sui banchi di scuola. S’innamorò dei suoi capelli biondi e degli occhi azzurri e dopo la guerra si sposarono. A gennaio scadrà il mandato di Mattarella e sarà eletto un nuovo capo dello Stato. Ancora non lo conosciamo, ma una cosa è certa: chiunque salirà al Colle supremo saprà rendersi garante della nostra Costituzione.

Rai Libri, pp. 256 € 20 29


UN TRENO DI LIBRI

BRANI TRATTI DA QUIRINALE [...] Donna Vittoria veniva da due dolorose esperienze di madre. Per il figlio Mauro affetto da una rara forma di poliomelite, quella bulbare, vissero un lungo calvario. Fino a quando all’età di dodici anni, grazie a due interventi chirurgici a Los Angeles, la cosa si risolse. A quattro anni, il loro secondogenito Giulio, nato nel 1949, li lasciò a causa di una difterite. A lui Giovanni Leone dedicò la sua opera più importante, il manuale di diritto processuale penale. Bisogna conoscere la storia di famiglia per capire come una donna così esile e delicata, potesse portare

addosso un tale carico, affrontato con coraggio e determinazione. [...] Vittoria era in compagnia del marito, da pochi giorni presidente del Consiglio, quando incontrandola nel salone delle Feste del Quirinale, John F. Kennedy – ospite di Antonio Segni – le si rivolse, se vogliamo anche maldestramente, dicendole: “Adesso capisco il successo di suo marito”. [...] Vittoria gli rispose: “Grazie, Presidente. Ma lei non conosce i meriti di mio marito…”. Le apparenze in effetti attirarono anche calunnie, ne facevano la sposina di venti anni più giovane di un uomo dall’aria di gufo bonario, tutt’altro che

prestante. Ma il fascino di Leone era un altro. Un’intelligenza fuori del comune e una esuberanza che piaceva alle donne e gli faceva piacere molto le donne. Vittoria Michitto, diciassette anni, figlia di una buona famiglia di Ercole, in provincia di Caserta, lo colpì immediatamente. [...] “Ricordo perfettamente l’impressione che mi fece”, mi avrebbe raccontato donna Vittoria, “parlava, mi apostrofava e, venendo a sapere che di lì a poco avrei affrontato gli esami di maturità, si offerse, tutto scherzando, di raccomandarmi. Fui seccata di questo suo discorso, che ritenni maleducato, e in generale dalla sua intraprendenza”. Pochi giorni dopo Leone

© Ansa

Giovanni e Vittoria Leone al ricevimento in onore del primo ministro francese Michel Debré a Villa Madama, Roma

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© Vittoriano Rastelli/Corbis/Getty Images

Un assaggio di lettura

Ida e Luigi Einaudi in partenza da Genova per Roma, 18 febbraio 1955

tornò all’attacco con la complicità di Luigi. “Luigi”, mi raccontò sempre la signora Leone, “mi chiese di accompagnarlo a un concerto. Lì trovai anche Giovanni. A un certo punto del concerto, mi diede una copia del programma di sala: sfogliandolo scoprii che in una pagina c’era scritto Ti amo. Tornai a casa con la febbre altissima, ma mio padre dopo avermi visitato ne capì le origini e mi curò con la vale-

riana”. Giovanni Michitto, il padre, era medico valoroso e uomo di grande cultura, sul comodino aveva i Vangeli e i testi in latino di Virgilio e Orazio. Vittoria da allora fu tempestata di lettere appassionate e di visite pressanti, e nove mesi più tardi, il 15 luglio del 1945, si sposarono: sull’altare del matrimonio lei sacrificò la licenza liceale. Perché tutto così in fretta? “Giovanni aveva paura di perdermi” mi confes-

sò la signora Leone quando andai a trovarla [...] Donna Vittoria pagò la sua bellezza. Ida Einaudi e Laura Segni furono meravigliose consorti di Presidente, ma le loro figure erano di stampo antico e materno. Vittoria fu vera ambasciatrice di eleganza e di moda. I rotocalchi impazzivano per lei, le dedicavano paginoni. [...] “Conosco alla perfezione il ritmo del suo passo e la qualità del suo profumo… Sono innamorato di lei. È forse un reato? Non lo credo… Milioni d’italiani l’amano quanto me, forse più di me, ma si vergognano di ammetterlo. Io, nel gridare il mio amore, lo faccio anche a nome di coloro che, pur amandola, non osano confessarlo”. [...] Ribaltone di Bossi, trappola di Scalfaro Il governo era in piedi da solo sei mesi quando, la sera di lunedì 21 novembre 1994, due ufficiali dei carabinieri consegnarono a palazzo Chigi una busta gialla che conteneva un invito a comparire a Berlusconi per corruzione di alcuni finanzieri. Il Cavaliere sarebbe stato assolto in via definitiva nel 2001, ma la mossa della procura di Milano fu il colpo mortale al suo governo perché l’indomani la notizia uscì sul Corriere della Sera mentre il presidente del Consiglio presiedeva a Napoli un convegno promosso dall’ONU sulla criminalità organizzata. Scalfaro non aveva alcun titolo per conoscere in anticipo un provvedimento coperto dal segreto investigativo. Ma fu certamente informato da Borrelli almeno al mattino, anche se Roberto Maroni, ministro dell’Interno, dirà quattro anni dopo alla Prealpina di Varese che il capo dello Stato sapeva tutto addirittura da qualche giorno. Tra l’estate e l’autunno del ’94 Bossi, D’Alema e il segretario dei Popolari Rocco Buttiglione decisero di fare la festa al Cavaliere. S’incontrarono in segreto nella modesta abitazione romana del Senatùr mangiando una volta pane e sardine e la seconda i panini portati dal segretario del PDS. Il 21 dicembre, la Lega tolse l’appoggio al governo e Berlusconi cadde. Chiesi a Bossi perché avesse fatto il “ribaltone”: “Perché mi ha garantito Scalfaro” mi rispose. 31


UN TRENO DI LIBRI

Un assaggio di lettura

Mi raccontò che era stato chiamato al Quirinale, aveva espresso i timori della Lega in caso di elezioni anticipate ed ebbe la garanzia del Presidente che non ci sarebbero state (“Ero di casa al Quirinale in quel periodo” mi disse sorridendo Maroni). [...] L’indomani, 13 gennaio, il presidente del Consiglio salì nuovamente al Colle: al colloquio assistettero stavolta anche Gianni Letta e il segretario generale del Quirinale, Gaetano Gifuni. I termini dell’accordo furono ribaditi con una sola variante: Scalfaro avrebbe voluto Cossiga al posto di Dini, ma se Berlusconi avesse insistito su Dini, il capo dello Stato non avrebbe sollevato obiezioni. Per stabilire il giorno della scadenza elettorale (11 giugno) fu perfino consultato un calendario da tavolo. E quando il Cavaliere chiese garanzie formali sulla data, Scalfaro rispose: togliete la fiducia al governo e si voterà. [...]

Queste elezioni segnarono uno spartiacque anche nella presidenza Ciampi. I rapporti eccellenti che al momento delle elezioni il Cavaliere intratteneva con il Quirinale andarono increspandosi con il passare dei mesi. Il segretario generale Gaetano Gifuni, persona autorevole e affabile, veniva dalla scuola di Scalfaro: di chi, cioè, ritiene Berlusconi un fastidioso incidente della storia italiana. Così Ciampi e Gifuni non si limitavano a monitorare – com’era giusto – i provvedimenti che sfioravano campi delicati come quelli del conflitto d’interessi patrimoniale e giudiziario del Cavaliere. Anche per l’ordinaria amministrazione, sia pure con estremo garbo, le prerogative del capo dello Stato si estesero sul governo ben più ampiamente di quanto non fosse successo con Pertini, che pure passava per il Presidente più interventista. [...] Scontri sulla giustizia, tra girotondi e legittimi sospetti

© Wolfgang Kumm/picture alliance/Getty Images

Franca e Carlo Azeglio Ciampi in visita a Berlino, 14 luglio 1999

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Il problema è che in Berlusconi tutto è eccessivo. Sia quello che fa, sia quello che subisce. Si prenda il caso delle rogatorie internazionali, cioè di richieste a Stati esteri su presunte attività illecite di una persona. Roberto Castelli, ministro leghista della Giustizia (2001-2006), mi disse che tra il 1995 e il 2002 la sola procura di Milano aveva presentato 309 richieste di rogatorie estere a carico del Cavaliere e altre ne sono seguite negli anni successivi. Nessun criminale internazionale si è neppure lontanamente avvicinato a quella cifra. Per restare in Italia, Pierfrancesco Pacini Battaglia, uno spregiudicato affarista che ha distribuito ai partiti un centinaio di miliardi di lire per conto dell’Eni ne ha subite 80. Bettino Craxi 22. Primo Greganti, l’uomo delle tangenti al PCI e Marcello Stefanini, segretario amministrativo del partito, complessivamente hanno avuto sette richieste. Due per Severino Citaristi, segretario amministrativo della DC.


Lo scaffale della Freccia

a cura di Alberto Brandani

IL LIBRO DELLE COSE NASCOSTE Francesco Dimitri Longanesi, pp. 352 € 18 I ricordi di gioventù, le radici, la terra. È questo, o forse molto di più, a spingere quattro amici di vecchia data, quasi 40enni, a rispettare un patto: ritrovarsi lo stesso giorno di ogni anno a Casalfranco, in Puglia, il loro piccolo paese d’origine. Doveva essere un ritrovo all’insegna della spensieratezza, diventerà un viaggio nell’abisso di ciascuno. Perché ogni cuore ha il suo lato oscuro.

SIDI Arturo Pérez-Reverte Rizzoli, pp. 400 € 20 L’autore spagnolo torna alla grande storia per raccontare le gesta di un cavaliere diventato leggenda. Un ritratto inedito, poliedrico e autentico di un uomo realmente esistito, ma offuscato dal suo stesso mito. Un romanzo di frontiera, dove la sopravvivenza dell’eroe e dei compagni d’imprese è metafora del destino del genere umano, posto di fronte ai propri limiti e sempre chiamato a superarli.

UNA STANZA FATTA DI FOGLIE Kate Grenville Neri Pozza, pp. 352 € 18 Dalla penna di una delle più celebri scrittrici australiane, un intenso e raffinato romanzo storico capace di illuminare la vita di una donna a cui non è stato concesso di avere voce. Nei vasti paesaggi di un continente sconosciuto, nel regno delle foglie, delle rocce e del vento, Elizabeth scoprirà un coraggio che non avrebbe mai immaginato di possedere, cedendo al mistero insondabile del desiderio..

CON GRAZIA E CORAGGIO Vittoria Iacovella Città Nuova, pp. 136 € 16 Luciana Delle Donne, Judi Aubel, Paola Guerra e Luciana Luzietti sono le quattro protagoniste di questo saggio. Quattro anime di diverse generazioni e background che hanno fatto della femminilità un valore aggiunto, superando vecchi problemi con modelli nuovi anche attraverso momenti bui. Caratteri differenti che, pagina dopo pagina, mostrano tratti in comune. G.B.

DIGITALE Francesco Di Costanzo con Domenico Bonaventura Giunti, pp. 192 € 12 Un’opera sulle prime esperienze di utilizzo dei social network per la Pubblica amministrazione. Un’idea che ha segnato l’inizio di un cambiamento, oltre che un passaggio culturale nel lavoro quotidiano di giornalisti e comunicatori e nel rapporto tra enti, aziende pubbliche e cittadini. Il racconto parte dalla stazione Termini di Roma e coinvolge tutto il Paese. G.B.

TAXI MILANO25 Alessandra Cotoloni San Paolo Edizioni, pp. 176 € 16 Impossibile non riconoscere il suo taxi super colorato, con occhioni e sorriso, pupazzi e palloncini. Caterina Bellandi, ovvero zia Caterina, è la famosa tassista di Firenze conosciuta in tutto il mondo per la sua assistenza ai bambini malati di tumore, i suoi supereroi, che accompagna all’ospedale Meyer con gioia e dolcezza. Qui racconta la sua storia, che parte da un dolore trasformato in generosità. S.G. 33


Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti

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TOKYO-STAZIONE UENO Yu Miri 21Lettere, pp. 176 € 16 (da 13 anni) Kazu è un operaio edile che vive in un accampamento di senzatetto nel parco della stazione Ueno, a Tokyo, ma viene sgomberato quando la città si candida alle Olimpiadi 2020. La storia personale di un uomo ai margini della società offre uno sguardo dal basso che evidenzia le contraddizioni della megalopoli giapponese: da una parte la vita frenetica e scintillante degli abitanti, dall’altra la miseria e l’emarginazione degli homeless.

POESIE NELL’ERBA Sabrina Giarratana, illustrazioni Sonia Maria Luce Possentini Anima mundi, pp. 64 € 18 (da 11 anni) Un libro pieno di poesia nelle parole e nelle illustrazioni che abitua i lettori, fin da piccoli, a riconoscerla e apprezzarla. Questa raccolta di rime consente agli adulti e ai ragazzi di intraprendere un viaggio alla scoperta della natura per sentirsi parte di essa e apprezzare la meraviglia di ciò che c’è intorno. Dalla luna a un filo d’erba, per arrivare in fondo a se stessi e alle proprie fragilità.

IL COMPLEANNO DEL TASSO Toon Tellegen, illustrazioni Carll Cneut Topipittori, pp. 80 € 18 (da 7 anni) Rospi, tassi, istrici e donnole sono alcuni dei 17 animali protagonisti di altrettante avventure narrate in questo libro. Ognuno di loro assomiglia a un piccolo filosofo per il suo modo di stare al mondo, parlare con gli altri, raccontare le propria esperienza. La grazia delle parole di Tellegen si coniuga con le colorate illustrazioni di Cneut dedicate a ciascuno dei piccoli eroi.

L’AMICIZIA TRA ETTORE E I CANI David Pentassuglio, illustrazioni Lucilla Tubaro Il Ciliegio, pp. 28 € 15 (da 6 anni) Ettore è un bambino che una mattina apre gli occhi e scopre di avere un dono unico: capisce cosa pensano i cani. Da quel preciso momento, sarà capace di risolvere con semplicità i classici problemi di chi decide di prendere con sé un amico a quattro zampe, ascoltandoli. nelle loro richieste. Una storia dedicata ai più piccoli, arricchita da veri e propri consigli tecnici, utile anche ai lettori adulti. G.B.

LA MIA VITA DORATA DA RE Jenny Jägerfeld Iperborea, pp. 320 € 16 (da 12 anni) Il dodicenne Sigge deve dimenticare gli insuccessi sociali accumulati a Stoccolma e rifarsi una reputazione nell’anonima cittadina in cui sta per trasferirsi. L’obiettivo è sfruttare le vacanze estive per nascondere le sue stranezze, come l’occhio strabico. Raggiungere la popolarità, però, non è semplice: dietro l’angolo c’è sempre un imprevisto. Un romanzo sull’amicizia, l’esclusione, il conformismo e la piena espressione di sé. G.B.

ANNA E IL GATTO Paolo Platania, illustrazioni Cristian Gaudioli Ruaro Amazon, pp. 117 € 16,12 (da 9 anni) Anna ha nove anni e vuole a tutti i costi in regalo un gattino. Per ottenerlo deve superare molti ostacoli come vicine inopportune, genitori che sanno dire solo di no, compagne dispettose o fantasiosi dinosauri mangiabambine. Ma soprattutto dovrà imparare a conoscere un felino in carne e ossa che non è proprio come se lo immaginava. Una favola illustrata, piena di fantasy e note noir, che parla di responsabilità con ironia. S.G.


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IN VIAGGIO CON

UN PRESIDENTE CONTADINO A TORINO CON ENZO GHIGO, ALLA GUIDA DEL MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA. CHE SCOPRE REGISTI DI TALENTO, COLTIVA LA TERRA E PROMUOVE LE ECCELLENZE ENOGASTRONOMICHE PIEMONTESI di Andrea Radic

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Foto Museo Nazionale del Cinema/Michele D’Ottavio

Museo nazionale del cinema, Torino

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er dieci anni presidente della Regione Piemonte, deputato e senatore in diverse legislature, da novembre 2019 Enzo Ghigo è alla guida del Museo nazionale del cinema di Torino. «Conoscendo le grandi professionalità che ruotano intorno alla settima arte, ne rimango quotidianamente affascinato», racconta. Inoltre, è un ciclista appassionato, presidente della Lega del ciclismo professionistico, e un amante degli ulivi che coltiva sulle colline di Alassio, in Liguria, nella casa scelta dalla moglie Anna, dove hanno anche un orto. «Siamo quasi autosufficienti», confessa. Il figlio Pietro Luigi, invece, è manager in Cina per una ditta italiana: «Non lo vediamo da tempo a causa della pandemia. Abbiamo assistito al suo matrimonio via zoom dal nostro letto, alle cinque del mattino per il fuso orario. Anna si è commossa ugualmente», racconta Ghigo con un sorriso sornione ed elegante come la sua Torino, dove è nato, cresciuto e oggi vive. Con quale spirito ha cominciato l’incarico di presidente del Museo nazionale del cinema? Ho accettato molto volentieri la proposta di Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, che mi ha chiesto di assumere questo ruolo per

risolvere alcuni problemi di gestione. Sono un amante del cinema, e ho cercato da subito di creare un clima di reciproco rispetto e sinergia, di essere un buon coach, rinnovando e riorganizzando le cose. Possiamo dire di aver dato una scrollata al tappeto, confermando la fiducia al direttore che era stato indicato dal comitato di gestione, Domenico De Gaetano. Con quali risultati? Oggi il Museo è una delle principali realtà al mondo, per il suo patrimonio espositivo, didattico, interattivo e di conoscenza dedicato alla storia del cinema, a come è nato e con quali strumenti. Ricordo che Torino, negli anni ’30, è stata la patria dei più grandi produttori cinematografici. Nonostante il periodo molto difficile che tutte le realtà museali ed espositive hanno vissuto, a maggio abbiamo aperto la nuova area dedicata alla realtà virtuale, in due delle 13 chapelle che circondano l’Aula del Tempio, cuore del museo e della Mole Antonelliana, da 20 anni sede del Museo del cinema. Entrare nella Mole è anche per lei, ogni volta, un’emozione? È una sensazione unica, resta uno degli elementi di fortissimo richiamo insieme all’ascensore panoramico. Tanto che quando i celebri architetti chiamati per nuovi allestimenti alzano gli occhi verso la cupola, con la sua scala elicoidale davvero unica, poi è difficile che rinuncino a tanta bellezza. L’allestimento è infatti rimasto quello originale dello svizzero François Confino, davvero bellissimo. Prossimi passi? Stiamo lavorando per realizzare un settore dedicato agli ultimi 20 anni di storia del cinema, così da coprire un periodo che interessa molto ai nostri visitatori – oltre 800mila all’anno, tra cui moltissimi giovani e studenti – dando spazio ai supereroi della Marvel e alla gaming culture, in collaborazione con la Sony. Nello stesso tempo ci dedichiamo alle icone, per

esempio con l’attuale mostra fotografica sulle dive del cinema negli anni ‘60, con opere di Angelo Frontoni e altri fotografi tratte dal nostro archivio. Torino ha ben tre festival del cinema, che legame hanno con il Museo? Li finanziamo tutti i tre: il Torino Film Festival diretto da Stefano Francia di Celle, CinemAmbiente con Giovanni Capizzi e il Lovers, dedicato alle tematiche Lgbt e guidato da Vladimir Luxuria. Oltre a questi, sosteniamo anche una sala cinematografica. Poi, abbiamo forti sinergie con la Film Commission, che si occupa di attrarre produzioni cinematografiche a Torino e in tutto il Piemonte. Invito fin d’ora i lettori a partecipare al prossimo Torino Film Festival, dal 26 novembre al 4 dicembre, nuovamente in presenza. Una rassegna che da sempre presta attenzione alle opere prime e lancia registi capaci. È più interessante conoscere chi è famoso o scoprire chi ha talento? Un regista affermato racconta quello che ha fatto. Chi non ha ancora fatto nulla racconta ciò che vorrebbe fare. Del primo mi interessa l’esperienza, mentre trovo il secondo molto più stimolante dal punto di vista creativo. Soprattutto se si tratta di giovani con belle idee, come i tanti che sosteniamo con il Torino Film Lab, nella nostra continua ricerca di espressività cinematografica emergente. Lei va al cinema? Quale genere preferisce? Certo che ci vado, la sala è il luogo principe del film. L’immediatezza dell’immagine ti fa viaggiare nella storia e nelle emozioni, ti fa riflettere. Il cinema ha anticipato problemi, affrontato battaglie, è uno strumento culturale fondamentale. Il genere che preferisco è la commedia, con una distinzione tra quella anglosassone e il resto. Senza nulla togliere ai grandi attori italiani, gli inglesi e gli americani hanno il pregio di saper raccontare storie dal significato universale, capaci di catturare un vastissimo pubblico. Noi italiani, come i francesi, cerchiamo troppo spesso di lavorare per un’élite, con trame tormentate. Poi gli americani hanno Steven Spielberg, che ha coperto con i suoi film tutto lo scibile cinematogra37


IN VIAGGIO CON

Una sala del Museo nazionale del cinema, Torino

fico: a breve uscirà il suo remake di West Side Story, addirittura un musical. E poi le attrici Meryl Streep, Helen Mirren, icone del cinema, o Robert De Niro e Dustin Hoffman. Ci sono pellicole che rivedo spesso, come Will Hunting - Genio ribelle di Gus Van Sant e i film di Sergio Leone, Federico Fellini, Ettore Scola e Woody Allen. Se le offrissero una parte in un film, chi vorrebbe interpretare? Il tenente Colombo. Il suo rapporto con il viaggio in treno? Fantastico, mi piace da sempre. Da parlamentare sono stato tra i primi a privilegiare il Frecciarossa per Roma a sfavore dell’aereo. Il treno mi rilassa e mi offre qualche ora per organizzare il mio lavoro e ciò che voglio approfondire. Lo uso anche da ciclista, con bici al seguito. Mi piacerebbe percorrere uno dei tratti coperti dalle ferrovie storiche, da Cuneo a Nizza per esempio. Ha una passione per la Liguria e il mare. Nasce da Anna, mia moglie, ho un rapporto affettivo con quei luoghi, dove mi dedico anche all’agricoltura. Ho studiato agraria, anche se non l’ho mai praticata. Un presidente contadino? Come Cincinnato (ride, ndr). Abbiamo un uliveto di 300 anni che era abbandonato da 70, così l’ho riportato in vita e alla produzione, minima: quest’anno 38

abbiamo imbottigliato 55 litri di olio ed è stata una grande soddisfazione. Lei è un convinto sostenitore delle eccellenze agroalimentari. Ho sempre seguito e sostenuto questo settore, importante anche dal punto di vista occupazionale. Da presidente della Regione abbiamo dato vita al Salone del Gusto e sono tuttora membro del cda dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, a Bra (CN). A proposito, il fondatore di Slow Food Carlo Petrini ha assaggiato il mio olio e lo ha promosso senza riserve. Poi con la Film Com-

mission cerchiamo di promuovere sullo schermo i territori del Piemonte e le sue eccellenze gastronomiche ed enologiche. Vorrei realizzare ciò che Ridley Scott ha fatto con il film Un’ottima annata. Il profumo della sua infanzia? Quello che si sente in campagna quando a maggio si taglia l’erba, ricordo mio papà che nelle ripe tagliava i rovi con la falce. museocinema.it museocinema Museo Nazionale del Cinema

Il presidente del Museo nazionale del cinema, Enzo Ghigo, con il giornalista Andrea Radic alla stazione di Torino Porta Nuova


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INCONTRO

IL BELLO DELL’ ITALIA © vololibero/Adobestock

DAI CAMPI DI GRANO IN BASILICATA ALLA MAESTRIA DEGLI ARTIGIANI CHE REALIZZANO LA FORCOLA DELLE GONDOLE. IL REGISTA GABRIELE SALVATORES RACCONTA PAESAGGI E MESTIERI DEL PAESE PER L'EXPO 2020 DI DUBAI di Michela Gentili

Campi di grano tra Puglia e Basilicata

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incontrate nei secoli diverse culture e civiltà: greca, araba, francese, spagnola. Ma è anche una striscia di terra lunga, abitata da realtà molto diverse tra loro. Basta scendere dal Piemonte alla Campania per capire che, a seconda delle varie latitudini, cambiano i dialetti e il modo di vestirsi, i sapori del cibo e quelli del vino. C'è qualcosa che accomuna queste regioni così diverse? Sì, la gioia di vivere. Che immagine dell’Italia vuole portare all'Expo 2020? Siamo una delle nazioni più industrializzate al mondo ma, come diceva Pier Paolo Pasolini, la nostra anima è contadina e artigiana. Con le mani sappiamo realizzare cose che altri neppure si sognano. Ecco, io voglio far vedere questo. In che modo? Andando a cercare i maestri vetrai di Murano o gli artigiani che realizzano la forcola delle gondole, lo scalmo sul quale si fa perno con il remo, che sembra una scultura invece è

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appena presentato il film Comedians, tratto da una pièce teatrale di Trevor Griffiths, uscito nelle sale a giugno e pronto per essere proiettato nelle arene estive. Da Milano ha raggiunto la Capitale in treno: «Lo amo profondamente», dice, «perché mi consente di percepire il senso dello spostamento pur in velocità e di concentrarmi sul lavoro. Mentre venivo qui ho riletto la sceneggiatura della mia prossima pellicola, Il ritorno di Casanova». Ma prima di immergesi nelle riprese del nuovo film in costume, Salvatores ha cominciato a girare il Paese per immortalare due aspetti diversi della sua bellezza: l'unicità degli scenari naturali e la maestria senza tempo degli artigiani. Entrambi protagonisti a Expo 2020, nelle proiezioni previste all'interno del Padiglione Italia. Qual è il bello della nostra nazione? Si trova nella natura, nell’arte, ma anche nelle donne e negli uomini che ci vivono. L’Italia è un ponte sul Mediterraneo, un’agorà dove si sono

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n volo sulle spighe di grano che si fanno onde al tocco del vento. Poi veloce tra le curve della Costiera, per catturare la luce che esplode all’improvviso. E infine giù, sulle dita di una mano capace di manipolare la pasta con sapienza. L’Italia che Gabriele Salvatores vuole portare all'Expo 2020 di Dubai è racchiusa in uno zoom che plana dall’alto e precipita sui particolari. È negli occhi che sollevano appena le palpebre dall'inizio della pandemia, per lasciarsi abbagliare da una bellezza che tanto è mancata. Il regista premio Oscar è stato scelto per raccontare le regioni del Paese nel Padiglione Italia realizzato all’Esposizione universale, in programmadal 1° ottobre al 31 marzo 2022 negli Emirati Arabi Uniti. Un progetto che illustra con passione, seduto a un tavolino nel dehors dell’hotel romano Le Méridien Visconti, mentre poco più in là il vociare straniero di una famiglia dai tratti nordici fa ben sperare in una rapida ripresa del turismo. Il regista ha

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INCONTRO

«Dobbiamo ritrovare la voglia di viaggiare veramente, di visitare un luogo non solo per dire di esserci stati ma per scoprire qualcosa che non si conosce»

Un vicolo di Napoli, nelle prime riprese effettuate da Salvatores per Expo 2020

una creazione di alta ingegneria. Ma anche i ragazzi napoletani che hanno aperto la pizzeria gourmet Concettina ai tre santi, nel cuore del rione Sanità, o le donne che in Piemonte si riuniscono per preparare insieme i ravioli del plin. E poi voglio filmare il lavoro di chi costruisce satelliti, degli innovatori del design, dei meccanici della Maserati. Che tipo di regia ha in mente per raccontarlo al meglio? Per i mestieri penso a inquadrature strette e all'uso del bianco e nero, l'unica sfumatura capace di rendere un'immagine universale. Per le bellezze naturali, invece, droni e macchine capaci di riprendere la realtà a 360 gradi perché i filmati verranno proiettati in un’a-

rea del Padiglione Italia chiamata Belvedere: una specie di ottagono in cui le persone potranno muoversi come se fossero effettivamente immerse in quel paesaggio. Quale panorama non può mancare in questa narrazione, secondo lei? I campi di grano in Basilicata dove ho girato Io non ho paura: culture intensive che si estendono a perdita d’occhio, con spighe dorate mosse leggermente dal vento. O anche Matera: quando sono arrivato lì per la prima volta ho rischiato di avere un mancamento. Ma va detto che l’Italia è tutta straordinaria. Un luogo in cui non vede l’ora di tornare? Vorrei fare un giro sulla Costiera amalfitana, risalendo da sud verso nord,

così da avere sempre il tramonto davanti agli occhi. Che tipo di turismo vorrebbe per il futuro delI'Italia? Non amo quello di massa, in cui si viene spinti a forza verso un Paese senza capire nulla del posto. Credo sia importante ritrovare la voglia di viaggiare veramente, di visitare un luogo non solo per dire di esserci stati ma per scoprire qualcosa che non si conosce. Ricordo ancora il racconto di alcuni amici americani, a Venezia per la prima volta. Appena arrivati in piazzale Roma si sono guardati intorno e, come fossero in un parco giochi, hanno commentato: «È bellissimo, qui. Ma a che ora chiude?». Durante la pandemia ha realizzato il documentario Fuori era primavera,

Una bottega artigiana dove si realizzano le forcole delle gondole, a Venezia, immortalata dal regista

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Direi che mi ha salvato. Mi ha fatto sentire vivo e non isolato. Avevo addosso una pigrizia tremenda e il fatto di continuare a produrre è stato un antidoto. Poi, mentre montava Comedians, è risultato positivo al coronavirus. Come ha vissuto quel momento? Avevo appena finito di girare il film con 70 persone e tutto era stato perfetto. E invece, il primo giorno di montaggio, mi sono ammalato. All’inizio non ho avuto sintomi importanti, solo un po’ di febbre. Non l’ho vissuta malissimo, anzi ho colto l’occasione per rivedere i film di grandi maestri come Alfred Hitchcock, Éric Rohmer e Roberto Rossellini, quelli su cui è difficile tornare perché si tende più spesso a guardare pellicole nuove. Poi sono arrivati due © Antonio Li Piani/FS Italiane

con i video inviati dai cittadini. Adesso torna con un progetto che vuole raccontare l'Italia all'estero. Che rapporto ha con il suo Paese? Di odio e amore. C’è un testo teatrale di Carlo Goldoni che si intitola Arlecchino servitore di due padroni. Credo che dovremmo imparare a non essere più servitori di nessun padrone. E invece tendiamo a sederci, siamo attaccati alle abitudini e abbiamo poco senso dello Stato. Ci manca una vera coscienza nazionale, dovremmo sentirci più responsabili della nostra vita, della res publica. «L’Italia siamo noi», come canta Francesco De Gregori, «nessuno si senta escluso». Quanto è stato importante lavorare in un momento così complesso per il settore?

Salvatores durante l'intervista all’hotel di Roma Le Méridien Visconti

giorni di febbre molto alta e ho dovuto fare una tac e diversi esami. Per fortuna non c’era nulla e in due giorni il male è passato senza lasciare molte tracce. Che cosa ha imparato da questa esperienza? La pandemia mi ha insegnato a vivere il momento senza spingere i pensieri troppo in avanti. Mi sono sempre proiettato nel futuro: se non ho un film da realizzare mi sento perso. E invece in quel periodo ho rivalutato gesti semplici, come preparare da mangiare o passare l’aspirapolvere, che normalmente sono considerati una scocciatura. Ho capito quanto è importante compiere con attenzione anche le azioni più elementari, per riscoprire il bello di ogni singolo momento. Secondo lei ne usciremo migliori, quindi? Nonostante i disastri che ha provocato, la pandemia ci ha fatto riscoprire la fragilità. Abbiamo capito che non siamo onnipotenti né immortali. E, soprattutto, non siamo i padroni del mondo ma semplicemente ospiti del Pianeta, e anche per un periodo relativamente breve. Spero che da questo possa nascere un Nuovo Umanesimo, che ponga finalmente al centro la vita degli esseri umani. Ne abbiamo bisogno. italyexpo2020.it ItalyExpo2020

FS ITALIANE ALL' EXPO DI DUBAI

Rendering del Padiglione Italia all'Expo 2020

Tra le eccellenze presenti all'Expo 2020 non poteva mancare Ferrovie dello Stato Italiane, sponsor dell’evento. Il Gruppo sarà presente nel Padiglione Italia, dal 1º ottobre al 31 marzo 2022, per condividere la propria visione di una nuova mobilità sostenibile e integrata. Un allestimento di tipo immersivo, nella sezione finale del percorso, accompagnerà i visitatori all’interno di un’ambientazione scenografica e sonora dove il meglio della tecnologia e dell’innovazione ferroviaria si fonde con la bellezza dei paesaggi italiani. Inoltre, per tutta la durata dell’Esposizione universale, nel nostro Paese correrà sui binari un treno Frecciarossa molto speciale, con una livrea che richiama il simbolo e i colori del Padiglione Italia a Expo 2020. fsitaliane.it 43


© Parlophone Records Ltd/Simon Fowler

SUMMER SHOW

CLASSICA MA NON TROPPO

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INCIDE BRANI DI CHOPIN E SUONA STRAVINSKY. POI, DAL 18 AL 24 LUGLIO, PORTA LA MUSICA DA CAMERA NEL SUO SALENTO, TRA CHIOSTRI E MASSERIE. LA PIANISTA BEATRICE RANA SI RACCONTA SENZA FILTRI di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it

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asce in una famiglia di musicisti, immersa nelle note. Suona con la sorella e il compagno, mentre i genitori collaborano anche all’organizzazione del festival da lei voluto, Classiche Forme, dal 18 al 24 luglio a Lecce. Una vita senza musica Beatrice Rana, che a 28 anni è già una pianista conosciuta in tutto il mondo, non riesce proprio a immaginarla. E, soprattutto, non può fare a meno di suonare i suoi autori preferiti con altri colleghi e direttori d’orchestra, lasciando al pubblico solo il compito di ascoltare senza filtri. Ha imparato quasi prima a suonare che a parlare. Che rapporto ha con la musica? Ha fatto sempre parte della mia vita. Il pianoforte, in particolare, è stata una presenza costante, perché è lo strumento professionale dei miei genitori. Ricordo che, quando frequentavo le elementari, andai da una mia amica per fare i compiti. Entrando a casa sua per me fu uno shock non trovare un pianoforte: ero convinta che fosse presente in ogni casa. Quindi per lei l’arte dovrebbe essere promossa in ambito familiare? Ai piccoli spesso non è data la possibilità di conoscere la musica, soprattutto quella classica, avvolta in una patina di distacco che la rende poco comprensibile. Il timore nasce dall’ignoranza. Se fossi ministro della Cultura inserirei questa materia già dalle scuole elementari. A 18 anni è arrivata prima al Concorso internazionale di Montreal del 2011, vincendo anche tutti i premi speciali. Si considerava un’eccezione rispetto ai suoi coetanei o sentiva di avere molte cose in comune con loro? La mia è stata un’adolescenza normale. I miei compagni sono sempre stati

affascinati dal mio impegno e mi hanno supportata molto. Il periodo difficile è arrivato dopo la maturità, quando i miei coetanei frequentavano l’università e vivevano la loro giovinezza, mentre io ero spesso in tournée e piena di impegni. Quando poi anche loro hanno iniziato a lavorare, qualcosa è cambiato. La mia professione non è di routine, ma oggi riesco comunque a frequentare i miei amici. E a portare avanti altre passioni, come leggere, camminare per Roma, la città dove vivo, e visitare i luoghi dove eseguo i concerti. Tra i suoi prossimi impegni di lavoro ci sono gli appuntamenti di Stravinsky’s Love, dal 6 luglio a Roma, e poi a Genova e Ravenna, dedicati al compositore nel 50esimo anno dalla morte. Quale messaggio vuole veicolare con la sua musica? Igor Stravinsky è un compositore di estrema modernità, anche dopo 100 anni e più dalla creazione delle sue opere. Un esempio è La sagra della primavera, del 1913, che ho scelto di suonare in queste occasioni. Quando l’autore l’ha presentata per la prima volta non ha avuto paura delle opinioni del mondo accademico. Sebbene sia stata un fiasco solenne, che suscitò anche scandalo, la storia poi gli ha dato ragione e il successo è arrivato. Un’altra sua passione è Fryderyk Chopin, che omaggia nel disco in uscita per Warner Classics il 24 settembre. Perché proprio lui? È definito il poeta del pianoforte: interpretarlo è il sogno di qualunque pianista e sono molto contenta che sia arrivato il mio momento. Per le incisioni dell’album Études Op. 25 - 4 scherzi ho scelto composizioni caratterizzate da grandi estremi e contrasti, tra poesia e follia visionaria. Di solito lo si ritiene

un compositore zuccheroso e commovente, ma Chopin sa esprimere anche drammaticità. È un romantico, nel vero senso della parola, capace di provocare effetti tempestosi. Nel 2017 ha fondato il festival di musica da camera Classiche Forme, in programma a Lecce. Qual è l’idea di fondo dell’evento e come si svolge? È un modo per restituire al mio Salento, dove sono nata, tutto quello che ho ricevuto. Porto qui la bellezza che vedo nel mondo, riprendendo la modalità della residenza artistica. Per l’occasione arrivano in Puglia molti amici musicisti, che vogliono trascorrere del tempo insieme ed esibirsi. Il palcoscenico delle performance è un Salento non convenzionale. Oltre al mare bellissimo, c’è l’entroterra con masserie, uliveti e chiostri barocchi di solito non accessibili. Si crea un legame forte tra noi, il territorio e gli spettatori, in un’atmosfera molto diversa da quella di una sala. Come mai ha voluto portare le esibizioni nelle masserie e nelle aziende agricole? Ho creato una formula che definisco “in campo aperto”. Prevede concerti tra uliveti e vigneti, e un programma a sorpresa. È un modo per liberarsi da tanti rituali distorti legati alla musica classica. A contatto con la natura, senza filtri, senza palchi né platee, perché il pubblico si deve sentire parte dell’evento. Voglio che chiunque si goda il momento, soprattutto i giovani. Non importa se non si sa quando applaudire, anzi invito anche chi è più abituato all’ascolto a farlo in modo spontaneo. Dal 2020 è anche direttrice artistica dell’Orchestra Filarmonica di Benevento, un altro impegno importante. Abbiamo presentato da poco la stagione. La programmazione, nonostante il Covid-19, è una bella avventura. È una realtà diversa da quella pugliese, sebbene siano entrambe al Sud. L’orchestra beneventana è fuori da ogni tradizione italiana perché molto innovativa e ha un direttivo formato da sei giovani professionisti. Queste esperienze di organizzazione e direzione cosa le insegnano? Di sicuro ho conosciuto il mio mondo dal lato della creatività del processo. 45


© Simon Fowler

SUMMER SHOW

Beatrice Rana

E ho imparato che è importante lavorare in una bella squadra, perché da soli non è possibile fare tutto. Ora osservo e apprezzo anche i piccoli dettagli, come la presenza di una bottiglietta d’acqua in camerino, che qualcuno evidentemente si è preoccupato di portare. A proposito di squadra, lei si è esibita con molti artisti e rinomati direttori d’orchestra. Che tipo di lega-

© Daniele Coricciati

Classiche Forme 2020

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me vi unisce? Ho la fortuna di lavorare con tantissimi musicisti. Se è vero che il pianista può fare il suo lavoro da solo, sul palcoscenico, suonare con maestri d’eccezione non può che essere motivo di arricchimento. In Italia viaggia spesso in treno? Non lo dico per piaggeria, ma è il mio mezzo di trasporto preferito. In treno riesco a ritagliarmi una dimen-

sione solo per me, passando il tempo a leggere. Ho ricordi di momenti indimenticabili vissuti immersa nella lettura e osservando paesaggi e scenari che altrimenti non avrei mai visto. beatriceranapiano.com classicheforme.com BeatriceRanaPiano ClassicheForme beatricerana classicheforme



SUMMER SHOW

MA CHE

© Andreas Solaro/gettyimages

MUSICA

L’Auditorium Parco della Musica di Roma

OLTRE 60 EVENTI, TRA CONCERTI, SHOW E TRIBUTI. L’ESTATE ROMANA RIPARTE DALL'AUDITORIUM AL MOTTO DI: SI PUÒ FARE di Flaminia Marinaro

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à dove si arresta il potere delle parole, comincia la musica», diceva Richard Wagner. E la musica è la più eterea delle arti, dotata di potere salvifico per il mondo, capace di esprimere bellezza assoluta e trasportare gli animi oltre i sensi. L’Auditorium Parco della Musica di Roma è tra le prime istituzioni in Italia a riaprire le porte all’incontro e alla fruizione dal vivo di spettacoli e momenti culturali, con un cartel-

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lone di eccezionale qualità. Il complesso architettonico progettato da Renzo Piano, che si snoda attorno alla grande cavea, moderno anfiteatro all’aperto, sfoggia tutta la sua versatilità diventando il palcoscenico di oltre 60 concerti ed eventi artistici che animano la stagione estiva fino al 27 settembre con il titolo programmatico “Si può fare”. «Che sia possibile è quello che la scena musicale italiana e tutto il mondo della cultura, in grave sofferenza da oltre un anno, non vedono l’ora di dimostrare», commenta Daniele Pittèri, amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma, che gestisce l'Auditorium. «Ripartiamo con speranza, quella che solo l’arte è capace di regalare. Il calendario è pensato per attrarre tutti e va avanti fino a fine settembre. Nella splendida cavea, tutti i concerti avvengono nel pieno rispetto delle norme vigenti. E oltre alla musica ci sarà la letteratura, con grandi collaborazioni come per


esempio Romaeuropa Festival». “Si può fare” va oltre lo slogan colorato che si legge in giro per la Capitale: diventa il fil rouge che unisce artisti, macchinisti, personale addetto all’organizzazione e tutti i lavoratori che si alternano senza sosta per rendere possibile questa rinascita culturale collettiva di cui l’Auditorium si è fatto promotore. Il programma è articolato tra musica classica, pop, indie, jazz, rock, melodica, con nomi di enorme spessore e varietà, per avvicinarsi a un pubblico eterogeneo per gusti ed età. In questa staffetta senza pause, si dividono il palco voci ormai diven-

tate familiari come Emma, Fiorella Mannoia, Fabrizio Moro, Piero Pelù, Max Gazzè e il duo Colapesce e Dimartino, che a Sanremo ha creato un vero tormentone capace di imporre un nuovo modo di ballare. Ma anche artisti più giovani come Ghemon, Willie Peyote, Dardust, Venerus, Coma_Cose. Le contaminazioni tra musica popolare e world non mancheranno con i concerti di Noa e Il Muro del Canto. E poi il grande jazz con i Calibro 35, Robben Ford and Bill Evans, Stefano Bollani Trio, Snarky Puppy. L’11 settembre è prevista una reunion speciale, quella del Paf Trio il cui la tromba di Paolo Fresu si incontra con il contrabbas-

so di Furio Di Castri e la fisarmonica di Antonello Salis. Molti gli spettacoli tributo tra musica e narrazione. Il 18 luglio Nicola Piovani porta in scena il racconto mitologico Viaggi di Ulisse, il 1° agosto Christian De Sica si esibisce con un nuovo concerto-spettacolo dal titolo Una serata tra amici, il 7 la cavea accoglie i Pink Floyd Legend, il gruppo italiano che rende il miglior omaggio all’immortale band britannica. auditorium.com AuditoriumParcodellaMusica auditoriumpdm auditoriumparcodellamusica AuditoriumTV

Pink Floyd Legend alla cavea del Parco della Musica (2019)

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SUMMER SHOW

UNA SERATA CON CHRISTIAN I di Flaminia Marinaro

l 1° agosto la cavea dell’Auditorium Parco della Musica ospita Una serata tra amici concerto-spettacolo di Christian De Sica, artista multiforme e versatile in grado di presentare sempre qualcosa di nuovo: Interpreti qualsiasi personaggio con disinvoltura: come intervieni sulla sceneggiatura? È un processo naturale o un lavoro di squadra? Sono sempre io che lavoro sulle mie battute, i comici sono straordinari dialoghisti. Poi naturalmente c’è uno scambio di idee con il regista, ma è l’attore comico che prima di tutto deve essere autore di se stesso. Nello show ti racconti a Pino Strabioli. Che cosa deve aspettarsi il pubblico? Con enorme piacere porto in giro questo spettacolo insieme a Pino e alla grande orchestra diretta da Marco Tiso. Al pianoforte c’è Riccardo Piseo, eccezionale jazzista che ha coadiuvato quasi tutte le colonne sonore di mio fratello Manuel. Per me è un palcoscenico davvero emozionante perché pieno di amici veri. Racconto aneddoti che mi sono capitati, passo dal rapporto con mio padre ai cinepanettoni, dalla vita con mia moglie e i miei figli, fino ai personaggi in cui mi sono imbattuto. Come figlio di Vittorio De Sica, nato quando mio padre aveva già 50 anni, ho avuto la fortuna di conoscere talenti unici che nessuno dei miei coetanei avrebbe mai immaginato di incontrare: Charlie Chaplin, Sophia Loren, Montgomery Clift, Liza Minnelli, Roberto Rossellini. Ho una curiosità per ogni racconto, che interpreto sul palco anche attraverso le canzoni. Nelle arene estive tornerà anche Comedians, il film diretto da Gabriele Salvatores (intervista al regista a pag. 40) di cui sei coprotagonista. Un girato particolare, che assomiglia a

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Christian De Sica

una pièce teatrale…. È uno spettacolo nato per il teatro, scritto negli anni ‘70 dal drammaturgo britannico Trevor Griffiths, che Salvatores aveva già rappresentato nel 1985 a Milano, al Teatro dell’Elfo. In quell’edizione prevaleva la parte comica, oggi invece, forse anche per la consapevolezza che viene con l’età, più che un film comico è un film sui comici. Si ride un po’ meno ma si riflette di più. È carico di tenerezza ma an-

che di solitudine e malinconia. Io sono l’impresario Bernardo Celli e accanto a me c’è Eddie Barni, interpretato da Natalino Balasso. Ci approcciamo agli aspiranti attori in modo molto diverso, ma il messaggio di restare fedeli alle proprie scelte è quello che passa in modo vigoroso. christiandesicaonline.com christiandesicaofficial christiandesica35official


SUONI AD ALTA QUOTA CONCERTI CLASSICI E RASSEGNE JAZZ, BIG DEL POP E ROCK ALTERNATIVO. I FESTIVAL DI MUSICA IN MONTAGNA FANNO RETE E PROPONGONO UN’ESTATE DI EVENTI IN LOCATION MOZZAFIATO lucamattei1

ellemme1 I suoni delle Dolomiti

©Trentino Marketing/Alexander Debiasi

di Luca Mattei

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© Mauro Corinti

SUMMER SHOW

Piero Pelù in concerto per RisorgiMarche

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cegliere località lontane dal turismo di massa e salvaguardare l’ambiente: due obiettivi sociali la cui eco si è amplificata con la pandemia, ma che non nascono in tempi recenti. Anzi, già da anni, sono una bussola per molte iniziative culturali. È il caso delle rassegne musicali in alta quota che, per la prima volta, hanno deciso di fare squadra: a maggio è nata la Rete dei festival di musica in montagna, a cui hanno aderito RisorgiMarche, Musicastelle Outdoor, Musica sulle Apuane, I suoni delle Dolomiti, Suoni controvento, Paesaggi sonori, Suoni della Murgia e Time in jazz. Un’occasione per mettere a fattor comune esperienze ed esigenze: «Costruire reti», spiega Paolo Fresu, trombettista e direttore artistico di Time in jazz, «è sempre importante, ma lo è particolarmente in questo momento storico. Farlo con i festival in montagna significa affermare quanto i nostri territori siano di tutti e da tutti debbano essere fruiti, oltre che rispettati».

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Sulla stessa lunghezza d’onda Neri Marcorè, ideatore di RisorgiMarche: «L’impressione è che l’apprezzamento per questo tipo di esperienza stesse crescendo già prima dell’emergenza Covid-19. È probabile che il lockdown ci abbia indotti a riflettere di più e meglio su cosa ci dia gioia, come spettatori e come artisti, e che quindi la pandemia abbia involontariamente indicato nuove strade da percorrere per proporre e produrre cultura». L’intento della Rete è ben saldo: promuovere l’educazione ecologica attraverso la musica. Considerata un mezzo, non un fine, perché il concerto è solo la conclusione di una giornata i cui protagonisti sono il cammino, la natura, il silenzio e lo stare insieme, in uno scenario di spazi aperti, sicuri e liberi da strutture come palchi e sedie, che impattano sull’ambiente. Se a differenziare i festival è il paesaggio in cui prendono vita, è questo format organizzativo ad accomunarli. Tutti promuovono un turismo sostenibile a vantaggio delle comunità locali, gra-

zie a un’economia circolare che genera visibilità e indotto economico. DALLE MARCHE ALLA VALLE D’AOSTA Ricchezza che caratterizza anche il cartellone delle kermesse. Per alcune è in via definizione, come nel caso di RisorgiMarche, l’iniziativa nata nel 2017 per la rinascita delle comunità marchigiane colpite dal sisma, che quest’anno si svolge dal 16 luglio a fine agosto. Per le altre è bene segnare in agenda alcuni appuntamenti. Il viaggio che unisce il Paese da una catena montuosa all’altra inizia da Musicastelle Outdoor, in Valle d’Aosta, che propone location mozzafiato – a volte nel vero senso della parola, perché raggiungibili solo a piedi dopo un’ora e mezza di cammino – e concerti gratuiti nel primo pomeriggio. Sabato 3 luglio a Cogne (AO), presso le cascate di Lillaz, c’è Samuele Bersani. Una settimana dopo Daniele Silvestri è a 1.900 metri d’altezza, al Vallone di Vertosan (AO). Il 18, spazio a Willie Peyote al Lago Goillet, a Breuil-Cervinia (AO). Gran finale il 24 con France-


sca Michielin in località La Joux di La Thuile (AO), paradiso per escursionisti e biker al confine con la Francia. NON SOLO CLASSICA IN TOSCANA Musica sulle Apuane, ogni domenica dal 4 luglio, debutta ai Prati del Campaccio, Massa, con l’Orchestra dei Ragazzi della Scuola di Musica di Fiesole diretti dal Maestro Edoardo Rosadini. E procede a Palagnana (LU) col Quartetto Guadagnini e Gioia Giusti, direttrice del festival. Sette giorni dopo ci si diverte a Resceto (MS) con Classica for dummies, spettacolo dei Microband, Luca Domenicali e Danilo Maggio, definiti i fratelli Marx della musica comica. Un'altra settimana e al Monte Folgorito, tra i comuni di Montignoso (MS) e Seravezza (LU), si ascolta musica e poesia degli Scanzonati, con le incursioni ironiche dell’attore David Riondino. Nel primo giorno agostano, a Campocecina (MS), l’Ensemble di ottoni e percussioni dell’Orchestra della Toscana esegue i capolavori di Ennio Morricone e Astor Piazzolla. Chiusura l’8 agosto al rifugio Nello Conti, sul Monte Tambura, tra le province di Lucca e Massa, con due talenti in erba, il 4Etto Yukali e il Quartetto d’archi Orfeo. IN TRENTINO VIVALDI E BANDONEON I suoni delle Dolomiti, in Trentino, parte il 15 luglio al Passo di Lavazè (BZ): I Solisti Aquilani e Natalino Balasso reinterpretano Vivaldi in Una nuova stagione. Il 23 agosto, a Malga Canvere (TN), il maestro Gidon Kremer, la Kremerata

Baltica e Arne Glorvigen al bandoneon eseguono brani di Astor Piazzolla. A chiudere il sipario, il 24 settembre, ci pensa Niccolò Fabi al Rifugio Micheluzzi (TN). Nel mezzo, da non perdere il viaggio nella narrazione orale con il cantastorie Stefano Massini a Pian della Nana (TN), il 30 agosto, i concerti di Gaetano Curreri e Paolo Fresu il 1° settembre a Camp Centener, ai piedi delle Dolomiti di Brenta, e Daniele Silvestri al Bait del Germano l’8. E, ancora, una tre giorni di trekking in partenza il 18 da San Martino di Castrozza (TN), con Neri Marcorè, il chitarrista Domenico Mariorenzi, il violoncellista e direttore di Suoni delle Dolomiti, Mario Brunello, e il clarinettista Gabriele Mirabassi, che concludono il cammino con un concerto a Villa Welsperg (TN) il 20. TREKKING E NOTE IN UMBRIA Nei caratteristici borghi dell’Umbria che popolano il Parco naturale del Monte Cucco, in provincia di Perugia, prende vita Suoni controvento, rassegna di trekking letterari, giochi di gruppo, degustazioni e musica. A partire dai concerti di luglio con Raphael Gualazzi, il 23 a Villa Fabbri a Trevi, e Ludovico Einaudi che chiude il mese a Serrasanta. Cambia la pagina del calendario e il 1° agosto si va a Pian di Rolla, sul Monte Motette, per i Fast Animals and Slow Kids, il 22 al Rifugio Genziana, sul valico di Forca Canapine a Norcia, per Francesca Michielin, e il 28 nell’Area archeologica di Carsulae (TR) per Levante.

SUONI D’ABRUZZO E PUGLIA Per chi ama le escursioni in trekking per raggiungere i teatri naturali dove le note sposano la natura c’è Paesaggi sonori, in Abruzzo. L’ospite più atteso è Niccolò Fabi, pronto a far risuonare la sua voce il 30 luglio a Peltuinum (AQ), antica città italica dei Vestini. In Puglia Suoni della Murgia celebra la musica etnica ad Altamura. Si apre il 21 luglio: alla dimora Cagnazzi, Vito Signorile presenta l’album Col Sud a tracolla. Si chiude il 24 settembre: al Teatro Mercadante il docufilm Campo 65 di Gianfranco Pannone. Nel mezzo vari artisti, tra cui Maria Moramarco, il 21 agosto nella stessa location dell’inaugurazione. SARDEGNA A TUTTO JAZZ Infine, la Sardegna: dal 7 al 16 agosto è tempo di Time in jazz, il festival ideato e diretto da Fresu. Il titolo di quest’anno, Stelle - Isteddhos, s’ispira a Dante e giunge fino a David Bowie, a cui è dedicato Heroes, uno dei concerti di spicco che il trombettista sardo tiene l’11 nella sua città natale, Berchidda (SS). Da non perdere, poi, Mario Venuti il 9 a Porto Rotondo (SS), il Trio Bobo (con Faso di Elio e le Storie Tese al basso) il 10 ad Arzachena, in Gallura, il trombettista israeliano Avishai Cohen il 12 e Fabio Concato il 14 a Berchidda. Fresu chiude il festival allo Stagno di San Teodoro (SS) il 16 agosto insieme al contrabbassista svedese Lars Danielsson. Con l’orecchio teso verso la melodia e l’occhio rivolto alle stelle, è ricca di musica l’estate italiana.

© Marco © Alessio GhidelliAmato

Musica sulle Apuane

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SUMMER SHOW

ITALIA IN FESTIVAL MUSICA, BALLETTO E TEATRO. DA NORD A SUD, TUTTI GLI EVENTI ESTIVI DA NON PERDERE a cura di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it

© Camilla Riccò

dwig van Beethoven e il Concerto per violino e orchestra di Pëtr Il'ič Čajkovskij, affidato all’interpretazione del virtuoso violinista russo Ilya Gringolts. Novità assoluta di quest’anno, infine, è la collaborazione tra l’Accademia Chigiana e l’Università Mozarteum di Salisburgo con cinque masterclasses dedicate alla musica barocca e, il 1° settembre nella Chiesa di Sant’Agostino, il Grand Tour Barocco a chiusura del festival. F.M. chigiana.org AccademiaChigiana Chigiana Chigiana

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Un evento di rango quello della Chigiana, arrivato alla settima edizione sotto la direzione artistica di Nicola Sani. L’Accademia omonima, sorta nel 1932 a Siena, è diventata in questi anni uno straordinario laboratorio di produzione per talenti provenienti da tutto il mondo. “Diverso” è il tema che collega come un filo invisibile i 60 concerti in programmazione dal 5 luglio al 1° settembre, in vari e affascinanti luoghi del territorio senese. «Abbiamo scelto questo titolo perché la musica è un messaggio universale che unisce tante realtà differenti: dobbiamo esplorare il nostro pianeta sonoro ed entrare in contatto con altri stili e culture», spiega Sani. Contaminazione, diversità artistiche, necessità di integrare vari modi di pensare e concepire la musica si intrecceranno con il genere classico, in tutte le sue sfumature, leit motiv dominante dell’Accademia. Il focus del festival è centrato su Steve Reich, padre del minimalismo americano che ha dato il via a una sperimentazione in continuo

divenire, andando a esplorare diverse tradizioni musicali, da quella africana alla cantillazione ebraica, con costante attenzione per le tecniche compositive ed esecutive. Consistente la presenza femminile con 16 compositrici, tra le quali la russa Sofija Gubajdulina, che utilizza inusuali combinazioni strumentistiche, e le giovanissime Sarah Wéry dal Belgio, Ayumi Nabata dal Giappone, Rafaele Andrade e Sky Macklay, rispettivamente dal Brasile e dagli Stati Uniti, l’italiana Daria Scia e tante altre. Le artiste si alternano con musicisti di etnie ancora mai rappresentate ai festival del nostro Paese, come il ghanese Fred Onovwerosuoke, pluripremiato in America ma ancora poco conosciuto in Europa. Tra gli eventi da segnalare, il 6 e 7 agosto, il progetto multidisciplinare sull’opera di Gioachino Rossini L’occasione fa il ladro coordinato da Daniele Gatti, direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma. Il 16 luglio, Antonio Pappano segna il ritorno dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia al Chigiana International Festival, con un grande concerto – l’ultimo fu di Zubin Mehta nel ‘91 – in piazza del Campo. Nel suo programma l’Ouverture del Nabucco di Giuseppe Verdi, la Sinfonia n.7 di Lu-

© Hugues Roussel

Chigiana International Festival & Summer Academy Siena 5 luglio>1° settembre

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Contempoartensemble

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© Theo Giacometti

Il Ballet National Marseille a Bolzano Danza

Musica sull’acqua Lago di Como 4>18 luglio Un programma musicale che spazia dal repertorio classico a composizioni meno conosciute. La 17esima edizione del festival, dal 4 al 18 luglio, ha scelto il titolo De-sidere, desiderare oltre. Oltre alle rive del lago, a ospitare gli spettacoli anche l’abbazia di Piona (LC), Santa Maria del Tiglio a Gravedona (CO) e, per la prima volta, Villa Cipressi a Varenna (LC). Luoghi suggestivi che accolgono protagonisti di rilievo internazionale: dal tenore Ian Bostridge al polistrumentista Magnus Lindgren. Fra gli eventi speciali il Concerto Promenade lungo la passeggiata del Sentiero del viandante, che fiancheggia il lato orientale del lago, da Lecco a Colico. festivalmusicasullacqua.org

Nervi Music Ballet festival Genova fino al 2 agosto Sei nuove produzioni in prima assoluta e un debutto nazionale sono il cuore di un progetto ambizioso e internazionale. Tra gli appuntamenti con musica, danza e teatro, un omaggio ad Astor Piazzolla nel centenario della nascita e una novità tutta italiana dedicata alle giovani promesse del balletto, lo spettacolo di gala Stars of Today meet Stars of Tomorrow. Il giorno di chiusura, va in scena Contaminazioni migranti, performance dedicata al tenore Enrico Caruso per i 100 anni dalla morte. E poi Stefano Bollani con Piano Variations on Jesus Christ Superstar e Alice che canta i brani di Franco Battiato. nervimusicballetfestival.it

Emilia Romagna festival fino al 27 settembre Una colonna sonora dal vivo permea per tre mesi tutta la regione. Si riparte con l’edizione numero 21, che prevede 58 appuntamenti tra le province di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena. Tra i fuoriclasse Nicola Piovani, Noa & Gil Dor, Gino Paoli & Danilo Rea, Uto Ughi, i Cameristi del Teatro alla Scala & Daniela Pini, Laura Marzadori, Pamela Villoresi. È un mix di artisti noti e nuove promesse, per concerti da camera e recital teatrali. Grande spazio è riservato alle voci femminili e un focus è dedicato a Dante per i 700 anni dalla morte. emiliaromagnafestival.it Nervi, Genova © Alex Dvihally

Bolzano Danza 16>30 luglio La 37esima edizione della manifestazione, intitolata Swan, sceglie gli archetipi del balletto e della musica classica. Dal 16 al 30 luglio, in città e dintorni, si può assistere a opere riscritte e reinterpretate. Tra i 29 appuntamenti, di cui cinque prime assolute e dieci nazionali, una nuova versione di Giselle proietta nei giorni nostri la storia della contadina impazzita per amore. Mentre il gruppo olandese Club Guy & Roni presenta Swan Lake The Game, un gioco in cui ogni spettatore, su una piattaforma virtuale, sceglie il suo finale per Il lago dei cigni. bolzanodanza.it

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SUMMER SHOW

Musart festival Firenze 15>27 luglio Piazza della Santissima Annunziata, con il suo fascino rinascimentale, ospita per due settimane i più grandi nomi dello spettacolo. Apre la manifestazione l’Étoile dei due mondi con il gala di danza Roberto Bolle and Friends. Ma non mancano Edoardo Bennato, che sbeffeggia i potenti, Fiorella Mannoia con alcuni brani registrati durante il lockdown, Luka Šulić, con un concerto di violoncello tra pop, rock e classica e Vinicio Capossela che presenta La bestiale Comedia, in onore di Alighieri. Infine, mostre e visite a luoghi d’arte con ingresso libero. musartfestival.it

Musart festival 2019, Firenze

Festival Puccini Torre del Lago (PI) 23 luglio>20 agosto Un ricco cartellone di spettacoli per un evento dedicato all’amore, fil rouge delle opere di Giacomo Puccini, in scena per dieci serate sulle rive del Lago Massaciuccoli. Stefania Sandrelli firma la regia di Tosca, anche per dire no alla violenza di genere. La Turandot è invece curata da Daniele Abbado. Oltre ai tanti altri concerti, la rassegna Puccini, la musica e il mondo, che vede protagonisti Stefano Massini, Toni Servillo e Roberto Abbado tra musica e prosa, e il Gala Lirico in omaggio al tenore Enrico Caruso nel centenario dalla morte. puccinifestival.it

Cantiere internazionale d’arte Montepulciano (SI) 15 luglio>1° agosto La città medievale e la Valdichiana senese accolgono la 46esima edizione della kermesse. Sono 35 gli appuntamenti diffusi, con programmi dagli accostamenti audaci, dialoghi inediti tra nuovi talenti e artisti affermati. È prevista, per esempio, la residenza artistica dell’Ensemble degli intrigati e non mancano i laboratori, come quello dedicato alla Molly Bloom dell’Ulisse di James Joyce. Il Trovatore verdiano diventa ballabile nella versione folk dell’ensemble L’usignolo. A chiusura, un concerto con musiche francesi e di Ludwig van Beethoven. fondazionecantiere.it

Tosca al Festival Puccini

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Festival Dante assoluto Roma 1°>20 luglio I 700 anni dalla morte del Sommo Poeta si celebrano nella Basilica di Massenzio, all’interno del Parco archeologico del Colosseo. Nelle sette serate di luglio, tutte a ingresso gratuito ma con prenotazione, autori e grandi nomi presentano testi inediti ispirati a un canto, un verso o un personaggio delle opere dantesche. A testimoniare la profondità dei contenuti e l’attualità di Alighieri anche in campo storico, scientifico, giuridico e artistico. Tra gli ospiti Sergio Rubini e Michela Murgia, che danno vita a un’intervista impossibile a Beatrice. parcocolosseo.it


Giffoni film festival

Palazzo Reale summer fest Napoli fino al 5 settembre Romanticismo, musica e spettacoli in un luogo di straordinaria bellezza. In programma per questa prima edizione del festival, tanti appuntamenti nel Giardino Romantico e nei cortili. Partecipano il drammaturgo Stefano Massini, gli attori Christian De Sica, Vincenzo Salemme e Alessandro Siani che festeggia i suoi 25 anni di carriera. La domenica è il giorno della stand-up comedy con la comicità di Michela Giraud, Saverio Raimondo e Aurora Leone dei The Jackal, mentre a settembre si svolge la settimana rosa con Monica Guerritore e Teresa Ciabatti. palazzorealesummerfest

Giffoni film festival Giffoni Valle Piana (SA) 21>31 luglio L’appuntamento fisso dell’estate cinematografica è atteso soprattutto dai più piccoli. Nato nel 1971, il festival ha elevato negli anni i film per ragazzi a prodotti di grande qualità. È un concorso con una giuria di tremila giovani e giovanissimi di varie nazioni in presenza, a cui si aggiungono duemila in collegamento da 50 hub italiani e 20 internazionali, per valutare 100 film prodotti in tutto il mondo. Giorni di festa e socialità durante i quali arrivano nella location campana nomi d’eccezione. Per il 2021, tra gli altri, Erri De Luca e Ferzan Ozpetek. giffonifilmfestival.it

Bari in jazz - 16 luglio>28 agosto Sound e vitalità anche per la 17esima edizione della rassegna pugliese dedicata al jazz. La programmazione, che quest’anno vuole unire la musica con le arti, prevede non solo concerti live, ma anche mostre d’arte e film d’autore. Insieme agli appuntamenti dal vivo, si svolge una mini rassegna con pellicole di culto sulle vite di quattro musicisti che rappresentano la storia del jazz e del blues: Chet Baker, Michel Petrucciani, Ray Charles e Charlie Parker. Bari in jazz & Pics è invece il titolo della retrospettiva fotografica sulle edizioni precedenti. bariinjazz.it

Il porto di Catanzaro

Magna Graecia film festival Catanzaro 31 luglio>8 agosto Per la 18esima edizione il festival che abbraccia l’intera città calabrese inaugura due nuove sezioni. La prima dedicata agli esordi internazionali, la seconda ai documentari. Si allargano così ancora di più gli orizzonti della kermesse che promuove il cinema emergente in tutte le sue forme, rivolgendosi a ogni fascia di pubblico. Gli incontri e le proiezioni sono in programma in più location, al Porto e al centro storico, al Complesso monumentale del San Giovanni e a Villa Margherita. Tra gli ospiti Dino Abbrescia, Alessandro Haber e Vinicio Marchioni. mgff.eu 57


TRAVEL

TERRA BENEDETTA SCIVOLARE RILASSATI SUI BINARI, TRA MARE, RILIEVI SCOMPOSTI E CASE COLOR PASTELLO. SCOPRIRE CON LENTEZZA LE MARCHE, AMATE DA GIOSUÈ CARDUCCI

© photobeginner/Adobestock

di Sandra Gesualdi

Cattedrale di San Ciriaco, Ancona

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n pezzo d’Italia che scorre leggera e illuminata d’estate, tra mare e monti. I finestrini del treno svelano una terra caleidoscopica che dalle colline raggiunge le spiagge in un battito di ciglia. Da una parte, la striscia dell’Adriatico che in certi punti sembra ingoiare le rotaie in un balletto di scogli sassosi, ombrelloni a strisce, arenili, palme, edifici colorati. Dall’altra, alture e rilievi scomposti che si alternano a borghi medievali, paesoni allungati verso l’entroterra, campi coltivati o disordinatamente brulli. Siamo nelle Marche, su un Regionale nuovo che scivola rilassato sui binari, offrendo

scampoli di panorama: una vera sorpresa piena di paesaggi naturali, acqua e terra, arte e architettura, tutto racchiuso in un pugno di chilometri. Il poeta Giosuè Carducci la definì «una terra benedetta da Dio». Per la sua bellezza e varietà feconda e per il «digradare di monti che difendono, tra questo distendersi di mari che abbracciano, tra questo sorgere di colli che salutano, tra questa apertura di valli che sorridono». Fresca di stampa, Marche in treno, una guida dedicata a questa regione, realizzata da Trenitalia e Giunti Editore, consente di scoprirla al meglio viaggiando sulle tratte dei treni Regionali.

A misura d’uomo e in maniera sostenibile, si possono raggiungere i borghi medievali di Fermo e Recanati (MC) o tuffarsi nell’eleganza di Senigallia (AN) e nel Liberty di Civitanova Marche (MC), con i loro chilometri di litorale. Ma anche visitare il seicentesco Teatro Rossini di Pesaro o festeggiare i 100 anni dello Sferisterio di Macerata, arena all’aperto che, dal 23 luglio al 13 agosto, ospita l’Opera festival. Tante le curiosità segnalate e i punti di interesse meno noti raggiungibili dalle stazioni, passeggiando tra porti, rocche, parchi, grotte, cattedrali di alabastro, piccoli musei civici, caffè storici e piazze da vivere.

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© Sandra Gesualdi

Ancona vecchia sembra un’elegante signora vestita di cashmere dai colori tenui: il tortora di palazzi e campanili, il pastello acquamarina delle persiane, il bianco sporco delle case incastrate tra loro e delle scalinate tortuose

Centro storico, Ancona

ANCONA COLOR PASTELLO Merita attraversare Ancona partendo dall’alto, affacciati alla balconata sul colle Guasco, con vista sulla città intera, la riviera del Cornero e lo strapiombo sul porto che, tra cantieri e attracchi, si proietta lungo la costa. Si

riconoscono, abbozzate alla maniera della pittura macchiaiola, Falconara (AN), Senigallia e, nella punta estrema, Pescara. Nella parte più tondeggiante dell’insenatura, ancorata alla terraferma da tre ponti, si vede la Mole Vanvitelliana, imponente e maestosa

fortezza settecentesca che oggi ospita il Museo tattile statale Omero con percorsi scultorei per non vedenti. Più in là, sul molo, l’Arco di Traiano perfettamente conservato dal I secolo d.C. offre una visione prospettica sul mare. Ancona vecchia, da quassù, pare un’e-

© Archivio FS Italiane - Guido Calamosca/LaPresse

Uno dei nuovi treni regionali lungo la costa delle Marche

Nelle Marche su un Regionale che scivola rilassato sui binari, tra paesaggi naturali, acqua e terra, arte e architettura, tutto racchiuso in un pugno di chilometri

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© ermess/Adobestock

Mole Vanvitelliana, Ancona

legante signora vestita di cashmere dai colori tenui: il tortora di palazzi e campanili, il pastello acquamarina delle persiane, il bianco sporco delle case incastrate tra loro e delle scalinate tortuose. Un tempo sede dell’acropoli greca, oggi culmine della parte monumentale della città, con la Cattedrale di San Ciriaco a far da faro e simbolo. Forgiata in stile romanico-bizantina e agghindata da un ricco portale gotico a rilievi del XIII secolo, la si scorge da lontano, vigile e accogliente, anche arrivando in traghetto dalla greca Patrasso. I suoi toni di rosa antico appena accennato si incendiano all’ora del tramonto e dell’alba, trasformando la piccola piazza del Duomo con i suoi leoni marmorei in uno dei luoghi più

poetici della regione. Addentrandosi tra le viuzze ripide alla scoperta della parte storica, di giorno Ancona si svela sorniona e silenziosa: si incontrano anfratti quieti, torri campanarie intrappolate tra le case, ristorantini vista mare dove bere un Verdicchio o un Rosso Conero. Fino a riprender fiato seduti sulla grande scalinata in piazza del Plebiscito, trovandosi alle spalle la facciata non finita di San Domenico e di fronte l’ingombrante statua di papa Clemente XII. Dalla città dorica, in un’ora e mezza o poco più, con un Regionale si raggiunge Ascoli Piceno. Finestrino lato monte sin qui perchè, in pochi minuti, lasciate le scarpate brulle, quando meno te lo aspetti appare Loreto con gli spicchi

bianchi della cupola del santuario della Santa Casa che domina dal crinale di un colle. L’effetto sorpresa prosegue, lato mare, fino a Porto Recanati, annunciato da una serie di palazzine in sequenze cromatiche di giallo, verde, rosso e celeste che si intonano con le file ordinate di ombrelloni. Da lì in poi il treno scivola sulla costa, quasi a toccare l’acqua salata e distinguere bagnanti e pescatori, incontrando località turistiche che sembrano uscite da cartoline degli anni ’80. A San Benedetto del Tronto, la rotaia vira lentamente verso l’interno e si inoltra in un puzzle di campi dorati, filari di vigneti, orti privati e periferie industriali. A Offida si capisce di essere vicini all’arrivo perché sbuca il monte Ascensione. 61


© ermess/Adobestock

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Spiaggia del Passetto, Ancona

ASCOLI, TRA PIAZZE E PONTI Ascoli è circumnavigata per tre quarti da due torrenti – il Castellano e il Tronto, in cui il primo si tuffa – e più che la città delle 100 torri, come è comunemente ricordata, sembra la città dei ponti, porte d’ingresso al centro storico. Dalla stazione si sorpassa a piedi il Maggiore: affacciarsi fa impressione per quanto è alto. Sotto c’è una foresta rigogliosa e, di fianco, il grande Forte Malatesta con quel gioiello di ingegno che è il piccolo ponte romano di Cecco o del Diavolo. L’aria in città è mite e l’atmosfera è un po’ salottiera, dalle strade principali scappano via come ragnatele le viuzze strette tra i muri, le rue. Il travertino dei palazzi, delle strade, delle piazze amplifica la luce del sole e assorbe i colori della giornata che trascorre e rende armoniose le architetture. Quello che colpisce è il brulichio del vissuto, i negozi a conduzione familiare, i bambini che vanno in bici nella zona pedonale, i mercatini rionali a due passi dal Duomo. Tutto è vissuto e abitato. Anche piazza del Popolo, 62

scrigno di forme e composizioni, loggiati gentili, merletti a coda di rondine, terrazze fiorite. È davvero una delle piazze più belle d’Italia e, senza abdicare alla sua portata artistica insidiata

nelle volte medievali a mattoni, oggi è spazio pubblico da fruire e luogo di cittadinanza. Allo storico caffè Meletti, sui tavolini liberty, si mescolano i turisti che as-

Piazza del Popolo, Ascoli Piceno

Ad Ascoli Piceno tutto è vissuto e abitato. Anche piazza del Popolo, scrigno di forme e composizioni, loggiati gentili, merletti a coda di rondine, terrazze fiorite


© Sandra Gesualdi

in Duomo per cercare tracce antichissime e carolinge. Nello stesso spazio aperto, il palazzo sede del Comune ospita i Musei civici, dove merita farsi un giro tra arredi barocchi e specchiere veneziane, solo per soffermarsi di fronte alla Passeggiata amorosa di un insolito Giuseppe Pellizza da Volpedo. Che in questo tondo ha voluto raccontare la serenità di passeggiare, conversando, tra natura e paesaggi bucolici. Fuori, sulla panca di pietra da strada, ombreggia un gruppetto di signori anziani. Guardarli con un cartoccio di fritto misto in mano è davvero una benedizione. regione.marche.it

I REGIONALI DA VIVERE

E poi, il treno, nel viaggiare, sempre ci fa sognare. (Antonio Machado)

LE USCITE DELL’ITALIA IN TRENO Abruzzo

Piemonte --

Puglia

Calabria

--

Sardegna

Campania

Sicilia

Emilia-Romagna

Toscana

Friuli Venezia Giulia

Trentino-Alto Adige

Lazio

Umbria

Liguria Marche

inTRENO

MARCHE IN TRENO

Basilicata

MARCHE

Valle d’Aosta VenetoGUIDA Piazza Arringo, Ascoli Piceno FS MARCHE

Molise

snaturarsi. In piazza Arringo, le due fontane gemelle, dimore di delfini e cavalli€ 10,00 marini, fanno da spartitraffico a chi la attraversa per andare a scuola, a lavoro o ISBN 978-88-09-90771-3

9 788809 907713

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€ 10,00

Giunti, pp. 124 € 10

© Salvatore/Adobestock

saggiano il caffè corretto all’anisetta, nonni che fanno colazione coi nipoti e colleghi in pranzi di lavoro. Ascoli accoglie con grazia turismo e quotidianità e si svela nelle sue bellezze senza

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Offerta Trenitalia pp. 114-115

LUNGO IL

MARE LO SCENARIO MIGLIORE PER CAMMINARE, CORRERE O PERDERSI IN UN TRAMONTO. DA SALERNO A TRIESTE, PASSANDO PER LIVORNO, LE PASSEGGIATE PIÙ BELLE D’ITALIA CON AFFACCIO SUL BLU di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it

Terrazza Mascagni, sul lungomare di Livorno

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famose strade: via Nazario Sauro, che corre lungo il molo di Santa Lucia fino a Castel dell’Ovo, via Partenope con i più celebri ristoranti fronte mare della città, l’ampia promenade di via Caracciolo che fiancheggia il Parco della Villa comunale e la Riviera di Chiaia, e via Mergellina, dove respirare la Napoli verace. Tra le più amate passerelle affacciate sul blu, c’è quella di Reggio Calabria intitolata all’ex sindaco Italo Falcomatà, un punto di riferimento per chi vuole scoprire non solo il mare, ma anche il cuore della città. Come quello di Napoli, è costituito da quattro vie: lungomare Falcomatà, lungomare Matteotti, corso Vittorio Emanuele III e viale Genoese Zerbi. Qui si possono ammirare i giardini della Villa Comunale e i palazzi in stile Liberty, frutto

dell’ultima ricostruzione all’inizio del ‘900. In Sicilia, incantano il lungomare di Acicastello, a dieci minuti da Catania, e la passeggiata sul promontorio di Capo Milazzo (ME). L’isola è raggiungibile con le navi veloci Blujet, in connessione con l’offerta estiva Trenitalia (approfondimento alle pp. 114-115) che prevede due nuovi Frecciarossa Fast tra Milano a Reggio Calabria. A regalare tramonti e scorci indimenticabili, con i suoi 15 chilometri che lo rendono il più lungo d’Europa, è il lungomare di Bari, detto anche Murat perché attraversa gran parte dell’omonimo quartiere. Affacciato su acque cristalline, unisce i lati est e ovest del capoluogo pugliese offrendo scorci particolari come la chiesa di San Nicola e il castello normanno-svevo.

© Marco Taliani/Adobestock

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crollarsi di dosso le fatiche (e le limitazioni) dell’inverno, fare sport inalando iodio e aria frizzante, o semplicemente staccare la spina gioendo con gli occhi e ricaricandosi di energia. Sono tanti e suggestivi i lungomare d’Italia dove andare almeno una volta nella vita, magari comodamente in treno, per restare ancora più in armonia con l’ambiente. A Salerno, si può costeggiare il mar Tirreno lungo un grande viale alberato, interamente pedonale, che va dal centro storico al porto turistico in piazza della Concordia. Un’occasione unica per ammirare la splendida Costiera Amalfitana da un lato e, dall’altro, quella Cilentana. Napoli rilancia con i tre chilometri di passeggiata che abbracciano quattro

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© Antonio Gravante/Adobestock

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© Bill Chizek/Adobestock

Sopra il lungomare di Salerno, sotto quello di Napoli

Nelle Marche, invece, San Benedetto del Tronto (AP) offre cinque chilometri di negozi e locali alla moda, ma anche ampi spazi per interminabili pedalate in bicicletta. Anche Riccione (RN) ne vanta uno tra i più belli della Penisola. Passeggiare (o correre) lungo i bagni, costeggiando l’immensa distesa sabbiosa dell’A66

driatico, è un vero privilegio. Con la possibilità di riposarsi, di tanto in tanto, sulle panchine o all’ombra dei gazebo posizionati lungo il viale. A Trieste, il lungomare è il luogo preferito per prendere il sole o fare una bella camminata ammirando il golfo, fino a raggiungere il Castello di Miramare, concedendosi lungo il tragitto

un gelato o un aperitivo. Puro relax e divertimento sul litorale di Finale Ligure (SV), costellato di palme e localetti glamour per un happy hour o una cena a base di pesce e piatti tipici. Sempre in Liguria, non si può non visitare la scenografica passeggiata Anita Garibaldi di Genova Nervi, scavata nella roccia a


per gli animi romantici, soprattutto al tramonto. Si parte dall’elegante Terrazza Mascagni, famosa per il pavimento a scacchiera e la balaustra

formata da 4.100 colonne marmoree, per proseguire verso il porto e tornare poi verso il centro. Con il blu negli occhi.

© Dionisio Iemma/Adobestock

picco sul mare, con bella vista su calette naturali, parchi e antiche ville. Infine, riscendendo lungo il Tirreno, il lungomare di Livorno è perfetto

© serghi8/Adobestock

Sopra il lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, sotto quello di Acicastello (CT)

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© Kateryna Kovarzh/Adobestock

Sopra la passeggiata sul promontorio di Capo Milazzo (ME), sotto il lungomare di Bari

© emily_m_wilson/Adobestock

BANDIERE BLU 2021

Monopoli (BA)

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La Foundation for Environmental Education, che premia ogni anno i comuni marinari e lacustri italiani con acque più pulite, massimo rispetto dell’ambiente e servizi balneari di qualità, quest’anno fa salire a 201 le località virtuose: sei Bandiere in più rispetto al 2020, con 15 new entry ma anche nove Comuni non confermati che perdono il famoso riconoscimento. Entrano, tra i 15, Camerota in Campania (SA), tre località pugliesi – Bisceglie (BT), Monopoli (BA), Nardò (LE) – e altrettanti comuni abruzzesi: Francavilla al Mare (CH), Pescara e Martinsicuro (TE). Escono Monte Argentario (GR), Montignoso (MS) e Pietrasanta (LU) per la Toscana, che scende al terzo posto nella classifica con 17 Bandiere. La regina del mare italiano si conferma la Liguria, stabile con 32 località premiate, mentre al secondo posto sale la Campania con 19. Con tre nuovi ingressi, la Puglia distacca di un punto le Marche, a quota 16, seguono la Calabria con 15 e la Sardegna, che riconferma i suoi 14 Comuni. L’Abruzzo porta a casa tre riconoscimenti in più e sale a 13, mentre il Lazio con due nuovi vessilli raggiunge quota 11. La Sicilia con due new entry va a dieci, il Veneto resta a nove e l’Emilia-Romagna riconferma le sue sette località. Nulla di nuovo per Basilicata, Friuli-Venezia Giulia e Molise, con cinque, due e una Bandiera blu. bandierablu.org


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IL CAMMINO

CELESTE DAL 2 AL 10 LUGLIO, SI PARTE DA AQUILEIA PER RAGGIUNGERE IL MONTE LUSSARI. OLTRE 200 CHILOMETRI, ANIMATI DA CONCERTI, EVENTI E INCONTRI, PER SCOPRIRE IL FRIULI-VENEZIA GIULIA

di Valentina Lo Surdo ilmondodiabha.it

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Foto Ulderica Da Pozzo/uldericadapozzo.it

Monte Lussari (UD)

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uello del Cammino Celeste è uno dei percorsi a piedi che è doveroso definire storico: non solo perché è stato creato nel 2006, agli albori del movimento dei cammini in Italia, ma anche perché ripercorre le vicende di una regione di frontiera fondamentale come il Friuli-Venezia Giulia, con il suo ricco passato che parte da Aquileia (UD), dove ha inizio il tracciato, fino a raggiungere la spettacolare veduta dal Monte Lussari. L’affaccio mozzafiato sulle Alpi Giulie è un traguardo che si conquista con merito a quota 1.780 metri, dopo aver terminato un’appassionante direttrice sud-nord che attraversa longitudinalmente la regione. In omaggio a questo percorso, nasce Nei suoni dei luoghi Musica e storie lungo il Cammino Celeste, che dal 2 al 10 luglio punteggia di incontri questo magnifico itinerario animandolo con i racconti dei grandi narratori del nord-est d’Italia. E così, nei nove giorni impiegati per completare questi 220 chilometri di cammino, lambendo la Slovenia e

l’Austria, s’incontrano concerti, eventi e dialoghi, in un variegato cartellone orchestrato dall’Associazione Progetto Musica di Udine, sotto la direzione artistica della violinista e camminatrice friulana Valentina Danelon. «Nella prospettiva di una valorizzazione del nostro paesaggio, naturalistico e umano, abbiamo pensato a un progetto in cui la musica diventi una colonna sonora capace di unire gli aspetti peculiari del territorio – lingue e tradizioni, arte e storia – in un contesto turistico slow ed ecosostenibile», ha detto Loris Celetto, direttore generale dell’associazione, presentando il cammino-evento. EVENTI E MUSICA NELLA NATURA A dar voce agli incontri, ai dialoghi e ai concerti figure culturali di grande rilievo, a fargli da sfondo le scenografie naturali degli incantevoli territori che accolgono anche altri festival musicali: oltre a Nei suoni dei luoghi a sud, ci sono Mittelfest e Folkest al centro e Carniarmonie nel tratto settentrionale, in un’ideale staffetta unificante nel

nome del Friuli. A percorrere integralmente il cammino, oltre a chi scrive e alla direttrice artistica Danelon, anche tanti camminatori appassionati, scrittori e musicisti, che partecipano proprio per animare gli eventi incastonati nei paesaggi del Cammino Celeste. Il 2 luglio, nella prima giornata in cui si tocca Aquileia, Aiello del Friuli e Cormons, i protagonisti sono gli stessi creatori del percorso. Alla prima tappa ci accoglie Andrea Bellavite che, con la sua profonda competenza storica e territoriale, incardina il percorso – anche noto come Iter Aquileiense – nel suo significato di itinerario di pace, portatore di armonia tra i popoli: «Sono ben 42 le diocesi e nove gli Stati che afferiscono alla matrice aquileiense. Non dimentichiamo che la colonizzazione romana partì proprio da qui e che, secondo la leggenda, questo fu il luogo dove sbarcò San Marco da Alessandria d’Egitto per intraprendere l’evangelizzazione della Laguna», racconta. L’eredità inclusiva di questo territorio si rispecchia anche nella volontà di rivitalizzare le aree

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percorse, «valorizzando la presenza delle persone più fragili e “antiche” della nostra terra, gli anziani, affinché possano raccontare loro stessi la storia dei luoghi attraversati, nell’incontro con i pellegrini viandanti», conclude Bellavite, parlando anche come sindaco di Aiello. TRACCIATO CON I COLORI DEL CIELO Proprio in questo comune s’incontra poi Aurelio Pantanali, un altro creatore del Cammino Celeste e presidente del Circolo culturale Navarca, che dell’Iter è stato culla. Pantanali ci porta alla scoperta delle meridiane, giacché questo paesino ne conta un numero straordinario, circa 120, di cui le prime 20 create da Pantanali stesso, da sempre appassionato alla costruzione di orologi solari. «Come presidente del Navarca, mi sono sempre adoperato per organizzare iniziative culturali. Nel novembre 2005 invitai tre friulani doc che avevano appena compiuto il Cammino di Santiago, per raccontare la loro esperienza». Tra questi Bellavite e Tiziana Perini, considerata la poetessa del Celeste. Da quella serata, nacque l’idea di disegnare il tracciato di un percorso che portasse in sé il colore «del cielo sul Monte Lussari e del manto della Madonna», ponendo attenzione a luoghi del Friuli poco conosciuti persino dai suoi stessi abitanti. «Lo battezzammo nel 2006, con una quarantina di pellegrini e, percorrendolo con loro, decisi di lasciare alcuni segni visibili lungo la via, nelle quattro meridiane e nei quattro monumenti dei pellegrini, posizionati nei punti più Aquileia (UD)

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Aiello del Friuli (UD)

significativi del Cammino: al santuario di Barbana e a quello di Castelmonte, a Camporosso e al santuario del Monte Lussari», continua Pantanali. VIGNETI, BOSCHI E PURA ROCCIA Si toccano, dunque, i luoghi sacri più importanti della regione, perché il Cammino Celeste è prima di tutto un pellegrinaggio, perfezionato negli anni grazie a un dettagliato corredo segnaletico che rende il camminatore autonomo nel percorrerlo sia in senso ascendente che inverso, cioè dal monte al mare. L’Iter Aquileiense ha poi alcuni speciali motivi di interesse,

come spiega ancora Pantanali: «Sin dal suo partire dal mare appare come un cammino unico, capace di attraversare tutti i paesaggi della regione, digradando nella pianura orientale friulana, percorrendo i vigneti del Collio, entrando poi, dopo Cividale, nei boschi pedemontani per raggiungere il Parco naturale delle Prealpi Giulie e, infine, svettare sull’immensità di pura roccia del Monte Lussari. Non esiste un altro cammino che inizi in barca e termini, per chi voglia ridiscenderne la cima in modo più agevole, in ovovia». La guida di questo itinerario, pubbli-


«Un cammino capace di attraversare tutti i paesaggi della regione, digradando nella pianura orientale friulana, tra i vigneti del Collio, fino a raggiungere il Parco naturale delle Prealpi Giulie e svettare sulla roccia del Monte Lussari» Laguna di Grado (GO)

cata da Ediciclo editore, esce nel 2012 con la collaborazione dei principali animatori di questo percorso, creatori dell’Associazione Iter Aquileiense che si prende cura costante della manutenzione dei sentieri. «Non possiamo non citare Giuseppe Poiana, nostro presidente e camminatore doc, insieme a Paolo Zuliani, Marco Bregant, Renato Valentinuzzi, Mario Bressan e tanti altri, italiani e sloveni». DIECI TAPPE DI STERRATO Per chi volesse affrontare il percorso, in qualsiasi momento dell’anno, si consiglia di suddividerlo in dieci tappe con una media di 20-22 chilometri al giorno. Non sembrano tanti, ma non è un tracciato da prendere sottogamba, visto che è composto per l’80% da sterrate e sentieri e prevede seimila metri di dislivello in salita e tremila in discesa. Tanti i motivi storici, naturalistici e artistici per cui intraprendere il Cammino Celeste: dalle sorgenti del fiume Natisone, con il suo paesaggio lunare, alle sorgenti del Torre, dai paesaggi della Val Resia a quelli della Val Saisera, dall’osservatorio faunistico di Casera Nischiuarch, a quota 1.182 metri, alla spettacolare posizione del Rifugio dell’Associazione nazionale alpini, a 1.468 metri. Senza dimenticare i monumenti di eccezionale interesse, come la basilica paleocristiana di Grado (nel prologo) e la Laguna, Aquileia (romana e cristiana), le chiese di San Nicolò e di Sant’Andrea a Ruda, il centro storico di Cormons, il castello di Trussio e l’area di Collio, con i suoi vini bianchi a Scriò e dintorni, Centa e il Castello di Albana, il monumento Ara Pacis Mundi sul colle di Medea, in onore ai caduti di tutte le guerre, e la Sella di Somdogna,

altro luogo della memoria bellica. Da non perdere anche la chiesetta di San Pietro di Chiazzacco, il santuario di Castelmonte, la magnifica Cividale, il leone della fontana di Masarolis, la chiesa di Sant’Anna a Sella Carnizza, la Via Crucis a Prato di Resia, la chiesa di San Bartolomeo Apostolo a Chiusaforte, il Museo del territorio a Dogna, le chiese di Camporosso e la Colonna dell’Angelo, lungo la strada per Tarvisio. PASSI LENTI TRA SUONI E PAROLE Oltre a questi luoghi imperdibili e alle sue bellezze lungo la via, durante l’evento Nei suoni dei luoghi - Musica e storie lungo il Cammino Celeste si possono conoscere anche gli storici Renato Camurri, Angelo Floramo e Romano Vecchiet, gli scrittori Mauro Daltin e Alessandro Venier, il farmacista-erborista Franco Fornasaro, i mu-

sicisti Mauro Ottolini, Sebastiano Mesaglio, Saria Convertino, Andrea Rucli, Hersi Matmuja, Ilaria Fantin e il Gruppo Folkloristico Val Resia. «Dopo averlo a lungo sognato, ecco finalmente realizzato un progetto capace di rappresentare il senso di una grande sinergia», ci ha confessato Danelon, ai nastri di partenza del cammino-evento. «L’idea di congiungere le passioni per la musica e la natura, a passo lento su quest’amata terra, sul filo di una narrazione di suoni e parole che metta in luce i suoi aspetti speciali grazie ai numerosi incontri lungo la via, ha avuto immediatamente il sostegno e la fiducia di tutte le istituzioni e gli artisti coinvolti. Segno che il Friuli, pur nella sua variegata ricchezza, ha un unico cuore». camminoceleste.eu neisuonideiluoghi.it

Cividale del Friuli (UD)

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Abbazia del Goleto (AV)

© zenzaetr/Adobestock

PASSAGGIO IN IRPINIA TRA L’APPENNINO CAMPANO E I MONTI DELLA DAUNIA, ALLA SCOPERTA DI BORGHI, CASTELLI, RISTORANTI ED ENOTECHE. PER APPREZZARE CULTURA E SAPORI DI UN TERRITORIO SUGGESTIVO di Maria Grazia Tornisiello - a cura di vdgmagazine.it

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rpinia, si chiama questa regione, e non la conoscevo. Com’è varia e bella l’Italia!». Sono le parole dello scrittore e regista Mario Soldati a introdurre questo itinerario tra l’Appennino campano e i Monti della Daunia. Una terra di pas-

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saggio, ricca di storia, dove la bellezza della natura, il fascino dei piccoli borghi, una lunga tradizione gastronomica e una calorosa ospitalità strizzano l’occhio anche al viaggiatore più esigente. Secondo per estensione a quello na-

poletano, il territorio irpino corrisponde all’attuale provincia di Avellino e rappresenta la meta ideale per un viaggio slow all’insegna del relax e del silenzio. Ed è proprio il silenzio assoluto quello che si gode all’Abbazia del Goleto, vicino Sant’Angelo dei Lombardi. Fondato nel 1133 da Guglielmo da Vercelli, il complesso monasteriale, capolavoro di arte romanica, ha attraversato un periodo di abbandono, tornando al suo splendore originario dopo gli anni ‘70. Ora, nella piccola cappella di San Luca, si respira un’atmosfera di intenso misticismo. Dopo una tappa a Morra De Sanctis, per far visita alla casa natale di


Francesco Saverio De Sanctis, uno tra i maggiori critici della letteratura italiana del XIX secolo nonché ministro della Pubblica istruzione del Regno d’Italia, ci si può ritemprare al ristorante-museo La Ripa di Rocca San Felice. Si tratta di un delizioso gioiello incastonato nella roccia, dove pranzare all’aperto sotto il pergolato della terrazza panoramica. Da assaggiare la bistecca di vitello irpino cotta su pietra lavica o i cavatelli con cavolo nero, peperoni cruschi e crema di ricotta di Carmasciano, un pecorino dalle particolari caratteristiche organolettiche dovute alla mineralità dell’erba di cui si nutrono le pecore della zona. FORMAGGI E TOME DEL TERRITORIO Restando nella Valle d’Ansanto, addentrandosi in universi misteriosi, si scopre la Mefite di Rocca San Felice, un laghetto di origine sulfurea le cui acque ribollono in continuazione emettendo esalazioni di anidride carbonica e acido solforico. L’odore è acre e pungente e bisogna fare attenzione a non avvicinarsi troppo. Proprio questo luogo dall’atmosfera spettrale, che Virgilio nell’Eneide identifica come uno degli accessi agli inferi, è

la patria del Carmasciano. Qui, in un vecchio casale recuperato a Guardia Lombardi, si trova l’azienda agricola Carmasciando, dove oltre al pecorino è possibile acquistare la toma irpina, il blu di pecora e altre leccornie. TRA MANIERI, TORRI E BIFORE Con questa bella scorta di energie, ci s’inerpica alla volta del borgo di Monteverde e al suo maniero che ha annoverato tra i suoi proprietari i Grimaldi di Monaco. Lungo le strette viuzze del centro, s’incontrano la chiesa settecentesca di Santa Maria di Nazareth e quella di Santa Maria del Carmine, con la torre campanaria e le sue bifore gotiche. Essendo zona di produzione del Caciocavallo Silano Dop, formaggio semiduro a pasta filata dalla forma ovale, non ci si può dimenticare di assaggiarlo prima di dirigersi verso il Castello ducale di Bisaccia. Qui, tra ottobre e novembre del 1588, soggiornò il poeta Torquato Tasso, ospite dell’amico scrittore e mecenate Giambattista Manso che aveva ereditato la proprietà dal padre. Seguendo i vicoli nel centro del paese, costeggiati da palazzi nobiliari, si sale fino alla chiesa di Sant’Antonio da Padova,

che domina la rupe Andreone, per un panorama mozzafiato sulla valle. A pochi chilometri da Bisaccia vale una visita Trevico, famosa per aver dato i natali a Ettore Scola. Il legame che il regista ha mantenuto con il territorio è testimoniato da Palazzo Scola, donato dalla sua famiglia al Comune, che conserva ancora molti elementi decorativi originali. PIATTI AUTENTICI E SAPORI ANTICHI Portatrice di sapienza e cultura enogastronomiche, l’Irpinia non delude soprattutto i buongustai. Si racconta che nel 37 a.C. il poeta latino Quinto Orazio Flacco, mentre si trovava in viaggio verso Brindisi, fece sosta nella Taverna delle noci di Vallesaccarda, apprezzando la cucina del luogo. Ed è in questo piccolo borgo che, dagli anni ‘80, la famiglia Fischetti si dedica con passione e amore all’arte del buon cibo, trasformando i prodotti locali in piatti autentici e raffinati. Il ristorante Oasis sapori antichi, una stella Michelin, è un porto sicuro dove rinfrancare fisico e spirito prima di proseguire verso Zungoli, il paese delle grotte. Risalenti all’epoca bizantina, queste cavità si sviluppano su più liMucche al pascolo in Irpinia

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no Carmasciano

velli sotto il centro storico e, nel tempo, hanno visto mutare la destinazione d’uso, da rifugi a cantine o granai, fino a depositi per la stagionatura dei formaggi. Zungoli è il regno del Caciomolara, prodotto caseario tipico a forma di campana che viene lasciato stagionare in grotte di tufo dai due ai sette mesi, acquistando un sapore aromatico e piccante al quale è difficile resistere.

VINI DOC E ASSAGGI IN CANTINA Soprannominata “cantina della Campania”, l’Irpinia è la patria di tre celebri vini Docg: il Greco di Tufo, il Taurasi e il Fiano di Avellino. Bianco e di grande struttura, il primo è prodotto su terreni di origine vulcanica e prende il nome proprio dal borgo di Tufo. Qui, nello storico Palazzo di Marzo, si organizzano tour guidati per visitare le cantine ottocentesche e cercare di carpirne i segreti.

Cantina Feudi di San Gregorio, Sorbo Serpico (AV)

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A Taurasi, invece, il Castello Marchionale è sede dell’Enoteca regionale dei vini d’Irpinia, dove si trova in esposizione una vasta selezione di bottiglie. Per chi ha voglia di approfondire la storia millenaria della città e dell’intera Valle del Calore è d’obbligo una visita al Mat, il Museo archeologico allestito nel chiostro del Convento domenicano, ora trasformato in un sito di interesse enoturistico. Prima di concludere il viaggio non può mancare una degustazione nella cantina Feudi di San Gregorio, a Sorbo Serpico. Simbolo di eccellenza enologica del sud Italia dal 1986, offre anche il laboratorio-ristorante Marennà, stella Michelin dal 2009. Qui, sotto lo sguardo attento e divertito degli ospiti che assistono alla nascita delle pietanze prescelte, lo chef Roberto Allocca si diverte a sperimentare coniugando le materie prime del territorio con tradizione e modernità. Il menu del Marennà è in continua evoluzione, così come questa terra di mezzo che si può lasciare solo con la certezza di farvi ritorno. ristorantemuseolaripa.it oasis-saporiantichi.it carmasciando.it caciocavallosilano.it coopmolara.it cantinedimarzo.it feudi.it marenna.it


Prof.ssa ANTONELLA VIOLA Direttrice scientifica Città della Speranza


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Atmosfera bubble glamping, Satriano di Lucania (PZ)

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FANTASIE DI CASA PASSARE LA NOTTE IN UNA BOLLA TRASPARENTE, IN UN FARO O IN UN IGLOO ALPINO. FARSI COCCOLARE IN UN GLAMPING O PREPARARE IL FORMAGGIO IN UNA MALGA. LE LOCATION PIÙ ORIGINALI PER UNA VACANZA INDIMENTICABILE di Peppe Iannicelli

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lberghi e b&b sono tornati a lavorare a pieno regime. Ma hanno recuperato fascino e quote di mercato anche le case vacanza. Non soltanto quelle convenzionali, che riproducono, al mare o in montagna, le identiche e rassicuranti caratteristiche degli appartamenti di città. Ora sono di grandissima moda le case speciali, dove trascorrere un soggiorno originale, di sicuro indimenticabile. L’Italia dei mille campanili, così diversa dal punto di vista geografico e climatico, offre una varietà d’offerta sensazionale. TRA BAITE E MALGHE Pareti di legno, basamento in muratura, tetto in lastre naturali o scorza d’albero. Le baite alpine sono sempre più ambite dai vacanzieri amanti della natura, dell’aria frizzante di montagna, dei panorami sulle vette perennemente innevate. In passato servivano per il deposito del raccolto o il ricovero provvisorio di animali, allevatori e contadini. Casette nelle quali si respira l’atmosfera magica delle avventure di Heidi tra i sentieri dell’Alpe. Qui il paesaggio è contraddistinto anche dalle malghe, con stalle e laboratori caseari annessi, che aprono le porte a chi, oltre alle soluzioni green, ama anche il buon formaggio e il burro d’alta quota. Ce ne sono centinaia attive in tutto l’arco alpino, dove sperimentare l’emozione della mungitura e della lavorazione del latte. Alzarsi all’alba,

provare a mungere le mucche, aiutare il casaro a preparare il formaggio e poi godersi la colazione con pane, burro e marmellata può far dimenticare ogni amarezza. NEL MISTERO DEI TRULLI Le caratteristiche case pugliesi a forma di cono appuntito sono Patrimonio mondiale dell’umanità dal 1996. Quelli di Alberobello, diventati un’attrazione turistica, sono capolavori di architettura rurale e fiscale. Venivano costruiti nelle campagne assolate come rifugi provvisori e dunque esenti dal pagamento delle tasse. Un abile sistema escogitato da contadini e allevatori per sfuggire alla prepotenza daziaria di avidi re e prepotenti signorotti locali. Il trullo sorgeva su una cisterna che consentiva la raccolta dell’acqua piovana, mentre le pareti spesse consentivano di mantenere all’interno una temperatura gradevole in tutte le stagioni. Caratteristica molto apprezzata da chi sceglie di soggiornare in un trullo durante i mesi più caldi. Spettacolari le decorazioni che adornano i pinnacoli, dall’importante significato simbolico e apotropaico: il gallo e il cane indicano che la casa è vigilata, le corna del bue tengono invece lontano il malocchio. DAMMUSI CONTRO IL VENTO Pantelleria (TP) è un’isola siciliana meravigliosa con aspre condizioni climatiche: sole rovente, vento intenso, pochissima acqua a disposizione. I contadini hanno domato queste dif79


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© bepsphotoe/Adobestock

ficoltà costruendo le loro case con il materiale lavico disponibile in abbondanza. Mura spesse fino a un metro e mezzo, cisterne per la raccolta di ogni preziosa goccia caduta dal cielo e, accanto all’abitazione principale, una costruzione circolare detta jardinu, nella quale frutteti e vigne potevano prosperare protetti anche dalle raffiche più impetuose. Vivere anche solo per qualche giorno in una di queste abitazioni, alcune delle quali trasformate in accoglienti resort di lusso, significa ritrovare un contatto quasi embrionale con la natura. I dammusi di Pantelleria sono molto richiesti dai turisti che amano inebriarsi del profumo sensuale del vino passito e del sapore inimitabile dei capperi e dei suoi frutti, i cucunci. LA MAGIA DEI FARI Costruzioni ardite su scogli e promontori a strapiombo, guide luminose

nelle notti tempestose. I fari hanno sempre avuto un’enorme potenza evocativa. Nei film e nei romanzi appaiono popolati da personaggi misteriosi e solitari. Nella realtà, alcuni sono diventati case e alberghi per le vacanze. La Marina militare infatti, tenuto conto dell’evoluzione tecnologica della navigazione, ne ha ceduto la proprietà o l’uso a soggetti privati. La struttura originale rimane intatta, talvolta il faro è addirittura ancora in funzione, ma la trasformazione interna è sorprendente. Come nel caso di Capo Spartivento (CA), che si erge spettacolare sulla costa sud-occidentale della Sardegna. Qui il servizio è a cinque stelle, un vero e proprio eremo di lusso a poca distanza da Cala Ferraglione e Cala Cipolla. Nell’isola toscana del Giglio, invece, soggiornando nel faro di Punta Fenaio si ammira uno dei tramonti più infuocati del mar Tirreno.

© © el lobo/Adobestock

Sopra un dammuso a Pantelleria (TP), sotto il faro di Capo Spartivento (CA)

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ESCHIMESI D’ITALIA Fin dalle scuole elementari, quando con foto e disegni le maestre accompagnavano la classe alla scoperta delle case nel mondo, i bambini hanno sempre provato un brivido al cospetto degli igloo. I blocchi di ghiaccio formavano un’incredibile capanna trasparente nella quale ognuno sognava di poter entrare almeno per un minuto. Oggi questo sogno può diventare realtà in resort e villaggi di ghiaccio, senza neppure dover raggiungere il Polo Nord a bordo di una slitta trainata da renne. Gli igloo del Rifugio bella vista (BZ), in Alto Adige, sono stati costruiti con tutte le comodità sul ghiacciaio del Giogo Alto, a tremila metri di quota. Si dorme su soffici pelli di pecora in sacchi a pelo caldissimi. La cena prevede quattro portate calde, la colazione è robusta. Non mancano vini e bevande per


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© Lux/Adobestock

Sopra una malga alpina, sotto un villaggio di ghiaccio

ammirare ancora meglio montagne e notti stellate. A Misurina (BL), vicino Cortina d’Ampezzo, l’Accademia alpina ha allestito il Dolomiti igloo village. Siamo a circa 1.800 metri d’altezza, una quota ideale per passeggiare con le ciaspole, pattinare sul lago ghiacciato e gustare spuntini a base di carne affumicata. COME IL BARONE RAMPANTE Il nobile protagonista del romanzo di Italo Calvino decise di arrampicarsi su un albero e non scendere mai più. Chi sceglie di vivere una vacanza a qualche metro da terra, su una moderna casa sull’albero, potrebbe esser indotto nella stessa tentazione. L’Aroma(n)tica treehouse nel Monferrato (AL), in Piemonte, è proprio una bella tentazione. Rispetto all’albero del barone calviniano, questa suggestiva abitazione è dotata di piscina, solarium e romantica camera da letto. Tra le Alpi Friulane, la Malga Priu (UD)

ha arricchito il proprio agriturismo con due treehouse a forma di pigna, uno splendido esempio di turismo ecosostenibile ideato dall’architetto Claudio Beltrame e realizzato da DomusGaia. La casa è accarezzata dalle fronde degli alberi e alimentata con energie rinnovabili. La camera da letto ha un oblò panoramico per ammirare il cielo restando sotto le coperte. L’Hotel Hohenwart a Scena (BZ), in Val Venosta, offre addirittura ai suoi ospiti più temerari la possibilità di dormire all’aperto su un letto ai margini del bosco. IN GLAMPING O NELLE BUBBLE In Campania, ma non solo, dilaga la moda del glamping: soggiornare immersi nella natura senza rinunciare alle comodità di un’abitazione moderna. A nord di Napoli sono due le mete preferite dagli amanti di questo nuovo stile di vacanza: il Nabi resort glamping spa e l’Ecoparco del Mediterraneo, entrambi a Castel Volturno

nell’oasi dei Laghi Nabi. Le abitazioni, specialmente quelle a bordo lago, si confondono con la vegetazione consentendo una rigenerante esperienza di benessere tra escursioni in piroga, gite in bicicletta e birdwatching. Le casette di legno nell’agriturismo Isca delle Donne, vicino Palinuro (SA), permettono alle famiglie con bambini di vivere come veri contadini del secolo scorso attraverso i percorsi della fattoria didattica, imparando a fare il latte, l’orto, il pane e la vendemmia. A Satriano di Lucania (PZ), invece, all’interno di un querceto, è fiorito l’Atmosfera bubble glamping. Gli ospiti hanno a disposizione tre bolle trasparenti nelle quali trascorrere il tempo come in un acquario, ammirando il cambiamento della luce durante il giorno e le stelle cadenti di notte. La privacy è garantita dalle fronde e, alla fine del soggiorno, per ogni turista viene piantato un alberello. 81


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LA NATURA IN UN RESORT IL SOLE IN ME DI MARINA DI OSTUNI ESPRIME, CON STILE ED ELEGANZA, L’ENERGIA DEI QUATTRO ELEMENTI: ACQUA, FUOCO, TERRA E ARIA. DOMINANDO IL MARE DALLA COSTA MERLATA PUGLIESE di Andrea Radic Andrea_Radic

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andrearadic2019

entitré stanze e suite sugli scogli, impreziosite dalla scelta di colori neutri, dai riflessi delle ceramiche di Grottaglie (TA) e dagli acciai lucidi degli arredi. Una terrazza dove gustare la cucina gourmet con il mare intorno, come su

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una nave. Due spiagge ai lati e scogli al centro. Qui il servizio è di alto livello: si viene coccolati da personale professionale cui non manca mai un sorriso e un tocco di classe. Siamo in Puglia, a Marina di Ostuni (BR), luogo ideale dove tornare a vivere la grande ospitalità italiana, fatta di piccoli, grandi dettagli. Tutto ciò è possibile al Sole In Me Resort, boutique hotel adagiato su una scogliera che domina il mare, uno dei merli di questa bellissima costa pugliese. «Siamo in una delle regioni più belle al mondo, una meta turistica che suscita molto interesse. E siamo ripartiti molto bene, la gente ha voglia di vivere al meglio un momento di relax e di vacanza», afferma Michele Carriero, amministratore della società proprietaria del resort. «Il Sole In Me si trova alle porte della splendida Valle d’Itria, ricca di un’offerta che spazia dalle eccellenze enogastronomiche alla cultura del territorio, dall’arte alla storia fino alle riserve naturali».

Capitolo ben scritto quello gourmet, che al Sole In Me è affidato al talento del giovane chef Giuseppe De Lucia. «Una rivisitazione in chiave innovativa della tradizione pugliese, da provare sia nel ristorante Agua sia ai tavoli sulla terrazza circondata dal mare», aggiunge il direttore Alfonso D’Amico. «La nostra è un’area che sta attraendo investimenti da parte di importanti gruppi alberghieri internazionali, come Four Seasons e Lvmh», conclude. La filosofia dell’accoglienza, qui, è creare le condizioni per vivere momenti felici ispirandosi ai quattro elementi naturali. L’acqua del mare di Ostuni, che circonda il resort. Il fuoco, che rende accoglienti le aree comuni con camini a fiamma perpetua. La terra, rappresentata dallo scoglio su cui sorge la struttura, e l’aria, la caratteristica brezza pugliese. A impreziosire il resort anche una spa e una collezione d’arte esposta nei diversi ambienti. soleinmeresort.com


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GENIUS LOCI di Peppone Calabrese PepponeCalabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]

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LA FESTA DELL’INCONTRO A CALITRI CON VINICIO CAPOSSELA, ASPETTANDO LO SPONZ. L'EVENTO IDEATO DALL'ARTISTA, DAL 25 AL 29 AGOSTO, RIUNISCE UNA COMUNITÀ IN NOME DI UNA VITA PIÙ LENTA E A MISURA D’UOMO

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ita fuori porta a Monticchio, in provincia di Potenza. Dopo aver fatto colazione sul lago piccolo – sono due i laghi vulcanici nelle viscere del monte Vulture – il gestore del bar mi informa della possibilità di arrivare a Calitri, in provincia di Avellino, grazie a un treno storico in uso in alcune occasioni e perfetto per lo Sponz fest, l'evento nato per far rivivere questa antica tratta che faceva da ponte tra due regioni limitrofe, Campania e Basilicata. L’idea del ponte mi affascina, la possibilità di crescere grazie alla conoscenza dell’altro è un valore che va coltivato in ogni forma ed è per questo che decido di andare a Calitri. Il viaggio in treno è una continua scoperta dell’incontenibile fantasia del-

Sponz fest 2014

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la natura e di quanti nuovi orizzonti si possono conoscere, soprattutto quando il viaggio è lento e consapevole. Non un trasferimento, ma un modo nuovo per riconoscere se stessi nel creato. Il colore verde la fa da padrone e ti accorgi di quanto è bello ritrovarsi felici per lo stupore di riuscire a individuare tantissime altre tonalità di un solo colore. Immagino i profumi, ho voglia di scendere dal treno e tuffarmi nella natura. La stazione di Calitri mi sta aspettando, ma prima ho un appuntamento importante allo scalo di Conza-Andretta-Cairano, luogo meraviglioso ai piedi del promontorio di Cairano, appunto. Per tutto il tempo immagino il suo in-

gresso in questa carrozza, cosa dirgli, come esordire. Sono emozionato. La prima volta che ho visto un concerto suo, a Siena, ero uno studente e già un suo fan, e poi ce ne sono stati tanti altri, una volta anche al Potenza folk festival, organizzato dall’associazione Portatori del santo di cui faccio parte. Sale sul treno, mi alzo per accoglierlo, sono emozionato, la salivazione è praticamente inesistente. Ha una camicia bianca, un gilet, pantaloni e cappello neri, mi sorride e dice: «Non sembra il monte del Purgatorio? Nell’anno dantesco si vedono geografie del Poeta in ogni selva, particolarmente nelle aree interne, dove la geografia si è sempre imposta sulla storia. La ferrovia in questi luoghi è stata la luce del pensiero e dell’azione. Basta rileggere le


Calitri (AV)

pagine di Giustino Fortunato dedicate all’Avellino-Rocchetta Sant'Antonio, un progetto eroico che faceva irrompere la storia nella geografia. Lo spopolamento ha segnato le aree interne. Le vecchie ferrovie, linee vitali di ferro e nerbo, sono andate estinguendosi. Ma la rivoluzione del trasporto, della comunicazione deve stare al passo dei nuovi compiti che la storia assegna alle aree interne, sempre più polmone salvifico del Paese». Lo guardo affascinato, ogni parola è accompagnata da un gesto, come fosse un direttore d’orchestra. Continua: «Per esempio, la realizzazione della bretella che collega l’interno al Tirreno, la Eboli-Contursi-Calitri. Immaginiamo tutto il trasporto merci e ortaggi che ora avviene solo su ruota per la angusta Ofantina, come si gioverebbe di una linea ferroviaria efficiente. La ferrovia non è mai finita fuori dalla storia ed è più che mai un mezzo dei tempi, ma il progresso tecnologico non può applicarsi solo all’Alta Velocità. Le linee interne possono essere la metropolitana a cielo aperto di quel Paese di paesi che è l’Italia. Anche per questo, nel 2014, realizzammo la prima edizione allargata di Sponz fest sulla ferrovia abbandonata, dedicandola al sogno del treno. Che da sempre è stato anche sogno di libertà, di frontiera. La ferrovia rinnova sempre il sogno di Prometeo.

Anche, e tanto più, a umana velocità». Il nostro viaggio prosegue lento, il mio orizzonte è il suo cappello nero, sono entusiasta di quanto Vinicio Capossela – è lui il mio compagno di viaggio – sia in contatto con questa comunità e con le sue radici più profonde. Arriviamo in paese e ci incamminiamo verso il centro, mentre l'artista mi parla della nuova edizione dello Sponz fest, prevista dal 25 al 29 agosto: «Sarà un più ampio dibattito per ripensare le aree interne in una visione verticale della geografia, che non distingue tra nord e sud ma tra spina dorsale e aree urbanizzate. Proporremo anche una riflessione su cosa davvero riteniamo importante in tempi di crisi, parola greca il cui intimo significato è “scelta”. Vogliamo coinvolgere altre aree del Paese, a sottolineare che il destino delle zone interne è comune a prescindere dalla latitudine». Ci fermiamo a gustare una meritata merenda a base di u cavzon, un panzerotto con pomodoro e mozzarella rigorosamente fritto, e gazzosa. Siamo ancora una volta seduti uno di fronte all’altro, capisco che deve andare via, non vorrei lasciarlo ma un artista puro come lui non va ingabbiato. Così, lo ringrazio per il tempo che mi ha dedicato e mentre se ne va gli do appuntamento allo Sponz. Si volta, mi sorride e continua la sua marcia. Resto ancora un poco al bar pen-

sando al mio ultimo Sponz, il festival culturale ideato da Vinicio che porta in paese migliaia di turisti, con spettacoli, musica e artisti da tutto il mondo. Tratta temi del territorio e delle aree interne, crea sinergie e promuove l'ecosostenibilità. In questi otto anni, ha riunito una specie di comunità mobile che si è data appuntamento nel nome dello stare insieme. L’incontro è affidato alle idee, alla musica, al ballo, al cammino, all’arte, alle performance e ai più diversi ambiti dell’espressione. La storia di Sponz fest, mi ha spiegato Vinicio, è quella di una comunità non geograficamente localizzata che ha cercato di farsi laboratorio di un’idea del mondo più vicina a quella che si vorrebbe. Non esattamente un festival, più invece una festa che ha per tema l’arte dell’incontro. Le aree interne vanno difese a partire dall’immaginario, perché se le perdiamo non abbiamo più un rifugio. La loro potenzialità è emersa per rafforzare il concetto della ricerca della felicità basata sempre più sulla prossimità e sullo stare insieme. Sui borghi e le sue botteghe artigiane come centro nevralgico dove si sviluppa affettività. Non ho mai perso un’edizione dello Sponz, appuntamento fisso per me e i miei amici. Siamo sempre stati affascinati dalla bellezza del messaggio che si vuole trasferire, dall’amore per la terra natia e dall’orizzonte lunghis85


© Michele Annechini

GENIUS LOCI

Sponz fest 2017

simo proiettato alla salvaguardia delle culture del mondo. I due temi cardine, come mi ha raccontato Vinicio, sono sempre stati il fest (la festa) e il locus (il paesaggio). Fest è un'alternativa alla “festivalizzazione” e alla spettacolarizzazione, che spesso si traduce in esclusività e nella concentrazione in aree circoscritte di eventi costruiti per intrattenere il pubblico con panem et circenses. Fest è sovvertimento dell’ordine, del tempo orizzontale della produzione. Una crepa nel tempo ordinato dell’utile. Partecipazione fisica in luoghi e modi non ordinari, evento come occasione di partecipazione diretta e non subita. Il locus diventa quindi diversificazione dei luoghi e attraver-

© Giuseppe Di Maio

Conza, Assalto al treno (2016)

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samento del paesaggio. Mi si avvicina una ragazza, si chiama Federica, vive a Milano ma è di Calitri. Capelli biondi, vestita alla milanese, sbarazzina, torna in paese appena le è possibile. Mi ha visto parlare con Vinicio, mi chiede se sono un artista, le rispondo dicendo che sono un frequentatore dello Sponz. Federica fa parte dell’organizzazione – sono tanti i ragazzi dell’associazione che collaborano alla festa – e mi parla della nuova edizione, dal titolo Sponz all’osso - Per un manifesto delle aree interne. Mi spiega orgogliosa che sarà speciale, inserita in un anno difficile ma proprio per questo più stimolante. La ringrazio per le preziose informazioni e mi dirigo in piazza della Re-

pubblica, il centro storico, fatto di vicoli e grotte di tufo per la stagionatura di formaggi, salumi e funghi. All’apice c’è Borgo Castello, ristrutturato dopo il terremoto del 1980, dove si svolgeva la vita della comunità. Immagino bambini giocare, donne chiacchierare sull’uscio di casa e panni stesi. All’interno del borgo, c’è il Museo della ceramica. Mi perdo nei vicoli e scorgo una nonnina che, con la seggiolina davanti alla porta di casa, sta preparando la pasta. Si chiama zi Maria, e sta facendo i cingul (cavatelli), mentre il profumo del ragù riempie la via e il mio olfatto. È l’ora di pranzo, la tappa in osteria è d’obbligo. Tris di primi, cannazze, cingul e gravaiuol (ravioli) al ragù con vrasciola. Lo Sponz fest mi aspetta anche quest’anno.


INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

Anche tra i commercialisti c’è la migliore Assistenza contabile, assistenza fiscale, consulenza aziendale, delocalizzazione: sono le specialità di Tina Gullì, premiata dalla rivista britannica Corporate LiveWire con il Prestige Award 2020/2021

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e Corporate LiveWire, la rivista britannica porate LiveWire hanno ammirato per aver specializzata in corporate finace, l’ha deficreato un servizio contabile che ha dimostranita “la migliore commercialista in Italia” to di avere a che fare con le finanze del suo premiandola - per di più all’unanimità cliente e utilizza una gamma di metodi altacon il Prestige Awards 2020/2021, un motivo c’è. O mente strategici ed efficaci per garantire loro meglio: ce ne sono più d’uno. Quello ufficiale recita stabilità e successo. Una di queste strategie è così: «Le sue conoscenze e abilità eccezionali quando l’internazionalizzazione degli investimenti, si tratta di aumentare le opportunità monetarie e le che diluisce la dipendenza di un’impresa da NELLA FOTO TINA GULLÌ partnership professionali dei suoi clienti, senza comun mercato unico, consentendole di rimanepromettere la loro sicurezza finanziaria, con una rire stabile attraverso periodi di instabilità del cerca seria, meditata, approfondita e ad ampio spettro». Quello mercato. ufficioso lo conoscono bene i suoi collaboratori e i suoi clienti. Corporate LiveWire l’ha definita “la migliore”, dunque. «La Che anche durante i lockdown più severi non si sono mai sentiti bellezza del mio lavoro consiste nello stare in mezzo alla gente, abbandonati. «Ho attraversato mille difficoltà, in special modo in aiutandola a risolvere tanti problemi», commenta Tina Gullì. questi ultimi tempi di pandemia, ma comunque ho continuato ad «Tanti hanno un’idea sbagliata della mia professione», proseoperare per la gente e tra la gente», conferma la dottoressa Tina gue Tina Gullì: «la ritengono quella che fa evadere le tasse o Gullì, che guida l’omonimo studio di Orbassano, in provincia di qualcuno che vive solo di numeri. Invece il mio lavoro consiste Torino. E aggiunge, convinta: «Quindi possiamo senz’altro dire nel consigliare per il meglio, far capire, per esempio, che esistoche la pandemia ha confermato il ruolo essenziale del commer- no benefici e finanziamenti ai quali si può ricorrere se si ha una cialista». piccola impresa. Ho studiato per aver il modo di aiutare i piccoli Assistenza contabile, assistenza fiscale, consulenza aziendale, negozi, i ristorantini, le micro imprese, per aiutarle a risolvere delocalizzazione: la consulenza è personalizzata, sia in sede che tanti problemi concreti. Togliere per quanto possibile l’angoscia online, garantita da un team di professionisti specializzati in cam- della burocrazia. Spiegarlo e farlo capire a chi da quelle cose è po fiscale, amministrativo e tributario. Lo studio è specializzato ancora mentalmente lontano. Spero che chi entri nel mio stunell’analisi del budget, nella redazione di bilanci, analisi dei costi dio, qualunque sia il suo problema, possa uscirne sereno, confinanziari, analisi degli investimenti e negli adempimenti civilisti- tento, e con la speranza di un domani migliore». ci fiscali e contabili delle varie poste a bilancio e nella determinazione del reddito d’impresa. Oltre alla contabilità e alla revisione contabile, lo studio può assistere nel trattamento dei dati, nella Studio Gullì consulenza aziendale e nella gestione delle paghe e contributi. via Alfieri, 2 Orbassano (To) «Lo studio mira ad aiutare i clienti in tutte le fasi del business a Tel. +39 011 9002776 raggiungere nuove vette attraverso le sue misure strategiche di tina.gulli@studiogulli.eu contabilità e gestione del denaro come per esempio la diversifi- segreteria.studiogulli@ragionieri.com cazione del rischio», sottolinea Tina Gullì. Che i giudici di Cor- www.commercialista-torino.com https://studio-gulli.com 87


SPORT

UNA FRECCIA PER TOKYO È IL PRIMO VELOCISTA ITALIANO A SCENDERE SOTTO I DIECI SECONDI, MIGLIORANDO IL RECORD DI PIETRO MENNEA. FILIPPO TORTU È PRONTO PER CORRERE I 100 METRI E LA STAFFETTA 4x100 ALLE OLIMPIADI di Flavio Scheggi Foto Sprint Academy

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uando corro è importante avere tutti i muscoli rilassati. La stessa cosa la provo quando viaggio sul Frecciarossa, perché riesco a riposarmi e a dormire durante tutto il viaggio». Filippo Tortu, il velocista azzurro che nel 2018 a Madrid, con un tempo di 9”99, è diventato il primo atleta italiano a scendere sotto i dieci secondi, paragona la sensazione che ha quando sale in treno a quella che prova correndo. Dopo 39 anni, è riuscito a migliora-

Si scrive Tokyo 2020, si legge 2021. Il più grande evento sportivo al mondo, a causa della pandemia, è stato posticipato di un anno, ma non rinominato. Finora le Olimpiadi non erano mai state rinviate, ma cancellate a causa delle due guerre mondiali. Venerdì 23 luglio, in Giappone, iniziano i Giochi olimpici, ridimensionati a causa del Covid-19, per concludersi l’8 agosto. Dopo 13 anni di assenza tornano baseball e softball, mentre i nuovi sport voluti dal Comitato olimpico internazionale sono karate, surf, arrampicata e skateboard. A seguire le Paralimpiadi, dal 24 agosto al 5 settembre. olympics.com/tokyo-2020

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re il record dell’indimenticato Pietro Mennea, quel 10”01 realizzato a Città del Messico. Ora l’atleta delle Fiamme Gialle, 23 anni, alto un metro e 87 per 77 chilogrammi, allenato dal papà Salvino, ex velocista, si sta preparando per le sue prime Olimpiadi. Il 2021, per lo sprinter azzurro, è partito in salita. Da gennaio a fine giugno si è cimentato tre volte nella disciplina più veloce dell’atletica, stabilendo dei tempi non all’altezza delle sue aspettative: 10”18 a Rieti il 22 maggio, 10”30 a Ginevra il 12 giugno, dove ha dichia-


personale di 9”77, e il canadese Andre De Grasse con 9”90, due atleti molto veloci. Marcell Jacobs, l’altro sprinter italiano sceso sotto i dieci secondi nei 100 metri, è un rivale o uno stimolo? È un concorrente in pista, ma gareggiare con lui è anche un grande stimolo. È bello averlo in squadra, siamo molto amici. Con Marcell ti viene voglia di dare di più anche in allenamento. A cosa pensi in quei dieci secondi della gara? A nulla. In quei momenti più pensi e più rallenti. Tutto dev’essere automatico. Devi aver provato le cose talmente tante volte che durante la competizione ogni gesto che fai viene

due finali, una nei 100 metri e l’altra nella staffetta maschile 4x100. Sarà molto dura, ma andiamo lì per quello. I tuoi avversari? Sono veramente tanti. Uno su tutti l’americano Trayvon Bromell, con un

spontaneo. Il Covid-19, purtroppo, ha ridimensionato questi Giochi. Saranno delle Olimpiadi sicuramente diverse dalle altre, con pochissimo pubblico, ma era comunque impor-

© Chiara Montesano

rato a un quotidiano sportivo: «Ho fatto schifo, ma risorgerò». Anche a Madrid, una settimana dopo, complice un vento non troppo favorevole, le cose non sono andate come avrebbe voluto perché il cronometro non è sceso sotto i 10”27. Ma è proprio quando si arriva a un evento non da favoriti che gli atleti azzurri riescono a dare il meglio di loro stessi, a riprendersi raggiungendo risultati inaspettati, ed è quello che auguriamo a Filippo, che ci ha raccontato come si sta preparando e quali sono le sue aspettative per questi Giochi. Filippo, ti sei dato un obiettivo da raggiungere? A Tokyo mi impegnerò per correre

tante disputarle. Anche tu sei stato vittima della pandemia. Sì, sono stato contagiato a inizio gennaio, anche se per fortuna non in maniera pesantissima. L’ho comunque accusato e infatti, a causa di questo virus, ho deciso di non preparami per i 200 metri. Quali gare seguirai oltre al tuo sport? Oltre all’atletica, mi piacciono il calcio e il basket. Spero che la Nazionale di pallacanestro si qualifichi per le Olimpiadi, avrà tutto il mio supporto. Seguirò anche Simona Quadarella per il nuoto e la ginnastica ritmica con le Farfalle azzurre. Il libro che metti in valigia? Muhammad Ali. Un uomo decisivo per uomini decisivi (Bur Rizzoli, pp. 362 € 13, ndr) di Elena Catozzi e Federico Buffa. Un modo per ripercorrere la vita e i successi sportivi di un grande atleta, alla vigilia di queste Olimpiadi. Sul tuo profilo instagram hai scritto: «Corro contro il tempo per battere me stesso». Cosa vuol dire? Nell’atletica la prima gara è con te stesso prima che con gli avversari. Il mio obiettivo principale è battere il mio miglior tempo. Mi piacerebbe chiudere la carriera con un personale nei 100 metri migliore di quello del mio idolo, il velocista francese Christophe Lemaitre (il primo atleta bianco a scendere sotto i dieci secondi nei 100 metri, ndr). Com’è iniziata la passione per questo sport? Grazie alla mia famiglia, mio padre e mio fratello praticavano atletica. Poi un giorno ho rivisto la gara di Livio Berruti, oro nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma del 1960, e da quel momento non ho avuto più dubbi. FS Italiane ha dedicato il primo Frecciarossa 1000 a Pietro Mennea, cosa ti evoca questo nome? Oltre a Livio Berruti, Mennea è stato il mio grande idolo da quando ero bambino. È sempre bello prendere il Frecciarossa 1000. Di solito lo uso per andare a Roma e da lì proseguo per il Centro di preparazione olimpica di Formia dove mi alleno, lo stesso dove si preparava Pietro. tortufil 89


SPORT

L’ARTISTA DELLA TAVOLA DISEGNA ACROBAZIE IN ARIA CON I SUOI SALTI. ALESSANDRO MAZZARA, SKATER ROMANO 17ENNE, PORTA ALLE OLIMPIADI PER LA PRIMA VOLTA UNA DISCIPLINA NATA SULLA STRADA di Flavio Scheggi

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ul mio profilo instagram, sotto il nome, avevo specificato la professione “sportivo”. Poi l’ho cambiata con “artista” perché quello che fai con lo skate lo scegli tu. Con i tuoi salti, sei come un pittore che disegna acrobazie in aria». A parlare è Alessandro Mazzara, giovanissimo skater romano, chioma ispida e bionda, sguardo furbo, mani e piedi che vanno velocissimi. Nato nel 2004 a Erice, in provincia di Trapani, ha iniziato a praticare questa disciplina all’età di sette anni, nello skatepark di Cinecittà, a Roma, dove vive. Da quel momento non si è più fermato e tra poco più di un mese, a soli 17 anni, partirà per la sua prima Olimpiade. Lo skateboard, nato sulla strada, è stato infatti selezionato per

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la prima volta come disciplina olimpica. Durante la nostra chiacchierata telefonica, Mazzara è rimasto sempre sullo skate: «Vivo 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana attaccato alla mia tavola. È come se fosse la mia ragazza, è sempre con me». Sei tra i primi atleti di questa disciplina a partecipare alle Olimpiadi. Per molti ragazzi che considerano lo skate non uno sport ma uno stile di vita, questa scelta non è vista benissimo. Per altri, me compreso, è una grande opportunità che consente di avere visibilità a livello mondiale. In America questa disciplina è molto praticata, come il calcio da noi, ma in tanti altri Paesi le strutture scarseggiano. Dopo le Olimpiadi, ci aspettiamo che le istituzioni costruiscano

nuovi skatepark dove allenarsi. Cosa si prova a poche settimane dalla partenza per il Giappone? Inizierò a sentire la pressione la notte prima della gara. In questo momento penso solo ad allenarmi e a fare del mio meglio prima di arrivare a Tokyo. Se ti sei preparato bene non hai niente di cui preoccuparti. I tuoi avversari? In gara ci sono i 20 migliori al mondo, quindi tutti da tenere d’occhio, ma anche loro temeranno me. Ognuno di noi cercherà di dare il meglio per conquistare la medaglia olimpica. Sarà una competizione sana, siamo tutti amici. Cosa temono di te? Essendo nato in Italia, non avendo le strutture degli americani, ho molti


© Piero Capannini/Red Bull Content Pool

punti deboli rispetto alla maggioranza di questi atleti. Nonostante questo, sono riuscito ad arrivare al loro livello. Quindi dovremmo chiederlo a loro cosa temono (ride, ndr). Saranno dei Giochi diversi, ridimensionati per il Covid-19. Come vivi questa situazione? Purtroppo sì, ma resteranno ugualmente le mie prime Olimpiadi. Non potremo uscire dall’hotel, vivremo in una bolla. Ogni nazione porterà il proprio cuoco, spero però che i Giapponesi ci preparino il loro sushi, che amo, mentre noi cucineremo la pasta. Come si svolgono le vostre gare? Saremo giudicati da cinque persone che in passato hanno praticato lo skate. Ci saranno qualifiche, semi-

finali e finali. Abbiamo 45 secondi di tempo per presentare la nostra esibizione. Ognuno, con i propri salti e le acrobazie, proverà a prendere il punteggio più alto. Ovviamente è vietato cadere, se lo fai sei fuori. Possiamo definirlo lo sport della libertà? Certo. Ti permette di esprimerti come vuoi, nessuno ti dice quello che devi fare. Di solito non abbiamo coach che ci impongono tabelle o prove da seguire. L’allenamento è prendere la tavola la mattina e usarla da solo o con gli amici. Lo skate è anche una metafora della vita: si cade e poi ci si rialza. Quando sei sulla tavola non pensi che puoi farti male, sei concentrato sulle emozioni che provi. Skateare ti

dà la possibilità di conoscere nuovi amici, viaggiare, stare all’aria aperta. Seguirai anche altre gare a Tokyo? Io non ho mai visto un’Olimpiade in vita mia: durante quelle di Rio, nel 2016, avevo 12 anni. Seguirò sicuramente il surf, un’altra disciplina che arriva ai Giochi per la prima volta. Peccato perché doveva esserci Leonardo Fioravanti, ma non è riuscito a qualificarsi. Cosa metterai in valigia per questo lungo viaggio? Le mie tavole e i pezzi dello skate, ma devo capire come ci si potrà vestire in gara prima di preparare i bagagli. Sicuramente metterò in valigia tanta grinta. alemazzara 91


SPORT

APPESA A UN FILO

DANZARE NEL VUOTO PER RAGGIUNGERE LA CIMA. LAURA ROGORA HA COMINCIATO A SCALARE QUANDO AVEVA CINQUE ANNI. E ORA È PRONTA PER LE OLIMPIADI DI TOKYO di Flavio Scheggi

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© Marco Iacono

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ivere puntando verso l’alto. Danzando nel vuoto per raggiungere la cima di una parete. Può capitare di nascere e crescere a Roma e amare la roccia. Di

provare l’arrampicata sportiva da piccola e innamorarsene. Fino a essere inserita tra le 20 atlete che gareggeranno alle Olimpiadi di Tokyo, in questa disciplina ammessa per la prima volta ai Giochi. È la storia di Laura Rogora, ventenne romana, 151 centimetri di altezza per 40 chilogrammi. Ha iniziato a scalare all’età di cinque anni: una passione ereditata dai genitori, con i quali ha compiuto le prime avventure in parete. E non si è più fermata. Lo scorso anno è arrivato il primo oro con la vittoria della Coppa del Mondo a Briançon, in Francia. Inoltre, è stata la seconda donna al mondo ad aver scalato nella falesia di Rodellar, in Spagna, una via di grado 9b, la massima difficoltà a livello femminile. Abbiamo incontrato la giovane atleta delle Fiamme Oro poche settimane prima della partenza per il Giappone. Cosa si prova di fronte alla prima Olimpiade? Non vedo l’ora di partire. A causa del Covid-19, l’attesa si è allungata di un anno: avremmo dovuto gareggiare 12 mesi fa. La voglia di mettersi in gioco è ancora più forte, ma con l’avvicinarsi dell’evento sta arrivando anche un po’ di ansia. È la prima volta che partecipo a una competizione così importante. Come ti stai allenando? In queste settimane sono impegnata nelle gare di Coppa del Mondo Lead, la specialità dove vado meglio: sono quattro tappe in Europa. Poi avrò due settimane di stop per recuperare e partire per la Olimpiadi. Le prove di arrampicata sono dal 4 al 7 agosto, e si svolgeranno in palestra. Ci spieghi meglio la differenza tra Lead, Boulder e Speed? Il Lead è l’arrampicata classica con la corda, su pareti alte tra i 15 e i 25 metri, con un percorso da seguire. Il Boulder si fa su strutture più basse, blocchi alti fino a quattro metri da scalare senza corde con alcuni materassi sul pavimento come protezione, ci sono diversi percorsi e vince chi ne fa di più. Lo Speed è la scalata di una parete di 15 metri da portare a termine nel minor tempo possibile. Come saranno assegnate le medaglie? Ogni atleta si cimenterà nelle tre di-

scipline e sarà assegnata una sola medaglia a chi avrà raggiunto il miglior risultato complessivo. I tuoi punti di forza? Presentarmi ai Giochi non da favorita, forse. Tutto quello che arriverà sarà qualcosa in più. Con questo spirito gareggerò senza pressioni, con la voglia di fare bene e di godermi il momento. Cosa ha consentito all’arrampicata sportiva di essere ammessa tra gli sport olimpici? Negli ultimi anni sono aumentate le palestre dove poterla praticare. E grazie alla promozione della Federazione arrampicata sportiva italiana è cresciuto il numero delle persone che hanno iniziato ad appassionarsi a questo sport. Cosa diresti a un giovane per invogliarlo a provarci? È una disciplina che ti porta a trascorrere delle belle giornate in mezzo alla natura con gli amici. Quando sei sulla roccia non sei mai da solo, si va in gruppo, è molto divertente. Non hai paura? All’inizio è normale, ce l’hanno tutti, ma con il tempo ti accorgi che le arrampicate sono in massima sicurezza e la paura scompare. Anzi, una volta a terra non vedi l’ora di tornare in parete. Cos’è per te l’arrampicata? Qualcosa che va oltre la disciplina sportiva. Potrei dire che è uno stile di vita, perché gli amici che frequento nel tempo libero sono tutti arrampicatori. Sei stata la seconda donna al mondo a scalare una parete di grado 9b, cosa vuol dire? Le pareti sono catalogate in base alla loro difficoltà, con un valore che va dall’1a fino al 9c per gli uomini e al 9b per le donne. Il livello di difficoltà aumenta in base a una serie di parametri, come la tipologia delle prese, la loro distanza e l’inclinazione della parete. La 9b è stata un’impresa che mi ha dato grande gioia e visibilità. Vivi tra Roma e Trento, ti capita di spostarti in treno? Sì, uso spesso le Frecce perché in quattro ore dalla Capitale raggiungo il Trentino. È il modo più comodo e rilassante per viaggiare. laura.rogora

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INCLUSION

UN TRENO SPECIALE NELL’EX SCALO MERCI DELLA STAZIONE DI VILLAROSA, IN PROVINCIA DI ENNA, UN CONVOGLIO DEL 1943 È DIVENTATO UN MUSEO ETNO-ANTROPOLOGICO. CON OLTRE 950MILA VISITATORI IN 25 ANNI DI ATTIVITÀ di Fabiola Zanetti I nove vagoni del Treno museo nella stazione di Villarosa (EN)

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n un piccolo centro della provincia di Enna, nel cuore della Sicilia, c’è una realtà culturale unica nel suo genere che non ha eguali in Europa. È il Treno museo dell’arte mineraria, civiltà contadina, ferroviaria e dell’emigrazione: un’esposizione etno-antropologica allestita all’interno di vagoni appositamente riadattati e situati nell’ex scalo merci della stazione di Villarosa di Rete Ferroviaria Italiana (RFI). A occuparsi dello speciale convoglio, inaugurato l’8 dicembre 1995, è l’associazione culturale Amici del Treno museo di Villarosa - Amare Villapriolo, che tre anni fa ha ottenuto gli spazi in comodato d’uso gratuito da RFI. Ma non è tutto. L’8 dicembre 2002 vengo-

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no aperte al pubblico anche le Case museo di Villapriolo: a due passi da Villarosa, le antiche abitazioni di emigrati sono state trasformate in veri e propri allestimenti museali. «In 25 anni di attività abbiamo avuto oltre 950mila visitatori, la maggior parte arrivati qui in treno», ci racconta Primo David, presidente dell’organizzazione ed ex ferroviere in pensione. «Ad accogliere i viaggiatori in stazione c’è una fontana con acqua zampillante, musica di sottofondo, il sorriso e l’accoglienza del personale in servizio. Per pulizia, ordine e decoro, è il fiore all’occhiello della linea ferroviaria Catania-Palermo. Inoltre, da quando Villarosa è stata inserita nel Rocca di Cerere Unesco Global Geopark sono

aumentati i turisti provenienti dall’estero, soprattutto austriaci, tedeschi e francesi». Situato su un altopiano di gesso e zolfo nell’Ennese, con numerose cime di arenaria, Rocca di Cerere è tra gli 11 Geoparchi mondiali in Italia riconosciuti dall’Unesco. Il nome deriva dall’antica consacrazione del territorio alla divinità Cerere e riflette la stretta relazione tra la mitologia, la terra e l’uomo. Il suo confine è determinato dai nove comuni di Aidone, Assoro, Calascibetta, Enna, Leonforte, Nissoria, Piazza Armerina, Valguarnera e Villarosa. L’area comprende la Villa Romana del Casale, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, la polis di Morgantina, uno dei più


importanti siti archeologici del Mediterraneo e il Parco minerario Floristella-Grottacalda, per l’archeologia industriale tra i luoghi più significativi del sud Italia. L’insieme offre un paesaggio ricco di suggestioni. «La Sicilia è una terra baciata dagli dei e Villarosa ha una grande storia alle spalle che abbiamo voluto riproporre al presente, creando così un polo attrattore», ci dice pieno di orgoglio David che si è personalmente occupato di recuperare e restaurare nove carri merci utilizzati nel 1943 per trasportare gli ebrei da Roma a Trieste, alla risiera di San Sabba, durante la Seconda guerra mondiale. «Questo treno è dedicato a un grande eroe, Giovanni Palatucci: giovane funzionario di polizia che grazie al suo acume riuscì a

salvare tremila perseguitati dalla deportazione». L’interno del convoglio è una fabbrica di emozioni: i vagoni sono stati adibiti a stanze espositive dove preziosi cimeli permettono di rivivere un percorso nella memoria siciliana. Attrezzi e strumenti di lavoro usati nei campi e nelle solfatare mostrano la civiltà contadina e mineraria della zona; in un’apposita sezione, lettere e rare fotografie raccontano le difficoltà dell’emigrazione mentre, in un’altra, un telegrafo, delle lanterne e vari oggetti omaggiano il mondo ferroviario. Il museo ospita inoltre una minuziosa raccolta di utensili che erano di uso quotidiano nelle case del luogo: numerosi manufatti, stufe, letti in lamiera, mobili d’epoca ma anche arreLa stazione ferroviaria di Villarosa

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INCLUSION

di appartenuti alle famiglie baronali. Tutti reperti risalenti ai primi del ’900 sapientemente collocati per far rivivere antiche atmosfere e tempi lontani, fruibili nel dettaglio grazie alla catalogazione della soprintendenza dei Beni culturali di Enna. La visita si conclude nel vagone adibito a sala video, dove vengono proiettati filmati storici e dei giorni nostri. Da qui, una navetta porta a Villapriolo, caratteristico borgo di circa 600 abitanti distante sette chilometri da Villarosa. Le abitazioni sono state trasformate in case museo che consentono di conoscere e ammirare le origini e le tradizioni siciliane. Si può scoprire la bottega del ciabattino, poco sopra quella dello zolfataio – l’operaio delle miniere locali – e, di fronte, quella dell’emigrante che negli anni ’60 partì per gli Stati Uniti. Ma anche la tipica abitazione del contadino e quella del lavoratore giornaliero dei campi, il baglio del grano che custodisce un forno a pietra e una trebbia del 1937 con ruote in ferro, freni e balestre in legno. E ancora, una stalla originale con le attrezzature del tempo, il ba-

Targa di intitolazione del Treno museo a Giovanni Palatucci

glio del casaro per la lavorazione del latte e dei formaggi, gli antichi lavatoi e, infine, all’interno di un granaio di fine ’800, la Passione di Gesù Cristo in miniatura. Impegnata da sempre nella valorizzazione del territorio, l’associazione si è fatta promotrice anche di diverse iniziative di solidarietà sociale prima

dell’avvento del Covid-19, come ci spiega David: «Abbiamo offerto un viaggio in treno ai ragazzi malati oncologici dei paesi limitrofi. A bordo di un convoglio regionale, siamo prima arrivati a Noto e poi abbiamo proseguito per Donnafugata, antico feudo nel Ragusano. Condividere il pranzo e far visita al castello ci ha regalato una meravigliosa giornata». Nel 2020, inoltre, il Treno museo si è trasformato in un impeccabile set cinematografico dove girare Il treno dei desideri, un corto realizzato dalla Comunità terapeutica assistita La rinascita di Villarosa, in occasione del primo Concorso nazionale di cortometraggi Menti in corti, progetto che ha coinvolto diverse strutture di riabilitazione psichiatrica. «Da quest’estate riprenderemo gradualmente le nostre attività sperando per il meglio. Una cosa è certa: organizzeremo una serata, inviteremo tutte le altre associazioni a raggiungere Villarosa in treno e proietteremo questo filmato. Sono persone a cui dobbiamo dare il nostro sostegno perché hanno realizzato una cosa bellissima», conclude David. Questa stazione fa riscoprire il gusto delle cose semplici come il lavoro, la famiglia e la fratellanza. Lasciandosi trasportare in un viaggio nel tempo e nella cultura. trenomuseovillarosa.com trenomuseovillarosa

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INCLUSION

I COLORI DI TUTTI

R-Esisto stazione di Lecce © Fabio Serino

TRASFORMARE LE STAZIONI FERROVIARIE IN SPAZI D’ARTE, CONDIVISI E APERTI ALLA RIFLESSIONE. LA LIBERTÀ ESPRESSIVA DEI MURALES. PER DARE VOCE A CHI NON NE HA di Francesco Bovio

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rte fatta di passaggi, incontri, contaminazioni. È la street art, manifesto di una libertà espressiva che, pur non accettando le forme di condivisione proprie dei circuiti tradizionali, mira a raggiungere un numero ampio di destinatari. È un viaggio nei colori dell’Italia dei

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murales quello tra le opere che hanno saputo trasformare anche stazioni, depositi di locomotive e scali ferroviari in spazi di espressione artistica condivisi, inclusivi, aperti agli sguardi e agli interrogativi delle comunità urbane. Dalle figure danzanti di Keith Haring

nella metropolitana di New York alle poetiche provocazioni del misterioso Banksy, la street art non ha mai rinunciato alla sua componente di sottile, ironica denuncia. Diventando, nelle caotiche e distratte società moderne, la voce di quanti non hanno voce. Ne è un esempio il mosaico R-Esisto,


Mille papaveri rossi, stazione di San Giovanni in Persiceto (BO) © Alicè

lungo il muro che costeggia la stazione ferroviaria di Lecce. Realizzato da giovani provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, ospiti del progetto Minori stranieri non accompagnati (Msna) di Patù gestito dall’Arci di Lecce, ha dato spazio a quanti ogni giorno sono costretti ad abbandonare la propria terra per cercare una possibilità di riscatto e di sopravvivenza. A coordinare i coraggiosi autori, l’artista e mosaicista Donatella Nicolardi. Un omaggio alle donne e al ruolo insostituibile da loro svolto durante il periodo della Resistenza è invece il significato del murale che colora la stazione di San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna. L’opera è di Alice Pasquini, in arte Alicè, artista poliedrica che ha esposto i suoi lavori anche al Macro di Roma e alla Saatchi Gallery di Londra. Si intitola Mille papaveri rossi e racconta per immagini dalla staffetta in bicicletta alla bracciante agricola, icona degli scioperi nei campi delle mondine, fino all’operaia in tuta da lavoro, simbolo dei sabotaggi nelle fabbriche per rallentare

la produzione dell’industria bellica. Il dipinto, inaugurato lo scorso 2 giugno, è un progetto del Comune di Persiceto in collaborazione con l’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) e il sostegno di Coop Alleanza 3.0. Ma inclusione vuol dire anche sostenibilità ambientale, perché il pianeta sia sempre più una risorsa tutelata e preservata dall’ossessione del consumo. Sempre attuale è l’allarme lanciato dall’artista Millo con il suo murale The world is sick. L’opera, nella stazione ferroviaria di Avellino, fa parte del progetto Bo.Ca. dell’associazione PianoB. Palazzi altissimi, facce stilizzate e un termometro gigante conficcato nella terra, che misura una temperatura a dir poco preoccupante. Un chiaro invito a puntare sulla sostenibilità e un monito contro l’inquinamento e il riscaldamento globale. Una presa di coscienza necessaria per un bene che è di tutti e, come tale, va protetto. A Sacile (PN), in Friuli-Venezia Giulia, il magazzino merci della stazione è diventato invece un fondale scenico ispirato alla natura e alle bellezze

del territorio. Undernet, esteso per 160 metri quadrati, è opera degli artisti dell’associazione Macross. Un volo di uccelli e una distesa di colline adorna di case ricordano come la promessa di felicità del nostro futuro si fondi sull’equilibrio tra le persone e l’ambiente.

Undernet, stazione di Sacile (PN) © Macross

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ARTE

AFFACCIO SUL CONTEMPORANEO DALLA COLLEZIONE DELLA FONDAZIONE BISCOZZI RIMBAUD AI PROGETTI SITE SPECIFIC DELL’ASSOCIAZIONE CIJARU. TRA LECCE E OTRANTO, SUL FILO DELLA RICERCA E DELLA SPERIMENTAZIONE CREATIVA di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com

© Dario Borruto

La terrazza della Fondazione Biscozzi Rimbaud con affaccio sulla chiesa delle Alcantarine, Lecce

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orse la sede se la sono scelta a loro immagine e somiglianza: un blocco compatto in pietra bianca di un edificio storico, raffinato ma discreto, che al tramonto si accende di sfumature rosa, come se arrossisse di fronte a un complimento inatteso. Non ricordo di aver mai visto Lecce più luminosa. Il taxi mi lascia a poche decine di metri da Porta Napoli, nella piazzetta su cui si affaccia la settecentesca chiesa delle Alcantarine, una delle più belle della città benché non tra le più note. Mi trovo davanti a un edificio disposto su due piani, dai

volumi irregolari, una specie di cubo di Rubik dell’anima. Eppure, mi basta varcare l’ingresso della Fondazione Biscozzi Rimbaud per ritrovarmi in un ambiente familiare, riscaldato dal tepore di ricordi passati e da quel senso di leggerezza che Italo Calvino ha saputo descrivere in maniera impareggiabile. A uno dei tavoli della biblioteca mi attende la signora Dominique Biscozzi Rimbaud, in un impeccabile tailleur verde che abbraccia allo stesso tempo eleganza e semplicità. Le stesse qualità con cui la mia ospite mi introduce alla collezione d’arte esposta. Insieme a lei attraverso le sale a volta di differenti dimensioni e i locali più piccoli. Alle pareti è tutto un susseguirsi di grandi pittori e scultori italiani e internazionali del ‘900: da Arturo Martini a Josef Albers, da Alberto Magnelli ad André Masson. «Con mio marito Luigi Biscozzi, ho condiviso la creazione e la crescita di questa raccolta, un viaggio appassionato di quasi 40 anni di ricerca che si è interrotto il 12 settembre 2018, quando lui ci ha lasciati». Mi è subito evidente che non è quella dell’arte l’unica storia raccontata dai dipinti e dalle sculture che ho davanti a me. C’è molto di più. Le pareti racchiudono più epoche e

Dominique Biscozzi Rim

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aneddoti che, a loro volta, si sovrappongono alla storia di Luigi e Dominique, di vita e d’arte, senza soluzione di continuità. Mi trovo a osservare intensamente le meravigliose Dalie dipinte da Filippo de Pisis nel 1931. È, probabilmente, uno dei suoi capolavori. «Questa è l’ultima opera che abbiamo acquistato», mi spiega Dominique. Mentre mi perdo in quel passionario turbinio di segni ottenuti dal celebre artista ferrarese con pennellate veloci e brevi, mi capita di rileggere le parole di Luigi Biscozzi pubblicate postume nel catalogo della collezione: «Questa raccolta di opere è nata, come spesso accade nella nostra vita, da un’intrusione del caso. Tutto è cominciato con una litografia di Renzo Vespignani e una di Ugo Attardi, acquistate nel 1969 da un venditore di libri porta a porta, un po’ balbuziente. Il caso, dunque, mi portò questo venditore a casa. Ma credo che la mia curiosità – è sempre il caso? – vada retrodatata nell’infanzia». Già, quell’infanzia vissuta a Salice Salentino (LE), dove era nato nel 1934, con gli studi ultimati a Lecce, per poi trasferirsi nel capoluogo lombardo e iscriversi alla Bocconi. E da lì una carriera sfolgorante nella consulenza fiscale. Ma sempre con un debito di riconoscenza verso la sua città di origine: «Mi ha dato la bellezza», ha scritto prima di morire, «e una base scolastica che mi ha consentito di proseguire gli studi a Milano. Desidero restituire il mio debito a Lecce e al Salento». Ecco così spiegata l’istituzione della Fondazione qui in Puglia, con quella collezione d’arte che sto imparando a conoscere. Ancora una storia d’amore, questa volta verso la terra natia, le proprie origini. Giungo in una saletta al piano terra, dove si svolgono le mostre temporanee. Mi ritrovo circondato da una preziosa e rara retrospettiva dedicata ad Angelo Savelli, il cosiddetto “artista del bianco”. Dominique si sofferma su un piccolissimo disegno della fine degli anni ‘40. È il ritratto di una donna assorta nei suoi pensieri: «Me lo regalò un nostro caro amico di Roma, Corrado. Lo tirò fuori da una cassa colma di vecchie calze di lana. Mi disse che mi somigliava, dovevo quindi averlo io». Mentre 101


ARTE

ascolto queste parole penso a Dominique, alla sua infanzia in Provenza, a Ménerbes, mentre gioca tra vigne e frutteti profumati con quella palla che finisce spesso nel giardino di una signora, Dora Maar, l’artista e musa di Pablo Picasso. E sempre la volontà del caso, complice ancora una volta l’arte, la fa incontrare nel 1970 a Parigi con Biscozzi. Gli parlò con toni entusiasti di Pierre Alechinsky del gruppo Cobra, di cui aveva appena visto una mostra. Insieme visitarono la Biennale del 1972, dove tra l’altro c’erano bellissime opere di Alechinsky. Il resto oggi è storia in questo scrigno inatteso dell’arte del ’900, in piazzetta Giorgio Baglivi. Saluto Dominique con un arrivederci. Non può essere diversamente. Il mio viaggio salentino prosegue. Sono ancora a Lecce. Faccio tappa nel quartiere popolare Ina-Casa, non segnalato dagli itinerari turistici tradizionali. Eppure qui è in corso uno straordinario progetto d’arte contemporanea che coinvolge tutte le palazzine e gli abitanti del circondario. L’epicentro è Studioconcreto, fondato nel 2018 dall’artista Luca Coclite e dalla curatrice Laura Perrone: un luogo che misura poco più di 20 metri quadrati, al piano terra di una palazzina Ina-Casa del 1953. Un’entrata indipendente lo collega a una delle strade principali del piccolo agglomerato di case popolari. Va detto che questi 20 metri quadrati sono quelli dell’ex soggiorno della casa di Luca e Laura, adibito ora a spazio progettuale ed espositivo.

Collezione Biscozzi Rimbaud, da sinistra due opere di Umberto Milani e due di Pietro Consagra

Fino al 22 agosto in mostra c’è Diving into poetry del duo Calori & Maillard. La loro casa è quindi attraversata da una sottile linea di confine tra spazio privato e spazio pubblico condiviso, con l’obiettivo di ristabilire un processo di creazione di comunità mediante sviluppi dialogici, mostre dinamiche, azioni di pedagogia radicale e live performance capaci di conciliare l’arte con la vita quotidiana. Non lontano da Lecce, un’altra abitazione è, allo stesso tempo, centro di sperimentazione e formazione artistica. Si tratta di un’antica magione di campagna, dalla personalità tanto prorompente quanto misteriosa che

Isabel Allende ci avrebbe potuto ambientare il suo romanzo La casa degli spiriti. È la Casa Cafausica, al confine tra il comune di San Cesario di Lecce e quello di Cavallino, sede della Fondazione Lac o Le Mon, nata nel 2015 per iniziativa degli artisti Emilio Fantin, Luigi Negro, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti e Luigi Presicce. Le qualità architettoniche, estetiche, paesaggistiche e l’autonomia energetica grazie all’uso dei pannelli solari e dell’acqua del pozzo di questa struttura sono tali per cui il periodo di residenza in loco, indipendentemente dal tipo di attività che ciascun partecipante svolge – da laboratori di pittura ai seminari, fino

Collezione Biscozzi Rimbaud, da sinistra opere di Vittorio Matino, Mario Schifano, Gilberto Zorio, Armanda Verdirame e Salvatore Esposito

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© L.N. (Lu Cafausu)

Luigi Presicce, L’atelier sur l’herbe (2017), performance per soli spettatori occasionali, Fondazione Lac o le Mon, San Cesario di Lecce (LE)

agli eventi come la Festa dei vivi (che riflettono sulla morte) – è comunque legato a forme di attenzione, intervento collaborativo e partecipazione consapevole alla cura della casa, in un tentativo di integrazione fra i saperi che si stanno esplorando e i luoghi che si stanno abitando. A una ventina di minuti dal centro di Lecce sorge anche lo storico Palazzo De Gualtieris. Siamo a Castrignano de’ Greci, nella Grecia Salentina. Qui il 21 giugno scorso è nato KO⊙R A, il nuovo Centro di arte contemporanea sotto la direzione di Paolo Mele, che con i suoi 1.500 metri quadrati ambisce a essere un luogo di ricerca multidisciplinare con una programmazione di mostre (collettive e personali), residenze, masterclass e laboratori. Fulcro del progetto sono quattro realtà del territorio che si sono unite per questa

sfida innovativa. Il 23 luglio è prevista l’inaugurazione degli spazi espositivi con una mostra sul tema dell’abitare, Home Sweet Home. Il mio viaggio salentino lungo i fili dell’arte contemporanea si conclude a Otranto, quartier generale di Cijaru, associazione nata dalla collaborazione di Davide De Notarpietro e Francesco Scasciamacchia. Obiettivo primario di Cijaru è ripristinare i legami storici e culturali di quest’area tra Ionio e Adriatico e tra la Puglia e le regioni balcaniche, greche, turche e, più in generale, con il vicino Oriente, attraverso progetti realizzati da artisti provenienti dal Mediterraneo. Grazie al loro impegno magistrale, gli spazi monumentali della quattrocentesca Torre Matta del castello di Otranto, parte del sistema difensivo della cinta muraria del XVI secolo, prendono vita

anche quest’estate con una mostra site specific, quella di Maria Papadimitriou. L’artista greca si è ispirata al pavimento musivo (1163-1165 d.C.) della cattedrale locale di Santa Maria Annunziata, un’opera che per la straordinaria ricchezza iconografica equivale a un atlante culturale dell’epoca. Nell’interpretazione che dà del mosaico si genera un rinnovato incontro tra sensibilità mediterranee. Per la realizzazione delle opere, come da prassi di Cijaru, sono stati coinvolti artigiani locali, la cui maestria si esprime nella lavorazione di materiali diversi, dalla pietra leccese alla ceramica, fino al tessuto. fondazionebiscozzirimbaud.it studioconcreto.net lacolemon.wordpress.com k-ora.it cijaru.com

© Random

Veduta della corte di Palazzo De Gualtieris, Castrignano de' Greci (LE)

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MEMORIE IN BIANCO E NERO Sandro Becchetti, Pier Paolo Pasolini, Roma (1971)

LA CAPITALE VISTA DA SANDRO BECCHETTI E LA VITA DEI PIÙ FRAGILI IMMORTALATA DA LUCIANO D’ALESSANDRO. AL MUSEO DI ROMA IN TRASTEVERE, FINO AL 5 SETTEMBRE, DUE FOTOREPORTER RACCONTANO L’ITALIA di Sandra Gesualdi

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LA ROMA VINTAGE DI SANDRO BECCHETTI Reale e poetica, fascinosa e popolare. Sandro Becchetti racconta la Capitale, sua città natale, con uno sguardo sempre pronto a coglierne pregi e difetti e capace di rappresentare le incongruenze e le complessità di una grande metropoli in divenire. Chiamala Roma raccoglie 180 fotografie dal 1968 al 2013, in bianco e nero, dal sapore vintage, scelte dal vasto archivio del reporter scomparso otto anni fa. Dagli anni ‘60 Becchetti ha documentato la realtà sociale, politica e culturale italiana per le pagine dei principali periodici e quotidiani nazionali, tra cui L’Espresso, Il Messaggero, L’Unità e Paese Sera. Roma è immortalata nella sua unicità, sempre in bilico tra antichità narcisista e periferie in espansione. Raccolte per temi, le foto in mostra raccontano anche gli anni inquieti del ‘68 e ritraggono personaggi del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo tra cui Alfred Hitchcock, Claudia Cardinale, Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini, quest’ultimo attraverso famosi e iconici scatti del servizio fotografico realizzato nel ‘71. 104


Sandro Becchetti, Basilica dei SS. Pietro e Paolo, Roma (1970)

Sandro Becchetti, Lavori di ristrutturazione in via Arcione, Roma (1975) 105


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Luciano D’Alessandro, Gli esclusi (1969)

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Luciano D’Alessandro, Il disoccupato, Gragnano (NA) (1956)

Luciano D’Alessandro, Dentro le case, Puglia (1977)

GLI ESCLUSI DI LUCIANO D'ALESSANDRO Oltre 100 scatti per testimoniare i quasi 60 anni di ricerca, iniziata a metà del secolo scorso, portata avanti da Luciano D’Alessandro, giornalista e fotografo scomparso nel 2013. Costantemente attento alle fragilità del mondo e sensibile ai temi sociali, ha realizzato per diverse testate toccanti reportage a sfondo antropologico. Dal lavoro poco tutelato alle disparità sociali, ha immortalato interni di abitazioni povere e maltenute per attestare la condizione degli ultimi. Famoso il progetto del ‘69, Gli esclusi: una cronaca puntuale dal manicomio Materdomini di Nocera Superiore (SA), in cui rende evidente, attraverso foto colme di realismo e senza filtri, lo stato quotidiano dei malati psichiatrici. Tra le sezioni tematiche del percorso espositivo una è dedicata all’epidemia di colera del 1973 a Napoli. La mostra Luciano D’Alessandro. L’ultimo idealista investiga, senza nessun artificio estetico, mezzo secolo di storia italiana, con l’obiettivo puntato e messo a fuoco sui più deboli, che qui diventano protagonisti. 107


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STORIE MAI RACCONTATE A TORINO, FINO AL 13 AGOSTO, UNA MOSTRA DI SCATTI INEDITI CELEBRA IL FOTOGRAFO DI MODA PETER LINDBERGH di Cecilia Morrico

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Foto Peter Lindbergh

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Mariacarla Boscono, Parigi (2015) Courtesy of Peter Lindbergh Foundation, Paris

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Da sinistra, Sasha Pivovarova, Steffy Argelich, Kirsten Owen e Guinevere van Seenus, Brooklyn (2015)

«L

a prima volta che ho visto le mie immagini nel mockup della mostra sono rimasto sorpreso, ma in modo molto positivo. È stato travolgente trovarsi di fronte a chi sono». Con queste parole, Peter Lindbergh sugella inconsapevolmente il suo testamento: l’esposizione Untold Stories, curata e completata dal fotografo di moda prima della sua morte nel settembre 2019. Ora è finalmente visibile, fino al 13 agosto, all’interno dei rinnovati spazi dell’Artiglieria Con/temporary Art Center di Torino, in occasione della fiera per talenti emergenti e indipendenti Paratissima. Nato nel 1944 a Leszno, in Polonia, e cresciuto a Duisburg, in Germania, l’artista ha trascorso due anni lavo-

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rando a una raccolta di 140 scatti per offrire una visione profonda della sua vasta opera, dai primi anni ‘80 ai giorni nostri. La mostra celebra l’eredità di Lindbergh ed evidenzia l’approccio molto personale di questo maestro dell’obiettivo. «L’esposizione mi ha permesso di riconsiderare le mie immagini in un contesto non fashion. Lo scopo è che possano essere aperte a diverse interpretazioni e prospettive», spiegava l’autore in un’intervista per il catalogo rilasciata a giugno 2019. «Tuttavia, non cerco di affermare che le mie non siano fotografia di moda, non sarebbe vero. Ma insistere su questa definizione non significa che gli scatti debbano rappresentare solo il fashion world: la fotografia è molto più grande della

moda, fa parte della cultura contemporanea». Una mostra intima che si sviluppa come un diario, dove Lindbergh si racconta attraverso il lavoro: pagine celebri e pagine segrete, mai raccontate, vanno a formare, tutte insieme, un percorso avvolgente e suggestivo. L’allestimento è concepito in tre capitoli. Manifest è il titolo della monumentale installazione di apertura, sviluppata appositamente per la presentazione, che regala un’introduzione coinvolgente, capace di stimolare la comprensione dello stile del maestro. Nella sezione centrale compaiono le immagini che Lindbergh considerava fondamentali. Scatti emblematici, insieme ad altri mai visti prima, vengono


Linda Evangelista, Michaela Bercu e Kirsten Owen, Pont-à-Mousson (1988)

esposti in coppia o in gruppi, dando luogo a interpretazioni inaspettate. Giocando con i materiali d’archivio, l’artista ha rivelato nuove storie, rimanendo pur sempre fedele al suo linguaggio. L’esposizione si chiude con la videoinstallazione del 2004 Testament, realizzata attraverso uno specchio unidirezionale: la telecamera di Lindbergh inquadra silenziosamente Elmer Carroll, detenuto nel braccio della morte in Florida, che ha trascorso 35 minuti a guardare attentamente il suo riflesso. Presentata qui per la prima volta, l’opera fa riflettere sul concetto di libertà suscitando introspezione ed empatia. paratissima.it

Le scarpe di Milla, deserto del Mojave (1990)

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IN TRENO IN MONTAGNA, COLLINA, BORGHI E CITTÀ D’ARTE Aumentano i collegamenti verso Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige per consentire agli amanti della montagna di raggiungere le principali mete turistiche in piena comodità. Con l’orario estivo, nuovi collegamenti Frecciarossa nel weekend tra Milano, Trento e Bolzano, con tappe intermedie a Brescia, Peschiera del Garda, Verona, Rovereto, Trento e Ora. Due nuovi collegamenti – una coppia di Frecciarossa andata e ritorno – nel fine settimana da Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Reggio Emilia e Milano per Oulx e Bardonecchia. In più, Il Frecciarossa viaggia per la prima volta senza cambi tra Caserta e Benevento verso Firenze, Bologna e Milano, e viceversa. Per l’estate 2021, arriva anche la nuova fermata AV di Orte (VT): due i Frecciarossa che la collegano alle principali città italiane, accorciando le distanze per la provincia di Viterbo e più in generale per la Tuscia. Già inseriti nel circuito dell’Alta Velocità i territori di Frosinone e Cassino, mentre ritorna nell’orario estivo la fermata Frecciarossa di Chiusi-Chianciano Terme, in Toscana, per raggiungere le colline del sud della regione, la Val d’Orcia e il Chianti senese.

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CONVENIENZA E FLESSIBILITÀ Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del secondo giorno precedente il viaggio. Il cambio prenotazione, l’accesso ad altro treno e il rimborso non sono consentiti. È possibile, fino alla partenza del treno, esclusivamente il cambio della data e dell’ora per lo stesso tipo di treno, livello o classe, effettuando il cambio rispetto al corrispondente biglietto Base e pagando la relativa differenza di prezzo. Il nuovo ticket segue le regole del biglietto Base.

SUPER ECONOMY MASSIMO RISPARMIO Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del decimo giorno precedente il viaggio. Il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti.

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MOSTRE IN TRENO E PA G O M E N O PER I SOCI CARTAFRECCIA SCONTI E AGEVOLAZIONI NELLE PRINCIPALI SEDI MUSEALI E DI EVENTI IN ITALIA Oltre 400 reperti esemplari tra statue, elementi di arredo e ceramiche testimoniano il complesso dialogo tra Roma e il resto della penisola. Questo il senso dell’esposizione Tota Italia. Alle origini di una nazione,

alle Scuderie del Quirinale di Roma fino al 25 luglio. Curata da Massimo Osanna e Stéphane Verger, rappresenta un’occasione significativa per valorizzare l’importante patrimonio dei musei italiani, a cominciare dal

Museo nazionale romano, rievocando la ricca pluralità culturale del nostro Paese dalle sue origini. Nel titolo la mostra riprende la famosa formula del giuramento di Augusto, l’uomo che per la prima volta riunificò l’Italia in un territorio omogeneo, non solo dal punto di vista politico e amministrativo ma anche culturale, religioso e linguistico. Partendo dalla straordinaria varietà e ricchezza culturale dell’epoca preromana, in cui il Paese era un affascinante mosaico di genti e tradizioni, Tota Italia racconta il processo di romanizzazione che fu scontro, incontro e ibridazione. E ripercorre così le tappe che condussero all’unificazione sotto l’insegna di Roma, dal IV secolo a.C. all’età giulio-claudia. Biglietto ridotto dal venerdì alla domenica riservato ai soci CartaFRECCIA muniti di biglietto per Frecce o Intercity con destinazione Roma, in una data dello stesso weekend in cui si intende visitare la mostra, e agli abbonati regionali di Lazio, Campania, Umbria, Toscana, Abruzzo e Molise.

IN CONVENZIONE ANCHE MILANO • Divine e avanguardie. Le donne nell’arte russa, Palazzo Reale, fino al 12 settembre FIRENZE • American art 1961-2001, Palazzo Strozzi, fino al 29 agosto

Ritratto di filosofo su erma iscritta, Parmenide Prima metà I secolo d.C., da Velia Paestum, Parco Archeologico di Paestum e Velia Archivio fotografico Parco Archeologico di Paestum e Velia © Ministero della Cultura, enti e musei proprietari delle opere

NAPOLI • Museo del tesoro di San Gennaro Info su trenitalia.com 121


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Reggio di Calabria Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.

FRECCIAROSSA ETR 1000 Velocità max 400 km/h Velocità comm.le 300 km/h Composizione 8 carrozze 122

Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 WiFi

Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità Fasciatoio


FRECCIAROSSA

FRECCIAROSSA ETR 500

Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 700

Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 WiFi | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

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FRECCIARGENTO ETR 600

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 485

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIABIANCA

Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIABIANCA ETR 460

Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 123


Viaggiare è un gioco da ragazzi. CON LA PROMO JUNIOR I RAGAZZI FINO A 15 ANNI VIAGGIANO GRATIS*

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PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS

IL TRENO DI DANTE

© Archivio Fondazione FS Italiane

DA FIRENZE A RAVENNA, PASSANDO PER I LUOGHI DELL’ESILIO. TUTTI I FINE SETTIMANA, FINO AL 10 OTTOBRE, SI RIPERCORRE LA VITA DEL POETA SULLA STORICA FERROVIA FAENTINA

A

Convoglio storico a Marradi (FI), uno dei luoghi dell’esilio di Dante

nche il viaggio su rotaia festeggia il Sommo Poeta a 700 anni dalla morte. Il Treno di Dante è una delle iniziative che fanno parte delle celebrazioni che lo commemorano, nell’ambito di un progetto finanziato interamente da Regione Emilia-Romagna, con la partecipazione di Fondazione FS Italiane e Trenitalia. È un percorso sull’antica ferrovia Faentina, che dalla fine del 1800 congiunge Firenze con Faenza per poi entrare in Romagna, con arrivo a Ravenna. Il convoglio storico, un locomotore diesel con al seguito tre vetture Centoporte, passa attraverso i luoghi della vita di Dante, soprattutto quelli dell’esilio, che più ne influenzarono l’esistenza e l’opera. La presenza del Poeta si percepisce

a ogni sosta: si parte da Firenze, città dove nacque nel 1265 e visse fino all’esilio del 1301, per poi dirigersi verso la prima delle quattro fermate intermedie, Borgo San Lorenzo. Nel 1303, la cittadina del Mugello fu teatro del tentativo da parte dei guelfi fiorentini capitanati da Scarpetta degli Ordelaffi, tra cui lo stesso Alighieri, di rientrare in città. L’assalto non andò a buon fine e Dante fu costretto a riparare a Marradi, seconda tappa dell’itinerario. Secondo una leggenda popolare, qui subì anche il furto del proprio cavallo e, riferendosi agli abitanti del posto, avrebbe esclamato: «Gentiluomini sì, ma-radi!», dando così il nome al paese in provincia di Firenze. Il treno prosegue giungendo a Brisi-

SAVE THE DATE//TRENI STORICI 3, 10, 24, 31 3, 17, 24, 31 4, 11, 18, 25 4 4 11 25

LUGLIO Ferrovia dei parchi - Altipiani maggiori d’Abruzzo Ferrovia dei parchi - Alto Molise Ferrovia dei parchi - Alto Sangro Treno del Sacro Monte Laveno express Stresa Liberty Mare e Monti

ghella, nella valle del Lamone, alle pendici dell’Appennino tosco-romagnolo. Qui Dante fu ospite del marchese Maghinardo Pagani da Susinana, personaggio di spiccata ambiguità politica che trovò posto nel Canto XXVII dell’Inferno. La penultima destinazione è Faenza, città nota a Dante che nel De vulgari eloquentia analizzò le differenze tra il volgare faentino e quello ravennate, dimostrando una notevole conoscenza del luogo. La tappa conclusiva rende omaggio alla città che accolse Alighieri negli ultimi anni della sua vita: Ravenna. Qui sono custodite le sue spoglie ed è possibile visitare il museo a lui dedicato, all’interno del Centro dantesco dei Frati Minori, che conserva alcuni dei suoi documenti e oggetti. Un’esperienza unica, quindi, che ogni sabato e domenica dal 3 luglio al 10 ottobre (a esclusione del 7 e dell’8 agosto) consente di visitare città e borghi che oggi fanno parte del percorso culturale Le terre di Dante. fondazionefs.it FondazioneFsItaliane fondazionefsItaliane 125


PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO

di Mario Tozzi mariotozziofficial

mariotozziofficial

OfficialTozzi

[Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]

SARDEGNA ARCAICA

C’

è un utensile che solo in Sardegna è diventato oggetto da collezione pur non perdendo affatto la sua funzione originaria, che era semplicemente quella di prolungare la mano del pastore nelle azioni quotidiane. Si tratta del coltello sardo (arresoja): se un “balente” – ovvero colui che resiste in un ambiente aspro – fabbri-

ca un coltello per voi e ve lo regala, porgendovelo dalla parte del manico, vuol dire che siete ormai entrati in Sardegna a tutti gli effetti perché vi ha consegnato la sua fiducia. Fatene buon uso. Guspini è un paesone del Medio Campidano che presenta, oltre al secolare artigianato di coltelli, uno straordinario selciato dei giganti. In pratica, è la

© alex.pin/Adobestock

Sa Rocca Inquaddigada a Guspini, nel cuore del Medio Campidano

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cristallizzazione di una colata di lava basaltica raffreddata in prismi colonnari che, in altri luoghi del mondo, hanno preso questo nome perché simulano una strada a basoli di dimensioni ragguardevoli. Qui le chiamano canne d’organo e sono eccezionali per la freschezza dell’affioramento (in una tenuta privata). A Guspini si respira arcaismo sardo di natura e uomini.


PRIMA DI SCENDERE STAZIONE POESIA

di Davide Rondoni DavideRondoniAutore daviderondoni

Daviderond

[Poeta e scrittore]

[Charles Baudelaire, da I fiori del male, traduzione di Davide Rondoni] Uomo libero, sempre ti affascinerà il mare! È il tuo specchio, la tua anima è là nell’infinito moto delle onde, e il tuo spirito non è un abisso meno amaro. Nella tua immagine ami tuffarti, la trattieni con gli occhi e le braccia, e il cuore a volte il battito sospende al fragore indomabile e selvaggio di quel pianto. Voi due, tenebrosi e discreti. Nessuno sonda il fondo dei tuoi abissi, uomo. Nessuno, mare, conosce le tue bellezze segrete, voi, gelosi, i vostri misteri tenete. Eppure da mille secoli, ecco, là! Amando carneficina e morte vi combattete senza rimorso o pietà, guerrieri eterni, implacabili fratelli nella sorte.

È

una delle liriche raccolte nei Fiori del male di Charles Baudelaire, il poeta chiamato maledetto dalla società borghese, illuminista, laica e benpensante parigina. In questa poesia, come in tutta la sua opera, l’autore canta il senso dell’assoluto, qualcosa che non ha misura e che abita il cuore dell’essere umano e del mondo. «Nessuno sonda il fondo dei tuoi abissi, uomo». Baudelaire è definito maledetto perché non si fa bastare i luoghi co-

muni, il facile pensiero naturalista o tecnologico che vuol ridurre l’essere umano a un topo o a un computer. E non segue le sirene delle pretese del mondo cosiddetto moderno di risolvere il dramma della vita con qualche ricetta scientifica, politica o sociale. Lui sa che l’essere umano è un «abisso che invoca l’abisso». E sa che in questo sta il fondamento della vera libertà. «Uomo libero, sempre ti affascinerà il mare!». Versi che possono accompagnarci in questi

© primipil/Adobestock

L’UOMO E IL MARE

mesi in cui sosteremo davanti alle onde, magari senza capire bene perché, incantati da una strana vertigine calma o inquieta. Possono aiutarci a vedere meglio dentro e fuori di noi. E farci interrogare su una questione fondamentale: il nostro abisso lo viviamo o lo copriamo con tanti trucchi (che peraltro non lo colmano)? Abbiamo qualcosa di vasto da guardare? Qualcosa come il mare, specchio e fratello che evoca la nostra drammatica, splendida libertà? 127


PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE

di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it

È il primo abbraccio che Rosa ha ricevuto in cinque mesi, il 5 agosto 2020. A marzo, infatti, le case di cura avevano chiuso le porte a tutti i visitatori a causa della pandemia, impedendo a milioni di brasiliani di far visita ai loro parenti. Agli assistenti delle case di cura è stato ordinato di ridurre al minimo il contatto fisico con le persone vulnerabili. Alla Viva Bem di San Paolo, una semplice invenzione chiamata The Hug Curtain, un telo di plastica con giromanica, ha permesso alle persone di riabbracciarsi senza rischi. Lo scatto di Mads Nissen è il vincitore del World Press Photo of the Year: «È una storia sulla speranza e l’amore nei momenti difficili. Quando ho saputo della crisi che stava affrontando il Brasile e della linea adottata dal presidente Jair Bolsonaro, che ha trascurato il virus fin dall’inizio definendolo una piccola influenza, ho sentito il bisogno di fare qualcosa», ha dichiarato il fotografo danese. «Questa immagine iconica del Covid-19 commemora il più straordinario momento della nostra vita. Vulnerabilità, affetti, perdita e separazione, morte ma anche sopravvivenza, tutto racchiuso in un’unica foto. Se ci si sofferma a guardarla si vedranno le ali, simbolo di volo e speranza», ha aggiunto Kevin WY Lee, direttore creativo e membro della giuria del celebre concorso di fotogiornalismo. Quello di Nissen e altri 140 scatti finalisti sono esposti fino al 22 agosto al Mattatoio a Roma. Quest’anno al World Press Photo hanno partecipato 4.315 artisti dell’obiettivo da 130 Paesi diversi, per un totale di 74.470 immagini presentate e 45 vincitori di 28 nazioni. mattatoioroma.it mattatoioroma mattatoio

© Mads Nissen, Denmark, Politiken/Panos Pictures

The First Embrace Rosa Luzia Lunardi (85 anni) il 5 agosto 2020 viene abbracciata dall'infermiera Adriana Silva da Costa Souza, nella casa di cura Viva Bem di San Paolo, in Brasile

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