LUISA RANIERI
INTERVISTE
Matteo Garrone Anggun
Neri Marcorè
Ricchi e Poveri
SPORT
Joanna Wołosz
Giovanni De Nicolao
PER CHI AMA VIAGGIARE
TRAVEL
Tra Pesaro e Urbino Borghi in primavera
ARTE E PHOTO
L’Impressionismo
Martin Parr Brassaï
INTERVISTE
Matteo Garrone Anggun
Neri Marcorè
Ricchi e Poveri
SPORT
Joanna Wołosz
Giovanni De Nicolao
TRAVEL
Tra Pesaro e Urbino Borghi in primavera
ARTE E PHOTO
L’Impressionismo
Martin Parr Brassaï
Dario Cirrincione dario-cirrincione
Un nuovo viaggio. Per accogliere con entusiasmo la nuova stagione che arriva. Marzo è il mese della primavera, della Giornata internazionale della donna e dell’ora legale che dona un’ora di luce in più nel tardo pomeriggio. Quest’anno, inoltre, marzo è anche il mese della Pasqua: un’ulteriore occasione per viaggiare e scoprire le tradizioni italiane tipiche di questo periodo dell’anno, che si mischiano a festival e sagre gastronomiche. Esplorare le tradizioni italiane significa soprattutto esplorare le radici della nostra cultura.
Tornare alle radici è probabilmente uno dei motivi più belli per viaggiare. Un’esperienza che ci consente di ritrovare, già dalle prime fasi del viaggio, i luoghi, i profumi, i suoni e i sapori che vivono nitidamente nella nostra mente e nel nostro cuore.
Cercare le proprie origini non è sinonimo di ritrovare se stessi.
Quanto piuttosto un modo per consolidare chi siamo e aiutarci ad avere una visione più chiara di chi vogliamo diventare. Il legame con i nostri luoghi d’origine, infatti, ci rende speciali e ci contraddistingue dagli altri.
È accaduto così per Luisa Ranieri, protagonista della copertina di questo mese e prossimamente impegnata sul set
del film su Amedeo Modigliani diretto da Johnny Depp, che non ha mai dimenticato le sue radici e, nell’intervista rilasciata alla Freccia, evidenzia il suo attaccamento alle tradizioni e alla cultura napoletana. Le radici però non sono solo geografiche. Pensiamo a quelle che fanno riferimento alle esperienze professionali, agli eventi vissuti e alle relazioni che hanno contribuito a modellare le nostre vite. Queste radici possono includere luoghi, esperienze di viaggio, incontri con persone importanti e momenti di crescita personale. Abbracci unici e indimenticabili. Come quelli dati e ricevuti quando eravamo bambini. Oppure possono fare riferimento al percorso formativo che diventa un patrimonio da valorizzare, come nel caso del regista Matteo Garrone, che ha messo la preparazione artistica al centro della ricerca espressiva che lo ha condotto sino a Los Angeles.
Cinema, viaggio e radici sono un trittico di esplorazione che riflette la ricerca di significato e connessione nell’esperienza umana. Succede, a volte, di cercare e trovare le proprie radici negli altri. Come cantava Franco Battiato: «E ti vengo a cercare. Con la scusa di doverti parlare. Perché mi piace ciò che pensi e che dici. Perché in te vedo le mie radici».
Trenitalia è il primo operatore della mobilità a garantire il video interpretariato in Lis per le persone sorde nelle biglietterie e nei desk di vendita e assistenza in
Da marzo 2017 è direttore editoriale di exibart.com. Autore e conduttore del programma televisivo Stato dell’arte su Cusano Italia TV, svolge attività manageriale in diverse fondazioni culturali italiane
Nata a Roma nel 1994, insegna italiano e latino in un liceo di Roma. Dal 2017 è caporedattrice della rivista letteraria Nuovi argomenti. Collabora con l’Accademia Molly Bloom, con Mondadori e scrive per quotidiani e riviste culturali
Giornalista, scrittore, conduttore radiofonico e televisivo. Ama vivere e raccontare la vita. Ha una passione speciale per i viaggi e lo sport, i piaceri della tavola e dell’arte, la buona conversazione e la contemplazione della natura. La sua dote migliore è la curiosità
Giornalista e archeologa medievista. Attiva nel terzo settore con progetti di accoglienza per donne rifugiate e migranti. È impegnata nella comunicazione sul tema delle allergie alimentari in età pediatrica
3.500
gli atleti attesi per i Giochi invernali di Milano Cortina 2026 [pag. 12]
6
le Coppe Italia di volley vinte dalla Prosecco Doc Imoco Conegliano [pag. 74]
60
gli scatti di Martin Parr in mostra al Mudec di Milano [pag. 107]
FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale
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PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI ANNO XVI - NUMERO 3 - MARZO 2024 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997
CHIUSO IN REDAZIONE IL 04/03/2024
Foto e illustrazioni
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Dario Cirrincione Davide Falcetelli Michela Gentili
Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre
Gaspare Baglio, Alex A. D’Orso, Irene Marrapodi
Francesca Ventre
Giovanna Di Napoli
Claudio Romussi
Bernard Bédarida, Osvaldo Bevilacqua, Cesare Biasini Selvaggi, Francesco Bovio, Peppone Calabrese, Nerina Di Nunzio, Francesca
Fabiana Ferrandi, Fondazione FS Italiane, Enzo Fortunato, Alessio Giobbi, Peppe Iannicelli, Sandra Jacopucci, Silvia Lanzano, Enrico Procentese, Andrea Radic, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Flavio Scheggi, Floriana Schiano Moriello, Mario Tozzi
REALIZZAZIONE E STAMPA
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
PROGETTO CREATIVO
Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli
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On web
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di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it
Libere, guerriere, colte e diabolicamente affascinanti. Spesso perseguitate, condannate e vittime di pregiudizi, tanto da essere giudicate eretiche. Sono i tratti più noti delle streghe. In verità, anche donne sagge, conoscitrici della natura e capaci di profetizzare e curare, così da essere temute e non sopraffatte.
È l’intrigante tema culturale al centro della mostra Stregherie. Iconografia, fatti e scandali sulle sovversive della storia. A Bologna, nello storico Palazzo Pallavicini, sono in esposizione fino al 16 giugno rare incisioni antiche, testi maledetti, talismani, amuleti, feticci e strumenti per riti occulti, fino a inquietanti opere d’arte contemporanee. Pezzi forti sono le stampe e le incisioni di Guglielmo Invernizzi, insieme alla collezione di amuleti in argento di due secoli fa, conservati nel Museo delle civiltà a Roma. Ma anche Stregherie, una collana di preziosi manuali di
esorcismo e trattati fondamentali provenienti dalla Biblioteca Teresiana di Mantova. Tra tutti, spicca il Malleus Maleficiarum nell’edizione del 1520: il testo più utilizzato dalla Chiesa per la caccia alle terribili creature. Non mancano anche antichi calderoni e bacchette magiche, tra cui una in legno di sambuco come quella descritta nelle avventure di Harry Potter. Ai bambini è riservato anche un antro per creare pozioni magiche con ragni e serpenti. Inoltre, una sala è dedicata a Gentile Budrioli, “strega enormissima di Bologna” vissuta nella seconda metà del ‘400 che riuscì a studiare astrologia, apprendere le doti delle erbe e acquisire una competenza medica tale da guarire la figlia di Ginevra Sforza, di cui divenne amica, scatenando però gelosie e invidie che la portarono al rogo. stregherie.it
DELL’UNIVERSO
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente e priva di watermark. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica.
a cura di Enrico Procentese enry_pro
Personale Trenitalia al lavoro a Roma Termini
© Edoardo Cortesi eddiecortesi
Simona Temperelli lavora come dirigente centrale operativo di RFI, società capofila del Polo Infrastrutture del Gruppo FS.
Come sei entrata in azienda?
La mia carriera nel settore ferroviario è cominciata nel 2021 con la mansione di capostazione negli scali di Falconara Marittima e Ancona. Da luglio scorso ho assunto il ruolo di dirigente centrale operativo di RFI nella Sala operativa della stazione di Pescara, attività che richiede grande attenzione e precisione e mi consente di coordinare e monitorare la circolazione su un tratto di linea specifico.
Perché hai scelto questo lavoro?
Dopo aver presentato domanda per il ruolo di regolatore della circolazione, per me è iniziato un percorso di formazione e di crescita. Non avevo pianificato di entrare a far parte di questa famiglia professionale, ma la passione per i sistemi che governano la marcia dei treni ha avuto la meglio. L’ingresso in RFI, il gestore nazionale dell’infrastruttura, è stato un po’ frutto del destino, ma per me è una grande soddisfazione contribuire a rendere confortevole l’esperienza di chi utilizza il treno.
Raccontaci la tua giornata tipo.
Una delle principali sfide del mio lavoro è garantire un flusso costante e sicuro dei treni e delle informazioni lungo i percorsi di cui ci occupiamo. Questo implica, per esempio, la gestione di incroci e deviazioni, la risoluzione tempestiva di eventuali problemi operativi, ma anche l’aggiornamento costante degli annunci in stazione, a supporto dei sistemi di erogazione in automatico. In questo contesto è fondamentale mantenere un costante dialogo con la Sala operativa regionale al fine di coordinare al meglio e in coerenza tutte le attività, ordinarie e straordinarie.
Cosa apprezzi del tuo nuovo incarico professionale?
Lavorando in una realtà organizzata su turni ho la possibilità di tornare regolarmente nella mia città natale, Gualdo Tadino, in provincia di Perugia. Per me l’equilibrio tra lavoro e vita privata è fondamentale e la città di Pescara mi ha offerto l’opportunità di realizzarlo pienamente. Qui ho trovato una comunità di colleghi che ha stimolato positivamente il mio spirito di squadra e il mio desiderio di cooperazione, rendendo l’esperienza lavorativa ancora più gratificante. La mia attenzione ai dettagli è sempre più alta per essere in grado di offrire una rapida risposta in ogni situazione.
Come ti vedi nel prossimo futuro?
Mi piacerebbe assumere responsabilità maggiori nella gestione di sistemi ferroviari di circolazione più complessi, su linee con maggior traffico e tipologie di treni variegate. Amo lavorare in un ambiente dinamico e sfidante che mi porta a fissare quotidianamente nuovi obiettivi: da questo punto di vista, il mondo ferroviario è in continua evoluzione e per me è naturale sentirmi parte di questo cambiamento e concorrere al progresso.
Giuseppe Milano, ingegnere edile-architetto e urbanista, è autore del più aggiornato libro sulle comunità energetiche: associazioni di cittadini, amministrazioni e imprese che uniscono le forze per produrre energia da fonti rinnovabili. A ispirarlo nella stesura del testo sono stati anche i viaggi in treno.
Come nasce la tua attenzione verso questo tema?
Dopo la laurea in Ingegneria edile - architettura al Politecnico di Bari, ho approfondito gli studi sul governo del territorio e ho esplorato il mondo eterogeneo delle rinnovabili, consapevole di quanto sia necessario tenere insieme pianificazione territoriale ed energetica.
Hai scritto un libro che si intitola Comunità energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale. Di cosa parla?
Le comunità energetiche sono giuridicamente riconosciute, possono essere costituite da soggetti pubblici o privati e ambiscono a perseguire obiettivi di sostenibilità. Nel libro descrivo alcune buone pratiche, facilitato da contributi di professionisti qualificati. Mi appassiona il tema della democratizzazione dell’energia, la consapevolezza che si possa migrare da mega impianti, in capo a pochi player, a impianti più piccoli, organizzati secondo reticoli territoriali diffusi e in capo ai cosiddetti prosumer, persone che sono al tempo stesso consumatrici e produttrici del bene.
Che metodo hai utilizzato per realizzare questo volume?
Da un lato, ho studiato i report internazionali su rinnovabili e infrastrutture, dall’altro, ho ascoltato gli attori che hanno avviato progettualità innovative, nella convinzione che l’interdisciplinarità sia un valore, come la semplicità. In un’epoca in cui le infrastrutture devono essere resilienti, integrate e capaci di dialogare grazie all’utilizzo di dati e connessioni, è necessario investire anche in soluzioni energetiche innovative. In questi contesti, è essenziale adottare un metodo capace di saldare la dimensione sociale con quella ambientale ed economica.
Qual è il tuo rapporto con il treno?
Ottimo perché mi consente di riscoprire il sapore della lentezza, che nei tempi accelerati che frequentiamo è un privilegio. A bordo posso ragionare sulle trasformazioni dei nostri paesaggi, ma anche sull’enorme potenzialità delle infrastrutture, come le stazioni ferroviarie. Queste romantiche architetture potrebbero diventare poli per la cittadinanza attiva e hub energetici capaci di fornire servizi alle comunità circostanti.
La tua prossima fermata?
Sto girando l’Italia per presentare il mio libro, coinvolgendo Comuni e imprese con la speranza di alimentare il dibattito sulle sfide urgenti, compreso il tema della rigenerazione urbana. Tutto è integrato e interconnesso, in fondo. Le città, con le loro infrastrutture, avranno un impatto positivo sull’ambiente se sapremo attraversare la complessità con spirito cooperativo e innovativo.
CONTO ALLA ROVESCIA PER I GIOCHI INVERNALI DI MILANO CORTINA 2026, DI CUI IL GRUPPO FS È PREMIUM PARTNER. SONO ATTESI OLTRE
3.500 ATLETI PROVENIENTI DA 90 PAESI PER UN EVENTO CHE PREVEDE DI CREARE 60MILA POSTI DI LAVORO
Organizzare, promuovere e comunicare l’evento sportivo più importante al mondo, creando un modello innovativo di Olimpiadi e Paralimpiadi ispirato all’energia tipica italiana. È questo l’obiettivo della Fondazione Milano Cortina 2026, il comitato organizzatore dei prossimi Giochi olimpici e paralimpici invernali che si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio e dal 6 al 15 marzo 2026. La manifestazione porterà in Italia 3.500 atleti e atlete provenienti da più di 90 Paesi del mondo che si contenderanno 195 medaglie. E si prevede che quasi 2 milioni di persone assisteranno fisicamente ai Giochi.
Ce ne parla Andrea Varnier, amministratore delegato della fondazione che ha sede nel capoluogo lombardo. Cosa significa per l’Italia ospitare i Giochi olimpici e paralimpici invernali?
Milano Cortina 2026 rappresenta un’opportunità unica per il Paese e avrà un impatto estremamente positivo sul Pil italiano: secondo gli studi ufficiali delle università Ca’ Foscari e Bocconi, verranno creati oltre 60mila nuovi posti di lavoro. Tra due anni gli occhi del mondo saranno puntati su di noi, daremo prova delle capacità nostrane e mostreremo le eccellenze, puntando sulle tradizioni delle località ospitanti e sulle loro unicità. Celebreremo i valori olimpici e paralimpici, l’energia della cultura italiana e promuoveremo uno stile di vita più attivo e un’idea di futuro sostenibile. Quali territori sono coinvolti nell’organizzazione?
I Giochi si estendono su un’area molto ampia: 22mila km2 di territorio urbano e montano che abbracciano
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it
due regioni, la Lombardia e il Veneto, due province autonome, Trento e Bolzano, e tre città, Milano, Cortina e Verona. Il grande teatro olimpico e paralimpico coinvolge anche la Valtellina, con Bormio e Livigno, la Val di Fiemme, con Tesero e Predazzo, e la Valle di Anterselva.
Ci sono novità importanti rispetto all’ultima edizione italiana che si è tenuta a Torino nel 2006?
Sul fronte sportivo sono molte. Innanzitutto, quelli di Milano Cortina 2026 saranno i Giochi invernali più gender balanced di sempre: le atlete in gara sono quasi il 50% del totale. Vedremo debuttare una nuova disciplina invernale, lo sci alpinismo, uno sport molto diffuso da noi, il cui numero di praticanti sta crescendo in maniera esponenziale. E poi il ritorno dei giocatori della NHL, la National Hockey League, dopo 12 anni di assenza dalle competizioni olimpiche. Inoltre, per quanto riguarda le sedi di gara, per la prima volta alcune saranno temporanee e verranno smantellate al termine dei Giochi. Tra queste, i due stadi del ghiaccio che saranno costruiti all’interno di Fiera Rho a Milano e ospiteranno tutte le discipline del pattinaggio e le competizioni di hockey femminile. Infine, una delle grandi novità riguarda il rapporto di fiducia e collaborazione tra il Comitato organizzatore e gli EDE, gli Event Delivery Entities, realtà locali che operano sui territori e organizzano i grandi eventi invernali delle maggiori discipline. Nessuno più di loro
sa affrontare le sfide di una manifestazione sportiva programmata per la stagione fredda. Rafforzando il legame con i territori e le comunità locali, consolidiamo il lavoro di sinergia che rappresenterà un’eredità tangibile per gli anni a venire.
Che impatto avrà l’organizzazione sul tessuto urbano e sociale?
I Giochi di Milano Cortina 2026 hanno preso ispirazione, fin dalle primissime fasi, dall’Agenda 2020 e dall’Agenda 2020+5 del Cio, il Comitato olimpico internazionale. Si tratta di una riforma che ha lo scopo di rendere la manifestazione più sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale e pone l’accento sulla volontà di lasciare un’eredità positiva ai territori coinvolti. La struttura che ospiterà il Villaggio olimpico di Milano all’interno dello scalo di Porta Romana diventerà, per esempio, un grande studentato. Milano Cortina 2026 si fa però carico anche di una legacy immateriale: ci impegniamo ogni giorno per invitare le persone a adottare uno stile di vita salutare e una migliore cultura dello sport e dell’accoglienza in termini di accessibilità. Vogliamo che questo cambio culturale non resti circoscritto ma venga assorbito, per esempio, anche dalla sfera turistica. La scuola, poi, merita un discorso a parte.
In che senso?
Abbiamo avviato un grande lavoro per promuovere nelle aule i valori olimpici e paralimpici e stiamo affiancando gli istituti nei percorsi di orientamento dedicati agli studenti. L’obiettivo è far conoscere da vicino la realtà dell’organizzazione degli eventi sportivi di rilevanza internazionale, valorizzarne la dimensione lavorativa e gli sbocchi professionali. Con il programma Education di Milano Cortina 2026, in meno di un anno abbiamo coinvolto oltre 500mila studenti e con l’adesione al programma nazionale dei Percorsi per le Competenze trasversali e l’orientamento miriamo a far conoscere alle studentesse e agli studenti delle superiori come funziona la messa in piedi di una grande manifestazione. Come si immagina l’Italia di Milano Cortina 2026?
Coinvolta e in festa. I Giochi di Milano Cortina saranno di tutti. Abbiamo coinvolto le persone nella scelta del logo e in quella delle mascotte, Tina e Milo, svelate in anteprima sul palco dell’Ariston: 13 milioni di spettatori hanno visto per la prima volta in diretta i personaggi più iconici del progetto, alla cui ideazione hanno partecipato, con 1.600 proposte, le scuole di tutte le regioni. Prova di quanto le persone siano interessate a questa manifestazione.
Il logo della manife -
stazione comprende due simboli che rappresentano rispettivamente i Giochi olimpici e paralimpici. Per quale motivo?
Si tratta di un binomio inscindibile, lo sport non può prescindere dal concetto di inclusività. Dal 1960, anno delle prime Paralimpiadi che si sono svolte a Roma, il mondo olimpico e quello paralimpico hanno sempre viaggiato nella stessa direzione, fino a diventare, oggi, due elementi inseparabili. È così anche all’interno della
stessa Fondazione di cui è vicepresidente Luca Pancalli, già a capo del Comitato italiano paralimpico oltreché membro del Comitato paralimpico internazionale.
Come si traduce nell’organizzazione questa sensibilità? È prevista la realizzazione di infrastrutture pensate per atleti paralimpici e spettatori con disabilità?
Tutte le sedi di gara devono rispondere ai requisiti di accessibilità indicati dall’International Paralympic Committee. Il nostro primo obiettivo è garantire a tutte le atlete e gli atleti paralimpici le perfette condizioni per gareggiare, e non solo. Il Comitato organizzatore si impegna affinché l’intero sistema recepisca le esigenze di accessibilità e acceleri il processo di adattamento. I lavori di adeguamento che sono stati avviati all’Arena di Verona vanno proprio in questa direzione: un anfiteatro romano la cui costruzione
risale al I secolo d.C., punto di riferimento di grandi spettacoli, raggiungerà maggiori standard di accessibilità proprio grazie a un investimento di circa 18 milioni di euro. Questo magnifico monumento ospiterà la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi e quella di apertura delle Paralimpiadi.
Lo scorso dicembre è stata invece annunciata la partnership con il Gruppo FS. Che valore ha questa collaborazione?
L’accordo con il Gruppo ha un valore strategico fondamentale per il progetto Milano Cortina 2026 e ci consente di fare fronte alle sfide e alla complessità dell’organizzazione. Il trasporto pubblico pensato per la manifestazione è moderno e green, in sintonia con il modello di mobilità
sostenibile promosso dal Gruppo FS. L’evento è dislocato su un territorio di 22mila km2, all’interno del quale devono muoversi atleti, tecnici, addetti ai lavori e turisti: milioni di persone a cui deve essere garantita una rete di trasporti efficace. Chi meglio del Gruppo FS può accogliere questa sfida? Inviteremo chiunque a utilizzare il trasporto pubblico e sono sicuro che il nostro impegno sarà da esempio per il futuro.
In che modo si concretizza la collaborazione con il Gruppo e quali sono gli obiettivi comuni?
La partnership si traduce con la creazione di una rete di trasporti sicura e a mobilità integrata, che unisce in maniera funzionale gli spostamenti su rotaia e quelli su gomma. È un
progetto ambizioso e articolato che solo un Gruppo come Ferrovie dello Stato Italiane, con la sua flotta e la sua competenza, è in grado di supportare. Il modello dei Giochi diffusi prevede distanze differenti tra i vari cluster, tra regioni e province. Molti degli spostamenti avverranno in un ambiente di montagna, è imprescindibile dunque l’utilizzo di diversi mezzi di trasporto. Questo è un modello di Giochi nuovo rispetto al passato; pertanto, lo scambio e la cooperazione tra il Comitato organizzatore e il Gruppo FS rappresenta un valore aggiunto. Siamo davvero entusiasti di poter condividere con l’azienda un traguardo così ambizioso.
milanocortina2026.olympics.com
La presentazione della partnership tra il Gruppo FS e la Fondazione Milano Cortina 2026. Da sinistra: la presidente del Gruppo FS Italiane Nicoletta Giadrossi e l’amministratore delegato Luigi Ferraris, l’amministratore delegato della Fondazione Milano Cortina 2026 Andrea Varnier, il presidente Giovanni Malagò e il vicepresidente Luca Pancalli
a cura di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it - Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it - Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
ITALIA FINO AL 13 OTTOBRE
«Nuotate, pedalate e correte». Sono queste le parole che Aldo Rock, alias Aldo Calandro, maratoneta e deejay, usa per chiudere la puntata del venerdì di Deejay chiama Italia, programma del mattino condotto da Linus e Nicola Savino. La comunità della stazione radio, a partire dal suo direttore, è composta infatti da molti sportivi e appassionati di running. Per questo nel 2005 Linus ha ideato la Deejay Ten, la corsa che ha coinvolto in giro per l’Italia centinaia di migliaia di persone e a cui nel 2023 si sono iscritti 50mila partecipanti. Anche quest’anno, la grande festa colorata tocca cinque città, sbarcando per la prima volta a Viareggio e a Treviso. Si inizia a Torino il 24 marzo per poi andare a Bari il 21 aprile, a Viareggio il 5 maggio, a Treviso il 19 maggio, fino al gran finale di Milano il 13 ottobre. Un evento aperto a tutte le
La scorsa edizione della Deejay Ten, a Bari
persone, di ogni età e capacità atletica, per un momento di condivisione e divertimento. Ogni corsa si snoda nella città attraverso due percorsi differenti: uno di dieci chilometri, riservato a chi ha più di 16 anni, e un secondo di cinque chilometri, acces-
sibile a chiunque. Ogni partecipante riceve una sacca con t-shirt ufficiale, pettorale, rilevamento cronometrico con chip, assicurazione, medaglia di partecipazione e, al traguardo, una sacca ristoro. F.S. deejayten.deejay.it
CORTINAMETRAGGIO
CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) 12>17 MARZO Il festival di riferimento per i corti, nato da un’idea di Maddalena Mayneri, torna ad animare la città veneta e porta tra le Dolomiti i migliori film di breve durata del panorama nazionale e internazionale. La 19esima edizione è arricchita infatti dall’introduzione di una sezione dedicata al cinema made in Usa. Sono invece 20 le pellicole italiane in gara, di cui otto anteprime mondiali. Tra le opere finaliste spicca Anemos di Vera Munzi e Caterina Savadori, un racconto di emancipazione femminile ispirato a una storia vera, e Felicità Cannibale di Daniel Baldotto, che affronta in modo delicato e originale il tema dell’elaborazione del lutto. L’attrice palermitana Eleonora De Luca è la madrina dell’evento. cortinametraggio.it
SAIL&SKI GARDA DOLOMITI
GARDA TRENTINO E MADONNA DI CAMPIGLIO (TRENTO)
14>17 MARZO
Spinti dal Pelèr, il vento mattutino proveniente da nord, o dall’Ora, la brezza che nel pomeriggio soffia da sud, in primavera i professionisti della vela e del windsurf si allenano sull’acqua del lago di Garda preparandosi per la J/70 Cup 2024, il campionato europeo che si terrà dal 18 al 25 maggio in Toscana.
Poco distante dal lago, a Madonna di Campiglio, gli amanti dello sci sfrecciano sui 150 chilometri di piste. Per quattro giorni nel territorio si alternano regate in partenza dall’antico circolo velico Fraglia Vela Riva, con competizioni organizzate per venerdì e domenica, e gare di sci che sabato 16 hanno come luogo di riferimento la baita Patascoss. Alla fine delle quattro giornate, i risultati delle diverse discipline sono uniti in una classifica generale. gardatrentino.it/sailandski
La scorsa edizione della J/70 Cup © Zerogradinord
I MACCHIAIOLI E LA PITTURA EN PLEIN AIR TRA FRANCIA E ITALIA
TORINO FINO AL 1° APRILE
Nel Mastio della Cittadella sono esposte 90 opere di autori appartenenti alla corrente che da Firenze, dove nacque nel 1855, influenzò l’arte di tutta Europa, soprattutto quella francese. I Macchiaioli, infatti, si confrontarono con la Scuola di Barbizon, corrente paesaggista collegata all’omonima località d’Oltralpe, anticipando l’arte degli Impressionisti e contribuendo alla nascita della pittura moderna. Le creazioni in mostra, di 30 autori italiani e francesi, provengono da collezioni private e istituzioni pubbliche. Tra i nomi accolti a Torino i francesi Henri Rousseau e Jules Dupré, ma anche i toscani Giovanni Fattori e Telemaco Signorini e i fratelli Palizzi della scuola napoletana. navigaresrl.com
BILLY ELLIOT - IL MUSICAL
MILANO 4>14 APRILE
Sul palco del Sistina Chapiteau va in scena il musical Billy Elliot, diretto da Massimo Romeo Piparo, con Giulio Scarpati, Rossella Brescia, il giovanissimo Emiliano Fiasco nel ruolo di Billy e un cast di oltre 30 artisti. Lo spettacolo, con le musiche pluripremiate composte da Elton John, racconta la vicenda di Billy, ragazzo pieno di talento pronto a lottare contro chiunque voglia ostacolare il suo unico obiettivo: quello di diventare un ballerino. Frecciarossa è il Treno Ufficiale del Sistina di Roma e del Sistina Chapiteau di Milano, che offrono sconti del 20% sui biglietti degli spettacoli del giovedì e venerdì e del 10% per quelli del sabato e della domenica ai possessori di un biglietto Frecce con data di viaggio antecedente di due giorni dall’ingresso ai teatri e con destinazione Roma o Milano. ilsistina.it trenitalia.com
Tre giorni dedicati all’universo della bicicletta durante i quali è possibile scoprire le proposte dei produttori, i migliori servizi bike friendly in circolazione nonché itinerari di viaggio e destinazioni ideali per chi ama muoversi su pedali. L’edizione 2024 – nello spazio DumBO, distretto urbano multifunzionale della città – si arricchisce con un’area espositiva ancora più ampia e dà spazio ai workshop e ai racconti di esperienze con i Bikeitalia Talks. L’evento si conferma un appuntamento imperdibile anche per gli operatori del settore interessati a fare rete e sviluppare nuovi modelli di business: venerdì 5 torna infatti il Forum del cicloturismo che si avvale di uno sguardo internazionale e propone momenti di formazione, spazi di confronto, e laboratori per gli addetti ai lavori.
Trenitalia Tper è media partner della manifestazione. fieradelcicloturismo.it
MATERIA PRIMA FESTIVAL FIRENZE FINO AL 5 APRILE
Il corpo ibrido, abitato, migrante, vivo, è protagonista dell’11esima edizione del festival che per oltre un mese occupa il Teatro Cantiere Florida e altri spazi della città. Obiettivo della rassegna è avvicinare l’arte performativa alla comunità, coinvolgendone gli abitanti e vivendone i luoghi. Fra i nomi in cartellone quest’anno si trovano la compagnia riminese Motus, i collettivi multidisciplinari ZimmerFrei e AdA, gli interpreti Silvia Calderoni e Alberto Boubakar Malanchino, vincitori del premio Ubu, la Compagnia del carcere di Sollicciano (Firenze) e Fabiana Iacozzilli, drammaturga associata al Lincoln Center Directors Lab del Met di New York. I temi trattati sono complessi e universali: dal lavoro al legame indissolubile dei vivi con le persone morte, dall’Alzheimer alle variabili dell’abitare. materiaprimafestival.com
Nata nel 1848 in Gran Bretagna, la Confraternita dei preraffaelliti aspirava a ricreare nelle produzioni artistiche la purezza antiaccademica riconoscibile, secondo i suoi esponenti, nei lavori realizzati prima di Raffaello Sanzio. Attraverso circa 300 opere, tra cui dipinti, sculture, disegni, stampe, fotografie e ceramiche, la mostra ai Musei San Domenico ricostruisce la storia del movimento affiancando agli esemplari britannici più noti una consistente rappresentanza di modelli italiani. I Preraffaelliti si ispirarono infatti anche all’arte e all’architettura gotica veneziana, a Cimabue e a Giotto, dando vita a un’estetica che appare oggi incredibilmente moderna. mostremuseisandomenico.it
Una serie di sculture in marmo e bronzo e dipinti a olio di grandi dimensioni che rappresentano aragoste. Con la mostra allestita al Museo archeologico nazionale di Napoli, l’artista britannico rende omaggio alla mitologia che ruota attorno all’animale marino attraverso opere ispirate alla collezione di mosaici del museo provenienti dalla casa del Fauno di Pompei. Il risultato è un corpus di installazioni caratterizzate da forme giocose e colori sgargianti. Il lavoro di Colbert, però, non conquista solo per la sua estetica originale ma anche per la capacità di toccare temi più ampi, dal concetto di mortalità al significato di conflitto, e ispirare in chi guarda riflessioni sul presente. mann-napoli.it
LES ETOILES
ROMA 15>17 MARZO
Il gala internazionale di danza, ideato da Daniele Cipriani nel 2015, torna anche quest’anno nella Capitale. Per tre giorni e in più repliche, l’Auditorium Parco della musica può accogliere tanti spettatori, per ammirare les étoiles dei teatri internazionali più prestigiosi, provenienti da Asia, Europa e America. Le stelle si esibiscono nei passi a due più iconici della tradizione, ma anche in brani del ‘900 e di sofisticata contemporaneità. A rappresentare l’eccellenza dei virtuosismi in volo e sulle punte alcuni tra i professionisti più amati, come il kazako Bakhtiyar Adamzhan, lo spagnolo Sergio Bernal, la georgiana Maia Makhateli. E ancora l’americana Tiler Peck e la cubana Claudia García Carriera. A Giada Rossi, ballerina nella Compañía Nacional de Danza di Madrid, spetta il ruolo di portabandiera italiana.
danielecipriani.it – auditorium.com
BIF&ST
BARI 16>23 MARZO
La 15esima edizione del Bari international film&tv festival propone oltre 130 proiezioni ed eventi nei teatri Petruzzelli, Piccinni, Kursaal e Margherita. Natalie Portman e Julianne Moore aprono la rassegna con May December di Todd Haynes. Il 22 è in programma la visione di The Great Escaper, con Michael Caine e Glenda Jackson, scomparsa di recente. Per la sezione ItaliaFilmFest/The Best of the Year sono previste le presentazioni di due eccezionali successi: Io capitano di Matteo Garrone e C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Spazio anche a Cinema&Scienza. Polvere di stelle: sei incontri, dal 18 al 23 marzo, per le scuole superiori e le università. Infine, Bari omaggia uno dei più grandi registi italiani con La storia, la memoria. Tributo a Marco Bellocchio che prevede la proiezione di 16 dei suoi capolavori. bifest.it
Passione, valori tradizionali, cultura del proprio territorio e il desiderio convinto di costruire per tramandare. Le famiglie Placido e Volpone hanno unito questi principi nell’azienda omonima che ha sede a Ordona,
di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019in provincia di Foggia, nel territorio dell’antica città romana Herdonia. I vini prodotti, figli dello spirito di agricoltori e artisti, vengono realizzati con tecniche antiche e attrezzature all’avanguardia. Il principe dei vitigni è il Nero di Troia che trasmette al
Rosone intensità di frutta rossa per un sorso elegante, pieno e armonico. L’aggiunta di Sangiovese regala dinamicità e vellutata armonia a Il Rosso e il Nero. Rosàntica raccoglie e restituisce, nel rosato, un’esplosione di profumi e freschezza. Notevoli anche la Falanghina I cinque figli e Traianè, piacevole bollicina di Aglianico, Sangiovese e Nero di Troia. Da vivere con i suoi numerosi eventi la vigna didattico-artistica di Ordona ideata da Antonia Volpone, dove la passione per il vino si unisce a quella per l’arte. Un tunnel di vite ad archi introduce l’ospite nel cuore della vigna, un teatro a cielo aperto dove si fondono arte e natura. Il perimetro è abbracciato da otto piazze, ognuna arricchita da fiori e piante aromatiche. Questo è il luogo ideale per fare la conoscenza dei vini di famiglia. placidovolpone.it
Immerso nel cuore dei pascoli di Moena, il ristorante Malga Panna accoglie i suoi ospiti in un casale che risale al 1900 con un’incantevole vista sulla cittadina in provincia di Trento. Il rispetto della terra e delle sue materie prime è la filosofia della cucina di Paolo Donei che unisce in un perfetto binomio eleganza e concretezza dolomitica, profumi del bosco e sapori stagionali. Accogliente la sala rivestita in legno come la veranda, un palcoscenico sui monti circostanti. Tra i piatti da non perdere ci sono il Riso in barrique, trota e garum e la Zuppa di riesling con cappelletti di pollo ruspante, parmigiano e sakè. Il carrello dei formaggi raccoglie invece le migliori selezioni dell’arco alpino.
Ad Aosta sono Filippo Oggioni e Paolo Bariani a tenere alta l’asti -
cella della cucina gourmet con il loro Vecchio ristoro, all’interno di un mulino risalente al XVII secolo. L’ambiente è classico e accogliente, con soli sette tavoli. Tradizione e ingredienti del territorio vengono lavorati con ottima mano, mescolando stagionalità valdostana e sapori dell’Italia più lontana. Nel menù di talento spiccano i Rigatoni in bianco, robiola di capra, cedro e burro bruciato e il Salmerino di Morgex a fuoco lento e cavolfiore. ristorantevecchioristoro.it
Prodotti tipici della Sila
L’abbazia benedettina di Monte Oliveto Maggiore si trova a sud di Siena, a Chiusure di Asciano, tra il verde dei boschi e il tipico colore ocra delle Crete Senesi. Un’oasi di pace e tranquillità dove gustare le eccellenze agricole del territorio prodotte dagli stessi monaci. La fondazione del complesso religioso risale al 1319 da parte di San Bernardo Tolomei, il nobile senese che si ritirò nel deserto di Accona, zona collinare nella provincia di Siena, per seguire la Regola di San Benedetto. Dopo 705 anni di storia l’abbazia è ancora un luogo vivo e attivo sia come monastero che come fattoria. I monaci seguono la regola benedettina ora et labora e producono vini, tra i quali il Passito del Priore, ma anche zafferano, tartufi, farro e ceci. Nell’antica farmacia nascono liquori a base di erbe e nel 2022 si è aggiunto il frantoio dedicato a San Benedetto. L’olio dell’abbazia, oltre a essere davvero notevole, «fa brillare il volto dell’uomo», come dicono i Salmi. Il monastero è aperto all’ospitalità secondo la millenaria tradizione benedettina. monteolivetomaggiore.it
Il Parco nazionale della Sila, polmone verde della Calabria, custodisce veri tesori naturali, a partire dai vitigni più alti d’Europa, a 1.300 metri di altitudine, dell’azienda agricola Immacolata Pedace. Da Cava di Melis, nel comune di Longobucco, si può rimanere in provincia di Cosenza per una sosta a Lorica, sulla sponda del lago Arvo, per provare la cucina tradizionale del ristorante Il Brillo parlante. Carni della macelleria di famiglia, funghi sott’olio della zona e caciocavallo silano alla piastra trionfano nei piatti, mentre dalla griglia arrivano costate di manzo e salsiccia silana. Il tutto è accompagnato dalle birre artigianali prodotte nel birrificio di proprietà.
SOGNAVA DI DIVENTARE UN CAMPIONE DI TENNIS. MA È STATO
RAPITO DAL CINEMA, CHE L’HA PORTATO FINO AGLI OSCAR CON UN FILM SULL’ODISSEA DELL’EMIGRAZIONE. MATTEO GARRONE
RACCONTA LA SUA IMPRESA di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
Usa il plurale per raccontare la gestione del suo ultimo film Io capitano. L’impresa di pensare, realizzare e diffondere un progetto sul complesso tema dell’emigrazione verso l’Europa. «È un film che abbiamo fatto insieme a chi ha vissuto sulla propria pelle quell’avventura», racconta Matteo Garrone. Che ora sta compiendo un nuovo viaggio, per arricchire ancora una volta la sua vita, professionale e personale. Dopo il Leone d’argento per la regia ricevuto all’ultima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e la nomination ai Golden Globe, infatti, il film ora è candidato agli Oscar come Miglior film straniero. Nel periodo di quest'intervista Garrone è già a Los Angeles e le votazioni sono ancora aperte. «Sono qui per sostenere la campagna promozionale e sto lavorando con i miei collaboratori per far vedere il film il più possibile. Riuscire a catturare l’attenzione dei votanti non è semplice, soprattutto se non hai un grande budget», racconta. D’altronde, la competizione è forte: «Sono in gara con registi che hanno segnato la storia del cinema, come Wim Wenders». Col fiato sospeso, insieme a lui, «ci sono Seydou Sarr e Moustapha Fall, che hanno interpretato meravigliosamente i ruoli principali. E Mamadou, che ha raccontato la sua storia e ha vissuto l’odissea a cui ci siamo ispirati».
Questa è la sua prima candidatura all’Oscar. Cosa ha provato quando ha saputo di essere entrato nella cinquina finale?
Quando ho ricevuto la notizia ero in macchina per andare al Kustendorf International Film and Music Festival, in Serbia, ideato da Emir Kusturica. È stata una gioia immensa, un’enorme soddisfazione. Un riconoscimento di questo genere è prima di tutto un grande aiuto perché il film possa essere visto ancora di più in tutto il mondo. E non c’è cosa più bella di questo risultato per tutti coloro che hanno lavorato a Io Capitano A chi lo ha detto per primo?
Ho chiamato mio figlio. Sin da quando ho deciso di fare il film, lui è stato tra i miei più grandi sostenitori. La candidatura ha ricevuto il sostegno di tante realtà, anche di Trenitalia. Quali sono stati i momenti più intensi del percorso che l’hanno portata dalla macchina da presa alla notte degli Oscar?
La creazione di un film è legata a tante fasi diverse, tutte in qualche modo fondamentali, intense, emozionanti. Una grande avventura, anche per me che sono entrato in contatto con una cultura che non è la mia e mi ha permesso di conoscere chi realmente compie questo viaggio. Fare un road movie attraverso l’Africa e porsi come intermediario per chi non ha voce è stata un’e-
sperienza che mi accompagnerà tutta la vita. I momenti che hanno segnato il viaggio fino a qui partono da lontano, dai premi ricevuti a Venezia alla proiezione davanti a Papa Francesco, che ci ha sostenuti da subito, passando per la nomination ai Golden Globe. Fondamentale è stato anche l’incontro con il pubblico italiano e mondiale: ho vissuto momenti intensi nelle sale cinematografiche. È stato bello anche aver a che fare con gli studenti, sono grato a tutti gli insegnanti d’Italia, e non sono pochi, che hanno scelto di mostrare il film a ragazzi e ragazze.
Cosa è successo dopo la vittoria del Leone d’argento a Venezia?
I premi per la Miglior regia e il Miglior attore esordiente a Seydou, uno dei due protagonisti, hanno aiutato molto il film nella sua uscita in sala. Il tema trattato e la scelta di farlo uscire in lingua originale erano due elementi che potevano risultare non facili, ma i riconoscimenti hanno contribuito a creare un bel passaparola.
Cos’ha di diverso questo film rispetto agli altri che ha girato?
Ogni pellicola interroga un mondo, aiuta a entrare in un’altra dimensione e quindi diventa un viaggio. Io capitano mi ha dato la possibilità di arricchirmi come essere umano, vivere a contatto con persone che sperimentano l’ingiustizia e diventano vittime di un sistema profondamente sbagliato. È stato im-
portante scoprire la loro carica vitale nonostante tutto, la gioia di vivere, il desiderio di conoscenza, la grande umanità. Proprio il lungo percorso mi lega in maniera diversa a questo film rispetto ai precedenti. Forse, per questo, Io Capitano rimarrà nel mio cuore per sempre.
Quattro anni dopo Pinocchio, è tornato dietro la macchina da presa con una pellicola che riabbraccia il realismo tipico, per esempio, di Gomorra. Perché questa scelta?
Il film ha sicuramente degli elementi di realismo, a volte anche documentaristico, che possono far pensare a Gomorra, ma ha anche un’astrazione fiabesca che è molto vicina a Pinocchio Acrobaticamente unisce i due film. Ma con Pinocchio ha molti punti in comune: uno dei due protagonisti, infatti, insegue il paese dei balocchi, ha accanto a sé un Lucignolo e abbandona di nascosto la propria madre, proprio come il burattino fa con Geppetto, per poi scoprire un mondo estremamente violento. È un viaggio di formazione, dove non manca il realismo.
Al centro della trama c'è la complessa avventura di Seydou e Moussa, due giovani che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa. Che rapporto c’è tra il viaggio e il sogno?
Nel film è molto stretto. Quando si è giovani si sogna un futuro migliore, si vuole viaggiare e scoprire il mondo. Questo accade a tutti, è un segno di intelligenza e di responsabilità perché ci porta a voler migliorare la nostra
condizione familiare. Oggi però è un impulso spesso condizionato dai social, che danno la possibilità di vedere mondi lontani creando, però, proiezioni spesso illusorie. A volte, da certi Paesi, i giovani partono pensando di essere invincibili, ma spesso entrano in un meccanismo di morte. È un dramma che nasce dal sentire violata la propria dignità umana e la possibilità di muoversi liberamente.
Seydou Sarr e Moustapha Fall sono stati per un periodo in Italia ospiti di sua madre. Com’è nato questo rapporto tra loro?
Sono venuti a vivere qui dopo le riprese del film. Si sono fermati a vivere a Fregene, al mare, vicino a Roma, da mia madre, diventando così per lei come due figli adottivi. E continuano a stare lì felicemente.
Hanno girato un po’ il Paese?
Durante il tour promozionale, Seydou e Moustapha mi hanno accompagnato nelle sale e abbiamo attraversato l’Italia da nord a sud. Ricordo che quando siamo arrivati a Napoli hanno detto che quella città era come Dakar e gli ricordava molto la loro terra.
Ha frequentato il liceo artistico e spesso ha disegnato le inquadrature dei suoi film. Che rapporto ha con l’arte?
La mia formazione è pittorica, il cinema è un’arte figurativa e ho sempre avuto un legame privilegiato con l’immagine. È al centro della mia ricerca espressiva e spesso mi capita di fare una raccolta fotografica, uno storyboard o dei
disegni, insomma tutto ciò che aiuta a preparare visivamente meglio il lavoro.
Il 17 marzo è prevista la sua partecipazione al Bari international film festival. Ci andrà in treno?
Amo molto viaggiare in treno e sicuramente lo userò per arrivare nel capoluogo pugliese.
Cosa significa il viaggio per lei?
Penso sia uno strumento di conoscenza e di arricchimento fondamentale. Ci possono essere tante forme di viaggio. Chi come me fa un lavoro legato all’arte sa bene che ogni elemento può essere una forma di arricchimento che ti dà delle idee utili per fare un viaggio, anche solo con la propria immaginazione.
Che mondo sogna per suo figlio?
Spero che riesca a cavarsela in questo mondo così complesso, che nasconde trappole e insidie, soprattutto per chi attraversa la fase delicata dell’adolescenza. Cerco di stargli vicino e di accompagnarlo come posso, ma non è facile.
Lei voleva diventare campione di tennis. Che ne pensa di Jannik Sinner?
Sì, da piccolo sognavo di diventare un campione e ora come tutti in Italia sono un grande sostenitore di Sinner. Penso di essere un po’ come lui nella finale degli Australian Open in cui si è trovato a gareggiare due set sotto: spero di riuscire a fare la rimonta anche io.
LA POPSTAR ANGGUN SARÀ MARIA MADDALENA IN JESUS CHRIST SUPERSTAR PER FESTEGGIARE I 30 ANNI (ITALIANI) DEL MUSICAL DIRETTO DA MASSIMO ROMEO PIPARO di Gaspare Baglio gasparebaglio
Nel lontano 1994, il regista, autore e produttore Massimo Romeo Piparo portava in Italia il musical dei record: Jesus Christ Superstar. La sua era una versione in inglese, assolutamente aderente all’originale. Un successo che è stato messo in scena infinite volte con star come Elio, Max Gazzè, Amii Stewart, i Negrita, Mario Venuti, Giorgio Faletti. Ma anche con gli attori originali del film diretto da Norman Jewison e uscito nel 1973: Ted Neeley, Yvonne Elliman e gli indimenticabili Barry Dennen e Carl Anderson. Per celebrare i 30 anni italiani di questo grande spettacolo, una nuova versione dell’opera rock va in scena dal 7 al 17 marzo al Sistina Chapiteau di Milano e dal 20 al 31 al Teatro Sistina di Roma.
Nei panni di Gesù il cantante Lorenzo Licitra, nel ruolo di Erode c’è il rapper Frankie hi-nrg mc, Giuda è il performer Feisal Bonciani mentre Maria Maddalena è interpretata dalla popstar internazionale Anggun, che tutti ricordano per la mega hit Snow on the Sahara
Come ti senti a impersonare Maria Maddalena?
Sono onorata perché è l’unico, vero, grande personaggio femminile del musical. È iconica e le sue canzoni sono tra quelle più celebri dello show. Sul piano teorico cercherò di portare sul palco la mia individualità. Ma la verità si scoprirà solo on stage.
Come ti ha convinta il regista Piparo?
Non ha dovuto convincermi. Quando il mio manager mi ha detto della proposta ho subito pensato che fosse una cosa fantastica far parte di Jesus Christ Superstar. Non sapevo che
avrei dovuto interpretare Maria Maddalena, ma avrei accettato anche se mi avessero chiesto di vestire i panni di Giuda o Gesù. Conoscevi il musical?
In Indonesia, dove sono nata, non abbiamo la cultura degli spettacoli in stile Broadway, ma quando sono arrivata in Europa ho voluto cominciare a guardarli. E grazie a Jesus Christ Superstar ho conosciuto canzoni immortali come I don’t know how to love him ed Everything’s alright
Maria Maddalena è un personaggio moderno ancora oggi? È una donna che segue il cuore e pensa con la propria testa. Aspetti che la rendono molto moderna.
Contenta di tornare davanti al pubblico italiano?
È la mia prima esperienza in un musical in Italia, cantando in inglese. Ci sono tante prime volte. È sempre un piacere esibirmi nel vostro Paese: non vedo l’ora.
Quanto è stata importante la dimensione del viaggio per la tua formazione artistica?
Viaggiare apre la mente, il cuore e gli occhi. Si entra in contatto con moltissime novità: cibo, persone, luoghi, culture. È un istinto primordiale. Con gli smartphone il mondo ci sembra piccolo, ma è grande e ci aspetta.
Oggi chi è Anggun?
Quest’anno compirò 50 anni, ma i numeri non sono importanti. Sono una madre, una donna, un’artista. E sono felice. Mi sento una persona molto fortunata.
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PRIMO FILM DA REGISTA. TRA SFIDE CALCISTICHE E SENTIMENTALI di Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it
U«n giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia», cantava Francesco De Gregori nel brano La leva calcistica della classe ‘68. E Neri Marcorè, attore, musicista, e adesso anche regista, sembra corrispondere appieno alla descrizione. Apparso di recente nella miniserie Rai Mameli. Il ragazzo che sognò l'Italia, è in tournée nei teatri italiani con lo spettacolo La buona novella e da aprile arriva nelle sale con il suo primo film da regista, Zamora. Prodotto da Pepito con Rai Cinema e presentato in anteprima il 17 marzo al Bif&st di Bari, è tratto dall’omonimo romanzo di formazione di Roberto Perrone. Nella Milano degli anni ‘60, Marcorè interpreta Giorgio Cavazzoni, un ex portiere caduto in disgrazia dedito all’alcol e al gioco d’azzardo, che corre in aiuto del giovane protagonista Walter Vismara, impersonato da Alberto Paradossi. Perché ha scelto questo soggetto per il primo film da regista?
Ho letto il libro diversi anni fa e speravo di poter partecipare, un giorno, alla trasposizione cinematografica. Quando ne ho parlato con il produttore non solo ha accolto l’idea, ma mi ha esortato a esordire alla regia. Da attore, avevo ormai da tempo l’idea di mettermi dall’altra parte della macchina da presa. Poi il film mi somiglia molto, nei pregi e nei difetti. Riflette i miei gusti e le mie scelte che rivendico in toto, al di là che possano piacere o meno.
Come sono delineati i personaggi?
Vado molto fiero delle figure femminili, è un aspetto a cui tengo tantissimo: sono positive, aperte, libere intellettualmente, mosse anche dallo spirito degli anni ’60. Dalla mamma di Alberto alla sorella Elvira, passando per Ada, la ragazza di cui è innamorato, e Dolores, la segretaria dell’azienda. I soggetti maschili invece sono più grezzi, hanno tutti bisogno di prendere lezione dalle donne. Poi ci sono i due personaggi principali che cercano di aiutarsi a vicenda e imparare l’uno dall’altro. Il filo conduttore del film è proprio l’amicizia tra due uomini, ognuno con le proprie debolezze. Si rivede in loro?
Si nota in alcuni personaggi quell’attitudine piccolo borghese a preoccuparsi di cosa diranno i vicini, che vedo molto legata alla provincia e un po’ mi appartiene. Anche gli impacci e le timidezze di Vismara mi somigliano molto.
Che messaggio ha voluto trasmettere con questo film?
Non posso dire molto, ma si parla anche di consenso, dell’essere in grado di accettare un rifiuto. È un aspetto che mi aveva colpito nella lettura del libro e mi sembra importante ribadire. Spero che un esempio virtuoso possa riaffermare l’importanza di questo tipo di maturità sentimentale. E in generale che cosa accomuna i suoi lavori?
Ciò che faccio è dedicarmi a progetti che io da spettatore andrei a vedere. Credo che il pubblico meriti rispetto e questo si traduce nell’impegno nel fare una cosa bella, con tutta la fatica che richiede. Come quando, ormai diversi anni fa, lavoravo in televisione con Serena Dandini: quello che andava in onda era solo una minima parte, si faceva molta selezione per ottenere il miglior risultato possibile. Questo approccio è rimasto in tutto ciò che faccio.
nerimarcoreofficial
Gaspare Baglio gasparebaglio
Sono un vero fenomeno, un uragano di simpatia che ha travolto il Festival di Sanremo con la hit Ma non tutta la vita. I Ricchi e Poveri stanno cogliendo i frutti dei semi piantati nella città dei fiori anche sui social: la canzone è diventata una delle più virali. Su tiktok sono gli artisti che hanno avuto la maggiore crescita percentuale per numero di follower, pari al +218%. E l’engagement ottenuto su instagram sta generando un numero di interazioni e condivisioni incredibile. Senza contare i numerosi meme di cui Angela Brambati e Angelo Sotgiu sono protagonisti. Siete le star dei social.
[AS] Sì, con grande soddisfazione.
[AB] Io e Angelo siamo sempre stati giocherelloni. Siamo noi stessi, ci divertiamo e gli altri si divertono. Ora che Sanremo è finito che progetti avete?
[AB] Registreremo inediti scritti da Edwyn Roberts, che ci piace tantissimo e ha molto talento.
[AS] Poi partiamo per il tour in giro per l’Italia. Il 3 maggio sarete al Teatro Dal Verme di Milano e il 21 al Brancaccio di Roma con il vostro live. Cosa dobbiamo aspettarci?
[AB] Te lo dirò dopo che è accaduto! (ride, ndr).
[AS] Ogni concerto è un’avventura, una porta nuova che si apre. Chiaramente, ripercorriamo i nostri grandi successi tranne Ma non tutta la vita
[AB] Ma cosa dici?
[AS] Sto scherzando! (ride, ndr). Avete calcato le assi dell’Ariston tante volte. Quali sono quelle indelebili?
[AB] Il nostro debutto con La prima cosa bella e poi l’esibizione con Sarà perché ti amo
[AS] Un pezzo che ci ha dato l’opportunità di girare il mondo. Ce la siamo goduta.
[AB] Una bella canzone al momento giusto. Sarà perché ti amo è un po’ come Ma non tutta la vita. Entrambe mi hanno trasmesso le stesse sensazioni. Che rapporto avete col treno?
[AS] Lo prendiamo spesso. È rilassante.
[AB] Io lo amo. Il treno è me-ra-vi-glio-so.
[AS] Soprattutto il Frecciarossa, sempre puntuale.
[AB] Anche le Frecce degli altri colori. Basta che sia un treno, per me.
Qual è il vostro obiettivo adesso?
[AB] Vedere quante persone abbracciamo mi fa pensare che forse qualcosa abbiamo dato, perché nessuno ti regala niente. Abbiamo sempre voluto donare allegria al pubblico e per questo siamo stati ripagati.
[AS] Sentiamo molto affetto intorno a noi e vogliamo ricambiare questo amore.
ricchiepoveri.com ricchiepoveriofficial
di Francesca Fabiana Ferrandi [insegnante e redattrice, collabora con l’Accademia Molly Bloom*]
Quanta vita si nasconde nella memoria? È questa la domanda che pulsa in ogni pagina di Baumgartner, l’ultimo romanzo di Paul Auster, edito in Italia da Einaudi con la traduzione di Cristiana Mennella. A essere raccontata è la storia di Seymour Baumgartner, soprannominato Sy, professore di filosofia all’Università di Princeton che da dieci anni ha perso la moglie, traduttrice e poetessa, a causa di un incidente in mare. Da allora «Baumgartner si emoziona ancora, ama ancora, desidera ancora, vuole ancora vivere, ma nell’intimo è morto. Sono dieci anni che lo sa, e sono dieci anni che fa il possibile per ignorarlo». In punta di piedi, Auster ci porta nella quotidianità di quest’uomo, ormai in età avanzata, le cui azioni hanno tutte un medesimo fine: tenere in vita il ricordo della moglie. Anna – questo il suo nome – pur nell’assenza rappresenta l’altra grande protagonista del romanzo. È lei che Baumgartner immagina ancora muoversi nella loro grande casa, ormai vuota; è lei che intravede negli occhi delle altre, quelli della fattorina Molly o di una studentessa con cui lavora a una tesi; è lei, ancora, che in preda a un’allucinazione – uno degli scherzi che
il dolore di tanto in tanto causa –sente parlare al di là della cornetta di un telefono staccato. Sue, infine, sono le carte a cui decide di mettere mano: manoscritti inediti, poesie, traduzioni, che rendono la presenza di Anna quasi tangibile. D’altronde è questo il grande potere della scrittura, renderci immortali.
Impossibile non vedere una volontà testamentaria in questo romanzo delizioso, delicato, intimo e luminosissimo. Lo scrittore – classe ‘47, uno dei maggiori autori statunitensi contemporanei – è malato di tumore, e Baumgartner, stando alle sue parole, potrebbe essere il suo ultimo romanzo. Dentro ci sono condensati tutti i caratteri della sua opera e i tòpoi letterari che l’hanno contraddistinta: la caotica New York, la gestione del dolore, la ricerca di un senso a partire da un lutto, le partite di baseball, le telefonate che cambiano la vita o gli amori che la segnano per sempre. Il tutto impreziosito da una prosa vivida, diretta, intensa, ricca di immagini suggestive, come solo quella di Auster sa essere.
Senza farsi trarre in inganno: non è Baumgartner un triste e stucchevole romanzo sulla morte, ma un elogio alla memoria e alla scrittura da cui emerge, quasi sussurra -
to, un sentimento di riconoscenza. Nel suo dolore incolmabile, nel suo straniamento perenne, il protagonista riesce a mantenere una sua serenità, una sua saggezza e una sua gentilezza d’animo. Non ha disimparato l’arte della meraviglia, né la gratitudine per quello che è stato e che non sarà più.
Succede puntualmente
Il suo umore migliora quando apre la porta e vede che è Molly, la fattorina dell’Ups, una visitatrice abituale che con il passare del tempo è assurta al rango di... di cosa? Non è esattamente un’amica, ma ormai è più di una semplice conoscenza, dato che da cinque anni si affaccia alla sua porta due o tre volte alla settimana, e la verità̀ è che il solitario Baumgartner, che ha perso la moglie da quasi dieci anni, è segretamente invaghito di questa trentacinquenne tarchiata di cui non sa nemmeno il cognome, perché anche se lei è nera e sua moglie no, Molly ha negli occhi qualcosa che lo fa pensare alla sua Anna ogni volta che la guarda. Succede puntualmente, ma lui fatica a dire di preciso cosa sia questa cosa. La sua prontezza, forse, anche se è molto più di questo, oppure la si potrebbe definire radiosa attenzione, oppure, se non è questo, semplicemente la potenza di una personalità luminosa, vitalità umana in tutto il suo vibrante splendore che si sprigiona dall’interno verso l’esterno in un balletto serrato e complesso fra ragione e sentimento – una cosa cosí, forse, ammesso che abbia senso, ma comunque si volesse definire la cosa che aveva Anna, ce l’ha anche Molly. Ecco perché Baumgartner si è messo a ordinare libri che non gli servono e che non aprirà mai, e che finirà per donare alla biblioteca pubblica locale, al solo scopo di passare un paio di minuti in compagnia di Molly ogni volta che lei suona il campanello per consegnarne uno. […]
Incontro ai cavalloni
La psicologa gli aveva detto: Lei non sente niente. Ancora non ha preso davvero coscienza di quello che le è successo. Quello che è successo, aveva risposto Baumgartner, non è successo a me, ma ad Anna, che di conseguenza è morta, e siccome io ho visto il suo corpo senza vita sulla spiaggia, siccome io quel corpo senza vita l’ho portato in braccio, ho preso coscienza eccome di quello che le è
successo. Mi fa rabbia che abbia insistito per tornare in acqua un’ultima volta, anche se tirava vento e il mare era agitato, arrivavano onde sempre più grosse, ma quando le ho detto che si stava facendo tardi e che dovevamo tornare a casa, mi ha riso in faccia ed è corsa incontro ai cavalloni. Anna era cosí, una che faceva comunque quello che voleva, senza sentire ragioni, un’impulsiva piena di entusiasmo, e una nuotatrice provetta, per giunta. Quindi incolpa se stesso, aveva detto la psicologa. Sembra che mi stia dicendo questo.
No, non incolpo me stesso. Sarebbe stato inutile insistere. Non era una che prendeva ordini o si lasciava comandare a bacchetta. Era un’adulta, non una bambina, e da adulta ha deciso che sarebbe tornata in acqua, e io non l’avrei fermata. Non ne avevo il diritto. Se non è senso di colpa, allora è rimpianto, magari anche rimorso. No e no. Lei pensa che io le stia remando contro, lo vedo dalla sua espressione, ma non è cosí. È solo che prima di metterci al lavoro dobbiamo fare chiarezza. Sí, se non fosse tornata in acqua sarebbe ancora viva, ma non saremmo stati insieme più di trent’anni se per esempio avessi provato a impedirle di entrare in acqua quando voleva.
[…]
Cade la linea
Non ha idea di come succeda, né capisce perché sia in grado di parlargli in questo momento, sa soltanto che tra i vivi e i morti c’è un legame, e che un legame profondo come quello che c’era tra loro quando lei era in vita può proseguire anche dopo la morte, perché se uno muore prima dell’altro, il vivo può mantenere il morto in una specie di limbo provvisorio tra la vita e la non-vita, ma quando muore anche il vivo, allora è la fine, e la coscienza del morto si spegne per sempre. Anna si ferma un attimo per inspirare, poi, mentre espira, gli fa una domanda per la prima volta da quando lui ha alzato la cornetta: Tu ci capisci qualcosa?
Prima che Baumgartner possa risponderle, Anna smette di respirare, smette di parlare e cade la linea. […]
Nove anni e otto mesi
È andato tutto in pezzi il giorno del pentolino bruciato e del capitombolo per le scale. Prima di allora non aveva capito quanto fosse profondamente combattuto rispetto a tutto ciò che riguardava Anna, di non aver fatto altro che allontanarla e aggrapparsi a lei allo stesso tempo, liberando la casa da ogni sua traccia ma mantenendo intatta la stanza dove lavorava, dando via il voluminoso assortimento di vestiti che aveva riordinato e riappeso con cura metodica quando era andato in crisi dopo la sua morte, cambiando poi il letto, i fornelli, il frigorifero, il tavolo e le sedie in cucina, i mobili del salotto, le lenzuola, i cuscini, gli asciugamani, le posate, i piatti, le scodelle, le tazzine, le tazze, i bicchieri, la teiera, la caffettiera, e un migliaio di altri oggetti piccoli e grandi in ogni stanza al piano di sopra o al piano di
sotto salvo uno, eppure, anche se ormai Baumgartner non metteva quasi più piede in quella stanza, lei era ancora lí in casa con lui, in agguato da qualche parte lí vicino, a volte troppo vicino, ma sempre appena oltre la cornice del suo sguardo, e poi gli era piombata addosso quel pomeriggio tremendo di aprile mentre lui dal tavolo della cucina guardava il pentolino carbonizzato per terra, l’unica cosa che non si era preso la briga di far sparire, e anziché cogliere l’occasione per passare un po’ di tempo divagando con Anna, l’aveva scacciata, l’aveva estromessa con una foga cosí brutale, incosciente da lasciarlo atterrito. Poi era arrivato lo spettacolo del pettirosso che divorava i vermi in giardino, e poi il crollo, perché solo allora, dopo nove anni e otto mesi in cui si era sforzato di vivere tra due stati d’animo contraddittori e reciprocamente distruttivi, si era reso conto di aver combinato un gran pasticcio. Vivere è provare dolore, si era detto, e vivere con la paura del dolore significa non voler vivere. […]
La nostra rubrica Un treno di libri è a cura di Molly Bloom, l’accademia fondata a Roma da Leonardo Colombati ed Emanuele Trevi, che riunisce alcuni dei migliori scrittori, registi, sceneggiatori, musicisti e giornalisti del Paese. Con un unico fine: insegnare la scrittura creativa per applicarla ai campi della letteratura, della musica, dello spettacolo, dei media e del business. mollybloom.it
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Rizzoli, pp. 128 € 15
Essere madri e figlie per scelta, scegliendosi. Per amore, non per sangue. La famiglia queer di Michela Murgia rappresenta migliaia di nuclei affettivi che hanno la necessità di essere rappresentati. Un pamphlet postumo, profondo e ricco di riflessioni, in cui la scrittrice sarda, scomparsa la scorsa estate, racconta un altro modo di essere donne, oltre i ruoli e i modelli sociali. A partire dai legami dell’anima e del sentire.
STENDHAL IN BICICLETTA
Manlio Pisu
Il Sole 24 Ore, pp. 224 € 16,90
Andare in bicicletta trasmette senso di libertà e una profonda connessione col mondo che ci circonda. In Italia il cicloturismo genera un giro di affari di cinque miliardi, cifra che potrebbe crescere rapidamente con investimenti adeguati. L’autore racconta i percorsi sperimentati in prima persona, fornendo consigli utili su diversi itinerari d’autore: dalla Via Francigena a quella dei Tramonti nella Sicilia occidentale. Per viaggi sempre più sostenibili.
DIO. LA SCIENZA, LE PROVE
Michel-Yves Bolloré, Olivier Bonnassies Sonda, pp. 612 € 24,90
Anche la fisica, a un certo punto, non basta più a se stessa e deve confrontarsi con i grandi interrogativi dell’esistenza. Due autori, 30 studiosi, tre anni di ricerche per un bestseller che vuole offrire una narrazione approfondita sulla scienza, la cosmologia e le connessioni filosofiche e religiose. Perché, come afferma il fisico Antonio Zichichi, scienza e fede sono espressioni delle due componenti di cui tutti siamo fatti, il trascendente e l’imminente, e non contrastano l’una con l’altra.
ZATANNA
Paul Dini
Panini, pp. 440 € 41
Lo spettacolo più in voga a Las Vegas? Quello dell’incantevole Zatanna. La differenza con gli altri show? La sua magia è reale. Tutto procede per il meglio fino a quando la figlia del mago Zatara si trova costretta a tirare fuori unghie e poteri mistici per sventare un numero imprecisato di minacce. Se poi il nemico è il fantasma di una persona amata la situazione si fa complicata. La raccolta completa delle storie firmate dal pluripremiato sceneggiatore Paul Dini.
LA FABBRICA DELLE RAGAZZE
Ilaria Rossetti
Bompiani, pp. 312 € 19 Ragazze con i capelli al vento e gli occhi avidi di vita che ogni mattina, in sella a una bicicletta, raggiungono la loro fabbrica. Siamo nel 1918 e in quello stabilimento si costruiscono munizioni. Le operaie sono tutte donne, giovanissime, mentre gli uomini sono al fronte. Molte di loro diventano vittime di una tremenda esplosione che una maledetta mattina investe lo stabilimento. Un episodio da non dimenticare sul lavoro femminile e le morti bianche.
L’OPERA DELLE PRIMEDONNE
Stefania Bonfadelli
Edizioni Lindau, pp. 144 € 16
In epoche in cui le donne erano abituate a tacere, il melodramma ha dato alle sue interpreti la possibilità di alzare la voce. Il teatro d’opera ha salvato donne di talento da esistenze misere, offrendo loro un riscatto culturale, etnico, economico e sociale. Le protagoniste di questo libro sono tutte figure di spicco del belcanto unite da vite singolari (a volte drammatiche), da umili origini e dal coraggio di usare l’arte per diventare libere.
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it
A«chi serve il femminismo?». «Perché la parola femminismo mi dà tanto fastidio?». In questo libro pieno di domande, pensato per i giovani maschi ma utile a chiunque, l’autore ricostruisce la storia del movimento e tenta di abbattere il pregiudizio che ancora ruota intorno al tema.
Attraverso 18 brevi capitoli, arricchiti dalle vignette e dai fumetti di Cristina Portolano, si svelano falsi miti del maschile e del femminile e si toccano argomenti delicati con un linguaggio chiaro e un tono mai giudicante, dall’importanza della salute sessuale al valore del consenso nelle relazioni fino alle disparità che interessano alcuni ambiti della vita sociale.
A partire dalle prime pagine appare subito chiaro un fatto: il femminismo o, per essere più precisi, i femminismi sono utili a tutte le persone, a prescindere dal genere di appartenenza. Perché svincolano chiunque dalle pressioni sociali che soffocano la personalità del singolo. Se le ragazze non sono obbligate a essere dolci e carine, i ragazzi possono esprimere le proprie emozioni sen -
Settenove, pp. 176 € 17 (da 11 anni)
Un disegno di Cristina Portolano tratto da I ragazzi possono essere femministi?
za timore; se le donne non devono per forza dedicarsi al lavoro di cura, gli uomini sono autorizzati a rifiutare la narrazione che li vuole sempre forti e performanti. Così, risposta dopo risposta, Lorenzo Gasparrini mostra ai lettori i vantaggi di essere femministi, primo fra tutti la possibilità di sviluppare l’autocoscienza e muoversi verso una libertà autentica e rispettosa delle differenze. Un piccolo manuale per imparare a leggere il mondo e a mettere in discussione le regole che lo governano.
ERAVAMO IL SUONO
Matteo Corradini
Edizioni Lapis, pp. 224 € 12,90 (da 9 anni)
Un gruppo di ragazze sta organizzando uno spettacolo-concerto in ricordo dell’orchestra femminile di Auschwitz e l’insegnante che le guida chiede a due di loro di raccogliere conchiglie sulla spiaggia per prepararsi al meglio. Quando Anita, la protagonista dell’esibizione, appoggia l’orecchio allo scheletro del mollusco succede qualcosa di inaspettato: alcune componenti dell’orchestra iniziano a raccontarsi in prima persona, dando voce a otto storie di talento, tenacia e umanità. A.A.D.
STORIA A STRISCE
Kęstutis Kasparavičius
Iperborea, pp. 32 € 16 (da 4 anni)
Quando Zebrina si perde al mercato, comincia a trottare per la città e scopre che ci sono tantissime strisce per il mondo: dalla cravatta del signor Orso alle calze di Castoro, dalle betulle al parco alle tigri in spiaggia fino ai tasti del pianoforte. Il grande illustratore lituano fonde surreale e quotidiano nelle avventure dei suoi animali antropomorfi, in un albo che ci immerge in un universo poetico fatto di tanta fantasia, humour e grazia, in uno stile unico e senza tempo, come solo i classici sanno fare. G.B.
scaffale ragazzi a cura della redazione
CANE ZOPPO
Marisa Vestita, illustrazioni Giulia Pastorino Edizioni Clichy, pp. 40 € 21 (da 3 anni)
In questo libro, due bambini portano avanti uno spassoso dialogo da cui emerge un tratto tipico dell’infanzia: il desiderio di possedere più cose degli altri e primeggiare. Per farlo uno dei due sfoggia figurine, macchinine e dinosauri, l’altro si vanta invece di avere per amico un animale eccezionale: un cane zoppo che con la sua generosità e stravaganza suscita l’invidia di chi non può comprarlo. Una lettura che esalta il valore della cura e della gentilezza, contro la futilità dei beni materiali. A.A.D.
IL MUSEO DEL NIENTE
Steven Guarnaccia
Corraini Edizioni, pp. 48 € 21 (da 4 anni) Ottavia e Otto si aggirano per un edificio che raccoglie opere molto bizzarre: una statua dell’uomo invisibile, bottigliette apparentemente vuote contenenti aria da tutto il mondo, l’installazione di una bolla dissolta nel nulla. C’è poi una biblioteca dove tutti i libri hanno pagine vuote e la sala dedicata ai buchi, quelli nelle ciambelle, nel formaggio e nei bottoni. Un libro ironico che invita a guardare con attenzione quello che sembra un enorme niente per lasciarsi sorprendere. A.A.D.
1, 2, 3 ARTE!
Adriano Attus
24 Ore Cultura, pp. 36 € 22,90 (da 8 anni) Matematica e arte vanno a braccetto, si mescolano e fanno viaggiare con la fantasia. Accostati tra loro, quadrati, rettangoli, cerchi e triangoli colorati possono creare infinite combinazioni, dando vita a buffi personaggi o a razzi pronti a partire. Grazie a una doppia base metallica e cinque tavole magnetiche che si associano al cartaceo, bambini e bambine possono dare sfogo alla fantasia utilizzando le diverse forme geometriche disponibili in dieci colori. E divertirsi con la matematica. I.M.
LA MAMMA DI NEANDERTAL
Irene Biemmi e Sandro Natalini, illustrazioni Sandro Natalini
Editoriale Scienza, pp. 48 € 14,90 (da 5 anni) Si parla spesso dell’uomo di Neandertal, di come sapesse maneggiare il fuoco, fabbricare armi di pietra e cacciare. Ma cosa faceva nel frattempo la donna primitiva? Con umorismo e sensibilità questo albo illustrato si addentra nella vita dell’universo femminile del Paleolitico, tra i piaceri e le responsabilità delle donne di Neandertal. I più piccoli potranno così conoscerne gli impegni quotidiani e le usanze, il linguaggio, i canoni di bellezza, le sepolture e il rapporto con l’arte e la musica. I.M.
IN TV PER LA TERZA VOLTA NEI PANNI DI LOLITA LOBOSCO, LUISA RANIERI È STATA
SCELTA DA JOHNNY DEPP PER IL SUO NUOVO FILM SU AMEDEO MODIGLIANI
di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
Quando parla trasmette tranquillità, sicurezza e consapevolezza delle proprie capacità. Ma anche fiducia nel fatto che ogni cosa avvenga a tempo debito. Basta saper aspettare. Eppure, Luisa Ranieri si definisce timida e loda l’imperfezione, dote che caratterizza anche i personaggi femminili che interpreta. Primo tra tutti la vicequestore Lolita Lobosco, protagonista dell'omonima fiction, in onda su Rai1 dal 4 marzo, con la terza stagione. Com’è stato riprendere questo ruolo?
Mi sono ritrovata subito bene nel personaggio, che amo molto. All’inizio avevo il terrore di non riuscirci. Invece, mi sono messa i tacchi, ho ripreso a guidare la Bianchina e, con facilità, ho riacquistato i suoi atteggiamenti. Cambia qualcosa nella nuova serie? Gli amici e i parenti di Lolita rimangono gli stessi?
Lolita si barcamena sempre tra passato e futuro, fedele a se stessa ma desiderosa di cose nuove. Per lei è importante avere un uomo che gli cammina accanto e non davanti. Ritiene centrale l’amicizia, così può sentirsi amata pur mantenendo
la libertà di stare da sola. La sua amica più stretta è, al contrario di lei, una donna con marito e figli che ha bisogno di cercare uno stimolo fuori dalla coppia. Tutti i personaggi si evolvono, perché vivono in una società in cui l’idea di famiglia è cambiata. Gli uomini, in particolare, si trovano a fare i conti con un’immagine femminile diversa. Partendo da un impaccio iniziale, trovano poi una via di comunicazione tra i due sessi.
Da Imma Tataranni a Mina Settembre, sono diverse le protagoniste tv che si occupano di indagini. Investigare è una dote femminile?
Mi piace che ci sia una nuova ondata di indagatrici. In generale, ritengo che le donne siano molto meticolose e quindi determinate, radicali. Hanno un particolare intuito, un sesto senso. Nello specifico, Imma è una donna sposata e ha un recinto in cui stare, mentre Lolita non ne ha, perché mette il lavoro davanti a tutto.
Lo scenario straordinario della fiction è Bari. Che rapporto ha Lolita con questa città?
Bari è coprotagonista con lei nella serie. È una città molto bella e valorizzata bene dal regista, Renato De Maria. Il mio personaggio supera anche l’idea stereotipata della donna del Sud: è ancorata sì al passato, alla tradizione, ma si proietta anche verso il futuro. Oggi le donne meridionali sono
sì legate alla cultura dei loro luoghi, ma sono contemporanee e moderne nel modo di agire. In quali altri luoghi è ambientata la fiction?
A Putignano, Polignano e in altri paesini dell’entroterra, con le tipiche masserie. Ma anche a Monopoli, in particolare a Capitolo. Tutta la zona è proprio bella. I prodotti coltivati in quei posti e i cibi tipici, nell’immaginario collettivo, fanno proprio Italia.
Che legame hai con Napoli, dove sei nata e vissuta? Ci torni spesso, cosa ti piace fare?
Vado spesso a trovare mia madre che vive ancora là. La lingua napoletana mi appartiene profondamente. Napo -
li è tante cose, ho molta nostalgia di tutto. Quando vado scelgo un albergo sul lungomare, vivo la città da turista, mangio la pizza fritta da Masardona. Con le mie due figlie sono stata anche a Pompei e sulla Costiera amalfitana e mi piace portarle in giro per i musei della zona. La più grande guarda la serie Rai Mare fuori e conosce bene Napoli e i dintorni.
Hai un diploma di operatrice turistica. Avresti voluto lavorare in quel campo?
È stato un caso, in realtà: volevo fare il liceo linguistico ma non ho trovato posto. Allora sono andata in questa scuola dove si insegnavano le lingue e sono rimasta lì fino al diploma, perché
mi ero anche affezionata alle compagne. Ho sempre amato viaggiare e il mio lavoro mi fa girare parecchio. E di strada ne hai fatta. Basti pensare al recente successo internazionale del film di Paolo Sorrentino È stata la mano di Dio. Una parte complessa, anche con una scena di nudo. Che rapporto hai con il tuo corpo e la tua immagine?
Sono timida e non mi trovo bene quando devo recitare in certe situazioni. Di certo non è stato facile, ma ancora meno lo è stato mettersi a nudo emotivamente. Però è stata una grande chance come attrice, che mi ha consentito di esplorare il disagio mentale e la depressione. Ringrazio
molto Paolo per aver scelto me: è stato un regalo del cielo.
E tu, personalmente, hai trovato difficoltà legate all’essere donna?
In un certo periodo ho vissuto il pregiudizio di essere un prototipo femminile che non andava di moda. Ma con la determinazione, la perseveranza e il mestiere tutto si può scardinare. Si deve dimostrare di più, certo, è faticoso. Spero che per le mie figlie sarà meno in salita.
Hai visto il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi?
L’ho amato molto, è una pellicola di cui avevamo bisogno per risvegliare le nostre coscienze e ci ha ricordato cose che si danno per scontate. Ho
anche portato le mie figlie, una di nove anni e una di 13, a vederlo. Il film serve per far capire, soprattutto ai giovani, che la violenza è un retaggio culturale di cui non riusciamo ancora a liberarci. Non ci sarà un principe azzurro a salvarci, ma lo faremo da sole. E Paola ha trattato il tema con delicatezza e garbo, ha dimostrato di essere all’altezza della situazione. In questi anni è cambiato il punto di vista, perché si è capito che le donne frequentano di più il cinema, vedono la tv, amano la cultura. Insomma, il mondo femminile è stato raccontato dagli occhi di una donna, cosa che prima non ci facevano fare.
È vero che ora sei nel cast del film Modigliani, diretto da Johnny Depp? Posso dire poco del film, è giusto che parlino prima il regista e il protagonista, Riccardo Scamarcio. Con lui ho lavorato per la prima volta in questa occasione. Depp è una persona molto gentile e un professionista. Sono contenta, è stata una bella esperienza, anche umana. Come è successo? Chi ti ha scelta? Mi è arrivata una telefonata da un’agente che affermava che Depp voleva offrirmi un ruolo. Ho pensato a uno scherzo e ho chiesto se dovevo fare un provino. Inoltre, sembrava che le date giuste non ci fossero, perché in quel periodo giravo con
Sorrentino e anche per Lolita. Magicamente, invece, sia per la disponibilità della produzione, che ha fermato le riprese per tre volte, sia per la forte insistenza di Depp, ho potuto accettare. C’è stata anche una coincidenza che ritengo particolare: il giorno della notizia stavo girando con Paolo una scena importante proprio a Livorno, la città di Modigliani. L’ho considerato un segno, da fatalista quale sono. Con tuo marito, Luca Zingaretti, vi confrontate o vi scambiate consigli professionali?
In passato non lo facevamo, ora che ho acquisito maturità e sicurezza mi fido ciecamente di lui. Negli anni è diventato un mio grande alleato e anche lui si fida di me.
E con la famiglia viaggi spesso?
Come detto prima, mi piace fare la turista con le mie figlie. Ogni giorno si può inventare un itinerario. Non c’è un posto in Italia, dalla punta dello Stivale fino alle Alpi, dove non si possa trovare una cultura differente anche a distanza di 50 chilometri. Amiamo viaggiare in treno e spesso utilizziamo le ore del tragit-
to anche per fare i compiti. Le tue figlie ti vedono in tv o al cinema?
Sì sì. La grande, in particolare va pazza per Lolita. Non credevo che il suo personaggio potesse essere tanto amato dai giovani e sui social, non me lo spiego neanche ora. Di sicuro piace molto. Forse perché ha spirito di indipendenza, è imperfetta. Non è un modello inarrivabile, quindi chiunque ci si può immedesimare.
luisaranieriofficial
PAESAGGI NATURALI, TEATRI STORICI E CAPOLAVORI DI ARCHEOLOGIA. IL TERRITORIO DI PESARO, CAPITALE ITALIANA DELLA
CULTURA 2024, NASCONDE SORPRESE TUTTE DA SCOPRIRE di Floriana Schiano Moriello floriana.schianomoriello florianaschianom - floriana.fsm@gmail.com
Ascorrere i titoli della stampa estera le Marche, ormai da tempo, brillano di luce propria, al punto da assurgere al rango di new Tuscany. E cioè di nuova meta prediletta dai turisti stranieri, grazie ai panorami e al patrimonio artistico ed enogastronomico. Ma questa regione vanta località ancora poco note, in contesti ambientali unici, meritevoli senz’altro di una visita. È il caso del territorio della provincia di Pesaro e Urbino dove a spiccare non è solo la Città della musica che, nominata Capitale italiana della cultura 2024, vivrà un anno sotto i riflettori, ma anche 50 comuni della circoscrizione. A circa 12 chilometri dal capoluogo, Fano è un vero tesoro nascosto. Perché, Carnevale e brodetto a parte, questa è la città della fortuna. I Romani la battezzarono Fanum Fortunae edificandovi un tempio consacrato al culto della dea bendata, intorno al quale si sviluppò un centro nevralgico, approdo sul mare della via Flaminia. La consolare, a cui è pure dedicato un museo multimediale, ancora entra in città attraverso lo spettacolare Arco di Augusto, innestandosi nel decumano massimo. Tracce di Fortuna sono rinvenibili in tutta l’area: al Museo civico ci si imbatte nella statua con cornucopia del I-II secolo d.C., mentre in piazza XX Settembre la dea volteggia in versione bronzea sulla fontana a lei dedicata. Pure il principale teatro cittadino, dal sontuoso stile neoclassico, è intitolato alla divinità. Ma Fano è anche una località di mare: da non perdere il caratteristico molo dei trabucchi, con le sue pittoresche casette in legno, e il quartiere El Gugul, l’antico distretto dei pescatori. A loro si deve l’invenzione della celebre moretta fanese, un caffè caldo sposato a un mix di liquori e scorza di limone, oggi servito in bicchierini di vetro che ne lasciano scorgere il gioco di consistenze e sfumature di colore. Dal mare spostarsi nell’entroterra è facile, e se ogni paese reclama la visita per le bellezze che ha da sfoggiare, il borgo gioiello di San Lorenzo in Campo colpisce tra gli altri per le atmosfere antiche e la presenza del possente palaz-
zo Della Rovere. Oggi è sede del teatro Tiberini, preziosa struttura dai decori liberty, tuttora vivace luogo di ritrovo per gli appassionati degli spettacoli dal vivo.
Serpeggiando tra i campi coltivati a farro, appare poi Pergola. Immersa nella valle del Cesano, la cittadina, inserita tra i Borghi più belli d’Italia, ospita un tesoro assoluto: i Bronzi dorati, unico gruppo di questo materiale giunto fino a noi dall’età romana, conservato nel museo che ha sede all’interno del trecentesco ex convento di San Giacomo. Una sala immersiva ne racconta la storia rocambolesca: le statue, ridotte in 318 frammenti, furono rinvenute per caso nel 1946 da due contadini in una fossa vicino a Cartoceto di Pergola e poi ricomposte. Nel gruppo ci sono due cavalieri e due matrone, la cui identità è avvolta ancora nel mistero. Visitare il Museo dei bronzi dorati e della città di Pergola e ritrovarsi al cospetto delle monumentali sculture ricche di fregi è un’esperienza straordinaria. Spostandosi verso il Montefeltro è un susseguirsi di borghi e paesaggi silenziosi, molti dei quali tappezzati di vigne: questa infatti è anche terra di vini, come il Bianchello del Metauro Doc e il Colli Pesaresi Doc. Lungo il percorso vale una sosta la Gola del Furlo, dal 2001 Riserva naturale statale, spettacolare canyon scavato dalle verdi acque del fiume Candigliano, lungo il quale è possibile praticare at tività outdoor. Da que ste parti la natura chiama per esse re vissuta e non solo ammirata. Il Furlo ricade nel comune di Acqualagna, celebre capitale del tartufo. Nelle
sue varie tipologie, il pregiato fungo è disponibile per tutto l’anno, insieme a molte altre eccellenze agroalimentari esposte al Palazzo del gusto, a due passi dalla casa natale dell’imprenditore Enrico Mattei.
Proseguendo verso nord, superata Urbino, si giunge a Sassocorvaro, municipio del comune di Sassocorvaro Auditore, in cui sorge una massiccia rocca rinascimentale. Progettata dall’architetto Francesco di Giorgio Martini per Federico da Montefeltro, la Rocca ubaldinesca è ricca di significati esoterici e ha la forma di una tartaruga. Benché concepita come opera di difesa, nei secoli si è trasformata in residenza signorile, con un bel cortile d’ingresso, interni suggestivi e un teatro, bomboniera di metà ‘800, ricavato in una sala dalla volta a tutto sesto completamente affrescata. Qui il loggione sospeso, tra delicate grottesche, festoni e putti alati lascia senza parole. Le Marche sono del resto la regione dei teatri storici, oggi inseriti nella Tentative List dell’Unesco, un elenco provvisorio di siti che ogni Stato presenta per segnalare i beni che intende candidare
negli anni successivi. Non a caso Confcommercio Marche Nord, da anni impegnata nella promozione del territorio, ha da poco dedicato una guida ad hoc ai magnifici 12 gioielli della provincia di Pesaro e Urbino. È l’Itinerario dei teatri storici, spin-off del più ampio Itinerario della bellezza, percorso turistico culturale ideato proprio per far conoscere gli angoli più incantevoli ma meno noti della provincia. Doppiata Gradara con il suo castello, dove secondo la leggenda si svolsero le vicende di Paolo e Francesca narrate da Dante Alighieri nel V canto dell’Inferno, il percorso approda di nuovo sull’Adriatico, al Monte San Bartolo, verdissimo promontorio a picco sul mare, primo della costa scendendo da Trieste. E poi su ancora fino a Gabicce Mare, con le sue morbide e lunghissime spiagge: la bella stagione è alle porte, vale la pena andarci a dare un’occhiata. pesaro2024.it
confcommerciomarchenord.it/itinerario-della-bellezza
PASSEGGIATE NEI BORGHI STORICI, TREKKING E PERCORSI IN BICICLETTA. LE METE DI STAGIONE PER CHI PUNTA SULLE ATTIVITÀ ALL’APERTO
di Silvia Lanzano e Francesco Bovio
In primavera la vita irrompe e rifiorisce. È tempo di immergersi nella natura inseguendo i profumi della stagione, attraverso cinque itinerari da nord a sud, tra borghi dell’entroterra, incontri a filo d’acqua e cammini lungo i declivi delle colline. Puntare su una mobilità sostenibile è il modo più giusto per assaporare il viaggio e per chi sceglie le due ruote sono 27mila i posti dedicati alle biciclette sui treni.
CLIMBING IN VETTA IN LOMBARDIA
A picco sul lago di Lecco, la rocca di Vercurago domina la vallata con il suo complesso fortificato, celebre per aver ispirato Alessandro Manzoni nella descrizione del castello dell’Innominato nel romanzo I promessi sposi Dalla torre merlata si intravede il campanile di San Nicolò, uno tra i più alti d’Europa, conosciuto come “il matitone” per il suo profilo che svetta sullo sfondo delle Alpi
Orobie.
Le ferrate sulla Grigna e le escursioni tra le 13 cime del Resegone sono tra le attività più ricercate per gli appassionati di hiking e climbing. A valle, Olginate è il luogo di partenza per un giro in bici fino a Civate, borgo proteso sul lago di Annone. Da qui si può salire sul monte Barro o scegliere un percorso ciclopedonale attorno allo specchio d’acqua, con soste nelle aziende agricole del territorio.
Un trekking più impegnativo, circa due ore di cammino per un dislivello di 820 metri, attende gli esperti sul mon -
te Cornizzolo. Conquistata la vetta, si apre un orizzonte mozzafiato che abbraccia i rilievi del Resegone, le Grigne, il Legnone fino all’imponente massiccio del monte Rosa.
In provincia di Perugia Spello incanta con i vicoli fioriti e i monumenti che ricordano il suo passato, dall’anfiteatro romano alle imponenti porte urbiche, senza dimenticare gioielli come la collegiata di Santa Maria Maggiore, con gli affreschi del Pinturicchio. L’arrivo della primavera qui è annunciato dal Festival del cinema città di Spello e dei borghi umbri in programma dall’8 al 17 marzo.
Poco distante, nel Folignate, si raggiungono le cascate del fiume Menotre, vicino al centro medievale di Pale, in mezzo a boschi di faggi e pioppi cipressini. Più a valle spunta Rasiglia con le sue sorgenti d’acqua limpida, fin dal XIII secolo rinomata per la tessitura e la tintura della lana e di stoffe pregiate. Si arriva poi a Sellano, da cui parte il ponte tibetano che unisce il borgo con la frazione di Montesanto, dove sorge la pieve di Santa Maria Assunta. A strapiombo sulla vallata del fiume Vigi, la passerella è la più alta d’Europa con i suoi 175 metri di altezza. Per attraversarla bisogna attendere l’apertura al pubblico prevista nel periodo pasquale. Più a sud si incontra la suggestiva Campello sul Clitunno. All’alba la città alta, con il castello a pianta ellittica, sembra sospesa su un colle avvolto da ulivi e lecci. Tutta la zona tra Assisi e Spoleto è l’ideale per i biker che scelgono percorsi con dislivelli da 300 metri (passando per Trevi e Montefalco) fino ai più impegnativi che sfiorano i 1.100 spingendosi a est di Foligno.
LUNGO I CANYON DELLE MARCHE
Nel Parco naturale del Conero, area protetta tra la vegetazione mediterranea e le acque cristalline dell’Adriatico, sono 18 i tracciati di trekking da percorrere anche a cavallo o in mountain bike. Perfetto per il birdwatching, il parco è abitato da picchi, rondoni, cicogne e aironi, ed è uno dei centri più importanti in Italia per osservare la migrazione primaverile dei rapaci.
A Fossombrone, in provincia di Pesaro e Urbino, sul fiume Metauro ci si avventura in canoa e kayak nel canyon delle Marmitte dei Giganti, tra spettacolari pareti rocciose alte più di 30 metri. Itinerari escursionistici, arrampicate e sport acquatici sono invece alcune delle attrattive della vicina Riserva naturale statale Gola del Furlo. Qui si possono ammirare nel loro habitat volpi, daini e caprioli e lasciarsi incantare dal volo maestoso dell’aquila reale.
TREKKING IN CAMPANIA TRA MARE E MONTI
Benevento è crocevia di storia e mito. Ritrovo delle leggendarie streghe, le janare, diede probabilmente i natali a San Gennaro nel 272 e fu scelta dai longobardi intorno al
570 come sede del loro vasto ducato meridionale. Le mura medievali con la chiesa di Santa Sofia sono tra i monumenti più belli dell’entroterra campano, attraversato dai fiumi Sabato e Calore. Da Port’Arsa ha inizio il Triggio, il trivium, uno dei quartieri più antichi, con le case in pietra viva e i resti del teatro voluto dall’imperatore Adriano.
Dalla vicina Montesarchio si può partire per un family trekking sul monte Taburno, con pic-nic in quota tra il profumo dei cespugli di origano e lo scampanio dei pascoli di mucche. Dalla vetta, nei giorni di cielo terso, si può scorgere il Vesuvio.
Dopo Salerno, si giunge nel Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, disteso tra il blu del mar Tirreno e il verde degli olivi. Dal belvedere di Agropoli, borgo arroccato che invita al sogno, si intravedono in lontananza gli eccentrici faraglioni di Capri. Superato Capo Palinuro, si arriva alla Costa degli Infreschi e della Masseta, area marina protetta nel Golfo di Policastro, ormai ai confini della Basilicata.
STORIA E NATURA IN SICILIA
A Siracusa, colonia greca e patria del matematico Archimede, affascina l’Ortigia, il nucleo più antico della città. Qui si possono esplorare le rovine del tempio di Apollo, risalente al VI secolo a.C., trasformato in seguito in chiesa bizantina, moschea e perfino caserma spagnola. A pochi passi, ogni mattina prende vita il celebre mercato, tra i più vivaci della Sicilia, con i suoi arancini, le panelle e il pescato locale. Da non perdere il tradizionale Teatro dei pupi in via della Giudecca, che apre la stagione 2024 proprio in questo mese. A circa 15 chilometri da questa città, il Parco marino del Plemmirio è un microcosmo di biodiversità da scoprire con percorsi di trekking e cicloturismo. Dal curioso scoglio dell’elefante, che ricorda nella forma un pachiderma, si arriva alla punta di Capo Murro di Porco, con il faro che guarda a oriente. Al confine tra terra e mare, è il punto ideale per scoprire la storia millenaria della pesca in questa parte di Sicilia e le meraviglie dell’archeologia subacquea nelle zone in cui sono possibili le immersioni.
La riviera del Conero nell’Anconetano
UNA VOLTA LUOGHI DI DETENZIONE, ORA META DI VISITATORI E CURIOSI. VIAGGIO NELLE EX CARCERI ITALIANE, TRA MURA E SOTTERRANEI CARICHI DI STORIA di Peppe Iannicelli
Palazzi, castelli e fortezze sono stati utilizzati, nel corso dei secoli, anche come luoghi di prigionia e afflizione. Al loro interno, celle anguste, prive d’aria e di luce hanno raccolto disperazione e desiderio di libertà. Oggi alcuni di questi spazi sono considerati monumenti da tutelare e, in quanto tali, ospitano musei aperti a chi desidera conoscerne l’architettura e la storia.
Il castello del Buonconsiglio di Trento è entrato nei libri di storia per aver ospitato, nella seconda metà del ‘500, l’omonimo concilio ecumenico convocato da papa Paolo III per porre argine al dilagare della diffusione
della dottrina di Martin Lutero. Qui si svolsero anche le esecuzioni capitali degli irredentisti Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa avvenute nel 1916, nella Fossa dei martiri, luogo di grande suggestione emotiva. La visita al castello consente di ammirare la pinacoteca, le collezioni storiche e archeologiche, armi e armature e la sezione numismatica.
A Venezia è invece Palazzo Ducale a custodire la storia di una celebre prigionia. Quando i comportamenti dell’impenitente Giacomo Casanova furono giudicati immorali e illegali dai severissimi giudici della città, per il libertino si aprirono le porte del carcere dei Piombi, un terribile luogo di detenzione costruito nel sottotetto dell’edificio. Il piombo con il quale erano ricoperti i tetti delle celle le rendeva torride d’estate e gelide d’inverno, condizioni insopportabili per i detenuti che Casanova descrive nelle memorie in
cui ricostruisce la rocambolesca fuga dalla prigione.
L’edificio si trova in piazza San Marco, uno dei luoghi più conosciuti e amati dai turisti di tutto il mondo anche per l’immediata vicinanza al ponte dei Sospiri, costruzione che collega Palazzo Ducale alle Prigioni nuove. I reclusi lo attraversavano per raggiungere gli uffici degli Inquisitori di Stato ed essere giudicati, oggi invece gli innamorati lo ammirano lasciandosi pervadere da sospiri romantici. Chi desidera scoprire in prima persona i luoghi della condanna e della prigionia di Casanova e di tutti i detenuti della Serenissima può prenotare uno degli Itinerari segreti di Palazzo Ducale. Guidati da un accompagnatore qualificato ci si muove lungo alcune delle stanze, tra capolavori del Tintoretto, armi ed armature.
Definito per la sua imponenza “la grande muraglia piemontese”, il forte di Fenestrelle, vicino a Torino, fu voluto da Vittorio Amedeo II di Savoia che ne avviò la costruzione nel 1727 per difendere il territorio piemontese del regno di Sardegna dalle incursioni nemiche. È costituito da tre complessi: il San Carlo, il Tre denti e il Delle valli, uniti da un tunnel al cui interno corre
Il castello del Buonconsiglio di Trento
la scala coperta più lunga d’Europa, con ben quattromila gradini. Quando le fortezze cominciarono a essere utilizzate anche come prigioni, la struttura divenne un carcere militare. Il gigante armato della Val Chisone si sviluppa per 1.350.000 m², su oltre tre chilometri, con un dislivello vertiginoso di circa 600 metri che consente di ammirare panorami mozzafiato sulle vallate circostanti. Le guide del Progetto San Carlo - Forte di Fenestrelle onlus accompagnano i visitatori nei meandri più famosi, dai sotterranei del forte San Carlo alla garitta del diavolo, punto panoramico situato al Tre Denti.
A Torino il Museo del carcere Le Nuove, all’interno dell’ex prigione della città, apre uno squarcio di riflessione sulla storia dell’Italia moderna, dall’800 agli anni di piombo, di cui questa struttura è stata protagonista. In queste celle sono stati infatti rinchiusi numerosi antifascisti ed ebrei perseguitati dopo la promulgazione delle Leggi razziali. Torture, sevizie psicologiche, condizioni di vita durissime fecero di quelle donne e di quegli uomini coraggiosi dei grandi testimoni e martiri della libertà e della democrazia. Durante la visita si
viene a conoscenza di alcuni dettagli: le 648 celle disposte su 13 bracci avevano le finestre a “bocca di lupo”, una particolare apertura che consentiva ai detenuti di guardare soltanto un piccolo spicchio di cielo dall’interno della stanza di reclusione. Altrettanto toccante è la discesa al rifugio antiaereo e il tour dei percorsi segreti creati per mantenere il controllo totale dei detenuti, con la loro particolare architettura.
Per la sua antica storia e i personaggi illustri che vi furono richiusi, spicca anche il Mamertino, o Carcer Tullianum, la più antica prigione di Roma. La leggenda e la tradizione narrano che i santi Pietro e Paolo furono detenuti, prima dell’esecuzione capitale, nell’edificio collocato all’interno del Foro romano. Qui i due apostoli convertirono i loro carcerieri e li battezzarono con l’acqua di una sorgente sgorgata per miracolo nei sotterranei. I visitatori che si addentrano in questi cunicoli hanno la possibilità di compiere un viaggio nel tempo fino al VII secolo a.C, periodo in cui si colloca la sua costruzione, ed entrare nelle celle che accolsero alcuni storici prigionieri di Roma come il re della Gallia Vercingetorice, sconfitto da Giulio Cesare e
Giugurta, re della Numidia.
Sull’isolotto di Santo Stefano, all’interno dell’arcipelago pontino, l’omonimo carcere Borbonico è stato definito l’Alcatraz d’Italia per alcune caratteristiche che ricordano la prigione statunitense collocata sull’isola dell’oceano Pacifico. Voluto da Ferdinando IV di Borbone alla fine del ‘700, richiama nella forma un teatro con le celle disposte come palchi in virtù di una struttura panottica in grado di garantire il controllo visivo costante di tutti i detenuti. Qui scontarono la loro pena diversi criminali comuni e detenuti politici ma il carcerato più illustre è stato
certamente il compianto presidente della Repubblica Sandro Pertini, imprigionato per la sua fiera opposizione al fascismo. Chiuso nel 1965, oggi il carcere è in fase di ristrutturazione e può essere visitato in estate nell’ambito dei tour guidati a cui si accede per prenotazione.
A Procida, vicino a Napoli, il re Ferdinando II di Borbone decise invece di trasformare Palazzo d’Avalos, residenza reale affacciata sul mare, in un luogo di detenzione. Siamo nella zona di Terra Murata, centro storico e culturale dell’isola, composto da un grappolo inestricabile di case, chiese e palazzi.
Nel corso della sua storia il carcere di Procida ha ospitato eroi risorgimentali come Luigi Settembrini e nel ‘900 diversi gerarchi fascisti. L'ex carcere procidano è aperto tutto l’anno. Il percorso di visita consente di apprezzare le singole celle ed è reso ancor più suggestivo dalle divise e dalle scarpe intatte dei prigionieri, L'esperienza è arricchita da una mostra permanente, Fili d’ombra, fili di luce, legata alla lavorazione del lino da parte dei detenuti, e da proiezioni e ologrammi, grazie a un progetto della Regione Campania che consente un tuffo nel passato attraverso la vita carceraria dei detenuti.
Esistono paesaggi che stupiscono e incantano le nostre anime quando ne ammiriamo le particolarità. È il caso di Cisternino, in provincia di Brindisi, con quell’architettura spontanea generata dai rapporti umani che si tessono all’interno di un luogo fiabesco, tra balconi fioriti, archi e vicoli.
In estate è un luogo dal silenzio irreale: il sole, al tramonto, dipinge sulle case bianche colori forti e riflessi imperdibili. Il panorama è immediatamente riconoscibile per i suoi trulli, antiche abitazioni in pietra, simbolo indiscusso di uno dei borghi più belli d’Italia, che fa parte dell’associazione Cittaslow ed è stato premiato con la Bandiera arancione del
Touring Club e la Bandiera verde Agricoltura.
Queste costruzioni, con pareti spesse e robuste e tetto a forma di cono, rappresentano una testimonianza dell’arte e delle tradizioni del luogo. Esempio di ingegno e tecnica, sono realizzate senza cemento ma sovrapponendo tra di loro le pietre, che costituiscono anche la pavimentazione del paese. Con il termine medievale chianche si indicano proprio le lastre ricavate dalla roccia calcarea che il terreno, per la sua stratificazione, forniva quasi già pronte all’uso. I trullari si limitavano a rifinirle. Tra loro c’è anche Francesco Fragnelli – l’uomo della pietra, come ama definirsi – che ha iniziato questa attività a 14 anni. Oggi ne ha 55
e dichiara di avere grande ammirazione per i suoi nonni e antenati, tutti trullari, che gli hanno trasmesso l’amore per questo mestiere, svelandogli i segreti per raggiungere l’equilibrio perfetto nella costruzione.
Il territorio circostante, dalle incantevoli Locorotondo e Alberobello fino a Ostuni, la città bianca, è un susseguirsi di ulivi secolari, eleganti masserie, vicoli e piazzette attraversate da un continuo pellegrinaggio di visitatori. Un’esperienza da provare sono le macellerie con fornello, dove gli ospiti possono scegliere i tagli della pregiata carne locale da arrostire e gustare direttamente in loco. Non è difficile trovarli: basta seguire il delizioso e invitante profumo.
Il borgo medioevale è poco distante dal mare e da questa affascinante località si può giungere a un litorale di sabbia con acque cristalline che invitano ad abbandonarsi al relax. Tra i punti naturalistici da non perdere ci sono Torre Canne, con spiagge bianchissime, e la Costa Merlata, con calette alternate a scogliere a picco sull’acqua.
Nella campagna di Cisternino, sulla strada che conduce verso le splendide colline chiamate Monti Comunali, vale una visita il Santuario della Madonna d’Ibernia. Lo storico complesso si compone di due edifici: la chiesa dedicata all’Immacolata e, all’esterno, la casa dell’eremita o del custode. Qui, il giorno di Pasquetta si celebra la Pasquaredde: la popolazione arriva al santuario portando u’cur-
rùchole, dolce tipico della festa decorato con uova da benedire e distribuire a bambini e bambine.
La storia dei sapori di Cisternino ha origini antichissime. Per la morfologia e la sua propensione verso oriente, il borgo è stato un crocevia di civiltà di cui si trovano tracce anche nell’odierna gastronomia, oggetto di continua ricerca. Tra i piatti della tradizione ci sono la minestra di fave bianche, gli gnummareddi di agnello arrostito e alcune dolcezze come le mandorle glassate. Perché Cisternino non è un borgo da visitare solo con gli occhi, ma un luogo dove cultura, natura e sapori si fondono, dove l’aria è colma della sua storia e si miscela alla perfezione con quella del mare, della terra e dei suoi frutti. Il suo fascino avvolge l’ospite e gli trasmette la sensazione di viaggiare anche all’interno del proprio vissuto, ritrovando la bellezza autentica.
di Sandra Jacopucci
La tiella, in dialetto pugliese, è la pentola in terracotta, protagonista di questa antica ricetta della tradizione locale. Nella loro versione, le sorelle Carmela e Rosa Calella, cuoche professioniste di Cisternino, mettono tutto a crudo: olio extravergine d’oliva, un primo strato di patate sbucciate e affettate finemente a rondelle, pomodorini, cipolla, sedano e prezzemolo tritati, sale e cozze crude aperte a mano, con una sola valva. Poi uno strato più abbondante di riso Carnaroli, sempre a crudo, già lavato in acqua corrente e, a seguire, altri due strati, composti dagli stessi ingredienti del primo con l’aggiunta di un uovo sbattuto, mozzarella tritata e pecorino grattugiato. Si ricopre tutto con acqua fino alla superficie e, una volta raggiunto il bollore sul fuoco, si pone la pentola, senza coperchio, nel forno a 160° per 40 minuti, di cui gli ultimi cinque a 180° in modalità grill.
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di
IN PROVINCIA DI CAMPOBASSO PER SCOPRIRE
LA STORIA DI UN ALLEVATORE INNAMORATO DEI TRATTURI. E DEI SUOI FORMAGGI REALIZZATI CON UN METODO ANTICO E RISPETTOSO DEL TERRITORIO
Sono un grande appassionato di formaggi gialli, quelli realizzati con il latte di animali che mangiano erba fresca. Questa pratica è indicativa della qualità del prodotto, dell’attenzione che gli al-
Agnone, in provincia di Isernia, con il loro caciocavallo stagionato oltre i tre mesi, ho capito che dovevo rintracciarli e riuscire a portare a casa almeno una delle loro forme. Arrivo all’azienda Colavecchio, nelle
campagne di Castropignano, a pochi chilometri da Campobasso, e rimango subito colpito. Vedo un signore parlare con una vacca, mi avvicino e, curioso, gli chiedo se l’ha addomesticata. Lui mi risponde sorridendo: «Mi segue ovunque, anche quando vado a funghi». Ci presentiamo, si chiama Mario Borraro, e quando gli spiego che sono di Potenza sgrana gli occhi e comincia a condividere con me ricordi legati alla città, in cui ha abitato tanti anni. Gli chiedo di raccontarmi della sua vita: «Sono nato a Casagiove, vicino a Caserta. Papà era giornalista e letterato per passione e per missione. Un cavaliere errante al servizio della cultura che coltivava un assoluto di-
sprezzo per il vile denaro». Mario si esprime con un linguaggio aulico e io lo ascolto incantato. Mi dice di aver frequentato a Potenza le scuole elementari e che nel capoluogo lucano sua madre portò avanti il lavoro di insegnante mentre il padre divenne direttore della biblioteca provinciale. Mario ha voglia di parlare e io ascolto: «Il ‘68 da noi arrivò un po’ in ritardo, papà fondava in continuazione piccole biblioteche comunali e associazioni culturali in tanti paesi della Lucania, organizzava congressi itineranti e, seguendolo, imparammo a conoscere la regione e la sua gente». Prosegue raccontandomi della leva militare, del terremoto del 1980 e delle sue pas-
sioni, una su tutte quella per il volo. «Cominciai il corso di pilotaggio per entrare nella scuola di volo Alitalia che si trovava ad Alghero. Avrei potuto avere un futuro ma nell’82 cambiò tutto: mio padre, mia madre, mia sorella e mio cognato morirono in un incidente stradale. Cominciò un periodo difficile ma con l’affetto e l’aiuto di persone care ricominciai a vivere. Accantonai per un po’ il sogno del volo ma poi mi iscrissi a un corso di deltaplano in una scuola a Castelluccio di Norcia, in provincia di Perugia. Ho lavorato come istruttore negli Stati Uniti per diversi anni ma mi mancava l’Italia e nell’autunno dell’86 tornai e misi in piedi il Centro volo Matese. In Molise
Castropignano (Campobasso)ci sono capitato per una manifestazione e me ne sono innamorato». Non tengo più il conto delle cose che ha fatto Mario nella sua vita e, quando penso siano finite, mi stupisce raccontandomi dell’incontro con Carmela, sua moglie, con cui decise di aprire un’azienda zootecnica con pecore, vacche e bufale. Anche Pietro, nato qualche anno dopo il matrimonio, si appassionò all’attività. «A un certo punto, dovendo liberare le strutture nelle quali eravamo in affitto, riducemmo il bestiame e ci trasfe -
rimmo in Nuova Zelanda. Partimmo a dicembre 2010 ma durò poco perché a Carmela mancava l’Italia. Dopo varie ricerche tra Umbria e Toscana acquistammo la casetta e la terra dove siamo adesso ma non pensavamo di ricominciare con l’attività agricola in grande stile, come in precedenza». E invece, racconta Mario, si ritrovarono a fare di nuovo i pastori e, per giunta, in una regione come il Molise, che vanta una ricca tradizione casearia. I formaggi tipici della zona sono tanti, scamorza, pecorino, cacioca -
vallo, e riflettono una lunga storia di artigianato e manualità. Così riportarono a casa le pecore date in affidamento a un amico e accolsero una manza gravida, donata dai vicini di casa. I formaggi prodotti da Carmela, mi dice orgoglioso, sono apprezzatissimi, vengono elogiati e ricevono premi. Penso che questo sia il lieto fine della storia di Mario e invece va avanti: «Un giorno arrivò una lettera dall’Ufficio Tratturi della regione in cui ci chiedevano soldi per un presunto illecito. Fu un duro colpo e scrissi una lunga lettera di protesta. La nostra storia è stata ricostruita anche in Tratturo imperfetto, un video realizzato dal documentarista Pierluigi Giorgio, diventato presto virale». Nonostante i numerosi imprevisti del suo percorso, la persona che ho di fronte sembra non essersi persa d’animo ed è evidente la dedizione con cui, insieme a Carmela e a Pietro, si dedica al lavoro: «Oggi produciamo formaggio esclusivamente con il latte dei nostri animali che mangiano al pascolo e lo facciamo con il metodo antico». Sono curioso di provarlo, Mario me ne offre un pezzo e lo trovo strabiliante, uno dei più buoni che abbia mai assaggiato. Ne vorrei comprare una forma ma mi risponde, scusandosi, di non potermi accontentare perché la produzione è ormai terminata. Dovrò aspettare il prossimo anno, e potrebbe essere l’occasione giusta per ascoltare la versione della storia di Carmela.
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di Padre Enzo Fortunato padre.enzo.fortunato padrenzo padreenzofortunato [Direttore della comunicazione della basilica di San Pietro]
Francesco d’Assisi, il frate dal cuore puro e la fede incrollabile, con la sua ode commovente Saluto alla Beata Vergine Maria genera un canto d’amore che risuona ancora oggi nelle invocazioni di numerosi credenti. Una preghiera che si è tramandata attraverso i secoli e che, recitata in questo periodo, nel contesto della Settimana santa, assume un significato particolarmente toccante: si intreccia con la riflessione sulla Passione di Cristo e sulla presenza confortante di sua madre ai piedi della croce.
Durante la Pasqua, un momento in cui amore e dolore sono strettamente connessi, sovrapposti quasi a sembrare un solo sentimento, risplende infatti anche la figura di Maria, la madre di Gesù, simbolo di grazia e devozione per molti fedeli. Viene in mente il primo piano del volto di Maria nel film Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, che scelse proprio sua madre, Susanna Colussi, per il ruolo della Madonna in età adulta. Durante la crocifissione, la cinepresa si concentra sul volto della donna, impedendo di vedere fino in fondo la violenza di ciò che avviene, ma cogliendone l’atrocità dalla disperazione che segna il viso di Maria. Nella sua preghiera, Francesco esalta la Vergine come «santa regina» e «santa genitrice di Dio». Queste parole non sono soltanto un omaggio, ma anche un’affermazione della centralità di Maria nel mistero della redenzione. Questo sentimento di profonda reverenza per
la Vergine Maria si riflette anche nell’arte sacra, in opere che hanno immortalato la sua figura con commozione e rispetto. Tra queste emerge La Pietà di Michelangelo Buonarroti, un capolavoro senza tempo che raffigura Maria sorreggente il corpo del suo figlio morto. Quest’opera, eseguita dal grande artista rinascimentale tra il 1497 e il 1499, cattura l’essenza stessa della compassione e dell’amore materno, trasmettendo un senso di struggente dolore e, allo stesso tempo, di speranza. Il volto di Maria, con gli occhi fissi sul volto di Cristo, è un’immagine di sofferenza tranquilla e di accettazione. Le sue mani, morbide e delicate, sostengono quel corpo martoriato con una forza che origina dall’amore materno più profondo. La sua figura trasuda dignità e compassione, incarna l’archetipo della madre che soffre per il proprio figlio. Mentre Gesù, nel suo torpore mortale, appare quasi
etereo: la sua figura è scolpita con una perfezione che suggerisce la divinità che dimora in lui. La bellezza serena, nonostante le ferite della Passione, risalta contro il delicato marmo bianco ed emana una sensazione di pace e trasfigurazione. Intorno a Maria e Gesù, il panneggio scolpito con maestria crea un movimento armonioso, che avvolge e abbraccia le figure centrali con una grazia quasi celestiale. Le pieghe dei tessuti sembrano danzare nel vento e conferiscono alla scena un senso di leggerezza e levità, nonostante la gravità dell’evento raffigurato.
La Pietà è più di una semplice ope -
ra d’arte: è una testimonianza tangibile della capacità umana di trasformare la materia in espressione emotiva e spirituale, ma anche un invito a contemplare la profondità dell’amore materno, la tragedia della crocifissione e la promessa di redenzione e rinascita che risplende al di là della morte. L’opera di Michelangelo parla direttamente al cuore, suscitando emozioni intense e riflessioni profonde sulla natura dell’esistenza umana e divina. La speranza è il culmine della narrazione spirituale della Pasqua, che rappresenta la vittoria di Cristo sulla morte e la promessa di vita eterna per coloro che credono in lui. Nel-
la luce della risurrezione, la sofferenza e la morte sono trasformate in gioia e speranza. Lo stesso messaggio di redenzione e rinascita è evidente sia nelle parole di San Francesco sia nell’arte di Michelangelo. La preghiera del santo e La Pietà sono entrambe espressioni della fede cristiana che ci ricordano la centralità di Maria e di Cristo nella nostra esperienza spirituale e la promessa di speranza e salvezza che la Pasqua porta con sé. Nel saluto di San Francesco e nell’arte di Michelangelo si trova il legame profondo e significativo tra la devozione mariana, la passione di Cristo e la speranza della Pasqua.
TRENITALIA È IL PRIMO OPERATORE DELLA MOBILITÀ A GARANTIRE
IL VIDEO INTERPRETARIATO IN LIS NELLE STAZIONI. L’INIZIATIVA ABBATTE GLI OSTACOLI COMUNICATIVI PER LE PERSONE SORDE NELLE BIGLIETTERIE E NEI DESK DI VENDITA E ASSISTENZA
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it foto © Archivio FS Italiane (Edoardo Cortesi | FS)
Èvenerdì pomeriggio e sotto l’iconica pensilina ondulata di Roma Termini si consuma il viavai di chi parte e chi arriva nella
Capitale per il fine settimana. Siamo qui per testare il funzionamento di un nuovo servizio di Trenitalia: il video interpretariato in Lingua dei segni
italiana (Lis), attivo per la prima volta in fase sperimentale dal 16 gennaio scorso nelle biglietterie, nei desk di vendita e assistenza dell’Alta Velocità
e del Regionale e nei FRECCIALounge di alcune stazioni. Oltre che nello scalo romano, il servizio è disponibile a Milano Centrale, Bologna Centrale, Firenze Santa Maria Novella e Napoli Centrale, tutti i giorni, dalle 8:00 alle 18:00, inclusi i festivi.
Con noi c’è Luca Rotondi, presidente di Emergenza Sordi Aps, associazione che promuove la cultura del primo soccorso verso i sordi e gli udenti. Lui parla la Lis ma è anche sordo oralista, legge il labiale dell’interlocutore e si esprime utilizzando la propria voce. Non abbiamo dunque bisogno di interpreti per capirci: «Ho letto dell’iniziativa online e mi sembra molto interessante», esordisce, specificando di non aver ancora mai utilizzato il
servizio.
Andiamo alla biglietteria e Luca fa presente al personale di essere sordo e avere bisogno dell’assistenza di un interprete. Chi lo riceve allo sportello attiva il collegamento con Veasyt, la società che eroga il servizio di video interpretariato, e sullo schermo di un tablet dedicato appare la traduttrice. In simultanea, la professionista traduce per l’operatrice Trenitalia le parole di Luca dalla Lis all’italiano e viceversa. La conversazione è fluida e, alla fine, la sua richiesta di assistenza è soddisfatta. Il servizio si attiva anche inquadrando con il proprio smartphone un QR code affisso in diversi punti della biglietteria. «Vorrei fare una prova con questa modalità», mi dice,
e con il cellulare si avvicina al codice. Dopo qualche minuto, la comunicazione si avvia e prosegue senza difficoltà. Finita l’esperienza cerchiamo un bar dove prendere un caffè e scambiare quattro chiacchiere. Il nuovo servizio lo soddisfa, mi spiega, ma soprattutto «l’iniziativa rispetta la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006, assicurando l’accessibilità linguistica alle informazioni di viaggio per i passeggeri con specifiche esigenze di comunicazione». Luca sa bene di cosa parla perché il treno lo prende spesso, non solo in Italia ma anche in Spagna dove, sottolinea, non ha mai notato l’esistenza di un servizio simile. Mi parla della necessità di un cambia-
mento culturale che porti la società a tenere in considerazione tutte le parti che la compongono. Un concetto di inclusione che favorisce la convivenza delle differenze e consente alle persone di accedere a tutti i servizi in egual misura: «Allo sportello, avere a portata di tablet o smartphone il video interpretariato in Lis mi fa sentire alla pari di chi ho di fronte», precisa. Mi fa poi notare che i sordi hanno una disabilità spesso invisibile a cui gli altri non sanno come rapportarsi: «Abbattendo l’ostacolo linguistico si combatte indirettamente la discriminazione e il pregiudizio secondo cui noi non possiamo fare alcune cose perché non ne avremmo le capacità». Anche per via di questo bias cognitivo, mi spiega, le persone sorde fanno fatica a fare carriera, per esempio. Gli chiedo poi del suo rapporto con la Lis: «Nel mio caso è fondamentale per portare avanti le
attività di Emergenza Sordi Aps, ma si tratta di una lingua dal potenziale altissimo, adatta a diversi impieghi. Potrebbe essere utilizzata anche dagli udenti per scambiarsi informazioni a distanza senza urlare. Attiva una parte del cervello che rimane invece a riposo durante la comunicazione verbale e implica un modo di pensare completamente diverso».
E, in effetti, per chi usa la lingua dei segni, il corpo con i suoi movimenti diventa una fonte di informazioni preziosissima così come lo sono le impercettibili espressioni del viso e lo sguardo: «Allo scambio con un avatar prodotto dall’intelligenza artificiale preferisco di gran lunga le interazioni umane, anche se mediate da uno schermo come avvenuto poco prima in biglietteria».
Mi parla poi dell’importanza di diffondere le iniziative che favoriscono l’in
clusione così che il maggior numero possibile di persone possa accedervi. Con orgoglio mi mostra la sua Disability Card: «È essenziale poter utilizzare le agevolazioni a cui ho diritto. Trenitalia, per esempio, riserva a chi la possiede la gratuità del viaggio per l’accompagnatore lungo le tratte di tutto il territorio nazionale». Il viavai in stazione si è fatto più intenso, il tabellone delle partenze continua ad aggiornarsi senza sosta e i nostri caffè sono finiti da un po’. Ci lasciamo nel punto in cui ci siamo incontrati, io accenno in Lis un goffo “buonasera”, lui mi corregge indulgente e, sorridendo, si allontana. trenitalia.com veasyt.com
Il servizio in uso da smartphone tramite QR code
Il corpo umano possiede solitamente 23 coppie di cromosomi. A volte, tuttavia, il cromosoma 21 si ripete tre volte anziché due causando nel nascituro la sindrome di Down. Per questo è stato scelto il 21 marzo, 21esimo giorno del terzo mese dell’anno, per celebrare la Giornata mondiale della sindrome di Down. Attraverso eventi e incontri in tutto il mondo e, in Italia, sull’intero territorio nazionale, si cerca di sensibilizzare bambini e adulti sull’argomento. Il 2 aprile è invece la giornata dedicata alla consapevolezza sull’autismo, durante la quale associazioni internazionali e locali collaborano per informare i cittadini sui disturbi dello spettro autistico. Su Rai 3, nelle rispettive giornate, vanno in onda due puntate speciali di O anche No, la trasmissione condotta dalla giornalista Paola Severini Melograni sul tema delle disabilità.
OGNI TROFEO È COME SE FOSSE IL PRIMO PER JOANNA WOŁOSZ, CAPITANA DELLA PROSECCO DOC IMOCO CONEGLIANO, LA SQUADRA CHE HA CONQUISTATO PER LA SESTA VOLTA LA COPPA
ITALIA FRECCIAROSSA DI VOLLEY di Gaspare Baglio e Cecilia Morrico gasparebaglio MorriCecili morricocecili foto © Rubin-Zani/LVF
La Prosecco Doc Imoco Conegliano ha vinto per la sesta volta, la prima nella stagione 2016/17 e cinque consecutive dal 2019/20, la Final Four di Coppa Italia Frecciarossa battendo per tre set a due l’Allianz Vero Volley Milano a Trieste. Ne parliamo con Joanna “Asia” Wołosz, capitana del team.
Come vivi questo consolidato successo?
Sono stati due giorni intensi e spettacolari, con quattro squadre di altissimo livello. Siamo state brave a portare a casa anche stavolta questo importante trofeo. Ogni anno la qualità e la determinazione delle avversarie è sempre più difficile da arginare: questa sofferta ma bellissima vittoria è la conferma della forza del nostro gruppo.
Quando hai capito che il volley era il tuo destino?
È stata la mia passione fin da piccola. Ho provato a praticare altri sport, ma quando ho conosciuto il volley mi sono dedicata solo a questa meravigliosa disciplina.
Cosa significa essere a capo della squadra?
È un grande orgoglio. Sono capitana delle Pantere dal 2017 e ho sollevato tanti trofei assieme alle mie compagne. È stata una crescita costante vissuta tappa dopo tappa in un ambiente davvero speciale. Essere a capo di un team è un’esperienza unica, così come rappresentare un club di questo livello e i nostri fantastici tifosi che ci riempiono di calore e ci seguono ovunque. Non avrei mai pensato di restare così tanto in un club. Ora è casa mia: ho conosciuto persone fantastiche e stretto legami che vanno oltre lo sport.
Cosa vi unisce come squadra?
Viviamo tutti – giocatrici e staff – in un residence, l’Imoco Center. E questo ha cementato il nostro gruppo. Lavoriamo tanto, ma ci divertiamo anche e stringiamo amicizie. Non è facile trovare un ambiente così nello sport, sono felice di farne parte.
Cosa provi prima di entrare in campo?
Sempre la stessa adrenalina. Mi piace sentire la carica dei tifosi, entusiasmare la gente e divertire chi ci viene a vedere. Sono fortunata perché questo divertimento è diventato il mio lavoro.
C’è un messaggio che volete dare con il vostro impegno?
Non guardiamo mai al passato: ogni trofeo è come se fosse il primo. È questa la mentalità del club che, nel tempo, ha sempre mantenuto alte le motivazioni e la fame di vittoria. Non ci adagiamo mai su un successo: il giorno dopo mettiamo nel mirino la coppa successiva col massimo dell’impegno.
Prossimi traguardi?
La Champions League e lo scudetto. Le avversarie sono fortissime, ma vogliamo provare ad arrivare fino in fondo. E dopo la Supercoppa e la Coppa Italia desideriamo mettere in bacheca quanti più trofei possibili.
Cosa consigli alle ragazze che si approcciano al volley?
Divertitevi, giocate, fate amicizie, vivete lo sport e tutte le opportunità che offre. Poi, per chi ha obiettivi più alti, se si vogliono ottenere risultati servono impegno, lavoro e dedizione. I grandi campioni sono quelli che si allenano più degli altri.
HA COMINCIATO A GIOCARE DA BAMBINO, TRASFORMANDO POI LO SPORT CHE AMAVA IN UN LAVORO. ORA GIOVANNI DE NICOLAO HA VINTO CON LA GEVI
NAPOLI LA FRECCIAROSSA FINAL EIGHT DI BASKET MASCHILE
di Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it foto © Ciamillo&Castoria/LBA
Giovanni De Nicolao, classe 1996, è il capitano della Generazione Vincente Napoli Basket, la squadra che ha sconfitto l’Olimpia Milano durante l’ultimo incontro della Frecciarossa Final Eight di basket maschile. E si è aggiudicata la Coppa Italia. Come ti sei sentito dopo la vittoria? Bene, benissimo. Solo un po’ stan -
co. Ho realizzato pian piano quello che è successo, una cosa davvero speciale. È stata una partita bellissima, siamo rimasti in vantaggio quasi tutto il tempo e pian piano che si avvicinava la fine eravamo tutti sempre più emozionati. Dalla panchina fremevano dalla voglia di correre in campo. Ma la sensazione più bella è stata alzare la coppa.
Il giorno dopo, rientrati a Napoli, il sindaco (Gaetano Manfredi, ndr ) ci ha premiati con delle targhe e ci siamo trovati i tifosi davanti al municipio. Lì abbiamo festeggiato tutti assieme. Per il futuro quali sono i tuoi progetti?
Voglio andare avanti e crescere sempre, migliorarmi come gioca -
tore. Sperando di poterlo fare con la squadra di Napoli. Un obiettivo prossimo è giocare con il mio club in una competizione europea. Come ti trovi con la tua squadra?
Questo è il mio primo anno con il team di Napoli, è stata davvero una bella scoperta. Mi trovo bene sia con i giocatori sia con i coach e mi piace molto anche la città. Ovviamente è abbastanza diversa da come ero abituato, dopo i tre campionati con la squadra di Varese, ma è un bellissimo posto, ti dà tanto ed è davvero molto vivibile. Poi i suoi abitanti sono super.
Cosa fai lì quando non ti alleni?
Passo il tempo con Zoe, la mia ragazza, e mi piace molto passeggiare, magari a Mergellina o verso Pozzuoli. Mi rilassa camminare sul lungomare e Napoli è la città perfetta per questo.
E del tuo lavoro cosa apprezzi di più?
Sicuramente il fatto che sia la mia passione. Mi è sempre piaciuto questo sport, anche quando ero piccolo: mio papà giocava a basket e ha allenato sia me sia i miei due fratelli, Andrea e Francesco. Fortunatamente, sono riuscito a trasfor-
mare la mia passione in lavoro. E poi ovviamente apprezzo anche gli orari: ci si allena una o due volte al giorno e quindi c’è anche abbastanza tempo libero.
Consiglieresti ai più giovani di iniziare a praticare il basket?
Assolutamente sì, è un bellissimo sport di squadra in cui si impara a stare insieme e a collaborare con le persone. In più, dallo sport impari come superare le sconfitte. Ti aiuta a capire come affrontare le difficoltà, non solo in campo, ma anche nella vita.
WORLDWIDE
Basta filtri da social media. Questo il messaggio che viene lanciato al Cosmoprof Worldwide Bologna, dal 21 al 24 marzo nel centro fieristico del capoluogo emiliano. L’attenzione sulla bellezza naturale, curata ma non artificiale, è il tema dell’edizione 2024 della kermesse: Unfiltred Beauty/Natural Beauty. Sull’immagine guida della manifestazione, negli scatti del fotografo Giulio Rustichelli, volti in versione nude vengono associati a lastre in plexiglass colorato a simboleggiare l’abitudine all’utilizzo dei filtri. «C’è sempre stata una tendenza a rappresentarsi in
di Cecilia Morrico MorriCecili morricocecili
una maniera idealizzata, basti pensare all’estrema perfezione dei fisici delle statue di epoca classica. Ma attualmente l’uso smodato dei filtri sui social sta sconfinando nel grottesco. C’è bisogno di tornare alla verità e alla concretezza», spiega Rossano De Cesaris, make-up & microblading artist, presente domenica 24 marzo al Cosmo Onstage, il palco dedicato agli approfondimenti sulle novità del panorama beauty.
Come si può intervenire per invertire la rotta, quindi? «Indubbiamente con l’utilizzo di quei cosmetici che, oltre ad abbellire il volto, contengano ingre -
Una delle immagini del tema guida Unfiltred Beauty/Natural Beauty di Cosmoprof Worldwide Bologna
dienti dalle virtù curative. Mi riferisco a prodotti che rappresentano degli ibridi tra make-up e skincare. Il fil rouge delle tendenze è una pelle senza imperfezioni ma al contempo naturale, su cui il fondotinta è steso fino a sembrare trasparente, prediligendo texture fluide e leggere». In questo momento impera il trend dell’incarnato luminoso, aggiunge il professionista della bellezza, «contemplato in una miriade di declinazioni dal finish modulabile, partendo dall’accennato effetto wet fino a quello laminato e a tratti olografico. Il blush previsto per scaldare le gote è di una tonalità
pescata, assolutamente in linea con il peach fuzz, il colore Pantone dell’anno».
Al Cosmoprof Worldwide Bologna, domenica 24, De Cesaris, insieme alle due professioniste del beauty Judith Ardelean e Katalin Bizinger, tiene un incontro dal titolo Un viaggio nella der-
mopigmentazione iperrealistica per un look estremamente naturale. «Verranno passate in rassegna le innovazioni e le tecniche per ottenere un trucco permanente dall’aspetto estremamente veritiero, spaziando dall’eyeliner e il lip blushing fino al microblading, di cui personalmente mi occupo da più di sette anni». Sul perché ci si approcci a tale tecnica Rossano non
ha dubbi: «Tutti i clienti mirano a ottenere un make-up permanente in grado di restituire o ricostruire elementi mancanti sul proprio volto. La finalità è essere in ordine sempre e comunque, a prescindere dal tempo che si ha a disposizione per truccarsi». Le richieste sono variegate, cambiano in base al gusto e alla personalità. «Per quanto riguarda le sopracciglia, i sostenitori del look naturale chiedono che gli venga realizzato un effetto capace di simulare l’arcata sopraccigliare dotata di peluria. Mentre gli amanti di un make-up più intenso e vistoso optano per un effetto sfumatura, che riproduce quello ottenibile con una semplice matita da trucco. Lo stesso avviene per la bocca, dove le richieste
spaziano dal ridisegnarne i contorni ingrandendoli, fino a una lieve colorazione, che ricrea il finish ottenibile con un lip balm per intenderci».
Cosmoprof Worldwide Bologna prevede per quest’anno l’apertura coordinata di tutti i padiglioni giovedì 21 marzo. Cosmopack, dedicato alla filiera produttiva della cosmetica in tutte le sue componenti, e Cosmo perfumery & cosmetics, il salone per il mondo retail, sono visitabili fino a sabato 23. I padiglioni del Cosmo hair nail & beauty salon riservato a distributori e operatori professionali
sono aperti per quattro giorni fino a domenica 24. L’evento può offrire un supporto fondamentale per aziende e operatori in un settore che nel 2023 ha fatturato 427 miliardi di dollari e nel 2027 potrebbe raggiungere i 580 miliardi di dollari, con una crescita annua del 6%, secondo le previsioni della società di analisi McKinsey & Company.
Tra i temi più hot dei CosmoTalks, seminari organizzati in collaborazione con agenzie di trend, riviste di settore e opinion leader internazionali, ci sono gli ingredienti e le materie prime sostenibili, i prodotti organici, biologici, vegan ma allo stesso tempo performanti e cruelty free. All’evento beauty & wellness dell’anno non mancano gli show On
Hair: spettacoli mozzafiato con gli hairstylist più riconosciuti al mondo pronti a condividere talento, creatività e nuove suggestioni. E anche sul legame tra trucco e capelli Rossano lascia il suo commento: «Personalmente penso che rappresentino uno il complemento dell’altro. Il primo è il quadro mentre il secondo è la cornice. È bene che viaggino sempre allineati per creare un’immagine armoniosa e azzeccata».
ALLA GUIDA DELLA TRIENNALE DI MILANO, CARLA MOROGALLO PUNTA A DIVERSIFICARE IL PUBBLICO E A INTENSIFICARE
GLI EVENTI INTERNAZIONALI ATTRAVERSO UN MODELLO ORGANIZZATIVO NON ASSERTIVO
di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019
Da stagista a direttrice generale. Giovane donna del sud, con la mente aperta agli stimoli e al fascino dell’arte e il design, è stata capace di applicare con strategia strumenti espositivi e didattici. Attenta alle persone che lavorano con lei, è riuscita a creare una squadra di cui fidarsi e alla quale trasmettere passione ed entusiasmo.
Carla Morogallo è da oltre un anno alla guida della Triennale di Milano, uno dei musei più importanti d’Europa, a cui vuole imprimere «maggiore spinta internazionale per avere quel ruolo che meritiamo nel contesto culturale».
Sei entrata come stagista e ora sei direttrice generale. Ti aspettavi que -
sto percorso in Triennale?
Quando ho iniziato il tirocinio, dopo la laurea in Conservazione dei beni culturali che ho conseguito a Pisa, non immaginavo certo tutto questo. Non conoscevo in modo particolare la Triennale se non per averla visitata in occasione di esposizioni che mi interessavano.
Ho cominciato nel settore Iniziative, il più vivace per la produzione culturale, osservando molto. Pian piano, ho scoperto e capito la storia istituzionale della Triennale e la sua profonda relazione con il territorio, acquisendo consapevolezza delle potenzialità legate al suo patrimonio e alla biblioteca.
Non è stato amore a prima vista? Provavo una certa soggezione verso quel luogo sacro e forse anche un po’ respingente per la sua veste architettonica imponente. Entrando nell’atrio non venivo accolta da un abbraccio ma la semiotica della struttura mi spingeva a mettermi sull’attenti. Una caratteristica tuttora presente che educa il pubblico a un approccio molto rispettoso del luogo in cui si trova. Che rapporto c’è tra lo spazio e l’arte in Triennale?
Nella mia percezione, questa relazione è mutata nel tempo. Quando ho cominciato, gli spazi erano dedicati ad accogliere determinate discipline e a svolgere funzioni specifiche.
Per esempio, il teatro era deputato solo agli spettacoli e la galleria progettata da Gae Aulenti esclusivamente alle attività legate all’architettura. Nel corso del tempo si è verificata un’evoluzione e le differenti discipline, che non hanno più alcun rapporto di subordinazione le une verso le altre, possono trovare spazio in qualsiasi ambiente e anche convivere per determinati periodi. Questo radicale cambio di passo è avvenuto grazie alla nuova presidenza e al comitato scientifico, che hanno lavorato sui contenuti senza escludere delle ibridazioni, e per me è un valore aggiunto.
Hai assunto il ruolo di direttrice un anno e mezzo fa. Che novità hai portato e quali obiettivi ti poni?
Nel dicembre del 2022 ho presentato il mio piano strategico. Il primo obiettivo era ampliare e diversificare il pubblico. Ho puntato a stabilire una relazione più diretta con i visitatori grazie al supporto di un customer relationship manager capace di raccogliere e analizzare interessi, esigenze e critiche rispetto alla nostra proposta culturale. Dopo questo lavoro, abbiamo deciso di allargare il programma di membership della Triennale, il sistema di affiliazione dei visitatori, offrendo la possibilità di usufruire di tutta la programmazione culturale annuale. Non dimentichiamo, infatti,
che la Triennale comprende un teatro, un museo con una collezione permanente e diverse esposizioni temporanee e servizi aggiuntivi come la ristorazione e il bookshop, oltre alle attività didattiche rivolte in particolare alle scuole. Una molteplicità da comunicare in maniera semplice e univoca.
Quali altri propositi stai portando avanti?
Un secondo obiettivo è stato far rinascere il centro studi. Esisteva negli anni ‘50 ed era un luogo pensante, il neurone di tutta l’attività curatoriale delle esposizioni internazionali. Lì sono nati progetti straordinari come il quartiere QT8, concepito nel 1947, durante la ricostruzione del dopoguerra, come luogo ideale in cui vivere, o la Biblioteca nel Parco Sempione costruita nel 1954: sperimentazioni che hanno lasciato elementi tangibili in città. La riapertura a febbraio del centro studi, con archivio espositivo e biblioteca, ha il forte significato di valorizzare un’eredità fondamentale e renderla contemporanea.
E poi vogliamo sviluppare gli eventi internazionali rendendoli continuativi. Oltre alle esposizioni periodiche fissate dal Bureau International des Expositions di Parigi, del quale facciamo parte, puntiamo a intensificare le relazioni con istituzioni culturali straniere come la Fondation Cartier o la Galleria nazionale del Jeu de Paume.
Infine, abbiamo sviluppato un nuovo modello organizzativo ispirato alla sociocrazia: tavoli di lavoro trasversali a cui prendono parte professionalità differenti e un sistema direttivo non assertivo ma di conduzione, per mettere a frutto le diverse competenze.
Ti senti più direttrice d’orchestra che primo violino, quindi. Esattamente.
La Triennale ha un modello culturale internazionale?
È, e vuole essere, un’esperienza complessiva che offre qualità artistica nelle mostre e negli eventi ma anche gastronomica al ristorante ed editoriale al bookshop. L’ambizione culturale è sensibilizzare il pubblico in modo eterogeneo e multidisciplinare. Siamo una piazza, un centro di dialogo aperto e continuativo, libero e immediato. Tutto ciò va sostenuto economicamente non solo grazie al contributo pubblico ma anche con la capacità di produrre reddito.
La Triennale ha anche un giardino che è un vero privilegio.
È un luogo nel luogo che ha acquisito una sua chiara identità e offre diverse iniziative in particolare da aprile a ottobre.
Dove sei cresciuta?
Vicino a Reggio Calabria, nella cittadina costiera di Gioia Tauro, dove ho vissuto un’infanzia straordinaria fatta di mare e pace emotiva. Torno sempre per le vacanze in questa zona, dove ci sono le mie radici. Ricordo i
Un allestimento della mostra Juergen Teller i need to live, fino al 1° aprile alla Triennale
lunghi pomeriggi alla Casa della cultura di Palmi: a volte mi appassionavo, altre mi annoiavo, ma l’arte è sempre stata pane quotidiano per me. Mi ci portava mio padre, che è un pittore e mi ha trasmesso la sensibilità nell’organizzare una mostra.
Se tornassi bambina quale sarebbe il profumo della tua infanzia?
La salsedine, gli agrumi, i limoni, l’erba fresca. Ma anche l’odore di olio e trementina, una resina vegetale usata da mio padre per dipingere, che sentivo svegliandomi la mattina.
A Milano come ti trovi?
Sempre bene, sin dall’inizio: sono una persona attiva a cui piace fare. A prescindere dal ruolo, qui si sente la responsabilità del proprio lavoro, si ha l’idea di far parte di un sistema collettivo e c’è l’attenzione per ciò che si fa, in relazione agli altri. È una città che mi ha dato molto ed è quella in cui voglio vivere.
Hai un luogo del cuore qui?
Mi piacciono molto le chiese, in particolare San Babila e Sant’Eustorgio, e sono affascinata dai cortili di Porta Venezia e dai meravigliosi giardini di Milano, polmoni verdi accessibili a chiunque che rappresentano sempre una scoperta.
Cosa apprezzi maggiormente e cosa detesti nelle persone?
Mi piace la sincerità e non amo l’invadenza perché sono uno spirito libero. Ma, in linea generale, ho difficoltà a detestare una caratteristica specifi -
ca: gli esseri umani mi incuriosiscono molto.
L’offerta culturale italiana gode di buona salute?
Sarebbe necessario impegnarsi maggiormente per costruire una visione complessiva che rappresenti il meglio del sistema, con l’obiettivo di guadagnare un posizionamento più alto a livello internazionale. Dall’archeologia all’arte contemporanea, dovremmo lavorare su una narrativa che racconti i nostri tesori d’arte e i luoghi di attrattività.
L’arte va proposta ai più piccoli?
Assolutamente sì, è un elemento importantissimo per la costruzione della loro sensibilità. Lo scorso anno abbiamo svolto oltre 800 attività didattiche con le scuole e le famiglie. Inoltre, abbiamo campus estivi dedicati a bambini e bambine che provengono da famiglie con fragilità umane e sociali.
Viaggi spesso in treno? Quali emozioni provi?
Per lavoro lo utilizzo molto e lo preferisco ad altri mezzi di trasporto. Sono un’assidua frequentatrice delle Frecce, che per me rappresentano un’oasi
di relax e un’evasione dalla routine. Durante il viaggio guardo spesso fuori dal finestrino, penso al futuro e mi chiedo come sarà, tra cinque anni, ciò che vedo. Apprezzo anche la possibilità di scambiare quattro chiacchiere, in una dimensione umana piacevole. Ricordo con piacere il periodo universitario, quando tornavo in treno da Pisa alla Calabria e mi divertivo con i colleghi studenti: era una festa. Preferisci stare ai fornelli o a tavola? Ai fornelli senz’altro: il mio piatto forte è la zuppa di pesce.
Piace anche al presidente della Triennale Stefano Boeri? Sì, è un grande appassionato di buona cucina. Oltre alla sua eccezionale cultura trasversale, ha una visione allargata, complessa, ricca di valori culturali importanti. Il mio compito è semplificare questa complessità sana e raggiungere la condivisione dell’obiettivo finale. Tutto ciò offre anche fiducia e sicurezza alla squadra.
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A PADOVA DUE GRANDI MOSTRE RACCONTANO UNO DEI PERIODI PIÙ AFFASCINANTI DELLA PITTURA, TRA LA METÀ DELL’800 E L’INIZIO DEL ‘900. QUANDO LA FRANCIA ERA CENTRO DELLA SPERIMENTAZIONE ARTISTICA E CLAUDE MONET COMPONEVA TELE SENZA TEMPO di Sandra Gesualdi sandragesu
Tavolozze ridotte, cavalletti sottobraccio e il quotidiano negli occhi. C’è stato un tempo in cui gli artisti si sono allontanati dalla tradizione accademica per concentrarsi su soggetti, scene e dettagli della vita di ogni giorno. Il tutto en plein air, con il chiarore della luce del giorno a far da sfondo alle espressioni genuine di modelli e modelle occasionali. La mostra Da Monet a Matisse. French Moderns, 1850-1950 – a Palazzo Zabarella di Padova fino al 12 maggio – racconta uno dei periodi più affascinanti della pittura, dalla metà dell’800 fino ai primi decenni del ‘900, quando la Francia era il cen-
tro propulsore della sperimentazione artistica internazionale.
Paesaggi impastati di colori, nature morte in interni familiari, nudi morbidi e ritratti intarsiati di candore. Sono quasi 60 le opere esposte, tutte provenienti dalla collezione europea del Brooklyn Museum, messe insieme per raccontare i movimenti d’avanguardia come Realismo, Impressionismo, Postimpressionismo, Simbolismo, Fauvismo, Cubismo partiti da Parigi e destinati a tracciare i canoni dell’arte mondiale.
Paul Cézanne, Marc Chagall, Edgar Degas, Henri Matisse, Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir e Auguste Ro -
din sono solo alcuni dei nomi senza tempo esposti a Padova. Lungo le sale e le sezioni si dipana la sinossi di un periodo fervente che fece di Parigi il fulcro della ricerca: dal formale al concettuale, dalla rappresentazione del reale all’evocazione dell’idea, dal naturalismo alla proiezione verso l’astrazione.
Nei lavori di Alfred Sisley e Camille Pissarro, per esempio, i tratti di colore meno definiti e la comparsa di paesaggi e personaggi meno eruditi, come le spiagge della Normandia o i contadini nei dintorni di Parigi, rivelano i primi tentativi di Modernismo. Ma sono le forme cubiche di Ce -
zanne, le nuove scene di ordinaria quotidianità o i colori vividi di Monet, Renoir e Degas a sovvertire l’approccio alla pittura: sole e aria nei dipinti, strade in salita e cieli chiari, pennellate abbozzate, colazioni sui prati tra tovaglie ricamate e giovinezze rosee.
La pittura si fa quasi sensoriale, materica, che sia nella rotondità di una frutta matura o nella spuma di onde increspate. Le vedute all’aperto, successivamente, divengono più ardite con i maestri espressionisti e surrealisti, e il paesaggio si attesta il contesto migliore per esprimere tutte le novità compositive. Fuori dalle accademie gli artisti pongono attenzione al circostante, fatto di costumi alla moda o di tradizioni popolari. Fino ad arrivare alle forme libere della scultura di Rodin.
Dal Musée Marmottan Monet di Parigi, invece, provengono i capolavori che, sempre a Padova, compongono la retrospettiva Monet. Al Centro culturale Altinate San Gaetano, dal 9 marzo al 14 luglio, sono riuniti alcuni tra i pezzi più noti del padre dell’Impressionismo, movimento che quest’anno compie 150 anni. Le ninfee, le iris, i paesaggi londinesi o il treno nella neve sono le tele che il maestro francese custodiva nella sua casa a Giverny, in Normandia, il suo buen retiro nell’ultima parte della vita. Qui concepisce le monumentali tele colme di fiori, piante e figure piene di quei riverberi di bagliore e vento che aiutavano gli impressionisti a tracciare sulla tela il loro sentire. Monet si immerge nella luce, si sposta con lei, la cerca, la assapora come se avesse odore o sapore. La
imprime duellando con i colori, e sferzando di getto le pennellate, con tocchi rapidi e brevi, senza disegni preparatori. Nella parte finale della sua esistenza, l’impressionista francese smette di viaggiare e trascorre le giornate nello studio con vista sul laghetto del suo grande giardino. È il periodo delle numerose ninfee che galleggiano nello stagno: ne compone a centinaia, ritraendole con meticolosità di dettagli e prospettive, inserendole in un’atmosfera fiabesca in cui dar visione alla realtà dei sensi e delle sensazioni. «Io dipingo come un uccello canta», dice Monet evidenziando come la pittura sia per lui un’esigenza vitale. Quella con cui ha reso immortale il leggiadro tramutare delle impressioni. zabarella.it altinatesangaetano.it
A 150 ANNI DALLA NASCITA DELL’IMPRESSIONISMO, UNA MOSTRA A MILANO METTE A CONFRONTO LO STILE
Per la semplicità dei soggetti trattati, liberi dalle costrizioni dell'accademismo, e l’uso caratteristico del colore, l’Impressionismo è forse il movimento più famoso della storia della pittura. Nato in Francia negli anni ‘60 del XIX secolo, aveva come obiettivo principale la rappresentazione della natura effimera della luce e dei suoi effetti su colori e forme.
Moltissime mostre sono state dedicate a questo stile e ai suoi esponenti, ma l’esposizione Cézanne/Renoir, dal 19 marzo a Palazzo Reale di Milano, offre una peculiare chiave di lettura. Frutto della collaborazione tra il Musée de l’Orangerie e il Musée d’Orsay di Parigi, con il patrocinio dell’Ambasciata francese a Roma, è stata organizzata da Cécile Girardeau, curatrice dell’Orangerie, con l’aiuto
di Alice Marsal, responsabile degli archivi e della documentazione dello stesso museo, e da Stefano Zuffi, storico dell’arte italiano.
Nonostante venga identificato con il nome di Impressionismo, cosa che suggerirebbe una certa unità stilistica, il movimento si rivela in realtà estremamente vario per quanto riguarda le sue ambizioni formali. Riunisce infatti artisti con personalità forti, a volte antagoniste, comprendendo un’ampia varietà di approcci alla pittura. Ciò che accomuna talenti diversi come Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir e Paul Cézanne sono i colori, le pennellate, un tocco a volte leggero, a volte pesante che conferiscono alle opere uno stile innovativo, diverso da quello dei maestri precedenti.
Prima del 1874, questi artisti esponevano poco e non erano riconosciuti dalla critica. Ma il 15 aprile di quell’anno, esattamente 150 anni fa, a Parigi venne allestita la prima mostra impressionista: i pittori decisero di rompere le regole organizzando una rassegna tutta loro, al di fuori dei canali ufficiali. Poi, dopo il 1886, gli impressionisti – sostenuti dai mercanti – si allontanarono progressivamente gli uni dagli altri e il movimento si andò evolvendo verso nuove ricer-
che, guidate da una nuova generazione di artisti. L’esposizione milanese rappresenta quindi un importante passo avanti nella comprensione del fenomeno e getta uno sguardo nuovo sulla data fondamentale del 1874, considerata il momento fondante per lo sviluppo delle avanguardie.
Due dei più grandi pittori e, in un certo senso, pionieri di questo movimento artistico furono Cézanne e Renoir. Quasi coetanei – nati rispettivamente nel 1839 e nel 1841 – parteciparono entrambi alla famosa mostra parigina, instaurando un rapporto di profonda stima e amicizia. Le loro affinità si rafforzarono nel corso degli anni, anche grazie a diversi incontri: Renoir, infatti, soggiornò spesso da Cézanne in Provenza tra il 1883 e il 1889. Ed è proprio questa relazione che la mostra milanese intende mettere in evidenza in modo inedito.
Figlio di due sarti di Limoges, nella Francia sud-occidentale, Renoir non perse mai il gusto per le cose semplici. I suoi dipinti sono un canto d’amore rivolto alla vita, alla bellezza e alla gioia dell’esistenza. La sua ammirazione per il mondo femminile si tradusse in ritratti memorabili di giovani ragazze, madri, star del teatro parigino e bagnanti dall’in-
carnato perlaceo, intrise di serenità e dolcezza.
Figlio di un banchiere benestante, Cézanne nacque invece ad Aix-en-Provence, nel sud della Francia. In netto contrasto con la famiglia, scelse la pittura con assoluta determinazione. Apparentemente seguace dello spirito classico francese, fu in realtà un innovatore radicale per l’uso della geometria nei ritratti e nei vari paesaggi che dipinse nell’Île-deFrance e in Provenza. Anche i suoi numerosi autoritratti esprimono la stessa tenacia e determinazione.
L’esposizione a Palazzo Reale presenta 52 capolavori, di cui 11 provenienti dal Musée d’Orsay e 41 dall’Orangerie, e mette a confronto i temi particolar-
Auguste Renoir
mente cari ai due artisti: dai ritratti ai paesaggi, anche marittimi, fino alle nature morte, in particolare i vasi di fiori. Vengono sottolineate sia le somiglianze sia le differenze di stile, come il contrasto tra la sensualità delle pesche succose e vellutate di Renoir, languidamente disposte su una tovaglia colorata, e la frutta gialla e soda che Cézanne pone su un tavolo di legno dai contorni neri. Allo stesso modo, le famose bagnanti di Renoir, anche loro esposte a Milano, sembrano quasi una risposta ai nudi muscolosi e virili di Cézanne. Questo nuovo approccio a un movimento pittorico ampiamente conosciuto è pensato per stuzzicare la curiosità dei visitatori e rinnovare il loro interesse per l’Impressionismo.
Infine, chiudono la rassegna due dipinti di Pablo Picasso, Grande natura morta, del 1917, e Grande nudo con drappeggi, del 1923, che rivelano una nuova interpretazione della luce e del colore e mostrano chiaramente la filiazione artistica del pittore spagnolo con i due maestri francesi. Cézanne e Renoir sono rimasti, infatti, i punti di riferimento per gli artisti successivi e hanno dato il via alle avanguardie dei primi del ‘900. palazzorealemilano.it
di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com
Le coincidenze non esistono, le incidenze invece sì. È quello che mi sta insegnando la vita. Non mi sono sorpreso così più di tanto quando, mentre mi accingevo a scrivere questo articolo, mi è stato recapitato tra le mani un libro fresco di stampa, Arte, pratica di resistenza. Dialoghi tra una sociologa e un’artista scritto da Veronica Montanino e Anna Simone per Meltemi editore.
Andando a curiosare sul contenuto in quarta di copertina mi sono imbattuto in queste parole: «In un tempo in cui tutto viene mercificato, in cui tutto tende a essere dematerializzato attraverso l’intelligenza artificiale, che ruolo può avere l’arte?». Il testo prosegue identificandola come un fatto materico e affettivo che apre alla dimensione dell’immaginario, del possibile, mirando alla cura di sé e degli altri.
Proprio la cornice perfetta in cui inserire la storia che ho scelto di raccontare questo mese. Parto anche io da una domanda, non meno impegnativa: può l’arte salvare una vita? Una risposta affermativa esiste e ci conduce dritti nella frazione di Soleschiano di Manzano, in
provincia di Udine. Esattamente nel rifugio Rave, fondato nel 2011 dalle sorelle artiste Tiziana e Isabella Pers, dove vivono animali che loro salvano dal macello, barattandoli con le loro opere d’arte, e alberi destinati all’abbattimento.
«Quello che faccio con la mia pratica artistica coincide con il mio quotidiano: nel progetto a lungo termine Art History propongo a commercianti, allevatori o macellai di scambiare un animale che era destinato a essere macellato con un mio dipinto che lo ritrae e ha la sua medesima altezza e dimensione. Un contratto di scambio tra me e la controparte condensa il lavoro e formalizza giuridicamente il baratto», esordisce Tiziana. Si può trattare di un cavallo, di un asino, di un maiale, di una mucca. Ma anche di un polpo, come quello liberato sul molo di Donnalucata in Sicilia, dove l’artista propose a un pescatore di consegnarle gli animali ancora vivi nella rete per poterli restituire al mare o, in uno dei suoi ultimi progetti, di alcune chiocciole sottratte alla bollitura in pentola. In tutto, con questo baratto artistico sono già stati salvati oltre 200 animali.
Il progetto affonda le radici nell’infanzia dell’artista friulana. «Ero poco più che una bambina. Un giorno, come se nulla fosse, un allevatore amico mi disse di salutare il pony più piccolo, un puledro ossuto di poco più di un anno, perché sarebbe stato macellato. Quando mia madre venne a prendermi, quel pomeriggio, io ero aggrappata all’animale e non lo volevo lasciare. Mia madre acconsentì quindi a lasciarmi quel pony, Fulmine, di cui mi occupai per tutta la sua vita, e che 28 anni dopo morì tra le mie braccia», prosegue Tiziana. Ogni azione di questa sua pratica artistica è, ieri come oggi, un gesto reale che apre a diversi interrogativi: è possibile dare un valore economico a un essere senziente? E a un’opera d’arte? E soprattutto: può l’arte modificare lo stato delle cose, fino al punto di salvare una vita? Le chiedo chi sia più restio ad accettare questi baratti di animali con opere d’arte. «Molti allevatori, per esempio di animali di taglia grossa come capre, cavalli, maiali, perché siamo di fronte a un valore economico più importante. In questi casi, spesso ricevo un secco no. Anche se, una volta, è successo addirit-
tura che un allevatore di mucche abbia bussato di sua iniziativa alla mia porta dicendomi: “So quello che fai. Io ho una mucca che non posso ingravidare perché soffre di enfisema e quindi, non potendola far partorire, non posso farle produrre latte. Se io te la do, tu mi dai un tuo quadro delle stesse dimensioni?”. E così Ugola ha fatto il suo ingresso nella nostra comunità», risponde Tiziana. Aggiungendo subito dopo: «Le nuove generazioni iniziano a parlare di eco-ansia, ma il mio timore è che si finisca per pendere verso la rassegnazione piuttosto che continuare a lottare per una rivoluzione collettiva: una rivoluzione di immaginari. In questo senso, credo sia fondamentale il ruolo dell’arte. Ogni piccolo atto di ribellione immaginifico, capace di generare uno scarto possibile, conta».
Dal 2011 le sorelle Pers accolgono a Rave, in residenza, un artista di fama internazionale che viene invitato a condividere spazio e tempo con i loro animali
e a progettare, a seguito di quest’esperienza, una nuova opera d’arte. Si tratta di talenti con una certa sensibilità come Regina José Galindo, Diego Perrone, Adrian Paci, Giuseppe Stampone, Tomás Saraceno, Igor Grubić, Ivan Moudov, Liliana Moro o Nada Prlja. La vicinanza con gli animali ha portato fino a oggi alla realizzazione di opere sorprendenti ed emozionanti.
Mi congedo da Tiziana e, subito dopo, mi arriva una mail dalla sorella Isabella insieme ad alcune immagini di suoi lavori. «Tra i prossimi appuntamenti in cantiere, mercoledì 20 marzo è in programma alla Casa degli Artisti di Milano la première del progetto di Tiziana con installazione video The Age of Remedy, in collaborazione con Triennale Milano, a cura di Rave East Village Artist Residency e Osservatorio Futura nell'ambito di Koinotes. Sempre riguardo al mio lavoro, ti ho inviato alcuni disegni degli animali salvati e alcune opere della serie Teitiota, dove
appaiono gli animali e gli alberi che abbiamo. Questo progetto parte dalla storia di Ioane Teitiota, un cittadino delle isole Kiribati, primo richiedente asilo per cambiamento climatico al mondo, dovuto all’innalzamento dell’Oceano Pacifico che minaccia di sommergere l’arcipelago in cui vive», scrive Isabella. «Dalla sua storia è nata una riflessione su quegli attimi del mio vissuto in cui la connessione con gli altri viventi e la natura si svela in tutta la sua magnificenza. Ma è anche uno sguardo che sfugge, che rivela il timore di una precarietà, che accende il dubbio sul per sempre. Potranno i bambini di domani vivere la relazione con la natura che noi abbiamo sempre data per scontata? Nei miei lavori questa riflessione si esplica attraverso la sfocatura delle immagini che obbligano lo spettatore a guardare da più lontano per poter cogliere la visione globale». Benvenuti nel regno del possibile. raveresidency.art
A MANTOVA, DALL’8 MARZO, LA BIENNALE DELLA FOTOGRAFIA
FEMMINILE SPINGE A RIFLETTERE SUL LEGAME TRA PUBBLICO E PRIVATO ATTRAVERSO GLI SCATTI DA TUTTO IL MONDO DI PROFESSIONISTE CONTEMPORANEE di Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it
Un pallone lanciato troppo in alto e il gioco si ferma. Le più audaci si arrampicano fino a raggiungere il punto in cui si è incastrato, le altre osservano dal basso, in attesa. Ma un particolare, il filo spinato, lascia intendere che le ragazze si trovino in un luogo particolare. La foto, infatti, è stata scattata in Afghanistan e le donne ritratte sono in carcere, condannate per aver individuato l’uxoricidio come unica via di fuga da un matrimonio violento. Per un turpe paradosso, solo lì molte di queste donne, incontrate dalla fotografa Kiana Hayeri, hanno scoperto la libertà.
Where prison is a kind of freedom, realizzato nel 2019, è uno dei progetti in mostra alla Biennale della fotografia femminile di Mantova, dall’8 marzo al 14 aprile in varie sedi della città. Titolo della terza edizione, curata dalla direttrice artistica Alessia Locatelli, è Private: un maschile singolare inglese che diventa femminile plurale in italiano e racchiude così un duplice significato. La stessa parola può indicare ciò che è nascosto agli occhi del pubblico, riservato a una sola persona o a una cerchia ristretta, ma può essere intesa anche come participio passato del verbo “privare”. A partire da queste sole tre sillabe, l’intera rassegna si sviluppa intorno a una riflessione sullo spazio pubblico e su quello personale, sulle loro possibilità di coesistenza, sui benefici e le privazioni che il sovrastare dell’uno sull’altro possono comportare e indaga i contorni che disegnano tanto la privacy quanto la libertà.
La statunitense Cammie Toloui ha forzato quei confini fino
a romperli, rendendo pubblico ciò che più di ogni altra cosa è considerato intimo nella società occidentale: l’erotismo. Il progetto in mostra The Lusty Lady Series è stato elaborato quando, da studentessa di fotogiornalismo, Toloui lavorava come sex worker in un locale gestito da donne. Lì, dopo aver chiesto il consenso, scattava fotografie a clienti e lavoratrici. La privacy è anche al centro della serie False Positives, dell’olandese Esther Hovers, che analizza i sistemi di sorveglianza intelligente e la loro promessa di garantire sicurezza in cambio di dati personali e riservatezza, mentre Camo della kenyota Thandiwe Muriu propone visioni di donne che emergono dalla dimensione privata per partecipare alla creazione delle loro identità. La reclusione è invece il tema del progetto partecipativo Photo Requests from Solitary, con cui si punta a combattere la brutalità dell’isolamento in carcere. Tramite un modulo, le persone detenute in regime di isolamento a lungo termi-
ne negli Stati Uniti sono invitate a richiedere una fotografia che i volontari possono inviare loro tramite un portale. Per creare un ponte tra chi è libero e chi non lo è, dare una speranza a chi è recluso e stimolare la consapevolezza in
chi osserva dall’esterno. Così da ridisegnare, tutte e tutti insieme, i confini imposti alla società. bffmantova.com bffmantova
A MILANO, FINO AL 2 GIUGNO, UNA MOSTRA SU BRASSAÏ
RIPERCORRE LA VITA NELLA VILLE LUMIÈRE DEL SECOLO SCORSO, TRA INNAMORATI, CLOCHARD E ARTE DI STRADA
di
Perle esagerate si incrociano al collo, intorno ai polsi e lungo le dita di una donna seduta in un caffè di Parigi: è rilassata, guarda pacatamente verso l’obiettivo e la sigaretta stretta tra le unghie laccate sembra infonderle sicurezza. In un altro bar della città, fumo e risate sommesse si mescolano tra due innamorati, stretti verso l’angolo a tagliare fuori il resto del mondo, e i loro riflessi allo specchio. Altrove, in un giorno di primavera, l’oscillazione di una giostra offre l’occasione tanto attesa per lanciarsi in un bacio.
Dall’altra parte della lente, fuori dalla scena, una macchina fotografica è riuscita a immortalare ognuno di questi momenti fugaci e solo apparentemente poco significativi. L’autore degli scatti è l’ungherese Brassaï, pseudonimo di Gyula Halász, conosciuto anche come “l’occhio di Parigi” dal soprannome che lo scrittore e amico Henry Miller gli cucì addosso negli anni ‘30.
Le sue opere sono oggi esposte in una mostra curata da Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo, visitabile fino al 2 giugno a Palazzo Reale di Milano. Realizzata in collaborazione con l’Estate Brassaï Succession, Brassaï. L’occhio di Parigi offre la possibilità di ammirare più di
Couple d'amoureux dans un café parisien Place de Clichy, Parigi
Soirée Haute couture Parigi (1935)
200 stampe d’epoca oltre a sculture, documenti e oggetti appartenuti al fotografo, per immergersi attraverso il suo sguardo nella Parigi del secolo scorso, con i suoi monumenti simbolo, i modelli e gli artisti.
Ma la vita della Ville Lumière non era solo cultura e bellezza: Brassaï non dimenticò di immortalare gli outsider, le sex worker, i clochard, i girovaghi, gli operai. Particolarmente interessanti, perché anticipatori, sono i suoi scatti ai graffiti urbani. Che fossero esempi di arte povera o marachelle di bambini, quei disegni sgraziati e irregolari rappresentavano un modo per riprendersi le strade della città – proprio come la street art di oggi – e per affermare la propria esistenza in un mondo che cercava di negarla. Non a caso Brassaï, esponente della fotografia umanista, se ne appassionò così tanto. I suoi scatti avevano il potere di far emergere anche dai muri, dai monumenti e dagli edifici l’umanità palpitante che li abitava. Oltre a raccontare questa versione della metropoli a chi ne era lontano, grazie alla capacità di rendere il mondo, secondo le parole del giornalista Roger Grenier, «più strano e meno estraneo». palazzorealemilano.it mostrabrassaimilano.it
Boulevard
Autoportrait
IN MOSTRA A MILANO, FINO AL 30 GIUGNO, OLTRE 60 SCATTI DEL FOTOGRAFO INGLESE MARTIN PARR, CAPACE DI TRASMETTERE CON LA SUA RICERCA IL VALORE SIMBOLICO DEL DETTAGLIO
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it
foto di Martin Parr
© Martin Parr/Magnum Photos
La torre pendente
Italia, Pisa (1990)
Dalla serie Small World
La vita quotidiana è scandita da azioni ripetitive e gesti automatici. Ma attraverso lo sguardo di Martin Parr diventa una collezione di stranezze, una camera delle meraviglie che raccoglie elementi bizzarri capaci di ispirare divertimento, tenerezza, straniamento. Lo sguardo del fotografo documentarista inglese è facilmente riconoscibile e si concentra sulla forza del dettaglio, non necessariamente isolato rispetto al contesto ma intercettabile, per il suo valore simbolico, all’interno del quadro generale.
La mostra Martin Parr. Short & Sweet , al Museo delle culture di Milano fino al 30 giugno, esalta la particolare cifra stilistica dell’artista e ne ricostruisce la lunga e fruttuosa carriera. Il percorso di visita comprende
oltre 60 opere selezionate dall’autore a cui si aggiunge l’installazione Common Sense, un accumulo di circa 200 immagini dai colori vivaci stampate a basso costo su carta A3 e riadattate nello spazio secondo un ordine originale e site-specific.
Si comincia dagli scatti in bianco e nero della serie
The Non-Conformists , realizzati da un Parr 23enne insieme a Susie Mitchell, sua futura moglie. Il reportage senza filtri, con immagini realizzate tra il 1975 e il 1980, documenta la vita nelle periferie dello Yorkshire. Ci si muove poi verso le più conosciute serie a colori, a partire da The Last Resort che, attraverso i volti delle famiglie in vacanza a New Brighton, descrive il declino economico in cui versava il nord-ovest dell’Inghilterra nella metà
degli anni ‘80. Small World analizza invece il fenomeno del turismo di massa, facendo emergere la differenza tra la mitologia idealizzata del luogo e la realtà depredata dall’uso che il visitatore fa dello spazio. Mentre Establishment si avvale di uno sguardo provocatorio per raccontare le élite che governano il Paese, immortalandone i rituali, le convenzioni e le piccole ossessioni nel tenta -
tivo di reinterpretare e reinventare il cliché dell’inglese. L’esposizione è fitta, il corpus variegato, eppure ciò che affiora con forza è il profilo di un autore fedele a se stesso. Un fotografo di un altro pianeta, come lo definì Henri Cartier-Bresson, che guarda al caos ricercandone la precisione con cui si manifesta. mudec.it
Sconto del 50% sull’ingresso alla mostra per i clienti Trenitalia in possesso di un biglietto Frecciarossa, Frecciabianca o Frecciargento per Milano con data di viaggio antecedente al massimo di due giorni la data di visita. Si può usufruire della promozione acquistando il biglietto ridotto online sul sito ticket24ore.it o nella biglietteria del Mudec. trenitalia.com
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Chi da Milano vuole raggiungere la Calabria o proseguire per la Sicilia può approfittare del Frecciarossa notturno che parte alle 21:20 e arriva a Reggio Calabria alle 8:11 del mattino seguente. Lungo il tragitto il treno si ferma nelle stazioni di Milano Rogoredo, Reggio Emilia AV, Bologna Centrale, Firenze Santa Maria Novella, Paola, Lamezia Terme Centrale, Rosarno e Villa S. Giovanni. Viceversa, partendo dalla città dello Stretto alle 22:19 si può raggiungere il capoluogo lombardo alle 8:50 del giorno seguente.
Chi punta a passare qualche giorno di relax sulla costa adriatica partendo dalle grandi città del nord Italia, come Milano, Torino, Bologna e Venezia, può salire a bordo di uno dei 32 Frecciarossa a disposizione verso Rimini, Ancona, Pescara, Foggia, Bari, Brindisi, Lecce o Taranto. Nelle giornate di picco, inoltre, sono disponibili due ulteriori corse Frecciarossa da Milano a Pescara e viceversa, con partenza mattutina e ritorno serale e fermate anche a Bologna, Rimini, Riccione, Pesaro e Ancona. Chi invece vive a Roma può raggiungere i principali centri della Puglia – Foggia, Bari, Brindisi e Lecce – con uno dei 12 collegamenti disponibili.
Per chi ha intenzione di raggiungere Parma o partire dalla stessa città c’è il servizio Mediopadana Link che oggi è ancora più conveniente grazie ai prezzi speciali – 5 € per gli adulti e 2,50 € per i ragazzi – per chi acquista il collegamento bus in combinazione con Frecciarossa. Ogni giorno 18 corse in bus* collegano Parma alla stazione di Reggio Emilia AV, dove trovare connessioni sia verso Firenze, Roma, Napoli, Salerno, Reggio Calabria, sia verso la costa adriatica. Potenziato anche il servizio tra Milano, Roma e Napoli, grazie all’utilizzo del Frecciarossa in doppia composizione (duplex) nelle giornate a più alta mobilità.
Tra Roma e Milano, ogni giorno viaggiano fino a 100 Frecciarossa, tra cui due nuovi treni no stop che collegano Roma Termini e Milano Centrale in 2h 50’ e si aggiungono agli altri sette collegamenti diretti che uniscono la Capitale alla città meneghina in meno di tre ore.
Maggiori informazioni su trenitalia.com
* Il numero di collegamenti indicato è comprensivo dei servizi di andata e ritorno.
Le grandi star italiane e internazionali tornano a riempire stadi e palazzetti con la loro musica. Mentre Gazzelle porta nei principali palasport d’Italia il tour Dentro X sempre, i Depeche Mode tornano live a Torino il 23 marzo e a Milano il 28 e il 30 con il Memento Mori Tour. Non mancano gli eventi ad aprile, con Annalisa che si esibisce sui più importanti palchi del Paese con Tutti nel vortice e Angelina Mango al Fabrique di Milano con il concerto evento sold out Pare una pazzia in programma il 17, a cui si aggiungono tanti altri appuntamenti previsti in autunno.
Grazie all’offerta Speciale Eventi, i fan possono raggiungere i live e tornare a casa con le Frecce usufruendo di sconti fino all’80% rispetto alla tariffa Base. È sufficiente selezionare l’offerta in fase di acquisto e utilizzare i codici GAZZELLE, DEPECHEMODE, ANNALISA o ANGELINA in base al concerto a cui si vuole assistere.
Inoltre, chi è in possesso di un biglietto delle Frecce che ha come partenza o destinazione una delle città che ospitano il tour di Annalisa può acquistare il biglietto del concerto con uno sconto del 15%.
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L’estate è in arrivo e con lei la voglia di nuove avventure in Europa. Acquistando il Global Interrail Pass, a partire da 212 € per i giovani fino a 27 anni inclusi e da 283 € per gli adulti, è possibile muoversi in treno, in modo sostenibile, attraverso 33 Paesi europei, per ammirare i magici tramonti del Portogallo, i mulini a vento dei Paesi Bassi e gli incantevoli fiordi scandinavi, magari arrivando fino alle isole greche e in Turchia.
Per farlo è sufficiente accedere al sito trenitalia.interrail.eu, selezionare l’opzione Global Pass e scegliere il Pass che si preferisce, in base al numero dei partecipanti, alla fascia di età e al numero di giorni in cui si desidera restare in viaggio. Una volta acquistato il biglietto, non resta che preparare lo zaino e partire.
Maggiori informazioni su trenitalia.interrail.eu
Biglietto acquistabile fino alla partenza del treno e del FRECCIALink. Entro tale limite sono ammessi il rimborso, il cambio del biglietto e il cambio della prenotazione un numero illimitato di volte. Dopo la partenza, il cambio della prenotazione e del biglietto sono consentiti una sola volta fino a un’ora successiva.
Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del terzo giorno precedente al viaggio, per le Frecce e FRECCIALink, ed entro la mezzanotte del secondo giorno precedente al viaggio per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio prenotazione, l’accesso ad altro treno e il rimborso non sono consentiti, livello Executive escluso. È possibile, fino alla partenza del treno, esclusivamente il cambio della data e dell’ora per lo stesso tipo di treno, livello o classe, effettuando il cambio rispetto al corrispondente biglietto Base e pagando la relativa differenza di prezzo. Il nuovo ticket segue le regole del biglietto Base.
MASSIMO RISPARMIO
Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del sesto giorno precedente al viaggio, per le Frecce e FRECCIALink, gli Intercity e Intercity Notte. Il cambio, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti, livello Executive escluso.
FRECCIA 2X1
La promozione consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconto fisso del 50% del prezzo Base su Frecciarossa e Frecciargento. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive e del Salottino Business 1
FRECCIASENIOR
Riservata agli over 60 titolari di Carta FRECCIA, FrecciaSENIOR consente di viaggiare su Frecciarossa e Frecciargento a 29 € o 39 € a seconda della relazione di viaggio. L’offerta è valida per viaggiare nel livello di servizio Standard su Frecciarossa e in 2^ classe su Frecciargento 2
Viaggia il martedì, mercoledì e giovedì con sconti fino al 70% rispetto al prezzo del biglietto Base sui treni Frecciarossa e Frecciargento nei livelli di servizio Business, Premium, Standard, in 1^ e in 2^ classe 3
FrecciaYOUNG
Riservata agli under 30, l’offerta FrecciaYOUNG consente di viaggiare su Frecciarossa e Frecciargento a 19€ e 29€ a seconda della relazione di viaggio. L’offerta è riservata ai soci Carta FRECCIA under 30 ed è valida per viaggiare in Standard e in 2^ classe 4
1. Offerta a posti limitati e variabili in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza e non si cumula con altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
2. Offerta valida sui treni Frecciarossa e Frecciargento, in 2^ classe e nel livello di servizio Standard. Prevede l’acquisto a prezzi fissi di 29 € e 39 €, a seconda della relazione di viaggio. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per le quali è previsto un prezzo Base inferiore ai 38 €. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta è a posti limitati che variano in base al treno e al giorno della settimana e non si cumula con altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
Con Trenitalia i bambini viaggiano gratis in Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca in 1^ e 2^ classe e nei livelli Business, Premium e Standard. La gratuità è prevista per i minori di 15 anni accompagnati da almeno un maggiorenne, in gruppi composti da 2 a 5 persone. I componenti del gruppo dai 15 anni in poi pagano il biglietto scontato del 50% sul prezzo Base 5
Viaggia il venerdì, sabato, domenica e lunedì con sconti fino al 60% rispetto al prezzo del biglietto Base sui treni Frecciarossa e Frecciargento nei livelli di servizio Business, Premium, Standard, in 1^ e in 2^ classe 6
Offerta dedicata ai gruppi da 3 a 5 persone per viaggiare con uno sconto fino al 60% sul prezzo Base di Frecce, Intercity e Intercity Notte. La promozione è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 7
3. L’offerta è a posti limitati che variano in base al giorno, al treno e alla classe o livello di servizio e non è cumulabile con altre riduzioni ad eccezione di quella prevista a favore dei ragazzi. Puoi acquistare l’offerta fino alle ore 24 del sesto giorno precedente la partenza del treno, presso tutti i canali di vendita. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
4. Offerta valida sui treni Frecciarossa e Frecciargento, in 2^ classe e nel livello di servizio Standard. Prevede l’acquisto a prezzi fissi di 19€ e 29€, a seconda della relazione di viaggio. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per le quali è previsto un prezzo Base inferiore ai 38€. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta è a posti limitati che variano in base al treno e al giorno della settimana e non si cumula con altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti, compresa quella prevista per i ragazzi. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
5. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta non è cumulabile ad altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti.
6. L’offerta è a posti limitati che variano in base al giorno, al treno e alla classe o livello di servizio e non è cumulabile con altre riduzioni ad eccezione di quella prevista a favore dei ragazzi.
Puoi acquistare l’offerta fino alle ore 24 del quattordicesimo giorno precedente la partenza del treno, presso tutti i canali di vendita. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
7. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 60% per le Frecce e dal 20% al 60% per gli Intercity e Intercity Notte. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.
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Il FRECCIABistrò ti aspetta al centro del Frecciarossa: lì troverai prodotti da forno, snack dolci e salati, piatti caldi e freddi, taglieri, panini, tramezzini, pizza, hamburger e soft drinks, birre artigianali, cocktail, vini e bollicine. Inoltre, puoi scegliere tra tanti menù pensati per ogni momento della giornata
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Tra i menù:
Grazie ai servizi e ai contenuti del portale FRECCE il viaggio a bordo dei treni Frecciarossa e Frecciargento e nelle sale FRECCIAClub e FRECCIALounge è più piacevole. Per accedere basta collegarsi alla rete WiFi, digitare www.portalefrecce.it o scaricare l’app Portale FRECCE da App Store e Google Play. Ulteriori dettagli, info e condizioni su trenitalia.com
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Chi sceglie Frecciarossa merita il meglio. Un viaggio ad alta velocità capace di connettere le persone, dare valore al tempo e offrire tanti vantaggi da condividere.
Per questo con Carta FRECCIA si aprono le porte di un mondo esclusivo, fatto su misura per chi desidera più relax, chi vuole migliorare la produttività e chi prende il treno per incontrare una persona speciale.
Dalla grafica ai nuovi partner, sono in arrivo tan te novità che daranno più valore al viaggio insieme. Per tutti, c’è tanto da scoprire.
Maestose figure femminili dotate di un sorriso ammaliante. Ma anche intarsi grafici, atmosfere seducenti e colori pastello. È lo stile riconoscibile e unico di Alphonse Mucha, le cui opere sono in mostra al Museo degli innocenti di Firenze fino al 7 aprile. Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau è un’esposizione ricca di luci e suggestioni parigine, corredata di manifesti, disegni, acquarelli e oli, oltre a fotografie, gioielli, piccole sculture e ceramiche per un totale di oltre 170 opere. L’artista ceco era convinto che l’arte non dovesse limitarsi a essere piacevole allo sguardo ma avesse il compito di comunicare un messaggio – profano o sacro, pubblicitario o spirituale – capace di emozionare gli spettatori.
Dal lunedì al venerdì, festivi esclusi, sconto del 25% sull’ingresso all’esposizione per i clienti Trenitalia in possesso di un biglietto per Frecciarossa o Frecciargento con destinazione Firenze e data di viaggio antecedente al massimo di due giorni la data di visita alla mostra.
arthemisia.it | museodeglinnocenti.it
Alphonse Mucha
Sarah Bernhardt: La Plume (1896)
© Mucha Trust 2023
IL MONDO DI TIM BURTON
Fino al 7 aprile alla Mole Antonelliana, Torino museocinema.it
GIUSEPPE DE NITTIS, PITTORE DELLA VITA MODERNA
Fino al 30 giugno a Palazzo Reale, Milano mostradenittis.it
MARTIN PARR - SHORT & SWEET
Fino al 30 giugno al Museo delle culture, Milano mudec.it
PICASSO. LA METAMORFOSI DELLA FIGURA
Fino al 30 giugno al Museo delle culture, Milano mudec.it
TATUAGGIO. STORIE DAL MEDITERRANEO
Dal 28 marzo al 28 luglio al Museo delle culture, Milano mudec.it
VAN GOGH. MULTIMEDIA E LA STANZA SEGRETA
Fino al 23 giugno a Palazzo Dalla Rosa Prati, Parma navigaresrl.com
ARTEMISIA GENTILESCHI. CORAGGIO E PASSIONE Fino al 1° aprile a Palazzo Ducale, Genova arthemisia.it | palazzoducale.genova.it
CALVINO CANTAFAVOLE
Dall’infanzia trascorsa a leggere il Corriere dei piccoli alla pubblicazione in età adulta di fiabe e racconti, passando per le collaborazioni con altri autori del fantastico, come Toti Scialoja. L’immaginario di Italo Calvino si dispiega nelle sale di Palazzo Ducale, a Genova, fino al 7 aprile.
Ingresso 2x1 riservato a chi possiede un biglietto per Frecce, Intercity e Intercity Notte con destinazione Genova e data di viaggio antecedente al massimo di tre giorni quella di visita alla mostra. Biglietto ridotto per chi raggiunge il capoluogo ligure in Intercity nei tre giorni antecedenti la data di visita della mostra e per i titolari di un biglietto di corsa semplice o un abbonamento a tariffa sovraregionale Trenitalia valido per raggiungere la città. L’ingresso ridotto è esteso anche a chi possiede un biglietto di corsa semplice se validato nella stessa giornata della visita. palazzoducale.genova.it
Emanuele Luzzati
La favola (1954 circa)
Courtesy Wolfsoniana - Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Genova
HZERO A FIRENZE hzero.com
ANDY WARHOL - UNIVERSO WARHOL
Fino al 17 marzo al Museo storico della fanteria, Roma navigaresrl.com
ESCHER
Fino al 1° aprile a Palazzo Bonaparte, Roma mostrepalazzobonaparte.it
Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com
Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.
Tratta Torino-Lione: il servizio è temporaneamente sospeso.
Cartina aggiornata al 29 febbraio 2024
Velocità max 400 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 8 carrozze
Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 | WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze
4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 589 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 497
WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 489
WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze
Classi 1^ e 2^ | Posti 479 | Presa elettrica al posto
Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
MARZO RIPARTONO GLI ITINERARI DEL TRENO NATURA. PER SCOPRIRE LE TERRE DI SIENA A BORDO DI CONVOGLI TRAINATI DA UNA LOCOMOTIVA A VAPORE
di Gabriele Romani
Quello delle Terre di Siena è un territorio dagli innumerevoli cromatismi, un caleidoscopio di colori, profumi e sapori che rappresentano l’essenza della Toscana. Scoprirlo a bordo di un convoglio a vapore, che consente un romantico viaggio nel tempo scandito da fischi e sbuffi, è un’emozione indimenticabile.
Gli itinerari del Treno natura, che attraversa il cuore della regione all’insegna di un turismo lento, puntano a offrire al viaggiatore questo tipo di esperienza e a valorizzare le eccellenze della zona. Si comincia da questo mese con una serie di appuntamenti che arrivano fino al 17 novembre, quando a San Giovanni d’Asso, in provincia di Siena, si svolgerà la Mostra mercato del tartufo bianco, kermesse enogastronomica di rilevanza mondiale.
Il primo viaggio è previsto domenica 24 marzo, con il Treno del tartufo marzolo: una locomotiva a vapore costruita nei primi del ‘900 parte dalla stazione di Siena alle 9:05, portan-
do al traino iconiche carrozze Centoporte degli anni ‘30. Si fa tappa a Monte Antico, in provincia di Grosseto, uno dei borghi più caratteristici della zona, dove strade e piazze raccontano epoche del passato che continuano a vivere nell’architettura del luogo. La destinazione finale è San Giovanni d’Asso, al confine con la Val d’Orcia, dove l’arrivo è previsto per le 11:25. C’è tempo per una visita al castello medievale, che ospita nei suggestivi sotterranei il Museo del tartufo, e un giro nel centro storico con le sue attrazioni culturali ed enogastronomiche, prima della ripartenza del treno alle 16:22. Sulla via del ritorno un’ulteriore sosta consente un’escursione ad Asciano (Siena), nell’alta valle del fiume Ombrone: da non perdere il Museo civico archeologico e d’arte sacra Palazzo Corboli che accoglie testimonianze etrusco-romane. L’arrivo nella stazione di Siena è previsto per le 17:30. fondazionefs.it fondazionefsitaliane
Desta qualche preoccupazione il bradisismo dei Campi Flegrei, una grande caldera in stato di quiescenza la cui eruzione porterebbe a sconvolgimenti epocali. Spesso il terreno si solleva e si liberano terremoti che creano agitazione e ricordano alla popolazione eventi lontani, come l’evacuazione di Pozzuoli, vicino a Napoli, negli anni ‘80 del XX secolo.
Che cosa crea questo movimento nell’area? Le ipotesi sono due: o è il magma che spinge dal profondo e prelude a un’eruzione esplosiva, oppure sono i fluidi alla testa della camera magmatica che premono. La seconda teoria, per fortuna la più accreditata, lascia presagire che il fenomeno potrebbe rientrare, come già altre volte in passato.
Ma il bradisismo di questa zona non è un fatto di ieri: in un volume uscito nel 1830, il celebre geologo Charles Lyell notava che le colonne del mercato romano del Serapeo a Pozzuoli, osservate durante il suo Grand Tour in Italia, mostravano chiari segni della loro permanenza sotto il livello del mare.
L’erosione e i fori prodotti da organismi litofagi hanno evidenziato vari livelli di sollevamento e abbassamento del suolo, anche di diversi metri, a testimonianza di una terra ballerina sulla quale si deve vivere con grande accortezza. Per toccare con mano la dinamica del pianeta Terra, quindi, basta visitare questo mercato, l’antico Macellum flegreo.
di Davide Rondoni
DavideRondoniAutore daviderondoni Daviderond [Poeta e scrittore]
Oggi sono la donna più ricca del mondo possiedo tutto ciò che non ho chiesto al posto della tua mano mi si è posata – sulla guancia una piuma d’oca. Guardo solo a quest’amore. Non guarderò mai più al mio.
Il desiderio – finalmente – mi si spezza tra le mani – sono libera.
Ho scelto una giovane poetessa e un suo inedito. Poesia allo stato nascente, nel Paese e nella lingua che sono da sempre patria storica di questo genere grazie a Francesco d’Assisi, Guido Guinizelli, Dante, Francesco Petrarca e su fino a Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Cesare Pavese, Mario Luzi, Pier Paolo Pasolini. L’ho scelta per marzo, mese in cui si festeggia la Giornata mondiale della poesia il 21, primo giorno di primavera. La poesia è arte che esisterà fino a
quando ci sarà essere umano vivente. Ma appunto vivente, non sedato e addormentato. E quindi capace, come dice il bel testo di Asia Vaudo, di amare e desiderare, e al tempo stesso di spezzare (non censurare). Uno spezzare che permetta alla sua vera energia (la libertà) di uscire e non restare imprigionata in catene, in orizzonti immediati. Desiderare e rompere il desiderio è quello che ci indica questa giovane e valida poetessa, già nota per alcuni libri e per la sua attività nelle carceri, sempre a
proposito di libertà e catene da spezzare.
Del resto, già gli antichi trovatori e i nostri geni dello stil novo sapevano che si è ricchi (cortesi, gentili) d’animo quando si ama gratuitamente, senza pretese. Occorre arte della gratitudine, della pazienza e dello spezzare, delicatamente o furiosamente, le catene che spesso ci impongono relazioni o cose che non corrispondono ai nostri autentici desideri. Spaccare il desiderio, come si potano i rami, perché fioriscano.
MINDFULNESS IN VIAGGIO
di Nerina Di Nunzio nerina.dinunzio nerinadinunzio [Esperta di comunicazione, istruttrice mindfulness e coach]
Essere gentili è una sfida. Quando si viaggia, poi, è ancora più importante esserlo, verso se stessi e gli altri, perché il viaggio ci mette alla prova, ci smuove dalla routine, ci chiama a essere più morbidi e più capaci di adattarci alle situazioni.
In realtà, tutta la vita è un viaggio e il treno su cui ti trovi è solo il mezzo per percorrere un lungo cammino fatto di tanti momenti diversi, difficili, emozionanti, sfidanti e sempre nuovi. La gentilezza amorevole, chiamata anche pratica di Metta, è un esercizio che affonda le sue radici nel buddismo e viene praticato ogni giorno in tutto il mondo anche grazie all’approccio laico della Mindfulness.
A cosa serve la gentilezza? È la chiave del benessere emotivo, la formula magica che permette di vivere un presente di valore, fatto di condivisione e riconoscimento della vicenda umana con i tanti risvolti che ogni persona deve affrontare. Ma è anche un antidoto allo stress, perché fa aprire gli occhi – ma soprattutto il cuore – all’idea che siamo tutti uguali: gioiamo, soffriamo e abbiamo bisogno solo di rispetto, comprensione e incoraggiamento.
La pratica della gentilezza amorevole è un vero e proprio mantra da ripetere ogni volta che ne sentiamo il bisogno. Il testo inizia con la focalizzazione sulla propria persona, che genera sentimenti di benevolenza innanzitutto verso se stes-
si: «Che io possa essere felice, che io possa stare bene, che io possa stare al sicuro, sana nel corpo e nella mente». Questo potrà sembrare controintuitivo per alcuni, ma è fondamentale comprendere che solo nutrendo amore per se stessi lo si potrà estendere genuinamente agli altri.
Dopo aver coltivato la gentilezza amorevole per sé, la pratica si espande per includere familiari, amici, conoscenti, estranei e, infine, tutti gli esseri senzienti, tutto il mondo e l’universo senza nessuna esclusione. Le parole di questa pratica sono molto toccanti e armoniose, si attribuiscono direttamente al Buddha e sono piene di significato e forza. Ascoltando la traccia proposta nel QR code potrete riconnettervi a un momento di pura gioia provato nella vostra vita e sarete in grado di amplificarlo per voi e per gli altri in qualunque momento.
Ascolta su Spotify la meditazione della Gentilezza amorevole
FOTO DEL MESE
di Flavio Scheggi mescoupsdecoeur
Un lago alpino circondato dalle montagne, una panchina dove sedersi per ammirare il panorama e, di fronte, un campanile semisommerso che sbuca dal lago di Resia. Potrebbe essere un fotomontaggio ma non lo è. La foto è stata scattata a Curon Venosta, in provincia di Bolzano, dove la costruzione di una diga nel 1950 ha prodotto un lago artificiale che nel tempo ha sommerso l’intero paese, di cui rimane visibile solo la torre campanaria.
Questa immagine fa parte di Architetture inabitabili la mostra visitabile fino al 5 maggio alla Centrale Montemartini di Roma, organizzata e realizzata da Archivio Luce Cinecittà, ideata dalla Presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia che ne è anche curatrice insieme a Dario Dalla Lana. Il progetto è nato dal desiderio di esplorare il fascino e la complessità di alcune particolari strutture architettoniche presenti in Italia. Ne sono state scelte otto, distribuite su tutto il territorio nazionale, diverse per tipologia, destinazione d’uso ed epoca di costruzione, dal gazometro di Roma al Lingotto di Torino, fino agli ex seccatoi di Città di Castello, in provincia di Perugia, costruiti nel dopoguerra per raccogliere il tabacco coltivato nell’Alta Valle del Tevere.
Tra le circa 150 fotografie che fanno parte dell’esposizione spiccano le opere di grandi autori italiani come Gianni Berengo Gardin, Guido Guidi e Marzia Migliora, oltre a Francesco Jodice e Silvia Camporesi che hanno realizzato alcune immagini appositamente per la mostra. A livello internazionale, si segnalano gli scatti di Mark Power, Sekiya Masaaki e Steve McCurry. Il percorso espositivo vuole dare al pubblico l’opportunità di esplorare la complessità delle architetture inabitabili italiane, invitando a riflettere sulla loro rilevanza simbolica e rinnovata vitalità. centralemontemartini.org