Carnet Smart
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L’offerta Carnet Smart è riservata ai titolari di CartaFRECCIA. Il Carnet Smart, nominativo e disponibile per viaggi in Frecciarossa e Frecciargento solo su determinate relazioni, è a prezzi fissi ( differenziati in Base alla relazione e alla classe/livello di servizio prescelto). Lo sconto - oltre il 60% - si applica al prezzo del biglietto Base. Il Carnet Smart consente di prenotare viaggi sui treni Frecciarossa e Frecciargento, dal lunedì al venerdì, in entrambi i sensi di marcia della relazione scelta, e nella classe/livello di servizio prescelti in fase di acquisto (escluse le soluzioni di viaggio composte da più treni).
LE SFIDE DELLA SOSTENIBILITÀ
Abbiamo dedicato la cover di questo numero a un appuntamento sportivo di richiamo mondiale, qual è la Ryder Cup che si terrà a Roma tra fine settembre e inizio ottobre. L’edizione 2018, l’ultima giocata in Europa prima della sospensione causa Covid-19, ha raggiunto oltre 600 milioni di abitazioni con più di 160 Paesi collegati in diretta televisiva. I migliori golfisti del Vecchio continente gareggeranno sul green con i campioni statunitensi. Una sfida sportiva che inaugura una stagione, quella autunnale, che ne imporrà molte altre, su ben altri campi. Basti pensare agli effetti della situazione economico finanziaria in Cina, al perdurante conflitto in Ucraina, all’inarrestabile flusso migratorio dall’Africa, a quel che ruota attorno alle elezioni europee e a quelle presidenziali statunitensi del prossimo anno. E poi c’è la sfida, o meglio le sfide, della sostenibilità che – come abbiamo voluto ricordare nel nostro strillo di copertina – vanno ben oltre il green e l’ambiente, ma che rischiano di essere trascurate a causa di altre urgenze contingenti. Il fine di una crescita sostenibile è progredire in benessere e prosperità ma senza lasciare ai nostri figli un’eredità di debiti, guerre, sacche di miseria, difficoltà e danni all’ambiente, all’economia e alla società. Tutti fattori che insieme minano la possibilità
di continuare a svilupparci o, ancor peggio, mettono in discussione la futura sopravvivenza del genere umano. Occorre però ricordare che la sostenibilità è come il cavalletto di un pittore. Ha tre gambe, e sta in piedi soltanto se tutte e tre poggiano sul terreno. Difendere l’ambiente è fondamentale, senza però perdere di vista la sostenibilità sociale, ossia la lotta contro
le disuguaglianze e la povertà, l’impegno all’inclusione e al confronto tra diverse opinioni, interessi e aspettative (anche quando progettiamo e costruiamo nuove infrastrutture). E lo è anche la sostenibilità economica. Non è sostenibile ottenere vantaggi su un fronte al costo di gravare di debiti le generazioni future, oppure distruggere – accelerando troppo certi processi – alcune filiere produttive, mettere così in crisi interi comparti economici e creare disoccupazione diretta e nell’indotto. Virtuoso, in questo non unico caso, è l’equilibrio, la capacità di non farsi fagocitare da impeti ideologici. Come Ferrovie dello Stato cerchiamo di fare questo. Siamo green per natura e facciamo di tutto per esserlo sempre più, autoproducendo energia da fonti rinnovabili, migliorando la nostra efficienza energetica, sperimentando su linee non elettrificate biocarburanti molto meno inquinanti del gasolio, guardando al futuro, all’idrogeno, che già utilizziamo sui bus, in Olanda. Ma lavoriamo anche per essere sempre più inclusivi e sensibili ai problemi che affliggono la nostra società (su questo numero leggerete di una nostra iniziativa insieme al ministero della Giustizia), attenti al confronto con le comunità e i territori dove insistono i nostri cantieri, al welfare dei dipendenti, a generare valore economico, a usare i più adeguati e sostenibili strumenti finanziari per consentirci di portare avanti i piani di sviluppo. Sono sfide che richiedono impegno e precisione per centrare l’obiettivo, perché la nostra pallina da golf raggiunga, a uno a uno, tutti gli obiettivi del nostro Piano industriale. Un Piano che con 200 miliardi di euro in investimenti per dieci anni punta a costruire un sistema di infrastrutture, servizi di mobilità pubblica e logistica integrata resiliente, efficiente e sicuro. Così da rendere il nostro Paese più coeso, attrattivo e competitivo. Se riusciamo, la vittoria non sarà nostra, ma di tutti.
IMPEGNO AZZURRO
52 ANTICHE FORTEZZE
Per due fine settimana di settembre, le giornate italiane dei castelli consentono di scoprire le roccaforti più affascinanti del Paese
Due ori e la guida come capitano della Nazionale italiana maschile di pallavolo, Simone Giannelli affronta con il sorriso i Campionati europei che terminano il 16 settembre a Roma 84
SUI BINARI DELLA LEGALITÀ
In Lombardia parte il progetto pilota del Protocollo d’intesa tra il ministero della Giustizia e il Gruppo FS. Consente ai detenuti del carcere di Milano Opera di lavorare in stazioni e uffici ferroviari
Tra le firme del mese
244
i km del Tratturo magno in Abruzzo [pag. 71]
80
CESARE BIASINI SELVAGGI
Da marzo 2017 è direttore editoriale di Exibart.com ed Exibart on pape r. Manager culturale per diverse fondazioni italiane, svolge anche un’intensa attività di consulenza di comunicazione strategica d’impresa e per l’internazionalizzazione del made in Italy
gli anni trascorsi dalla morte di Salvo D’Acquisto [pag. 82]
140
le mostre fotografiche della rassegna Photofestival [pag. 105]
READ ALSO
Giornalista, scrittore, conduttore radiofonico e televisivo. Ama vivere e raccontare la vita. Ha una passione speciale per i viaggi e lo sport, i piaceri della tavola e dell’arte, la buona conversazione e la contemplazione della natura. La sua dote migliore è la curiosità
FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale
PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI
ANNO XV - NUMERO 09 - SETTEMBRE 2023 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA
N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 25/08/2023
Foto e illustrazioni Archivio FS Italiane AdobeStock
Copertina © Archivio FS Italiane/Renato Piccini e Marco Mattia Tutti i diritti riservati
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Direttore Responsabile Responsabile Prodotti Editoriali Caporedattrice
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Coordinamento creativo
Ricerca immagini e photo editing Hanno collaborato a questo numero
VALENTINA LO SURDO
Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite?
Ovunque ci sia da mettersi in cammino
Marco Mancini
Davide Falcetelli
Michela Gentili
Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre
Gaspare Baglio, Alex A. D’Orso, Irene Marrapodi Francesca Ventre Giovanna Di Napoli
Claudio Romussi
Osvaldo Bevilacqua, Cesare Biasini Selvaggi, Peppone Calabrese, Claudia Cichetti, Flaminia Crescenzi, Fondazione FS Italiane, Enzo Fortunato, Alessio Giobbi, Peppe Iannicelli, Sandra Jacopucci, Valentina Lo Surdo, Roberta Mancini, Stefania Miccolis, Michela Passarin, Enrico Procentese, Andrea Radic, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Emanuele Santori, Flavio Scheggi, Mario Tozzi
REALIZZAZIONE E STAMPA
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com
Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
PER LA PUBBLICITÀ SU QUESTA RIVISTA advertisinglafreccia@fsitaliane.it
ROBERTA MANCINI
Nata a Roma, ha 24 anni ed è una story editor. Le piace abbozzare racconti e ha la passione per la lettura. Scrive per vari magazine recensioni sulla musica che ascolta, sui libri che legge e sui film che guarda. Collabora con la scuola di scrittura creativa Molly Bloom
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On web
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I numeri di questo numero
FRECCIA COVER
IL MURO NELLA TELA
La street art è ormai diventata un vero e proprio must in tutto il mondo. Motivo per cui non bisogna perdere United Intermural Artists, la più grande mostra dedicata da un centro d’arte privato italiano a questa tecnica espressiva, fino al 30 settembre alla 21Gallery di Villorba (Treviso). Tutti i talenti selezionati, come conferma il curatore
Cesare Biasini Selvaggi, «sono protagonisti della stagione storica del writing newyorchese, in grado di tradurre una creatività che ha avuto origine nello spazio urbano all’interno del white cube della tela». E proprio questa è la grande novità dell’esposizione: riproporre l’arte di strada a misura di dipinto. Lady Pink, Seen, Sharp, Crash e A-One sono solo alcuni dei writer esposti. Non manca il miste -
rioso Banksy, presente con l’opera del 2002 Bomb Middle England che raffigura innocue signore mentre giocano a bocce utilizzando bombe pronte a esplodere. Un capolavoro di condanna della guerra, che vede come perdenti sempre i più deboli. Tutti i quadri riassumono i tratti comuni di un’autonomia estetica capace di alternare gli strumenti di pittura tradizionali a quelli non convenzionali come spray, marker, rulli. In un percorso di sperimentazione, reinterpretazione e reinvenzione costante dei linguaggi.
twentyonegallery.it
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21TwentyoneGallery
LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME
a cura di Enrico Procentese enry_pro
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente e priva di watermark. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica.
IN VIAGGIO
Tra i campi toscani franckandiverfoto
AT WORK
Capitreno Frecciarossa © Edoardo Cortesi eddiecortesi
UNA CORSA PER
LA PREVENZIONE
ULTIME QUATTRO TAPPE DELLA RACE FOR THE CURE, LA MANIFESTAZIONE CHE PROMUOVE LA LOTTA CONTRO
I TUMORI AL SENO. DOPO ROMA E BARI, APPUNTAMENTO A BRESCIA, BOLOGNA, MATERA E NAPOLI
Sei tappe per una maratona nel segno della prevenzione. Dopo lo stop estivo, torna a settembre Race for the cure, la più grande manifestazione per la lotta ai tumori femminili organizzata da Komen Italia in collaborazione con il Gruppo FS. Dopo gli eventi di Roma e Bari a maggio, si riprende a correre per la prevenzione a Brescia, dal 15 al 17 settembre, e a Bologna dal 22 al 24, per poi scendere a Matera dal 29 settembre al 1° ottobre. Ultimo traguardo da tagliare quello di Napoli, il 15 ottobre.
Un’edizione da record quella di quest’anno: per i 24 anni della corsa rosa, oltre 70mila sostenitori hanno partecipato alla tappa capitolina, dove sono state erogate più di tremila prestazioni gratuite nel Villaggio della salute allestito al Circo Massimo. In quest’area, sempre presente in tutte le città, vengono offerti gratuitamente screening per le principali patologie femminili e si svolgono iniziative legate allo sport, al fitness e all’alimentazione per promuovere uno stile di vita sano. Gli eventi trovano il loro apice nella tradizionale corsa di cinque chilometri, e nella passeggiata di due, attraverso le vie del centro. Novità di quest’anno il percorso da otto chilometri dedicato agli atleti competitivi. Protagoniste delle varie tappe sono le donne che hanno affrontato o stanno affrontando un tumore al seno: indossando la loro speciale maglia rosa, portano alle altre pazienti la loro testimonianza sensibilizzando sull’importanza della prevenzione.
«La Race for the Cure è una manifestazione che ha forza e dà forza, abbiamo raggiunto un risultato straordinario e stiamo già lavorando per la 25esima edizione», afferma il fondatore di Komen Italia, Riccardo Masetti. «Siamo stati molto attenti a utilizzare i fondi in maniera trasparente, aiutando i giovani ricercatori e generando numerosi progetti: il più importante è la Carovana della prevenzione». Si tratta di unità mobili allestite con macchinari di ultima generazione e squadre mediche specializzate che effettuano prestazioni gratuite. Quest’anno sono stati offerti oltre 400 controlli senologici anche al personale del Gruppo FS di Salerno, Napoli, Cagliari, Bari, Palermo e Reggio Calabria, per diffondere sempre di più la cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro.
Promuovere la salute femminile è un obiettivo che Komen Italia porta avanti da oltre 20 anni. Grazie alle raccolte fondi, sono stati offerti esami diagnostici per i tumori del seno e altre patologie oncologiche femminili a oltre 180mila donne. Senza contare i numerosi premi di studio per la ricerca e le iniziative a tutela del benessere. Con la promessa di continuare sempre a correre sulla strada della prevenzione, con le scarpe già allacciate per il prossimo evento. raceforthecure.it
COLTIVARE
IL CAMBIAMENTO
AL SALONE DELLA CSR E DELL’INNOVAZIONE SOCIALE, DAL 4 AL 6 OTTOBRE A MILANO, LE AZIENDE ITALIANE
SI INCONTRANO PER DISCUTERE IL LORO RUOLO IN UN MONDO CHE GUARDA AL FUTURO
Il mondo è in continuo mutamento: cambia il modo di essere comunità e si modifica il rapporto umano con l’ambiente; la cultura si adatta a nuovi modelli e le città vivono vere e proprie metamorfosi. Immerse nel contesto sociale, anche le imprese hanno il compito di evolversi, abbracciando le trasformazioni positive di un Paese che diventa sempre più attento alla sostenibilità umana e ambientale.
Il Salone della Corporate Social Responsibility (CSR) e dell’innovazione sociale, in programma tra il 4 e il 6 ottobre all’Università Bocconi di Milano, riunisce quest’anno circa 280 organizzazioni con lo scopo di creare una rete che consenta loro di confrontarsi sulle buone pratiche da attuare per migliorare se stesse e il mondo circostante. Anche il Gruppo FS Italiane condivide l’importanza di un confron-
to tra aziende dall’approccio virtuoso sui temi della social corporate responsibility. Per questo motivo è partner del progetto dal 2016. Sostenibilità sociale, ambientale ed economica sono come ogni anno le protagoniste dell’evento, che per questa 11esima edizione ha come titolo e concept Abitare il cambiamento.
In tre giorni saranno molti i temi toccati negli interventi degli oltre 400 esperti. Durante la mattinata di mercoledì 4 ottobre si affronterà il tema del reinserimento lavorativo degli ex detenuti, mentre nel pomeriggio del giorno successivo un incontro sarà dedicato alla rigenerazione urbana come strumento per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Nel corso dell’ultima giornata della manifestazione si discuterà di come valorizzare i territori attraverso infrastrutture moderne, adatte a fronteggiare la crisi climatica, e si
parlerà anche di salvaguardia degli oceani. Molti i focus legati al corporate: dalle soft skill richieste per i nuovi mestieri, come quello del green lawyer, all’evoluzione del welfare aziendale.
Le imprese mettono in comune le loro competenze, cercando di stare al passo con i progressi della società e dando il proprio contributo a un’innovazione condivisa. Proprio per celebrare i cambiamenti virtuosi e chi è riuscito ad attuarli, è stato istituito lo scorso anno il Premio Impatto, per puntare l’attenzione sui progetti di sviluppo sostenibile attuati sia da organizzazioni non profit sia da aziende italiane. La manifestazione guarda al futuro an che grazie al progetto Meet the CSR Lea ders, che offre ai più giovani la possibilità di confrontarsi con i professionisti e le professio niste della sostenibilità attraverso delle sessioni di orientamento di mezz’ora. Per continuare a coltivare il cambiamento. csreinnovazionesociale.it
A TU PER TU
di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.itMaria Cappello, della Direzione Business AV di Trenitalia, racconta la sua esperienza lavorativa di coordinatrice del FRECCIALounge della stazione di Roma Termini, appena rinnovato.
Come inizia il tuo percorso professionale nel Gruppo FS?
Sono entrata a lavorare in Trenitalia nel 2011 come specialista tecnico commerciale. Da subito ho intrapreso il mio percorso professionale nel campo dell’assistenza alla clientela per il brand Frecciarossa.
La stazione Termini è sempre stata la mia principale area di lavoro, dalle primissime esperienze come operatrice del FRECCIAClub, fino all’attuale ruolo di coordinatrice del FRECCIALounge, oggi completamente rinnovato e recentemente inaugurato.
Parlaci del nuovo FRECCIALounge di Roma Termini.
Il Lounge di Roma Termini è cambiato nella forma, negli spazi e nello stile per garantire maggior comfort ai frequentatori di questa area esclusiva. In molti hanno apprezzato il restyling dei locali e l’incremento di alcuni servizi specifici, soprattutto la ristorazione.
La nuova sala si aggiunge alle altre del circuito AV: Milano Centrale, Bologna Centrale, Firenze Santa Maria Novella e Napoli Centrale. Questi spazi si trovano nel cuore delle stazioni e sono frequentati ogni giorno dai clienti più affezionati.
Di cosa ti occupi nello specifico?
Le nostre sono attività di assistenza e vendita diretta a 360 gradi. È necessario, quindi, informare i clienti in modo chiaro e tempestivo su diversi argomenti: la pianificazione del viaggio, l’elenco dei servizi offerti, l’acquisto del biglietto e il cambio della prenotazione, creando anche soluzioni di spostamento personalizzate.
Il nostro obiettivo è soddisfare al meglio le richieste dei viaggiatori, gestendo a volte situazioni non facili. Occorre avere empatia, attenzione e sensibilità.
Che tipo di esigenze hanno i clienti?
Ho notato una maggiore richiesta di privacy, unita alla necessità di godere a pieno del relax tipico del viaggio in treno. Nell’ultimo periodo sono aumentati i viaggiatori che richiedono posti in carrozze poco affollate, dove si possa sfuggire alle conversazioni e telefonate ad alta voce.
La ricerca del silenzio sta diventando un elemento distintivo soprattutto negli itinerari acquistati all’ultimo momento.
La formula giusta per svolgere al meglio questo lavoro?
Nel customer care è richiesta una forte capacità di adattamento e flessibilità, soprattutto se si lavora nel front line.
La sfida quotidiana per un’assistenza di qualità è saper instaurare un rapporto di fiducia con ogni singolo cliente.
La giusta comunicazione e la capacità di ascolto rappresentano la base per gestire e anticipare le necessità di chi si affida a noi per viaggiare.
LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI
I TRENI LI FA VIAGGIARE
Rossella Pivanti è una podcast producer dalla formazione radiofonica. Per lei il viaggio rappresenta un’occasione per entrare in contatto con le vite degli altri e lasciarsi ispirare.
Da cosa nasce il tuo bisogno di viaggiare?
Lavoro principalmente per aziende italiane ed estere e ho una grande passione per i suoni e le storie. I viaggi in treno mi hanno dato l’opportunità di incontrare persone in ogni angolo d’Italia e raccogliere tante testimonianze che si sono poi rivelate utili spunti per la mia attività. Durante un lungo periodo della vita, infatti, ho vissuto questo mezzo come la mia seconda casa, ma anche come un momento di evasione, ricerca e creatività. Lì ho collezionato storie che si sono trasformate in emozionanti podcast. Qual è stato il tuo percorso professionale?
Ho avuto la fortuna di cominciare lavorando nell’emittente dei miei sogni. Seppur in una piccola realtà come quella della provincia di Reggio Emilia, ho potuto affinare la conoscenza nel mondo radiofonico, anche attraverso la creazione di format a ispirazione musicale e spazi dedicati a raccontare la quotidianità. Successivamente ho deciso di lanciarmi nell’apertura di uno studio di registrazione, un’altra importante palestra per la mia crescita professionale. Tra il 2016 e il 2017 ho intrapreso una lunga serie di viaggi motivati dalla mia attività nel settore dello sport acrobatico del cheerleading, prima come atleta, poi come allenatrice.
Che ruolo ha avuto il treno?
In poco più di un anno ho toccato oltre 50 città per incontrare le squadre che seguivo. L’idea del mio primo podcast, nato nel 2018, si è sviluppata all’interno di questo connubio tra il tempo del viaggio e quello che dedicavo a seguire gli allenamenti. Il treno si è mostrato il mezzo più adatto per poter comunicare con persone di ogni età, classe sociale, mestiere: un’opportunità per osservare ed elaborare le molteplici situazioni in cui mi sono imbattuta.
Come hai vissuto il passaggio dalla radio ai podcast?
Non è stato un cambiamento privo di sfide ma una transizione impegnativa, soprattutto all’inizio. Era necessario trovare una metodologia di lavoro adatta a organizzare il materiale e le voci raccolte. L’idea di realizzare i ritratti delle persone incontrate nei miei viaggi ha suscitato curiosità e poi si è affermata fino a ricevere numerose richieste di produzione. Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Per ottobre ho pianificato il lancio di una nuova etichetta di produzione indipendente. Spero che i miei lavori possano stimolare conversazioni, promuovere una maggiore connessione ed empatia tra le persone, lasciare un’impronta positiva nel cuore degli ascoltatori attraverso la genuinità delle narrazioni. Nel tempo, i numerosi incontri fatti in treno mi hanno consentito anche di creare un diario di viaggio intimo e personale che è stato un mezzo di riflessione esistenziale e professionale.
L’ACCIAIO SI FA GREEN
IL GRUPPO BELTRAME È
IMPEGNATO IN UN PIANO PER RIDURRE LE EMISSIONI DI CO2 . E CON IL PROGETTO CHALIBRIA PUNTA AD ACCELERARE
LA TRANSIZIONE VERSO UN’INDUSTRIA VERDE
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.itBarbaraBeltrameGiacomello
Rispondere sempre in termini innovativi alle sfide del mercato e sapersi adattare alle esigenze del contesto economico e sociale. È questo l’approccio che contraddistingue da sempre l’operato di AFV Beltrame Group, azienda leader in Europa nella produzione di laminati mercantili, travi, acciai speciali e per cemento armato destinati a differenti ambiti di impiego, dal settore edile alla cantieristica navale. L’impresa di Vicenza, che vanta una storia secolare, oggi vuole rendere sempre più sostenibili le attività e i processi di produzione. E ha lanciato anche l’acciaio carbon neutral Chalibria, che punta a ridurre in modo significativo le emissioni di CO2. Del passato dell’azienda e della sua evoluzione ci parla la vicepresidente Barbara Beltrame Giacomello, Group Chief Marketing & Communications Officer del gruppo. Quali sono state le tappe fondamentali del percorso e a che punto siete ora?
Siamo un gruppo internazionale con quasi tremila dipendenti, 12 laminatoi e quattro acciaierie a forno elettrico. Ma la nostra attività è cominciata nel 1896, quando Antonio Beltrame ha fondato una piccola impresa di riparazioni meccaniche e carpenteria con fucina. L’azienda è cresciuta in maniera graduale e, già nel primo decennio del XX secolo, si è specializzata nella produzione di motori a vapore, pompe, impianti per molini, stabilimenti industriali e filande. Negli anni ‘60 e ‘70 abbiamo conquistato il mercato nazionale e subito dopo ci siamo rafforzati anche su quello estero. Oggi Beltrame Group ha una presenza sostanzialmente europea. In Italia,
oltre che a Vicenza, dove ha sede il quartier generale, abbiamo altri due stabilimenti: a San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo, e a San Didero, vicino Torino. I siti produttivi fuori dai confini nazionali sono invece quattro: uno in Francia, uno Svizzera e due in Romania.
Che rapporto avete con il territorio in cui operate?
La visione del gruppo è indirizzata anche verso le comunità che condividono con noi non solo l’ambiente fisico
ma anche l’interesse affinché l’intero tessuto sociale prosperi e si sviluppi all’insegna dell’inclusività, della condivisione e del benessere. Siamo un’azienda e una società ma anche un ecosistema. Per questo sosteniamo attività di vario genere e finanziamo progetti a favore di enti e associazioni locali senza scopo di lucro. Vogliamo contribuire alla solidarietà sociale, e per farlo ci impegniamo a favore dell’infanzia, per esempio, e nel settore culturale e sanitario collaborando con università
e centri di ricerca. Il bene comune si sostiene, prima di tutto, tutelando e rispettando le necessità delle persone e questo significa anche prendersi cura del territorio.
A questo proposito, quali sono le vostre iniziative in tema di sostenibilità ambientale?
In tutte le nostre attività e in ogni processo di produzione integriamo la sostenibilità in modo trasversale. Un po’ per il dovere di adeguarci a normative sempre più stringenti in materia,
un po’ per la necessità di mantenere una competitività sfidante. Il gruppo ha definito come cuore della propria strategia un piano di decarbonizzazione e una roadmap precisa per ridurre le emissioni di CO2. Quelle generate durante le attività sono al di sotto delle medie internazionali ed europee di settore, ma l’azienda intende migliorare ancora di più le proprie performance e si è data un obiettivo ambizioso: ridurre, rispetto ai già bassissimi livelli attuali, di un altro 40% le emissioni en-
tro il 2030. Come pensate di riuscirci?
Negli stabilimenti in Francia, Svizzera e Romania abbiamo dato avvio alla sostituzione dei forni a gas con macchine nuove molto più performanti in termini di emissioni. Inoltre, stiamo progettando e realizzando sistemi di recupero del calore e installando sistemi di controllo digitale. Anche l’economia circolare contribuisce al processo di trasformazione: le scorie di acciaieria e di affinazione trovano utilizzi interni op-
pure soddisfano la domanda green del mercato delle costruzioni sostituendo la ghiaia o la sabbia. L’anno scorso, insieme ad altre due aziende, abbiamo costituito Renewability, un consorzio che ha l’obiettivo di investire nella costruzione di impianti da fonti rinnovabili e di fornire l’energia elettrica prodotta a ciascun membro. Al momento abbiamo tre impianti fotovoltaici in Abruzzo, due nel Lazio, mentre un secondo lotto è stato acquistato in Sicilia all’inizio del 2023. A questa strategia di decarbonizzazione si aggiunge l’acciaio Chalibria, risultato di un progetto che ci sta particolarmente a cuore. Di cosa si tratta?
È il nostro acciaio certificato carbon neutral. L’idea nasce dall’impegno del gruppo di ridurre in modo significativo le emissioni di CO2, quelle che non siamo ancora in grado di diminuire attraverso l’impegno quotidiano. La carbon neutrality di Chalibria è ottenuta compensando le emissioni di CO2 attraverso l’acquisto di crediti di carbonio su base volontaria. Questi token, dedicati alle imprese intenzionate a compensare le emissioni di anidride carbonica con iniziative green, circoleranno sempre meno quando gli investimenti del piano di decarbonizzazione, che sarà attuato nei tempi dettati dai programmi europei, ci consentiranno di ridurre l’impatto dei processi produttivi sull’ambiente.
Che cosa significa Chalibria?
La parola fa riferimento ai Chalybes, un popolo dell’antichità classica a cui si attribuisce l’invenzione della siderurgia. Un nome che dalle arcaiche fucine guarda al domani, a un acciaio sempre più consapevole e circolare. Per noi è sinonimo di trasparenza e responsabilità.
Progetti per il futuro?
Ne abbiamo molti, la maggior parte dei quali include strategie e investimenti in materia di decarbonizzazione e sostenibilità per tutte le nostre sedi. Al centro di tutte le iniziative c’è una visione di industria ben precisa: un ecosistema in dialogo costante con tutti i suoi stakeholder, un motore che attiva il cambiamento, promuove e valorizza la trasformazione in corso. gruppobeltrame.com
a cura di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it - Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it - Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
save the date SETTEMBRE 2023
SAN QUIRICO D’ORCIA E BAGNO VIGNONI (SIENA) FINO AL 5 NOVEMBRE
Strane creature dalle sembianze umane – immobili e mute, ma pregne di significato – trovano residenza per alcuni mesi nel giardino storico degli Horti Leonini e nelle piazze della Val d’Orcia. Sono le sculture di Emanuele Giannelli, artista romano cresciuto professionalmente in Toscana, scelto quest’anno come protagonista di Forme nel verde. L’iniziativa, che dal 1971 trasforma giardini e piazze del Senese in musei a cielo aperto, pone al centro dell’ultima edizione l’umano e le sue debolezze. Le 38 imponenti opere di Giannelli sono infatti delle riflessioni contemporanee sulla guerra, sul futuro dell’umanità e sul concetto di salvezza. Come i due Mr. Arbitrium che, fronteggiandosi e puntellando con il peso dei loro corpi davanti alla Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta, rappresentano l’unico sostegno l’uno dell’altro. O come Waiting for play, che nei giardini pubblici propone una riflessione sull’avanzamento delle tecnologie, sulla violenza e sul confine sempre più labile tra realtà e immaginazione, mentre Monkey Tribù, applicata sul bordo della vasca termale di Bagno Vignoni, scimmiotta – letteralmente – i turisti intenti a scattarsi dei selfie tra le bellezze del paese. Una mostra sulle terrecotte e le ceramiche raku dell’artista all’interno di Palazzo Chigi Zondadari si associa alle installazioni en plein air per celebrare la tradizione della ceramica chigiana che, tra il 1693 e il 1795, ebbe in San Quirico un importante punto di riferimento. formenelverde.com
NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI IN ITALIA
ITALIA 29 SETTEMBRE
Telescopi puntati verso il cielo e lezioni di anatomia, approfondimenti sull’antropologia ed esperimenti di chimica in laboratori aperti al pubblico. Torna anche quest’anno la notte dedicata alla ricerca scientifica, programmata per l’ultimo venerdì del mese. Le iniziative in programma sono centinaia, tra talk, pillole di sapere, attività interattive e giochi, e coinvolgono l’intero territorio nazionale, con lo scopo di sensibilizzare bambini, ragazzi e adulti sulle sfide che la comunità scientifica si trova ad affrontare quotidianamente. Tra le città coinvolte Firenze, Ferrara, Ravenna, Bologna e Roma, ma anche centri più piccoli come Frascati, a pochi chilometri dalla Capitale, che anche per questa edizione dedica un’intera settimana, dal 23 al 30 settembre, alla sostenibilità con l’iniziativa LEAF - heaL thE plAnet’s Future. Non mancano approfondimenti sulle energie verdi e sulla mobilità sostenibile, temi fondamentali per poter affrontare al meglio un futuro incerto, e sulle grandi scienziate contemporanee e del passato, fonte di ispirazione per le specialiste di domani. nottedeiricercatori-society.eu frascatiscienza.it
MITO SETTEMBREMUSICA
MILANO E TORINO 7>22 SETTEMBRE
La grande musica per intenditori e appassionati, con esibizioni di indubbia qualità, a costi contenuti (da 5 a 30 euro). Città è il tema 2023 del festival, un viaggio sinfonico tra Milano e Torino con grande attenzione alle famiglie e ai più piccoli, privilegiando la programmazione dei fine settimana. Come da tradizione, tutti i concerti vedono un’introduzione all’ascolto. Apertura il 7 settembre al Teatro alla Scala di Milano, con l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, diretta da Wayne Marshall e replica l’8 all’Auditorium Giovanni Agnelli - Lingotto di Torino. Qui si chiude il 22 settembre, con la Filarmonica della Scala guidata da Andrés Orozco-Estrada e con il violoncellista Mario Brunello. Da segnalare il 9 settembre la serata di brani dedicati a New York, come l’immancabile Rhapsody in Blue di George Gershwin, eseguiti dall’Orchestra sinfonica nazionale della Rai e Stefano Bollani. mitosettembremusica.it
SQUALI E ABISSI.
PREDATORI PERFETTI IN UNA TERRA ALIENA
MILANO FINO AL 29 OTTOBRE
Ricostruzioni a grandezza naturale degli squali più spettacolari del mondo, sculture tattili in bassorilievo e documentari che indagano il legame tra creature umane e marine. La mostra alla Galleria dei mosaici della stazione di Milano Centrale invita a immergersi negli oceani per conoscere le strane creature che li popolano. In questo viaggio sott’acqua si possono incontrare forme di vita gelatinose e scoprire più di 30 esemplari di squali. Da quello bianco, lungo sei metri, al piccolissimo pigmeo, dallo squalo tigre, con il suo particolare manto, fino al martello, al leuca e al volpe, famoso per la lunga pinna caudale. Una sezione dell’esposizione è dedicata anche alla salvaguardia delle varie specie. Il più temibile dei predatori è diventato negli ultimi anni una preda e, nonostante la sua storia lunga 450 milioni di anni, rischia oggi l’estinzione. squaliabissi.it
INCLUSÌ. IL FESTIVAL DI PAIDEIA
TORINO 14>16 SETTEMBRE
Tre giorni di incontri, musica, sport, laboratori e performance per portare l’attenzione su una questione che riguarda la società intera: l’impatto della disabilità infantile sul sistema familiare e, in generale, su chi si prende cura di bambini con patologie e disturbi invalidanti. La prima edizione della manifestazione, che prevede eventi sparsi nelle strade e nelle piazze della città piemontese, offre momenti di riflessione sul concetto di inclusione e sulle modalità attraverso cui costruire una comunità più attenta ai bisogni di tutti. Partecipano al dibattito la sociologa Chiara Saraceno, il presentatore televisivo Piero Chiambretti, l’attore Paolo Ruffini e la direttrice del Salone internazionale del libro di Torino Annalena Benini. La cantautrice Carmen Consoli apre l’evento con un concerto al Teatro Carignano. fondazionepaideia.it
EVERYBODY TALKS ABOUT THE WEATHER VENEZIA FINO
AL 26 NOVEMBRE
Più di 50 opere di artisti contemporanei e una selezione complementare di lavori storici raccontano i vari modi con cui il clima ha plasmato le identità culturali delle popolazioni mondiali, influenzando la vita e le abitudini delle persone. La mostra, curata da Dieter Roelstraete, si sviluppa su due livelli del palazzo Ca’ Corner della Regina, sede della Fondazione Prada. Il percorso esplora i significati del tempo meteorologico nell’arte visiva, prendendo in considerazione le condizioni atmosferiche come premessa per affrontare il problema dell’emergenza climatica. Oltre alle opere esposte, è presente una postazione che riunisce più di 500 libri, pubblicazioni scientifiche e interviste con studiosi e attivisti. Mentre al piano terra un ledwall trasmette in loop le previsioni del tempo di tutto il mondo. fondazioneprada.org
GENOVAJEANS GENOVA 5>8 OTTOBRE
In grado di abbattere le differenze tra classi sociali, generi e generazioni, il jeans è uno dei più grandi protagonisti della storia della moda. Il suo nome deriva probabilmente da Janne, il nome in francese antico di Genova, dove è stato prodotto per la prima volta il pesante cotone blu. Per quattro giorni, l’intera città diventa una vetrina per i brand storici, che espongono nella biblioteca universitaria di via Balbi, e per i nuovi produttori, che presentano collettivamente le loro lavorazioni etiche nell’edificio Metelino. E poi ancora mostre di arte contemporanea e sulla storia del materiale protagonista, un laboratorio per iniziative di manufacturing e design e un’offerta formativa sulla lavorazione del jeans per artigiani e aspiranti tali. genovajeans.it
FERRARA FILM FESTIVAL FERRARA 16>23 SETTEMBRE
Torna per l’ottavo anno la manifestazione che riunisce nella città estense il meglio della cinematografia mondiale, le stelle italiane e internazionali, gli addetti ai lavori e gli appassionati della settima arte. Numerosi gli appuntamenti per un’edizione ricca di novità, a partire dagli spazi. Il Teatro Nuovo diventa, infatti, centro nevralgico del festival insieme a piazza Trento e Trieste, cuore pulsante della Ferrara medievale e hub principale dell’evento. A inaugurare la kermesse è l’attore Giancarlo Giannini che riceve il Dragone d’oro alla carriera, assegnato negli anni passati a star di fama mondiale come il Premio Oscar Danny Glover e l’attrice tedesca, diretta anche da Francis Ford Coppola, Nastassja Kinski. Apre invece le proiezioni Sweetwater, pellicola del regista argentino Martin Guigui che racconta la storia di Nat Clifton, primo giocatore di pallacanestro afroamericano a firmare un contratto con la NBA. ferrarafilmfestival.com
PIANETA TERRA FESTIVAL
LUCCA 5>8 OTTOBRE
Ormai è ben noto che il nostro pianeta sta subendo delle trasformazioni che coinvolgono tutte le specie viventi e ne mettono a rischio la sopravvivenza. La rete della vita è il tema generale che caratterizza incontri, dialoghi, lezioni e spettacoli dell’edizione 2023 della kermesse ideata, progettata e organizzata dagli Editori Laterza. Sono oltre 70 gli appuntamenti con scienziati, antropologi, filosofi, economisti, storici e artisti, sparsi in luoghi suggestivi della città, come la chiesa di San Francesco e l’Orto botanico. Tra i tanti nomi internazionali: Peter Wadhams, esperto di ghiaccio marino e di oceani polari, Elisabetta Erba, docente di Paleontologia e Paleoecologia, Paola Bonfante, pioniera degli studi sulle relazioni tra piante e microrganismi, Chiara Pavan, chef stellata, tra le prime a realizzare la cucina ambientale in Italia. pianetaterrafestival.it
MONOPOLI (BARI) 1 SETTEMBRE>1
ROMAEUROPA FESTIVAL ROMA 6 SETTEMBRE>19 NOVEMBRE
Con oltre due mesi di programmazione, più di 500 artisti e 90 spettacoli in diversi spazi della città, la 38esima edizione della kermesse traccia una geografia dell’età contemporanea attraverso una pluralità di linguaggi espressivi. Musica, danza, teatro, nuovo circo, creazioni per l’infanzia e arti digitali compongono un programma ricchissimo che unisce diverse discipline. Si comincia con Ukiyo-e, coreografia firmata dal belga Sidi Larbi Cherkaoui: uno spettacolo che interseca composizioni contemporanee con i suoni della tradizione giapponese. Si prosegue, il 23 e il 24 settembre, con Lo zoo di vetro di Tennessee Williams che porta sul palco del Teatro Argentina la pluripremiata attrice francese Isabelle Huppert. Mentre il gran finale è dedicato alla contaminazione e alle nuove sonorità del continente africano con il concerto della maliana Fatoumata Diawara. Non mancano esibizioni di artisti italiani come quella del gruppo Sentieri Selvaggi che fa luce sulla produzione musicale d’avanguardia del maestro Franco Battiato. romaeuropa.net
PHEST
NOVEMBRE
Il festival internazionale di fotografia e arte pugliese, arrivato all’ottava edizione, non è solo immagini, ma anche cinema, musica e arte. La rassegna stimola lo spettatore con una varietà di rappresentazioni e uno sguardo interdisciplinare su cultura, natura e relazioni, attraverso la psicologia, la filosofia e l’antropologia. Tema del 2023 è l’essere umano: comunità, famiglia, consapevolezza globale e migrazione sono alcuni dei punti chiave approfonditi. Artisti da tutto il mondo, tra cui il britannico Phil Toledano e la spagnola Cristina De Middel, sono protagonisti di mostre e masterclass adatte a tutti, allo scopo di promuovere un dialogo interattivo con il pubblico. Per due mesi, quindi, la città pugliese apre palazzi storici e antiche chiese, ospitando inediti percorsi che creano originali visioni e percezioni. phest.info
BONA DE MANDIARGUES. RIFARE IL MONDO
NUORO 16 SETTEMBRE>5 FEBBRAIO 2024
Tinte psichedeliche, forme conturbanti e continui riferimenti simbolici caratterizzano le tele di Bona de Mandiargues, una delle poche scrittrici e pittrici italiane che lo scorso secolo aderirono alla corrente del Surrealismo. Per diversi mesi, al Museo Nivola sono esposte le opere oniriche dell’artista che raffigurava se stessa come una lumaca, fondamentalmente buona ma a tratti percepita come ripugnante, animale ermafrodita e ambivalente. Le 71 tele in mostra provengono dalla collezione degli eredi della pittrice e da raccolte private e pubbliche e ripercorrono la vita e la carriera di De Mandiargues dal 1950 al 1997. Scopo della sua arte era di creare «dell’oro a partire dagli escrementi», per poter «rifare il mondo», pennellata dopo pennellata.
museonivola.it
HOTEL CAESIUS: BENESSERE E RELAX SUL LAGO DI GARDA
Una spa di tremila m2 dove poter recuperare salute ed equilibrio psicofisico, 12 piscine tra indoor e outdoor, 185 camere luminose ed eleganti e un curato giardino dove rilassarsi. L’Hotel Caesius Thermae & Spa Resort di Bardolino (Verona) è il luogo perfetto per staccare la spina e ritrovare serenità e pensieri positivi. Qui ogni momento della giornata è ricco di coccole e attenzioni. Dalla tranquillità ed efficienza della spa alla professionalità estetica e curativa dei trattamenti, passando per la cucina, che segue la filosofia del benessere alimentare proponendo una territorialità leggera e saporita. Quando si soggiorna al Caesius, è
ALLEGRÍO: CUCINA, ARTE E DESIGN NEL CUORE DI ROMA
facile dimenticare il luogo in cui ci si trova, tanto ci si immerge in un’atmosfera di totale benessere. Ma per chi lo desidera è sufficiente aprire il piccolo cancello in fondo all’ampio giardino per passeggiare sulla riva del lago di Garda o dedicarsi alle divertenti esperienze che il personale dell’albergo suggerisce e organizza, da una gita in motoscafo o in veliero fino a una visita dei borghi circostanti. Per tutto il mese di settembre sono previsti aperitivi in terrazza con musica live e spritz, mentre ogni venerdì e sabato sera le cantine del territorio si alternano per una degustazione esclusiva di vini. hotelcaesiusterme.com
Torna la dolce vita in via Vittorio Veneto, a Roma, con l’apertura di Allegrío, che ospita artisti italiani e internazionali e propone la cucina raffinata e concreta dell’executive chef Daniele Creti. Il menù si ispira al design e allo stile di ciascuno dei diversi ambienti dell’originale locale. Dal ristorante, ghiotto e creativo, alla pizzeria con i mastri pizzaioli Ivano Veccia e Peppe Aiello, fino alla pasticceria firmata dal napoletano Mario Di Costanzo, che ha studiato una linea di dolci dedicati. Questo innovativo luogo è frutto della creatività di Sabrina Corbo, creative director italo-britannica appassionata di arte, architettura e cucina contemporanea, che ha scelto come simbolo del locale un sole dalle quattro anime: gioia, fortuna, coraggio e amore. Tra gli artisti che hanno condiviso il progetto lo scultore Marco Riccardi, l’architetto Massimiliano Baldieri e il light designer Moritz Waldemeyer. Di grande impatto la sala impreziosita dalle opere iconiche di Lello Esposito, celebre per le sue sculture che celebrano Napoli: sirene, corni, maschere di Pulcinella e immagini di San Gennaro. Dalla carta un’ottima scelta della classica cucina romana eseguita con eleganza e una selezione di piatti di mare di bell’equilibrio. Da non perdere, infine, la drink list del lounge bar con il cocktail Cardinale che Alessio Navacci ha creato ispirandosi al grande cinema italiano. allegrio.com
IL NUOVO VOLTO DI BOSCO DEL MERLO: I GIOVANI E IL FRIULI
Bosco del Merlo scommette sul Friuli-Venezia
Giulia e sulle nuove generazioni della famiglia
Paladin con un consolidamento della propria identità. Francesca, Martina e Valentino Paladin rappresentano l’essenza giovane dell’azienda e con la loro passione hanno dato vita a un nuovo progetto sul territorio friulano: circa 70 ettari di vigneti a Sequals, un piccolo borgo del pordenonese situato ai piedi delle Alpi Carniche, nel cuore del Friuli occidentale. Terreno calcareo e dolomitico ricco di sassi, i famosi Magredi, e di escursioni atmosferiche perfette che consentono una forte concentrazione degli aromi nelle uve. Qui si producono Sauvignon, Pinot Grigio, Ribolla Gialla, Friulano, Pinot Nero, Refosco e Chardonnay. Francesca, Martino e Valentina sono uniti dall’entusiasmo per l’azienda e dalle radici familiari. Bosco del Merlo fonda il proprio fare sulle quattro “v” che ne contraddistinguono la sostenibilità ambientale e sociale: vino, vite, verde, vita. Al centro c’è la vigna, da gestire in modo attento e razionale per salvaguardare la biodiversità del territorio, garantire una produttività qualitativa e tutelare la salute del consumatore e dell’ambiente. Dal 2018, Bosco del Merlo sostiene diverse realtà del sociale, tra cui la Lega italiana per la lotta contro i tumori e la sua campagna Nastro rosa. Con il progetto Life in Rosé, l’azienda devolve all’associazione parte del ricavato delle vendite di due vini ambassador, il Prosecco Doc Brut Rosé e il Pinot grigio Rosé Doc delle Venezie. boscodelmerlo.it
LO CHEF MAX PAONESSA PORTA IL SUO TALENTO SUL MARE DI SOVERATO
Soverato, in provincia di Catanzaro, ha meritato l’appellativo di Perla dello Ionio per la bellezza delle sue spiagge e dello splendido mare su cui si adagia.
Lo chef Max Paonessa, con la moglie Manuela Romeo, ha scelto di portare qui, fino a fine settembre, la sua cucina, che durante il resto dell’anno si trova al M’Amo Ristorante di Milano. Manuela e Max hanno mantenuto lo stesso nome anche per il locale estivo, che offre una terrazza a pochi metri dal mare con vista incantevole sulla baia. Cenare qui è emozione pura, per il panorama e per la cucina: espressione piena di sapori, tecniche, passione e creativa competenza. Mano davvero felice quella di Paonessa che con eleganza ed equilibrio esalta le materie prime, in primo luogo ciò che offre il mare, regalando vero piacere gastronomico. Polpo su vellutata di patate e cipolle di Tropea caramellate e totano marinato in tre colori tra gli antipasti. A seguire gli spaghetti scampi e ‘nduja e i risotti, cavallo di battaglia dello chef, come quello con pesche e tartare di gamberi oppure al bergamotto e amaretto. Ghiotta e originale la tagliata di manzo con carpaccio di gamberi marinati e il gelato al caramello salato. La carta dei vini celebra la Calabria con la cantina Termine Grosso. Notevole il rosato Theorema, oltre a una selezione di bollicine perfette per godersi mare e cucina. La semplicità è la vera eleganza. mamoristorante
IL TALENTO DEGLI
SCIACALLI
AURORA E FRU DEI THE JACKAL SONO I NUOVI CONDUTTORI DELLO SHOW
ITALIA’S GOT TALENT, SBARCATO SU DISNEY+ di Gaspare Baglio gasparebaglio
Le grandi novità di Italia’s Got Talent ? Un cast quasi del tutto rinnovato, una nuova piattaforma, Disney+, e il debutto alla conduzione delle due principesse disneyane più attese di sempre, io e Aurora». Esordisce così Fru, uno dei due componenti della factory The Jackal che, insieme alla già citata Aurora, dal 1° settembre, su Disney+, ha preso il timone del talent show targato Fremantle di cui Trenitalia è unico Mobility Partner. Dietro al bancone dei giudici, oltre agli inossidabili Mara Maionchi e Frank Matano, ci sono la cantante Elettra Lamborghini e la star del web Khaby Lame. A loro il compito di selezionare i concorrenti che si sfideranno nella finale per accaparrarsi la vittoria. Il trionfatore riceverà anche un premio da Trenitalia, che sarà svelato all’ultima puntata. Aurora, Fru, avete cercato di cambiare qualcosa nonostante le briglie di un format internazionale?
[A] Il ruolo dei conduttori, inserendo più battute possibili. Non per una questione di talento…
[F] …Ma perché non sappiamo fare altro: non cantiamo, non balliamo, quindi almeno facciamo gag in più.
[A] Brutte, ovviamente.
Le esibizioni che vi hanno colpito maggiormente?
[F] Non possiamo spoilerare nulla, ma ogni volta che qualcuno fa un’esibizione con un cagnolino per me è già da mandare in finale con il golden buzzer. Un aggettivo per ogni giudice del talent?
[A] Per Frank Matano direi casertano, condividiamo la città d’origine.
[F] Io aggiungo saggio. Mara Maionchi, invece, è iconica.
[A] È la regina di Disney+.
[F] Elettra è schietta e accurata. Khaby è sorprendente.
[A] E bellissimo.
Quanto è importante, per voi, l’esperienza del viaggio?
[F] Muoversi, conoscere e scoprire aumenta la sensibilità. È importante avere la curiosità di scovare mondi nuovi.
[A] Visto che ho viaggiato spesso con Fru, sono anche riuscita a calmare la sua voglia di fare 800 domande a ogni persona incontrata.
Come rappresentanti della generazione Z quali sono i temi che sentite più vicini?
[A] Appoggiamo ogni tipo di libertà di espressione e orientamento di genere. Siamo contenti che il web dia la possibilità a tanta gente di essere se stessa, senza nascondersi.
[F] In più, sono un pioniere della battaglia contro la mascolinità tossica.
E quanto peso date all’ambiente?
[F] Stiamo vivendo tempi difficilissimi, vediamo con i nostri occhi cosa sta comportando il cambiamento climatico e quanto sia potenzialmente distruttivo. È importante fare la propria parte per salvaguardare il pianeta: come esseri umani ci stiamo autoannientando.
Per finire, quale caratteristica vorreste avere l’uno dell’altro?
[F] La velocità di esecuzione delle battute: le dice e le pensa in un tiro di schioppo.
[A] La sincerità: Fru può dire di tutto senza risultare mai antipatico.
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UN TALENTO,
CUORI MOLTI
DUE SERIE PER LA TV E DUE FILM IN USCITA
AL CINEMA. PILAR FOGLIATI SI PREPARA A UNA STAGIONE RICCA DI NOVITÀ
di Gaspare Baglio gasparebaglio
Torna su Rai1, il 24 settembre, la seconda stagione di Cuori, il medical drama dal tocco melò ambientato a Torino nel 1968. Al centro della vicenda il sogno d’amore dei medici Alberto Ferraris, interpretato da Matteo Martari, e Delia Brunello, che ha il volto della talentuosissima Pilar Fogliati. Attrice che riesce a esprimersi, al contempo, in ruoli brillanti e parti drammatiche. Qualche anticipazione sulle nuove puntate?
Ci concentreremo sul passato che bussa alla porta dei protagonisti. Il centro è la ricerca medica, con la speranza che la love story tra Delia e Alberto trovi un happy ending. Rivesti volentieri i panni di Delia?
Certo, stiamo parlando di un bel ruolo femminile: è una donna matura e mi piace l’ambientazione anni ‘60. Mi tuffo volentieri nel melò per sfuggire all’etichetta di attrice comica. E poi amo Torino: rigorosa, elegante, ma anche notturna e un po’ folle.
Sul web sei diventata virale con l’imitazione delle ragazze romane a seconda dei diversi quartieri della città. Potresti fare la stessa cosa anche con i torinesi?
Assolutamente sì. A Torino ci sono i collinari, un po’ i nostri pariolini. Li chiamano anche cabinotti perché una volta si incontravano vicino a una cabina telefonica. Sono un po’ ossessionata da questi codici sociali urbani. È un modo di leggere l’Italia. Sarai al cinema nei film Confidenza, di Daniele Luchetti, e Finché notte non ci separi, di Riccardo Antonaroli. Qualche anteprima?
Nel primo sono una giornalista ambiziosa che gravita intorno al Quirinale. Nella seconda pellicola sono una sposa a cui vengono dei dubbi subito dopo il matrimonio. Una storia tra ironia e amarezza.
E tu? Su cosa ti interroghi?
Sul futuro, su che tipo di donna voglio essere quando avrò 70 anni. Ma anche sui cambiamenti sociali, sulla genera-
zione Z.
Il tema dell’ambiente è caro ai giovani. La tua posizione?
Il green è un’ossessione positiva, oggi siamo tutti consumatori consapevoli. Io non accumulo e non amo gli sprechi. Al fast fashion, per esempio, preferisco la via più slow.
Con il tuo primo film da regista, Romantiche, hai vinto il Nastro d’argento come migliore attrice in una commedia. Torneranno Michela, Eugenia, Tazia e Uvetta tutte interpretate da te?
Continuo a lavorare con Giovanni Veronesi, che ha fatto parte del progetto. Quei personaggi non finiranno così, ci sono troppo affezionata. Ho alcune idee e desidero che prendano forma con incoscienza, onestà e l’energia giusta, fresca. Ma tornerà anche Odio il Natale, la serie Netflix sulle festività che ha il merito di aver fatto riscoprire le bellezze di Chioggia.
pilarfogliati
UN TRENO DI LIBRI
LA SECONDA CASA
LA PROTAGONISTA DELL’ULTIMO ROMANZO DI RACHEL CUSK È UNA DONNA CONFUSA CHE
SI SENTE IMMERSA NELLE SABBIE MOBILI. FINO
ALL’INCONTRO CON UN ECCENTRICO PITTORE
Avere l’esigenza di trovare un posto nel mondo ma, al contempo, non saper accettare le restrizioni che questo bisogno comporta. Capire di non appartenere a niente di quello che si è costruito perché quello che si è costruito è solo frutto di un’implicita paura di vivere. Desiderare di vivere una vita in sintonia con se stessi ma, allo stesso tempo, avere terrore di chi potremmo essere davvero. Sono queste le contraddizioni tra cui continua a oscillare M., la protagonista dell’ultimo romanzo di Rachel Cusk, una donna che si sente sempre immersa nelle sabbie mobili, dove è difficile rimanere stabili. La sua ambivalenza nasce da dentro, probabilmente a causa di un indefinito trauma pregresso, e la fa sentire come se le cose fossero sempre sul punto di crollare. La vita di M. cambia quando incontra L., eccentrico pittore che le trasmette un senso di familiarità, e lo invita nella sua seconda casa a Taos, nel Nuovo Messico, dove si è isolata dal mondo. L. accetta di trascorrere
l’estate nel cottage di M. in residenza artistica, fenomeno poco diffuso in Italia ma non all’estero. Gli scambi e i rapporti con il desiderato ospite non vanno, però, come M. si era immaginata e metteranno ancora più in crisi la sua psiche. La narrazione traccia tutto il percorso di autopsicoanalisi di M. e, poco a poco, svela altri personaggi di utile contorno, intelligenti, meno spaventati e più appagati della protagonista. Andando avanti nella lettura, M. sembra l’unica a essere così confusa nella sua vita. Le cose sembrano precipitare, la protagonista si sente bloccata e capace solo di reiterare certi atteggiamenti finché arriva a un punto in cui deve scegliere tra costruire o distruggere.
Lo stile dell’autrice risulta, come sempre, autobiografico. A differenza, però, della trilogia Resoconto, Transiti e Onori, dove la sua vita viene declinata attraverso quelle degli altri, in questo nuovo romanzo il profilo dell’autrice è esposto tramite il personaggio di M., abbandonando così l’autofiction. Ma non solo: questo li -
bro è anche una denuncia verso il mondo privilegiato dell’arte e degli artisti.
Einaudi, pp. 168 € 16,50
Nella mia testa
I cambiamenti vanno serviti con moderazione, come un vino molto robusto. Prima di conoscere Tony, ne ero assai poco consapevole: non sapevo perché determinate cose fossero andate in un certo modo, perché passavo dal sentirmi oberata di sensazioni al sentirmi completamente svuotata, da dove venivano la mia solitudine e la mia felicità, quali scelte giovavano alla mia salute e felicità e quali le compromettevano, perché facevo ciò che non volevo e non ero in grado di fare ciò che volevo. Men che meno capivo cosa fosse la libertà e come ottenerla. Nella mia testa era una specie di rilassamento, una distensione, quando in realtà - come ben sai - è il profitto generato da un'indefessa obbedienza e padronanza delle leggi della creazione. Le dita allenate del pianista sono infinitamente più libere del cuore asservito del melomane. Suppongo che questo spieghi perché i grandi artisti sono spesso persone terribili e deludenti. È raro che la vita offra il tempo e l'opportunità per essere liberi in più di un modo.
[…]
Perdere il controllo
Ma avevo già capito che il leitmotiv dei nostri rapporti sarebbe stato questo, che ero destinata ad abiurare la mia volontà e visione del mondo, a farmi strappare il controllo sulle interazioni più intime, e non perché L. avesse deciso di sabotarmi, ma sem
plicemente perché rifiutava di essere controllato. Ero stata io a invitarlo nella mia vita, io e nessun altro! E quel mattino, all'improvviso, mi accorsi che perdere il controllo significava aprirsi a nuove possibilità, e che, sebbene finora mi avesse fatta sentire arrabbiata, brutta e di malumore, era pur sempre una forma di libertà.
Mi turbava
L'unico a non cantare era L., e non contemplai nemmeno per un secondo l'eventualità che non ne fosse capace o non conoscesse il pezzo. L. non voleva cantare, per la semplice ragione che lo stavano facendo tutti, ed era nella sua natura non farsi costringere. Un'altra persona avrebbe quanto meno fatto lo sforzo di mostrarsi coinvolta dalla scena, invece L. se ne stava lì con aria annoiata, come se stesse approfittando per ripensare a tutte le altre cose tediose che si era dovuto sorbire. Di tanto in tanto alzava gli occhi e incrociava il mio sguardo, e qualcosa del suo isolamento contagiava anche me. Ero pervasa da uno stranissimo senso di distacco,
potesse essere così dissonante e crudele o meglio, che quanto c'era di liberatorio e gratificante nei quadri di L. diventasse terribilmente scomodo quando lo si incontrava o lo si viveva in carne e ossa.
[…]
Cambio di rotta
È bello sedersi a guardare questo mondo gentile, disse L. – Ci affanniamo così tanto. Cominciai allora a raccontargli di quando, anni prima, camminando per Parigi in un mattino di sole, ero incappata in sale piene dei suoi dipinti, e del senso di familiarità che avevano suscitato in me, come se all'improvviso avessi scoperto le mie vere origini. Mi avevano fatto capire di non essere sola in ciò che fino ad allora avevo nascosto persino a me stessa. Scorgere quel segreto all'interno delle sue opere aveva segnato una svolta nella mia vita, perché tutt'a un tratto il segreto sembrava più forte di ciò che lo aveva tenuto nascosto. Ma il cambio di rotta era stato molto più impegnativo e violento del previsto, e talvolta mi era sembrato di aver imboccato la via del disastro:
gli altri mi permettessero di cambiare se tali cambiamenti interferivano con i loro interessi, ed era stato spaventoso scoprire che l'amore e la libertà di scelta su cui apparentemente si fondava la mia vita erano solo di facciata e celavano il più vile egoismo. Certe persone diventano imprevedibili quando si sentono offese o private di ciò che desiderano, e il fatto che un tempo ne avessimo scelto o apprezzato la compagnia è una delle più misteriose tragedie della vita. Eppure è solo un riflesso delle condizioni e dei presupposti su cui si fonda la nostra umanità: non è che il tentativo dell'egoismo e la disonestà di riprodursi dentro di noi e continuare a prosperare nel mondo. Tanto varrebbe diventare pazzi, che cercare di resistere a quel tentativo.
Ciò che desideravo era che L. mi desse atto della sensazione di riconoscimento provata quel giorno a Parigi: volevo che mi riconoscesse, perché nonostante la gratitudine per Tony, Justine e la vita nella palude, il bisogno di riconoscimento non mi aveva mai dato pace.
La verità era una sola
In fin dei conti la presenza del nodulo, così come la sua scomparsa, riguardava solo me: il punto era che dovevo imparare a vivere di più in me stessa.
Mi sembrava che tutti vivessero perfettamente felici in sé stessi. Solo io vagavo come un'anima in pena, esiliata dalla casa del mio ego, alla mercé di ogni parola, malumore o capriccio altrui! A un tratto la sensibilità mi sembrò una tremenda disgrazia, Jeffers, sempre a caccia della verità in milioni di dettagli inutili, quando la verità era una sola, e trascendeva ogni capacità descrittiva. Non percepivo quella mancanza o leggerezza da cui le parole fuggivano, e distesa lì sul letto cercavo di non arrovellarmi su cosa fosse o come la si potesse descrivere.
Il pensiero di essere guardata da L. mi aveva indotta a guardarmi, e siccome mi vedevo, pensavo che mi avrebbero vista anche gli altri! Invece tutti facevano finta di niente.
*ACCADEMIA MOLLY BLOOM
La nostra rubrica Un treno di libri è a cura di Molly Bloom, l’accademia fondata a Roma da Leonardo Colombati ed Emanuele Trevi, che riunisce alcuni dei migliori scrittori, registi, sceneggiatori, musicisti e giornalisti del Paese. Con un unico fine: insegnare la scrittura creativa per applicarla ai campi della letteratura, della musica, dello spettacolo, dei media e del business. mollybloom.it
Lo scaffale della Freccia a cura di Gaspare Baglio e Sandra Gesualdi
SISTER DEBORAH
Scholastique Mukasonga
Utopia, pp. 160 € 18
Ruanda, anni ‘30. I missionari cattolici invocano la discesa dello Spirito Santo.
Il reverendo Marcus e la guaritrice
Sister Deborah fondano una missione evangelica annunciando l’arrivo di un messia donna e di colore. Le ruandesi iniziano una rivolta convinte che le attenda un’epoca di gioia e prosperità. I disordini vengono repressi dalle truppe coloniali e la santona scompare diventando leggenda. Anni dopo una ragazza salvata dalla benefattrice si mette sulle sue tracce. Riuscirà a trovarla?
IL CUORE È UN GUAZZABUGLIO
Eleonora Mazzoni
Einaudi, pp. 168 € 14
Un Alessandro Manzoni moderno e trasgressivo, inquieto e dalla dirompente sensibilità. È questo il profilo tratteggiato dall’autrice che, con la meticolosità della studiosa e la passione della narratrice, ripercorre le pagine del romanzo I promessi sposi intrecciandole con una biografia piena di amori, turbamenti e ribellioni giovanili. Emerge così un ritratto inedito del grande autore, prima uomo e poi scrittore, lontano dalla solita immagine scolastica un po’ polverosa. F.C.
LA CURA DELL’ALTRO
Paolo Crimaldi
Lindau, pp. 156 € 16
Un saggio sul bisogno di spiritualità, sul riconoscere le domande della psiche, del corpo e dell’anima. L’autore si rivolge a chi svolge una professione che implica una relazione d’aiuto e a chi cerca di soddisfare le richieste oltre il piano esclusivamente razionale, aprendosi a quello metafisico e mistico. Con l’intento di far percepire l’altro che è in noi come un saggio viandante capace di guidarci verso una conoscenza sempre più ampia, interiore e del mondo.
Laura Eduati
Accento, pp. 264 € 16
Sullo sfondo del verace quartiere romano Garbatella, la giornalista di una tv locale comincia un percorso di crescita che la porterà a schiudersi alla vita e all’amore. Non mancano personaggi vividissimi della zona: l’anziana proprietaria di casa Cordelia, la coinquilina cinese Noemi con una serie di amanti misteriosi, il dog sitter Gaetano e Andrea, il migliore amico di un affetto perduto. Opera d’esordio che, con ironia, racconta la necessità di affrontare il passato e riaprirsi al mondo.
TERRA
Simon Winchester
Mimesis, pp. 395 € 20
Il Pianeta non è proprietà privata dell’uomo e andrebbe tutelato e attraversato come se lo abitassimo da ospiti. Eppure, da decenni, e sempre di più, viene sfruttato e devastato come se fosse un bene inesauribile. Questo saggio racconta storie, conflitti e nefandezze nella gestione della Terra da parte del genere umano. Scelte criminali, dal colonialismo all’uso intensivo e prevaricatore del suolo, che hanno portato alla scomparsa di antichi popoli e agli attuali cambiamenti climatici.
Simona Fasulo
Porto Seguro, pp. 24 € 16
Sette donne si incontrano, tessono il filo dei loro destini e collaborano per trovare un riscatto. Da Milano a Palermo, da Parigi a Barcellona, seguendo il profumo dell’acqua di zagara, una famosa essenza siciliana del ‘900. Tutto parte da Teresa, alle prese con un matrimonio in crisi, una difficile situazione economica e l’idea di rilevare l’azienda dei suoi avi. Un romanzo corale, al femminile, che parla di un progetto nuovo e di inaspettate strade da percorrere.
Nel cuore della Città Eter na con vista Fori Imperiali, PALM SUITE si contraddistingue per il suo peculiare interior design tropical che trasfor ma la location in una splendida oasi verde dove una profusione di colori, dal sapore vintage ed esotico si coniugano al fascino senza tempo della location. Lo stile tropical che contraddistingue la location offre un luogo incantato dove le palme, la frutta tropicale ed i fenicotteri rosa creano un ambiente rilassante in perfetto stile jungle. Gli ospiti si immergono immediatamente in un fantastico mondo di immaginazione dall’atmosfera affascinante, un vero “paradiso tropicale” con carte da parati colorate e texture esotiche in stile jungle, piante rigogliose, quadri con foglie giganti, ambienti caratterizzati da mobili e complementi di arredo in materiali naturali.
Fusing colorful, vintage and exotic design with timeless char m of the location, PALM SUITE lies in the heart of the Eter nal City with an enviable central location overlooking the imperial roman forum. The tropical style characterizes the new hospitality concept and offers an enchanting place where the palms, tropical fruit and pink flamingos create a relaxing atmosphere in perfect jungle style. Guests immediately immerse in an amazing world of imagination and alluring atmosphere. A unique lifestyle concept that creates a spectacular “home away from home” feeling where war mth and elegance are perfectly combined to make Palm Suite The “place to be”.
Invito alla lettura ragazzi
LA SCUOLA PIÙ BELLA CHE C’È
A CENTO ANNI DALLA NASCITA
DI DON LORENZO MILANI, UN LIBRO RACCONTA AI PIÙ GIOVANI
LA SUA STORIA E QUELLA
DELLA SCUOLA DI BARBIANA.
DOVE SI IMPARAVA A
EMANCIPARSI E RIBELLARSI
ALLE INGIUSTIZIE
Lorenzo Milani nasce a Firenze nel 1923 da una famiglia molto ricca. Fin da subito si distingue per la sua vitalità indomabile. Dipinge, studia con i migliori maestri e apre perfino un atelier. Si fidanza con Carla, con lei progetta il futuro ma poi accade qualcosa di inaspettato: come un moderno Francesco d’Assisi, a 20 anni Milani si converte, decide di farsi sacerdote e rinuncia a una vita agiata. È un prete scomodo, fin dal seminario. Contesta gli ordini di cui non capisce il senso e le lezioni non approfondite, è appassionato del Vangelo e scalpita per portare tra la gente il suo messaggio di giustizia e accoglienza.
Per il carattere vivace viene mandato prima a Calenzano, alle porte di Firenze, poi in esilio a Barbiana, un posto sperduto nel Mugello, all’epoca fuori dalle mappe geografiche, casa di contadini e operai. Qui trova conferma una sua intuizione: il divino sulla Terra si manifesta attraverso le vite degli ultimi, dei più piccoli, di quanti abitano ai margini, e a loro decide di dedicare la sua esistenza. Don Milani organizza lassù una scuola speciale per bambini e bambine, aperta molte ore al giorno, in cui tutti sono maestri e allievi contemporaneamente e la curiosità è la scintilla di ogni studio. Più di ogni altra cosa don Lorenzo capisce che ai suoi ragazzi e ragazze mancano le parole, l’unico mezzo per interpretare il mondo e ribellarsi alle ingiustizie. Così gliele insegna e trasmette loro la lezione più importante: possedere la lingua consente di articolare pensieri e desideri, dà la possibilità a chi nasce povero, e quindi timido, di emanciparsi e sognare un futuro diverso. La scuola di Barbiana è molto lontana da quella tradi-
zionale, paragonabile, al contrario, a «un ospedale che cura i sani e respinge i malati», come si legge in Lettera a una professoressa. Un testo sovversivo, scritto dagli alunni e dal priore, che racchiude il senso di questa particolare esperienza educativa e propone un’idea di scuola in grado di offrire a tutti le stesse possibilità, nel rispetto dei principi dettati dalla Costituzione. A cento anni dalla nascita di don Milani, la sua storia e quella dei ragazzi di Barbiana rivivono nel libro scritto a sei mani da Francesco Niccolini, Luigi D’Elia e Sandra Gesualdi. Una biografia tenera e coinvolgente pensata per i lettori più giovani, scandita da dialoghi e aneddoti curiosi, dalla quale emergono anche le figure degli allievi che furono l’anima di quel laboratorio educativo. Scorrendo le pagine si percepiscono i loro caratteri, i loro umori. Se ne intravedono vocazioni, destini e inclinazioni. Il ritratto del prete più scomodo di tutti è altrettanto affascinante: ribelle, testardo, sacerdote e genitore, maestro e pungolo. Un uomo con una missione da compiere e una fede inossidabile: nessuno può essere libero da solo, ci si salva sempre insieme.
Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti
ERGO
Alexis Deacon, illustrazioni
Viviane Schwarz
Il Castoro, pp 40 € 15 (da 3 anni)
Ergo è una pulcina che sta rannicchiata nel suo guscio. Giocando spensierata con le zampette, scopre di avere un becco e delle ali fino a quando, un giorno, accade qualcosa di inaspettato. Un rumore che non proviene da lei la sorprende: è il guscio che si rompe, l’uovo che si schiude, ed Ergo è costretta a mettere il becco fuori da quel dolcissimo muro che l’aveva protetta e resa felice fino a poco prima. Comincia così per la piccola protagonista l’avventura più bella di tutte.
L’ARCHITETTO E L’ALBERO
Thibaut Rassat
Uovonero, pp. 40 € 16 (da 6 anni)
Il protagonista di questa storia si chiama Eugenio, un architetto a cui piacciono le linee rette e squadrate e si innervosisce per il disordine.
Per questi suoi eccessi è diventato lo zimbello degli operai dei suoi cantieri. Precisino fin dall’infanzia, un giorno si trova a gestire un’incredibile scoperta: nel salotto della casa enorme e perfetta che sta costruendo, un albero è cresciuto dal nulla coi suoi lunghi rami. Tagliarlo non sarà la soluzione.
QUANDO IL CIELO NON FA PIÙ PAURA
Domenico Quirico
Mondadori, pp. 116 € 15,90 (da 10 anni)
Le guerre, lontane e vicine, riguardano ciascuno di noi: così dice l’autore di questo libro, giornalista e reporter che negli ultimi anni ha seguito da vicino i più importanti conflitti del mondo. Qualcosa li accomuna tutti, da quelli raccontati nell’Iliade a quelli in Ruanda, fino al più recente in Ucraina. Narrare la guerra serve per insegnare ai giovani la dialettica della pace e a non ripetere gli errori già commessi in passato esercitando la memoria.
ACQUA!
Olga Fadeeva
Caissa Italia, pp. 48 € 19,50 (da 7 anni)
Un viaggio alla scoperta dell’acqua e delle sue forme. Dalla Mesopotamia all’antica Roma, dal Medioevo agli anni 2000, un nonno e sua nipote attraversano epoche e continenti per conoscere l’elemento indispensabile alla vita del Pianeta. Pagina dopo pagina si incontrano piogge durate 250 giorni, pesci che vivono in acque bollenti e nuvole piccolissime ma pesanti tonnellate. Non mancano suggerimenti per tutelare questo bene prezioso e strategie di sostenibilità per lettori di ogni età. A.A.D.
MALVARINA. APPRENDISTA STREGA
Susanna Isern, illustrazioni Laura Proietti Gallucci, pp. 128 € 13,90 (da 8 anni)
Malvarina è una bambina che sogna di diventare strega. Dopo aver finito le lezioni di magia al Castello Proibito, torna a Villagrigia, il paesino da cui proviene, ma gli abitanti non credono che abbia davvero dei poteri. La festa del paese è l’occasione perfetta per mostrare a tutti le sue abilità: aiuta la postina con gli inviti, il sarto con gli abiti, la pasticcera con la torta. Ma la ragazza è ancora un’apprendista e, per questo, il rischio di combinare guai è sempre dietro l’angolo. A.A.D.
GARIBALDI
Erika Gualandri, illustrazioni Bruno Wennagel, Mathieu Ferret Quelle Histoire, pp. 40 € 5 (da 7 anni)
Fin da bambino Giuseppe Garibaldi preferisce guardare l’orizzonte e immaginare avventure lontane, invece di studiare. A soli 16 anni parte verso Oriente. L’Italia, all’epoca, è divisa in tanti piccoli Stati, ma lui sogna un territorio unico. L’incontro con Giuseppe Mazzini cambia tutto e, dopo una serie di vicissitudini, il condottiero darà un grande contributo al suo intento e sarà per sempre ricordato come il grande e generoso eroe simbolo dell’unità d’Italia. La storia a misura di bambini e bambine. G.B.
Vivere l’esperienza nel Centro-Valle della Loira
Immersa nel verde della campagna, la Valle della Loira è la regione ideale per riconnettersi con i piaceri della vita all’aria aperta, le escursioni, i villaggi pittoreschi, i mercati tradizionali... In pratica, un riassunto dell’arte di vivere alla francese, filo conduttore della regione.
Più di 20 anni dopo la consacrazione della Valle della Loira nel Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, i valori che la guidano sono più che mai radicati in un approccio sostenibile: la conservazione dello spazio naturale e del patrimonio - i Castelli della Loira - che costituiscono la sua identità e la sua fama a livello mondiale.
Visitare la Valle della Loira in modalità “ecoturismo” significa rallentare il ritmo, prendersi il tempo per incontrarsi e condividere un’esperienza. Molte attività all’aria aperta come la canoa, le gite in barche tradizionali o elettriche, il segway nei vigneti, le escursioni e ovviamente la bicicletta, permettono di scoprire la regione lungo la Loira e i suoi affluenti.
Per affinare i sensi, una passeggiata in giardino è d’obbligo! La Valle della Loira vanta una collezione di giardini che fanno parte del suo patrimonio rinascimentale. Oasi di pace, tutti unici, introducono alla botanica, al savoir-faire dei giardinieri e offrono anche esperienze dirette: corsi di cucina, raccolta di piante selvatiche, preparazione di cosmetici.
NOVITÀ: BICICLETTA & VINI, CHE PASSIONE!
5.000 km di itinerari e anelli ciclabili fanno della Valle della Loira la destinazione–bicicletta per eccellenza. Verdi campagne, città a misura d’uomo e incantevoli borghi scandiscono i percorsi.
Per un primo road trip, La Loire à Vélo, la star delle piste ciclabili, propone un percorso ciclabile di 900 km, accessibile a tutti, che costeggia la Loira, i suoi vigneti e i suoi castelli. Quest’anno è assolutamente necessario dotarsi del passaporto La Loire à Vélo, che attesta le tappe percorse!
E poi Véloscénie, Indre à Vélo, Saint-Jacques à Vélo, Scandibérique, Cœur de France à Vélo svariati itinerari per le due ruote e il nuovissimo percorso verso Santiago di Compostela (via Vézelay) tante alternative per i fan della bicicletta! Scoprire la famosa arte di vivere alla francese comprende ovviamente la visita
delle cantine e la degustazione dei vini della Valle della Loira. Dalle cantine trogloditiche alle cantine dei castelli, dai picnic nei vigneti alla scoperta dei prodotti locali ai laboratori di cucina passando per Villa Monin, vero e proprio tempio dei famosi omonimi sciroppi, ce n’è per tutti i gusti.
E per ricaricare le batterie in campagna, una serie di nuovi hotel, 4 e 5 stelle, così come i “glamping” che vanno dalle semplici tende alle sistemazioni insolite completano l’offerta di sistemazioni ideali.
GREEN & SOSTENIBILITÀ
Alloggiare all’aria aperta, il soggiorno ideale se si viaggia con tutta la tribù! Tende canadesi o trapper, roulotte, capanne e altre idee green fioriscono in questi nuovi tipi di campeggi per un soggiorno “glamping” nella Valle della Loira. Alloggi il più vicino possibile alla natura, così i bambini si godono le gioie della campagna e i genitori staccano dalla vita quotidiana. Ecco i suggerimenti:
• I campeggi Huttopia si trovano a Senonches, tra foreste e stagni, in Touraine a Rillé in riva a un lago o nel cuore dei Castelli della Loira a Bracieux. Gli alloggi e le attività sono rispettosi della natura.
• Al Camping-Ferme Pédagogique de Prunay a Valloire-sur-Cisse, 4 stelle con marchio ecologico, i bambini che arrivano dalla città sono invitati (liberamente e gratuitamente) a nutrire, accarezzare, spazzolare e coccolare gli animali della fattoria.
• Il campeggio Couleurs du Monde a Faverolles/Cher si trova nel cuore dei vigneti della Touraine e vicinissimo allo Zoo Parc de Beauval. Escursioni a piedi, in bicicletta o in canoa e visite ai castelli scandiscono queste vacanze-tribù. www.valledellaloira-francia.it www.france.fr/it
UN VIAGGIO NEL GOLF
DAL 29 SETTEMBRE AL 1° OTTOBRE, ALLE PORTE DI ROMA, EUROPEI
E AMERICANI SI SFIDANO NELLA RYDER CUP. UNA GARA TUTTA
DA VIVERE, COME RACCONTA ASCANIO PACELLI, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CHE RIUNISCE I PROFESSIONISTI ITALIANI DI QUESTO SPORT
di Flavio Scheggi mescoupsdecoeur
Ècome se giocassero la finale di Coppa dei campioni a Viterbo. Immagina uno degli eventi sportivi più seguiti al mondo che si disputa in una piccola città di provincia». Ascanio Pacelli, maestro di golf, presidente della PGAI – la prima associazione dei professionisti di questo sport in Italia – attore e pronipote di Papa Pio XII, racconterebbe così al vicino di posto durante un viaggio in treno l’arrivo della Ryder Cup alle porte di Roma. Dal 1927, quando si giocò il primo match nel Massachusetts, ogni due anni questo torneo mette di fronte, alternativamente in una città europea e una americana, due squadre composte dai migliori 12 giocatori provenienti dagli Stati Uniti e dai top 12 europei. È l’unico evento sportivo nel quale il Vecchio continente dimentica i propri confini, Brexit compresa, e gareggia con la stessa maglia. Il torneo non prevede montepremi: in palio, oltre all’onore della vittoria, c’è “solo” una piccola coppa che ha in cima la sagoma di Henry Abraham Mitchell, golfista inglese e maestro di Samuel Ryder, l’uomo che ideò l’evento. Giunta alla 44esima edizione, la manifestazione si svolgerà per la prima volta in Italia, dal 29 settembre al 1° ottobre, al Marco Simone Golf & Country Club
di Guidonia Montecelio (Roma). L’impianto realizzato intorno al Castello di Marco Simone, la cui torre risale all’anno Mille, offre in alcuni punti del percorso una vista unica sulla cupola di San Pietro. «Ogni giorno saranno presenti sul campo tra le 80 e le 100mila persone, pronte a fare il tifo per l’Europa o gli Stati Uniti. Bisognerebbe partecipare di persona al torneo, o almeno guardarlo in televisione, per capire e sdoganare tanti preconcetti legati al golf, spesso considerato erroneamente come uno sport per persone anziane o ricche», aggiunge Pacelli, conosciuto da molti per aver partecipato a una delle prime edizioni del Grande fratello. E ci guida alla scoperta di questo mondo durante un ipotetico viaggio in treno, che è uno dei suoi mezzi preferiti. «Ho pubblicato alcuni post sul mio profilo instagram in cui sono alla stazione di Roma Tiburtina con la sacca da golf, mentre aspetto il Frecciarossa. Da lì, in tre ore sono in centro a Milano. Parto con l’idea di guardare un film o leggere un libro. Ma poi, una volta a bordo, faccio due cose: guardo il paesaggio dal finestrino e inizio a viaggiare con la testa. Mi piace anche osservare le persone: immagino le loro vite, dove stanno andando». Che vantaggi porterà al nostro Paese ospitare la Ryder
Cup?
L’evento ha un indotto di circa un miliardo di euro. Crea posti di lavoro. A Roma nei giorni della gara c’è il tutto esaurito. Nel golf club che gestisco, Terre dei Consoli a Monterosi, in provincia di Viterbo, a settembre ogni giorno abbiamo cento giocatori che arrivano in Italia per la gara. Faremo scoprire al mondo che qui non abbiamo solo la cultura, l’arte, il cibo, ma ci sono anche 400 campi da golf. Solo quel genio del presidente della Federazione golf, Franco Chimenti, poteva regalare all’Italia un evento del genere, considerando il numero dei praticanti che è destinato a crescere (sorride, ndr). Sarà anche l’occasione per promuovere questo sport?
Dobbiamo far capire che il golf è diventato uno sport accessibile a tutti, al pari di altre attività. Tanti circoli offrono la possibilità di giocare pagando lo stesso prezzo di un abbonamento per la palestra o per qualsiasi centro sportivo. La Federazione italiana golf, di cui sono consigliere, ha attivato una promozione che offre l’ingresso a un campo da golf e le prime cinque lezioni a 99 euro.
A fine settembre ci tro-
veremo tutti a parlare di golf, quindi?
Se ci siamo svegliati di notte per vedere le regate di Luna Rossa, parlando di bolina e strambate senza saperne il significato, possiamo anche cominciare a discutere di par, green e dei giocatori più forti del mondo. Noi italiani siamo un popolo che vuole essere presente ai grandi eventi e parlare dell’argomento del momento. La Ryder Cup sarà il veicolo giusto per far parlare di questo sport, rimasto nascosto e silente per troppo tempo.
L’evento si svolgerà a pochi chilometri dalla capitale. Che luogo è il Golf Club Marco Simone?
Il campo, di proprietà della famiglia Biagiotti, è stato ristrutturato per l’evento. Qui la Città eterna e la natura si incontrano. Ci si ritroverà in mezzo al verde insieme a 90mila persone per vedere i giocatori più forti del mondo, scorgendo in lontananza la cupola di San Pietro. Uno spettacolo che solo pochi luoghi al mondo sono in grado di regalare.
Chi è il favorito alla vittoria finale?
L’Europa ha dominato il torneo per molti anni. In questo momento gli Stati Uniti, che hanno vinto l’ultima edizione, sono i più forti sulla carta. Ma è una gara dove può accadere quello
che non ti aspetti. Tanti anni fa l’Europa, grazie a Costantino Rocca, è riuscita a battere Tiger Woods quando era uno dei più forti al mondo. Una cosa impensabile. Il vantaggio degli europei è che riescono a fare gruppo tra loro, a differenza dei giocatori americani che sono più individualisti. Questo sarà il nostro punto di forza. Nella squadra europea ci saranno nomi italiani?
Sì, c'è Francesco Molinari, uno degli artefici della vittoria europea alla Ryder Cup di Parigi del 2021, che quest'anno è stato chiamato a svolgere il ruolo di vice capitano insieme al fratello Edoardo. È la prima volta nella storia della Ryder che due fratelli ricoprono questo ruolo. Un altro italiano tra i possibili candidati è il giovanissimo Guido Migliozzi, che ha vinto gare importanti. La speranza è che prima dell’inizio del torneo il capitano della squadra europea possa concedergli la wild card, cioè la possibilità di essere convocato. Come è cominciata la tua passione per questo sport?
Dico sempre che sono uscito dalla pancia di mia madre con un bastone da golf in mano. Da piccolo, come tutti i bambini, volevo giocare a calcio. Ma i miei genitori erano soci di un circolo di golf, così a sette anni ho iniziato a usare un bastone di mio padre che avevano tagliato appositamente per me. Da quel momento, è stato amore a prima vista. Ho passato ore ad allenarmi, fino a decidere di farlo diventare un mestiere e, nel 1996, ho cominciato a fare il maestro di golf e a giocare. Poi è arrivata la PGAI e sono anche inviato speciale per la rivista Golf e Turismo ai tornei The Masters che si tengono ad Augusta ad aprile ogni anno.
E nel 2004 è arrivata la partecipazione al Grande fratello
La mia vita è fatta di sliding door. Con la partecipazione a quel reality, che fu seguito da dieci milioni di persone, si è aperto un altro mondo fatto di esperienze televisive, teatrali e radiofoniche. Ho cercato di sfruttare la popolarità per far conoscere questo sport. La soddisfazione più bella la provo quando le persone mi fermano e mi dicono: ho deciso di giocare a golf grazie a te.
Cosa farai a ottobre, una volta terminata la Ryder Cup?
Comincerò a girare Il tempo è ancora nostro, scritto da Maurizio Matteo Merli, che dovrebbe uscire nelle sale all’inizio del 2024. È il primo film sul golf girato in Italia, basato su questo sport e sull’amicizia. Tra gli attori ci sono Antonello Fassari, Miguel Gobbo Diaz e Mirko Frezza. Io interpreto Tancredi, un ragazzo che ha abbandonato il golf per diventare un genio delle criptovalute a Londra. Quando capisce che quello non è il suo mondo, torna in Italia per riconquistare la figlia e riprendere i rapporti con il suo mentore, padre del suo migliore amico, finito in comunità. Vedremo il protagonista riallacciare il legame con questo sport, che ti insegna a essere giudice di te stesso e ad accettare il giudizio degli altri. In più dal 10 al 13 ottobre, presso il Golf del Ducato a Parma ci sarà la PGAI week, con i Campionati assoluti maschili, femminili e senior, oltre che alla Pro am di apertura. Sarà un’occasione per chi fosse appassionato di seguire i più forti giocatori italiani, e per chi invece fosse curioso di provare i maestri PGAI acco-
glieranno i neofiti per dargli le prime lezioni (gratuite). Tutto questo con cene, barbecue, musica, fitness e la voglia di conoscere questo sport unico al mondo.
Dallo scorso aprile sei anche alla guida della PGAI. Ho accettato questa sfida e sono stato eletto alla presidenza dell’associazione che raccoglie i professionisti del golf e conta 700 iscritti in tutto il Paese. Deve essere rinnovata, anche dal punto di vista comunicativo, per far capire davvero cosa fa un professionista di questo sport. Stiamo lavorando su un terreno arido che speriamo di far fiorire tra un paio d’anni. Dopo questa immersione nel mondo del golf, come saluteresti il tuo compagno di viaggio in treno?
Gli darei il mio numero di telefono, dicendogli di chiamarmi se c’è qualcosa che non capisce. È uno sport che ti spiazza, completamente diverso da come lo si può immaginare. Sono certo che se cominciasse a guardarlo o a giocarlo mi chiamerebbe per dirmi: «Cavolo, ma lo sai che avevi ragione?».
Non so voi, ma io non vedo l’ora che cominci la Ryder Cup per scoprire lo spettacolo del golf. E richiamare Pacelli per ringraziarlo.
ascanio ascanio1973
IMPEGNO AZZURRO
IL DEBUTTO GIOVANISSIMO, DUE ORI E OGGI LA GUIDA COME CAPITANO
DELLA NAZIONALE ITALIANA MASCHILE DI PALLAVOLO.
SIMONE GIANNELLI AFFRONTA CON IL SORRISO I CAMPIONATI EUROPEI
CHE TERMINANO IL 16 SETTEMBRE A ROMA
di Irene Marrapodi – ir.marrapodi@fsitaliane.it foto di Kacper Kirklewski
Asoli 12 anni ha scoperto la sua passione, seguendo le partite della sorella. Poi è riuscito a coltivarla fino a entrare, appena maggiorenne, nella Nazionale italiana maschile di volley con cui ha conquistato due medaglie d’oro: nel 2021 al Campionato europeo e l’anno scorso ai Mondiali. Oggi, a 27 anni compiuti lo scorso 9 agosto, Simone Giannelli guida gli azzurri della pallavolo tra le nuove sfide del Campionato europeo 2023, di cui Trenitalia è Official Green Carrier. La competizione, iniziata il 28 agosto a Bologna con il match contro il Belgio, si chiude il 16 settembre a Roma, dopo le tappe in Bulgaria, Macedonia del Nord e Israele.
Come hai trascorso le giornate prima degli Europei?
Insieme ai miei compagni di squadra, allenandoci duramente. C’è bisogno davvero di tanta preparazione per un campionato così importante, si tratta di una competizione molto difficile. Cerchiamo di dare il massimo tutti insieme. Abbiamo messo benzina nelle gambe, nella testa e nei muscoli per poter arrivare carichi alle partite.
Qual è il tuo ruolo all’interno del team?
Sono il capitano, quindi cerco di offrire il mio contributo alla squadra sia in campo che fuori. Do una mano a chi ne ha bisogno e tento di essere disponibile con tutti per creare un clima favorevole al lavoro collettivo. Anche dal lato tecnico,
ovviamente, cerco di sostenere i miei compagni quando sono in difficoltà. Allo stesso tempo è importante che io riesca a farmi aiutare da loro quando ne ho bisogno.
È un ruolo impegnativo…
Sì, e mi piace molto. Ovviamente ho tante responsabilità, ma sono stato abituato a sostenerle fin da quando ero molto più giovane. È una cosa che mi stimola e che mi sprona ad andare avanti.
Com’è il tuo rapporto con i compagni di squadra?
È come se fossimo una famiglia, siamo molto uniti. Questo legame, però, non deve essere dato per scontato, va coltivato quotidianamente e tutti noi ci impegniamo ogni
giorno per dare il meglio insieme e divertirci. Da quanto tempo giochi a pallavolo?
Ho iniziato quando avevo circa 12 anni, a Bolzano. Mia sorella Martina praticava questa disciplina, mentre io frequentavo corsi di tennis, sci, calcio. Ogni tanto, nei fine settimana, andavo a vedere le sue partite e mi sono appassionato. Ho voluto provarlo e mi ha preso così tanto che ho lasciato gli altri sport per dedicarmi unicamente al volley. Un impegno fin da giovanissimo. Come è stata la tua adolescenza?
Molto diversa da quella degli altri ragazzi perché non ho potuto fare tutte le esperienze tipiche dell’età, sempre diviso tra allenamenti e partite. Ma sono state scelte ben precise, non lo considero un sacrificio. Ho sempre seguito i miei impegni con il sorriso.
Cosa ti aspetti dal futuro?
Non so dirlo, purtroppo non ho la sfera di cristallo. Quello che so è che continuerò a impegnarmi tutti i giorni, sia in campo che fuori, per crescere come uomo e come sportivo. Spero di potermi divertire ancora giocando a pallavolo e che questo possa portarmi nuove soddisfazioni.
Segui altri sport?
Mi piace il tennis, per me Roger Federer è il giocatore più forte di tutti i tempi. Mi interessano anche le competizioni di basket, in particolare quelle dell’NBA, la National Basketball Association. Sono molti i giocatori che ammiro
in quel settore.
Come passi il tempo quando non ti alleni?
Ne ho poco, però sicuramente quando riesco a staccare un po’ dalla pallavolo lo passo con la mia ragazza (Selly Montibeller, ndr), la famiglia e gli amici. Penso siano la cosa più importante. Durante i 12 giorni di riposo dopo la Volleyball Nations League, io e Selly abbiamo fatto un giro per gli Stati Uniti. Ho ricaricato un po’ le batterie, soprattutto quelle mentali, in preparazione dell’Europeo.
Quale viaggio ricordi con più affetto o emozione?
Fortunatamente nella mia vita ne ho fatti tantissimi, sia per lavoro che con la mia famiglia. Ho visto molti posti nel mondo, ma considero ogni viaggio una sorpresa, un regalo. Li ricordo tutti con piacere. Ti muovi spesso in treno?
Sì, ho iniziato già dal mio secondo anno di pallavolo, quando andavo su e giù con i treni regionali da Bolzano a Trento. Poi ho continuato per raggiungere i collegiali della Nazionale e per tornare a casa.
ANTICHE FORTEZZE
PER DUE FINE SETTIMANA DI SETTEMBRE, LE GIORNATE ITALIANE DEI CASTELLI CONSENTONO DI SCOPRIRE LE ROCCAFORTI PIÙ AFFASCINANTI DEL PAESE
di Cecilia Morrico MorriCecili morricocecili
Che si abbassi il ponte levatoio: nel weekend del 16 e 17 settembre, e in quello del 23 e 24, tornano le Giornate italiane dei castelli. L’iniziativa prevede l’apertura straordinaria di oltre 30 dimore, che accolgono appassionati e curiosi, oltre a convegni, mostre e festival. Quest’anno sono a disposizione anche tanti itinerari per scoprire le architetture fortificate, che sono comunque visitabili senza guida tutto l’anno.
Sulla punta del promontorio di Grignano, a pochi chilometri da Trieste, affascina la vista il Castello di Miramare. Fu costruito tra il 1856 e il 1860 per volontà dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo, che lo scelse come dimora privata per sé e la sua consorte. Il palazzo, progettato dall’ingegnere austriaco Carl Junker, ha uno stile eclettico tipico della moda architettonica dell’epoca: elementi tratti dal periodo gotico, medievale e rinascimentale si combinano in una sorprendente fusione. L’edificio, audacemente
proteso sul mare, gode di una posizione panoramica incantevole: la ricchezza dei profumi e dei colori mediterranei valorizza l’abbagliante architettura, in una sintesi perfetta tra arte e natura.
Svetta sul monte Cidneo il castello di Brescia, che domina dall’alto la città. Sul primitivo insediamento difensivo romano sorse nel Medioevo una rocca comunale poi restaurata dalla casata dei Visconti, che aggiunsero il corpo con le mura coronate di merli e due torrioni circolari. Alla fine del XVI secolo, quando la città tornò sotto il dominio veneto, venne costruita a una quota più bassa una moderna cerchia bastionata, che trasformò la struttura viscontea in una vera e propria fortezza. Agli inizi del ‘900 il castello fu recuperato come area pubblica dal Comune e oggi ospita il Museo del Risorgimento e quello delle armi Luigi Marzoli. Spostandosi in Piemonte, vicino Cuneo, su una montagnola rocciosa che si stacca dalle ultime falde del monte Antoroto sorge il Castello di Ormea. Il maniero, di grande valenza storico-architettonica, è posto su un versante terrazzato di grande spettacolarità ai piedi delle Alpi Liguri. Smantellato nel 1795 per mano dei francesi, dopo un lungo periodo
di abbandono è stato oggetto di un progetto di messa in sicurezza e valorizzazione da parte del Comune. Il primo lotto di lavori si è concluso a dicembre 2022 con la predisposizione di un percorso sopraelevato in legno che ripercorre l’originario itinerario di accesso al forte e la realizzazione di un sistema di illuminazione che consente una suggestiva fruizione anche in notturna.
Il Castello Doria è invece un maniero inserito nel borgo di Dolceacqua, in provincia di Imperia, che insieme a Bordighera è uno dei più occidentali della Liguria. Nel 1270 venne acquistato insieme al feudo da Oberto Doria, fondatore della celebre dinastia doriesca che dominerà Genova. Fu ampliato nel XVI secolo dall’allora signore locale Stefano Doria, il quale aggiunse alla precedente struttura un bastione speronato nel settore orientale e le due torri quadrate identiche. Nel 1884 il pittore impressionista francese Claude Monet si fermò a Bordighera per circa tre mesi, affascinato dal forte e
dalla luce abbagliante del Mediterraneo che cercò di riprodurre sulle sue tele Le Château de Dolceacqua e Vallée de Sasso, effet de soleil . Per le Giornate dei castelli vengono organizzate diverse visite al maniero, dove tramite un filmato è possibile rivivere l’esperienza di Monet raccontata nelle lettere da lui scritte durante il suo soggiorno nella zona. Chi si trova nella Capitale il 16 settembre non può perdersi la prima
apertura di Forte Aurelia, uno dei 15 manieri storici di Roma, fresco di restauro. Dal 1958 è sede della Guardia di finanza, che da anni ha avviato imponenti lavori di ripristino del sito: è stato scavato il fossato originario, ricostituito il rivellino – la caratteristica struttura triangolare che precede l’ingresso – e ridata nuova vita alla rete di gallerie interne e alle storiche polveriere. Forte Aurelia è una delle costruzioni che costituiva -
no il campo trincerato di Roma, realizzato all’indomani della breccia di Porta Pia per dotare la nuova capitale d’Italia di un adeguato sistema difensivo. Il manufatto militare fu il primo a essere realizzato nel 1877, con lo scopo di presidiare l’omonima via consolare, considerata la più probabile strada di penetrazione verso la città da parte di un esercito nemico. Dopo l’inaugurazione, sarà aperto al pubblico per visite e mo -
stre temporanee.
In posizione dominante sul territorio lucano e, in particolare, sull’ultima chiusa del fiume Sinni prima che sfoci nel Mar Ionio, il Castello di Valsinni (Matera) fu edificato su una precedente fortificazione longobarda. Alla roccaforte è legata la figura di Isabella Morra, poetessa del XVI secolo che qui visse in condizione di isolamento e segregazione fino alla prematura scomparsa per mano dei fratelli, in seguito alla scoperta di una presunta relazione della nobildonna con Diego Sandoval de Castro, barone di Bollita (ora Nova Siri). A Valsinni, la scrittrice compose un’autobiografia in versi: un corpus di dieci sonetti e tre canzoni che rappresenta un tassello significativo
della letteratura cinquecentesca, tanto più in una zona considerata ai margini culturali nel pieno Rinascimento. La tragica storia di Morra è rimasta a lungo nell’oblio, fino alla riscoperta condotta dal critico Benedetto Croce nel primo ‘900 e alle recenti riletture femministe, prevalentemente in ambito statunitense, dei suoi componimenti letterari. Il tour si può concludere in Sicilia, in provincia di Catania, dove si trova il Castello di Serravalle. Ubicato nell’omonimo feudo in territorio di Mineo, appartiene dal 1513 alla famiglia Grimaldi e, tramandato di generazione in generazione, è oggi di proprietà di Orsola Sedati, figlia di Francesca Millo di Casalgiate e nipote di Gerarda Grimaldi. Perfet-
tamente inserito nel paesaggio, è stato oggetto di un minuzioso restauro ed è ora accessibile al pubblico. Gli importanti lavori eseguiti consentono di leggerne la storia attraverso le mura di cinta, le scale esterne, il camminamento di ronda, le buche pontaie e le feritoie e la segreta, che hanno conservato la propria autenticità e identità originale. Per le giornate del 23 e 24 settembre, dalle 10 alle 16, sono in programma visite gratuite al sito da prenotare scrivendo alla mail eventi.castellodiserravalle@gmail.com. Inoltre, la Masseria Castello di Serravalle organizza un light lunch a pagamento per scoprire i prodotti agricoli dell’azienda. istitutoitalianocastelli.it
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Avvolta nelle acque del Mediterraneo, che ne bagna le coste da sud a nord, l’Italia è generalmente associata al mare. Non tutte le regioni però godono di uno sbocco sul blu. Ne è un esempio l’Umbria che, stretta tra Toscana, Marche e Lazio, è nota soprattutto per essere il cuore verde della Penisola. Qui il secondo dei quattro elementi è presente in altre forme: sono tanti, infatti, i laghi che costellano il territorio. Tra questi spicca il Trasimeno, il più esteso dell’Italia centrale, che tocca diversi comuni in provincia di Perugia.
Sulla sponda settentrionale sorge Passignano, antica località di pescatori che conserva ancora oggi la tipica fortificazione medievale. La sua piccola stazione ferroviaria,
dall’aspetto vintage e romantico, dista solo pochi minuti dal centro abitato. Chi arriva in treno può quindi raggiungere il borgo e il lungolago a piedi o in bicicletta. Una volta a destinazione appare subito chiaro il carattere distintivo del luogo, che alle severe geometrie dell’architettura medievale mescola le forme fluide della distesa d’acqua dolce.
La rocca, edificata nel periodo longobardo e sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale, domina il paesaggio e offre ai visitatori una vista panoramica sul Trasimeno e le colline circostanti.
Dalla cima della torre le barche a vela che navigano il lago si trasformano in punti bianchi, piccole costellazioni galleggianti. Riscendendo lungo le stradine del borgo,
la cartellonistica guida i turisti alla scoperta della storia e delle tradizioni locali. La più famosa è quella del Palio delle barche, rievocazione della battaglia che nel 1495 vide contrapporsi le famiglie perugine dei Baglioni e degli Oddi. Nel corso della manifestazione i quattro rioni di Passignano si sfidano prima in acqua e poi sulla terraferma, mettendosi alla prova in una corsa con le barche in spalla lungo le viuzze ripide e le strette scalinate del paese. Le stesse che conducono alla piazza principale e al molo, da cui parte un percorso pedonale che segue il perimetro del lago e arriva fino agli stabilimenti balneari aperti durante la stagione estiva. Chi invece desidera esplorare i dintorni può raggiungere in battello
Isola Polvese, parte del comune di Castiglione del Lago, Tuoro sul Trasimeno e la sua frazione Isola Maggiore.
Il nome di quest’ultima fa riferimento non tanto alle dimensioni, considerato che si estende su una superficie di soli 24 ettari, quanto al fatto di aver sviluppato nei secoli un sistema economico autosufficiente e aver raggiunto, alla fine del ‘500, il numero di 600 abitanti. Oggi qui risiedono meno di 50 persone ma è viva la memoria del suo passato fecondo. A custodirla è un piccolo sistema museale composto da tre luoghi emblematici. La pieve di San
Michele Arcangelo, un edificio religioso del XIII secolo completamente affrescato, la Casa del capitano del popolo, che ospita un particolare crocifisso ligneo del XV secolo, e il Museo del merletto, al cui interno è possibile ammirare una collezione di manufatti realizzati a punto d’Irlanda, tecnica introdotta dalla marchesa Elena Guglielmi all’inizio del ‘900.
Seguire l’itinerario di visita, raggiungendo prima la chiesa di San Michele sulla sommità dell’isola per poi riscendere verso il lago dove si trovano gli altri due siti, consente di avere una visione a tutto tondo della
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natura circostante. Non è inusuale, infatti, incontrare lungo il percorso conigli e fagiani colorati che girano indisturbati per le strade e nei giardini privati. Tornati a Passignano sul Trasimeno si può decidere di concludere il tour in territorio umbro e fare ritorno a casa oppure arricchirlo con una tappa extra, lontana dalle sponde del lago. Perugia, città d’arte famosa per la sua storia e i suoi monumenti, è a poche fermate di treno, così come Cortona, in provincia di Arezzo, celebre per le sue origini etrusche e il paesaggio tipicamente toscano. Non rimane che salire a bordo e godersi il viaggio.
Un titolo di viaggio integrato per attraversare il cuore verde d’Italia in maniera comoda e sostenibile. È Umbria Go, il biglietto con cui si accede senza limiti ai servizi di trasporto pubblico entro i confini tariffari regionali. Il ticket consente di salire a bordo dei treni Regionali e Regionali veloci del territorio con estensione fino a Chiusi, Orte e Terontola – purché la destinazione o l’origine sia nell’ambito della regione Umbria – di prendere i battelli che navigano il Lago Trasimeno e utilizzare gli autobus urbani ed extraurbani, la funicolare di Orvieto e il Minimetro di Perugia. Le formule tra cui scegliere sono diverse, dal titolo di viaggio giornaliero all’abbonamento mensile, tutte acquistabili nelle biglietterie Trenitalia e Busitalia della regione. trenitalia.com
IL PICENO A
RITMO SLOW
IL TRENO REGIONALE E LA BICICLETTA SONO I MEZZI IDEALI PER SCOPRIRE LE BASSE MARCHE, CHIUSE TRA L’ADRIATICO E I MONTI SIBILLINI. TRA VILLETTE LIBERTY, DOLCI COLLINE E ANTICHI BORGHI
testo e foto di Emanuele Santori emanuelesantori.photos
Ipiedi affondano nella sabbia fine dell’Adriatico mentre il volto viene accarezzato dai primi tiepidi raggi mattutini del sole che sorge alle spalle dei Balcani. Basta voltarsi per vedere che quelle pennellate di luce stanno tingendo di rosa la cima innevata del Monte Vettore e, più in là, del Gran Sasso e della Maiella. Sono le Basse Marche,
quelle al confine con l’Abruzzo, affacciate a est sul mare Adriatico, dominate a ovest dalla catena dei Monti Sibillini, abbracciate a nord e a sud dai fiumi Aso e Tronto. La ruvida striscia d’asfalto non è l’unica via per vivere questo territorio, il paesaggio si offre volentieri a chi sceglie la ferrovia, associandola magari alla bicicletta con cui percorrere la Ciclovia Adriatica: un po’ dell’una e un po’ dell’altra, miscelate nel dosare lo sforzo.
Il treno Regionale corre lungo la costa: a levante, il finestrino incornicia l’ampio arenile privo di sassi, con i suoi bassi fondali e il suo caldo mare, paradiso per le famiglie con bambini. A ponente, le dolci colline salgono lente e verdeggianti verso l’Appennino, macchiate dal grano e dai girasoli, repentinamente tagliate dall’ocra dei calanchi che, apparentemente fragili, sono in realtà solidi e antichi custodi di splendidi borghi, dove il bianco del travertino si alterna al rosso dei mattoni. Scendiamo nella stazione di Pedaso, in provincia di Fermo, accompagnati dalla bici e quando il treno, ripartendo, libera l’orizzonte, il marciapiede si trasforma in una terrazza sull’Adriatico. Poche pedalate, un sottopasso e ci si ritrova sul mare.
Il sole, ancora basso sull’acqua, scalda ma non brucia; le energie a quest’ora non mancano e ci si può godere così l’andata sulla splendida ciclabile che corre, con qualche breve interruzione, dalla costa ad Ascoli Piceno. Da
nord a sud si incontrano i comuni di Cupra Marittima e Grottammare, con le loro vestigia romane, i castelli medievali e le tante chiese lungo un terreno spesso ripido, ideale per difendersi dalle incursioni dei Saraceni, che una volta sbarcati si trovavano di fronte a mille insidie. La ciclopedonale si distende ora tra le villette liberty e la spiaggia, ora addosso ai massi che si oppongono alla forza delle onde, nei suggestivi tratti dove l’uomo si è dovuto fare spazio, a fatica, tra le colline
e il mare. Ecco, poi, San Benedetto del Tronto: il percorso si snoda all’ombra di centinaia di palme, tra alberghi e chalet, il porto turistico e quello peschereccio, da sempre uno dei più importanti d’Italia. Il pesce che arriva da qui è il protagonista assoluto nel tipico brodetto così come nelle grigliate. Nel caldo mezzogiorno estivo il profumo esce dalle cucine e si spande tra gli oleandri, producendo su chi pedala lo stesso effetto che le Sirene ebbero su Ulisse.
Arriviamo così alla Riserva naturale regionale Sentina e alla foce del fiume Tronto: la pista si fa a tratti sterrata nel rispetto dell’ambiente. La costa si presenta selvaggia, la vegetazione arriva a lambire il mare con la tipica flora piegata dal vento mentre i legni bianchi, depositati dalle onde, giacciono sulla riva mostrando tutta la loro nuda crudezza. Sono numerose le specie animali osservabili dagli appositi capanni nascosti fra i canneti, tra cui diversi uccelli migratori che trovano qui, nel loro lungo viaggio verso il caldo, un’oasi tranquilla fatta di zone umide e praterie salmastre. Abbandoniamo la costa accolti dalla Vallata del Tronto, antico confine tra lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico, e ci ritroviamo con le Marche a destra e l’Abruzzo a sinistra. Moderni paesi di recente costruzione si adagiano sul fondovalle, mentre ai lati, sulle colline, si scorgono antichi borghi facilmente raggiungibili affrontando brevi salite. La ferrovia lascia la linea Adriatica a Porto D’Ascoli, dando vita a un ramo secondario che corre dritto fino al capoluogo del Piceno, attraversando il cuore dei paesi come fosse una metropolitana di superficie con fermate ogni quattro o cinque chilometri. La pista ciclabile costeggia perlopiù il fiume, immersa nel verde, non adiacente ma ben collegata alla viabilità ordinaria. La pendenza è leggera, la pedalata tranquilla, i rumori sono lontani. I gabbiani e gli aironi si spingono all’interno lungo il greto del fiume e
non fuggono alla vista dell’uomo, che non percepiscono come un pericolo in un’area in cui il rispetto per gli animali fa parte della cultura. I paesi si susseguono, ciascuno ha una stazione e con essa la possibilità di caricare la bici sul treno e proseguire il viaggio senza fatica, rapidamente, fino ad Ascoli. La ferrovia arriva nel cuore della città: rimontati in sella, attraversiamo in breve il Ponte Maggiore e ai nostri occhi si apre corso Vittorio Emanuele, che ci conduce diritti in centro. L’orizzonte è dominato dal massiccio del Monte Vettore, il più alto della catena dei Sibillini con i suoi 2.476 metri. Una breve pedalata sulla corsia riservata ed ecco di fronte a noi, chiusa alle auto, piazza Arringo, sulla quale si affacciano il Duomo dedicato a Sant’Emidio, patrono del comune e protettore dai terremoti, il Battistero e il Palazzo dell’Arengo, sede della Pinacoteca civica, con i suoi capolavori che vanno dai dipinti di Carlo Crivelli a quello di Tiziano. Poco più in là piazza del Popolo, senza dubbio una delle più famose d’Italia, salotto di rara eleganza, con lo storico Caffè Meletti in delizioso stile liberty, il Palazzo dei Capitani e la chiesa di San Francesco.
Ascoli è conosciuta, oltre che per la giostra cavalleresca della Quintana, per le tradizionali olive ripiene di carne che, insieme a quelle al tartufo, i dolci cremini e i formaggi panati, raccolgono sinfonicamente i sapori del territorio nel fritto misto ormai famoso nel mondo. Queste prelibatezze, raccolte in un cartoccio, sono certamente l’occasione per uno spuntino, magari accompagnate da un bicchiere di Passerina o Pecorino, vini bianchi locali da gustare
freschi.
Il viaggio di ritorno in treno verso la costa è breve; mentre guardiamo il sole che tramonta dietro le colline, siamo giusto in tempo per un tuffo ristoratore in un mare piatto e caldo che sembra volersi concedere una notte di riposo dopo l’assalto dei turisti. Un aperitivo sorseggiato con le labbra ancora sala-
te e la musica dei locali che comincia a riempire il lungomare ci introducono a una cena fatta di cozze e scampi, seppioline e vongole. Molti altri sono i percorsi che ci attendono lungo questo tratto della Ciclovia Adriatica: 1.300 chilometri, da Trieste alla Puglia, accompagnati dalla presenza rassicurante della ferrovia.
A PIEDI VERSO
DA LECCE FINO A SANTA MARIA DI LEUCA, TOCCANDO IL PUNTO PIÙ A EST D’ITALIA, TRA BORGHI, SCOGLIERE, FARI E BASILICHE. È IL CAMMINO DEL SALENTO, IDEATO DA DUE ESCURSIONISTE UNDER 30
Èuno degli itinerari di maggior successo e tra i più nuovi d’Italia con i suoi pochi anni di vita. Il Cammino del Salento, che parte da Lecce e arriva a Santa Maria di Leuca, in fondo all’Italia, è stato ideato nel 2018 da due giovanissime escursioniste under 30: Federica Miglietta, classe 1990, e Mariarita Scarpino, due anni più grande.
Da allora è già stato percorso da 5mila persone, un numero che si traduce in circa 2milioni e 800mila euro di indotto per i territori attraversati, e l’in-
gresso, nel 2022, nella la top ten dei cammini italiani più frequentati. Un progetto da record e tutto al femminile, concepito quando Federica si trovava a Londra per un master sulla promozione culturale e territoriale. «Molte lezioni erano dedicate allo studio del turismo, quello lento in particolare», ricorda. «Nel Salento il flusso di visitatori si concentra per il 75% in 40 giorni all’anno, tra luglio e agosto, e principalmente nelle zone costiere. Eppure, il nostro territorio ha tanto da offrire, anche durante gli altri mesi e
nelle aree interne. Da queste considerazioni prende spunto il Cammino del Salento, finalizzato alla valorizzazione di piccoli borghi e scorci naturalistici poco conosciuti».
Così Federica e Mariarita, amiche da una vita, decidono di lanciarsi nell’impresa: «Ci siamo messe a progettare per partecipare al bando Pugliesi Innovativi indetto dalla nostra Regione, che poi abbiamo vinto, potendo così avviare la nostra impresa giovane e al femminile, proprio l’8 marzo del 2019». Gambe in spalla, le due ra-
ORIENTE
gazze hanno percorso più di mille chilometri durante le fasi iniziali per decidere quali linee tracciare sulla carta. Di lì in poi, Mariarita si è occupata dell’organizzazione degli eventi e della realizzazione di tutta la segnaletica: «C’è lei dietro a ogni freccia arancione e a ogni cartello di legno», specifica la collega. Federica, invece, si è dedicata alla creazione del sito e delle grafiche, e ha seguito la gestione dei social network. «Insieme, invece, lavoriamo all’organizzazione dei viaggi di gruppo, per i quali forniamo assistenza 24 ore su 24», proseguono. Nel dettaglio, il Cammino del Salento è un doppio percorso che si snoda lungo la Via dei borghi e la Via del mare. «È Porta Napoli, a Lecce, il punto di inizio di entrambi i tracciati. Attraversato il centro storico e arrivati in
piazza Sant’Oronzo, i due percorsi si dividono: per la Via del mare si procede verso il Castello Carlo V, mentre per la Via dei borghi si prende Porta San Biagio», spiega Miglietta. Da lì in poi, la scelta del camminatore è compiuta: chi opta per la Via del mare compie 115 chilometri da suddividere in cinque tappe e raggiunge l’Adriatico già durante il primo giorno di viaggio. Più spettacolare dal punto di vista naturalistico, questo percorso consente di ammirare, nelle prime due tappe, la vasca naturale della Grotta della poesia, i faraglioni di Sant’Andrea e le Due sorelle, i laghi Alimini e la Baia dei turchi. Per chi prende la Via dei borghi, invece, l’itinerario si svolge lungo 135 chilometri in sei tappe, e offre una scelta più ricca dal punto di vista culturale e artistico, con le prime tre soste
ambientate nel suggestivo entroterra salentino, tra muri a secco e ulivi, per poi ricongiungersi alla Via del mare nella città di Otranto. Già, perché nelle ultime tre giornate di cammino i due percorsi coincidono, confluendo in una serie di sentieri a mezza costa, tra torri, piscine naturali, grotte e piccole baie di rara bellezza. Dopo Otranto, con il suo centro ricco di storia e arte – da non perdere il maestoso mosaico con l’albero della vita che ricopre per intero il pavimento della cattedrale di Santa Maria Annunziata – si procede lungo uno spettacolare trekking costiero. Dopo aver passato in rassegna una cava di bauxite dai tratti marziani, il faro di Punta Palascia rivolto verso la costa dell’Albania, Torre Sant’Emiliano e, infine, Porto Badisco con la sua stupenda baia, si raggiunge Santa Cesarea Terme dal fascino orientale.
L’indomani si prosegue diretti a Marina Serra, attraversando la spiaggia di Porto Miggiano e Castro, il borgo medievale definito la perla del Salento. Di baia in porto, di sentiero in torre,
si arriva al piccolo rione del comune di Tricase, noto per la sua magnifica piscina naturale. Nell’ultimo giorno di cammino, infine, si intraprende lo spettacolare sentiero delle Cipolliane, giocato sulla linea di confine tra la terra e il mare. Il percorso che segue è disseminato di grotte e falesie, e raggiunge il monumento dell’Erma Antica, dove è possibile effettuare il caratteristico rituale delle pietre: in passato i pellegrini, prima di raggiungere il Santuario mariano di Leuca, ad appena un chilometro, posavano in questo luogo un sasso per alleggerirsi dei loro peccati e chiedere alla Vergine protezione e benedizione. Arrivati ai piedi della cascata monumentale
di Santa Maria di Leuca, stretta tra due grandi rampe, 284 gradini separano i viandanti dal Santuario de Finibus Terrae, meta finale del cammino dove, nei secoli, giungevano anche i pellegrini da Roma, lungo la Via Francigena del sud, prima di imbarcarsi per la Terra Santa. Un itinerario caratterizzato da una forte vocazione femminile non soltanto per le sue artefici, Federica e Mariarita, ma anche perché sempre più donne lo percorrono: «Grazie alla Rete nazionale donne in cammino, la grande community fondata da Ilaria Canali, e al gruppo facebook Ragazze in gamba che ci segue dall’inizio, abbiamo notato che le donne che percorrono a
piedi il Salento sono tantissime, molte di più rispetto agli uomini. Questo lo vediamo soprattutto dai nostri social: il 70% di chi ci segue è donna».
Prima di ripartire, Federica e Mariarita ci regalano gli ultimi preziosi consigli: «Percorrete i vari tratti dell’itinerario così come sono stati concepiti. Nei punti tappa si trova tutto quello di cui i camminatori hanno bisogno, incluse condizioni speciali per il vitto
e l’alloggio dedicate a chi esibisce il Passaporto del pellegrino». È importante, inoltre, seguire con precisione il tracciato: «Anche se non sempre il percorso segnato è il più breve, certamente è quello che consente di scoprire i nostri tesori nascosti, spe -
cialmente nei borghi attraversati». L’autunno è il periodo ideale per percorrere il Cammino del Salento evitando la calura estiva. «È preferibile mettersi in marcia presto, all’alba, mai nelle ore più calde soprattutto d’estate, specie nelle ultime tre tappe, così
da godere a pieno lo spettacolo del sole che sorge dal mare. In particolare, a Punta Palascia, a pochi chilometri da Otranto, si può assistere alla prima alba d’Italia. Il punto più a Oriente della nostra penisola è proprio qui». camminodelsalento.it
SULLE VIE DELLA TRANSUMANZA
LUNGO I TRATTURI D’ABRUZZO PERCORSI PER SECOLI DAI PASTORI DURANTE LA MIGRAZIONE STAGIONALE DELLE GREGGI.
E ORA SENTIERI TURISTICI TUTTI DA SCOPRIRE
Un'immagine della transumanza a Serramonacesca (Pescara)
Èsempre affascinante lasciarsi meravigliare da ciò che un luogo nasconde o da quello di cui è stato testimone. In particolare, il paesaggio culturale della transumanza ha un significato nella memoria storica degli esseri umani e in quella di un territorio. Dalle tracce dei tratturi è possibile risalire alle strade percorse durante la migrazione stagionale delle greggi. Questo fenomeno, nato nella preistoria, ha investito la sfera sociale ed economica di tutti i luoghi che ha attraversato. L’origine della pastorizia, infatti, è da ricondursi a quella transumante: da trans, al di là, e humus, terra, cioè al di là della terra consueta. Lo sposta-
mento delle greggi poteva avvenire all’interno di uno stesso territorio, con un solo trasferimento da una quota all’altra. Oppure coinvolgere diverse regioni tramite una fitta rete di tratturi, una serie di percorsi che i romani erano riusciti a collegare con le vie consolari, trasformando così il fenomeno da avvenimento spontaneo a un’attività economicamente organizzata. L’intimità del rito e l’immagine del mandriano che si prepara al lungo viaggio lontano da casa, con fatica e passione, sono state descritte da Gabriele D’Annunzio nei primi versi della poesia I pastori. «Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian
gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti». Proprio il vate ha reso celebre il sentiero lungo il Tratturo magno L’Aquila-Foggia, con partenza da Collemaggio dove, tradizionalmente, si raccoglievano i mandriani prima di cominciare il viaggio. Questi percorsi permettono di scoprire territori e paesaggi dal valore culturale inestimabile. Spiccano Chieti e Pescara, interessate da una fitta rete di vie sotto la tutela del ministero dei Beni culturali come appunto il Tratturo magno, lungo 244 chilometri, che attraversa sette comuni della provincia pescarese, tra cui Corvara, Pietranico e Rosciano, e 20 nel Tea-
tino, come Lanciano, Guardiagrele (presidio longobardo e sede di attività artigianali), Vasto (con la sua meravigliosa cattedrale e il castello), San Salvo (con il monastero dell’XI secolo). Un territorio carico di suggestioni, sulla Costa dei trabocchi, con scenari unici dominati dalla coltura della vite e dell’ulivo, dove incanta un gioiello architettonico a due passi dal mare: l’abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia.
Interessa le due province ai piedi del massiccio della Maiella anche il tratturo Centurelle-Montesecco: 155 chi-
lometri, con partenza dalla chiesa di Santa Maria de’ Centurelli a Caporciano (L’Aquila) e arrivo in Molise, passando per 11 comuni della provincia di Pescara – come Bussi sul Tirino, Torre de’ Passeri, Bolognano e Manoppello – e 15 in quella di Chieti, tra cui Roccamontepiano e Fara Filiorum Petri.
Tra questi merita una menzione Manoppello, rinomato per il Santuario del volto santo: sull’altare maggiore della chiesa, infatti, si trova una teca nella quale è custodito un velo sottilissimo da cui traspare l’immagine di un viso maschile. La tradizione vuole
che sia il drappo con cui la pia donna Veronica asciugò il viso di Cristo mentre trasportava la croce.
Nel 2019, su richiesta di Italia, Grecia e Austria, l’Unesco ha inserito la pratica della transumanza nella lista del Patrimonio culturale immateriale, riconoscendola come una tradizione in grado di modellare relazioni tra comunità, animali ed ecosistemi, dando origine a feste e riti in tutte le parti del mondo. Il riconoscimento ha consentito di cominciare a lavorare su importanti progetti, tesi a mantenere tale nobile arte e a tramandarla ai più
giovani. In questa direzione, è particolarmente apprezzato il lavoro della Camera di commercio Chieti-Pescara, come precisa il suo presidente Gennaro Strever: «La transumanza, soprattutto in Abruzzo, è legata a doppio filo alla storia di luoghi e comunità locali e costituisce una grande potenzialità.
Ripristinare, valorizzare e riconvertire
in chiave turistica i tratturi utilizzati per secoli dai mandriani, rappresenta una possibilità di promozione per il nostro territorio e di sviluppo per l’intero sistema produttivo regionale». Quest’attività tradizionale è un vero e proprio migrare dell’animo, che restituisce sentimenti ed emozioni capaci di arricchire anche chi non la pratica.
RAVIOLI DI RICOTTA IN BRODETTO DI CROSTACEI
di Sandra JacopucciLa creazione di Nicola Fossaceca, chef stellato di San Salvo (Chieti), è l’evoluzione artistica della cucina regionale abruzzese, che racchiude in sé una filosofia di vita – quella della transumanza – in cui il trascorrere del tempo ha consolidato il legame tra la terra e il mare, i pastori e i pescatori. L’impasto di uova e farina di semola, tirato in una sfoglia sottile, viene farcito con un’emulsione di ricotta ovina dei tratturi della Maiella. Il brodetto si prepara nel tradizionale tegame in terracotta, con teste e gusci dei crostacei provenienti dalla Costa dei trabocchi, come canocchie, scampi e mazzancolle.
Si aggiungono pomodorini, peperone verde, olio evo, prezzemolo e uno spicchio di aglio. A fine cottura, si versa il brodetto filtrato sui ravioli bolliti e si guarnisce con qualche foglia di dragoncello.
di Peppone Calabrese PepponeCalabrese peppone_calabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]
LA PERSIA A LECCO
SUL LAGO DI COMO C’E UN LUOGO CHE PROFUMA D’ORIENTE, DOVE SCOPRIRE LA CULTURA E LA CUCINA IRANIANA TRA TELE ANTICHE E TAPPEZZERIA DI SETA
Sono sul Lago di Como perché devo registrare una puntata di Linea verde e decido di fermarmi a Lecco per visitare i luoghi manzoniani del romanzo I promessi sposi. Passeggio nel centro storico che si estende parallelo alla riva del lago e resto affascinato dalle architetture, dai monumenti, dalle chiese e dai giardini.
Tutto in queste strade evoca la travagliata vicenda di Renzo e Lucia, ambientata proprio nei rioni della città e nelle zone limitrofe. La vicinanza al lago, poi, rende la località ancora più romantica.
Mi muovo tra i vari ristoranti e la mia attenzione viene catturata da un gazebo bianco, diverso da tutti i locali intorno. L’atmosfera è particolare: pol-
trone in pelle bianca e bordi dorati, tanti fiori, musica soffusa e una grande scritta in bianco, rosso e verde che recita: “Donna, vita, libertà”. Una volta entrato mi accoglie una donna con un vestito particolare, le cui fantasie mi ricordano quelle di un tappeto persiano. Quando le chiedo se c'è posto per me, mi invita a scegliere un tavolo dentro o fuori il locale. Non ho dubbi, preferisco esplorare l’interno e mi addentro, come mia abitudine, alla scoperta delle sale. Lungo il corridoio vedo nicchie piastrellate che rimandano alle maioliche del sud Italia, in fondo c'è una tenda e quando la ragazza la scosta è come essere proiettati direttamente in un luogo affascinante e lontano: «Benvenuto in Persia», mi sento dire, mentre attraverso questo
passaggio segreto. Sono nel centro di Lecco ma mi sembra di stare in un autentico palazzo persiano: i colori, i profumi, la musica, ogni elemento della sala mi porta in Oriente. Incuriosito dall’ambientazione le chiedo il nome. Mi dice di chiamarsi Sepideh e di essere la proprietaria del ristorante Cardamomo Persian Palace insieme al marito, Hooman, che ne è anche lo chef. Proprio lui ci raggiunge mentre ci confrontiamo sulle nostre esperienze nella ristorazione e io ne approfitto per saperne di più sul posto in cui mi trovo.
Mi racconta dei loro inizi: entrambi designer, dopo la laurea all’Università di Milano decidono di aprire una galleria d’arte a Lecco, dove i prezzi degli immobili sono più bassi rispetto al ca-
poluogo lombardo. Qui espongono le loro creazioni insieme a quelle di altri giovani artisti e artigiani e offrono ai clienti tè, caffè e dolci persiani. Un’idea vincente che li incoraggia a spingersi oltre: «Con l’aiuto di due amici italiani il caffè-galleria si è gradualmente trasformato in un ristorante, così nel 2013 abbiamo deciso di aprirne uno vero e proprio mantenendo però la formula bazar che consente a chi vuole di acquistare i prodotti della nostra terra». Mentre Sepideh fa avanti e indietro per la sala tenendo tutto sotto controllo, Hooman comincia a parlarmi di ricette e mi trasferisce tutto il suo amore per la cucina. Gli chiedo di più sul loro progetto imprenditoriale e lui mi spiega gli sviluppi: «Tre anni dopo l’apertura del primo ristorante-nego -
zio abbiamo aperto un punto vendita in uno dei più antichi palazzi del centro storico di Como. Siamo partiti dalla stessa idea di base del caffè-galleria: pochi tavoli per cenare, un grande bancone drogheria dove vendere tè e tisane e una zona di design shop. Siamo arrivati a essere riconosciuti come uno dei migliori ristoranti etnici a Como. Purtroppo, però, il palazzo che ci ospita ha subito dei danni e non sappiamo ancora quando potremo riaprire».
Hooman deve rientrare in cucina e la moglie mi fa accomodare a tavola. Mi porta l’acqua e mi dice che nel 2020 il marito ha vinto il contest della trasmissione televisiva condotta da Bruno Barbieri Cuochi d'Italia - Il campionato del mondo. La conversazione si
sposta su temi più caldi e Sepideh mi racconta la storia dell’Iran, di una Persia, quella precedente alla rivoluzione del 1978, ricca e moderna. Sono affascinato da questo amore per la terra natia e le chiedo come siano riusciti a ricreare l’atmosfera dell’antica Persia a Lecco: «Abbiamo dedicato il corridoio di ingresso a una via di Teheran che durante il regno dello Scià era famosa per la moda. Nella zona cucina le nicchie decorative richiamano l’architettura del palazzo cinquecentesco Ali Qapu a Esfahan, nell’Iran centrale. La sala dove ci troviamo invece è dedicata alla nobile dinastia Zand –che regnò nel 1700 – da cui discende Hooman. I colori richiamano il loro palazzo, così come i quadri antichi che abbiamo esposto».
Vista di Lecco, sul Lago di ComoSepideh mi propone di far scegliere al marito i piatti che mangerò e io acconsento. Nel frattempo, mi accompagna nella seconda sala del ristorante dedicata alla dinastia Qajar, che regnò in Persia fino al 1925. Qui, tra lampadari antichi e specchi decorativi, ogni mercoledì vengono proiettati film persiani. Anche il pavimento di onice della sala Golestan, precisa Hooman che intanto ci ha raggiunti, proviene dall’Iran, così come la tappezzeria di seta, la stessa che usava nel suo palazzo l’imperatrice Farah, e gli arredamenti dipinti a mano. Rimango senza parole di fronte a tanta
bellezza: quello in cui mi trovo non è solo un ristorante ma un vero museo. È ora di mangiare e chiedo informazioni allo chef sulle specialità tipiche: «Quella iraniana è una cucina ricca, bilanciata e anche molto antica, con ricette millenarie. Il riso persiano è uno dei più pregiati del mondo e viene servito con lo zafferano coltivato nelle stesse terre. Abbiamo tanti piatti agrodolci per i quali usiamo frutta fresca come la melagrana e secca come il pistacchio, il ribes disidratato, il cardamomo. Tanti pensano che sia una cucina eccessivamente speziata o piccante ma non è così. Si
comincia da uno starter e si va avanti con il piatto principale. Ogni portata racconta la sua storia e va abbinata a una bevanda. Non manca il dessert, a cui segue il caffè persiano o una tisana».
Voglio saperne di più sul vino e Hooman mi spiega che la loro selezione è prodotta in Friuli, in una zona dove il clima assomiglia a quello di Shiraz, città persiana da cui proverrebbe il famoso vitigno omonimo. Anche se oggi, dopo la rivoluzione islamica, il consumo di alcol è vietato in Iran, la viticoltura ha una storia antichissima in questa terra. Hooman a questo punto diventa serio e si rivolge a me commosso: «La cosa più importante nella vita è la libertà e quella degli iraniani è limitata da più di 40 anni. Sono mesi che cerchiamo di raccontare cosa sta facendo il regime in Iran insieme al nostro popolo che vuole pace, libertà e diritti. Non rimaniamo in silenzio e chiediamo a tutti di essere la nostra voce. Non siamo solo un ristorante ma ambasciatori del Paese più antico del mondo, nel Paese dell’arte e della cultura». Sepideh mi porge i piatti, penso a quanto sia importante vivere in uno Stato libero, mi viene da piangere e Hooman mi fa una carezza.
SPOLETO, TERRA DI FRANCESCO
NELLA CITTÀ UMBRA, E NELLE PICCOLE LOCALITÀ DI MONTELUCO E MONTELEONE, SONO CONSERVATE TESTIMONIANZE RARE DEL SANTO DI ASSISI
Signore, cosa vuoi che io faccia?» è una domanda ricorrente nelle biografie di molti santi e anche in quella di Francesco. Probabilmente il Poverello di Assisi la pronunciò anche durante il noto colloquio mistico con il crocifisso di San Damiano, nel 1205, in cui ricevette la richiesta del Signore di riparare la sua casa. Ma anche nella visione onirica nota come il sogno di Spoleto in cui Dio mostrò a Francesco un imponente edificio con molte armi segnate dalla croce, destinate – come gli indicò la voce divina – a lui e ai suoi cavalieri. È un momento importante nell’inizio della conversione del Santo, ancora inconsapevole di quanto avrebbe contato nel suo futuro, perché stava andando in Puglia alla volta delle crociate. Proprio durante questo viaggio verso la guerra, decise di fare una sosta a Spoleto. E dalla città in provincia di Perugia si può far partire un nuovo itinerario di viaggio sulle orme del santo.
Nella cattedrale di Santa Maria Assunta è custodita, infatti, la celebre lettera scritta da Francesco a frate Leone, uno dei cimeli spoletini più importanti. Si tratta di uno dei suoi due documenti autografi: l’altro è la chartula, scritta sul monte della Verna nel settembre del 1224 subito dopo il ricevimento delle stigmate, e conservata nella cappella di San Nicola nella Basilica inferiore di Assisi. La lettera spoletina è un foglietto rettangolare di una pergamena in pelle di capra su cui, in 19 righe complessive, Francesco esprime una fraterna tenerezza nei confronti di frate Leone, che era
con lui anche sul monte della Verna. Dunque, non solo la natura autografa ma anche le parole verso il suo confratello rendono speciale questo breve testo: «Frate Leone, il tuo frate Francesco ti augura salute e pace. Così dico a te, figlio mio, come una madre…».
Allontanandoci di soli sette chilometri dal centro città, a 800 metri sul livello del mare, si raggiunge poi l’eremo di Monteluco, un vero e proprio luogo dello spirito vicino a un antico bosco sacro e ad alcune grotte naturali, frequentate da eremiti già in età paleocristiana. Secondo una tradizione secolare, ripresa anche dalla moderna storiografia, Francesco, di passaggio qui nel 1218, ottenne in dono dai benedettini dell’abbazia di San Giuliano una piccola cappella dedicata a Santa Caterina d’Alessandria e attorno vi costruì delle piccole cellette che abitò spesso con i suoi seguaci. Fabbricate con rami di lecci, vimini, fango e calcina, costituirono il primo nucleo di un futuro ritiro francescano. Per la semplicità dei materiali utilizzati, le celle sono una forte testimonianza del rigoroso significato della parola povertà. Le prime attestazioni dell’esistenza di una comunità francescana sul monte risalgono al 1350, anno in cui Papa Clemente VI concesse a fra’ Gentile da Spoleto di condurre in quattro eremi, tra cui Monteluco, la regolare osservanza francescana: ognuno di questi conventi poteva ospitare 12 frati minori. La congregazione, però, ebbe vita breve: giudicato poco incline alla normale disciplina ecclesiastica e troppo disponibile verso gli eretici, frate Gentile venne incarcerato nel 1355 dal cardinale Egidio Albornoz e papa Innocenzo VI revocò all’intera comunità ogni privilegio concesso dal suo predecessore. Una volta scarcerato si ricon-
ciliò con l’Ordine, per morire qualche mese dopo in Veneto, a Brogliano (Vicenza), nel 1362. Dal 1954, l’eremo di Monteluco è aperto al pubblico per ritiri e incontri di spiritualità e svolge anche la funzione di Casa di probandato, con l’accoglienza ogni anno di circa 20 giovani che intendono mettere alla prova la loro vocazione, diventare francescani e svolgere il noviziato ad Assisi.
Si scende verso il confine laziale, infine, per arrivare a Monteleone di Spoleto, dove la presenza francescana è da sempre legata alla tradizione storica, religiosa e artistica. La chiesa di San Francesco fu costruita nel XIV secolo e rimaneggiata in quello
successivo, per poi essere restaurata in maniera radicale dopo il terremoto del 1703. La facciata, danneggiata dal sisma nella parte superiore, è ornata da un portale ogivale con rilievi di stile naturalistico che raffigurano animali, figure umane e angeli. Sul fianco destro i contrafforti conferiscono all’edificio un carattere di luogo fortificato, accentuato anche dalla vicinanza alla porta del castello, lungo le mura. L’interno della chiesa è costituito da due navate. La maggiore è impreziosita da un soffitto ligneo decorato da Giuseppe Frigerio da Norcia, mentre la minore è coperta con volte a crociera e costoloni. Un affresco che rappresenta la crocefissione è attraver-
sato da una porta da cui si accede al chiostro: qui si trovano lunette con immagini delle storie di San Francesco, affreschi del XVIII secolo, frammenti epigrafici e scultorei di varia epoca murati sulle pareti.
Oggi, nella sala parrocchiale adibita a teatrino, è possibile ammirare un arcosolio con la Madonna in trono tra San Francesco e Santa Margherita, regina di Scozia. Si pensa che tale ritratto di Francesco sia uno dei più fedeli alla figura reale. Non si conosce il nome dell’autore, probabilmente un artista umbro-toscano che risente del diretto contatto con il prototipo figurativo del santo, introdotto a metà del ‘200 dal pittore e scultore Margaritone d’Arezzo.
Storicodell’ArmadeiCarabinieri
IN MEMORIA
DI SALVO
IL 23 SETTEMBRE RICORRONO GLI 80 ANNI
DALLA MORTE DI D’ACQUISTO, IL VICE
BRIGADIERE DEI CARABINIERI CHE NEL 1943
SACRIFICÒ LA SUA VITA PER SALVARE 22
PERSONE DAI NAZISTI
La coscienza di un popolo vive di memoria e nel ricordo di tutti coloro che hanno scritto importanti pagine di storia. Lo disse
il costituzionalista Piero Calamandrei e lo sottolinea il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Ora e sempre Resistenza». Un’espressione
che racchiude il significato profondo della parola libertà, il bene più prezioso che esista.
È la memoria a salvaguardare la nostra sopravvivenza, perché è la nostra anima, ci unisce, attraversa spirito e corpo, ci rende vigili in un presente sempre in bilico, tra guerre, dittature e false democrazie. Ricostruiamo la nostra storia grazie al sacrificio di uomini che hanno lottato nella guerra di liberazione: accanto agli alleati, alle brigate partigiane della Resistenza, anche i Carabinieri, con la semplicità di grandi, a volte ingiustamente anonimi, protagonisti, rimasti saldi ai principi e ai valori che daranno vita alla nostra Costituzione.
Era da poco iniziato l’armistizio quando una grande figura, il vice brigadiere Salvo D’Acquisto, spiccò per il suo valore e si aggiunse ai tanti che si sono sacrificati, donando la sua vita a soli 23 anni. Il 23 settembre 1943 a Torre di Palidoro, nell’Agro Romano, i nazisti decisero di ispezionare alcune casse di munizioni abbandonate: due di loro morirono e altri due rimasero feriti a causa di un’esplosione accidentale. Non trovando colpevoli (perché non ce n’erano), i nazisti rastrellarono 22 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona ma fucilarono solo il vice brigadiere D’Acquisto, che si consegnò al posto dei prigionieri assumendosi da solo la responsabilità dell’accaduto e richiedendo l’immediata liberazione degli altri. Di questa figura eroica corrono adesso gli 80 anni dalla morte. A lui sono stati dedicati monumenti, edifici, caserme, scuole, vie e piazze e tante sono le celebrazioni che lo rievocano ogni anno. Alessandro D’Acquisto, il fratello, lo ricorda con viva emozione. Aveva solo sei anni e mezzo al momento del triste evento, ma le lettere ritrovate, le foto e gli oggetti, tuttora da lui conservati, mantengono integro il nome e il valore di Salvo. In casa non si parlava mai del fratello, ma se il padre era pieno di orgoglio per il forte sentimento di amor di patria la madre viveva in un profondo dolore.
«Non avevamo bisogno di commentare il gesto luminoso col quale volle chiudere la sua vita terrena», spiega
Alessandro, «di contro mia madre mi
parlava molto delle sue virtù. Ma la sua figura, la sua persona, con il gesto così umano ed eroico per il quale viene sempre ricordato, ognuno di noi la vive. Non c’è bisogno di parlarne, si sente, si percepisce».
Non ama che si definisca il fratello un eroe. «A me questa cosa dava un poco fastidio, lo vedevo soprattutto come un uomo che ha sofferto. Ora vive sempre in noi, ci sta sempre vicino. L’affetto che si prova per lui è difficile spiegarlo, Salvo ci condiziona tutti, per il semplice fatto di far parte della società».
Alla fine degli anni ‘80 è cominciato il processo di beatificazione: «Il sacrificio di Salvo acquista col tempo un valore e un significato sempre più pregnanti e costituisce un simbolo al quale la nostra generazione guarda
con rispetto, ammirazione e speranza».
Per il suo sacrificio il vice brigadiere venne insignito della Medaglia d’oro al valor militare, per «l’esempio luminoso d’altruismo» in un atto «di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma». Su D’Acquisto si è già scritto e parlato molto, Salvo era cosciente di ciò che faceva, aveva compreso il valore dell’esistenza e, per chi ha fede, la certezza di vivere, dopo la scomparsa dell’illusione della vita, in eterno. Come scriveva il filosofo russo Lev Tolstoj, «la vita di quanti sono morti non cessa in questo mondo. L’uomo è morto, ma il suo rapporto con il mondo continua ad agire sugli altri, e neppure come accadeva durante la sua vita, ma con forza mille volte maggiore».
SUI BINARI DELLA LEGALITÀ
IN LOMBARDIA PARTE IL PROGETTO PILOTA DEL PROTOCOLLO
D’INTESA TRA IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA E IL GRUPPO FS.
CONSENTE AI DETENUTI DEL CARCERE DI MILANO OPERA DI LAVORARE IN STAZIONI E UFFICI FERROVIARI di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it
Costruire un ponte tra il carcere e il mondo esterno e favorire, attraverso la formazione e l’inserimento lavorativo, il rientro in società per le persone private della libertà. È questo l’obiettivo del Protocollo d’intesa tra il ministero della Giustizia e Ferrovie dello Stato Italiane, Mi riscatto per il futuro. A un anno di distanza dalla sua stipula, lo scorso 20 luglio è stato sottoscritto il primo accordo attuativo che ne concretizza i principi ispiratori. La convenzione dà il via a un progetto pilota che coinvolge cinque detenuti della casa di reclusione di Milano Opera e ne prevede l’assunzione, con contratti a tempo determinato, in Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e Trenitalia, rispettivamente capofila dei Poli Infrastrutture e Passeggeri del Gruppo FS. Le posizioni individuate sul territorio riguardano diversi ambiti: dall’assistenza in Sala Blu ai viaggiatori con ridotta mobilità ad altre attività tecniche. L’alleanza sancita dal Protocollo risponde a una visione precisa di carcere inteso come luogo che rieduca e fornisce una possibilità di riabilitazione a chi cerca un nuovo inizio. Ce ne parla Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e promotore dell’iniziativa.
Che valore ha la sinergia che si è creata tra il ministero della Giustizia e il Gruppo FS?
Si tratta di un’intesa importantissima. Ed è il simbolo di una nuova capacità dell’amministrazione penitenziaria che corre veloce verso il futuro e l’innovazione portando con sé il bagaglio delle migliori pregresse esperienze. La collaborazione con uno dei più importanti gruppi industriali del Paese ci consente di ragionare in termini di progettualità ambiziose: Ferrovie dello Stato Italiane è una realtà presente, come noi, su tutto il territorio nazionale e quindi, potenzialmente, in grado di interessare tutti i 190 istituti penitenziari. Questo primo accordo sarà certamente seguito da numerose altre iniziative.
Quali risultati intende ottenere il Dap attraverso il Protocollo d’intesa?
Il nostro compito è dare corpo a un’esecuzione della pena secondo i principi enunciati nella Carta costituzionale. Dobbiamo garantire ordine e sicurezza negli istituti penitenziari
e, in tale cornice, puntare al recupero sociale dei detenuti. Il lavoro costituisce uno dei capisaldi del carcere: attraverso la formazione professionale e l’apprendimento di un mestiere, chi sta pagando il proprio debito con la società può rompere il legame con l’humus criminale, il contesto di difficoltà e disagio – talvolta persino di degrado umano – da cui proviene e in cui si è trovato a delinquere. Chi ha sbagliato può avere una seconda occasione: noi puntiamo a trasmettere questo messaggio. Il recupero dei detenuti alla società civile, tramite un percorso di lavoro legale, abbatte la recidiva e rende più sicura l’intera collettività. Come sono state selezionate le persone per il progetto pilota al carcere di Opera?
Analogamente a quanto succede fuori dal contesto penitenziario, è stata operata una preselezione tra tutti i detenuti che hanno manifestato interesse per l’iniziativa. Poi siamo passati alla fase di analisi dei requisiti giuridici dei candidati, sotto il controllo della magistratura di sorve -
glianza, e successivamente, insieme con i rappresentanti di RFI e Trenitalia, abbiamo individuato i detenuti idonei per le posizioni lavorative offerte. Questi, al termine del percorso di formazione, sono stati inquadrati con le qualifiche di operaio e impiegato, come previsto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro e dalla legge. Com’è stata accolta quest’opportunità da chi ha potuto prendere parte all’iniziativa?
Ricevere un’offerta concreta di lavoro, ma anche una formazione professionalizzante, per i detenuti significa constatare che non tutto è perduto, che è possibile riprendere in mano la propria vita dandole un nuovo corso, in termini di rispetto della legalità e dei doveri di solidarietà sociale, proprio mentre si avviano alla riconquista della libertà. E ciò diventa occasione di una riflessione che riesce a colmare di contenuti, pregni di valore, il tempo della detenzione. Per questi motivi, il Dap punta a coinvolgere grandi e medie aziende, nonché le associazioni delle categorie
produttive, in progetti capaci di coniugare due obiettivi: offrire alle imprese la possibilità di realizzare politiche di sviluppo inclusivo e sociale e fornire ai detenuti strumenti effettivi di riabilitazione e reinserimento. Il Dipartimento, che opera a livello nazionale, è affiancato in questa mission dai Provvedito -
rati regionali e dai singoli istituti penitenziari che, in relazione al territorio di competenza, si sforzano di costruire un ponte con la società esterna, interessando autorità locali e tessuto imprenditoriale.
Scendete in campo con azioni concrete, quindi. Può dirci di più? Oltre a valorizzare e potenziare strumenti e risorse già esistenti, ci stiamo impegnando perché venga adottato un nuovo modus operandi basato su innovazione tecnologica, tecniche manageriali e procedure affidabili per verificare i risultati conseguiti. Insieme con Cassa delle ammende e l’indispensabile coinvolgimento delle Regioni, abbiamo recentemente realizzato programmi finalizzati alla creazione di sistemi integrati per l’inclusione sociale dei detenuti e delle persone sottoposte a misure di comunità, nonché al sostegno dei rapporti familiari e con i figli minori. Sono progetti destinati a quasi ottomila perso -
ne, con un investimento complessivo di oltre 20 milioni di euro per il triennio 2023-2025. Inoltre, sono stati stanziati oltre tre milioni di euro per la prevenzione del suicidio e del disagio psichico in carcere e per l’ampliamento degli interventi di cura. L’intero governo sta mostrando concreta attenzione anche a questi aspetti del mondo penitenziario: il ministro della Giustizia ha recentemente sottoscritto un accordo con il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro che istituisce una cabina di regia per rafforzare, con il supporto dell’organo di rilievo costituzionale, i meccanismi di reperimento dei percorsi di formazione professionalizzante e di avvio al lavoro per i detenuti. Va peraltro sottolineato come già da tempo, grazie all’impegno e al coinvolgimento di grandi aziende, ci siano esempi di vere e proprie filiere lavorative di eccellenza che sono state esternalizzate e operano all’interno degli istituti penitenziari.
Un esempio?
È il caso del centralino dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma attivo a Rebibbia, una delle carceri della Capitale. Inoltre, in tutti i 190 istituti penitenziari dislocati sul territorio nazionale si svolgono attività e iniziative che hanno ricevuto il suggello di best practice, destinate pertanto alla diffusione e alla replica nelle varie prigioni del Paese. Senza dimenticare le storie sconosciute ai più ma che lasciano il segno. Come quella di un detenuto siciliano, veterano del laboratorio teatrale operante nell’istituto di Messina, che una volta scontata la sua pena ha chiesto e ottenuto di rientrare in carcere da uomo libero per collaborare con i reclusi impegnati nel progetto teatrale.
Un circolo virtuoso che conferma l’impegno del Dap per l’inclusione sociale delle persone detenute.
Il Dap è espressione di una realtà amministrativa di elevata specializzazione, probabilmente unica nel panorama della pubblica amministrazione.
I dirigenti, gli operatori e il personale del corpo di Polizia penitenziaria avvertono quotidianamente la gravosa responsabilità del ruolo rivestito, im-
pegnandosi con passione e competenza nella rieducazione del detenuto a fini di reinserimento sociale e nel garantire la sicurezza all’interno e all’esterno degli istituti. Compiti delicati e complessi, che vengono svolti nel silenzio e con risultati assai positivi. I dati e gli indicatori dell’ultimo Rapporto del consiglio d’Europa sulle carceri, infatti, mostrano come la situazione italiana presenti aspetti non negativi nella comparazione con altre amministrazioni europee. Ciononostante, siamo consapevoli che c’è ancora tantissimo da migliorare.
Cosa si sta facendo al riguardo?
Ci muoviamo speditamente verso la modernizzazione dell’intero sistema penitenziario. Ho già fatto riferimento alle innovazioni tecnologiche: uno dei primi obiettivi è rinnovare l’architettura e le strategie informatiche, a partire dalle nostre banche dati, fino alla realizzazione del fascicolo digitale del detenuto e all’impiego dell’intelligenza artificiale, finalità per le quali il ministero della Giustizia ha già stanziato otto milioni di euro. Una non formale sensibilità verso il mondo del sostenibile coniugato alla tecnologia d’avanguardia è alla base, per esempio, della colla-
borazione avviata da anni con aziende energetiche o con la Formula E, a cui offriamo supporto per gli eventi della tappa mondiale a Roma dell’e-Prix. Un’amministrazione efficace sa dotarsi degli strumenti più innovativi che le consentano di perseguire al meglio i suoi obiettivi: recentemente abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa con l’Ente nazionale per l'aviazione civile per la sorveglianza delle carceri attraverso droni pilotati da personale della Polizia penitenziaria. Sottolineo che si tratta del primo accordo di sostanza siglato dall’Enac con un corpo di Polizia. Sempre di recente abbiamo messo a punto il disciplinare che, nel rispetto delle prescrizioni in materia di tutela della privacy, consentirà l’impiego delle bodycam da parte del personale della Polizia penitenziaria. Una razionalizzazione evolutiva, insomma, in grado di condurre le donne e gli uomini che costituiscono il motore del sistema penitenziario italiano verso traguardi capaci di esprimere sempre più un’avanzata specializzazione e dignità professionale, al servizio del mandato scolpito nel terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione.
IL RICHIAMO DELL’ARTE
DAL 1993 DOMENICO PIRAINA DIRIGE PALAZZO REALE, A MILANO, CERCANDO DI FAR CONOSCERE I CAPOLAVORI ITALIANI E STRANIERI A
PIÙ PERSONE POSSIBILI. SENZA BARRIERE LINGUISTICHE O CONCETTUALI
di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019
Nella sua lunga carriera costellata di grandi successi, ha portato a Palazzo Reale di Milano un numero imponente di mostre dedicate ai più grandi artisti italiani e mondiali. Domenico Piraina, direttore del museo, ha alternato Leonardo da Vinci e Giotto, Caravaggio e Claude Monet, passando per Pablo Picasso, su cui ha organizzato «tre mostre completamente diverse l’una dall’altra con tre differenti fili conduttori». E, immancabile per lui, un’esposizione su Antonio Canova: «Non so dire la ragione precisa, ma il Neoclassicismo mi ha sempre affascinato». Eppure, Piraina affronta ogni nuovo impegno con immutato e contagioso entusiasmo. «Ogni apertura, ogni grande vernissage è una nuova occasione di portare l’arte al pub-
blico. Alcuni studi hanno dimostrato che visitare una mostra porta benefici psicofisici molto positivi». Ed è vero, come ci fa capire il direttore con grinta calabrese ed efficienza lombarda. Quando hai sviluppato il tuo interesse per l’arte?
Avevo dieci anni e vivevo a Platania, in provincia di Catanzaro, il piccolo paesino dove sono nato. Avevo sentito parlare di Van Gogh, così andai nella piccola biblioteca comunale a cercare un catalogo delle sue opere che, ovviamente, non trovai. Non mi diedi per vinto e mi spostai nella Biblioteca del seminario a Lamezia Terme, dove scovai un piccolo volumetto in bianco e nero sul celebre artista. Ecco, posso dire che tutto ebbe inizio da quelle pagine. A quell’età mai avrei pensato di occuparmi di arte a livello professionale. Puoi immaginare, quindi, quanto sia felice di avere avuto questa opportunità per la quale ringrazio tutti coloro che me lo hanno consentito. Come porti l’arte al grande pubblico?
Il mio approccio ha qual-
cosa di autobiografico. È quello di un ragazzo che proviene da una famiglia modesta ma ha voluto approfondire e capire l’arte. Mi piace che possa raggiungere il maggior numero possibile di persone e sia vicina e apprezzabile da tutti coloro che lo desiderano. Senza barriere linguistiche, concettuali, professionali. Per questa ragione, a Palazzo Reale offriamo una programmazione ampia. Tutti coloro che apprezzano l’arte e la bellezza sono i benvenuti. Una mostra deve tener conto anche di numerosi aspetti tecnici.
Contano moltissimo, a partire da quello scientifico che attiene alla costruzione del progetto espositivo. Poi, nel cosiddetto backstage viene svolto l’80% del lavoro. Bisogna occuparsi di allestimenti, trasporti, assicurazioni, comunicazione. Pensare alla scelta dei colori delle pareti dove verranno esposte le opere. Massima attenzione viene data all’illuminazione, un altro aspetto fondamentale: ricordiamo che un quadro bene illuminato viene apprezzato di più. A occuparsi di tutto questo sono diverse professionalità, intrecciate fra di loro, ciascuna con competenze specifiche e approfondite.
Quante persone lavorano a un’esposizione?
Venti interne alla direzione si occupano degli aspetti progettuali. Inoltre, vengono coinvolte numerose professionalità esterne: redattori e grafici che realizzano il catalogo, architetti, scenografi e illuminotecnici per gli allestimenti. E, ancora, falegnami ed elettricisti, coloro che puliscono le sale e chi le custodisce durante tutto il periodo espositivo. Direi che a una mostra di livello medio alto lavorano oltre cento persone. Nostra responsabilità è gestire tutto il team, in modo che le varie competenze si muovano con l’obiettivo di realizzare una rassegna che sia leggibile da parte di tutti e che il pubblico sia contento di venire a vedere. Dirigi Palazzo Reale dal 1993 e hai ancora un entusiasmo contagioso, qual è il segreto?
Ogni esposizione è una nuova avventura, non esistono due progetti uguali. Ho realizzato, per esempio, tre diverse mostre su Picasso, tre storie completamente differenti. La prima con le opere dell’artista che erano rimaste agli eredi, la seconda con quelle del Museo Picasso che erano state destinate allo stato francese. E, infine, la terza, con cui ho voluto far capire come le diverse culture presenti nel Mediterraneo nel corso dei secoli abbiano influenzato l’evoluzione dell’arte del maestro. Tre percorsi che si sovrappongono, quindi. E hanno richiesto un grande lavoro di creatività e innovazione perché ogni volta sono cambiati gli interlocutori, gli artisti, i musei prestatori, i curatori. Quale genere artistico ti affascina particolarmente?
So di essere in controtendenza rispetto ai gusti attuali e dico il Neoclassicismo. Amo la corrispondenza tra ciò che viene rappresentato e l’eticità, la moralità. Mi ha sempre commosso quello che affermava lo storico tedesco Winckelmann sull’arte antica: «Nobile semplicità, quieta grandezza». I neoclassici cercavano di esprimere la nobiltà d’animo delle persone. Forse il loro pensiero mi affascina anche perché lavoro in un palazzo progettato in epoca neoclassica dall’architetto Giuseppe Piermarini. Paradossalmente, sull’arte di questo periodo ho realizzato poche mostre. Una nel 2001 e una grande esposizione dedicata ad Antonio Canova, forse il massimo esponente di questa corrente. Resta comunque un gusto personale che non
influenza la mia professione.
Quando prendi il treno che emozioni provi?
Viaggio molto per ammirare le opere d’arte, non solo nelle grandi città ma spesso in piccoli comuni: il treno è il mio mezzo di trasporto preferito proprio per la capillarità dei collegamenti. Anche quando torno in Calabria con mia moglie Stefania prendo sempre il Frecciarossa per Lamezia Terme. Mi piace guardare il paesaggio, leggere, viaggiare in modo tranquillo, sentirmi a mio agio e, poi, amo il vagone letto.
Qual è il profumo della tua infanzia?
Limone, cedro, bergamotto e poi gli odori della campagna quando d’estate, mentre accudivo gli animali, mi mettevo all’ombra e leggevo tutta la letteratura per l’infanzia, da Emilio Salgari a Jules Verne.
Spesso la fila di visitatori in attesa per vedere una mostra è interminabile.
È una grande soddisfazione. Significa che il lavoro compiuto, e nel quale hai messo l’anima insieme a numerosi collaboratori, offre qualcosa di bello, e che c’è voglia di passare un paio d’ore con l’arte. I visitatori escono contenti, arricchiti dal punto di vista intellettuale e grati anche all’amministrazione comunale da cui dipende l’offerta di Palazzo Reale.
Frequenti i musei di tutto il mondo, un paragone con quelli italiani?
Molte gallerie hanno storie diverse dalle nostre, alcune con dotazioni economiche e di personale incomparabili.
Ma se guardiamo all’efficienza, ovvero al rapporto tra le risorse impiegate e i risultati ottenuti, i siti italiani sono tra i migliori al mondo.
Cosa apprezzi nelle persone e cosa detesti?
Mi piace chi è propositivo e ha capacità di inventiva. Tra chi esegue in silenzio ciò che gli dico di fare e chi, invece, pone delle critiche o delle osservazioni preferisco decisamente il secondo, perché aiuta a migliorare le cose.
Ciò che detesto è l’ipocrisia, ovvero essere indulgenti con sé stessi e severi con gli altri.
Un momento della tua carriera che ricordi particolarmente?
Il 2015, quando per l’Expo di Milano allestimmo tre grandi mostre che resteranno nella storia. Una su Leonardo da Vinci – l’ultima su di lui risaliva al 1939 – una su Giotto, portando a Milano praticamente tutte le opere del maestro che potevamo spostare, e un’esposizione sull’arte lombarda dai
Visconti agli Sforza.
Il progetto ancora da realizzare?
Ne abbiamo portati a termine veramente moltissimi, ma terrei molto a organizzare una personale su Diego Velázquez e una mostra su un altro periodo che amo molto: gli anni ‘20 del 900, l’Art déco.
Cosa ci regala l’autunno di Palazzo Reale?
Un programma competitivo con una mostra su Giorgio Morandi. Poi il pittore seicentesco El Greco: nato a Creta, si è formato in Italia e ha trovato la sua espressione a Toledo, in Spagna. Un artista europeo ante litteram. Avremo, inoltre, Francisco Goya visto come iniziatore dell’arte moderna sulla quale ha influito molto, basta guardare a Francis Bacon. Infine, tre mostre fotografiche: la prima a dieci anni dalla morte del grande Gabriele Basilico, milanese, la seconda sugli americani Luigi & Iango in occasione della settimana della moda e la terza sull’olandese Jimmy Nelson, per la prima volta in Italia.
LA CULLA DELLE IDEE
STUDIO D’ARTISTA, CENACOLO E OGGI SEDE DEL BERGGRUEN INSTITUTE, LA CASA DEI TRE OCI A VENEZIA VUOLE PROMUOVERE UN PROGETTO DI RINASCIMENTO
GLOBALE. CHE RIFLETTE SU DEMOCRAZIA, CAPITALISMO E RELAZIONI FRA LE CULTURE PER SVILUPPARE UN NUOVO PENSIERO
COLLETTIVO
di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.comLa giornata è assolata quando approdo con il vaporetto sull’isola veneziana della Giudecca. Sull’acqua appena increspata da una tenue corrente, si specchia un edificio dal fascino misterioso nel suo inconfondibile stile neogotico partorito, non a caso, agli inizi del ‘900, dalla fantasia di un pittore, Mario De Maria, noto anche come Marius Pictor. Alla sommità del palazzo svetta un’elegante finestra bifora realizzata dall’artista a tenera memoria della figlia Silvia. Il piano centrale, invece, si presenta con tre ampie finestre che sembrano scrutare i visitatori. Non sorprende, pertanto, che queste aperture siano dette i “tre oci”, cioè i tre occhi in veneziano, a simboleggiare gli altri componenti dell’originaria famiglia De Maria: l’artista, la moglie Emilia Voight e l’altro figlio della coppia, Astolfo. La Casa dei Tre Oci, con i suoi 1.200 m 2 , ha avuto in destino l’arte e la cultura. Prima studio d’artista, poi cenacolo che ha ospitato, tra gli altri, i pittori Vittore Grubicy de Dragon, Gregorio Sciltian, Giorgio Morandi, l’architetto Renzo Piano e l’attore Dario Fo. Oggi che è stato acquisito da Nicolas Berggruen, il miliardario filantropo dal doppio passaporto americano e tedesco, il palazzo non cambia destinazione. È infatti sede del Berggruen Institute e culla di un nuovo progetto di Rinascimento globale. Un’iniziativa ambiziosa, visionaria eppure straordinariamente necessaria. Per saperne di più intervistiamo di persona Nicolas Berggruen. Il padre Heinz, mercante e collezionista, amico di Pablo Picasso e di Frida Kahlo, ha attraversato da protagonista la storia dell’arte del ‘900. Classe 1961 e presidente della holding e dell’istituto che portano il nome di famiglia, Nicolas mi riceve con quell’understatement tipico delle personalità forti e sicure di sé che conoscono bene le regole dell’eleganza. Perché ha deciso di fondare il Berggruen Institute?
È stato creato con una semplice visione, ossia permettere alle idee di diffondersi su questioni difficili e importanti per noi esseri umani. L’istituto lavora su temi riguardanti la democrazia, il capitalismo, le relazioni fra le culture, soprattutto tra l’Occidente e la Cina. Ma anche su chi stiamo diventando, in un’epoca in cui possiamo modificare la nostra natura a causa o grazie alle tecnologie e all’intelligenza artificiale. Questa è la nostra missione, il modo in cui la perseguiamo è inusuale. Nel senso che riuniamo persone che hanno specializzazioni diverse: artisti, filosofi, scienziati, esperti di tecnologia, decisori politici. E lo facciamo anche attraverso culture e punti di vista diversi, da quello occidentale a quello dell’Est. L’idea è: possiamo sviluppare un nuovo pensiero in un momento in cui questo è cruciale?
Come mai la scelta di avere una sede a Venezia?
Abbiamo iniziato a Los Angeles, negli
Stati Uniti, e poi ci siamo trasferiti a Pechino, in Cina, perché oggi queste sono le due culture dominanti. Francamente, hanno dei contenuti che le contrappongono e, a loro volta, si differenziano dalle idee che arrivano dall’Europa. Cercavamo un terzo punto di vista, un luogo più neutrale. Venezia è sempre stata storicamente un incrocio di pensieri, culture e saperi del fare. È in Italia, ma anche in Europa. È una specie di metacittà che appartiene al mondo, lo impegna, dunque abbiamo pensato che fosse il luogo ideale per fare da contrappeso ai due estremi, la Cina e gli Stati Uniti. L’Europa è potenzialmente più neutrale, più gentile, è un luogo dove i cambiamenti possono essere più fruttuosi.
Le relazioni tra l’Occidente, in par-
ticolare gli Stati Uniti, e la Cina si stanno deteriorando, cosa ne pensa?
Molto chiaramente, per prima cosa stanno diventando concorrenti. In secondo luogo, dal punto di vista culturale e ideologico, sono agli antipodi. È come se ci fossero due religioni, due divinità diverse. Ciò rende difficile – soprattutto per l’Occidente – accettare che ci possano essere due verità, due dei, due credenze ugualmente valide. La Cina, che si sente umiliata dall’Occidente, cerca una redenzione soprattutto per quel che riguarda il suo posizionamento a livello mondiale. Ci troviamo davvero davanti a un’antitesi tra le visioni, il pensiero della civiltà e i saperi, al di là del sistema politico e della concorrenza economica.
Questo è un momento molto inte -
ressante, ma anche molto pericoloso perché se non riusciamo a coesistere, a trovare un equilibrio tra la Cina e l’Occidente, soprattutto per quanto riguarda le grandi questioni come il clima o la sicurezza, avremo gravi problemi. E se non costruiamo un ponte potremmo essere in grave pericolo reciprocamente.
L’Europa può avere questo ruolo?
Lo speriamo, perché altrimenti ci troveremo a vivere un secolo molto più rischioso.
L’intelligenza artificiale è un’opportunità o una minaccia?
Entrambe. Ci potrà aiutare in molti modi e consentirà alle nostre capacità, alla nostra intelligenza, di essere amplificate. Potrà essere un aiuto notevole e permettere a noi esseri umani di delegare quello che già deleghiamo alle macchine. Ma è
anche una minaccia perché la questione è: di che tipo di intelligenza si tratta? Lo vediamo oggi con le tecnologie digitali, che rappresentano un grande aiuto per noi. Ma rischiamo di perdere il controllo su di loro, come succede con i social media. E le conseguenze impreviste, non programmate, dell’intelligenza artificiale non sono ancora chiare: non sappiamo fino a dove possono arrivare. Dunque, può essere un’opportunità o una minaccia. Dobbiamo capire se, in quanto esseri umani, siamo capaci di trovare un modo per essere parte del suo sviluppo. Così che ci aiuti senza diventare qualcosa di incontrollato.
Poter avere una certa trasparenza su cosa stia facendo l’intelligenza artificiale e quali siano i suoi margini è, insomma, molto importante oggi. Cosa non capiamo del cambiamento climatico? Riusciremo ad arrivare all’obiettivo di emissioni zero entro il 2050?
Non sono un esperto, le mie opinioni francamente sono irrilevanti su questo punto. Ma non credo che il genere umano si comporterà meglio, anche se dovrebbe. Quindi è improbabile che limiteremo i consumi. Non possiamo dettare i comportamenti da adottare a Paesi che sono ancora in via di sviluppo, soprattutto nel Sud
del mondo: hanno diritto alla possibilità di vivere come noi. Tutto si svilupperà intorno alle tecnologie, alle modalità finali con cui cercheremo di affrontare questi effetti. Così come ci siamo messi in pericolo e abbiamo messo in pericolo il Pianeta, dobbiamo trovare il sistema per salvarci. Questo avverrà con invenzioni, tecnologie e con gli investimenti nella ricerca. La cosa più urgente è affrontare le questioni climatiche con idee nuove invece di provare a trattenerci dal consumare perché questo a mio parere non succederà.
berggruen.org
CAPOLAVORI DI NAPOLI
IL LABORATORIO DI JAGO, IL MUSEO DEDICATO A ENRICO CARUSO
E LA BASILICA DI SAN GIACOMO DEGLI SPAGNOLI. LA CITTÀ
PARTENOPEA STUPISCE CON DUE NUOVE APERTURE E UN RESTAURO di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it
Napoli è mille colori e qualcuno se n’importa. Il verso della famosa canzone di Pino Daniele si potrebbe parafrasare così, visto che in questo periodo il capoluogo campano pullula di nuove aperture, iniziative e progetti promossi da cittadini, artisti e istituzioni culturali che hanno scelto di adottare luoghi dimenticati.
L’ARTE LIBERA DI JAGO
A partire da Jago, scultore in continua ascesa che scoprì Napoli da bambino ammirando durante una gita scolastica il Cristo velato, esposto nella Cappella di San Severo. Riportando alla memoria questo ricordo, nel 2019, quando viveva a New York, l’artista decise di realizzare il Figlio velato, per poi trasferirlo nel capoluogo partenopeo, all’interno della basilica di San Severo fuori le mura, nel rione Sanità. In marmo candido, come molte delle sue opere, raffigura un bimbo coperto da un lenzuolo aderente, che mostra una pancia gonfia. La sua storia di amore per Napoli prosegue ora con la nascita dello Jago museum, sempre nello storico quartiere pieno di contrasti ai piedi della collina di Capodimonte. L’artista ha scelto infatti l’ex chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, abbandonata da più di 40 anni, come laboratorio d’eccezione, in cui invita i ragazzi della zona a conoscere la sua attività e a seguirlo mentre lavora, trovando una forte intesa con la fondazione di
Comunità San Gennaro e la cooperativa La paranza. Queste due realtà del quartiere, infatti, sono impegnate da anni nella riqualificazione di siti culturali e beni artistici come chiese, catacombe e palazzi antichi, grazie a un’idea di padre Antonio Loffredo. Dalla loro esperienza se ne è generata un’altra, molto simile, con i giovanissimi di Sant’Aspreno, che a breve costituiranno la cooperativa La sorte. «Sono orgoglioso di aver contribuito alla loro formazione. Abbiamo moltiplicato un modello di organizzazione capace di offrire un lavoro dignitoso, gratificante e senza gerarchie», spiega Jago. Una quindicina di ragazzi, artisti e attori accompagnano i visitatori ogni mezz’ora, raccontando il lavoro di Jago, ma anche le loro emozioni e riflessioni. Lo scultore, infatti, non ama molto commentare il suo operato, ma anzi preferisce cogliere le reazioni altrui. Come quella di una donna dello Sri Lanka che di fronte alla sua statua della Pietà, qui esposta, ha scelto di raccogliersi in preghiera. «Nella vita ho fatto esercizio d’ascolto e rubato con gli occhi. E ancora posso imparare molte cose dalle storie incredibili dei ragazzi e della gente comune», aggiunge l’artista, che non ha seguito studi specifici, ma che si ispira spesso ai grandi maestri del passato, in modo personalizzato senza condizionamenti. Oltre che davanti alla Pietà, che rovescia i ruoli di quella michelangiolesca rappresentando un uomo
che sorregge un corpo femminile, non si può che provare stupore e stordimento nel vedere una Venere in versione anziana o la scultura Aiace e Cassandra, che si può assimilare al Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini. «A me interessa proporre da un’altra prospettiva quello che abbiamo ereditato culturalmente e ampliare le categorie di riflessione. Per esempio, la pietà è un sentimento, non solo la Madonna che regge Gesù. Una donna è Venere sempre, non solo quando è giovane. Aiace e Cassandra illustra uno stupro ai danni di una donna che, contrariamente a quanto ci si aspetta, non si sottomette ma lotta alla pari».
UN MUSEO IN ONORE DI CARUSO
Orgogliosa della sua storia e del passato, Napoli non dimentica i geni che si sono imposti grazie a un’eccezionale forza di volontà, nonostante studi semplici e un livello sociale modesto. E qui si arriva alla seconda grande novità del capoluogo partenopeo: il Museo Caruso, aperto il 20 luglio all’interno del Palazzo Reale diretto da Mario Epifani. La curatrice Laura Valente spiega che è un racconto in cinque capitoli per descrivere la vita dello straordinario tenore che da ragazzo lavorava in fonderia e suonava nei locali per guadagnarsi da vivere. Un luogo dove si entra per ascoltare, grazie a un archivio di migliaia di brani digitalizzati, tra cui ’O sole mio e La donna è mobile. Il primo capitolo di questa straordinaria biografia si intitola Figlio di Napoli e rimanda agli esordi di Enrico Caruso, quando Giacomo Puccini, pur ascoltandolo con diffidenza, rimase meravigliato da una voce non tradizionale, che sembrava “mandata da dio”. La seconda sezione è Il mondo intero parlerà di lui, che ricorda la performance al teatro San Carlo, dove il pubblico chiese il bis del brano Una furtiva lagrima
aria dell’Elisir d’amore. Ma in quell’occasione si parlò di fischi in sala, anche se nessuno mai li sentì. Una notizia falsa, infatti, messa in giro da critici non ancora pronti a comprendere un talento che incarnava la nobiltà del bel canto e il fraseggio antico, uniti a una tinta popolare, sanguigna e forte di un interprete visionario. Lasciata Napoli, Caruso arrivò a Milano, al Teatro alla Scala, simbolo del melodramma nel mondo, dove anche Arturo Toscanini fu costretto ad ammettere l’unicità del cantante. A questo punto varcò i confini dell’Italia diventando una star incontrastata negli Stati Uniti, come narra il terzo capitolo Un uomo nuovo a New York, un anarchico del canto. Incise su un disco, assoluta novità per un lirico, l’aria Vesti la giubba dall’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, che raggiunse un milione di copie vendute. Il successo prosegue nel capitolo quarto Tutti vogliono Caruso: gli viene richiesto di recitare in quattro film muti, tra cui My cousin, proiettato nel museo. Da lì si crea un effetto influencer ante litteram: le scatolette di alici dell’Alaska, 180 ristoranti, conserve di pomodori e sigari cubani si chiamano Caruso. A chiudere la mostra è il capitolo Una voce senza fine. In esposizione anche alcuni oggetti personali inediti, come un apparecchio a rulli o un giradischi del 1930, qualche costume di scena, gli spartiti con note autografe, alcuni acquarelli e simpatiche caricature che lui disegnava. E, ancora, collezioni di cartoline spedite a nobili e a semplici amici di una vita, il baule compagno delle sue tournée e la sua ultima sigaretta. Caruso morì infatti a 48 anni per un virus alla gola, salutato da un bagno di folla. Era il 2 agosto del 1921.
I TESORI DI SAN GIACOMO DEGLI SPAGNOLI
La terza novità da non perdere a Napoli, che ben rappresenta
la passione e il senso di appartenenza alla città, è la possibilità di visitare la basilica di San Giacomo degli Spagnoli, in piazza del Municipio. Un luogo sacro, rimasto chiuso alcuni anni per restauri ancora in corso, che aspira a diventare anche un hub culturale. Pochi giorni di apertura straordinaria a giugno, in cui sono stati raggiunti i duemila accessi, hanno incoraggiato gli organizzatori e i docenti dell’Università degli Studi di Napoli Federico II a riaprire le visite a cittadini e turisti, tramite prenotazione. La docente universitaria Francesca Marone, in particolare, si è fatta promotrice dell'Accordo quadro tra i Governatori della basilica e l'ateneo federiciano e, insieme alla professoressa Francesca Avolio, di una rete capace di proporre attività secondo un progetto di “alfabetizzazione culturale”. Realizzata dall’architetto Ferdinando Manlio nel 1540, per volere del vicerè spagnolo Don Pedro de Toledo, come spiega l'esperta d'arte Ilaria Moscato, è governata per questo dalla Real Hermandad de Nobles Espanoles de Santiago. Il regnante, uomo di armi, statista acuto e urbanista, ha segnato la storia partenopea ideando una strada di collegamento tra il mare e la parte alta della città, la ben nota e frequentata via Toledo. Una
volta entrati nella chiesa dedicata a San Giacomo, conosciuto anche come Santiago, tanti capolavori barocchi si svelano un po’ alla volta. L’altare è un cesello di pietra multicolore, opera di Domenico Antonio Vaccaro, nel paliotto c’è una raffigurazione di Gesù che probabilmente ispirò Giuseppe Sanmartino per il Cristo velato. Dietro si trova l’organo, monumentale, ricoperto da foglie di oro zecchino. Mentre in sagrestia ci si può soffermare sulla Vergine che appare a San Giacomo, di Luca Giordano. Ma il clou è in un ambiente nascosto nel retro, dove è custodito il sepolcro del viceré, opera di uno dei maggiori scultori del periodo, Giovanni da Nola, e dei suoi allievi. Sono ritratti Don Pedro e la prima moglie, attorniati da statue di virtù avvolte in abiti aderenti e con ricercate capigliature, un elmo raffinato, una testa di leone. Un monumento funebre che, però, non accolse mai il corpo del vicerè, morto a Firenze nel 1553.
jago.art/it/museum palazzorealedinapoli.org
basilicadisangiacomodeglispagnoli@gmail.com
NOTE DI VIAGGIO
A REGGIO EMILIA E PARMA, TRA MUSICA, CULTURA E BUONA CUCINA. PER UN’ESPERIENZA MULTISENSORIALE CON LA COLONNA SONORA DI GIUSEPPE VERDI di Peppe Iannicelli
Le due città lungo la Via Emilia danno vita, grazie al Reggio Parma Festival, a un itinerario di suoni, saperi e sapori che dai grandi teatri storici si diffonde per i musei, le strade e le piazze cittadine coinvolgendo i visitatori in un’esperienza multisensoriale gratificante.
Il primo incontro con Reggio Emilia avviene al cospetto di Curiosa meravigliosa, un’opera di arte pubblica firmata da Joan FontCuberta. Un pavone altro 16 metri, composto da 12mila fotografie scattate dagli abitanti della città, e annidato sulla facciata laterale del Palazzo dei musei. Tra i vari piani dell’edificio, sede principale dei Musei civici, si può conoscere la storia cittadina attraverso reperti archeologici, botanici, paleontologici e arti figurative. Non mancano sezioni dedicate al design, al nobile prosciutto, ai miti musicali pop e vintage dell’Emilia-Romagna.
A Reggio Emilia sono tanti i riferimenti alla storia patria:
dall’obelisco dedicato ai caduti del Risorgimento in piazza Gioberti allo struggente Monumento alla Resistenza in piazza Martiri del sette luglio. Ma il sentimento nazionale si sente forte all’interno del Palazzo del Comune, dove si trova la Sala del tricolore: qui, il 7 gennaio 1797, nacque la bandiera italiana. Nel palazzo ha sede anche l’interessante Museo del tricolore, che ospita una collezione formata da cimeli legati al Risorgimento. Epicentro spirituale della città è la Basilica della Madonna della Ghiara. All’immagine cinquecentesca della Vergine in adorazione del Bambino, dipinta dal pittore Giovanni Bianchi, fedeli e pellegrini attribuiscono miracoli e prodigi. Nel complesso monumentale dei Chiostri di San Pietro, invece, per tutto l’anno sono organizzati spettacoli ed esposizioni. Poco distanti, affacciati su piazza della Vittoria e piazza Martiri del sette luglio, il Teatro municipale Romolo Valli, l’Ariosto e il Cavallerizza,
edizione. Fra Parma, Busseto e Fidenza, dal 16 settembre al 16 ottobre, il Festival Verdi offre cinque titoli in cartellone: I Lombardi alla prima crociata, Il trovatore, Falstaff. Tutto nel mondo è burla, in aggiunta alla Messa da Requiem e a un Nabucco in forma di concerto. Tra gli altri appuntamenti da non perdere, il gala benefico Fuoco di gioia, l’opera liricoteatrale Otello Circus e Alessandro Preziosi sul palco in Letteralmente Verdi. A inaugurare la manifestazione la Verdi Street Parade che, insieme a cantanti, ballerini e attori, invade le strade di Parma con lo stesso spirito festoso del Verdi Off, la rassegna di appuntamenti collaterali a ingresso libero. Grande attesa per il Gala verdiano, il 10 ottobre al Regio di Parma, diretto dall’israeliano Omer Meir Wellber, in occasione del 210° compleanno del compositore. Nell’ambito del programma più generale del Reggio Parma Festival, riflettori puntati su La passione dei possibili una serie di spettacoli cult, iniziative e nuove scoperte della coreografa francese Maguy Marin che, tra le varie date, il 16 dicembre propone al Teatro Ariosto di Reggio Emilia l’anteprima nazionale dello spettacolo Duo D’Eden + Grosse Fugue. S.G. reggioparmafestival.it
UN VARCO NEL
VISIBILE
DAL 15 SETTEMBRE AL 31 OTTOBRE TORNA
PHOTOFESTIVAL, LA RASSEGNA
DEDICATA AGLI SCATTI
D’AUTORE. OLTRE 140
ESPOSIZIONI DIFFUSE
TRA MILANO, MONZA, LECCO E BERGAMO
di Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it
Fasci colorati convergono verso un punto focale che cela il terreno e si spalanca verso il cielo, rovesciando la prospettiva dell’osservatore fino a lasciarlo confuso e ammaliato, preda dell’appel du vide, il richiamo seducente del vuoto. È una delle fotografie vertiginose che il bulgaro Dimitar Harizanov ha scattato dai grattacieli meneghini, su cui si è arrampicato utilizzando delle corde e per cui si è guadagnato il soprannome di Spiderman. La sua mostra Milano colorata, dal 16 al 29 settembre nel Centro civico Giuseppe Verdi di Segrate, è solo una delle 140 esposizioni che compongono la 18esima edizione di Photofestival. La rassegna milanese dedicata alla fotografia d’autore dal 15 settembre al 31 ottobre è diffusa tra oltre cento location tra il centro della città, l’hinterland e alcune località in provincia di Monza, Lecco e Bergamo. Tra le mostre in programma, (In)naturalis di Alice Arcando viene ospitata dal 4 al 18 ottobre nello Spazio Lambrate di Milano e sposa alla perfezione il tema di quest’anno: Aprirsi al mondo, la fotografia come impegno civile. Attraverso alcuni scatti che mettono in mostra l’antropizzazione del territorio e il graduale allontanamento della natura dalla sua forma ancestrale, l’artista sceglie di diventare testimone di una problematica da affrontare nel minor tempo possibile, giocando su contrasti tonali e concettuali.
Una splendida Cameron Diaz, immortalata nel 1993 dal franco-algerino Michel Haddi per Vogue
Hommes , fa invece mostra di sé tra i ritratti delle celebrità in Michel Haddi: Beyond Fashion, dal 19 ottobre al 22 dicembre alla 29 Arts in Progress Gallery. Mentre il Multiverso di Marcello Vigoni, dal 15 al 25 settembre nelle sale di Palazzo Castiglioni, invita a intraprendere un percorso immaginifico capace di sfondare le barriere del visibile e abbracciare i simboli e le metafore che si nascondono nel reale. Ed ecco che dal prato, dagli alberi, dal cielo e dalle nuvole si aprono cassetti di un archivio infinito, colmo di significati talvolta impliciti ma condivisi, altre volte individuali e inafferrabili. Un incoraggiamento a cercare sempre il valore che si cela dietro le immagini e a tutto ciò che gli occhi riescono a percepire.
milanophotofestival.it photofestivalmilano milanophotofestival
SCINTILLE DI
UMANITÀ
FINO AL 29 OTTOBRE, LE FOTO DI CARLOS
SOLITO ESPOSTE A VILLA LAGARINA, IN PROVINCIA
DI TRENTO, RACCONTANO LA QUOTIDIANITÀ DI PERSONE COMUNI.
PER RIFLETTERE
SULLA RELAZIONE CON IL TEMPO
Tra i Sassi di Matera, una ragazza scalza stende su un filo le lenzuola fresche di bucato, mentre a terra, pazienti, le mollette di legno contenute nella piccola cesta di vimini attendono di essere sollevate. A Osini Vecchio, paese fantasma in provincia di Nuoro, un’anziana signora si stringe nella mantella di lana fitta; le mani macchiate dall’età, serrate l’una nell’altra, appena si intravedono. Forse ricorda ancora com’era quella terra prima dell’alluvione del 1951. Sui calanchi di Aliano, in Basilicata, un giovane pastore posa con lo sguardo dritto nell’obiettivo, gli occhi beffardi e il cappello con le falde ben saldo sulla testa, mentre un anziano in costume da bagno sul lungomare di Bari osserva i passanti con gli occhi semichiusi.
Le 34 fotografie in grande formato di Carlos Solito, racchiuse nella mostra Umanità. I volti nel tempo, ideata dal critico d’arte e sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, cercano di tenere traccia del passaggio sulla terra di persone comuni, ritratte nella loro normalità quotidiana, ma allo stesso tempo ne esaltano la straordinarietà delle abitudini. L’esposizione si svolge nell’ambito del progetto Galassia Mart, con cui il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto supporta le attività culturali nella regione, e trova spazio fino al 29 ottobre nella Sala delle botti del Parco Guerrieri Gonzaga di Villa Lagarina (Trento).
Il risultato testimonia come le consuetudini dei singoli possano trasformarsi in tradizioni di intere comunità, ma anche il dialogo costante che gli abitanti dell’Italia intera, da sud a nord, intessono con i territori che li ospitano. Scopo dell’ini-
ziativa è allontanarsi dal soggettivismo contemporaneo attraverso l’incontro con la diversità, fatta di pelli imperfette e dai toni diversi, di capelli arruffati dal vento e sguardi illuminati da una scintilla antica. Ma è anche una profonda
riflessione sulla relazione umana con il tempo, sul tramutarsi dei sorrisi in rughe, solchi sul viso che il pugliese Solito interpreta come righe di un racconto. La cui scrittura non avrà mai fine. carlossolito
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Riservata agli under 30, l’offerta FrecciaYOUNG consente di viaggiare su Frecciarossa e Frecciargento a 19€ e 29€ a seconda della relazione di viaggio. L’offerta è riservata ai soci Carta FRECCIA under 30 ed è valida per viaggiare in Standard e in 2^ classe 3
A/R IN GIORNATA
Promozione per chi parte e torna nello stesso giorno con le Frecce a prezzi fissi, differenziati in base alle relazioni e alla classe o al livello di servizio. Il livello Executive e Salottino sono esclusi. Un modo comodo e conveniente per gli spostamenti di lavoro oppure per visitare le città d’arte senza stress 4
NOTE LEGALI
1. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta non è cumulabile ad altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti.
2. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni.
SENIOR
Riservata agli over 60 titolari di una carta di fidelizzazione Trenitalia, l’offerta consente di risparmiare fino al 50% su tutti i treni nazionali e in tutti i livelli di servizio, ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 5
3. Offerta valida sui treni Frecciarossa e Frecciargento, in 2^ classe e nel livello di servizio Standard. Prevede l’acquisto a prezzi fissi di 19€ e 29€, a seconda della relazione di viaggio. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per le quali è previsto un prezzo Base inferiore ai 38€. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta è a posti limitati che variano in base al treno e al giorno della settimana e non si cumula con altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti, compresa quella prevista per i ragazzi. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
4. Il numero dei posti è limitato e variabile, in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Si può scegliere di effettuare il viaggio di andata in una classe o livello di servizio differente rispetto a quella del viaggio di ritorno. Il rimborso non è consentito, livello Executive e Salottino sono esclusi. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi.
ME&YOU
La promozione consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconti fino al 50% sul prezzo Base su Frecce, Intercity e Intercity Notte. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e i servizi cuccette, VL ed Excelsior 6
5. L’offerta è acquistabile entro le ore 24 del settimo giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la carta di fidelizzazione insieme a un documento d’identità.
INSIEME
Offerta dedicata ai gruppi da 3 a 5 persone per viaggiare con uno sconto fino al 60% sul prezzo Base di Frecce, Intercity e Intercity Notte. La promozione è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 7
6. Offerta a posti limitati e variabili in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile entro le ore 24 del settimo giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
7. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 60% per le Frecce e dal 20% al 60% per gli Intercity e Intercity Notte. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile entro le ore 24 del settimo giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.
MOMENTI DI GUSTO AD ALTA VELOCITÀ
Il FRECCIABistrò ti aspetta per una pausa di gusto. Nel servizio bar, presente su tutti i Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, si possono acquistare deliziosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione che comprende snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, insalate e taglieri, bevande alcoliche e analcoliche. L’offerta prevede anche opzioni vegetariane e gluten free ed è arricchita dalle note di gusto del caffè espresso Illy. Il servizio è previsto anche per i clienti dei treni Eurocity.
PORTALE FRECCE
PORTALEFRECCE.IT
L’INTRATTENIMENTO GRATUITO AD ALTA VELOCITÀ
Grazie ai servizi e ai contenuti del portale FRECCE il viaggio a bordo dei treni Frecciarossa e Frecciargento e nelle sale FRECCIAClub e FRECCIALounge è più piacevole. Per accedere basta collegarsi alla rete WiFi, digitare www.portalefrecce.it o scaricare l’app Portale FRECCE da App Store e Google Play. Ulteriori dettagli, info e condizioni su trenitalia.com
I FILM DI SETTEMBRE
TANTI CONTENUTI PER TE
GIOCHI Azione, sport, logica e tanto altro a disposizione di grandi e dei bambini
EDICOLA DIGITALE Quotidiani e riviste nazionali e internazionali
SERIE E PROGRAMMI TV Una selezione di serie e programmi tv
BAMBINI Cartoni e programmi per i piccoli viaggiatori
PODCAST E AUDIOLIBRI Podcast e audiolibri di vario genere anche per bambini
EffettoVIOLA TM
Innovativa tecnologia audio che aiuta a ridurre lo stress e ritrovare il buonumore
NEWS
Notizie Ansa sui principali fatti quotidiani aggiornate ogni ora
MUSICA Il meglio della musica contemporanea italiana e straniera
CORSI Cura la tua formazione con i corsi audio e video
LIBRI E GUIDE
Circa 200 contenuti tra libri ed estratti di guide turistiche
PODCAST TURISTICI Arricchisci il tuo programma di viaggio con suggerimenti originali e inediti
GOAL COLLECTION Guarda i goal dell’ultimo turno di Coppa Italia Frecciarossa e/o di Seria A Tim
INTERNET WIFI
Connessione a Internet tramite WiFi di bordo
INFO DI VIAGGIO
Informazioni in tempo reale su puntualità, fermate, coincidenze
code
Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.
Cartina aggiornata al 25 agosto 2023
Velocità max 400 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 8 carrozze Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 | WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 500
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze
4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 700
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 497 WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze
Classi 1^ e 2^ | Posti 479 | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA
ETR 1000
SICILIA SENZA TEMPO
DAGLI SCORCI PIÙ SUGGESTIVI DELLA COSTA FINO ALLA VALLE
DEI TEMPLI. SONO TANTE LE MERAVIGLIE DELL’ISOLA DA SCOPRIRE A BORDO DI UN TRENO STORICO
L’estate ha segnato il ritorno dei treni d’epoca in Sicilia. Anche a settembre sono numerosi gli appuntamenti nel calendario turistico di Fondazione FS Italiane, che si affiancano agli eventi classici sui Binari senza tempo. Grazie all’accordo siglato con la Regione, per tutta la seconda parte dell’anno, è possibile percorrere alcune tra le più caratteristiche e affascinanti ferrovie dell’isola, anche in orario pomeridiano per ammirare gli splendidi tramonti che hanno reso famosa la sua costa.
I diversi tipi di treno hanno a disposizione un bagagliaio per il trasporto delle biciclette, così da incentivare l’intermodalità su tutti gli itinerari. I percorsi in programma assicurano una grande varietà di esperienze culturali. Si va dal Treno del Barocco, tra Siracusa e Ragusa, al Treno dei templi, tra Caltanissetta e Porto Empedocle (Agrigento), dove la ferrovia percorre la famosa Valle, uno dei più grandi parchi archeologici del mondo. Scendendo alla fermata Tempio Vulcano, il visitatore può ammirare la maestosità delle colonne doriche risalenti al periodo ellenico. Completano l’offerta il Treno dell’arte, tra Palermo e Tusa (Messina),
Un treno storico percorre la costa tirrenica a poca distanza da Tusa (Messina)
che attraversa i più suggestivi scorci della costa tirrenica, e il Treno del mare e delle civiltà antiche, che dal capoluogo conduce fino a Castelvetrano, all’interno del Parco archeologico di
SAVE THE DATE//TRENI STORICI
SETTEMBRE
Treno del Barocco
Treno del mare e delle civiltà antiche; Treno di Dante
Reggia express
Irpinia express. Il treno del paesaggio
Lario express
Treno dei borghi più belli d’Italia
Selinunte, dove è ancora viva la testimonianza di una delle polis greche più vivaci del Mediterraneo. fondazionefs.it fondazionefsitaliane
Treno storico da Napoli Centrale a Benevento; Porrettana express; Treno storico da Milano a Mantova; Treno Friuli Doc Ferrovia dei Parchi. L’alto Sangro
Treno dei templi
Ferrovia dei Parchi. Altipiani Maggiori d’Abruzzo
Il treno delle Capitali della cultura; Treno tra abbazie, vigneti e colline
Sannio express
Lomellina express; Benvenuta vendemmia; La Ferrovia Subappennina italica; Treno Gusti di frontiera; Treno dell’arte Canelli e le Cattedrali sotterranee; Treno dei fumetti
LA BARBAGIA DI TEX WILLER
La si vede da lontano ergersi come un pinnacolo maestoso prima di arrivare a Seulo, in Barbagia: una torre di roccia chiamata Perda ‘e Liana che vale da sola il viaggio. Emerge da un bosco di lecci come una visione e sembra inafferrabile e lontanissima. Un castello geologico solitario, una metafora degli uomini riservati e a tratti duri di queste parti.
Arrivarci non è facile, come è giusto che sia, perché la Barbagia di Seulo non è un luogo per tutti, isolato lassù, nel cuore della Sardegna, con il massiccio del Gennargentu che incombe. Ma il paesaggio colpisce dritto al cuore, restituendo un’idea di natura
selvaggia che ha pochi paragoni in Italia. Le formazioni rocciose calcaree dalle cime piatte (qui le chiamano tacchi) ricordano le mesas americane e lasciano torri o isolati pinnacoli aspri e selvaggi come quelli di certi deserti d’oltreoceano.
Il disegnatore di origini sarde Aurelio Galleppini (in arte Galep), che ha firmato tutte le copertine di Tex Willer, volle rendere omaggio alla propria terra immortalando Perda ‘e Liana nell’ultima cover da lui realizzata per il numero 400 del fumetto, uscito a febbraio del 1994, un mese prima della sua scomparsa. Molti l’avranno identificato come un paesaggio americano mentre era sardo al 100%.
Il monumento naturale Perda ‘e Liana a Seulo (Sud Sardegna)
CUORI METICCI
Lei è meticciadi profilo si imbizantinisce, lei è turcomanna di fronte e se sorride è una terrona, una oscura fiamma...Lei da ogni lato s’imbellisce meticcia d’amore e di timore meticcia di assenso e di silenzio, lei è fatta di sospiro e fiato mancante - lei porta due popoli o duemila nel sembiante.
Lei è il volto imprendibile della distanza e la speciale inspiegabile vicinanza. Lei è l’archivio e la speranza, l’antico ovile e il vezzo bambinesco al polso di un monile, lei è la meticcia che mi attira e se la chiamo sorride e non si gira...
In questo ritratto di una donna meticcia, il poeta ci offre un disegno amoroso tra ironico e innamorato. E si concentra sulla movimentata ambivalenza della personalità. Il meticciato è una caratteristica che nella nostra epoca sta diventando dominante, per la più facile e a volte anche drammatica mobilità dei popoli. E lo sa bene l’Italia, da sempre terra di invasioni, regni occupanti, incroci di etnie. E dunque questa meticcia ormai d’altri tempi diviene, nello sguardo del poeta, da un lato emblema di un tempo antico e nuovo, ma anche simbolo di quanto abita l’animo degli innamorati.
Un doppio movimento, di slancio e di ritiro, di assenso e di silenzio, di entusiasmo e di timore. E se un tempo agosto era il mese degli amori furtivi, ora, nell’epoca del tutto esposto, tutto condiviso, tutto “socializzato”, tutto appiattito sotto la presunta luce dei diritti e dei contratti, viene quasi nostalgia di ciò che furtivo era, e furtivo rimane in realtà. Perché il segreto profondo custodisce l’amore. I sentimenti sono meticci per natura, non lo è il vero amore, ma i tanti sentimenti che esso suscita, spesso ambivalenti e oscillanti, che rendono la vita un po’ ubriaca, una barca senza nocchiero
nel mare mosso. Cosa meravigliosa, no? Ma esiste forse una vita non meticcia nel sentimento? Quando qualche anno fa pubblicai un libro dal titolo La natura del bastardo l’editore –pur grande e famoso – era perplesso e ostile al titolo. Non avevano capito. Parlavo di natura e di natura umana, non era un titolo biografico. Tutto vive imbastardendosi, meticciandosi. La purezza, quando esiste, è spirituale. La purezza naturale biologica è sogno pericoloso dei folli, la purezza sentimentale ce l’hanno i manichini. Noi abbiamo il cuore abitato dalla dama meticcia.
PRIMA DI SCENDERE
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.itUn uomo ritratto di spalle gioca con una bambina e, sollevandola in aria, la spinge verso il cielo. È un volo breve, che dura pochi secondi, eppure in quel frangente tutto è in equilibrio: gli arti quasi simmetrici disegnano un cerchio, i corpi si staccano ma tra loro non si interrompe il contatto visivo. Lei sorride e lui, anche se possiamo solo immaginarlo, probabilmente ricambia con un’espressione altrettanto divertita.
Lo scatto, apparentemente casuale, è in realtà il frutto dell’attenta osservazione dei gesti che scandiscono il quotidiano. È questa, infatti, la cifra stilistica di Peggy Kleiber, fotografa svizzera protagonista della mostra ospitata al Museo di Roma in Trastevere fino al 15 ottobre. L’esposizione comprende 150 opere, una selezione di stampe vintage originali, album di famiglia e filmati in Super 8 e nasce dal ritrovamento di due valigie contenenti 15mila fotografie scattate tra gli anni ‘50 e ‘90.
Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959-1992) è la prima rassegna in Italia dedicata all’artista e traccia un racconto intimo che unisce le diverse esperienze della sua vita. Dai reportage realizzati durante i viaggi in Italia, in particolare a Roma a partire dai primi anni ‘60, ai ritratti di famiglia che immortalano matrimoni e nascite. Ciò che accomuna tutta la produzione di Kleiber è la ricerca costante dell’impercettibile e del sottile, l’ossessione per le emozioni che attraversano l’essere umano e si manifestano nelle smorfie del viso, nelle pose e nelle movenze. Il risultato è una fotografia sempre viva, in grado di parlare a chiunque voglia mettersi in ascolto. museodiromaintrastevere.it