GENOVA Meravigliosa
Editore
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Direttore Responsabile Giampiero Timossi
Produzione
Massimiliano Lussana
Direzione artistica & Impaginazione
Rolando Cassinari
Stampato da Giuseppe Lang – Arti Grafiche
Via Romairone, 66 - 16163 Genova
Contenuti
Ocean Race. Da Genova al mondo
Intervista a Marco Bucci
"Quest'estate pone le basi per la Genova turistica del futuro"
Intervista all’assessore Marco Scajola. ORIENTA MENTI verso il futuro
Eventi Estate 2023
Vicoli di Genova. La Città Vecchia di De André
La Genova di Colombo. Sarzano e Campopisano
Pronti ad accompagnare lo sviluppo della “Superba”
Intervista a Luigi Zanti / BPER
Flirt estivi e dolce vita a Genova
La Cattedrale, San Lorenzo e il Sacro Catino
Gusti, sapori e piatti tipici
Funicolari e trenini. La città in verticale
Le botteghe storiche
I locali di tradizione
Liguria gourmet
La Lanterna e il Parco Urbano
Il Righi, i laghetti, il Peralto e i forti. La città a piedi
Da Vesima a Capolungo. Il mare in città
Paganini. sulle tracce della prima rock star genovese
Area Expo. Galata, Sottoripa, il mare che non c’era
I Parchi: Parchi di Nervi, Villa Duchessa di Galliera, Villa Durazzo Pallavicini, Villa Serra
Le Antiche vie romane e la via del Sale
Magical Mistery Tour: dalla Albaro di Mary Shelley
al cimitero monumentale più bello del mondo
Genova città museo. 10 capolavori più uno da non perdere
per chi arriva sotto la Lanterna
Ieri “La Superba” e oggi “La Meravigliosa”
ambia l’aggettivo, ma non cambia la grandezza di Genova.
Perché Genova, da sempre, nel mondo, è sinonimo di ponte di collegamento fra culture diverse, di scoperta di nuovi mondi, di apertura al futuro. Ciascuno in modo diverso, da Genova e per Genova sono partiti in molti, alla ricerca di nuovi orizzonti: Garibaldi con i suoi Mille partiti dallo scoglio di Quarto per fare l’Italia; Cristoforo Colombo che nasce qui e poi aprirà una nuova rotta alla scoperta dell’America, anche se il programma iniziale prevedeva un’altra destinazione; Petrarca e le sue parole: "Vedrai una Città Regale, addossata ad una collina alpestre, Superba per Uomini e per Mura, il cui solo aspetto la indica Signora del Mare".
Loro e tanti altri sono salpati per nuove rotte, ideali e metaforiche, ma anche reali e marittime, alla scoperta di nuovi orizzonti, senza mai fermarsi a ciò che era conosciuto, scontato, noto. Genova è città di prime volte: la prima banca, la prima società per azioni, la partecipazione alle crociate, l’invenzione dei jeans, blu di Genova, decine di innovazioni che cambiano la storia della città, dell’Italia e del mondo, non necessariamente in quest’ordine. E, anche recentemente, Genova ieri, oggi e domani è stata crocevia di grandi eventi che hanno cambiato un po’ alla volta il volto della città: le Colombiadi e l’Expo del 1992, il G8 del 2001, la Capitale della Cultura del 2004 e ancora nelle ultime settimane l’Ocean Race, ed è in arrivo l’anno di Genova capitale europea dello sport. E potrei continuare per pagine.
La città negli ultimi cinque anni ha finalmente ri-
trovato la voglia di tornare protagonista, grazie alla visione del sindaco Marco Bucci che ha compreso come in questi anni si gioca la partita per il futuro di Genova. E in questa partita per il futuro c’è dentro tutto: il rinnovamento delle infrastrutture cittadine, ferme da troppo tempo e che avevano isolato la città; la partecipazione e l’organizzazione in prima persona di eventi di importanza mondiale; grandi progetti come la nuova diga, che è l’opera più importante del PNRR in Italia e il nuovo Waterfront di Levante; la nuova sede della facoltà di Ingegneria a Erzelli, che si abbina ai dati che certificano di come, finalmente, l’Università sia tornata eccellenza nazionale e in alcuni campi anche mondiale; i nuovi ospedali cittadini, che ridisegneranno la sanità; il tunnel subportuale….
In una parola, una sola, un progetto di cambiamento. Genova oggi, è sicuramente un cantiere aperto, anche con qualche sopportabile disagio, per realizzare la città del futuro.
Genova la si porta nel cuore e siamo solo all'inizio della trasformazione.
Sono certo che al di là del mugugno dei genovesi - caratteristica talmente insita nella popolazione che i marinai preferivano paghe inferiori pur di avere il diritto di mugugno, rispetto a stipendi più alti ma senza questo diritto - la storia di questa città salirà alla cronaca nel mondo.
Da sempre i turisti la riconoscono come unica. E la copertina che abbiamo scelto per questo numero di “Genova meravigliosa”, con le Frecce Tricolori che salutano l’Amerigo Vespucci, dice proprio questo: che, ancora una volta, da Genova salpa l’Italia. Destinazione mondo.
Di Massimiliano Monti
Ocean Race Da Genova al mondo
Di Anna PodestàIl momento più bello è arrivato al penultimo giorno, quando le Frecce Tricolori hanno salutato con le scie bianca, rossa e verde la nave Vespucci, partita dal porto di Genova come ambasciatrice del Made in Italy nel mondo e simbolo del nostro Paese in tutti i continenti. Simbolo in tutti i sensi, a partire dal ruolo di ambasciatrice della cucina italiana, che il governo Meloni vuol proporre come patrimonio dell'Unesco, e del saper fare che va "da Armani alla Ferrari", come ha spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto, illustrando la scelta di Genova proprio per la capacità di essersi rialzata dopo la caduta del ponte.
Insomma, come ha spiegato quel giorno il Capo di Stato maggiore della Marina Enrico Credendino: "Oggi parte l'Italia, non solo il Vespucci". E il giro del mondo che vedrà la nave scuola della Marina Militare attraversare tre oceani in venti mesi facendo tappa in 28 Paesi del mondo e toccare 31 porti è anche l’immagine di cosa è diventata Genova. Di cosa è tornata ad essere.
In ogni tappa dove si fermerà l’Amerigo Vespucci verrà allestito un "village" – anzi, visto che stiamo parlando di trionfo del tricolore diciamo pure un villaggio - dedicato a tutto quello che ha reso grande l'Italia nel mondo., con sapori, esperienze ed eccellenze italiane. Tutto questo è stato una straordinaria fine per Ocean Race. Che non si è risparmiata niente. A un certo punto sono arrivate anche le orche marine. Che, detto così, fa paurissima. Ma il video, diventato virale in tutto il mondo, ha
raccontato un’altra storia, se possibile una storia di Ocean Race elevata a potenza, perché è una storia di sostenibilità, di natura, di sfida fra l’uomo e il mare, ma sempre nel rispetto della natura e di ciò che ci circonda.
Nelle immagini si vedono le orche che circondano una barca di Ocean Race, che la colpiscono, ma in qualche modo delicatamente, e poi mordicchiano i timoni dell’imbarcazione sott’acqua. Ma tutto questo avviene senza mai panico, nè violazione dei rispettivi spazi.
Sostenibilmente, verrebbe da dire. E mai espressione fu più adatta alla situazione.
O, ancora, i leggeri infortuni in navigazione, gli scontri come nel parcheggio, che anche in questo caso danno un senso epico al tutto.
per la città, che saranno una sorta di secondo tempo di quello che si è visto fino ad oggi a Genova.
Con risvolti di tutti i tipi, da quelli artistici, con i Rolli del Mare, a quelli economici con 75 imprese
E poi anche il ritardo rispetto alle previsioni di arrivo delle barche a Genova o le giornate di bonaccia che hanno reso qualcosa di diverso rispetto al previsto la regata delle Legends: “In mare comanda il vento” ha spiegato il sindaco Marco Bucci e sembra il racconto più semplice e minimalista, ma anche più corretto, per fotografare questa storia.
Insomma, con l'arrivo delle barche, Francesca Clapcich prima italiana a vincere il giro del mondo a vela, le premiazioni e tutti gli eventi collaterali si è conclusa Ocean Race.
Ma, in verità, la storia ricomincia ora dopo la fine di Ocean Race, con i ritorni dei protocolli internazionali a difesa degli oceani e quelli turistici
di tutto il mondo attive nel settore dello sport e negli ambiti collegati (economia del mare, digitale, scienze della vita, salute/benessere ed alimentazione) che hanno partecipato al B2B internazionale “Ocean Race, The Grand Finale”. L’evento è stato realizzato dalla Camera di Commercio di Genova, in collaborazione con il Comune di Genova, Regione Liguria e con il supporto di ITA.
Con numeri importantissimi: dei 75 operatori iscritti, a fronte delle 95 richieste pervenute sulla piattaforma on-line creata appositamente, il 52 per cento è italiano e il 48 per cento estero, rappresentativo di Brasile, Belgio, Danimarca, Stati Uniti, Norvegia, Olanda, Repubblica Ceca, Por-
togallo, Francia, Germania, Slovenia, Regno
Unito, Spagna e Svizzera. Insomma, ben 145 incontri bilaterali, della durata di 20 minuti ciascuno, dai quali si confida possano nascere nuove opportunità di business per le imprese.
L’iniziativa è nata dalla rete della Commissione europea “Enterprise Europe Network” di cui Camera di Commercio di Genova e la sua Azienda Speciale WTC Genoa sono membri, che sta promuovendo un’azione pilota a livello europeo per supportare le imprese europee del settore sport. L’obiettivo è quello di aiutare le imprese locali ad ampliare il proprio mercato, entrando in contatto con potenziali partner internazionali tramite incontri bilaterali d’affari aperti ad imprese, centri di ricerca, poli di innovazione e incubatori.
E, anche stavolta, non finisce qui, perché in queste settimane insieme a Ocean Race è nata anche la Carta dei diritti fondamentali degli oceani che sarà presentata il 18 settembre all’Assemblea generale delle Nazioni unite. Il do-
cumento è il risultato di un lavoro lungo cinque anni durante i quali sono stati coinvolti esperti e governanti di ben 35 Paesi, non solo tramite gli Ocean Summit, ma anche attraverso gli Innovation Workshop, iniziati anch’essi a Genova nel marzo dello scorso anno.
“Portiamo Genova nel mondo: non solo attraverso una competizione sportiva internazionale, ma anche grazie ad un lungo e impegnativo percorso che vede protagonista la protezione degli Oceani - spiega il sindaco di Genova Marco Bucci -. La ricerca scientifica e il patrimonio culturale legato al mare sono alla base del Genova Process e siamo orgogliosi che porti il nome della nostra città. Porterà alla dichiarazione universale dei Diritti dell’Oceano, uno strumento ad oggi indispensabile per sta-
bilire regole condivise da tutti i Paesi e far sì che i nostri oceani possano prosperare. Genova è una città portuale ma prima di tutto di mare, e in quanto tale ci poniamo in prima linea per preservarlo”.
“Ci sono alcuni punti che abbiamo messo come paletti fissi - aggiunge il biologo marino e membro del board del Genova Process Antonio Di Natale -. Intanto questa è una cornice, una dichiarazione dei diritti, che è una cosa molto importante anche per l’uomo stesso, non solo per l’oceano. Una serie di principi che salvaguardano la funzione dell’oceano, una cosa che finora è mancata a livello internazionale. Sembrerebbe una cosa logica e dovrebbe essere la prima cosa da fare, ma non è stato fatto.
Vogliamo salvaguardare il funzionamento fisico e biologico dell’oceano e questo significa salvaguardare il funzionamento delle correnti, le biodiversità e tutto quello che è il mondo dell’oceano sotto tutti i punti di vista. Inclusi i fondali e le collettività che vivono nel e dell’oceano: una cosa che manca in assoluto dal punto di vista internazionale è proprio l’ascolto delle comunità indigene e delle comunità costiere le cui vita dipende strettamente dall’oceano, ancor più della nostra perché la loro sopravvivenza ne dipende quotidianamente. Dobbiamo agire affinché l’oceano continui a vivere anche per loro”.
E proprio tutti questi aspetti, quello artistico con i Rolli, quello del divertimento per i giovani con i concerti in piazza della Vittoria, quello economico con gli incontri degli esponenti dei diversi Paesi propiziati dalla Camera di Commercio, quello ambientale e di sostenibilità con i lavori per arrivare alla dichiarazione universale dei diritti dell’Oceano, mai così importante in era di isole di plastica e di uomo contro il mare, e quello urbanistico con i progressi nella
nascita del nuovo Waterfront di Levante sono i lasciti migliori dell’Ocean Race, al di là dei freddi numeri e delle naturali schermaglie sulla loro analisi.
La notizia, in questa storia, è che si sta riscrivendo il rapporto fra Genova e il suo mare, da un lato “restituito” alla città e dall’altro con la città che si allarga al mare.
Quel mare che, da Genova, porta nave Vespucci e l’Italia nel mondo.
Prosegue il conto alla rovescia verso un intero anno che vedrà i riflettori del mondo, sportivo e non, puntati su Genova. Sarà un 2024 di grandi appuntamenti ed emozioni speciali con eventi di interesse nazionale ed internazionale.
Per la prima volta la città ospiterà i Mondiali di Coastal Rowing endurance e beach sprint con le coste che, da levante a ponente, si trasformeranno nel campo di regata per la sfida di 40 nazioni. Inoltre, sempre riguardo agli sport remieri, identità della nostra città, avremo lo spettacolo del Palio delle Antiche Repubbliche Marinare con il Galeone di Genova che proverà a centrare il tris di vittorie consecutive. Ma non solo. L’Orienteering internazionale arriverà a Genova con la sua Coppa del Mondo, per poi tornare per
i mondiali nel 2026. Il prestigioso torneo di tennis Aon Open Challenger-Memorial Giorgio Messina taglierà il traguardo della ventesima edizione e Genova sarà protagonista degli sport della racchetta anche grazie al padel con un evento di calibro internazionale. Tante altre saranno le discipline presenti nel 2024, dove troverà grande spazio anche lo sport paralimpico.
Genova Capitale Europea dello Sport 2024, però, avrà anche ulteriori obiettivi: il rinnovo e l’implementazione delle infrastrutture sportive nel segno dei fondamentali valori di accessibilità ed inclusione, la promozione dell’attività sportiva intesa a 360 gradi ed il coinvolgimento dei giovani anche attraverso progetti sviluppati in sinergia con le scuole e l’università.
Intervista a Marco Bucci"Quest'estate pone le basi per la Genova turistica del futuro"
Gli istogrammi sul tavolo di Marco Bucci con i dati sul turismo sono tutti in crescita verticale e le curve di salita dei grafici e delle parabole sui dati sono ripide, quelle che al Giro d’Italia o al Tour de France sarebbero classificate oltre il 20 per cento di pendenza, “hors catégorie”, fuori categoria.
La vocazione turistica di Genova cresce in continuazione, abbinata a quella industriale e a quella portuale che sono parte della sua storia e della sua identità, con una ricetta che miscela vari ingredienti: grandi eventi, meraviglie quotidiane e marketing territoriale in grado di richiamare turisti da tutta Europa e dal mondo.
“Mi segua”.
Ma signor sindaco dobbiamo fare l’intervista.
“Mi segua e scendiamo un attimo in via Garibaldi”.
Il tempo di fare lo scalone e ci troviamo in mezzo a una fiumana di persone che attraversa la strada storica davanti a Palazzo Tursi, sede del Comune di Genova.
“Vede? Questa strada è un patrimonio dell’Umanità dell’Unesco e ci sono turisti che, ad occhio, vengono dai Paesi anglosassoni, da quelli del Nord Europa, il francese si sente quasi più del genovese ed è impressionante vedere come sia amata.
Insomma, i Rolli Days - oltre agli ottantamila partecipanti all’ultima edizione, peraltro organizzata benissimo, tutta su prenotazione e senza obbligare i partecipanti a fare code, con un indotto straordinario per la città – ci lasciano qualcos’altro. Ci lasciano turisti che tornano a Genova perché si innamorano della nostra città”.
Insomma, il turismo a Genova sta scrivendo una nuova pagina, completamente diversa.
Non solamente legata ai grandi eventi o ai grandi appuntamenti, ma forte del flusso quotidiano di turisti.
"Io – spiega Bucci - sono favorevole a una gestione manageriale del turismo, per far sì che i turisti vivano esperienze culturali e gastronomiche".
Tutto questo, ovviamente, non va a confliggere con gli eventi, ma anzi si somma ad essi. “Quest’estate Genova sarà un kolossal, a partire dal Gran Finale dell’Ocean Race, che ha richiamato in città tantissimi turisti per assistere all’arrivo della più grande regata al mondo, con cui
Intervista al Sindaco
siamo riusciti a propagandare le nostre bellezze in tutte le tappe precedenti toccate dalla manifestazione in tutto il mondo. Ma il villaggio alla Fiera e al Waterfront di Levante è stato solo la punta dell’iceberg di una serie di eventi che renderà Genova sempre più meravigliosa per i turisti di tutte le età”.
Ed è stato solo l’inizio di una lunga estate di eventi...
“E di turisti, i cui numeri sono in continua crescita a cui vogliamo offrire sempre maggiori esperienze nella nostra città. Il turismo sta cambiando profondamente e c’è una richiesta di turismo esperienziale: ecco, proprio questo è ciò che offriamo a Genova”.
E qui Bucci, come Leporello col catalogo di don Giovanni, sfodera tutte le possibilità offerte da Genova.
“Si ama la gastronomia? Abbiamo straordinarie produzioni tipiche che oggi, con la De.co., sono protette anche dal Comune: dalle trofie al pesto alla farinata, dalle torte salate al pesce declinato in ogni modo, dai pansoti con il sugo di noci alla sacripantina per finire il pasto. E le nostre colline hanno addirittura produzioni di vini tipici in città, come quello, straordinario, che si produce con l’uva dei vigneti di Coronata. Ecco, oltre a mangiare tutto questo sempre più spesso è possibile cimentarsi direttamente nella preparazione di questi cibi e manifestazioni come il Campionato
del mondo di pesto coinvolgono molti turisti, con un numero sempre crescente di iscrizioni. E ovviamente Slow Fish, che abbina i sapori con la parte culturale della pesca, un appuntamento apprezzatissimo che è tornato quest’anno”.
Ma gli appuntamenti per i golosi non sono l’unica esperienza offerta da Genova quest’estate.
“La nostra città – spiega il sindaco – offre appuntamenti che toccano i cinque sensi: del gusto ho detto, così come dell’udito con la musica. La vista si può cibare del panorama e dei tramonti più belli del mondo, dalle nostre spiagge o dalle nostre alture”.
E tatto e odorato?
“Le passeggiate, a piedi e in bicicletta, sulla no-
stra costa e ai nostri forti offrono un’immersione naturalistica straordinaria. E tutto questo diventerà ancora più bello e unico al mondo con la realizzazione della funivia fra la Stazione Marittima e i Forti che in pochi minuti permetterà di passare dal mare in cima alla montagna. Genova si conferma la città migliore possibile anche per gli appassionati di trekking e per i bikers”.
Insomma, il menù di Marco Bucci per Genova tocca molti settori. E, questa volta da assessore alla Cultura prima ancora che da sindaco, il primo cittadino di Genova offre ulteriori petali del suo bouquet estivo.
“Puntiamo moltissimo sulla cultura, che si sta dimostrando sempre più un elemento di richiamo per i turisti che vengono a Genova e scoprono una città che offre loro centinaia di appuntamenti ed eventi. Dei Rolli e del richiamo anche al di fuori dalle date canoniche vi ho detto, ma vi ricordo che quest’anno Genova ha vinto il titolo di Capitale italiana del libro e, nell’ambito di questo premio, proporremo in tutta la città, dal centro alle biblioteche delle delegazioni, che io considero tanti centri della nostra città e non certo periferie, centinaia di appuntamenti con scrittori, critici, appassionati di letteratura, mostre e moltissimi eventi che stanno già portando in città gli appassionati di libri da tutta Italia”.
Mica finita. Perché... “Perchè a Palazzo Ducale è possibile passare cinque minuti a tu per tu con Van Gogh che, dopo il successo dell’analoga esperienza con le Ninfee di Monet, propone il “Paesaggio con covoni e luna nascente” con un’espe-
rienza di immersione totale che aiuta anche a capire meglio la personalità del grande artista”.
E poi, e poi, e poi. “L’offerta culturale per i turisti è diffusa in tutta la città. Si va dalla mostra di Bansky ospitata nella suggestiva cornice delle ex biglietterie della
Intervista al Sindaco
tato uno dei festival di maggior successo in Italia. Pensi, il fondale naturale, dietro il palco, è fatto dal mare, dal sole con cui si iniziano le serate con il tramonto, e poi dalla luna, dalle lampare, dalle navi da crociera che solcano il nostro mare. E per i più giovani lo stesso scenario, con i traghetti che sembrano quasi toccare il palco: l’Arena del Mare del Porto Antico praticamente ogni sera offre un concerto o un appuntamento di grande livello. Insomma, a Genova c’è tutto….”.
NERVI MUSIC BALLET FESTIVAL 2023
stazione di Genova Piazza Principe, che rendono le opere dell’artista ancora più “immerse” nell’habitat metropolitano in cui sono state concepite, alle rappresentazioni estive del Teatro Nazionale di Davide Livermore che trasformano le piazze e i parchi della città, da San Lorenzo all’Acquasola, in teatri all’aperto, fino alla nuova edizione del “Nervi Music Ballet Festival”, organizzato in collaborazione con il Carlo Felice”.
Qui, gli occhi di Marco Bucci si illuminano. “Da Voltri a Nervi abbiamo puntato moltissimo sui nostri parchi, veri e propri gioielli che vivono anche di iniziative, di teatro, di rappresentazioni, di visite guidate, di botanica e tantissimo altro. Da Villa Duchessa di Galliera a Villa Pallavicini a Pegli, da Villa Serra in Valpolcevera, a Comago, che è un gioiello della nostra vallata che non ha nulla da invidiare ai giardini londinesi, fino ai Parchi di Nervi. E proprio nei Parchi di Nervi, che tantissimi hanno imparato ad amare grazie ad Euroflora, da qualche stagione, senza fermarci nemmeno negli anni del Covid, abbiamo ripreso ad organizzare un Festival che riprende la grande tradizione del Festival internazionale del Balletto di Mario Porcile e propone balletti, musica classica, musica pop e teatro in quello che è diven-
Sabato 17 e Domenica 18 giugno: il Nervi Music Ballet Festival 2023 ospita "Il Sogno di Nervi. Memorial del Festival internazionale del balletto".
Mercoledì 28 giugno: "Rumore Raffaella Carrà Dance Tribute".
Domenica 2 luglio: lo spettacolo inaugurale: “Soirée Rachmaninoff".
Mercoledì 8 luglio: il gala dello "Youth America Grand Prix Stars of Today meet the Stars of Tomorrow".
Mercoledì 12 luglio: "LA NONA (dal caos, il corpo)".
Sabato 15 luglio: "Shine Pink Floyd Moon".
Martedì 18 luglio: "Tao Dance Ballet".
Giovedì 27 luglio: il gala cult dell’“Étoile dei due Mondi”, Roberto Bolle and Friends.
Sabato 29 luglio: "Una noche con Sergio Bernal".
Lunedì 31 luglio: "Notre Dame de Paris. Numerosi gli appuntamenti concertistici.
A questo punto Bucci prende fiato e sta per ripartire con una nuova raffica di appuntamenti e di cose da fare a Genova quest’estate. Ma, per evitare la deforestazione dell’Amazzonia con un articolo che durerebbe altre decine di pagine, vi lascio a questo numero di “Genova Meravigliosa” per scoprire tutto quello che offre Genova quest’estate.
Sul tavolo dell’assessore alla Formazione di Regione Liguria Marco Scajola c’è un tabulato che è una specie di domino. E sono tutti gli eventi della Regione “griffati” “Orientamenti”, un brand sempre più forte e che identifica sempre di più il meglio degli appuntamenti liguri per i giovani, dai laboratori per i più piccoli agli incontri con i cantautori nelle scuole agli scontri di parole fra rapper e cabarettisti. Insomma, dove c’è un’attività regionale c’è “Orientamenti”.
Assessore Scajola, “Orientamenti” ha cambiato pelle? Dobbiamo dimenticarci il classico Salone della Formazione di novembre?
“Ovviamente l’evento di novembre rimane, ma Orientamenti non può e non deve essere solo questo, ma vive tutto l’anno, 365 giorni all’anno con iniziative diverse su tutto il territorio”.
ORIENTA MENTI verso il futuro
Intervista all’assessore Marco Scajola
E’ la volontà di dare continuità a un marchio di successo che avete imposto?
“Noi vogliamo intercettare i giovani e accompagnarli in un percorso di crescita, di approfondimento, di formazione nella fase di avviamento professionale. Il nostro compito non è quello di dire ai ragazzi cosa devono o non devono fare, ma innanzitutto ascoltarli. Spesso non si sa cosa vogliono, cosa pensano, da qui occorre partire”.
“Ascoltare” è una parola bellissima, ma inconsueta per la politica. Sa che lei è uno dei primissimi intervistati a usare questo verbo?
“Proprio questo è ciò che ci porta ad incontrare i ragazzi dove gradiscono essere incontrati, dove si respira la loro aria, dove si capisce cosa sentono, cosa pensano, cosa desiderano, al di là dei soliti luoghi comuni sui giovani. Il nostro compito, ribadisco, è quello di incontrarli, ascoltarli e diventare loro riferimenti intellettuali”.
“Vaste programme” direbbe il generale De Gaulle. Ma i vostri critici dicono che avete trasformato “Orientamenti” in una passerella con ospiti vip. La parola alla difesa.
“La scelta di personaggi graditi dai ragazzi va
proprio nella direzione che spiegavo, cioè la possibilità di poter parlare a persone riconosciute nei diversi ambiti. Il nostro impegno è quello di raccontare anche modelli positivi, di chi ce l’ha fatta e si mette a disposizione raccontando il suo impegno, non solo ciò che non va”.
Come li trovate questi ragazzi?
“Li vediamo in una fase storica difficile, con problemi di criticità sociali, psicologiche, relazionali dopo la pandemia. E “Orientamenti” e tutti i suoi appuntamenti portano modelli positivi permettendo ai ragazzi di conoscere mondi”.
E il vostro scopo è quello di portarli a destinazione? Dove?
“Direi che il verbo giusto è accompagnarli, a me piace molto la metafora della guida alpina che ti aiuta ad arrivare in cima alla montagna, ma le gambe con cui ci arrivi, le energie, le forze sono le tue. Ecco, in qualche modo, il lavoro di “Orientamenti” è questo: noi non dobbiamo condizionare i giovani, non dobbiamo trasferire su di loro le nostre volontà e i nostri desideri, non mettere loro addosso preoccupazioni ed ansie, ma aiutarli a scoprire le loro potenzialità”.
Come le trova queste potenzialità?
“A mio parere questa generazione ha potenzialità straordinarie, sa usare gli strumenti tecnologici e tutti gli appuntamenti di Orientamenti non hanno lo scopo di influenzarli, di condizionarli, ma di aiutare la loro sensibilità e le loro scoperte.
E questo vero e proprio modello di formazione li-
Marco Scajolagure è sempre più apprezzato anche fuori Liguria”.
Quali sono i piatti forti di Orientamenti Summer? E altri modi in cui avete realizzato ciò che ha raccontato fino ad ora?
“Certamente l’esperienza dei rapper contrapposti ai cabarettisti è stata un grande successo perché, come spiegavo, siamo andati ad incontrare i ragazzi sulla loro cultura. Non dobbiamo parlare con discorsi ed esperienze paludate, ma trovarli sul territorio e nel modo che preferiscono. E in questo caso si incontrano due grandi scuole: quella della comicità genovese e quello della musica, la vecchia scuola di Gino Paoli, De Andrè e dei grandi cantautori, ma anche la nuova scuola che sta scrivendo in Italia la storia del rap”.
Anche “Cantautori nelle scuole” ha avuto un’evoluzione in questo senso. Prima c’erano semplicemente i racconti degli stessi cantautori, ora invece vi concentrate sui mestieri della musica. Come funziona?
“Vogliamo raccontare ai ragazzi tutto quello che c’è dietro il palcoscenico, tutti i mestieri della musica: produttori, fonici, addetti alle luci, al palco, e tutto ciò che è vera e propria professione legata alla musica, nella quale la nostra regione ha una straordinaria tradizione. Si pensi semplicemente
al Festival di Sanremo, probabilmente la manifestazione musicale più importante al mondo”.
Pensate anche a un ITS, cioè una scuola specificamente dedicata proprio a queste professioni?
“Potrebbe essere l’approdo di questo viaggio che è proprio un esempio pratico della mentalità che c’è dietro ad Orientamenti”.
Altre portate del menù targato Orientamenti?
Siete andati anche per mare.
“A bordo della nave Excellent si sono imbarcati 200 studenti, di cui 150 provenienti dagli Istituti Nautici, Alberghieri e Turistici della Liguria e 50 provenienti da quattro Istituti Italiani delle regioni Calabria, Lombardia, Piemonte e Toscana e da due istituti esteri da Francia e Lituania, per partecipare alla X edizione di SailOr, un progetto avviato nel 2013 nell’ambito del sistema ‘Orientamenti’ della Regione Liguria per mostrare ai giovani i mestieri del mare”.
Non vi fate mancare niente, nemmeno le gare musicali e lo sport.
“Sì, siamo stati con i nostri stand alla Festa dello Sport del Porto Antico e alla tradizionale serata di Genvision, il talent show che coinvolge gli istituti scolastici liguri”.
E “Orientamenti summer” in cosa consiste? Lo scorso anno i vostri stand erano anche al Jova beach party di Albenga e al Festival agli Erzelli. A che target vi rivolgete quest’estate?
“Anche ai giovani e ai giovanissimi: saremo nelle quattro province e nella quinta, il Tigullio, a Chiavari, saremo con attività laboratoriali, in stretta collaborazione con le Forze dell’Ordine, con i Vigili del Fuoco e con tante realtà che collaboreranno con noi per giochi e attività differenziate per i giovani dai cinque ai vent’anni, coinvolgendo ad esempio anche le associazioni di artigiani, i centri estivi, le scuole. Insomma, Orientamenti riguarda ogni aspetto del nostro lavoro ed è l’ennesimo appuntamento della grande estate di Regione Liguria, per residenti e turisti”.
Eventi estate 2023
La Città Vecchia di De André
Via del Campo è una tappa obbligata per chi viene a Genova, soprattutto se si è rimasti folgorati dalla poesia di Fabrizio De Andrè. “Nel 2022 abbiamo avuto oltre 50mila visitatori, del resto questi erano i numeri anche prima della sosta obbligata per il Covid”, dice con orgoglio
Vicoli di GenovaLaura Monferdini che è la direttrice di Via del campo 29Rosso, lo spazio-museo del Comune di Genova, gestito dal 2012 dalla Cooperativa Solidarietà e Lavoro, dedicato alla "scuola genovese" dei cantautori ed in particolare a Faber. Nell'ex negozio di dischi del mitico Gianni Tassio, ora per l'appunto adibito a museo, si possono ammirare dischi in vinile originali, memorabilia dell'artista e la leggendaria Esteve '97 appartenuta a Fabrizio e vinta all'asta dal comitato di via del Campo con un'offerta di 168 milioni e 500 mila lire.
Un'interessante visita guidata denominata "La Genova di Faber" (costo 10 euro, solo su prenotazione al numero 3208809621 oppure via mail a info@viadelcampo29rosso.com) parte proprio dal 29 rosso di Via del Campo, organizzato dal Museo e con, in veste di cicerone, Laura Monferdini pronta a regalare citazioni storiche, ma anche aneddoti e curiosità. E' un itinerario che si snoda nei luoghi della Città Vecchia, quella “dove
il sole del buon Dio non dà i suoi raggi”.
Seguendo le tracce delle canzoni di Faber dello straordinario album Creuza de ma, si effettua una passeggiata affascinante, che proietta i partecipanti nell'atmosfera mediterranea di Genova e dei suoi caratteristici caruggi, con uno sguardo sempre rivolto al mare.
Si va così alla scoperta di bellezze spesso nascoste agli stessi genovesi. Se tutto parla di Fabrizio De Andrè, non va dimenticato che la via diventata famosa perché c'è “una graziosa gli occhi grandi colore di foglia”, ha anche tre Palazzi dei Rolli, uno dei quali sta per trasformarsi in un Bed &
Brekfast a 5 stelle con 14 suites di lusso.
La prima tappa è al Ghetto dove nel 1400 trovarono rifugio gli ebrei espulsi dalla Spagna. In Vico del Campo si trovano ancora tre mensole di marmo dove venivano issati i crocefissi davanti ai quali gli ebrei si dovevano inginocchiare prima di uscire dal Ghetto che, nel 1660, fu recintato per evitare che venissero a contatto con i cristiani. La piazza che per anni ha mostrato le ferite dei bombardamenti inglesi e che era stata soprannominata “la piazza senza nome”, una volta sgombrata dai detriti,
La Genova di De André
venne rinominata piazza Princesa. Questa era e resta tuttora la zona dei transgender, proprio come Princesa, che dopo mille peripezie arrivò a Genova e fu accolta dalla comunità di Don Gallo che aveva insistito perché tutte loro si riunissero in un'associazione. E a lei Fabrizio ha dedicato una delle sue canzoni più belle. Da qualche anno il Comune di Genova ha intitolato la piazza a Don Gallo. Faber e il Gallo: il poeta degli ultimi ed il prete di strada.
Al civico 5 di Via del Campo c'è un portoncino che immette in un palazzo molto umile che era per lo più abitato dalle graziose. Qui Fabrizio lungo le scale si imbatté in un suo professore del liceo Colombo che gli dava regolarmente due, ma i voti del giovane De Andrè improvvisamente cambiarono (ovviamente in meglio) grazie a quell'incontro che è raccontato nella Città Vecchia: “Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone, forse quella sola che ti può dare una lezione”.
forse quella sola che ti può dare una lezione”. La Colonna Infame è un'altra tappa obbligata in Via del Campo. Giulio Cesare Vachero, signore della zona, ebbe la brutta idea di congiurare ai danni della Repubblica di Genova a favore dei Savoia. Era il 1628, gli fu tagliata la testa e la sua casa venne rasa al suolo, tanto che ancora oggi c'è un buco tra le fitte abitazioni che si susseguono nella via. Una colonna, per l'appunto infame, fu posta ad imperitura memoria. I discendenti di Vachero costruirono una fontana per coprirla alla vista dei passanti e nascondere in qualche modo l'onta. Sul muro dell'abitazione a fianco della colonna era stato scritto con la vernice nera un verso de La mia ora di libertà, scritta da Faber nel 1973: “Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sap-
piamo che è un delitto il non rubare quando si ha ha fame”. Era lì da più di dieci anni, una sorta di manifesto di inclusione e tolleranza da parte della gente del Centro Storico. Ma, qualche mese fa, un anonimo benpensante ha deciso di passarci sopra una mano di pittura.
Tra vico Cicala e piazza San Pancrazio troviamo la casa di Vincenzo Cicala: suo figlio Scipione ha ispirato la famosa Sinàn Capudàn Pascià, contenuta nell'album Creuza de Ma.
Si chiama “Via al mare Fabrizio De Andrè" e costeggia l'Acquario. Come un molo sul mare, fu inaugurata nella zona del Porto Antico, riqualificato per le Colombiadi, quando sindaco era Beppe Pericu. Proprio a due passi dalla Città Vecchia, Faber avrebbe voluto comprare casa per tornare ad avere un punto d'appoggio a Genova, ma purtroppo fu un progetto che non riuscì a coronare.
Piazza Banchi con la Loggia dei Mercanti era il centro degli affari dell'antica Genova, una sorta di City londinese. E lì lavora il protagonista di un'altra celebre canzoni di De Andrè: A Pittima.
Nell'antica Genova era colui il quale aveva il compito di riscuotere i crediti.
Imboccando Canneto il Curto e risalendo per via San Bernardo si arriva a Stradone Sant'Agostino dove al primo piano, all'inizio degli anni 60, De Andrè abitò insieme all'anarchico Riccardo Man-
nerini. Una collaborazione che fu preziosa per comporre l’album Tutti morimmo a stento. Ultima tappa in vico dei Castagna 4, proprio dietro piazza delle Erbe, dove si trovava una frequentatissima casa di tolleranza. Qui entra in gioco un altro straordinario protagonista della scuola dei cantautori genovesi. Sì, perché il mitico
La Genova di De André
soffitto viola de Il Cielo in una stanza di Gino Paoli era in quello che era il più famoso casino di Genova. Del resto, lo stesso autore non l'ha mai nascosto: “Quella canzone era per una puttana della quale mi ero innamorato, perché a quei tempi le ragazze non te la davano. E poi chi ha detto che non si può amare una puttana?”.
Il jeans: un capo iconico, presente in tutti i guardaroba e nell’immaginario collettivo. Oltre le frontiere e le differenze, ha iniziato una rivoluzione, che parla di sostenibilità nella vita di ogni giorno. Genova, la città dove è nato il jeans, parte dalle sue radici per farsi portavoce di nuovi valori: creatività, tecnologia e produzione responsabile del jeans del futuro. Con questo intento è nata GenovaJeans, iniziativa di nuova generazione, ideata da Manuela Arata e organizzata dal Comune di Genova, dedicata alla cultura e al lifestyle del jeans, che parla di bellezza, innovazione, responsabilità sociale ed etica. Quattro giorni, dal 5 all’8 ottobre 2023, in cui si darà visibilità al jeans del futuro, capace di unire tutta la catena della produzione e del valore fino al coinvolgimento del consumatore, dando vita a una jeans community inclusiva.
GenovaJeans Jeans Means Values
La Genova di Colombo Sarzano e Campopisano
Dov'è nato Cristoforo Colombo? Circolano le ipotesi più disparate: Cogoleto, Terrarossa Colombo (frazione di Moconesi), Chiusanico in provincia di Imperia, Cuccaro Monferrato, Savona, Albisola Marina, Bettola nel piacentino e persino Sanluri nel sud della Sardegna.
E c'è anche chi sostiene che sia nato in Spagna, in Portogallo e in Polonia, addirittura figlio del re Ladislao III.
Ma la verità storica è che Cristoforo Colombo è nato a Genova nel 1451 in un giorno non meglio precisato tra il 26 agosto ed il 31 ottobre.
La casa di Colombo, in Vico Drito Pontexello, ogni anno è meta di migliaia di turisti richiamati dal mito del navigatore che nel 1492 sconvolse il mondo scoprendo l'America. L'occasione, però, dà poi anche la possibilità di varcare Porta Soprana e addentrarsi nel magico mondo di uno dei centri storici medievali più estesi d’Europa e con la maggiore densità abitativa.
Colombo era nato in vico dell'Olivella, si trasferì nell'abitazione appena fuori le Mura del Barbarossa quando aveva quattro anni e vi rimase sino ai diciannove.
L'attuale struttura è ciò che rimane della ricostruzione, risalente al XVII secolo, dell’originale edificio medievale. La casa infatti andò distrutta durante il bombardamento da parte della flotta francese di Luigi XIV.
Era un edificio che si sviluppava su tre livelli: il piano terra era adibito a bottega del padre, Domenico Colombo, che si occupava di tessitura della lana, ma che arrotondava vendendo vino e generi alimentari, mentre ai piani superiori si trovava l’abitazione della famiglia. Nel 1887 il Comune di Genova acquistò l'edificio e sulla facciata principale viene affissa una lapide scritta in latino: “Nessuna casa è più degna di considerazione di questa in cui Cristoforo Colombo trascorse, tra le mura paterne, la prima gioventù”.
Poi nel 1900 Genova cambiò il suo volto con la costruzione del nuovo centro cittadino (piazza De Ferrari, via XX Settembre, il grattacielo di piazza Dante).
La casa di Colombo fu l'unica a salvarsi, ma la costruzione della Banca d'Italia, al posto della chiesa monastica di Sant’Andrea, si portò via i piani superiori che si poggiavano sulle case confinanti. E lo splendido chiostro, pietra dopo pietra, fu spostato proprio a fianco della casa di Colombo e resta l'unica testimonianza di quella che era la Chiesa di Sant'Andrea.
La casa, molto modesta al suo interno, si può visitare grazie all'Associazione Culturale Porta Soprana. La magia che emana l'umile dimora dell'uomo che ha cambiato il mondo, contagiò persino Cassius Clay, forse il pugile più famoso della storia, che era già diventato Muhammad Alì e dunque non avrebbe certo dovuto essere affascinato dal primo simbolo dei conquistadores della storia, grande ma controverso personaggio.
Eppure, quando venne a Genova per un match di esibizione in occasione della difesa del titolo mondiale da parte di Bruno Arcari con Barrea Corpas, salì anche lui la piccola rampa di Pontixello. Pantaloni blu attillati, casacca a fiori e stivaletti posò all'esterno della casa dello scopritore dell'America insieme al suo manager Angelo Dundee.
Il turista, per quanto frettoloso possa essere, dopo aver visitato la casa di Colombo non può
non entrare nella città vecchia attraverso Porta Soprana, varcando le mura costruite dai genovesi fra il 1155 e il 1158, a difesa di un possibile attacco da parte delle truppe di Federico Barbarossa e per questo appunto denominate “mura del Barbarossa” .
Porta Soprana, perché si trovava in posizione sopraelevata rispetto alla città, o che dir si voglia Porta di Sant'Andrea perché dominava il colle di Sant'Andrea, è a due torri, che nell'ottocento vennero adibite a prigioni. Una lunga epigrafe, sul muro dell’arco d’ingresso, rivolgendosi a chi sta per entrare, spiega come già nel Medioevo i genovesi erano abituati ad accogliere i foresti: "Sono sorvegliata da soldati, circondata da splendide mura e scaccio lontano con il mio valore i dardi nemici. Se porti pace, accostati pure a queste porte, se cerchi guerra, triste e battuto ti ritirerai".
Passate la mura e svoltando a sinistra si imbocca via Ravecca (letteralmente rua vecchia,
La Genova di Colombo
strada vecchia) che congiunge il piano di Sant'Andrea a piazza Sarzano, correndo parallela alle mura del Barbarossa. Nelle facciate dei palazzi più antichi si trovano alcune delle tradizionali edicole votive presenti in tutto il centro storico.
E' un vicolo colorato e rumoroso, pieno di botteghe, taverne e ristoranti. Ravecca si è salvata, ma una serie di salite e caruggi a levante, densi di abitazioni, nel 1973 vennero sacrificati per far posto ai grattacieli del centro direzionale di via Madre di Dio. Le ruspe non risparmiarono nemmeno la casa del grande violinista Niccolò Paganini. E tra Ravecca e Sarzano i genovesi hanno affisso una lapide in modo che non si dimentichi lo sfregio perpetrato sulla città vecchia dai piani urbanistici del secondo dopoguerra: “A vergogna dei viventi e a monito dei venturi come usava ai tempi della gloriosa Repubblica di Genova, dedichiamo questa colonna infame all'avidità degli speculatori”.
Sarzano in epoca medievale era l'unica piazza entro le mura della città. Era un enorme campo dove si svolgevano mercati, tornei cavallereschi e le processioni delle Casacce. Iniziò a prendere forma intorno alla metà del XII secolo quando un religioso della congregazione di San Rufo ottenne dai consoli di Genova quattordici tavole di terra per costruire la chiesa di San Salvatore, sconsacrata dopo i gravi danni subiti nel corso della Seconda Guerra Mondiale ed ora aula magna della vicina Facoltà di Architettura. Un piccolo gioiello è l'Oratorio di Sant'Antonio Abate, conosciuto anche come oratorio di Sarzano. Sul lato nord della piazza troviamo il grande convento di Sant'Agostino che è stato trasformato in un museo dedicato all'arte ligure tra il decimo e il diciottesimo secolo. Sul lato di levante della piazza troviamo un chiosco sormontato da un busto, alto un metro, di Giano bifronte. Il nome Sarzano, infatti, deriverebbe da Arx Jani, ovvero la Rocca di Giano. Secondo la leggenda, Genova sarebbe stata fondata proprio da Giano che era sbarcato nella
sottostante insenatura, poi denominata “Seno di Giano” ed attualmente interrata. E da Sarzano non si può non fare una brevissima deviazione, attraverso una suggestiva mattonata, su Campopisano. Una piazza dalla forma irregolare con le case color pastello e il selciato rifatto nel 1992 in occasione delle Co-
lombiadi, ispirandosi fedelmente all'originale: ciottoli di mare bianchi e grigi tipici del medioevo (in genovese risseu). Dopo la battaglia delle Meloria in cui venne sconfi tta Pisa, migliaia di nemici vennero fatti prigionieri e poi seppelliti per l'appunto in quello che ancora oggi si chiama Campopisano.
Pronti ad accompagnare lo sviluppo
della "Superba"
Intervista a Luigi Zanti
Responsabile Direzione Territoriale Liguria
Incaricato di gestire un'eredità importante, il patrimonio di relazioni e rapporti che Banca Carige aveva in Liguria, Luigi Zanti è approdato a Genova il 28 novembre 2022 per guidare la rete di oltre 140 sportelli che il terzo gruppo bancario italiano ha acquisito in regione. Carpigiano, da sempre in BPER Banca, con una lunga esperienza maturata sul campo in diverse regioni d'Italia, l'ultima alla guida della Direzione Territoriale di Roma, Zanti è un manager esperto di territorio, capace di individuarne le potenzialità, accompagnarne lo sviluppo e gestirne le criticità.
Dottor Zanti qual è la sua impressione dopo i suoi primi sette mesi in Liguria?
Una regione affascinante ed una città, come recita il titolo della vostra rivista, “meravigliosa”. Questo territorio è uno scrigno di bellezze che a lungo sono state forse un po’ nascoste ma che ora si stanno svelando sempre più al grande pubblico. Non è un caso che il turismo sia una delle voci in crescita costante sia in città che nelle Riviere. In ciò va dato merito alle Amministrazioni per l’attività di promozione territoriale, uno sforzo che ha iniziato a dare i suoi frutti e che ha portato investimenti nel settore alberghiero e nell’immobiliare nonostante alcuni problemi siano ancora da risolvere.
Sta parlando delle infrastrutture?
Naturalmente. E’ un paradosso per la più importante area portuale del Mediterraneo ma la città e la regione soffrono per una carenza cronica di collegamenti. Questo grande cantiere, grazie anche ai fondi del PNRR, è in moto da tempo ma è ovvio che i tempi di realizzazione di opere così imponenti non possono essere brevissimi. Nell’attesa dell’alta velocità e della fine dei cantieri autostradali - ma non dimentichiamo la nuova diga
foranea, una grande opera di avanguardia - la città si sta però muovendo.
In quali settori?
In diversi ambiti tanto che la recente ricerca di Banca d’Italia sull’economia ligure evidenzia come quattro imprese su cinque abbiano chiuso il 2022 in utile. Ho citato il turismo e la ripresa del dinamismo nell’immobiliare ma crescono pure le esportazioni, la cantieristica ha avuto ottimi risultati e si affermano delle eccellenze nel settore delle tecnologie avanzate, dalla cybersecurity, alle biotecnologie, alla robotica.
Quali sono allora i prossimi appuntamenti per l’economia locale?
La grande apertura verso l’esterno di cui beneficerà la Liguria, grazie alle infrastrutture che si stanno realizzando, porrà le nostre imprese, soprattutto le medio piccole, di fronte ad alcune sfide necessarie per cogliere queste opportunità. Un’economia aperta è un’economia più ricca ma più competitiva. Ed oggi si compete sulla qualità, per cui è necessario investire in innovazione e in sostenibilità, e si compete sulla base di una conoscenza approfondita dei mercati. I liguri hanno una storia che testimonia una cultura imprenditoriale capace di cogliere queste novità. BPER Banca ha competenze consolidate nell’accompagnare le imprese che desiderano aprirsi all’internazionalizzazione dei mercati, allo sviluppo nella sostenibilità, ad investimenti che consolidino la competitività ed anche verso modalità di governance che consolidano le strutture patrimoniali dell’azienda. Come dichiariamo nella nostra campagna BPER è una banca dove tutto può iniziare e con le imprese liguri vogliamo ogni giorno iniziare nuove storie di successo.
Flirt estivi e dolce vita a Genova
Di Gessi AdamoliA Portofino non poteva mancare l'obiettivo di Francesco Leoni, sempre attento e presente ma anche estremamente discreto. Insomma, niente a che vedere con l'invadenza dei paparazzi che nello stesso periodo imperversavano a Roma nella via Veneto della Dolce Vita. E chi volesse rivivere la suggestioni di quegli anni potrà piacevolmente perdersi nello sterminato archivio Leoni, messo a di-
found my love in Portofino, quei baci più non scorderò. Non è più triste il mio cammino, a Portofino I found my love”.
I grandi amori, che spesso duravano una sola estate, ispirarono perfino una canzone, la famosissima Love in Portofino, che venne definita “una pietra miliare della cultura del night”. Fu scritta nel 1958 da Leo Chiosso e da Fred Buscaglione che fu anche il primo a cantarla, ma al grande pubblico arrivò con Johnny Dorelli. Successivamente fu proposta anche in francese da Dalida e divenne un successo internazionale.
sposizione del pubblico al Museo del Mare grazie alla Fondazione Paolo e Giuliana Clerici .
Portofino è una bomboniera, anche grazie all'attenzione che il sindaco Matteo Viacava dedica anche ai minimi particolari. A scoprire per primo quello che, fino agli anni Cinquanta, era un semplice villaggio di pescatori è stato l'attore Rex Harrison, che insieme alla moglie Lilli Palmer aveva acquistato una villa favolosa. E Portofino
si è immediatamente illuminata grazie alla visita di tante stelle, diventando il punto di ritrovo preferito del jet set.
Tanti personaggi famosi, adesso si chiamerebbero vip, hanno trascorso serate indimenticabili a Portofino da Clark Gable a Ingrid Bergman alla diva dell'opera Maria Callas.
Quella tra il celebre soprano Maria Callas ed il miliardario Aristotele Onassis fu una storia di un
amore travolgente e doloroso. La loro unione dette subito adito alle polemiche, sia per la loro situazione coniugale - entrambi erano sposatisia per la differenza d’età, lei aveva 36 anni, lui 53. Onassis tenne la Callas lontano dalle scene e le promise un matrimonio che poi non le concesse mai. Non solo si rifiutò di regolarizzare la loro unione, ma nel 1968 sposò Jacqueline Kennedy, vedova del presidente degli Stati Uniti as-
sassinato a Dallas.
La storia tra Onassis e Maria Callas durò dieci anni e in quel periodo intenso, ma anche molto travagliato, pieno di gelosie, litigi e tradimenti, capitò spesso che lo yacht dell'armatore greco facesse rotta su Portofino. Altra storia d'amore travagliata e che infiammò i rotocalchi dell'epoca fu quella tra Soraya e lo Scià di Persia. E la principessa scelse proprio Portofino per consolarsi dopo essere stata ripudiata. Quando Reza Palhavi e Soraya Esfandiyari Bakhtiyari, di professione attrice, si erano sposati, lei aveva appena 19 anni. Poco prima delle nozze Soraya aveva contratto il tifo, e durante la convalescenza lo Scià le faceva recapitare un gioiello al giorno per consolarla. Ma le nozze furono piene di presagi negativi: la sposa svenne tre volte a causa dell'abito firmato Dior che pesava venti chili, adornato da oltre seimila diamanti e ventimila piume. Il matrimonio durò sette anni, lo Scià la ripudiò dopo che fu evidente che non avrebbe potuto concepire figli. Nemmeno la magia di Portofino riuscì a ridare il sorriso a Soraya che tornò a fare l'attrice e fu per sempre soprannominata la “principessa triste”. Elizabeth Rosemond Taylor, più semplicemente conosciuta con Liz, tra gli anni Cinquanta e Settanta fu l'attrice più pagata di Hollywood, vinse due premi Oscar (“Venere in visone” nel 1961 e “Chi ha paura di Virginia Woolf” nel 1967), ma è entrata nella storia del cinema per i suoi innumerevoli innamoramenti. Si sposò otto volte ed ebbe sette mariti, perché Richard Burton concesse addirittura il bis.
E poteva allora un personaggio con una
vita sentimentale così intensa resistere al fascino di Portofino che in quegli anni era il crocevia di flirt estivi e relazioni più o meno clandestine? Certo che no. E in piazzetta è stata immortalata sia con Eddie Fisher (maggio 1959), cantante e attore col quale fu sposata dal 1959 al 1964 che con Richard Burton (nel 1967).
Ingrid Bergman e Roberto Rossellini scoprono
Portofino nel 1952 (la foto è stata scattata a Santa Margherita Ligure), Umberto Agnelli e la moglie Antonella Piaggio nel 1959. Humphrey Bogart e la moglie Lauren Bacall sono a Portofino nel 1954. Bogart sta girando “la Contessa scalza “con Ava Gardner. Gregory Peck, inserito dall'American Film Institute, al dodicesimo posto tra le più grandi star del cinema, è stato immortalato a Portofino nel 1961. L'anno dopo vinceva
l'Oscar grazie alla magistrale interpretazione dell'avvocato Atticus Finch ne “Il buio oltre la siepe”.
Al tredicesimo posto di questa speciale classifica c'è John Wayne che in realtà si chiamava Marion Mitchell Morrison. E' stato il più grande attore di film western di sempre ed anche l'eroe senza macchia e senza paura, rude ma generoso, è rimasto incantato dalla bellezza di Portofino.
Altra star di Hollywood è Glenn Ford, uno dei quattro cavalieri dell'Apocalisse e attore più pagato nel 1958: nello scatto di Leoni è alla Gritta. Greta Garbo, la Divina, ha avuto quattro candidature all'Oscar e nel 1955 ne ha ricevuto uno alla carriera, è inserita al quinto posto tra le più grandi star della storia del cinema. Negli anni Cinquanta non di rado spuntava in piazzetta. L'estate 1963 è nel segno di Jane Mansfield, at-
trice americana supermaggiorata al punto da essere soprannominata “il seno”. Morirà a soli 34 anni in un tragico incidente.
Tra i grandi attori italiani è storica la fotografia, datata 1960, di Alberto Sordi davanti al celeberrimo Pitosforo: storico ristorante che negli anni d'oro di Portofino, era il punto d'incontro del jet-set con ingresso ai giornalisti rigorosamente vietato. E' infinita la lista di vip che hanno cenato nel locale affacciato sul porticciolo che in origine, mura colorate e scale strette, era una casa di pescatori scavata nella roccia.
L'aveva aperto nel 1951 Marco Vinelli, emigrante rientrato da Santiago del Cile e che aveva lavorato nelle cucine del Rex, il transatlantico costruito a
Genova nei cantieri navali Ansaldo di Sestri Ponente, l’attuale Fincantieri, reso famoso da Fellini in “Amarcord”.
Il giorno di chiusura era il martedì e così una mattina il futuro re Baldovino fece colazione in terrazza insieme ai proprietari che gli insegnarono a pucciare la focaccia nel cappuccino. Dopo qualche anno di oblio, grazie allo chef stellato Carlo Cracco, il Pitosforo è tornato agli antichi splendori. Re Baldovino ma anche altre teste coronate, come dimostrano gli scatti di Francesco Leoni: Juan Carlos di Borbone con la moglie Sofia di Grecia (1962), i Reali di Monaco con i figli Caroline e Alberto (fine anni 60), Paola Ruffo di Calabria (fine anni 50) che diventerà regina del Belgio dopo il matrimonio con Alberto II.
La Cattedrale, San Lorenzo e il Sacro Catino
Di Gessi AdamoliIl percorso più facile per buttarsi dalla City al cuore del centro storico è certamente via San Lorenzo.
Partendo da piazza De Ferrari è obbligatoria una sosta nella Chiesa dei Santi Ambrogio e Andrea, più comunemente conosciuta dai genovesi come Chiesa del Gesù. Risale alla fine del 1500 ed è un capolavoro del barocco con opere di Rubens e dei maggiori autori genovesi del tempo come Giovanni Battista Merano, Domenico Piola, Lorenzo De Ferrari e Bernardo Castello.
Prima di imboccare via San Lorenzo, sempre in piazza Matteotti, troviamo Palazzo Ducale, uno dei principali edifici storici della città. Ospita mostre d'arte, dibattiti e convegni che vengono organizzati nelle prestigiose sale del Maggior e Minor Consiglio.
Ed eccoci in via San Lorenzo. Adesso è una splendida isola pedonale, sino all'inizio degli anni ‘90 era però percorribile in macchina ed era un groviglio di auto e camion. Il progetto originario è datato 1835 e venne approvato da Carlo Alberto di Savoia. Il porto in continua espansione aveva necessità – come si legge nei documenti dell'epoca - di “una strada carreggiabile” che collegasse le attività legate al mare con il centro della
città. Addirittura, nel 1930 ci fu una proposta di raddoppiare via San Lorenzo, tentativo fortunatamente abortito, nonostante l'epoca fosse architettonicamente quella delle grandi strade e delle grandi piazze per le adunate oceaniche. Avrebbe significato sventrare il centro storico radendo al suolo Canneto e via dei Giustiniani. I lavori iniziano nel 1837 e vengono terminati alla metà del XIX secolo. Tanti edifici storici, che lo
avevano su Canneto, spostano l'ingresso sulla nuova via San Lorenzo, come nel caso di Palazzo
Centurione Gavotti che è uno dei sei Palazzi dei Rolli che si trovano nella via. Sono i palazzi della nobiltà che al tempo della Repubblica di Genova
erano scelti per sorteggio per ospitare le alte personalità di Stato che arrivavano in città. E una tradizione che si è ripetuta anche in tempi recenti quando, nel 1980, a Genova venne la regina Elisabetta e fu ospitata a Palazzo Durazzo Pallavicini in via Balbi.
Fregiarsi dell'appellativo di Palazzo dei Rolli che l'Unesco riconosce come patrimonio dell'umanità, è dunque particolarmente prestigioso.
Al civico 12, collocato proprio a ridosso della cattedrale, troviamo Palazzo Bendinelli Sauli. Qui Camillo Benso Conte di Cavour, che non a caso era detto il Tessitore, pose le basi della futura Banca d'Italia dando origine alla Banca Nazionale, originariamente chiamata Banca di Sconto, fondendo la banca di Torino con quella di Genova che era terra di mercanti e banchieri e che dunque le “palanche” le sapevano far fruttare.
La Cattedrale è un misto di stile romano, gotico e rinascimentale. Ha subito infatti varie trasformazioni rispetto a quando, nel 1118, papa Gelasio II la consacrò a San Lorenzo. Tra i tesori che racchiude il più famoso è il Sacro Catino che la tradizione ritiene sia l'autentico Santo Graal, dunque il piatto usato da Gesù Cristo durante l'ultima cena e portato a Genova dopo la Prima Crociata da Guglielmo Embriaco. E' conservato nel Museo della cattedrale, di forma esagonale e di colore verde e per molto tempo si ritenne fosse di smeraldo, ma in realtà si tratta di cristallo bizantino.
Quando la città venne conquistata da Napoleone, il piatto fu sottratto ai genovesi e portato a Parigi. Venne restituito nel 1816 rotto in dieci pezzi di cui uno mancante. L'ultimo restauro, avvenuto nel 2017, l'ha ricostruito perfettamente restituendogli anche il suo caratteristico colore traspa rente.
All'interno di San Lorenzo, oltre agli splendidi affreschi e alle volte a botte, c'è anche un'enorme bomba. Ricorda quello che viene definito il “miracolo di San Lorenzo”. Il 9 febbraio 1941, era una domenica e Genova fu bombardata dalla flotta inglese. Un'ora e mezza di inferno con un bilancio pesantissimo: 144 civili morti, 272 feriti e 254 edifici distrutti. Contro il porto, ritenuto un obiettivo nevralgico, ma anche contro la città furono lanciate 1.455 bombe. Una sfondò il muro lato mare della cattedrale, andò a sbattere contro il muro opposto rovinando l'affresco di San Giorgio, rimbalzò a terra e rotolò sino al portone d'ingresso, ma senza esplodere e salvando così la vita a decine di persone che si erano radunate nella cattedrale credendo che quello fosse un posto sicuro. Per non dimenticare, nella navata destra c'è così una bomba esattamente identica all'originale che venne fatta brillare in mare. C'è un altro segnale di quella terribile giornata, quando via San Lorenzo termina in piazza della Raibetta. La farmacia Operaia Sormani, nata nel 1927 al posto di un caffè Chantan, merita una visita e non solo perché è un locale storico al quale si accede attraverso un bellissimo portale d'epoca. Sfoggia gli arredi tipici del gusto tardo rinascimentale degli anni ‘20 e regala un'atmosfera ancora magica grazie ad ampolle in vetro, pilloliere in metallo, vasi in ceramica, mortai di
bronzo e la celebre bottiglia per il seltz.
Ma soprattutto non si può non rimanere impressionati nell'osservare l'orologio sotto l'arco, al centro della sala, retto da due grifoni. Le lancette sono ferme dal 1941, l'orologio non è più stato riparato ad imperitura memoria di quel bombardamento.
Quel pomeriggio con la città ferita si giocò Genoa-Juventus. Diecimila tifosi vollero essere comunque presenti allo stadio soprattutto per dimostrare che Genova si sarebbe comunque rialzata. Il Genoa quella partita la vinse per due a zero. E non è un dettaglio da poco.
edizione da record
Dal 16 al 27 ottobre si svolgerà a Genova la 57esima edizione del Premio Paganini, a 70 anni dalla sua istituzione. Un’edizione record per il numero di iscritti, il maggiore dalla sua istituzione. Sono 117 le domande, i giovani violinisti designati per le preselezioni 111, di cui 6 sono finalisti di concorsi internazionali membri della WFIMC (Seoul, Zhuhai, Odessa, “Michael Hill” e “Henryk Wieniawski”). Questa edizione del Premio è caratterizzata da una prevalenza femminile. Rafforzata la vocazione internazionale del Concorso, con oltre 30 nazioni rappresentate: 71 i concorrenti dall’Asia, 29 dall’Europa, tra cui 4 italiani, e dal continente americano. Da quest’anno il Premio ha un Ambassador d’eccezione: S.A.S. il Principe Alberto II di Monaco.
Gusti, sapori e piatti tipici
Di Claudio Manginina cucina per gli assenti» la definiva Eugenio Montale.
Nel senso – poco metafisico e molto concreto –per quelli che non ci sono oggi, ma ci saranno.
Navigatori, commercianti, gente di mare. «Per quelli – spiegava – che torneranno e che tornando (non si sa tra quanti giorni) dovevano trovare “in dispensa” qualcosa da mangiare. Perciò questa è
l’origine dei meravigliosi piatti freddi. La cima ripiena, la torta pasqualina… Sicuramente innumerevoli altri ripieni…».
Bruno Bini, toscanaccio innamorato di Genova e dintorni, giornalista e critico gastronomico scomparso recentemente, nel 1990, presentando il suo “Codice della cucina ligure”, scrive: «Fondata su sostanze prevalentemente vegetali; su prodotti
ittici freschi o conservati; su carni bianche; sugli aromi delle erbe; priva o molto povera di grassi animali e di sughi untuosi. Dieta mediterranea casalinga, insomma. Schietta e genuina, in uso già da molto tempo prima che la scienza (o la moda) la facessero diventare attuale e celebrata». Il comune denominatore fra le due descrizioni, storiche ma attualissime, è la creatività applicata, almeno in origine, a prodotti poveri e, appunto, la necessità di rovesciare un concetto tipo mordi e fuggi per trasformarlo in qualcosa che si possa (anche) gustare nel tempo. Dal poeta genovese premio Nobel si può accettare il consiglio di partire dai primi due piatti citati.
cresce in una latta sui tetti d’ardesia della vecchia Genova, citiamo ancora il poeta) non è mai uguale a se stesso. Puoi verificarlo girando per trattorie dei caruggi o raffinati locali alla moda;
La cima, una tasca di pancia di vitello farcita di ingredienti di recupero, era piatto povero prima di diventare oggi un elegante bollito “arricchito”. E, attenzione, serviva e serve pazienza nella cottura, per evitare che la cima possa scoppiare nel brodo. E la pasqualina, di carciofi ma non solo, con i suoi 33 strati di sfoglia – 33 come gli anni di Cristo, ovviamente – a proteggere il suo ripieno rigorosamente stagionale? Inni alla pazienza e a una cucina che non poteva che essere, per forza, lenta prima che il concetto di slow diventasse una specie di marchio filosofico-gastronomico. Partendo, ovviamente, dal pesto. Ecco, se siete turisti non per caso, gastronauti in missione speciale o, semplicemente, buongustai made in Zena alla riscoperta di sapori autentici, non dovrete fare altro che verificarlo: l’oro verde (fatto con basilico di Pra’ o comunque indigeno: quello giusto
oppure testando i pastafresca sparsi per la città; infine, caso sempre meno frequente, tra le cucine di casa ancora orgogliosamente attrezzate con mortaio di marmo e pestello. E, appunto, cos’è, se non cucina slow quel lavoro di battere e amalgamare gli ingredienti, sanciti dal protocollo uffi-
ciale: il basilico a foglia piccola, l’olio extravergine possibilmente della Riviera Ligure, il parmigiano, il pecorino sardo, aglio, pinoli e sale grosso?
O, altri esempi, la cottura lenta del tocco alla genovese, abbinamento perfetto per i ravioli di qua, con carni (non una sola) e borragine; o i pansoti, ripieni di erbette spontanee. E se Genova era porto delle spezie, la sua cucina non può prescindere, oltreché dal basilico, da maggiorana, rosmarino, salvia e tante altre erbe.
L’alfabeto delle golosità regolate dalla Dop (ma recentemente è stata lanciata anche la certificazione Genova Gourmet) va dalla A delle acciughe di Monterosso alla Z delle zucchine trombetta, passando per il basilico genovese (ca va sans dire) al chinotto di Savona, dal salame di Sant’Olcese alla prescinseua, la cagliata usata per le torte salate.
Per l’appunto. Al viaggio goloso non possono mancare le sciamadde (traduzione letterale fiammata), le friggitorie, preferibilmente del centro storico, dove, appunto, nella grande bocca del forno sempre acceso, cuociono le te-
glie di farinata di ceci, torte e ripieni, golosità povere come i cuculli (frittelline alle erbette, toh), i ripieni di zucchine, cipolle, peperoni o acciughe.
E qui bisogna divagare ancora, perché l’acciuga, da queste parti, può essere declinata in cento modi spostandosi dal capoluogo verso le Riviere. Ma come perdersi quelle sotto sale? Basta un pezzo di pane, una spennellata di burro, due acciughe adagiate per scoprire un mondo di sapori che si contrastano e si sposano; o quelle semplicemente disliscate e impanate, da mangiare bollenti.
Ci siamo dimenticati qualcosa? Tantissimo, naturalmente. Chi visita Genova e i suoi sapori non può tornare a casa senza aver assaggiato il minestrone (arricchito di pesto, ovvio) o le introvabili lattughe ripiene, in brodo ma non solo.
O il cappon magro, altro piatto povero di un tempo, oggi prelibatezza interpretata in modi differenti (anche scomposto) dai grandi chef, partendo dal solito concetto del riutilizzo di avanzi o di quello che si poteva trovare in barca, senza che andasse a male. Un raffinato mix di pesce e verdure: spiegare di più non serve, bisogna provare. Anche lo stoccafisso (il merluzzo essicato) non può essere dimenticato. Provate quello “accomodato”, con patate, olive, pinoli e pomodori. L’abbiamo lasciata, anzi lasciate, per ultime: la focaccia, quella classica genovese, che al mattino puoi “pucciare” nel cappuccino per esaltare il contrasto dolce-salato o consumare come street food h 24. O quella Igp di Recco, col formaggio: poesia pura.
E, infine, assaggiate il pandolce genovese, nelle due versioni alto e basso, dove fra i sapori di uvetta, canditi e pinoli emerge l’inconfondibile aroma dei semi di finocchio. Dolce di origine persiana, pare, nato nella seconda metà del quindicesimo secolo (prima del panettone milanese), codificato poi nientemeno che dall’ammiraglio Andrea Doria, che voleva un dolce indimenticabile per il matrimonio del nipote con Zanobia del Carretto.
Accompagnatelo da un bicchierino di prezioso Sciacchetrà delle Cinque Terre, un passito dotato di Doc (nove in tutto nella regione), simbolo della viticultura eroica di molte zone di Liguria, dove l’uva è coltivata spesso su terrazzamenti di terra a picco sul mare. Prima di ripartire assaggiate anche i canestrelli, i biscotti del Lagaccio, non dimenticatevi la visita a una delle confetterie (belle anche solo da vedere) storiche della città.
E andate in pace: ritornerete, perché oltreché il cuore e la vista, anche i sapori vi riporteranno qui.
Funicolari e trenini, la
città in verticale
Di Anna PodestàNon è un segreto che la conformazione urbana di Genova, e in generale della Liguria sia all'apparenza piuttosto inospitale. Stretta tra il mare e i monti, Genova è una città in salita dove le antiche creuze in mattone si arrampicano tra i palazzi costruiti sulle colline.
Il particolare ritmo urbanistico - decisamente meno romantico per chi vive la città quotidianamente - ha spinto i genovesi a trasformare questo impedimento in un punto di forza, costruendo alcuni tra i più innovativi impianti di risalita: oggi servizio indispensabile per i residenti oltre che meta di turismo di nicchia. Per visitare la città verticale da angoli di visuale insoliti è necessario abbandonare le ampie
strade nuove, via XXV Aprile e via Garibaldi, e raggiungere la più traffi cata piazza Portello. Da qui, a distanza di pochi metri, si ha accesso a due impianti di risalita: l'ascensore di Castelletto Levante e la funicolare di Sant'Anna.
Il primo è senza dubbio l'impianto verticale più amato da genovesi e turisti. Costruito nel 1909, insieme al suo gemello di Castelletto Po-
la terrazza dell'ascensore crea coloratissimi giochi luminosi, che conservano il fascino liberty dell’epoca in cui venne realizzata. Non a caso, spicca la targa che ricorda i celebri versi del poeta Giorgio Caproni: "Quando mi sarò deciso d’andarci, in paradiso / ci andrò con l’ascensore di Castelletto”. Non tutti sanno che un tempo la terrazza era un bar, e in pieno stile genovese,
nente, collega la piazza alla fascinosa “Spianata Castelletto", formalmente Belvedere Luigi Montaldo. Superata la porta sempre dondolante, mollemente abbandonata dai passeggeri che si apprestano a scendere in centro, dopo aver attraversato una lunga galleria, si accede ad un’antica cabina completamente rivestita in legno e si attende trepidanti l’aprirsi delle porte.
Se si ha la fortuna di usufruire del servizio in una giornata dal cielo limpido, si viene accolti da una luce abbagliante. Simbolo dell'art decò,
l'accesso alla vetrata era consentito solo dopo una consumazione. Anche oggi “Spianata”, come la chiamano in gergo i suoi residenti, è il luogo ideale per chi vuole godersi un panorama mozzafiato, concedendosi al contempo un buon gelato. Da qui si possono ammirare i tetti delle vecchie case in ardesia, torri medievali e cupole barocche; in lontananza il mare animato da navi moderne e da memorie antiche.
Proseguendo per le pittoresche creuze, in circa dieci minuti di cammino si raggiunge piazza Sant’Anna: qui è possibile visitare l’antica far-
macia che dal 1600 consiglia e vende rimedi naturali realizzati dai suoi eccentrici frati. La funicolare di Sant'Anna, costruita nel 1891, nasce come un innovativo impianto azionato ad acqua, inizialmente grazie ad un rivo che scorreva nei suoi pressi e in seguito - seppur con costi maggiori - per mezzo dell'acquedotto cittadino. A partire dal 1978 si è deciso optare per
di Piazza della Meridiana, dove si staglia la funicolare Zecca-Righi. Costruita tra il 1895 e il 1897, è una delle più traffi cate, anche per gli straordinari paesaggi che consente di ammirare dalle sue cabine.
Raggiunto il capolinea Righi, ci si trova davanti al parco delle mura e all’osservatorio astronomico cittadino. Scelta dagli amanti dell’escursio-
un'alimentazione energetica in grado di sostentare tuttora la funicolare, che ogni anno trasporta un oltre un milione di persone. In Corso Magenta, a pochi passi dalla stazione di arrivo della funicolare, si trova l’uscita dell’ascensore Magenta-Crocco. Raggiungibile tramite una galleria pedonale, l’impianto congiunge Corso Magenta con Via Antonio Crocco, consentendo, tramite il binomio ascensore-funicolare, una rapida risalita sulle alture del quartiere di Castelletto. Tornati in centro storico, si procede in direzione
nismo, la Zecca-Righi consacra Genova come capitale del trekking urbano, permettendo di intraprendere svariati sentieri che raggiungono i forti della città, costruiti a scopo difensivo tra il XVIII e il XIX secolo. Il tragitto è percorso da molti ciclisti che vogliono cimentarsi nel downhill, ovvero la discesa tra il terreno scosceso delle alture e le ripide mulattiere.
Riprendendo la funicolare in declivio fi no alla stazione di Corso Carbonara e camminando per soli dieci minuti, si arriva in Corso Dogali, dove si trova l'ascensore Montegalletto - Castello
d’Albertis, uno dei più innovativi al mondo ed unico in Europa: percorre 250 metri in orizzontale come una funicolare per poi salire, come un più tradizionale ascensore, un dislivello di 100 metri.
La fermata nei pressi di Castello d’Albertis - castello neo-gotico in cui viene ospitato il Museo delle culture del mondo - consente di raggiungere Via Balbi, a pochi metri di distanza dalla stazione di Principe, dove è situato il capolinea
della Cremagliera di Granarolo.
Originariamente in funzione 122 anni fa ma nuovamente operativo da circa un decennio, l’impianto è una ferrovia che collega Principe a Granarolo tramite un sistema a cremagliera unico nel suo genere: un meccanismo di rotaia a dentiera, utile per aumentare l’aderenza. La Cremagliera ha infatti un dislivello di 194 metri e una pendenza che sfiora il 21,4 per cento, dati che possono essere testati in prima persona se
si decide di scendere ad una stazione intermedia: si notano immediatamente le ripide scalinate. Superate le nove fermate che compongono la corsa, si giunge a Granarolo, un antico borgo che offre un panorama pittoresco sul porto anche grazie alle sue torri ottocentesche.
Ultimo mezzo iconico di cui è dotato il servizio pubblico cittadino è il Trenino di Casella. Rosso fiammante e amato da grandi e piccini, è la fer-
rovia storica, ancora funzionante, meglio conservata d’Italia. Attivo dal 1929, mette in collegamento ancora oggi Piazza Manin con Casella, passando per ben tre vallate: Valbisagno, Valpolcevera e Valle Scrivia, per un totale di 17 soste e 24 chilometri. La morfologia del territorio genovese rese diffi coltosa la costruzione della ferrovia, ed è stato necessario l’impiego di diversi ponti e gallerie.
Al termine di questo tour atipico della città verticale appare lampante che l'attaccamento dei genovesi ai loro impianti di risalita sia da ricercare nella doppia anima della loro funzione: utilizzati per svago da chi vuole godersi il verde dell’entroterra e per necessità da chi ne fa un uso giornaliero per raggiungere il centro città. Diventati oggi, per il loro valore storico e per la suggestiva esperienza di viaggio che offrono a tutti i passeggeri, parte integrante dell’esperienza turistica, gli impianti di risalita rappresentano un modo veloce ecologico e diverso di muoversi: per questo il Comune di Genova ha esteso all’intero 2023 la gratuità di ascensori, funicolari e cremagliera, tutti i giorni della settimana e a tutte le ore, con l'obiettivo di incentivare il trasporto pubblico e di conseguenza ridurre traffico e inquinamento.
Rolli Days Lo splendore dei
palazzi genovesi
I Rolli Days riportano in vita i palazzi
più significativi della Genova del Cinquecento e del Seicento, quando la città era la capitale del Mediterraneo. Attraverso le parole dei Divulgatori Scientifici, giovani professionisti del settore delle humanities formati e selezionati per il racconto del patrimonio, durante le visite il pubblico può ammirare gratuitamente le architetture, i dipinti, le scul-
ture di dimore uniche al mondo, inserite dal 2006 all’interno dei Patrimoni Mondiali dell’Umanità UNESCO. Una manifestazione che riprende in ogni edizione i temi fondamentali della politica culturale cittadina: dal Mare in occasione dell’arrivo della regata The Ocean Race, al Libro che sarà il fi lo conduttore delle aperture dei palazzi i prossimi 13-14-15 ottobre.
Le storichebotteghe
Di Anna Podestàè stato un tempo in cui i ritmi della vita e del commercio si alternavano simbioticamente, a chilometri zero, fra casa e bottega. Una realtà così distante dalla quotidianità odierna - fatta di frenetiche maratone con carrelli straripanti tra gli immensi e impersonali corridoi dei centri commerciali - da risultare ovattata e priva di colore. Eppure, a Genova, la memoria vive nel presente: basta avventurarsi nel dedalo di vicoli della città vecchia per immergersi in un viaggio “sinestetico” nel tempo e nello spazio. Crocevia di persone e storie, testimoni silenti
dell’evoluzione urbana, le botteghe storiche custodiscono l’essenza della città.
Lontane dal traffico cittadino, con la luce del sole schermata dagli alti palazzi nobiliari, dove la mescolanza di odori e suoni arriva inaspettata e quasi stordisce, consentendo di immergersi in atmosfere d'altri tempi.
L’apparente silenzio viene interrotto e, in un attimo, si viene trasportati in un’epoca lontana. Il cigolio delle massicce porte in ferro battuto che si aprono, il rumore stridulo del tornio, il borbottio delle antiche pentole di rame lasciate a sob-
bollire attirano i curiosi che tentano, invano, di resistere al richiamo. E se non sono i suoni del lavoro artigianale a far capitolare gli astanti, allora interviene una sorprendente commistione di
Per preservare lo storico patrimonio commerciale di Genova e tramandarlo alle generazioni future, nel 2011 è stato istituito l' Albo delle botteghe storiche” dove vengono inseriti gli esercizi, in attività da almeno cinquant’anni, che soddisfino almeno tre dei cinque requisiti richiesti: la conservazione di elementi architettonici, arredi, attrezzature o strumentazioni storiche originali e ancora funzionanti, la presenza della documentazione che narra la storia dell'esercizio e il contesto ambientale in cui opera. Attualmente sono 57 le botteghe che hanno avuto il titolo di Bottega Storica e di anno in anno sono sempre più le attività che presentano la do-
note olfattive: i dolci profumi della frutta secca candita si mescolano a quello avvolgente della trippa e a quello caldo del legno.
È questo il fascino di una città noncurante e genuina: esserne stregati al punto tale che, senza rendersene conto, fermarsi davanti alle vetrine e sbirciare all’interno non è più sufficiente: si deve entrare, solleticare il palato e stuzzicare l’olfatto, cogliere i dettagli e studiare i sapienti gesti di coloro che compiono le stesse azioni dei loro antichi predecessori
manda alla Camera di Commercio. Solo nel 2022 sono entrate a far parte del Circuito delle Botteghe Storiche del Comune di Genova sei nuove attività commerciali: Gioielleria Magnone, Trattoria da Maria, Ostaia delle Baracche, Antica friggitoria Carega, Gioielleria Zaccaria, e Laboratorio del rame.
Lo speciale riconoscimento non è solo importante per tutelare questo patrimonio cittadino, ma anche per le attività di promozione messe in campo da Camera di Commercio e Regione: tour itineranti guidati attraverso negozi, laboratori e
Le botteghe storiche
attività artigiane antiche di secoli per ammirare veri gioielli architettonici, ma anche luoghi vivi dove l’antica arte continua grazie alle nuove generazioni.
Ciò che colpisce è l’enorme varietà della proposta: sul sito della Camera di Commercio sono ben cinque gli itinerari consigliati per categoria merceologica, senza considerare le diverse edizioni di “GiroBotteghe” - visite guidate per scoprire la città da diverse angolazioni - tra cui spiccano i percorsi “Le strade nuove”, “Piazzette e caruggi”, ed “I quartieri fuori le vecchie mura”.
Due i percorsi gastronomici - rispettivamente uno per palati dolci e uno per chi preferisce il salato - per degustare i sapori e le preparazioni della tradizione genovese lì dove sono stati creati. La farinata sottile e dorata, il tipico brodo di trippa, le torte di verdura preparate tradizionalmente con la prescinsêua - cagliata di latte fresco - e cotte lentamente nel forno a legna, ed altre specialità come le acciughe ripiene e i polpettoni di verdura. Ma anche gli amaretti, il pandolce genovese (testimonial della tradizione dolciaria genovese), le tante conserve, fondants e cioccolatini con le violette.
Seguendo invece l’itinerario proposto dal percorso “stile” si andrà alla scoperta di raffinati negozi di tessuti, abbigliamento e sartorie, capaci di creare cravatte fatte a mano arrivate fino alla casa reale d’Inghilterra, barberie dove è oggi
possibile ritrovare l’antico piacere di una rasatura a regola d’arte. Contraddistinti da vetrine curate nei minimi dettagli e dalla porta d’ingresso in ferro e vetro, le antiche botteghe sono caratterizzate da vecchi scaffali, muri a strisce bianche e nere secondo la tradizione genovese. Qui si possono acquistare i jeans nei primi esercizi ad averli venduti in città, le mitiche “pidocchiere” ma anche camicie e altri capi di abbigliamento su misura creati, oggi come ieri, artigianalmente. Colpisce l’odore pungente dell’appretto tipico delle vecchie telerie e la pregiata qualità dei tessuti utilizzati per i “mezzeri”, i versatili teli in cotone riccamente decorati su un lato per impressione a stampa, della tradizione genovese. Stampi, attrezzi e disegni appartenuti ai nonni e ai bisnonni documentano secoli di artigianato e caratterizzano l’itinerario a tema "arti e mestieri".
Alcuni di questi utensili sono ancora usati per la creazione di oggetti eseguiti completamente a mano. Le botteghe, con annesso laboratorio, sono un tripudio di colori, di creatività, abilità tecnica e manualità: si vendono oggetti di ogni sorta - dai turaccioli di sughero ai timbri per le bolle di carico in partenza dal porto - disposti con un loro peculiare ordine, affascinante e saporito.
Infine, con un percorso tra medioevo ed età moderna, il tour degli speziali è forse il più impegnativo e suggestivo tra quelli proposti: in linea con i traffici portuali, vi si intravede la storia della città. Le targhe degli anni Venti e Trenta ricordano la Genova dei piroscafi e dei transatlantici, il fruscio delle pagine degli antichi ricettari rende magica l’atmosfera. Mille i colori sprigionati dai prodotti che vi si vendono - paprica, cumino, curcuma, pepe rosa e poi polvere di borace, pol-
Le botteghe storiche
vere di bianchetto, cera vergine, pani di pomice - e i tanti aromi delle spezie provenienti dai cinque continenti: tè, caffè, prodotti dell’alveare, cioccolata, essenze, infusi di rose coltivate con cura e passione. Nei moderni laboratori si opera con antica esperienza e umile rispetto per la natura senza abbandonare i preziosi oggetti esposti: ampolle in vetro, pilloliere in metallo, vasi in ceramica, mortai in bronzo e la celebre bottiglia per fare il seltz.
L’itinerario migliore però rimane quello creato sul momento e, dato che a Genova è facile perdersi, possiamo abbandonare il navigatore, lasciando che siano il caso e il nostro istinto a farci scoprire questi autentici tesori della città.
Palazzo Pallavicino è un diamante che prende luce. Situato in piazza Fontane Marose, a Genova, e costruito a metà Cinquecento, per volontà dell’attuale proprietario, il principe Domenico Pallavicino, e della Fondazione Pallavicino Onlus diretta da Vittorio Sgarbi, apre al pubblico con un programma intenso di visite, esposizioni, pubblicazioni d’arte. Custodisce numerosi tesori, fra dipinti, sculture, arazzi e preziosi oggetti di arredo dal Cinquecento all’Ottocento. <Ho convinto il principe a riportare dipinti e arredi originali nel palazzo> spiega Sgarbi <suggerendo qualche piccola variazione nell’allestimento per valorizzare capolavori come “Giuseppe spiega i sogni” di Bernardo Strozzi. La sua generosità permetterà a tutti di ammirarli>. Il palazzo, ricco come un museo, fa parte del Sistema dei Rolli, dal 2006 patrimonio dell’Umanità Unesco. <La sua eccezionalità> osserva Anna Orlando, advisor per arte e patrimonio culturale del Comune <si deve al fatto che la proprietà non è mai stata divisa nei secoli, restando sempre una casa privata. È dei Pallavicino dal 1836, quando la comprò il marchese Domenico I, antenato e omonimo dell’attuale padrone di casa. La presenza di due piani nobili è un altro segno distintivo delle dimore più illustri>.
I locali di tradizione
Di Anna Podestà“Ianuensis ergo mercator”, letteralmente: “Genovese, quindi mercante”.
Una lapidaria sentenza, generalmente fatta risalire ad un Anonimo del 1200, che sintetizza perfettamente quella vena mercantile che ha reso Genova una delle grandi Repubbliche marinare della storia passata. Un binomio, quello che lega i Genovesi alla capacità imprenditoriale,
che ha trovato larga esplicazione nel passato coloniale della città, quando il capoluogo ligure era il porto di approdo per le navi di ritorno dalle Americhe, ma che oggi sembra, apparentemente, disperso. Eppure, camminando per le vie di Genova, ci si rende presto conto che l’antica predisposizione caratteriale non è andata perduta: allineate al
piede degli edifici e affacciate come segni di interpunzione lungo i consueti itinerari turistici, spuntano le attività commerciali più disparate. Custodi di storie che raccontano Genova in modo inedito, i locali di tradizione non solo rendono vivaci gli spazi pubblici, ma contribuiscono a definire l’identita dei luoghi, generando immagini che si fissano nella memoria degli individui con la stessa forza delle architetture iconiche della citta. Sono farmacie, mercerie e maglierie, ma anche alimentari e trattorie, cartolerie, negozi di ottica e di orologi. I locali di tradizione sono il fiore all'occhiello del commercio locale: grazie alla loro attività contribuiscono al mantenimento di buone prassi ed alla trasmissione delle tradizioni nel settore merceologico. Per questo nel 2011 la Camera di Commercio di Genova ha voluto tributare il giusto riconoscimento per valore e merito a quelle attività imprenditoriali e artigianali della città che sono aperte da almeno cinquant’anni e che rappre-
sentano un importante patrimonio identitario, culturale e commerciale del capoluogo. Un titolo, quello di “Locali di Tradizione", che celebra il capitale umano, perché la loro importanza non si esaurisce nell’essere “monumenti involontari”, ma riguarda anche la trasmissione di memorie economiche e sociali. Baluardo del piccolo commercio indipendente, essi indicano come il declino dei negozi di quartiere non sia inevitabile ed incorporano nelle loro insegne il valore della longevità delle imprese. Oggi, in una realtà segnata da instabilità, fluidità e incertezza, la lunga permanenza sul mercato e un indice di affidabilità e capacità di stare al passo con i tempi, rinnovando le proprie strategie competitive. I locali di tradizione esprimono la forza del cambiamento, hanno affrontato con successo diversi cicli economici, hanno reagito al mutamento delle pratiche di consumo e all’ascesa di nuovi concorrenti. Sono il simbolo della passione per il lavoro del ‘negoziante’, quell’attività che rappresenta le luci accese di una città. Luci di cui abbiamo riscoperto solo re-
centemente l'importanza quando, provato lo sconforto di una città spenta dal lockdown, il momento della spesa era l’unico contatto reale
non può spostarsi e di offrire un servizio sotto casa a chi non vuole spostarsi.
In città sempre più isolate, dove spesso non si conoscono i vicini di casa, i negozi di prossimità diventano punti di incontro: al loro interno si possono trovare volti familiari capaci di creare solidi legami con i clienti tramandati di generazione in generazione.
Su un’economia locale sostenibile anche dal punto di vista sociale ed etico, sulla costanza e sulla pazienza degli imprenditori – che diventano quasi confidenti dei propri clienti – si gioca un’importante differenza rispetto alle logiche dell'aridità della globalizzazione. Il riconoscimento della Camera di Commercio in questo senso è un attestato da conferire a chi da cinquant’anni ogni mattina tira su la saracinesca, a chi si conquista la fiducia dei propri clienti e a chi con questi costruisce relazioni che vanno oltre la singola vendita.
- non dietro ad uno schermo - con gli altri. Un ulteriore valore di queste attività si ricollega alla loro capacità di ridurre l’isolamento di chi
Attualmente sono 24 i locali di Tradizione del capoluogo ligure: le ultime new entries sono di dicembre 2022 e si tratta di due trattorie: la Trattoria Archivolto Mongiardino, che prende il nome dal suggestivo passaggio a due passi dalla Cattedrale di San Lorenzo, e la Trattoria Serra di Sampierdarena.
I Locali di Tradizione riflettono l’intrinseca eleganza di Genova, resistono all’indomito scorrere
del tempo e del fast - fashion e ci permettono di assaporare almeno in parte i tempi in cui era una città commerciale dai grandi fasti. Un patrimonio cittadino tanto quanto gli antichi palazzi e i musei, queste attività vestono le strade di Genova con vetrine pittoresche pronte a incuriosire i passanti alla ricerca di preziose storie. Anche grazie ai Locali di Tradizione il commercio locale continua a prendere campo, invertendo il preoccupante trend del consumo centralizzato, e aiutando a ricostruire le dinamiche del tessuto sociale dei quartieri, in una città sempre più a misura d’uomo.
Molti sono i fattori in cui ricercare la causa della longevità di queste imprese manifatturiere, ma senza dubbio sono due gli elementi essenziali: l’oggi sempre più raro “saper fare artigiano” e la centralità della famiglia.
Se la storia di una città si caratterizza non solo per il suo passato culturale, ma anche per le sue abituali consuetudini, quale rappresentazione migliore di Genova dei suoi locali di tradizione: chi ne è stato - e ne è tuttora - protagonista offre a chi visita la città uno sguardo sulla sua
anima più autentica, legata al territorio e ai suoi abitanti. Come degli antichi genius loci, i locali di tradizione sono interpreti di quel modo di essere tipicamente genovese, all’apparenza burbero e inospitale ma in realtà autentico e genuino, capace di trasformare un luogo in città e una città in comunità.
Con questo progetto Genova è stata designata dal Ministero della Cultura
Capitale Italiana del Libro per il 2023, raccogliendo il testimone da Ivrea, Capitale 2022.
Il titolo scelto per la proposta di candidatura è mutuato dal linguaggio marinaro e dalla tradizione marittima sempre presente nell’identità di Genova: le vele si spiegano per raccogliere tutto il vento possibile, così l'imbarcazione procede velocemente e con assetto stabile quando le condizioni del tempo permettono di farlo. Allo stesso modo, le pagine vengono spiegate – aprendo i libri, rendendoli accessibili, dando forma a storie e memoria – per essere strumenti di conoscenza, valorizzazione, crescita, cittadinanza: proprio come vele al vento, che portano la città verso il futuro. La nomina a Capitale italiana del Libro 2023 ha visto Genova lavorare sulle reti territoriali e sui presidi culturali di tipo bibliotecario in maniera ampia e solida. I 200 anni della Biblioteca Civica Berio e il rinnovamento integrale della Biblioteca De Amicis sono solo due dei molti progetti che animeranno l’anno della città Capitale e insisteranno sul territorio. Così come anche il consolidamento e la proposta di eventi come Bookpride fondamentali per tenere uniti i mondi dei lettori, degli editori e delle istituzioni, o come La Storia in Piazza, dove il focus librario sintetizza il rapporto tra divulgazione ed editoria, nello spazio culturale sotteso dalla regia di Palazzo Ducale. La lettura sarà la grande protagonista a Genova!
Liguria gourmet
Di Anna PodestàLa Liguria è una delle regioni più invidiate d'Italia, specialmente se si parla di cibo: tradizioni culinarie secolari e materie prime d'eccellenza danno vita ad alcuni dei piatti più apprezzati nel mondo. Da qui l’idea di garantire la qualità dell'offerta gastronomica locale e lo all'utilizzo di prodotti certificati del territorio, con la garanzia del sistema camerale. Il primo dei marchi collettivi geografici (MCG) ad essere lanciato dalla Camera di Commercio di Genova è stato “Genova Gourmet”, poi evolutosi in “Liguria Gourmet” a seguito dell’adesione della Camera di Commercio delle Riviere di Liguria Imperia, La Spezia, Savona.
Sono i “volti” del panorama gastronomico territoriale in giro per l'Italia e per il mondo nelle varie missioni istituzionali e fiere "food & beverage", dove la presenza di Liguria Gourmet non può mancare.
La famiglia dei marchi, promossi da Regione Liguria e Camere di Commercio, è molto numerosa. Il primo nato è quello dei Ristoranti Liguria Gourmet, che valorizzano le loro ricette attraverso l'utilizzo dei prodotti tratti dall'Atlante Regionale dei Prodotti Tradizionali, aggiornato annualmente dal Ministero delle politiche agricole.
Si impegnano ad adoperare una ricca varietà degli oltre 300 prodotti selezionati dal Comitato Tecnico di progetto, fra carni locali, condimenti, formaggi, prodotti vegetali, paste fresche e prodotti di panetteria, biscotteria, prodotti del mare, liquori e molto altro. Garantiscono
almeno 4 etichette di vini DOP e IGP liguri, scelti fra quelli contenuti nell’apposito elenco dei vini DOP-IGP regionale e utilizzano come condimento l'olio extravergine di oliva DOP "Riviera Ligure". Per il pesto adoperano esclusivamente "Basilico Genovese" DOP e rispettano la ricetta tradizionale.
I ristoranti Liguria Gourmet offrono quotidianamente un menù tipico regionale, appositamente predisposto con i piatti della cucina della tradizione ligure. Il menù comprende quattro specialità, di cui almeno un primo e un secondo fra quelli presenti nell'elenco dei piatti tradizionali, individuati dal Comitato Tecnico. L'elenco dei piatti include specialità liguri fra più di 26 antipasti, oltre 45 primi e condimenti, più di 50 secondi, una ventina di contorni e 32 dolci.
certificati che utilizzano da sempre nelle proprie ricette.
Agli chef si sono aggiunti poi i Bartender Genova Gourmet: il MCG che qualifica la figura del “Bartender”, il professionista del cocktail che prepara aperitivi realizzati con i prodotti del territorio.
La filosofia dietro il marchio è far sì che i migliori chef diventino non solo ambasciatori della buona cucina, ma anche garanti della qualità dei prodotti
Nelle loro drink list i Bartender Genova Gourmet propongono i cocktail della tradizione, oltre che rivisitazioni dei grandi classici realizzati con prodotti liguri, per permettere al cliente di identificare distintamente profumi e sapori che arrivano al palato da tutto il territorio ligure.
Attualmente potrete degustare i cocktail preparati dai bartender Genova Gourmet presso il Bar
Murena Suite di Via XX Settembre, i due Biggie di Marina Porotto in Piazza dell'Erbe, la Pasticceria Liquoreria Marescotti di Cavo, Zupp in Piazza San Matteo, la Negroneria Genovese in Salita alla Torre degli Embriaci e il bar Blue Lounge dell'hotel Melià a Carignano.
Per garantire la qualità dell'esperienza, la Camera di Commercio si assicura che nello staff delle attività che vogliono aderire al marchio “Bartender Genova Gourmet” ci sia almeno una persona che abbia seguito corsi di mixology e che gli esercizi offrano etichette di birra artigianale e vini DOPIGP prodotti sul territorio ligure, distillati con ingredienti della Liguria e i tipici cocktail della tradizione ligure.
Per l'edizione 2021 del World Cocktail Day, il team di Bartender Genova Gourmet ha reso omaggio a Sanremo e al suo celebre festival (quell'anno correva la settantesima edizione) con il cocktail "70 e... NON SENTIRLI". In bocca le note agrumate del pernambucco, insieme alle botaniche locali del gin ligure, vengono sigillate dall’anima corposa del vermouth.
Per ricrearlo a casa serviranno: 40 centilitri di Gin Bruzzone; 15 centilitri di U pernambucco; 15 centilitri di Bagascio scuro; Acqua tonica Niasca Por-
E infine ci sono i Prodotti Genova Gourmet: sono diversi anni che la Camera di Commercio assiste le imprese nella promozione dei loro prodotti, fino a registrare ufficialmente, nel 2016, "I prodotti Genova Gourmet", il marchio che certifica l’eccellenza degli ingredienti tipici usati al naturale e nelle ricette della tradizione genovese. Dallo sciroppo di rose declinato nelle sue diverse preparazioni, ai Fiori di Zafferano, passando per il Curry, il Miele, fino ad arrivare ai formaggi di latte di Cabannina e ai formaggi delle Valli genovesi: Stura e la Prescinseua. Nelle abili mani degli chef di Liguria Gourmet questi prodotti si trasformano a tutti gli effetti nei colori del loro dipinto culinario.
In definitiva Genova Gourmet si configura come uno strumento a 360 gradi utile a consumatori e ristoratori. I primi possono scegliere consapevolmente se mangiare in locali che favoriscono l'uso di ingredienti di pregio e caratteristici della nostra cucina, sinonimo di qualità, stagionalità e freschezza. I secondi possono sfruttare gli efficaci strumenti e le attività di promozione messi a disposizione dalla Camera di Commercio, oltre che entrare a far parte di un collettivo prestigioso che apre le porte alla partecipazione a bandi ed iniziative che puntano sulla qualità certificata.
La Lanterna e il Parco Urbano
Chi decide di visitare Genova in poco tempo, magari di passaggio o appena sbarcato da una crociera, si trova ad affrontare un dilemma all'apparenza insolvibile: stretta tra mare e monti, la particolare conformazione geografica e i molti luoghi di interesse culturale disseminati in città rendono poco agevole la creazione di un itinerario efficace. Schiva e riservata, Genova non si svela facilmente e tende ad apparire sempre in frammenti. Come fare, allora, per assaporare a 360 gradi la storia e il patrimonio identitario della città?
C’è chi consiglia Boccadasse, il pittoresco borgo di pescatori, chi invece suggerisce una visita agli splendidi Palazzi dei Rolli, eppure, il capoluogo ligure è contraddistinto da un monumento che, da quando se ne ha memoria, veglia sulla città: la Lanterna.
In una posizione relegata, arroccato su uno scoglio a picco sul mare, il faro più alto del Mediterraneo assiste da oltre un millennio alle alterne vicende storiche della città, accompagnando con il suo fascio di luce intermittente l’alba e il tramonto della sua gloria marinara e diventando allegoria del carattere su-
perbo dei suoi abitanti.
Visitare la Lanterna significa scoprire la realtà più significativa di Genova, il porto, emblema del connubio indissolubile, creato dalla geografia e confermato dalla storia, tra il capoluogo ligure e il mare. Per questa ragione è imperativo partire dal Porto Antico, disperdersi tra le memorie di moli, magazzini, camalli e mercanti ed intraprendere la passeggiata che si affaccia sulle banchine del porto commerciale. Nonostante i grandi cambiamenti del contesto urbano e paesaggistico, la salita al faro è tuttora quella del percorso
storico e fiancheggia le antiche mura seicentesche, ricostruite dopo che Andrea Doria le aveva bombardate per liberare la città dal dominio francese.
Il percorso di avvicinamento alla Lanterna è stato recentemente arricchito da nuovi pannelli didattici che illustrano il contesto in cui è inserito il faro: la vita e il lavoro portuale, le prospettive e gli scenari antichi e attuali.
Dopo una camminata di circa mezz’ora vi troverete sulla Rocca della Lanterna: è tutto ciò che resta del promontorio di Capo di Faro, spianato per creare il quartiere di Sampierdarena, che un tempo si spingeva in mare aperto. Qui, osservandola dal basso verso l’alto, si comprende davvero perché viene spesso definita “più di un simbolo, più di un faro”: il fascino della Lanterna - in pieno adempimento del celebre motto vitruviano - è insito nel suo essere statica e al contempo dinamica, antica di secoli ma capace di conservare la sua originaria funzione. Lontano dalle vie dello shopping e della movida, troppo spesso escluso dai consueti itinerari turistici, il faro non attira orde di turisti ed è, proprio per questo, il simbolo perfetto di Genova: elegante ma pratico, solido ma utile. Come scriveva Gustave Flaubert, al ritorno da una sua visita nella Superba “Il faro della Lanterna, come un minareto, dà all’insieme qualcosa d’orientale
e si pensa a Costantinopoli”.
Arrivati alle porte del parco museale - aperto da venerdì a domenica e festivi dalle 10 alle 18 - si ha la sensazione di entrare nella storia: nel parco si staglia anche l’ottocentesca, monumentale Porta Nuova. Questo era l’antico ingresso della città da dove si pagavano le tasse, il punto esatto in cui il Doge consegnò le chiavi di Genova a Napoleone.
Tanti i servizi proposti: dalla possibilità di usufruire di un dog sitter per la durata della visita,
La Lanterna e il parco urbano
ai tour guidati a tema per grandi e piccini. ll costo del biglietto (8 euro), il cui ricavato è devoluto alla valorizzazione e gestione ordinaria del monumento, comprende un percorso di visita che si snoda tra una parte museale, nei bastioni delle mura, e una open air.
La visita alla parte esterna - integrata da una serie di pannelli ne narrano il contesto storico e urbanistico consultabili tramite l'APP Lanterna di Genova, che sfrutta la tecnologia di prossimità tramite Bluetooth - costituisce l’occasione per
guardare al porto con la ritrovata consapevolezza dell’importanza che questo ha avuto nello sviluppo dell’identità della città e dei suoi abitanti: i luoghi, i mestieri, le innovazioni hanno coinvolto capitali economici e soprattutto umani. La storia di Genova e del suo porto è quindi la somma delle storie delle donne e degli uomini che in questi luoghi hanno vissuto e che questi luoghi hanno trasformato con determinazione, scelte e fatiche. Per secoli qui e da qui si è costruito, navigato, esplorato e innovato. Dentro quel che rimane della fortezza che concludeva la cinta muraria ai piedi del faro, nelle antiche sale dei fucilieri, nella galleria ghibellina e nelle sale cannoniere, la Lanterna diventa protagonista dell’immaginario iconografico e nelle rappresentazioni della città nei secoli.
La prima parte del percorso si snoda lungo un’infilata di sale dette ‘dei fucilieri’, che facevano parte delle antiche fortificazioni erette a più riprese a difesa della città di Genova, vista la posizione strategica ideale dalla quale era pos-
sibile difendere l’accesso al porto e respingere l’arrivo di navi nemiche. Al contempo la fortezza controllava a ponente l’accesso alla città. Il percorso di visita prosegue in una lunga galleria sotterranea, detta ghibellina,che porta alle sale cannoniere e deve il suo nome alla memoria dell’assedio da parte dei ghibellini genovesi ai guelfi che avevano trovato rifugio nella torre: era il 1318.
Le mura più spesse, le feritoie di maggiori dimensioni e le catene che servivano ad ancorare i pezzi di artiglieria per limitarne il rinculo svelano l’originaria destinazione delle sale cannoniere. Sono le ultime che si incontrano nel percorso di visita prima della salita al faro e sono oggi dedicate al museo dei fari e dei fanali. Grazie a strumenti tecnici donati dalla Marina Militare, vengono illustrate al visitatore l’uso e la funzione dei fari navali e dei sistemi di segnalamento in mare: lenti, carte nautiche medievali, atlanti, meccaniche e modelli prendono vita, invitando chi vi si addentra a compiere un vero e
proprio viaggio alla scoperta della storia del faro. Mentre si toccano con mano gli antichi strumenti del passato, è possibile scoprire le rivoluzioni tecnologiche che hanno coinvolto il sistema di illuminazione: dall’alto Medioevo, quando il segnale luminoso si otteneva bruciando sterpaglie di erica e ginestra e le navi dirette in porto erano tenute a pagare un dazio per il servizio, passando per le innovative lampade ad olio d’oliva del 1326, fino ad arrivare all’elettricità nel 1936.
Ultima ma non per importanza, la salita al terrazzo della Torre: salendo i 172 scalini di pietrama è disponibile anche un comodo ascensoresi raggiunge la prima terrazza panoramica che regala una straordinaria vista a 360 gradi su Genova, il porto con i suoi terminal passeggeri e container, la cinta muraria seicentesca e la corona di forti che cingono la città, l’appennino ligure e il monte di Portofino. Inerpicandosi poi su per una scaletta percorribile solo dagli addetti alla manutenzione, si raggiunge la sommità della cupola a 127 metri di altezza. Da lassù, ogni 27 secondi, un complesso apparecchio lentico-
La Lanterna e il parco urbano
lare sotto il controllo della Marina Militare lancia un fascio di luce che è visibile alla distanza di cin-
quanta chilometri. Da qui si capisce realmente che cosa intendesse Ivano Fossati quando cantava “Chi guarda Genova sappia che Genova si vede solo dal mare ". E, forse, per conoscere realmente la storia e l'anima della città è sufficiente guardare alla sua Lanterna.
Il Righi, i laghetti il Peralto e i forti, la città a piedi
Di Anna Podestàhi l’ha detto che a Genova il turismo è solo costiero? La città e il suo entroterra pullulano di percorsi adatti agli amanti del trekking. Nelle colline che circondano la città si snodano svariati sentieri capaci accontentare tutti: dai più esperti ai meno allenati, fino a chi desidera avventurarsi in compagnia di bambini piccoli. Facendo iniziare la nostra guida agli appassionati di passeggiate dal levante cittadino non può mancare l’Anello del monte Giugo: un’escursione di media difficoltà con un dislivello di 520 metri.
Giunti all’area picnic svoltate a sinistra per raggiungere il monte Giugo, dal quale potrete ammirare una vista mozzafiato che affaccia su tutto il levante di Genova.
Dopo aver immortalato con una fotografia il panorama, vi consigliamo di allungare di poco il percorso spingendovi fino a Passo la Crocetta, da cui inizierà la vera e propria discesa per il sentiero che, snodandosi tra le casette, porta alla Chiesa di Sant’Ilario, “il paesino” cantato da Fabrizio De Andrè in “Bocca di rosa”. Da lì percorrete in discesa le antiche e tortuose creuze che sapranno di certo regalarvi magici scorci e siete tornati a Nervi.
Se volete rimanere a Levante, ma in compagnia di bambini alle prime armi con le escursioni, allora è il caso di optare per i Laghetti di Nervi.
Arrivate in Via del Commercio e percorretela fino a superare il Cimitero di Nervi, dove inizia Via Molinetti di Nervi: da qui parte il vero e proprio percorso, in un primo momento su una stradina ancora asfaltata, che poi si trasforma in un sentiero di campagna.
Una volta raggiunta la ripida Salita Stefano Morelli a Nervi, intraprendiamo il percorso che porta alla chiesa di S. Rocco di Nervi, ahimè non vi potete sbagliare: ad ogni bivio la strada giusta è sempre quella in salita!
Dopo circa un’ora di camminata vi troverete davanti al laghetto principale, un bellissimo specchio d’acqua che permette a chi non è freddoloso di fare un tuffo, magari saltando, in stile Tarzan, con la corda appesa all’albero.
L’escursione è una delle più facili e adatte ai bambini: non servirà più di un paio di scarpe da gin-
nastica, panino e acqua per la camminata! Un’altra gita nel levante Cittadino? Nessun problema, la batteria dei bunker del Monte Moro fa al caso vostro: vi basta infatti arrivare in Corso Europa, precisamente all’altezza dell’antico cimitero di Quinto, per poter raggiungere i celebri bunker: un percorso facile di soli due chilometri e 120 metri di dislivello.
L’escursione è tanto affascinante quanto la storia dei bunker: nel 1942, a seguito di un’incursione britannica, vennero individuate Arenzano e Quinto come alture in cui edificare un sistema di difesa.
Fu proprio dal Monte Moro che il 9 settembre 1943 venne utilizzata l’artiglieria pesante: infatti le truppe tedesche, preso il possesso della batteria del Monte Moro, affondarono il posamine Pelagosa, il cui relitto ancora giace sul fondale 35 metri di profondità ad un paio di chilometri dalla spiaggia di Sturla.
Sempre da Quinto si può optare per l’Itinerario Storico Colombiano, un percorso che attraversa
7 comuni per un totale di 19 chilometri che portano a Terrarossa di Moconesi (oggi Terrarossa Colombo), dove si può visitare il Museo Colombo. Il sentiero venne inaugurato nel 1992 per celebrare i 500 anni dalla scoperta dell’America ed è il collegamento tra la Val Fontanabuona - dove era estratta l’ardesia - e la costa, da dove poi veniva spedita.
Inoltre congiunge Quinto, dove la famiglia di Cristoforo Colombo commerciava in lana, a Terrarossa di Moconesi, da dove proveniva.
Il percorso è stato riaperto dal 2020 e permette
a chi vi si addentra di vivere il cambiamento storico della città e del suo entroterra: si passa prima per i ruderi del castello genovese sopra il monte Tuggio, poi per l’antico hospitalis di San Giacomo di Pozzuolo - che tra il 1200 e il 1500 era una foresteria - fino ad incontrare le cave storiche di Monte Rosso - con tanto di resti di ardesie e
macchinari degli anni Trenta - e ancora il Passo dei Casetti, anche noto come “u ballou de strie”, ovvero il ballatoio delle streghe, così chiamato per via dei rumori che si udivano durante la notte, in realtà prodotti dagli animali. Non presentando tratti particolarmente ripidi, la camminata risulta semplice, anche se la sua lunghezza di 19 chilometri la rende impegnativa per i più piccoli. Spostiamoci ora più a ponente, verso il centro cittadino, alle spalle di via Garibaldi, precisamente in via Targa (largo Zecca) per salire sulla funicolare Zecca-Righi.
Il Parco incorpora alcuni forti militari costruiti fra il XVII e il XIX secolo e salvaguarda i pregi naturalistici di quest’area, abitata da specie animali e vegetali protette perché rare o endemiche. Seguendo le indicazioni poste nei vari sentieri, si raggiungono i Forti Castellaccio e Sperone, a 450 metri sul livello del mare, già da qui potrete godere di una vista su tutta la città, una buona aria e un paesaggio bucolico.
Scesi a Righi dovrete superare l’osservatorio astronomico e raggiungere l’area pic-nic adiacente al parcheggio da cui inizia il Parco delle Mura, che deve il suo nome alle Mura Nuove, erette nel ‘600 per difendere la città di Genova. Ieri sistema di sicurezza all’avanguardia, oggi le Mura e il loro Parco abbracciano i 617 ettari di verde e colline tra la Val Bisagno e la Val Polcevera.
Due sono le opzioni a questo punto dell’escursione: continuare fino all’ ottocentesco Forte Begato, che domina la Val Polcevera, o in alternativa procedere verso l’interno per raggiungere il piccolo Forte Puin. Arrivati qui, se avete ancora energia da impiegare, è imperativo spingersi fino ai 660 metri di quota per ammirare la fortificazione più alta ed isolata del Parco: il magnifico Forte Diamante, chiamato così perché ricorda la forma di un brillante. Grande vantaggio di chi sceglie l’escursione del Parco delle Mura è la sua modulabilità; infatti potrete decidere voi stessi quanto far durare la vostra escursione, in base a difficoltà e tempo a disposizione, senza rinunciare a visitare i Forti. Se poi si vuole rendere la visita ancora più pittoresca, alla fermata di “Campi”, la Ferrovia Genova-Casella connette l’area dei Forti con il centro città. È possibile scoprire il percorso del Parco Urbano delle Mura e dei Forti attraverso visite guidate, accompagnati da una guida escursionistica esperta.
Sebbene poco conosciute, le alture di Genova rappresentano una valida alternativa alla calura estiva e alle spiagge affollate: ricche di bellezze naturali e di curiosità storiche, regalano panorami emozionanti e momenti di serenità da assaporare in un ambiente ancora incontaminato.
Da Vesima a Capolungo il mare in città
Di Valentina CarosiniChiedi a un genovese dove va al mare fuori città e risponderà, resterà sul generico ma risponderà: Spotorno, Bergeggi, Riva Trigoso, Sestri Levante, i più esotici Corsica o Sardegna. Chiedi a un genovese dove va al mare a Genova e lì la strada per ottenere una risposta diventerà tutta una lunga salita, tutta curve, il fondo in risseu, comoda come una crêuza sotto la pioggia con le infradito, insomma: una delle nostre. Sì, perché il mare in città è una categoria quasi
privata, fatta di possibili soluzioni, dal tuffo in pausa pranzo al tramonto su uno scoglio aperitivo incorporato, allo scorcio da godersi in ogni caso in solitaria, o più in solitaria possibile. Il genovese non è “animale da branco” sulle spiagge,
se può si “camalla” (in italiano: “si trascina dietro”) asciugamano e ombrellone pronto ad andare “un po' più in là che c'è meno casino”. Tra tutte le location possibili ognuno ha le sue e se le tiene strette, salvo poi riconoscersi tutti sullo stesso bagnasciuga con la granita in mano. Meglio andare all'esplorazione in autonomia, tentando un rapido excursus tra le spiagge a di-
sposizione con in più qualche chicca da riservare a chi non ama la calca e vorrebbe stare un po' per conto suo, almeno nelle stagioni in cui questo è possibile, a godersi il mare. Partiamo col dire che se siete in cerca di sabbia bianca, bisognerà andare altrove. Vi risparmiamo la fatica di cercare gli atolli nel genovesato. Ma se cercate mare cristallino, fondali da
Il mare in città
snorkeling, scogli per tuffarsi (occhio alla testa!), o una bella spiaggia dove accomodarvi per guardare l'orizzonte ecco che allora questa “guida” potrà essere utile. Partiamo per comodità dal centro città. Genova dispone di un lungomare tra i più affascinanti della Liguria. Parliamo di corso Italia, l'affaccio al mare principale della città, nel cuore del medio-levante genovese. Raggiungibile comodamente via treno più autobus, oppure una passeggiata dalla vicina stazione di Brignole, una ventina di minuti distante, e al turista si spalanca la vista sul quartiere della Foce. Da un lato la zona della ex Fiera, dove corrono i lavori per la realizzazione del nuovo Waterfront di Le-
vante, su disegno dell'Archistar Renzo Piano e, dall'altro, con le spalle ai monti e lo sguardo al mare, sulla sinistra ecco corso Italia.
Più di due chilometri di fronte mare, la promenade della città, con la sua nuova pista ciclabile, termina a Boccadasse, forse la cartolina più famosa di Genova, ma lungo il percorso offre tutta una serie di possibili scelte tra stabilimenti o spiagge libere che costeggiano la chiesa dei Santi Nazario e Celso e il forte di San Giuliano. Tra i punti di riferimento i Bagni San Nazaro, gli Stelli sul Mare e la piccola spiaggetta di Boccadasse. I primi, già comunali, oggi gestiti da Bagni Marina Genovese hanno anche la piscina, per i piccoli e per i grandi. Cucina, ristorante e bar, con
cabine, lettini sdraio e ombrelloni. Per chi non teme le spiagge di pietre, Boccadasse qui è ovviamente la location più caratteristica. Una discesa verso il mare blu-verde, tra le barche ormeggiate in uno dei panorami tipici di Genova, la spiaggia è libera, c'è chi porta con sé una sdraietta, chi si adagia direttamente sull'asciugamano: all'ora di pranzo o dell'aperitivo frittino di pesce nel cartoccio oppure un gelato dall'Antica Gelateria Amedeo, nell'antica creuza che da corso Italia scende giù verso il mare non possono mancare. Spostandosi dal centro città verso il levante si arriva a Nervi, l'ultimo avamposto cittadino verso est: se i genovesi amano il lungomare Anita Garibaldi c'è un perché. Dai primi dell''800 uno dei luoghi del cuore e meta imperdibile per chi passa da Genova, due chilometri di percorso raggiungibili via treno, con la stazione ferroviaria appena alle spalle accanto ai Parchi di Nervi, regala uno scorcio unico. Seguendo la tipica ringhiera azzurra che delimita tutto il tracciato il lungomare unisce il porticciolo di Nervi con la spiaggia di Capolungo, l'ultima prima del confine con il limitrofo comune di Bogliasco. Lungo il tragitto troverete una scogliera di massi che accolgono in alta stagione i teli da mare dei genovesi che arrivano da ogni parte della città per un tuffo veloce e qualche ora di relax non troppo affollato.
Alla fine della passeggiata si incontra di nuovo una spiaggia, ad accesso libero, quella di Capolungo. Aperta al pubblico liberamente, una delle spiagge più conosciute di tutto il levante, perfetta per qualche ora lontani dal traffico e dai rumori della città. Nota importante per i freddolosi da spiaggia: il sole scende dietro la scogliera presto, dall'ora del sunset in avanti si è in ombra. Ma il mondo dei bagnanti si divide in due grandi partiti: chi pur di fare un tuffo affronta scogli e pietre e chi invece predilige la spiaggia, più o meno fine.
Se rientrate nella seconda ipotesi dal levante servirà un'inversione di rotta, alla scoperta del mare nel ponente città. Lasciato alle vostre
spalle il centro, comodamente raggiungibile via treno in una ventina di minuti, qui troverete il lungo arenile pubblico della delegazione di Voltri.
Spiaggia attrezzata di docce, con accessi dal lungomare a partire da pochi passi ad ovest rispetto alla stazione, l'arenile è ampio e lungo un paio di chilometri. Sulla passeggiata bar e punti ristoro non mancano, la spiaggia in pietroline si presta a lunghe passeggiate o anche ad accomodarsi con un semplice telo senza sdraio al seguito. Ottimo punto di riferimento ad inizio stagione, giugno in particolare, per qualche ora di mare in settimana o al tramonto, occhio ai week end di luglio, periodo in cui l'afflusso è no-
tevole e può essere complesso trovare un francobollo di sabbia per stendersi nella quiete. Spingendosi ancora più ad ovest da Voltri a Vesima, l'ultimo avamposto questa volta a ponente in territorio comunale, il passo può essere più o meno breve, a seconda del mezzo utilizzato. La prima buona notizia è che qui c'è una stazione ferroviaria proprio fronte mare, da giugno a settembre tutti i treni fermano in zona e scendendo qui le soluzioni per un tuffo possono essere molteplici. Per chi si muove in auto: Vesima è la spiaggia di riferimento dei giovani genovesi. Da Villa Azzurra, proprio sotto lo studio di Renzo Piano, alle calette sotto la ferrovia che lambiscono il vicino comune di Arenzano, in
Il mare in città
piena estate questo è territorio da scooter. Tutti o quasi arrivano sulle due ruote, spesso trovare un posteggio in auto può essere complicato in particolare a giugno e luglio; tanto vale optare per il trasporto pubblico (sì il treno, ma fermano anche gli autobus della linea provinciale, che da Voltri vanno verso Arenzano e Cogoleto). Fronte stazione la prima lunga spiaggia che ha anche in dotazione due locali per un aperitivo sul mare o per una cena post spiaggia, il secondo prevede nel menù oltre a pesce anche piatti tradizionali e, pure se non siamo a Recco, potrete trovare la focaccia al formaggio.
Tornando verso Voltri, invece, incapperete in Villa Azzurra: dalla passeggiata una ripida scaletta porta alla spiaggia, in ciottoli: dotata di bar, docce, possibilità di affittare una sdraio, mare cristallino e scogli per i tuffi. Qui schiere di genovesi hanno passato la loro adolescenza, prima età adulta, aprendo la stagione dei bagni e delle pizze in spiaggia nelle tiepide e luminose serate estive. Nota a margine: tutte o quasi le pizzerie da asporto della zona raggiungono per un delivery la zona. Al chiaro di luna, con una pizza in mano tutto è possibile: approfittatene, e godetevi l'atmosfera.
Paganini sulle tracce della prima
rock star genovese
Di Valentina CarosiniIl violino più famoso al mondo, un tour europeo da 400 concerti, l'enfant prodige che partito da Genova ha costruito un mito che incantò persino Metternich, mito ancora intatto oggi a più di duecento anni di distanza.
Niccolò Paganini, forse la prima star internazionale a cavallo tra l'età moderna e quella contemporanea, ha lasciato tracce profondissime nella memoria della sua città, Genova, che gli ha dedicato luoghi ormai diventati quasi di culto, a partire da quello in cui viene conservato il suo violino, il Cannone, che suonò quasi ininterrottamente per tutta la sua carriera di musicista e compositore. Una rock star dell'epoca, che trovò anche il tempo per tramandare ai posteri una ricetta dei ravioli 'au tuccu', finita custodita negli archivi oltreoceano della Library del Congresso di Washington.
In una giornata di tarda primavera ripercorriamo quelle tracce e immaginiamo di vedere la città con i suoi occhi, tra le vie del centro storico e quelle di quartieri ormai scomparsi. E' un tour in 12 tappe quello che ripercorriamo con Michele Trenti, musicista e presidente degli Amici di Paganini oltre che direttore artistico del Paganini Genova Festival.
"Nel 2014 - racconta Trenti - abbiamo realizzato un percorso facendo apporre dal Comune, con un finanziamento della Regione, quelle che noi l'abbiamo chiamato 'pietre di incontro', delle targhette a terra nei luoghi legati a Paganini. Sono dodici e creano così un percorso ideale in città, che parte da Palazzo Reale per arrivare sostanzialmente a Villetta Di Negro. Sono i luoghi
notevoli legati alla vita genovese di Paganini". Un percorso diventato anche una visita guidata che viene curata proprio dall'associazione paganiniana.
La prima tappa è un luogo simbolico della sua carriera. "A Palazzo Reale - prosegue Trentic'era il teatro Falcone, il più antico della città, dove nell'Ottocento Paganini fece un concerto davanti al re, Carlo Felice, e alla regina. La seconda tappa invece è all'oratorio di San Filippo, dove Paganini fece il suo primo concerto da bambino".
Poco distante, risalendo nel centro storico, si arriva poi a Palazzo Tursi, la sede del Comune, che ha dedicato al celebre violinista le cosiddette "sale paganiniane". "E' qui - sottolinea - che è conservato il Cannone, il violino che venne donato a Paganini e che lui suonò praticamente senza interruzioni per tutta la vita".
Si resta nel centro storico, attraversando la Maddalena si arriva alla chiesa delle Vigne, dove Paganini si esibì ancora ragazzino durante una festa cittadina. "Quinta tappa - ricorda il
dente degli Amici di Paganini - è il Teatro Carlo Felice in cui Paganini suonò al ritorno dalla sua tournée Europea, perché il teatro fu ricostruito mentre lui era lontano da Genova". "La sesta tappa - riprende - è invece quella dell'attuale Tribunale che a suo tempo era l'ospedale di Pammatone, dove Paganini sempre al ritorno dal suo tour in Europa durante l'epidemia di colera si fermò e lasciò anche una somma di denaro destinata alle cure dei malati.
La settima tappa è Palazzo Ducale dove Paganini venne imprigionato". L'episodio è quello del 1814, proprio all'apice del successo che costò al virtuoso una prigionia nella Torre Grimaldina di Palazzo Ducale e un processo per 'mancata promessa di matrimonio' e 'rapimento e violenza di una minorenne', oltre al pagamento di una cau-
zione da 1200 lire per essere rimesso in libertà. Ottava tappa è la chiesa di San Donato dove è conservato l'atto di battesimo, strettamente legata alla nona che è invece la chiesa di San Salvatore dove Paganini fu battezzato ma che venne sconsacrata.
cademia e per la prima volta un concerto a pa gamento con una sua composizione".
Le ultime due tappe sono poi Villetta Di Negro dove a Paganini ancora in vita venne fatto erigere un busto all'ingresso della Villa, che poi scom parve rubato in una notte. L'ultima tappa è nei pressi della casa natale, che si poteva raggiun gere da via del Colle, nel Sestriere del Molo inte ressato negli anni '70 dalla rivoluzione urbanistica che cancellò anche via Madre di Dio.
Ma come nasce il mito di Paganini?
"Nasce già ampiamente durante la sua vita - racconta ancora Trenti - e parte dalle caratteristiche della sua personalità e anche contemporaneamente da un incredibile talento comunicativo. Oggi si direbbe una capa cità di comunicazione e anche di arrivare al pub blico fuori dal comune. Curava questi aspetti in un'epoca in cui non erano nemmeno presi in considerazione. Paganini si fa l'imprenditore e cura questi aspetti, creando una carriera con aspetti assolutamente particolari e originali".
Un'unicità e un virtuosismo già evidente nell'infanzia anche se la sua più grande fama la acquisisce più avanti con l'età. "Paganiniricorda Trenti - ha il suo primo impiego professionale all'età di 22 anni nell'orchestra della città di Lucca, dove si era insediata la sorella di Napoleone. E lui rimane per quattro anni alle dipendenze di una corte, seguono poi alcuni anni anche nell'ombra. E poi l'inizio dei concerti. A 31 anni fa la sua prima apparizione al teatro della Scala e per altri undici anni gira esclusivamente l'Italia". Una fama costruita a Genova, ma solidificata lontano dalla sua città, un percorso circolare che lo vedrà tornare sotto la Lanterna dopo anni passati in giro per il mondo. "Il più grande attosottolinea Trenti - fu quello di intraprendere una tournée in tutta Europa che organizzò tutto da solo; girò per sei anni tutta l'Europa in carrozza facendo oltre 400 concerti, un'impresa assolutamente inaudita per quel tempo". Lì la nascita della leggenda che poi non ha mai cessato di esistere, "anche per il fatto che - spiega ancora
il presidente dell'associazione Amici di Paganini - forse fortunatamente non c'erano ancora né fotografie né registrazioni e tutto rimane circondato da un alone di mistero".
Il suo non fu solo un successo di pubblico, ma anche tra i più grandi musicisti dell'epoca. "Aveva un modo assolutamente personale di suonare - ribadisce Trenti - con una tecnica frutto di uno studio indefesso che lui in massima parte portò avanti come autodidatta".
Poi c'è il talento innato. "Tutta Europa - spiega ancora - conosceva Rossini con le opere e Paganini faceva qualcosa di analogo ma strumentale: le sue composizioni sono come arie d'opera trasposte sul violino".
Dal 2017 Palazzo Tursi ha dedicato a lui una serie di sale dove si trova il suo violino, il Cannone, che nel suo testamento Paganini lasciò come dono alla città natale e che lì venne trasferito dieci anni dopo la sua morte, su sua volontà, nel palazzo che proprio in quegli anni diventò la sede della municipalità di Genova.
Area Expo
Galata, Sottoripa, il mare che non c’era
Di Valentina CarosiniGenova ha un prima e un dopo in tante pieghe della sua storia: in quella architettonica e urbanistica questo prima e questo dopo passano per il mare ritrovato, l'affaccio della città, qualcosa che è entrato a far parte dell'identità della città al punto da non riuscire più a ricordare quando mancava.
Era il 1992, anno chiave, quello delle Colombiane e del grande progetto di rinnovamento di Genova da cui è nata l'odierna area del Porto An-
tico, che ospita la principale vetrina turistica del capoluogo ligure, dove ci sono l'Acquario e il Galata Museo del Mare, prima meta di visita per chi arriva in città. Eppure, quell'area, prima del 1992 era una lunga cancellata chiusa, che separava il centro storico dalle attività dello scalo, in uno dei porti più importanti del Mediterraneo.
Il mare, semplicemente, non si vedeva.
Il '92 che ha riunito la città al suo mare è uno di quegli anni di svolta, come per Genova furono
solo il 2001 con il G8, il 2004 Capitale della Cultura, in cui tutto cambia e si muove, momenti che segnano un 'prima' e un 'dopo'. Un 'dopo' in cui niente è più come prima.
mente cosa rappresenta il Porto Antico per Genova conviene perdersi tra le sue calate e i suoi moli. Ed è generalmente l'alba, estate e inverno non importa, momento in cui la grande area che va da piazza Caricamento ai Magazzini del Cotone - un tempo silos portuali, oggi penisola cittadina che ospita uffici, congressi, ristoranti, vita notturna e la principale radio della Liguria, Radio Babboleo - si popola di podisti, corridori, ragazzi e ragazze che si allenano a cielo aperto fronte mare. Un polmone che si autoalimenta - con qualunque clima e meteo- nell'aria salata e lenta delle 6 del mattino.
Fu così anche per il Porto Antico, una storia antica, gloriosa e affascinante ma separata dal resto della città, e poi riunita, tanto da diventare uno dei poli più attrattivi del capoluogo ligure. C'è un orario del giorno in cui, per capire real-
Per notare il prima e il dopo basta addentrarsi in una delle antiche 'sciamadde', a metà tra le friggitorie e le gastronomie, in particolare in Sottoripa, la lunga via porticata che costeggia il limitare del centro storico affacciandosi su Cari-
camento, tra i più antichi esempi di porticati pubblici in Italia. E' nelle 'sciamadde', tra una teglia di farinata, le torte di verdura tradizionali, che spesso si trovano sulle pareti vecchi scatti della Genova di un tempo, ritrovando quel clima che ha caratterizzato 'l'angiporto' della città per secoli, luogo di scambi commerciali e artigianali, botteghe e magazzini che ospitavano mercanti, pescatori, marinai e artigiani che gestivano attività legate al mare, di cui ancora oggi c'è traccia nelle botteghe storiche dei 'caruggi'.
Il grande progetto di rinnovamento del Porto Antico di Genova negli anni '90 fu affidato all'architetto Renzo Piano, che creò un piano di recupero trasformando per sempre l'area di affaccio al porto in un moderno complesso turistico, culturale e commerciale, tra palme e attrazioni.
Il nuovo Porto Antico, inaugurato nel 1992, presenta una serie di strutture, tra cui l'Acquario di Genova, uno dei più grandi d'Europa e che attrae visitatori da tutto il mondo, ma anche centri con-
gressi, un cinema multisala, ristoranti, bar, negozi. Il tutto conservando ancora alcuni degli elementi storici, simbolo della città. E' qui che si svolgono i principali eventi culturali, fiere, concerti e spettacoli che animano la vita della città,
simbolo di rinascita e rigenerazione urbana, contribuendo a riportare l'attenzione sulla ricca storia marittima di Genova.
I FONDAMENTALI
Per chi arriva a Genova, dopo una tappa-focaccia d'obbligo in uno dei forni di via San Lorenzo o via Canneto, spesso la meta principale è l'Acquario, uno dei più grandi e importanti d'Europa. Situato lungo ponte Spinola, che termina nell'Isola delle Chiatte, da cui si ammira il panorama più romantico dello scalo genovese, la sua storia inizia negli anni Ottanta quando un gruppo di biologi marini e di appassionati di mare si unì per
creare un centro di ricerca e divulgazione scientifica dedicato all'ambiente marino. Inaugurato nel 1992, si estende su una superficie di circa 9.000 metri quadrati e ospita una vasta varietà di specie marine provenienti da tutti gli oceani del mondo, circa 15mila animali. All'interno si possono ammirare più di 70 ambienti diversi, tra cui l'oceano tropicale, la bar-
riera corallina, l'area dei delfini, la vasca con le razze, quella dei leoni marini, quella degli squali. Continuo è il suo impegno nella conservazione e nella ricerca scientifica che si declina in un'opera che va dalla sensibilizzazione del pubblico sull'importanza della tutela degli oceani, ai progetti di ripopolamento e recupero delle specie marine in pericolo.
L'Acquario ha negli anni intrecciato strette collaborazioni anche con altre istituzioni scientifiche per condurre studi sul comportamento e la biologia degli animali marini.
Al passo coi tempi che corrono e cambiano continua ad evolversi e ad aggiornarsi, introducendo nuove esposizioni e programmi educativi per stimolare la consapevolezza ambientale, punto di riferimento per gli amanti del mare e una preziosa risorsa per la ricerca e la conservazione degli ecosistemi.
Nel viaggio tra i 'fondamentali' di Genova nell'area del Porto Antico non può mancare una visita al Galata - Museo del Mare, dedicato alla storia marittima della città e alle sue relazioni con il mare, in una lunga carrellata storica dell'evoluzione della navigazione, delle scoperte geografiche e dell'importanza del mare nella vita di Genova.
Il Museo Galata si trova all'interno di un edificio restaurato, all'interno del quale i visitatori possono esplorare una vasta collezione di oggetti marittimi, modelli di navi, strumenti di navigazione e reperti storici. Una delle sue principali attrazioni è la ricostruzione a grandezza naturale del 'Galeone Neptune', antico galeone spagnolo che regala la possibilità di immergersi nell'atmosfera di un tempo passato e di capire a fondo le sfide dei marinai di quell'epoca. Il 'mare che non c'era' è un'espressione che descrive l'importanza vitale del mare per la storia e lo sviluppo di Genova, di una città cresciuta e sviluppatasi grazie al suo legame con il mare e la sua importanza per l'identità della città, che continua ad essere celebrata nelle sue luci e nei suoi scorci, in un'area che oggi è il cuore pulsante della vitalità genovese, alla portata di tutti coloro che scelgono di fare visita alla Superba.
I Parchi: Parchi
di Nervi, Villa Duchessa di Galliera, Villa Durazzo Pallavicini, Villa Serra
Di Valentina CarosiniGenova non è solo blu, ma si può scoprire anche seguendo un caratteristico fil rouge, anzi in questo caso, un fil vert, come il verde che circonda le sue ville storiche.
Parlando di polmoni verdi nel cuore della città non si può non citare la rete dei parchi cittadini di Genova, vere e proprie oasi immerse in un tempo
sospeso, lontano dallo scorrere veloce della vita urbana e per questo degne di un itinerario turistico alternativo. In ordine di fama, il più conosciuto è quasi certamente il Parco di Nervi, anzi i Parchi di Nervi, area pubblica situata nel levante cittadino, nel quartiere omonimo di Nervi, incastonato come una gemma tra il mare e la collina.
Raggiungibile in poco più di una mezz'ora dal centro città con il trasporto pubblico, meglio con il treno che ferma proprio a pochi passi dai suoi cancelli, il parco di Nervi è una villa storica di antiche origini.
Sotto il nome al plurale, i parchi di Nervi, si racchiudono almeno cinque ville tra cui il complesso comunale del parco, con i suoi prati e caratteristici sentieri, che offrono un percorso botanico ricco di varietà e negli anni sono diventati la patria degli scoiattoli, residenti ufficialmente: scoiattoli grigi che si contendono l'area con un'altra
nutrita comunità di scoiattoli rossi, che non è raro trovare a scorrazzare nei prati alla ricerca di turisti dotati di noci.
Il nucleo più antico della villa risale al 1600, quando i monaci benedettini vi piantarono le prime viti, nel 1931 il parco fu donato al Comune
di Genova e aperto al pubblico con i suoi 92.000 metri quadri di area, utilizzata per eventi, mostre, spettacoli, concerti, danza, la storica Euroflora, e come area pubblica per cittadini e turisti. Affacciato sulla passeggiata Anita Garibaldi, uno degli scorci più suggestivi di Genova, il parco ha al suo interno un giardino all'italiana, un roseto tra i più grandi d'Europa che ospita migliaia di varietà. In primavera e in autunno il parco si popola di ragazzi, studenti, genovesi in cerca di un angolo rilassante per stendersi sui suoi prati e abbandonarsi al sole o alla lettura. E manifestazioni come Euroflora o il Nervi Music Ballet Festival hanno riportato i Parchi all’antico splendore del Festival di danza di Mario Porcile o del cinema all’aperto nel roseto.
Lasciando per un attimo il levante genovese e passando al ponente città, nel cuore del quartiere di Voltri, si trova la seconda villa storica del nostro itinerario alla scoperta dei parchi urbani: si tratta di Villa Duchessa di Galliera, che deve il suo nome alla famiglia Brignole-Sale, che acquistò i terreni sul finire del 1600, progettò e portò a termine i lavori di villa e parco e nel 1888 lasciò l'area in eredità all'omonima Opera Pia, da cui passò nelle mani del Comune nel 1985. Il corpo centrale della villa si raggiunge in venti minuti circa dal centro con l'autobus della linea urbana 1 di Amt oppure in treno, con una breve passeggiata dalla stazione di Voltri fino al centro storico della delegazione alle spalle di via Camozzini.
Arrampicato sulla collina, il parco si estende per oltre trenta ettari ed è costituito da una costruzione centrale, la villa vera e propria, che si raggiunge attraversando un vasto giardino terrazzato circondato da due scaloni monumentali. All'interno trovano spazio giardini botanici che ospitano tra gli altri cedri, ginepri, magnolie, palme, piante sudafricane e un'area con la vegetazione tipica ligure. Nel cuore del parco anche la grotta attraversata da una cascata che scorre nei sotterranei del palazzo.
Durante l'estate il vasto giardino ospita spettacoli teatrali suggestivi, anche serali, che ne fanno una meta per gli appassionati. E c’è anche uno splendido teatrino di corte all’italiana. Sulla cima, quasi al limitare del Santuario delle Grazie, recinti con daini e caprette tibetane sono l'attrattiva principale per le famiglie e per i più piccoli.
Un salto nella delegazione accanto, quella di Pegli, e troviamo un altro parco, quello della Villa Durazzo-Pallavicini. Una perla, dal 2017 dichiarato 'Parco più bello d'Italia', l'area nasce nel 1600 ma il parco per com'è conosciuto oggi risale alla metà dell'Ottocento, già di proprietà delle famiglie Grimaldi, e poi Pallavicini-Durazzo.
Raggiungibile via treno, a pochi metri dalla stazione di Pegli, la villa offre la possibilità di visitare il giardino botanico interno, ospita al suo interno il Museo di Archeologia ligure, e la celebre area del tempio di Diana, esempio di neoclassico immerso nel lago del parco, un percorso catartico per immergersi nella natura, nelle sue luci e nelle sue ombre. A ogni villa il suo mistero
e i suoi fantasmi, il parco secondo leggenda ospiterebbe apparizioni cicliche da un lato di quello che sembrerebbe essere stato identificato nell'architetto creatore della villa, dall'altro quello di una dama dai lunghi capelli corvini, una fanciulla fantasma evanescente che comparirebbe davanti a visitatori distratti e immersi nel clima magico del parco.
E la stessa immagine architettonica di Villa Durazzo Pallavicini, con varie arie, dal laghetto navigabile, alle grotte, alle camelie in fiore, è
costruita come se il parco di Pegli fosse il sipario di un’opera lirica divisa in vari atti, qualcosa di unico in Italia.
L'ultimo parco compreso nel nostro tour è quello di Villa Serra di Comago, settecentesca costruzione con un ampio giardino che sorge nel primo entroterra di Genova, nella zona di Sant'Olcese.
Parco all'inglese, ampio prato che circonda una rete di laghetti e ruscelli estesa per nove ettari, la villa è un incrocio di stili, che vanno dal neogotico, al richiamo medievale delle torrette. I lavori di restauro sono stati completati nel 2004 e oggi la villa è gestita da un consorzio che unisce i comuni di Genova, Sant'Olcese e Serra Riccò che ne hanno fatto uno spazioeventi, capace di ospitare concerti, manifestazioni sportive e festival, oltre a richiamare visitatori in cerca di una boccata d'ossigeno, all'ombra dei suoi alberi. Anche in questo caso Paradiso in città.
Le antiche vie romane e la via del Sale
Valentina CarosiniC'è un lungo filo rosso che collega i segreti di Genova, tra l'entroterra da scoprire e gli scorci sulla costa, un reticolo che attraversa cuore e storia della città.
E' andando alla scoperta delle antiche vie romane e delle Vie del Sale che si può costruire un percorso alternativo, rileggendo Genova in una chiave insolita, quella delle sue crose.
Da ponente a levante, da Voltri a Nervi, un sentiero tortuoso, quell'antica e lenta via Romana che attraversava e attraversa la Superba, solo in qualche tratto inglobata dalla città, tra saliscendi lastricati, tracciato che quasi in ogni delegazione prende un nome diverso, ma che costituisce una
sorta di continuum, ancora oggi percorribile. Fanno parte delle antiche strade pubbliche consolari, la prima via di scorrimento est-ovest, un vasto reticolo che si estendeva in tutto l'Impero romano, di fondamentale importanza per il commercio e il trasporto di merci. Partendo da ovest, si può ripercorrere la via Romana di Voltri, che oggi collega la delegazione con la zona di Crevari, collina affacciata sul mare del ponente città. Un'area paesaggisticamente tra le più attrattive della città, si raggiunge prendendo dal centro gli autobus cittadini della linea 1, fino al capolinea di Voltri; lasciandolo alle spalle e superato il ponte sul torrente Cerusa, la strada si arrampica fino alla cima della collina, diventando via Romana di Vol-
tri. La parte verso Vesima costituiva il collegamento tra la città e le riviere, accanto ad edifici storici e subito sotto l'area di Campenave, su un'altra direttrice verso nord che invece è legata ad una delle storiche Vie del Sale.
Un salto di delegazione e tra Voltri e Prà, in direzione del centro, partendo da via Ventimiglia, tra il tracciato dell'autostrada A10 e il limitare del quartiere del Cep, un altro tratto di via Romana (questa volta via Romana di Prà) ha resistito alle stratificazioni e alle costruzioni degli anni del boom economico, tra palazzoni e strade trafficate. Un tracciato ancora oggi visibile e che un tempo arrivava a lambire le aree costiere della delegazione, sulle cui spiagge negli anni Cinquanta si riversava tutta Genova, prima dell'ampliamento del porto a ponente.
Procedendo verso est, e verso il centro di Genova, si incontra la delegazione di Pegli, che ha anch’essa il suo tratto di via Antica Romana, nello specifico quello che collega la bassa Val Va-
renna con l'abitato di Multedo e poi dritto fino a Sestri Ponente, passando da Villa Gavotti. Percorsa da podisti, studenti e residenti per raggiungere la vicina Aurelia, la via Antica Romana di Pegli è una passeggiata verso la collina, che costeggia dimore nobiliari tra cui la celebre Villa Rostan, oggi sede del Genoa Cfc e del suo limitrofo centro di allenamento, un tempo simbolo di un'architettura che richiama come prototipo quella delle antiche ville delle famiglie genovesi. Un tempo carrabile, il tratto permetteva l'accesso in carrozza e il collegamento con il vicino quartiere di Sestri Ponente.
E non è un caso che sia stata inserita fra quelle visitabili nell’ultima edizione dei Rolli Days, che il curatore Giacomo Montanari apre a sempre
nuove zone e ville, anche al di fuori del tradizionale percorso in centro città.
Il percorso delle vie Romane, se si esclude la stratificazione del centro cittadino, riprende poi nel levante di Genova, tra Sturla, Quarto e Quinto. La via Romana di Quarto si raggiunge partendo da dietro corso Europa, una delle principali e trafficate arterie cittadine, per immergersi in un percorso lontano nel tempo.
centro di Genova con Quinto, passando attraverso le colline circostanti. La strada era parte di una rete di vie che collegava Genova ad altre città dell'Impero Romano.
Costruito secondo gli standard delle strade romane, con un pavimento solido e spesso stazioni di cambio dei cavalli lungo, il percorso nonostante le modificazioni nel corso dei secoli conduce dritto ad una perla del levante, la zona di Murcarolo e di Nervi, da cui si accede ad uno degli scorci più conosciuti in città.
E, al confine toponomastico fra via Romana della Castagna e via Antica Romana di Quinto, dietro corso Europa e all’altezza del casello Genova Nervi dell’autostrada c’è anche l’unico uliveto murato della città.
Arrampicato tra i palazzi, con un selciato laterale in mattoni rossi e scalette, il tracciato si congiunge con via Romana della Castagna, e da qui la via Antica Romana di Quinto.
La via Romana di Quinto era una delle strade che permettevano di raggiungere il quartiere di Quinto da Genova. Questa strada collegava il
Se le vie Romane collegavano orizzontalmente città e riviere, per le vie del sale di Genova vale invece un percorso perpendicolare, dal mare all'entroterra; e vale anche il plurale, perché costituivano più che una sola strada una rete di percorsi e strade che collegavano la città alle saline e poi più su, lungo i tracciati commerciali che seguivano le merci da Genova alla pianura e alle città del nord. Primo tra tutti il sale usato non solo come prodotto, ma anche come merce di scambio. Strade e sentieri appositi per agevolare il commercio vennero costruiti in modo più strutturato nel corso dei secoli, per diventare in epoca Medievale arterie di comunicazione vere e proprie attraverso valli e l'Appennino ligure
alle spalle della costa. Percorsi, questi, che servivano il porto di Genova. Reticoli fondamentali che prevedevano anche la presenza di strutture per ospitare viandanti e mercanti, ma anche oratori, cappelle di preghiera, rifugi. Tutto intorno nascevano i borghi del primo entroterra. Ma non solo. Rappresentando le strade più battute e uniche vie di collegamento con il Nord nei secoli sono stati anche percorsi pieni di mistero. Uno di questi è legato alla cosiddetta o Cà de Anime di Voltri, sul tracciato che dalla delegazione del ponente genovese si arrampicava verso il passo del Turchino. Un antico edificio di cui ancora oggi c'è traccia e utilizzato come locanda, nel quale leggenda narra di apparizioni misteriose: sarebbero i fantasmi degli ospiti
della struttura, caduti vittime dei locandieri che si appropriavano nottetempo dei loro averi. Insomma, i tracciati oggi percorribili sotto il nome di vie del Sale, a Genova, comprendono diverse strade e diverse storie: dalla Via del Sale di Voltri, che collega la costa alla vallata interna di Tiglieto, alla Via del Sale di Pegli, che conduce da Pegli all'entroterra della Val Varenna e da lì alla Val Polcevera. Questi percorsi offrono una vista panoramica sul territorio ligure e rappresentano un modo diverso per conoscere il territorio in tutte le sue peculiarità. La riscoperta degli ultimi anni ne ha fatto una meta per itinerari turistici e percorsi sportivi per appassionati di trekking, bellezza paesaggistica, storia, sport e mistero.
Magical Mistery Tour :
mondo
Non è per le abitudini, tantomeno per la mondanità, per una vaga assonanza linguistica, stile, bandiere, organizzazione della società o della politica che Genova si è guadagnata nei secoli la fama di 'città più inglese d'Italia'. C'entrano forse gli scorci, l'approccio, l'umore, il silenzio che impone una vista maestosa e vagamente malinconica. E perché no, magari anche per una certa attitudine al mistero. Vale per Genova come per tutta la Liguria e si può provare a pensarepiù che al tono british - alla Regione dal clima più 'vittoriano', romantico (pre o post, poco importa), o in qualche caso gotico d'Italia.
Basta immergersi in un dipinto di Claude Monet, come quello che ritrae il ponte di Waterloo o il Parlamento di Londra inghiottiti dalla nebbia, per sentire una certa familiarità con 'maccaia' e Caligo. E poi guardare il Viandante sul Mare di Nebbia, il simbolo del Romanticismo: se levi i monti di sfondo e ci metti il mare, alla fine, non è come essere su una delle nostre scogliere?
Potrebbero averlo pensato i tanti inglesi che nell''800 si trovarono ad attraversare la Liguria e Genova, allora fuori dal Grand Tour europeo e dalle tipiche mete di viaggio italiane come Venezia o Firenze, finendo poi per esserne folgorati e
dalla Albaro di Mary Shelley al cimitero monumentale più bello delDi Valentina Carosini
in qualche caso rimanere. Accadde per Charles Dickens con Genova finita in uno dei suoi racconti, Ventimiglia con Villa Hanbury nata dall'amore di Sir Thomas Hanbury - inglese - per l'ultimo avamposto del ponente ligure dove diede vita ad uno dei giardini botanici più famosi della Liguria, così come per Lord Carnarvon, l'egittologo - inglese anche lui - scopritore della tomba di Tutankamon che fece costruire - esattamente dall'altra parte della Liguria - Villa Altachiara a Portofino, ancora oggi luogo di mistero. Un po' come dire: aria di casa, qualcosa di familiare per un'enclave british che in Liguria trovò terreno fertile per mettere in qualche caso radici. Potrebbe essere forse per questo che un'altra inglese, non una a caso ma la regina dell'horror go-
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tico, finì a trascorrere circa un anno proprio a Genova. Un anno certamente non semplice nella vita già funestata di tragedie di Mary Shelley che,
quattro anni dopo la pubblicazione del suo Frankenstein - il primo romanzo gotico e di fantascienza della storia - scelse di soggiornare proprio qui a Genova, dove già era insediata una comunità inglese, in una villa sulla collina di Albaro, vicina a quella dell'amico e poeta Lord Byron. Nel settembre del 1822 la venticinquenne Mary, rimasta sola con l'unico figlio, dopo una serie di perdite personali compresa quella del marito Percy, si stabilisce a Villa Negrotto, palazzina nobile fronte mare, immersa in quella che un tempo doveva essere solo quiete collinare. Le finestre dell'edificio color ocra, che si scorge ancora oggi dietro il cancello privato che affaccia sull'attuale via Zara, hanno accolto il peso dei suoi sospiri in quei mesi genovesi, sette in tutto, inconsolabili dove Mary però raccoglie le forze e riprende a scrivere, prima di tornare a Londra. Ha già dato alla luce il suo capolavoro, che è esso stesso un mistero, nato da un sogno durante un soggiorno in Svizzera e che al suo ritorno in patria vedrà la sua prima trasposizione teatrale. Ma Genova e il suo ricordo si affacceranno in uno dei suoi racconti, 'Transformation'. "La villa in Albaro è visibile solo dall'esterno perché oggi è privata - racconta Luciano Rosselli, scrittore, autore insieme a Matteo Pastorino del volume
'Immagini silenziose', sul cimitero genovese di Staglieno, oltre che avventuriero e studioso di misteri e genovesità - c'era anche una targa (ndr: forse oggi tolta per alcuni lavori alla facciata) che
indicava l'edificio che ospitò Mary Shelley insieme agli amici della famiglia Hunt". Shelley prima di raggiungere Albaro soggiornò per un breve tempo anche nella zona del centro, in quello che
fu l'Hotel Croce di Malta, a Caricamento, che ospitò tanti altri celebri viaggiatori. Poco più di un salto temporale in avanti, e nel 1895 Genova ospita un'altra donna, anche lei in-
glese, anche lei sola. Lady Constance Mary Lloyd, all'epoca 36enne, ha appena lasciato Londra dopo una vita al centro dei salotti dell'establishment e della mondanità vittoriana, libertina e
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nista, Lady Constance è anche grande ammiratrice del lavoro di Mary Shelley. Potremmo immaginarle amiche, le due, anche se separate da mezzo secolo di distanza, con umori, aspettative e progetti diversi, entrambe alla ricerca di pace, sotto il cielo di Genova, ognuna con un approccio diverso alla città: melanconica la prima, più inserita la seconda. Constance Lloyd si trasferisce a Nervi prima, in un albergo, e a Villa Elvira a Bogliasco dopo. Del periodo genovese di Lady Constance ci sono tracce e resoconti, che riportano di una sua partecipazione alla vita sociale e in qualche modo di un suo 'sentirsi a casa', sotto la Lanterna. Morì a 39 anni dopo un'operazione per un fibroma all'utero, svolta proprio a Genova, e le sue spoglie non tornarono mai più in patria, neanche dopo la morte. In seguito alla sua scomparsa, Oscar Wilde venne a farle visita al cimitero di Staglieno dove Costance Lloyd riposa nel settore inglese del Monumentale. Sepolta con il suo nome, solo in seguito, alla tomba venne aggiunta la dicitura 'Moglie di Oscar Wilde'.
un tempo felice e ormai finito, quello con Oscar Wilde, nel pieno di uno scandalo culminato con l'arresto del poeta. Giornalista, scrittrice, femmi-
E' una delle ospiti celebri della necropoli genovese: partendo dalla collina di Albaro raggiungere la zona di Staglieno dista poco più di una passeggiata lunga e quasi pianeggiante dal mare all'entroterra della Valbisagno, risalendo il torrente per raccontare la storia di Genova anche nei suoi aspetti più malinconici e misteriosi. Arrampicato sulla collina del Veilino Staglieno, la Spoon River di Genova, è luogo dove il silenzio racconta.
E non solo lui. Lo fanno le lapidi e gli epitaffi, le statue, i monumenti funebri, i sepolcri e i mausolei, passando per le tombe semplici e popolari, i lunghi porticati ombrosi che celebrano o celano i propri ospiti. Progettato nel 1835 e aperto nel 1851, Staglieno parla e racconta: qui sono sepolti
quinquennio almeno lasciò traccia del suo passaggio firmando con il 666, numero demoniaco, i registri dei visitatori. Molti anni, prima sempre sulle cronache cittadine degli anni '90, si raccontava un'altra storia misteriosa su Staglieno, una di quelle che chi scrive questo articolo non ha mai più dimenticato.
Era quella di un senzatetto, che aveva l'abitudine di trovarsi in zona cimitero intorno all'orario
tra gli altri Giuseppe Mazzini, Ferruccio Parri, molti garibaldini che presero parte alla spedizione dei Mille partita da Quarto. E poi Nino Bixio, l'attore Gilberto Govi, Fernanda Pivano, Fabrizio De André. E c'è una certa aria che si può descrivere bene arrampicandosi sul fianco della collina che ospita il cimitero degli inglesi, un luogo dove il tempo si è fermato.
"Vicino alla tomba della moglie di Oscar Wildespiega Rosselli - c'è un portale costruito dall'architetto Coppedè che disegnò, oltre al noto castello Mackenzie, anche molte delle tombe che si trovano all'interno del cimitero che meritano una visita. A destra del portale inizia una piccola scalinata che porta al cimitero inglese. E' diviso in due parti, da un lato le lapidi bianche dei soldati. A sinistra un prato diviso in due campi e il boschetto delle tombe inglesi che qui sono state trasferite sul finire del 1800, provenienti dal cimitero di San Benigno". Tra i tanti misteri di quest'ala del cimitero meno battuta, le cronache dei primi anni duemila (come raccontò sulle pagine del Secolo XIX Ferruccio Sansa) riportavano anche di un misterioso visitatore che per un
di chiusura e farsi chiudere deliberatamente all'interno di Staglieno per trovare riparo nei loculi vuoti e passare, come si dice, la nottata. Il cronista che riportò questa storia, triste, misteriosa e meravigliosa insieme, oltre che destinata a rimanere impressa nella mente di chi la legge, raccontò al tempo anche la motivazione che diede l'uomo a chi lo aveva sorpreso: 'Paura nel cimitero di notte? Io ho paura dei vivi, non dei morti',
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avrebbe riferito con uno spirito pragmatico che ben racconta anche qualche aspetto della genovesità. E vai a dargli torto, verrebbe da pensare, pure con qualche riserva. Chi cerca un motivo per visitare il cimitero di Staglieno lo può trovare nelle parole di Rosselli, che agli itinerari artistici e architettonici del Monumentale ha dedicato un intero volume e anni di studi.
"Racconta la storia di una città - spiega - un culto e un simbolismo che oggi non esiste più. I monumenti stessi fotografano queste storie come quella di Italino, una delle tombe più suggestive. E' dedicata al bimbo che venne ucciso a Castelletto intorno al 1920 per aver scontrato un uomo mentre giocava a rincorrere un cerchietto. Ucciso da quello che oggi chiameremmo un maniaco". La sua tomba ritrae con una scultura un
bimbo che gioca e due mani che affiorano dal terreno e tentano di afferrarlo. Sono quelle di colui che lo buttò giù da un muraglione uccidendolo. "Il prosieguo della storia - conclude Rosselli - racconta invece del padre del piccolo che, nonostante lo strazio e il dolore per la perdita del figlio, finanziò le cure e l'assistenza per l'uomo che lo aveva ucciso, che non era in sé e non lo sarebbe mai più stato".
Genova città museo
Dalle antiche dimore agli scorci suggestivi tra i palazzi e il mare, passando per i capolavori dell'arte e i segreti da scoprire, Genova città-museo offre a chi la visita la possibilità di un viaggio nei secoli, partendo già da una semplice passeggiata per le vie del suo centro storico.
"Genova è davvero una città di musei, a volte di musei che sono capolavori di per sé, a cielo aperto, a volte di oggetti che hanno essi stessi una storia da raccontare - ci racconta - ed è incredibile il numero di capolavori artistici e archi-
Proprio qui, dove tutto è storia e non c'è quasi bisogno di andare alla ricerca di ciò che resta delle epoche passate, può però essere d'aiuto al visitatore avere accesso ad una lista contenente almeno i dieci - tenendosi bassi - più uno, capolavori essenziali da non perdere per chi arriva sotto la Lanterna e vuole scoprire di più dell'identità della città in cui si trova. Che i giorni a disposizione per visitare la Superba siano due o più, ecco un elenco stilato con la collaborazione di Anna Orlando, storica dell'arte specialista in pittura genovese e fiamminga antica, tra i massimi esperti di Rubens a livello internazionale, che afferra lo scrigno segreto e ci aiuta ad aprirlo per svelarne il contenuto.
10 capolavori più uno da non perdere per chi arriva sotto la Lanterna
Di Valentina Carosini
tettonici, non soltanto dipinti, 'disseminati' tra strutture museali e territorio, palazzi medievali, rinascimentali, chiese barocche e nuovi spazi novecenteschi. L'unicum è il patrimonio museale, con la sua varietà, le case-museo e l'offerta che comprende l'intera città".
Proprio per questo tra l'altro è nata “La Rotta dei Capolavori”, iniziativa ideata e curata da Anna Orlando per Comune di Genova con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, il primo network museale mai realizzato a Genova: in sintesi gli highlights - sempre fruibili - divisi in trenta tappe di ciò che davvero ogni turista, o ogni genovese, non può fare a meno di scoprire e conoscere, un percorso con interfaccia digitale e tramite il sito web la possibilità di accedere con qrcode a ciascuna location per approfondire i capolavori zona per zona.
Andando dritti al sodo ecco i capolavori di Genova, elencati non in ordine di importanza ma in ordine di legame, con chi racconta dell'opera.
Il primo da ricercare è 'La Cuoca', capolavoro assoluto di Bernando Strozzi che si può trovare ai Musei di Strada Nuova-Palazzo Rosso. Siamo nel centro storico della città, al civico 18 per la precisione di via Garibaldi, già via di Strada Nuova, uno dei 42 palazzi diventati patrimonio Unesco nel 2006.
Già la via è un'opera d'arte in sé, lo stabile è stato edificato nella seconda metà del 1600 e al suo interno ospita le collezioni d'arte della famiglia Brignole-Sale.
"Il New York Times - racconta Anna Orlando, parlando de 'La Cuoca' - la scelse come opera da segnalare a Genova per la sua storia e particolarità. La donna ritratta indossa un'insolita collana di corallo, che colpisce in quanto gioiello indossato da quella che non è una cuoca, ma un'inserviente di cucina che sta spellando del pollame. Di Genova e della Liguria racconta la tradizione del corallo, di cui la famiglia genovese dei Lomellini a Tabarca aveva il monopolio dell'estrazione.
E poi racconta, con la pittura della realtà, la concretezza, il pragmatismo, il rimboccarsi le maniche proprio della società genovese del tempo. Questa era un'aristocrazia di censo che non derivava dal possedere terre e da titoli nobiliari, ma dal lavoro. Un'aristocrazia che, dal punto di vista culturale, è più vicina alla borghesia ed è caratterizzante della società genovese, diventando per questo anche un modello a livello europeo".
La seconda opera in elenco è 'Il Cannone' di Paganini conservato ai Musei di Strada Nuova ma questa volta a Palazzo Tursi che è anche sede del cuore del Comune di Genova. Forse il più famoso violino al mondo è conservato nella rinnovata Sala Paganiniana.
"Ha - spiega Orlando - una storia particolare: non fu l'unico ma fu lo strumento preferito del grande violinista Niccolò Paganini.
Costruito nel 1742 dal liutaio cremonese Bartolomeo Guarneri, venne donato a Paganini come omaggio al suo virtuosismo intorno al 1802. Oggi, sottoposto a periodici controlli, viene suonato solo da musicisti dal comprovato talento come i vincitori del concorso internazionale "Premio Paganini'".
Terza opera è il 'Cristo davanti a Caifa' di Luca Cambiaso che si trova nel museo del Palazzo dell’Accademia Ligustica, fondata nel 1751. Qui la location cambia, siamo a pochi passi dalla centrale piazza De Ferrari, proprio sotto i portici di largo Pertini.
"All'interno del palazzo - ricorda Orlando - c'è una collezione di opere tra dipinti, disegni, stampe, calchi in gesso, sculture. Il 'Cristo davanti a Caifa' è una delle opere più rappresentative del pittore genovese Luca Cambiaso, celebre per i suoi dipinti 'notturni', in cui sfruttava la luce artificiale di torce e candele, anticipando Caravaggio".
Cambiaso, maestro del '500 europeo, dipinse la scena del dramma sacro intorno al 1575: passerà alla storia come il più grande notturno del 1500 italiano.
La quarta opera in elenco, ma non per importanza, è il 'Sacro Catino' ospite al Museo del Tesoro. Per la location torniamo nel cuore del centro storico, questa volta dentro la Cattedrale di San Lorenzo dove nei sotterranei sono esposti capolavori di oreficeria ed arte sacra dell’XI-XIX secolo, ognuno legato al culto della Cattedrale stessa e alla storia di Genova. Il Sacro Catino altro non è che un manufatto arrivato a Genova nel XII secolo come bottino di guerra, che venne nei secoli celebrato come reliquia dell'Ultima Cena di Cristo. Di più: secondo una tradizione che trae origine da Jacopo da Varagine si tratterebbe del piatto dell'ultima cena di Gesù, per qualcuno il Santo Graal.
La quinta opera è quella dei 'Teli della passione' in tessuto 'jeans' al Museo Diocesano di via Tommaso Reggio, a pochi passi dalla Cattedrale e dal vicino Palazzo Ducale.
"Molte testimonianze - ricorda ancora Orlando - dimostrano che la tela di jeans, nota in tutto il mondo per la diffusione dopo il brevetto di Levi Strauss del 1873, è stata utilizzata per la prima volta a Genova. Al Museo Diocesano si conservano 14 teli che possono essere considerati tra i più antichi e illustri antenati del jeans genovese".
La sesta opera da inserire nella ideale traccia delle imperdibili genovesi è la 'Caterina Balbi Durazzo' di Van Dick al Palazzo Reale, ancora nel centro storico di Genova ma questa volta in via Balbi.
"Proprio qui - racconta Orlando - tra i capolavori del Seicento ancora presenti, spicca il ritratto a figura intera di una dama appartenente alla prima famiglia, ma, allo stesso tempo, anche a quella che subentrerà subito dopo nella proprietà della dimora, Caterina Balbi Durazzo".
Il dipinto ritrae la giovane donna in occasione delle sue nozze con Marcello Durazzo, opera dell'allora venticinquenne Anton Van Dyck, dipinta nel suo soggiorno a Genova.
La settima opera che elenchiamo è l''Ecce Homo' di Caravaggio, visibile ai Musei di Strada Nuova a Palazzo Bianco, sempre in via Garibaldi ma al civico 11.
Il capolavoro della più importante pinacoteca di Genova, che ospita dipinti del periodo tra il XVI e il XVIII secolo, è tutt'oggi avvolto nel mistero e non è nota la strada che fece per arrivare a Genova. "Il realismo di questa scena sacra - ricorda Orlando - si fa quasi caricaturale nella figura di Ponzio Pilato che osserva con uno sguardo truce, ma anche sorpreso e spaesato".
L'ottava e la nona opera nel novero escono dal circuito delle opere strettamente artistiche, ma non per questo sono meno importanti. Si tratta in primis della Lanterna, un capolavoro in sé, che non può mancare in una visita a Genova. Con i suoi 77 metri di altezza, è il faro del
porto ed il più alto del Mediterraneo, che veglia sullo scalo dal 1128 anno di costruzione. "Nei secoli - racconta ancora Anna Orlando - è stata torre di segnalazioni e di guardia armata, palcoscenico di funamboli e persino prigione. La sua forma attuale risale al 1543 quando fu ricostruita". E' visitabile e raggiungibile con una passeggiata che parte dal Terminal Traghetti e segue il tracciato delle mura della città.
La nona imperdibile nell'elenco dei capolavori ospiti in città invece non è un'opera in sé, qui la parte artistica la mette la natura, oltre alla location. Parliamo del grande elefante italico in mostra al Museo di Storia Naturale di Genova
Nato nel 1867, quello che ha sede in via Brigata Liguria è il più antico museo della città.
Dieci sale in tutto con in esposizione tutti gli ordini dei mammiferi, ma anche aree dedicate alla paleontologia. Nel centro del salone principale è esposto lo scheletro dell'elefante antico italico, lungo 14 metri, rinvenuto nel 1941 vicino a Viterbo, un esemplare che lascia a bocca aperta per dimensioni e per la storia che racconta.
Con la decima opera invece si torna al ritratto, nello specifico quello di 'Miss Bell', opera di Giovanni Boldini, diventata l’immagine-simbolo delle Raccolte Frugone ai musei di Nervi, nel levante di Genova.
L’opera è datata 1903 e "raffigura una elegante signora dal piglio vivace e disinvolto - conclude Orlando - e riflette perfettamente l’effervescente atmosfera Belle Époque della fine dell’800 e inizio ‘900 in Europa".
Arriviamo così al bonus track, fuori classifica e capolavoro inestimabile impossibile da tralasciare e che meriterebbe una monografia a sé, e che è quello della Chiesa del Gesù e della Circoncisione custodita al suo interno. Opera del
pittore fiammingo Pieter Paul Rubens, di cui Anna Orlando è profonda conoscitrice e tra le più note studiose a livello mondiale, datata 1605, l'opera costituisce la pala dell'altare maggiore della chiesa che affaccia su piazza Matteotti, tra Palazzo Ducale e via San Lorenzo. E meriterebbe un viaggio a parte.
"Un'altra particolarità di Genova - ribadisce Orlando - è che qui le opere sono nel loro contesto originario, così per la Circoncisione. Genova ha questa particolarità e l'opera oltre a essere un capolavoro è visibile sull'altare dove Rubens stesso ha deciso di posizionarla.
Chi la visita vede uno spazio integro, uno scrigno barocco del suo spazio d'origine". La Circoncisione sarà oggetto di un importante restauro conservativo finanziato da Regione Liguria.