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Ieri avvenne: Albert Einstein

Ieri avvenne... di Franco Zadra

Albert Einstein compie 142 anni

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Il 14 marzo 1879, nasceva a Ulm, nella dispotica Germania di Bismarck, Albert Einstein, da genitori ebrei non praticanti che un anno dopo la sua nascita si trasferirono a Monaco di Baviera dove il padre Herman apre, con il fratello Jacob, una piccola officina elettrotecnica. Introverso e solitario, impara a parlare molto tardi ma il suo contributo alla scienza fisica e alla filosofia ha prodotto una rivoluzione con nuove idee e un nuovo modo di pensare che sono ancora oggetto di studio e approfondimento, se non di accettazione e applicazione, alla base delle credenze comuni e condivise dagli scienziati. Disse di sé: «Per essermi ribellato contro ogni forma d’autorità il fato mi ha punito facendo di me un’autorità».

Padre della fisica moderna, prima di lui gli scienziati pensavano che l’universo fosse infinito, Einstein propose l’idea di uno spazio tridimensionale curvo e chiuso, all’interno del quale, se immaginassimo di volare seguendo una linea retta, così come accade in un volo attorno al pianeta, non incontreremmo mai un confine fisico, e lo dimostra nella sua teoria della relatività generale, e cioè che lo spazio tridimensionale del nostro universo può essere curvo e finito proprio come lo è la superficie curva della Terra. Albert Einstein è una grande figura di transizione nella storia della fisica. Come Isaac Newton completò la transizione, iniziata da Galileo, dalla fisica scolastica medievale a quella classica, egli guidò la transizione dalla fisica newtoniana, che considerava l’universo oggettivo come qualche cosa di predeterminato, immodificabile, dove gli ingranaggi del grande orologio cosmico girano indifferenti alle vicende umane come le stelle nel loro moto silenzioso, per cui si poteva affermare, in un certo senso, che l’eternità era già trascorsa, alla teoria quantistica degli atomi e della radiazione, e cioè a una nuova fisica non newtoniana che però non riconobbe mai poiché gli ripugnava ammettere che alla base della realtà fisica regnasse il caso. Diceva, infatti, «Dio non gioca a dadi con l’universo». In uno studio psicoanalitico dedicato all’infanzia di Einstein, il famoso psi-

cologo Erik Erikson lo descrisse come «Albert, il bambino vittorioso», nel quale, per carattere e per l’educazione ricevuta, era presente un senso di profonda fiducia nell’universo e nella vita, elementi fondamentali di ogni autonoma ricerca alle frontiere della conoscenza umana. Pur non essendo propriamente degli intellettuali, i suoi genitori erano rispettosi della cultura e amanti della musica. Non essendo ebrei osservanti, lo avevano iscritto a una scuola cattolica, dove fu preso da una temporanea ma intensa infatuazione per i riti e il simbolismo religiosi. All’età di 67 anni, nella sua “Autobiografia scientifica”, Einstein scrive: «... la vanità delle speranze e degli sforzi che travolgono incessantemente la maggior parte degli uomini in una corsa affannosa attraverso la vita, mi aveva colpito profondamente. Per il solo fatto di possedere uno stomaco, tutti erano condannati a partecipare a questa corsa; ma tale partecipazione poteva forse soddisfare lo stomaco, non già l’uomo come essere pensante e dotato di sentimenti. La prima via d’uscita era offerta dalla religione, così divenni religiosissimo, ma cessai improvvisamente di esserlo all’età di 12 anni». Infatti conclude: «La contemplazione del mondo, che esiste indipendentemente da noi, esseri umani, e che ci sta di fronte come un grande eterno enigma, accessibile solo parzialmente alla nostra osservazione e al nostro pensiero, mi attirò come una liberazione, e il

possesso intellettuale di questo mondo mi apparve come la meta più alta fra quelle concesse all’uomo». Moltissimi sono gli aneddoti riferibili a quello che è universalmente considerato «il genio dell’umanità» per antonomasia, come quello che lo vedrebbe come studente non proprio brillante e bocciato in matematica; in realtà, nel primo tentativo di iscriversi al Politecnico di Zurigo, nel 1895 affronta un esame di ammissione che non supera per insufficienza nelle materie letterarie. Nel corso degli studi superiori matura la scelta di dedicarsi alla fisica piuttosto che alla matematica; si laurea nel 1900 e prende la cittadinanza svizzera per assumere un impiego all’Ufficio Brevetti di Berna, lavoro che gli consente di dedicare gran parte del suo tempo allo studio della fisica. Nel 1905 pubblica tre studi, uno dei quali, “Elettrodinamica dei corpi in movimento”, gli vale, nel 1921, il premio Nobel per la Fisica. Un meno conosciuto contributo “post mortem” di Einstein è nel campo delle neuroscienze. Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l’autopsia, di propria iniziativa rimosse il cervello e lo

conservò a casa propria in un barattolo sottovuoto per circa 30 anni. Un sorta di furto che ha però permesso di analizzare quel mitico cerebro con strumenti e tecniche impensabili al momento della morte, sopraggiunta all’età di 76 anni negli Stati Uniti, a Princeton, il 18 aprile 1955, circondato dai più grandi onori.

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