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Società oggi: vittime del bullismo

Società oggi di Patrizia Rapposelli

FIGLI E PRESUNZIONE

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“Oggi, i figli poco più che maggiorenni, capiscono tutto e sanno tutto. non riesco a capire il loro egoismo, la loro indisponenza, la loro presunzione! come si fà a rinunciare a consigli, comportamenti e modi di noi genitore con grosse esperienze acquisite nella vita?”

L’atteggiamento della presunzione, ossia un’alta opinione di sé e delle proprie capacità, sembra essere divenuto un modo di essere caratteristico della società moderna: il rapporto genitori-figli ne appare particolarmente coinvolto. Infatti tra dibattiti televisivi e svariate discussioni il giovane viene messo in luce nella sua presunzione sul genitore. Navigando nel web, su un blog, mi imbatto in una frase significativa postata da una madre, la quale manifesta con incredulità il suo disappunto per l’indisposizione e l’egoismo dei figli in generale, i quali rinunciano a consigli e modi suggeriti dalla figura genitoriale. Una società nella quale le parole all’orecchio del ragazzo sembrano non arrivare, si perdono nel vuoto, un colossale misto di suoni, immagini e frasi fatte che sfociano nel “fare di testa propria”. Perché la maggioranza della figliolanza è definita presuntuosa? Quale motivazione li spinge a negare il babbo come riferimento? Le risposte possono essere molteplici e ognuno può fare la propria riflessione, ma ciò che più balza all’occhio è lo scetticismo manifestato spesso dal padre e dalla madre. Il giovane raggiunta la maggiore età vuole camminare da solo e crescere in fretta con autonomia e indipendenza, dal processo intrapreso nell’adolescenza vuole ribellarsi alla dipendenza tipica dell’infanzia; appare dunque normale la sua priorità di riconoscersi non più come figlio, ma come essere autonomo. Da un tratto tipico adolescenziale e della prima età adulta vediamo nella società odierna un marcarsi di questo atteggiamento di autosufficienza che lo rendono egoista e presuntuoso: “Mamma e papà io non ho bisogno di voi, so cosa è giusto fare.” Da sempre il rapporto genitore-adolescente è stato contrassegnato da conflitti e difficoltà comunicative, però ad oggi qualcosa ha peggiorato la situazione. Un insieme di fattori hanno creato questa modalità di porsi da parte del mondo giovanile: l’ambiente relazionale che approva, dai familiari ai pari, il carattere e la personalità individuale, ma soprattutto il rapporto che fin dalla tenera età il genitore crea e costruisce con suo figlio. Uno psicologo ha parlato di divinizzazione del bambino nella società attuale, ossia di metterlo su un piedistallo e far girare tutto attorno a lui, precludendo scusanti

e assenze di no, escludendo dall’esperienza del giovanissimo l’incontro con l’ostacolo e l’ingiustizia, inevitabilmente alleva un narciso. Colpa delle trasformazioni culturali e delle troppe attenzioni pedagogiche, siamo di fronte ad un evolversi delle dinamiche familiari, dove i ruoli e le gerarchie non solo sono più flessibili, ma liquide e ribaltate. Si parla di potere dei figli; genitori in balia delle loro richieste, preoccupati a scemare un capriccio o all’assecondarlo: la funzione educativa ha perso di prospettiva schiacciandosi in un non controllo sul rapporto filiale. Allora rifletterei sul perché una madre si mostri incredula al rifiuto del figlio di lasciarsi guidare, mi chiederei se nel suo processo di crescita lo ha effettivamente accompagnato. L’essere punto di riferimento è un percorso lento, fatto di conflitti, ascolto e comunicazione in una costruzione di reciproca fiducia.

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