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Racconti d’arte; Sempre giovani

Racconti d'arte di Daniela Zangrando*

Mi permetto, dopo quasi un anno che vi scrivo, una considerazione un po’ più personale del solito per questo accaldato numero d’agosto che ha il sapore delle vacanze estive, delle nuotate, delle passeggiate, delle stelle cadenti. Come forse avrete visto, è venuto a mancare in circostanze tragiche Luca Serianni, linguista e storico docente di Storia della lingua italiana all’Università “La Sapienza” di Roma, scrittore di una Grammatica italiana e di numerosi altri autorevoli testi, socio dell’Accademia dei Lincei, della Crusca e dell’Arcadia. Ho riascoltato in questi giorni alcune sue lezioni, alcuni suoi discorsi. L’ho fatto, come spesso mi capita, mentre portavo avanti altre faccende: cucinando, riordinando le cataste di libri del mio studio, allenandomi, stendendo, portando fuori il cane. La sua lezione di congedo dall’attività didattica mi ha però fermato del tutto. Mi sono seduta, davanti al computer e a quel professore intento ad accomiatarsi, ho cliccato all’impazzata sul pulsante indietro per riavvolgere il video di dieci secondi, e dieci, e dieci ancora. Ma cosa ti ha colpito così tanto? – vi chiederete. La compostezza di quell’uomo? La sua preparazione? Il modo di rinvenire le radici della parola ‘asino’ o di raccontare l’analisi logica? No. Sono stata rapita dalla sua fede profondissima, entusiasta, lucida e incrollabile nei giovani. Non solo negli studenti, nei suoi studenti, in quelli magari diventati professori ordinari o sceneggiatori o scrittori, ma nei giovani tutti. Tra le molte cose dette in quel discorso – su cui spero avremo modo di tornare – c’è l’idea di una scommessa sui giovani, sulla loro capacità di apprendere al di là del personale punto di partenza, sul loro percorso di maturazione. E, bellissimo, affiora il pensiero che un insegnante non possa prendersi il lusso di essere pessimista quando si interfaccia con i giovani. Queste parole penso abbiano a che fare con il credere in una totale pienezza e potenzialità della giovinezza. Guardiamo adesso la foto di cui voglio parlarvi. È uno scatto del 1951, di Nino Migliori, fotografo classe 1926, profondo conoscitore del mezzo fotografico e del suo linguaggio. Ritrae due ragazzi, sul molo di Rimini. Stanno giocando. Fanno una breve rincorsa e si tuffano in acqua. L’occhio

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del fotografo li cattura. Uno dei due è seduto sulla destra, e con la curvatura della schiena spinge la composizione verso l’alto, portandoci a guardare appena sopra la sua testa. Ed ecco che lì c’è il tuffatore, colto mentre è perfettamente parallelo all’acqua. Sono giovanissimi uomini, entrambi. La scena è loro, non c’è spazio per altro dentro la fotografia. Il mare è calmissimo, un’area vuota, segnata dalla linea d’orizzonte. Fa solo da sfondo, assieme al cielo. Sono i due corpi ad occupare tutto. Sono un tripudio di vita, di desiderio, di presente. Il tuffatore si allunga, da destra a sinistra, si tende, lasciando solo una piccolissima porzione libera sui lati. L’altro ragazzo disegna lo spazio scendendo con le gambe oltre il limitare inferiore della fotografia stessa. Tutto è fermo, tranne il suo ciuffo: vibra, quasi impercettibilmente, ma con grande forza. Anche qui, la pienezza della gioventù, in questo caso anche fisica, estetica, di pesi distributivi, è il centro del discorso. Di fronte alla pienezza e al suo mostrarsi in modo indiscutibile, vero, evidente, la tentazione del lusso di una qualsiasi sorta di pessimismo nella mia testa scompare. Migliori e Serianni, a braccetto, mi portano fino al mio di amore per la giovinezza, per quello stato dell’essere giovani di cui così bene ha parlato il filosofo Leonardo Caffo*, per la gioventù come «capacità non tanto o soltanto di vivere il reale, ma di esserlo. Essere giovani, essere realtà.» E io credo davvero il reale e il mondo tremino, come il ciuffo del ragazzo di destra, tremino in tutte le direzioni, e mi viene una gran voglia di chiedervi non soltanto di affidarvi all’incredibile potere dei giovani di viverlo, di mettersi in relazione con esso, di assorbirlo come spugne e trasformarsi, ma magari anche proprio di scoprire di esserlo un po’, giovani, e di respirare a pieni polmoni tutto il tremore. Riuscite a immaginare quante questioni diventerebbero affrontabili? Possibili? Percorribili? Magari avrete dato una sbirciata alla foto, e dopo aver letto il titolo di questo pezzo estivo starete canticchiano il brano degli anni Ottanta degli Alphaville sotto l’ombrellone, pronti per un tuffo in mare… ci risentiamo a settembre! Buona estate!

* Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, si rimanda alla lettura di Leonardo Caffo, Essere giovani, Ponte alle Grazie, Adriano Salani Editore, Milano 2021 e Paul B. Preciado, Un appartamento su Urano, Fandango Libri s.r.l., Roma 2020.

*Daniela Zangrando è Direttrice del Museo d'Arte Contemporanea Burel di Belluno

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