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Antichi mestieri: pendolari alla ricerca dell’erba
Antichi mestieri di Waimer Perinelli
PENDOLARI ALLA RICERCA DELL'ERBA Monticazione, desmontegada, transumanza
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Al tempo del Natale il momento più emozionante era, e per i più fortunati ancora è, la preparazione del presepe. Prima di tutto la tavola su cui preparare la scena, il muschio finto o raschiato nel sottobosco, il ghiaino con cui tracciare i sentieri, lo specchietto rotto per l'acqua del laghetto.... la capanna e le statuette. Naturalmente la Sacra famiglia, gli artigiani e i pastori.
Va bene, perdoniamo il regista che fa lavorare il calzolaio e il falegname a notte fonda, ma il pastore che ci fa davanti alla capanna di Betlemme? I pastori c'erano veramente o sono solo figure allegoriche? Proprio i pastori, con accanto la pecora e sulle spalle un agnellino, sono le figure più improbabili nella stagione invernale, ma le più significative perché in quella stalla, nella mangiatoria, è nato il Buon Pastore, il Messia, che dirà ai suoi discepoli: andate e pascete le mie pecore e così siamo spesso chiamati, nel nuovo come nell'antico Testamento, noi poveri mortali. A farci ritenere possibile la loro reale presenza davanti alla stalla è l'orografia del territorio. Betlemme, in arabo Casa della Carne e in ebraico Casa del Pane e anche Città di Re Davide, si trova in Cisgiordania ad un'altitudine di 775 metri sul livello del mare, gode di un clima temperato e, secondo le più recenti indagini, era abitata già settemila anni fa. Naturalmente anche dai pastori. I pastori sono il sale della vita. A cogliere la loro importanza nella storia dell'umanità ci aiuta il libro di Adolfo Malacarne, Transumanze, sulle tracce degli ultimi pastori del triveneto, pubblicato nel 2009, e ancora oggi di grande attualità. Malacarne per vent'anni ha seguito, intervistato e fotografato pastori del delle valli bellunesi, del Feltrino, del Trentino e Friuli. Il suo viaggio è iniziato a Lamon, vicino a Feltre, dove è nato, un paese famoso per i fagioli e ricco di pastori. Tra le due guerre mondiali c'erano trecento famiglie che vivevano di pastorizia. Poco lontano, l’altro altopiano celebre per i pastori era Asiago, dove all'inizio dell'Ottocento, racconta la cronaca, c'erano centomila pecore, animali tanto importanti nell'economia, che il comune di Foza ha nello stemma tre pecore al pascolo. "Quando ero bambino, racconta Malacarne, abitavo a Costa di Lamon e vedevo passare le greggi che scendevano lungo la valle del Senaiga, dal Tesino verso la pianura. Era uno spettacolo che mi stupiva e mi entusiasmava». A fargli scoprire una vera e propria passione è però Angelo Moltrer, un pastore della valle dei Mocheni in Trentino. Adolfo lo descrive come una figura ieratica, «il suo incedere lento alla testa del gregge, il suo sguardo profondo, il volto incorniciato da una folta barba, come un pastore dell’Antico Testamento». E' il 1987 e Adolfo, che ha 35 anni, sceglie di accompagnare il pastore mocheno e il suo gregge lungo la strada
della transumanza. Lo fa con la macchina fotografica e attraverso l'obiettivo immortala scene di vita quotidiana dei pastori, il loro passaggio pieno di difficoltà e di ostacoli, lungo i sentieri lungo le rive dei torrenti, "mentre fuggono dai contadini arrabbiati, scrive, da divieti e multe che tormentano il pastore come se fosse un ladro o un malvivente". Inizia così un viaggio che dura venti anni, descritto dalle fotografie, delle transumanze sui ghiacciai della Val Senales, fino all’Adriatico, lungo direttrici consolidate che si tramandano dall'antichità. La ricerca di Adolfo Malacarne ha trovato un importante, per quanto indiretto, riconoscimento etnografico nell'indagine condotta da Marta Bazzanella del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all'Adige, sulle scritte lasciate dai pastori lungo le pareti del monte Cornòn in valle di Fiemme. Il Cornòn è un massiccio calcareo posto fra i comuni di Tesero, Ziano, Panchià e Predazzo, sulla destra orografica della valle, scelto fin dall'antichità per la pratica dell'attività agricola e silvopastorale. Le pareti sono ricoperte di messaggi scritti con la terra di ocra rossa locale, lasciati dai pastori che sul luogo transitavano o si fermavano per riposare. La cronologia le fa risalire al 1600 ma le scritte più antiche risalgono ai primi anni del 1800 e sono in generale solo sigle del proprio nome e cognome, i segni di casa i pittogrammi, simboli sacri e conteggi dei capi di bestiame. Si tratta di marchiature del territorio, comunicazioni ed indicazioni lasciate agli amici e colleghi. A volte sono arricchite da cornici puntiformi che ne sottolineano l'importanza. Sul finire dell'Ottocento, inizio Novecento, le povere testimonianze lasciano posto a scritte più impegnative con cui sono ricordati nome e cognome del pastore, il soprannome, il comune di provenienza. Qualche autore più istruito e intenzionato a lasciare una vera e propria testimonianza storica, aggiunge notizie sui principali eventi atmosferici, il pericolo scampato, il freddo e la fame, la voglia di riposare o fare festa. In qualche caso anche informazioni sui principali avvenimenti, politici e amministrativi, del paese di origine. L'indagine ha portato alla catalogazione di ben 50mila scritte, parzialmente raccolte nella pubblicazione " Sui sentieri dei pastori. Itinerari escursionistici alla scoperta delle scritte dei pastori della Valle di Fiemme" curata da Marta Bazzanella, che propone otto itinerari a chi volesse ripercorrere le vie della transumanza. Una strada semi abbandonata come il mestiere di pastore reso difficile dal mutare della società e cambio dell'economia, nonché da un ritorno pericoloso di orsi e lupi. Oggi i pastori transumanti sono quasi comparsi. A Lamon non ce ne sono più: l'ultimo, residente nel padovano, ha venduto il gregge pochi anni fa. Oggi davanti alla capanna di Betlemme non ci sarebbero più i pastori e il nostro presepe, involontariamente, è diventato una testimonianza archeologica.