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La battaglia di Lepanto

La nostra storia di Alvise Tommaseo Ponzetta

LA BATTAGLIA DI LEPANTO

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La cittadina di Lepanto, si affaccia nello stretto che separa il golfo di Corinto da quello di Patrasso. Oggi fa parte della Grecia e si chiama Nafpaktos, ma per secoli fu motivo di contesa tra la Repubblica di Venezia ed i Turchi. Al largo di quelle coste il 7 ottobre 1571 si combatté il più grande scontro navale della storia medioevale e moderna in cui si affrontarono più di 400 galee ed oltre 200.000 mila uomini. Da una parte l’agguerrita flotta mussulmana dell’impero Ottomano guidata da Muezzinzade Ali Pascia, dall’altra quella cristiana della Lega Santa sotto il comando di don Giovanni D’Austria. Ormai da alcuni decenni le navi turche imperversavano senza sosta nel Mediterraneo occidentale e le coste italiane e spagnole non erano più sicure. Venezia aveva perso numerosi possedimenti nel Peloponneso ed in Dalmazia, oltre a varie isole dell’Egeo. Nel 1571 Nicosia era caduta e, dopo un lunghissimo assedio, anche la fortezza di Famagosta aveva dovuto capitolare con il tragico epilogo della crudelissima tortura subita dal senatore veneziano Marcantonio Bragadin, oltre che dai suoi compagni Alvise Martinengo e Gianantonio Querin. (Su questo evento si veda anche il libro-romanzo " Famagosta" ed. Il Frangente 2016) di Marco Niccolò Perinelli Resistevano ancor Malta e Cipro, ma si temeva che anche queste isole potessero capitolare. Di fronte alla continua minaccia ottomana, che metteva in grandi difficoltà anche il traffico commerciale, Spagna, Venezia e gli Stati Pontifici siglarono una decisiva alleanza. Alla Lega Santa, in breve tempo, si unirono il Granducato di Toscana, i Ducati di Savoia, Urbino, Ferrara, Mantova oltre alla Repubblica di Genova ed ai cavalieri dell’Ordine di Malta. Papa Pio V° fu il principale artefice dell’alleanza cristiana e fu il grande protagonista della vittoriosa spedizione. Il 14 agosto 1571, a Napoli, nella chiesa dedicata a Santa Chiara, il cardinale Granvelle consegnava solennemente a Don Giovanni d’Austria lo stendardo della flotta: una bandiera di seta color cremisi con impresso l’immagine del crocifisso. Dieci giorni dopo, al largo di Messina, cominciarono a radunarsi le 209 navi cristiane, che imbarcavano complessivamente circa 40.000 tra marinai e rematori, 20.000 combattenti, 7000 fanti spagnoli, 6000 mercenari italiani e 5000 soldati veneziani. L’imponente e potente flotta salpò il 16 settembre alla volta di Corfù, per raggiungere il successivo 6 ottobre la costa di Patrasso nel tentativo di intercettare le navi nemiche che, in effetti, la mattina successiva comparvero all’orizzonte assumendo subito lo schieramento d’attacco. Tra galee e galeotte si contavano nello schieramento mussulmano più di duecento imbarcazioni, a cui si aggiungeva un numero imprecisato di brigantini corsari. A bordo, alcune migliaia di giannizzeri erano affiancati da quasi 25.000 uomini, tutti armati di archibugi, archi e frecce. Ma sicuramente l’artiglieria ottomana era meno numerosa e meno potente di quella cristiana e la sua flotta era sfibrata da mesi di continue scorribande lungo il Mediterraneo. Nelle file della Lega Santa si distinguevano le imbarcazioni e gli armamenti della Repubblica di Venezia che, negli ultimi tempi, aveva investito in tecnologia per rendere sempre più moderna ed efficiente la sua deterrenza militare. Nell’Arsenale di Venezia erano state costruite le galeazze, imbarcazioni più alte e lunghe delle normali galee e per questo praticamente inabbordabili. Su di esse erano stati sistemati i cannoni oltre che lateralmente, anche a prua ed a poppa, con il risultato che le galeazze potevano sparare contemporaneamente in tutte le direzioni. Per propiziarsi la vittoria, Don Giovanni D’Austria decise di schierare la sua flotta con formazione a croce, ponendo come

esca proprio le sei galeazze veneziane che, nell’arco di un paio d’ore di feroce e concitata battaglia, riuscirono ad affondare e danneggiare molte decine di navi avversarie. Gli Ottomani, palesemente disorientati, ma con il vento in poppa, tentarono lo scontro frontale puntando, senza successo, l’imbarcazione dove si trovava il comandante della Lega Santa così da ucciderlo e sfiancare i morale dei soldati cristiani. L’attacco della flotta turca era accompagnato da un rumore assordante prodotto dal suono di centinaia di tamburi, timpani e flauti. La flotta della Lega Santa rispondeva con un assoluto silenzio. Verso mezzogiorno, nel pieno dei combattimenti, il vento cambiò, improvvisamente, direzione: le vele turche si afflosciavano, mente si gonfiavano quelle della Lega Santa che, nel frattempo, aveva issato su ogni imbarcazione una grande croce. Le navi cristiane avevano ormai preso il sopravvento anche se il comandante mussulmano Uluc Ali si era impossessato del vessillo dei Cavalieri di Malta. La svolta decisiva si verificava nelle prime ore del pomeriggio di quel 7 ottobre 1571 quando due galee toscane riuscivano ad abbordare la nave ammiraglia di Muezzinzade Ali Pascia il quale fu ferito a morte e il suo corpo decapitato venne esposto sul pennone di una galea cristiana. Erano passate da poco le 16.00 quando le poche imbarcazioni turche ancora efficienti prendevano il largo allontanandosi dal golfo di Corinto. La battaglia di Lepanto si concluse con la grande disfatta dei Turchi che riuscirono a mettere in salvo solo una trentina di navi e che persero, tra morti, feriti e prigionieri, quasi 35.000 uomini. I cristiani riuscirono anche a liberare 15.000 rematori forzati rinchiusi nelle stive delle galee nemiche. All’epica battaglia, partecipò, a bordo di una nave spagnola Miguel De Cervantes, l’autore del Don Chisciotte della Mancia, il quale si distinse per il coraggio. Il futuro narratore venne ferito da ben tre colpi di archibugio che lo centrarono al petto ed alla mano sinistra di cui perse l’uso. La notizia della vittoria suscitò un’ondata di entusiasmo in tutta Europa. Per la cristianità era la fine di un incubo e la dimostrazione che gli Ottomani non erano invincibili. Il Papa celebrò la vittoria con una messa di ringraziamento nella basilica di San Pietro, mentre tutte le campane di Roma suonavano a festa. La vittoria navale di Lepanto, la prima dei Cristiani sui mussulmani, servì però a poco, tanto che qualche mese dopo Cipro fu occupata dai Turchi.

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