2 minute read
Il senso religioso: l’intelligenza del senso delle cose
Il senso religioso di Franco Zadra
L'esperienza implica intelligenza del senso delle cose
Advertisement
Quante e quali esperienze abbiamo che potremmo definire come religiose? E quale giudizio ci siamo fatti di queste cose? Vorremmo a questo punto del nostro percorso soppesare con maggiore attenzione ciò che riscontriamo in noi stessi dal momento che ci imbattiamo nel fatto “religioso”, dicendo subito una cosa ovvia, ma spesso trascurata, che il fare esperienza non si riduce semplicemente allo sperimentare, o provare, una cosa.
L'uomo di mondo, quello che un linguaggio già fuori moda designava come “navigato”, e in senso più drammatico “rotto a ogni esperienza”, non è colui che solo ha accumulato “esperienze”, fatti e sensazioni, finendo per fare di ogni erba un fascio. Anzi, accumulare esperienze senza criterio può distruggere la personalità, come ben sapevano i nostri vecchi quando citavano il proverbio: “Bacco, tabacco, e Venere, riducono l'uomo in cenere”. «L'esperienza coincide – scrive Luigi Giussani ne Il senso Religioso –, certo, col “provare” qualcosa, ma soprattutto coincide col giudizio dato su quel che si prova». A volte una breve esperienza, è determinante e significativa per noi, molto più di un'altra che ci ha preso anni di vita. A proposito di Henry (Regarding Henry), un film del 1991 diretto da Mike Nichols, drammatizza in maniera esemplare quanto sia vero che la persona si ritrovi nella consapevolezza più che nell'accumulo di esperienze che attribuiamo alle persone di successo, come l'Henry Turner del film, un cinico e bugiardo avvocato che trascura moglie e figlia a causa del lavoro. Due colpi di pistola di un rapinatore lo costringono ricoverato nell'ospedale che aveva difeso in una causa per danni. Dal percorso di riabiltazione esce un uomo nuovo, e un nuovo inizio vede Henry riconciliato e felice dal momento che ha riflettuto e capito gli errori commessi nella sua vita precedente. Consapevolezza è quanto ha richiesto anche il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, di fronte al «disastro della pedofilia e al fallimento della Chiesa nell'affrontarlo» per cui ha presentato le sue dimissioni al papa. Dimissioni respinte da papa Francesco con una lettera, in un passaggio della quale emerge quello che dovrebbe essere il criterio da adottare per giudicare i fatti denunciati dal cardinale, ma che serve anche a noi ora per metterci nell'atteggiamento giusto per capire e scoprire il senso di ogni cosa. «Il “mea culpa” — scrive papa Francesco in risposta al cardinale Marx — davanti a tanti errori storici del passato lo abbiamo fatto più di una volta dinanzi a molte situazioni anche se non abbiamo partecipato di persona a quella congiuntura storica. E questo stesso atteggiamento ci viene chiesto oggi. Ci viene chiesta una riforma, che — in questo caso — non consiste in parole, ma in atteggiamenti che abbiano il coraggio di entrare in crisi, di accettare la realtà qualunque sia la conseguenza. E ogni riforma comincia da sé stessi. La riforma nella Chiesa l’hanno fatta uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e lasciarsi riformare dal Signore. È l’unico cammino, altrimenti non saremo altro che “ideologi di riforme” che non mettono in gioco la propria carne». Lettura consigliata: Ho fatto tutto per essere felice. Enzo Piccinini, storia di un insolito chirurgo, di Marco Bardazzi, Bur.