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Società oggi: Wunderkammer
Società oggi di Alice Vettorata
Wunderkammer, le camere delle meraviglie
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Avere una connessione internet, soprattutto in questi ultimi mesi caratterizzati dall’impossibilità di uscire dalle abitazioni, ha sopperito alla necessità di essere curiosi. Evadere per qualche giorno dalla casa che ci protegge durante l’anno non è stato possibile. Solo grazie a espedienti come la lettura, la visione di serie tv e film, hobby e per l’appunto internet, abbiamo potuto esplorare altre realtà differenti dalla nostra. Abbiamo salvato foto, sottolineato paragrafi che ci hanno sfiorato delle corde più sensibili, ricordato battute di film da citare durante una conversazione.
La pratica di voler conoscere il mondo e volerne tenere un pezzo per noi, collezionandolo come ricordo e testimonianza non è sicuramente una peculiarità del nostro tempo. La conferma più eclatante di questo fenomeno la troviamo nel Cinquecento con le Wunderkammer; le camere delle meraviglie. A queste stanze colme di oggetti insoliti scovati in tutto il mondo viene spesso attribuita la paternità dei musei, poiché raccoglievano beni che in un secondo momento sono divenuti protagonisti delle prime mostre organizzate. Una delle differenze che divide le Wunderkammer dai musei è il fatto che questi ultimi sono destinati a qualsiasi fascia di pubblico interessato, mentre le antenate venivano organizzate da aristocratici o ecclesiastici e destinate spesso solo per gli appartenenti degli stessi ceti sociali. Per questo motivo troviamo le Wunderkammer più note e fornite in Germania, Austria e Italia, realtà con governatori dediti all’arte e alle scienze. La prima fu quella creata da Ferdinando II Arciduca d’Austria nel Castello di Ambras a Innsbruck. Tra gli elementi inseriti, molti dei quali ora esposti Kunsthistorisches Museum di Vienna, si trovano animali impagliati, coralli e conchiglie, strumenti scientifici, dipinti raffiguranti persone portatrici di deformità o condizioni rare. Questi ultimi
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furono molto noti, tanto da far attribuire il nome “Sindrome di Ambras” alla ipertricosi, una condizione che affliggeva Pedro Gonzales, protagonista di una delle tele della selezione dell’Arciduca. L’esposizione, della quale ci rimane testimonianza grazie a un catalogo, venne organizzata suddividendo gli oggetti in base al loro materiale di realizzazione, senza ulteriori criteri. Motivo per il quale non è possibile definire ‘musei’ queste collezioni. Le Wunderkammer iniziarono poi a seguire nuovi parametri, che consentirono di dividere ciò che veniva esposto in Naturalia, Exotica e Artificialia, rispettivamente elementi naturali, oggetti provenienti dai territori lontani e manufatti realizzati dall’uomo. La caratteristica che accomuna i tre canoni è il loro fine: suscitare meraviglia e stupore, tratto distintivo del periodo Barocco. In Italia il corrispettivo delle Wunderkammer furono gli studioli, piccoli spazi privati nei quali gli aristocratici potevano ritirarsi. Alcuni celebri sono quelli di Isabella d’Este, che collezionò numerose opere d’arte tra le quali una di Michelangelo e di Francesco I de ’Medici’, il quale seguì un rigido programma iconografico basato sui quattro elementi naturali legati al mondo alchemico. Ciò che ora rimane come testimonianza di questi spazi, come accaduto per la Wunderkammer di Ambras, sono i cataloghi contenenti le rarità presenti nelle collezioni, ora sparse in vari musei. L’influenza che hanno avuto permise al naturalista Ulisse Aldrovandi di realizzare il primo museo di storia naturale acquisendo Naturalia da Wunderkammer smembrate. Artisti contemporanei come Damien Hirst e Jannis Kounellis ora si basano sull’estetica delle camere delle meraviglie per creare le loro opere. Ciò che noi oggi continuiamo a fare come i creatori delle Wunderkammer e studioli è catalogare ricordi. Ciò che non dobbiamo smettere di fare è meravigliarci.
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