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La cena del Signore

Sacri strafalcioni di Franco Zadra

La cena del Signore

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Ultima cena - di Leonardo da Vinci

Chissà cosa avrà voluto dire il parroco in conclusione della sua lunga predica nella Messa in Cena Domini di questo Giovedì Santo appena trascorso, quando se n’è uscito con l’asserire che «nella Sua ultima cena, Gesù ha ordinato sacerdoti gli apostoli conferendo loro il potere di renderLo presente nel pane e nel vino...». Un asserto tanto cristallino ed esplicito che non dovrebbe dare adito a dubbi, eppure, dal momento che l’ho sentito pronunciare non ho più smesso di pensarci, poiché mi è suonato falso come una campana rotta e forte ho sentita la responsabilità di un approfondimento della questione da condividere con i miei lettori, anche se lontanissimi dal farsene un problema. Vero è che per parlare del Giovedì Santo in maniera sintetica si dice che questa festa ricorda l'istituzione dell'Eucaristia e del ministero ordinato, come pure la consegna ai discepoli del comandamento dell'amore, in questo riferendosi al quarto Vangelo che, in luogo del racconto della Cena del Signore presente nei tre sinottici, riporta la lavanda dei piedi (Gv 13); ma le ragioni per le quali in questo giorno è in uso celebrare la Giornata sacerdotale sono altre e vanno ricercate nello sviluppo storico delle comunità cristiane, tenendo ben presente che la catechesi, come la stessa teologia, presentando l’ultima cena del Signore, sono spesso ricorse a dei riassunti ingannatori togliendo dal loro contesto le sole parole ricordate, «questo è il mio corpo… il mio sangue… fate questo in memoria di me», con il rischio di trasformarle in formule quasi magiche. «La celebrazione della Messa – si legge nella Institutio generalis Missalis Romani -, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa infatti si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Gesù Cristo Figlio di Dio». Il che è tutta un’altra cosa dal dire che Gesù nell’ultima cena ha ordinato sacerdoti gli apostoli. Il sacerdozio, infatti, è solo quello di Cristo, partecipato al popolo di Dio come Suo Corpo, ovviamente “gerarchicamente ordinato”, ma chi è più in alto nella scala gerarchica (dove al vertice c’è il servizio) non può attribuirsi alcun “potere” specifico che lo distingua dal popolo, tanto meno quello di “trasformare” il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Nostro Signore. È infatti solo il Signore che può rendersi presente nel pane e nel vino e non lo fa perché il sacerdote recita delle formule e compie dei gesti, ma perché Lui stesso lo ha promesso, «dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io Sono in mezzo a loro» (Mt 18). Di questi tempi, certi strafalcioni calati dal pulpito si potrebbero forse tollerare data l’età avanzata del clero, o supponendone l’irrilevanza statistica vista l’esigua partecipazione alla messa, ma per quelli che ancora frequentano, fossero ancora meno quelli che ascoltano e intendono ciò che viene detto e fatto, per favorire una loro partecipazione attiva al “centro” della vita cristiana, e perché resistano al farsi trasformare in assistenti passivi di un rito sempre più incomprensibile, bisognerebbe forse, con tutta la delicatezza di cui si è capaci, riprendere apertamente certe affermazioni, segno di decadimento non solo culturale, così da tentare almeno di arginare in qualche modo questa deriva malata.

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