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L’isola di Gorée e la tratta degli schiavi

Lo sapevate che? di Elisa Rodari

“Isola di Gorèe: tra storia e memoria della tratta degli schiavi africani.”

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Dal momento della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, si accentuò un fenomeno già esistente ma che da quel fatidico 1492 in poi raggiunse dimensioni mai viste prima. Stiamo parlando di una triste pagina di storia che vede come protagonista il continente africano, ovvero la tratta degli schiavi. Tra il XVI e gli inizi del XIX secolo circa 11 milioni di africani schiavizzati furono venduti ai mercanti europei per essere poi trasportati e rivenduti oltre oceano nel “Nuovo Mondo”. In verità, già dal Medioevo gli schiavi provenienti dall’Africa venivano comprati e venduti soprattutto da Arabi e Ottomani. A ogni modo, la schiavitù non era cosa nuova nemmeno per gli stessi africani. Precedentemente all’arrivo degli europei in Africa accadeva molto spesso, infatti, che in seguito a guerre tra villaggi, rapine, razzie o gravi reati, individui o interi gruppi di persone, venissero posti sotto la condizione di schiavitù. Il fenomeno andò poi sempre più a intensificarsi, data l’estrema necessità da parte degli europei di portare schiavi quanto prima nelle Americhe: si ricercavano persone che fossero in grado di lavorare nelle miniere e in agricoltura nelle estese piantagioni di cotone, canna da zucchero, tabacco, caffè o cacao. Sfruttare la manodopera proveniente dal continente africano (parliamo soprattutto dell’Africa occidentale, zona favorevole poi per la partenza delle navi con direzione America) significava poter contare su schiavi sempre disponibili numericamente, che di base prevedevano un costo di acquisto decisamente basso e che in generale si trattava di persone resistenti ai climi tendenzialmente caldi. Molteplici furono le potenze europee che una volta approdate in Africa, alimentarono questo trasferimento di persone da un continente all’altro: Portogallo, Spagna, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi per citarne alcuni. Un luogo tuttora esistente del passaggio degli schiavi verso il Nuovo Mondo è l’Isola di Gorèe, poco distante da Dakar. In questo piccolissimo lembo di terra, al largo delle coste del Senegal (circa un chilometro di lunghezza per 300 metri di larghezza), sorge quello che in passato fu il primo insediamen-

Lo sapevate che?

to commerciale europeo su suolo africano. Tutto iniziò nel 1444 per opera dei portoghesi. Con il passare del tempo, l’isola diventò il più importante fulcro per le attività commerciali tra Africa e il continente americano, nonché un centro di smistamento e selezione degli schiavi provenienti proprio da Senegal e Gambia che sarebbero stati poi indirizzati verso le diverse piantagioni della zona caraibica e dell’America settentrionale. Nel corso dei secoli l’isola diventò sempre più importante, essendo un luogo strategico di accesso verso le zone dell’entroterra e che allo

stesso tempo si affacciava direttamente sull’Oceano Atlantico. Per di più, negli ultimi 500 anni passò sotto il controllo di diverse potenze europee: prima i portoghesi, poi gli olandesi che diedero il nome all’isola (dal nome di una provincia dei Paesi Bassi), per poi passare in mano inglese, francese, fino a quando nel 1960 il Senegal ottenne la propria indipendenza e l’isola di Gorèe diventò anch’essa territorio senegalese. Dal 1978 l’isola, per il suo valore storico, è stata inserita nella lista UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. L’isola ora vive principalmente di turismo e commercio ma rimane un luogo che ha cambiato le dinamiche sociali, economiche, politiche e culturali di diverse nazioni. Passeggiando per le strade di Gorèe si respira ancora un’aria tipica del colonialismo, con le architetture tradizionali dell’epoca. Tra questi edifici si trova anche la Maison des esclaves, la casa degli schiavi, dove persone di ogni genere ed età furono segregate in celle di reclusione per essere poi caricati sulle navi impiegate nel commercio degli schiavi. Un luogo ancora più significativo della sofferenza delle migliaia di persone che sono passate tra quelle mura è “la porta del non ritorno” rivolta verso l’orizzonte infi-

nito dell’oceano: chi varcava quella porta sapeva che era costretto ad abbandonare le proprie radici, la propria vita e tutte le proprie certezze verso l’ignoto. Inoltre come già accennato, sull’isola di Gorèe avveniva proprio una selezione degli schiavi, durante la quale i più forti e adatti ai lavori estenuanti nelle piantagioni venivano considerati mentre i più deboli semplicemente scartati e gettati in mare a morire. Per coloro che venivano scelti, dall’Isola di Gorèe iniziava l’angosciante ed interminabile viaggio, di circa due o tre mesi, che spesso poteva portare alla morte, date le precarie condizioni igieniche a cui questi schiavi erano sottoposti. Luoghi come questo fanno riflettere sulle sofferenze che alcuni popoli hanno dovuto subire per secoli. Una storia, quella della tratta degli schiavi africani, da non dimenticare ma anzi ricordare soprattutto con la consapevolezza delle atrocità inflitte dagli europei nei confronti della popolazione africana.

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