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Le streghe in Trentino
Tra storia e leggende
di Andrea Casna
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Le streghe in Trentino
Sfogliando l’indice del libro Le mille leggende del Trentino, di Mauro Neri, (edito da Athesa) ci si accorge subito che le leggende sulle streghe non mancano. E anche la Valsugana ha il suo bel compendio di storie sulle streghe. Per fare qualche esempio possiamo citare le streghe di Castel Ivano, le streghe dell’Ilda di Roncegno, il sabba delle streghe di Civezzano, la bambina abbandonata dalle streghe a Levico, la strega di Mago Refatti di Viarago. E così in tutte le vallate del Trentino.
Queste leggende hanno un piccolo fondo di verità. E questa verità va trovata nei processi per stregoneria che, fra Cinquecento e Settecento, hanno in un certo senso condizionato la vita di molte comunità rurali. Ma chi erano queste streghe? Andando al nocciolo della questione, a livello generale, erano donne che sapevano curare le persone con le piante medicinali o che aiutavano le donne incinte a partorire. In poche parole in una società agricola e contadina, erano coloro che detenevano “il sapere” delle cose naturali. E “il sapere”, come spesso accade, è molto scomodo, soprattutto se questo è nelle mani, in una società patriarcale, delle donne. Inizialmente, con la diffusione del cristianesimo, erano considerate streghe quelle donne dedite alla pratica di culti pagani. Solo in un secondo momento si iniziò a collegare la stregoneria al Diavolo e a tutte le forze demoniache. Quelle accusate di stregoneria erano anche donne comuni che, a causa della superstizione, erano sospettate di possedere chissà quali poteri. Potevano essere donne troppo libertine, o che esprimevano le proprie opinioni. Oppure donne dedite all’amore saffi-
Tra storia e leggende
co e anche quelle povere e malconce prive di fissa dimora. Di fatto, i processi per stregoneria furono, secondo molti storici, un modo semplice e veloce per eliminare dalla circolazione le persone scomode. Nella cultura moderna la credenza popolare nelle streghe si basa su un solo concetto: il patto con il Diavolo. È grazie al Diavolo che le streghe possono volare su una scopa, tramutatasi in un gatto, fare pozioni o scatenare una tempesta o un’epidemia. Le streghe potevano causare la muffa sui cibi, le carestie, malattie o la morte improvvisa e apparentatemene inspiegabile di un bambino. Alla base della stregoneria, comunque, doveva esserci un patto con il Diavolo. E in Trentino furono molte le donne accusate di aver stretto un patto col Diavolo. Il primo processo ebbe luogo a Cavalese nel 1505. Sette donne furono accusate di stregoneria e sotto tortura confessarono di aver avuto rapporti sessuali con il Diavolo, di aver sacrificato bambini e di aver fatto magie sul tempo e sui raccolti. Al termine del processo quattro donne furono arse vive. Durante il processo altre otto sfortunate furono accusate: due morirono in carcere e le altre sei sul rogo. Nel 1627, in Val di Fassa, furono arrestate alcune persone sospettate di stregoneria. Il processo durò quattro anni. Furono quattro e interminabili anni segnati da torture spaventose e dolorose: tre donne morirono in carcere, cinque donne e un uomo decapitati e bruciati, un donna e un ragazzo mandati in esilio. Fra il 1612 e il 1615 anche la Val di Non conobbe la mano pesante dell’inquisizione. Il parroco di San Zeno, preoccupato per alcune storie che raccontavano di streghe e stregoni nella valle, avviò una caccia alle streghe che si concluse con sette donne arse vive sul rogo e una donna morta in carcere. A perire sotto il martello dell’Inquisizione vi fu anche il nobile di Romeno Leonardo Perizzali mandato al rogo nel 1615. Anche le strade della Vallagarina si tinsero di rosso con il sangue di povere donne. Nel 1647 a Nogaredo, dopo un lungo processo durato un anno, la pena di morte arrivò per Domenica Chemella, per sua figlia e per altre tre donne. Per due donne morte in carcere fu decretata la dannazione del nome e la confisca dei beni. La scia di sangue si concluse nei primi anni del Settecento. L’ultima accusata di stregoneria fu Maria Bertoletti, detta Toldina di Pilcante. Nel 1715 fu imprigionata nel castello di Avio per poi essere processata a Brentonico. Fu accusata di maleficio, sacrilegio, infanticidio, idolatria, apostasia, sodomia, avvelenamenti e di aver avuto rapporti sessuali con il demonio. Fu condannata alla decapitazione e poi al rogo. Le cose iniziarono a cambiare solo a metà Settecento. L’imperatrice Maria Teresa d’Austria introdusse una norma secondo la quale nessuna sentenza per stregoneria poteva venire emessa senza l’approvazione del governo. L’ultima esecuzione per stregoneria vi fu ne 1750 a Salisburgo: in questo caso la strega era una ragazzina di sedici anni accusata di muovere oggetti, spalancare le porte e di produrre rumori strani. Sarà l’imperatore Giuseppe II, figlio di Maria Teresa, nel 1787 ad eliminare tutte le leggi contro le streghe.
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Storie italiane
di Chiara Paoli 75 anni di...Vespa
La mitica Vespa compie 75 anni. Questo scooter, simbolo del made in Italy, nasce infatti il 23 aprile del 1946, giorno in cui la Piaggio & C. S.p.A. deposita ufficialmente il primo brevetto della Vespa presso l’Ufficio centrale dei brevetti per invenzioni, modelli e marche del Ministero dell’Industria e del Commercio di Firenze con la dicitura: “motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica”. L’intuizione di Enrico Piaggio fu quella di affidare il progetto a qualcuno che avrebbe potuto ideare qualcosa di veramente innovativo, scelse perciò Corradino D’Ascanio, ingegnere aeronautico che non sopportava le motociclette. E proprio perché il progettista odiava l’idea di scavalcare la moto per poterci salire sopra, diede vita alla prima moto a scocca portante, spogliata della struttura tubolare in acciaio e quindi priva di tunnel centrale. L’ingegnere D’Ascanio pensa alla praticità di questo mezzo, dotandolo si una pratica seduta, per affaticare il meno possibile la guida, spostando il cambio sul manubrio e coprendo il motore con il telaio per evitare le macchie sui pantaloni causate dalle inevitabili perdite d’olio. Al pacchetto aggiunse poi una sospensione davanti, un motore sviluppato partendo da quelli di avviamento aeronautici e una assai utile ruota di scorta. Pare che il nome sia stato dato al prototipo proprio da Enrico Piaggio , che vedendola avrebbe esclamato: «sembra una vespa !», per via della silhouette della moto e del suo rumore ronzante. Questo nome e il modello divengono ben presto un’icona nel mondo delle due ruote. Già un mese prima il veicolo aveva fatto il suo debutto alla Mostra della Meccanica e Metallurgia di Torino dove ottenne un immediato successo. Venne poi fatta conoscere nelle principali città italiane grazie all’inserimento di appositi annunci pubblicitari sui principali quotidiani. La presentazione ufficiale fu fatta al Circolo del Golf di Roma, alla presenza del generale americano Stone e il tutto venne ripreso dal cinegiornale Movieton. La Vespa compare in copertina sulla rivista La Moto del 15 aprile 1946 e viene proposta nelle pagine interne di Motor, mentre motore e scossa vengono “toccati con mano” dagli appassionati alla successiva Fiera di Milano. Gli inizi ebbero anche qualche difficoltà, che però venne presto appianata, sfornando un numero sempre maggiore di esemplari all’anno; la Vespa fu il mezzo di trasporto che diede il primo impulso alla motorizzazione di massa nel nostro paese, grazie soprattutto alla possibilità di pagamento a rate, che consentiva di affrontare il prezzo, che corrispondeva a diversi mesi di paga di un impiegato. I modelli di questo scooter si sono moltiplicati nel tempo con varie motorizzazioni, pur mantenendo inalterate quelle caratteristiche distintive che ne hanno fatto un prodotto d’eccellenza. Dopo solo tre anni dalla messa in commercio, nasce il 23 ottobre 1949, il primo Vespa Club a Viareggio, nel 1951 si radunano oltre ventimila Vespisti per la Giornata italiana della Vespa, due anni dopo nel mondo sono oltre diecimila le stazioni Piaggio. Mentre la produzione di scooter Piaggio si diffonde nel mondo, si iniziano a contare anche le imitazioni come la Lambretta della Innocenti, nata appena un anno dopo e fuori produzione dal 1971 e la Vjatka 150 cc, prodotta in Russia. Vespa si distingue poi per la possibilità di personalizzare il proprio
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veicolo con numerosi accessori, per renderlo originale e unico. Un successo alimentato anche dal grande schermo, memorabile il giro in Vespa di Audrey Hepburn con Gregory Peck nel celebre film Vacanze Romane del 1953 a cui seguono molte altre pellicole cinematografiche fino al 1958. La Vespa rimane un oggetto di culto che ha trovato posto anche nei musei di design, di arte moderna, in quelli della scienza e della tecnica, oltre a quelli più prettamente legati ai mezzi di trasporto in tutto il mondo. Lo scooter Piaggio fa inoltre parte della collezione permanente della Triennale Design Museum di Milano e del MoMA di New York. Questo nome si lega ancora oggi al modello originale, che viene riproposto in versioni sempre aggiornate, mantenendo viva la passione per la due ruote. Anche nella nostra provincia vi sono diversi Vespa Club che ogni anno con la bella stagione trovano occasioni di ritrovo per sfilare lungo le strade, suscitando l’ammirazione di tutti e rievocando numerosi ricordi nei più maturi osservatori. La Vespa, come le moto in generale sono il mezzo prediletto nei mesi più caldi, simbolo di spensieratezza e come dare torto a Cesare Cremonini quando cantava “ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto ai piedi, se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi”.