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Informazione e giornalisti oggi
In controluce
Informazione e giornalisti oggi
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A mia figlia liceale diciottenne e ai tanti giovani che, nonostante le tante difficoltà, vogliono accostarsi alla professione giornalistica, provo a delineare qualche risposta attraverso il quadro dell’attuale situazione, influenzata dal vorticoso progresso tecnologico e dalla pandemia da coronavirus che sta dematerializzando il lavoro.
Tra le professioni ordinistiche intellettuali, quella giornalistica è l’unica che – in base alla legge del 1963 (57 anni fa, ormai “un’era geologica”) può essere svolta da chiunque senza alcuna specializzazione professionale o titolo di studio: è irrazionale ed insensato, ma anche chi ha la terza media può iscriversi all’Ordine dei Giornalisti e fare il giornalista. A differenza di avvocati, medici, ingegneri, architetti, notai che debbono essere laureati, sostenere l’esame di stato e poi iscriversi al proprio ordine professionale per potere svolgere la professione. L’Ordine nazionale dei Giornalisti annovera circa 120.000 iscritti, molti dei quali fasulli, perché i professionisti che lavorano stabilmente come articolo 1 nel mondo dell’informazione non arrivano a 20.000; altri circa 50.000 sono collaboratori, free lance, ma soprattutto COCOCO, i precari, i rider dell’informazione, costretti spesso a scrivere per un euro a pezzo; ne restano cinquantamila per arrivare a 120.000 che non hanno una posizione INPGI( Istituto Pensionistico) aperta, quindi non svolgono alcuna attività giornalistica ma hanno però il di Rocco Cerone tesserino ODG. Questa la prima criticità che attanaglia la nostra professione e che richiede una profonda riforma dell’accesso con il requisito obbligatorio della laurea per elevare il livello culturale dei giornalisti. Titolo che adesso viene considerato scontato da enti pubblici e privati. Ciò che ha poi rivoluzionato il mondo dell’informazione e dei media è stata la diffusione esponenziale dei social: Google, Facebook, Tweeter, Istagram, Whatsapp, Telegram, che veicolano informazione e pubblicità senza pagare alcun diritto d’autore a giornali e giornalisti, produttori dell’informazione di qualità che viene saccheggiata e distribuita gratuitamente. Ė in corso un braccio di ferro tra Unione Europea ed i colossi del web statunitensi per imporre ai cosiddetti “over the top” i diritti d’autore a giornali e giornalisti. Una direttiva europea in tal senso è stata approvata ed inviata ai governi nazionali per la ratifica. Il governo italiano finora non l’ha recepita. Nel passaggio dal governo Conte I al Conte II, è cambiato il sottosegretario di stato all’editoria: il primo Vito Crimi voleva la cancellazione dell’Ordine dei Giornalisti, sottintendendo la cancellazione della categoria tout court; l’attuale Andrea Martella sta elaborando una riforma complessiva del settore, “informazione 5.0”, ponendo mano alla legge 416 sull’editoria
del 1981, con incentivi al sistema dell’informazione ed una rivisitazione del cosiddetto equo compenso, per superare l’oscenità ed il paradosso di un euro al pezzo, in grado di superare inoltre anche la situazione deficitaria dell’INPGI, da due anni con il bilancio in rosso. Situazione generale non idilliaca, aggravata dalla pandemia del coronavirus che ha innescato una preoccupante crisi economica. Le prescrizioni sanitarie e governative hanno costretto la maggior parte dei giornalisti a lavorare da remoto, cioè da casa, smaterializzando quello che è da sempre un prodotto collettivo come la fattura di un giornale sia esso cartaceo, di agenzia o radioteletrasmesso. A causa della diffusione del covid19, che ha fatto chiudere la sede centrale per sanificarla, qualche settimana fa, il quotidiano la Repubblica è stato completamente ideato, scritto, impaginato e stampato da remoto. Alcuni editori stanno immaginando già che il sistema di emergenza inaugurato per motivi sanitari possa diventare strutturale per potere diminuire drasticamente i costi. Ovviamente qualsiasi nuova organizzazione del lavoro dovrà essere contrattata in modo responsabile con la FNSI, sindacato dei Rocco Cerone giornalisti. Molti si chiedono se il giornale di carta resisterà. Desidero a tale proposito parafrasare la direttrice del Financial Times, considerata la Bibbia finanziaria mondiale, che in una intervista del 21 agosto di quest’anno ha affermato che i contenuti sulla carta resisteranno solo nei week end, ma l’informazione correrà innanzitutto sul web. Anche il celeberrimo New York Times, sempre ad agosto 2020, per la prima volta ha aumentato i ricavi digitali rispetto a quelli cartacei: 185 milioni di dollari contro i 175,4 milioni di dollari. Segnali che ci fanno capire come a livello mondiale si stia muovendo l’informazione. Cambiamenti epo-
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cali che stanno interessando anche l’Italia e il Trentino Alto Adige e dove si dovranno fare i conti con la duplice crisi sanitaria ed economica. Ricordo un vecchio caporedattore che 35 anni fa andò in crisi e preferì andare in pensione perché avrebbe dovuto imparare a lavorare con il computer e lasciare la vecchia macchina da scrivere. Ecco credo che partendo da questo esempio emblematico, per non subire passivamente i cambiamenti, occorre che questi vadano governati e cavalcati, per non esserne travolti. Occorre sicuramente fare i conti con una realtà tecnologica completamente diversa, ma come il bravo medico usa prima il bisturi, poi la laparoscopia e poi il robot per operare, così il giornalista rimane tale indipendentemente dal mezzo che usa per scrivere e diffondere notizie ed informazioni. L’importante è avere passione e gli strumenti fondamentali: cultura e curiosità.
Rocco Cerone è Segretario del Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige