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Il lavoro al tempo del covid
Attualità
Il futuro del lavoro ai tempi del covid-19
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Trasformazioni, cambiamenti, novità. Queste sono le principali parole che hanno segnato il 2020 e che, inevitabilmente, caratterizzeranno il nostro futuro. La pandemia di Covid-19 ancora non è passata, anche se alcune notizie inerenti cure e vaccini lasciano intravedere una luce in fondo al tunnel. Il mondo del lavoro, comunque, non sarà più lo stesso. Lo ha evidenziato la Fondazione Nord Est che, in collaborazione con Umana, ha condotto una ricerca proprio sul settore lavorativo e su quelli che saranno i principali cambiamenti in ottica futura. Ben 518 le realtà produttive considerate nell’indagine, con quest’ultima che ha coperto i territori di Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino (99 aziende considerate) e Veneto. Principalmente, le imprese con un numero di dipendenti tra 10 e 49 sono state quelle maggiormente considerate (198), seguite da quelle con più di 50 dipendenti (185), mentre quelle con un totale tra 6 e 9 impiegati sono state 135. A farla da padrone è stato il settore dell’industria con 226 realtà rappresentate, mentre solo 98 rientrano nel commercio e 194 nei servizi. Prima di analizzare i dati relativi al futuro, occorre però fare un piccolo passo indietro, partendo dal lockdown dello scorso marzo. Ben il 42,3% delle attività infatti non hanno realmente mai chiuso i battenti, mentre “solo” il 22,2% ha dovuto attendere il 4 maggio per ricominciare a lavorare. Durante lo stop forzato, il 64,9% delle imprese ha utilizzato la Cassa Integrazione Guadagni, il 42,7% lo smartworking ed il 30,2% ha ridotto le ore del proprio personale. Una volta tornate operative, ben il 92,2% delle aziende ha realizzato un’indagine per valutare lo stress post-lockdown, mentre il 69,2% ha pensato a nuovi arrendi interni ed il 63,9% ha impostato strategicamente i turni di lavoro per rispettare i distanziamenti. Il 50,9% delle aziende ha continuato ad utilizzare lo smartworking, mentre solo il 19,6% ha ripensato gli spazi del luogo di lavoro. A risentire particolarmente del Covid-19 sono state le attività di formazione: il 24,1% delle aziende ha sospeso ogni corso in programma, mentre solo il 29,1% ha deciso di proseguire con quelle già programmate; ben il 35,5% ha pensato di organizzarle online nonostante fossero previste in presenza, mentre l’11,3% ha puntato su nuove attività formative. Rispetto alle tematiche, il 70,6% dei suddetti corsi riguardava e riguarderà in futuro la sicurezza delle aziende, con addirittura il 73,2% dei titolari che ha evidenziato come la formazione sia orientata a trattare i cambiamenti dettati dal Covid nel lungo periodo. Inevitabilmente, uno strumento che prenderà sempre più piede in futuro sarà il già citato smartworking: per l’87,1% dei rispondenti, questa dinamica è sinonimo della capacità di di Nicola Maschio lavorare in autonomia , anche se non deve mancare il supporto della figura manageriale. Tuttavia, per il 65,1% dei responsabili questo strumento non genera un reale aumento della produttività, senza contare che per quanto riguarda il lavoro di manifattura è praticamente impossibile immaginare un lavoro da remoto. Altro aspetto preoccupante per il futuro sono i licenziamenti: l’87,6% delle imprese prevede che, non appena questi ultimi saranno nuovamente concessi, le stesse aziende provvederanno ad attivarli. Inoltre, aumenterà la flessibilità delle attività produttive (parere condiviso dall’89,2%). Qualcuno tuttavia (il 21,8%) si dice fiducioso di una ripresa dell’occupazione nei prossimi 6 mesi, anche se cambieranno radicalmente le organizzazioni e le abilità dei nuovi entranti nel mondo del lavoro: le competenze digitali saranno fondamentali per l’84,5% dei rispondenti, così come la capacità di lavorare in autonomia e per obiettivi (82,1%) ed essere in grado di ricorrere allo smartworking quando necessario (79,8%).