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In controluce: il film Arancia Meccanica

In controluce

di Katia Cont

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Buon compleanno ARANCIA MECCANICA!

“ AClockwork Orange”, è un libro del 1962 scritto da Anthony Burgess. Fu reso famoso dall’omonimo film del 1971 del regista Stanley Kubrick, che lo trasformò nel film cult per un’intera generazione e nell’opera simbolo della ribellione verso il sistema. “Arancia meccanica” salì alla ribalta delle cronache soprattutto per via delle polemiche suscitate dalle numerose scene di violenza presenti nel film, che in molti paesi portarono alla censura. Nel 1973, lo stesso Stanley Kubrick arrivò a chiedere la censura del film in Inghilterra, dopo aver iniziato a ricevere lettere minatorie rivolte a lui e alla sua famiglia. Il registra chiese ed ottenne dalla Warner Bros il ritiro dalle sale inglesi della pellicola, che non fu più trasmessa in Inghilterra (perlomeno in via ufficiale ed autorizzata) fino alla morte dello stesso Kubrick. Il romanzo è stato inspirato da un fatto realmente vissuto dallo scrittore nel 1944, quando lui e la moglie furono aggrediti da quattro marines statunitensi. La moglie incinta a causa della violenza subita perse il bambino. “Arancia Meccanica” compie quest’anno 50 anni. Mezzo secolo di vita per un racconto cruento ed al tempo stesso lucido, un sofisticato manifesto della violenza e della manipolazione degli individui da parte del sistema politico-economico. Scene di violenza agghiaccianti, analizzate attraverso diversi generi cinematografici, che sono entrate nell’immaginario collettivo di sempre. Il rallenty, le accelera-

Stanley Kubrick

zioni da comicità muta, le distorsioni grandangolari, gli ipercromatismi portano il pubblico ad una sensazione di disagio che lo accompagna dell’inizio alla fine. A 50 anni dall’uscita del film sappiamo ancora di più apprezzare il gusto e l’estetica anni Settanta di un film distopico per eccellenza. Partendo dalle location e passando per gli arredamenti, gli oggetti di design, le opere d’arte, i colori, e gli outfit, “Arancia Meccanica” è un film confezionato alla perfezione che racconta l’estetica di quel periodo. Chiunque abbia visto il film, e forse anche chi non l’ha mai visto, ha sentito parlare della Cura Ludovico e del Latte +, ingredienti fondamentali di un film che merita comunque di essere visto, soprattutto per lo stupefacente contrasto musicale che lo caratterizza e che accompagna le varie scene di brutalità e violenza di cui è intriso. Nel film, infatti, numerosi sono i riferimenti a “Beethoven”, confidenzialmente chiamato dal protagonista Ludovico Van, con l’“Inno alla Gioia” e la “Nona”. Le note de “La gazza ladra” di “Rossini” sono invece capaci di trasportare il pubblico nel “piacere” per la violenza o di renderlo complice inerme delle angherie di Alex De Large. I brani di musica classica fanno da colonna sonora ad Arancia Meccanica. Ma indimenticabilmente crudo è il momento in cui Alex canticchia ironicamente “Singin’ in the Rain” di Arthur Freed durante la scena del pestaggio a casa dello scrittore, facendo sì che le pause ritmiche del brano siano cadenzate “a tempo” dai calci e dalle bastonate che sferra. Mezzo secolo di “Arancia Meccanica”, il capolavoro cinematografico partorito dal genio di Kubrick, capace all’epoca di mettere sotto shock il mondo e che, dopo 50 anni, resta ancora un paradigma dell’arte che divide e provoca dibattiti.

Il personaggio

di Francesco Zadra

ROSARIO LIVATINO

il giudice ragazzino

Immagina di essere uno studente di Giurisprudenza (e fa già piangere così) in piena sessione d’esami. Intere giornate con gli occhi che sanguinano e la mente che reclama una pausa, ore e ore di gioventù perse in quel labirinto di codici, commi e cavilli. Chi te lo ha fatto fare? La tentazione di darsi all’agricoltura è sempre più forte. Se poi scopri che l’albo degli avvocati è ormai prossimo alla saturazione e ti arriva voce dell’ennesimo scandalo legato alla magistratura cominci a mollare la presa. L’idea di fuggire a pescare tonni in qualche sperduto atollo del Pacifico si consolida ogni secondo di più. Tutto ad un tratto una voce rompe il silenzio. Un oracolo? La tua coscienza? No. Semplicemente la radio, che hai messo in sottofondo nel tentativo di rendere meno amaro il ripasso di diritto privato. Ciò che ha catturato la tua attenzione ha un nome e cognome: Rosario Angelo Livatino. Cominci ad ascoltare rapito l’annunciatrice radiofonica mentre narra vita, morte e, sì, anche miracoli, di questo giovane magistrato assassinato dalla mafia trent’anni or sono. Nato a Canicattì il 3 ottobre del 1952, il nostro eroe si contraddistinguerà fin da piccolo per il forte senso di giustizia e la temeraria voglia di mettersi in gioco. Terminata la vita liceale, dove militò tra le fila dell’Azione Cattolica, il giovane Livatino s’iscrive alla facoltà di Giurisprudenza da cui uscirà, cum laude, nel ‘75. Gli anni passati sui libri danno i loro frutti: dopo essere finito in vetta alla graduatoria del concorso da magistrato nel ‘78, divenne sostituto procuratore del tribunale di Agrigento l’anno successivo. A soli 26 anni d’età. Una carriera brillante. Ma ben presto Rosario farà i conti con l’amara realtà. I concetti di Giustizia, Verità e Trasparenza, che tanto sognava di difendere, erano lungi dall’essere messi in pratica. E non solo negli inferni delle periferie sicule. Perfino i colleghi togati e le alte sfere dello Stato sembravano predicare bene e razzolare male. Nonostante ciò decise di non scoraggiarsi e perseguire con ancor più convinzione il suo obiettivo. Etiam si omnes ego non. Anche se tutti io no. Passò così al setaccio la società siciliana, trascorse notti insonni per scoprire dove si annidasse la criminalità organizzata arrivando perfino a interrogare personaggi “intoccabili”: sindaci, parlamentari e pure un ministro della repubblica. Il tutto mentre affrontava una profonda crisi interiore che lo portò, dopo un travagliato percorso, ad abbracciare convintamente la fede cattolica chiedendo la cresima da 36enne. Inutile dire che la sua incorruttibilità e intransigenza non gli attirò certo le simpatie della mafia. Nel 1990 la

La Ford Fiesta, sulla quale viaggiava Rosario Livatino quando venne assassinato dalla mafia messa sotto tutela e diventa di “interesse culturale”

Il personaggio

Stidda, cosca mafiosa locale, assoldò, a poche settimane dal suo compleanno, 4 sicari col mandato d’inseguirlo. E non certo per consegnargli torta e candeline. Il 21 settembre la tragedia: mentre si recava al lavoro sulla statale che collega Caltanissetta ad Agrigento la sua auto venne speronata. Rosario ebbe un orrendo presentimento: la sua corsa era giunta al termine. Tentò quindi la fuga attraverso i campi, ma venne raggiunto e freddato a colpi di pistola. Spirava così, a quasi 38 anni, il giudice ragazzino. Impossibile non pensare alle parole di Saulo di Tarso: bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi. Ho gareggiato una bella gara, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.

LA BEATIFICAZIONE

Fin dai primi anni dopo la morte di Rosario la curia agrigentina incaricò la prof.ssa Ida Abate, un tempo sua insegnante, di raccogliere testimonianze per il processo di beatificazione. Perfino papa Wojtyla si commosse incontrando i genitori di Livatino nella valle dei templi di Agrigento, poche ore prima di scagliare lo storico anatema contro la mafia. Il processo diocesano si avvierà nel 2011 su decreto di mons. Francesco Montenegro per concludersi solo nel 2018. Anni intensi, durante i quali furono interrogate oltre 40 persone circa la condotta di vita del magistrato, tra cui uno dei killer, l’ergastolano Gaetano Puzzangaro, ora pentito. I documenti e testimonianze vennero poi spediti a Roma in un dossier di 4’000 pagine pronto a essere esaminato dalla Congregazione per le cause dei santi. Nel dicembre 2020 arriva il nulla osta del Santo Padre Francesco circa il riconoscimento del martirio. Finalmente lo scorso 9 maggio il giudice Livatino è stato innalzato all’onore degli altari, nella cattedrale di Agrigento, per bocca del cardinal Semeraro. La memoria liturgia del neo-beato sarà celebrata ogni 29 ottobre, data in cui (nel 1988) ricevette il sacramento della confermazione. E’ ora in corso un’indagine della Santa Sede circa suoi 2 presunti miracoli. Arriverà presto il giorno in cui potremo chiamarlo “San Rosario Livatino”?

Come eravamo

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