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L’arte nei secoli - Antonio Canova

L’arte nei secoli

Antonio Canova il genio e il marmo

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Per un viaggiatore che voglia scoprire le bellezze d’Italia partendo da Nord, non può sfuggire Possagno, una cittadina di poche migliaia di abitanti, in Provincia di Treviso, ma che, grazie al genio di uno dei suoi figli che hanno fatto grande l’arte italiana dagli ultimi anni del 1700 ai primi dell’800, Antonio Canova, possiede la più importante collezioni d’Europa. Gessi pitture e molto altro ancora ed il suo monumento più rappresentativo della concezione dell’Arte Neoclassica: la Chiesa Arcipretale della Santissima Trinità conosciuta ora come il Tempio Cannoviano, da lui progettata, la cui prima pietra Canova pose l’11 luglio 1819. Il grande tempio è la sintesi dell’arte neoclassica che vuole rendere omaggio all’arte greca con il magnifico colonnato che fa da ingresso e ricorda il Partenone di Atene, mentre il tempio si rifà al Pantheon di Roma. Ricordo ancora la strana sensazione che provai da bambina quando con i miei genitori visitai a Roma, il Museo Borghese che esponeva la stupenda statua di Paolina Buonaparte. Era una figura bellissima adagiata con grande eleganza su un Triclinio. Osservandola, affascinata, mi venne istintivo allungare la mano per accarezzare le pieghe della leggera veste che le copre parzialmente le gambe; oltre al rimprovero deciso dei miei genitori, la fredda sensazione che mi colse quando la toccai mi ritorna in mente ancora adesso. Mi sembrava una morbida stoffa, ma era pur sempre marmo. Fu così che imparai a conoscere Antonio Canova, scultore di estrema raffinatezza, capace di trattare il marmo come una sarta lavora le sue stoffe. Per di Laura Mansini

Antonio Canova (da Biografieonline)

Il Tempio di Antonio Canova a Possagno, suo paese natale (da Visittreviso)

Antonio Canova - Teseo e il centauro (da wikipedia)

Antonio Canova - Paolina Bonaparte Borghese da wikipedia

Antonio Canova - Amore e Psiche (da wikipedia)

Antonio Canova - Perseo con la testa di Medusa

i Veneti il marmo è parte della loro storia, le “cave de marmo” non disturbano gli abitanti, che trovano in questi sfregi delle loro montagne, ricchezza, lavoro e beneficio. Fin da piccoli vengono a contatto con questo meraviglioso dono della natura e ogni famiglia che abita vicino alle Cave ha uno scalpellino in casa. Antonio Canova non faceva eccezione era figlio e nipote di scalpellini. Artista veneto fra i più interessanti del Neoclassicismo, periodo artistico che si insinua fra il Barocco ed il Romanticismo, Antonio nacque a Possagno il primo novembre del 1757 . Rimasto prematuramente orfano di padre, quando la madre si risposò trasferendosi in un paese vicino, venne affidato alle cure del nonno paterno, Pasino abile scalpellino e capomastro. Personaggio burbero e severo col piccolo nipote, al quale insegnò i primi rudimenti del mestiere, seppe tuttavia cogliere nel fanciullo le straordinarie doti nella scultura e nel 1768, a soli 11 anni, lo mandò a Venezia per iniziare il proprio apprendistato. Frequentò la scuola di Scultura, oltre alla pubblica Accademia del nudo, dove realizzò le sue prime opere che gli dettero una certa notorietà nell’ambiente artistico locale. Nel 1773, a soli 16 anni, scolpì “Orfeo e Euridice”, poi il giovane bellissimo “Apollo” e “Dedalo e Icaro” nel 1779. Opere straordinarie, ispirate alla grande tradizione classica, Greco-Romana. E fu proprio per avvicinarsi alla grande Storia che, nel 1779, si recò a Roma, città che lo conquistò a tal punto da decidere di lasciare il Veneto, trasferendosi definitivamente in essa, pur mantenendo i contatti con la terra d’origine. Qui va incontro al proprio destino d’artista. Visita Ercolano, Pompei e Paestum, conosce e fa amicizia con

L’arte nei secoli

i più grandi artisti e gli intellettuali, inizia con loro a teorizzare un nuovo ritorno al classico, che nelle sue opere si manifestò sempre più come ad esempio “Teseo e il Minotauro” (1781-83), per proseguire con la serie di sculture, sempre di soggetto mitologico, eseguite sul finire del ‘700 che gli dettero fama internazionale. Fra queste ci piace ricordare “Eros giovinetto”, “Amore e Psiche”, “Ebe”. ” Venere e Adone” e le splendide “Tre Grazie”. Uomo di straordinaria Cultura, venne soprannominato “ Il nuovo Fidia”. Visse a Roma, ma non scordò mai la sua Terra, infatti nel 1801 fu raggiunto dalla madre e dal fratellastro, il giovane abate Sartori. La madre dopo poco tempo, non sopportando la vita frenetica di Roma tornò a Crespano, mentre Giovan Battista, uomo di grande cultura ed intelligenza, rimase per sempre al fianco del fratello aiutandolo come consigliere, segretario, amministratore del patrimonio. Entrambi raggiunsero vette altissime imponendosi nella società del tempo grazie alle straordinarie doti nei loro reciproci campi. Alla morte di Antonio il 13 ottobre del 1822 Monsignor Giovanni, uomo coltissimo e generoso ritornò a Possagno dove si dedicò alla memoria del Fratello, terminando la grande opera di Antonio, costruendo la Gypsoteca nel giardino della Villa, nella quale raccolse tutti i modelli in gesso che si trovavano nello studio di Roma . Alla sua morte lasciò tutti i loro averi al paese di Crespino e di Possagno, con l’impegno di non disperdere quanto ricevuto, nacque cosi “La Fondazione Canova” di Crespano, con sede a Possagno, in via Canova, nella villa del grande artista. Due fratelli, figli di una terra, il Veneto che sa coniugare la ricerca dell’arte con lo spirito imprenditoriale.

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