3 minute read
Battaglia al Covid
I giovani, nuovi super diffusori?
Cari giovani non siete immuni. In Italia i contagi di Covid continuano a salire come i nuovi positivi, i morti e i tamponi da effettuare: una situazione che degenera. Nessuno è invincibile e anche se per voi giovani non è mortale, vi si attacca addosso come un tornado con una lunga coda. Il mondo giovanile rappresenta il più grande diffusore di virus; infatti la statistica dimostra come l’età di contagio si sia abbassata (15-29 anni). I ragazzi nella società ricoprono il ruolo di giovane con tutti i suoi tipici comportamenti, ma questa fascia forte sembra aver dimenticato di rivestire anche la parte di figlio e nipote. Ogni giorno in questo momento di pandemia si passano in rassegna le regole base per contrastare la diffusione del virus: indossare la mascherina, evitare assembramenti e luoghi affollati, mantenere le distanze e molto altro, non viene imposto un isolamento, ma è richiesta un’attenzione. La maggior parte di loro vive con i genitori e ha legami con i nonni; l’anziano soprattutto in Italia riveste il ruolo fondamentale di ammortizzatore sociale, bada ai nipoti quando papà e mamma lavorano. Inevitabile una quotidianità condivisa e sarebbe impensabile in questa fase non avere alcun contatto, però ci sono delle conseguenze. I ragazzi con sintomi lievi o asintomatici, particolarmente nella fase iniziale, accelerano la capacità del virus di raggiungere le persone più avanti con l’età. Da qui l’appello ridondante” giovani proteggete chi è più vulnerabile di voi”. Di appelli da marzo ad oggi ne sono stati fatti molti, altrettante le informazioni e i famosi Dpcm: impazza la confusione. Dopo otto mesi, il governo naviga a vista. Non sembra capirci molto, un Dpcm ogni quattro giorni sembra dichiarare al mondo che le misure del decreto precedente non sono servite, ma il nemico Covid è una mina impazzita e l’escalation di contagi crea di per sé disordine e criticità. Sono inevitabili i messaggi contraddittori che arrivano al mondo giovanile, ma altrettanto chiare le conseguenze di questo virus. I ragazzi non hanno paura di morire, ma di sentirsi limitati e di non poter godere della vita. L’idea di morte è lontana, cognitivamente riescono a capire che esiste, ma non li riguarda mai; inclini a soddisfare nell’immediato quelli che sono i propri bisogni dimenticano ciò che li circonda. Nella guerra al virus la generazione Millennials si sta dimostrando dispersiva e narcisista, allo stesso modo le scelte fatte dalle istituzioni e dalla generazione precedente non li aiuta. Porte dei bus che si chiudono a fatica, a bordo tutti hanno la mascherina, ma le distanze sono una fantasia. Potenziare il trasporto pubblico è difficile perché mancano le risorse di personale e vetture. A occhio fuori dalle uscite
Advertisement
di Patrizia Rapposelli di scuola o vicino ai bar la quantità di ragazzi che non portano la mascherina o che la portano abbassata è significativa; manca il pubblico controllo. Le limitazioni e le regole imposte sono molte. Questa pandemia impone una vita diversa da quella di prima con comportamenti contrari a quelli che vengono spontanei. Vivere in sicurezza in questo momento vuol dire avere una consapevolezza rinnovata, fatta di razionalità e aderenza alle regole; uno sforzo non indifferente e contro natura per il mondo giovanile, ma necessario per il bene collettivo. I giovani additati come nuovi super diffusori forse sono un semplice capro espiatorio, ma più capaci e raziocinanti di così lo possono essere. La generazione moderna ritiene che la società debba sempre e comunque comprenderle, come se si trattasse di un diritto acquisito, ma questo è un merito da conquistare. Quello che resta certo è un contagio dilagante e questa consapevolezza merita responsabilità e riflessione.