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Punto & a capo

Pane e lavoro

“Pane e lavoro” questo chiedevano gli italiani lo scorso secolo. Nell’antica Roma si accontentavano del pane confezionato con il frumento dell’Egitto o della Sicilia. Noi siamo disposti anche a faticare e la generazione degli anni Sessanta è stata accontentata, mentre quella a venire avrà certamente poco pane, con fatica e scarse certezze. Proprio come negli anni Cinquanta del Novecento.

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“S ono un bambino di 12 anni....fino a poche settimane fa ho lavorato in un bar dove da mattina a sera prendevo 1500 lire a settimana.....poi sono stato male due giorni e quando sono tornato al mio posto c’era un altro ragazzino”. Questo accadeva nel 1957 a Roma(da “Vallone Purgatorio”). Poi il boom economico, e oggi? Oggi l’Italia, ha il tasso di occupazione giovanile più basso a livello europeo (56,3%, contro una media Ue del 76% nella fascia 25-29 anni) e il più alto tasso di giovani che non studiano e non lavorano (29,7%, media Ue 16,6 , siamo in Europa gli ultimi per occupati giovanili e i primi per “neet”, ovvero ragazzi scoraggiati che non studiano e non lavorano (meglio di noi anche Grecia, Bulgaria, Romania). A proposito del fascino estero, oltre 320mila ragazzi e ragazze (20-34 anni) hanno lasciato l’Italia tra il 2009 e il 2018, molti di loro senza prospettiva di ritorno. Nel ricco Trentino, il 30 luglio scorso, l’Agenzia del Lavoro, dovremmo rinominarla della disoccupazione, ha aperto una nuova raccolta di candidature finalizzata a rinnovare la disponibilità di quei lavoratori che si erano iscritti alla precedente lista e a intercettare nuovi candidati per il periodo agosto-novembre 2020. Sono 1.200 le persone attualmente candidate alla lista. Nel felice Veneto, dati Census, prima del Covid si registrava un leggero aumento dell’occupazione, già superiore alla media nazionale ma non sempre è così, nel Feltrino, in particolare, il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 22% . Ma, a differenza di altre parti d’Italia, i Neet tra 15 e 17 anni sono pochi: fino alla maggiore età i giovani trentini e feltrini vanno a scuola o lavorano subito dopo la formazione professionale. È nella fascia successiva, tra 18 e 29 anni, che la disoccupazione sta aumentando. Aride cifre e mense vuote. Ma c’è di peggio. Lo chiamano lavoro ma è diventato un’altra cosa. La fatica rimane ma scarseggiano orari di lavoro e contratti. Le prime sono dettate, per i più fortunati, di mese in mese, per molti altri di ora in ora. Un ragazzo (?) ventottenne, assunto a giornata da una agenzia internazionale ha consegnato 160 pacchi in un giorno. Poi a casa in attesa di chiamata per il giorno dopo. Un tempo veniva definita disponibilità, inserita nel contratto a tempo indeterminato e compensata. Oggi i giovani si devono accontentare di essere chiamati. Trema la generazione degli anni Sessanta: grazie agli sprechi degli amministratori coetanei, politici e dirigenti, temono per la pensione. Le imprese multinazionali, grazie anche ad Internet, godono un momento di miliardaria ricchezza. Alcuni loro dirigenti accusano i lavoratori, i di Waimer Perinelli

giovani in particolare, di pensare solo al divertimento. Si sa, dicono, che i disoccupati hanno la tendenza a scialare divertendosi. E i sindacati stanno a guardare. Non riescono nemmeno a d obbligare gli enti pubblici ad assumere a tempo indeterminato. Lo Stato, gli Enti locali, sono paralizzati da leggi, paragrafi, commi, creati ad arte da chi il lavoro ce l’ha. Concorsi pochi e giornali che titolano, con esecrabile stupore o stomachevole indignazione, 6mila concorrenti per venti posti. Era così anche settant’anni fa ma un bambino allora poteva scrivere: “Quando sarò grande vorrei fare l’ingegnere... spero di riuscirci per guadagnare il pane per me e i miei genitori”. (2febbraio 1956- da “Vallone Purgatorio”). Oggi è fortunato se i genitori gli possono dare un pasto caldo e qualche spicciolo per il caffè. E altrimenti? Ci sono le banche, i supermercati, le case...ma bisogna sfondare le porte. Cose da disperati, che sia per questo che aumenta la criminalità?

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