101 anagrammi zen. Storie di enigmistica, psicologia, cinema e politica

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Punti di Vista



Marco Minelli

101 ANAGRAMMI ZEN Storie di enigmistica, psicologia, cinema, politica

Prefazione di Enrico Parodi (Snoopy)


Prima Edizione: 2014 ISBN 9788898037728 © 2014 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di Ottobre 2014 in Italia da UniversalBook srl per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)


Dedicato a tutti coloro che, anche solo per un breve periodo della loro vita, hanno giocato ad anagrammare le parole che passavano nel cervello o nelle orecchie.



INDICE

Prefazione (di Enrico Parodi - Snoopy) Introduzione 1. Madre - Merda 2. Attore - Teatro 3. Cattiveria - Creatività 4. Analista - Insalata 5. Senatore - Estraneo 6. Senatrici - Cristiane 7. Ventaglio - Longevità 8. Dentista - Distante 9. Merito - Timore 10. Democrazia cristiana - Azienda camorristica 11. Asterisco - Esorcista - Scortesia 12. Latte + Pane = La patente 13. Attenzione - Tentazione 14. Castrato – Crostata 15. Concertista - Circostante 16. Un caso limite - Note musicali 17. Sogno + Realtà = Ergastolano 18. Caimano - Maniaco 19. Corpo – Porco 20. Incesto - Cestino 21. Paradiso - Rapsodia - Diaspora 22. Luterani - Neutrali

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23. Cielo + Terra = Il Creatore 24. Incerto - Recinto - Cretino 25. Giornale - Regalino 26. Exit poll – L’exploit 27. Pietra - Patire 28. Giro d’Italia - I gladiatori 29. Strofa poetica - Fiato sprecato - Fioca protesta 30. Uditore - Erudito 31. Astensione - È insensato 32. Calendario - Locandiera 33. Oste + Birra = Erborista 34. L’autismo - simulato 35. Il teatro greco + Dramma = Elettrocardiogramma 36. Trentasei – Sirenetta 37. Doppiatore - Pepita d’oro 38. Bibliotecario – Beato coi libri 39. Eredità + Minore = Intermediario 40. Referto - Feretro 41. Educatore - Due carote 42. Sapere - Pesare 43. Grissino - Signorsì 44. Parto - Porta 45. Sigaretta - Strategia 46. Meteora - Teorema 47. Caso fortuito - Fatto curioso 48. Fortuna + Iella = Tiro alla fune 49. Cocaina + Stupore = Uno spacciatore 50. Attori + Scena = Cantastorie 51. Tarli + Topi = Il partito

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69 71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95 99 101 103 105 107 109 111 113 115 117 119 121 123 125 127


101 52. Nani + Gnomi = Minigonna 53. Narciso + Creso = Crocerossina 54. Trascinare - Incastrare 55. Palla + Porta - La trappola 56. Signora fatale - La stenografia 57. Camionisti + Ruspe = Ius primae noctis 58. Matrimonialisti - Antimilitarismo 59. Luce + Ombra = Calembour 60. Auto + Treno = Nuotatore 61. Plastilina - L’alpinista 62. Lavagna - Valanga 63. Il piano terra - La portineria 64. Sigarette + Vino = Investigatore 65. Petto + Seno = Peso netto 66. Circuire – Ricucire 67. Mani + testa = Settimana 68. Mani + ricetta = Manicaretti 69. Bruco + Ali = L’ubriaco 70. Canzoniere - Incoerenza 71. Hit parade - Apartheid 72. Poste + Cielo = Telescopio 73. Garçonnière - Regina con re (ç = c) 74. Mensilità – Malintesi 75. La Germania – Maglia nera 76. La cabina - Bilancia 77. Croce + Tomba - Beccamorto 78. Parole + Metrica = Mare tropicale 79. Ascensorista - Scassinatore 80. Souvenir - Universo 81. Stereo - Estero 82. I ricordi + Le nostalgie = La religione di Cristo

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83. Allegria - Galleria 84. Pentola - Polenta 85. Confessionale - Fiasco Solenne 86. L’arte gotica - Grattacielo 87. Esperanto - Pensatore 88. Asma + Sincope = Campionessa 89. L’orto + Semina = Il monastero 90. Codroipo – Xxxxx Xxx 91. Colonna vertebrale - Carbonella rovente 92. Prestito - Protesti - Rispetto 93. Cronista - Incastro 94. Occhio + Lenti = Il cotechino 95. Catechismo - Schematico 96. Poster - Presto 97. Materialismo - Molta miseria 98. Capoccione - Pacioccone 99. Webinar - Winebar 100. Funeral - Real fun 101. Astronomers - No more stars Elenco dei principali schemi anagrammatici esclusi Breve elenco di altri anagrammi in lingua inglese notevoli per pertinenza Il poema anagrammatico Bibliografia Filmografia Psicoindice analitico Indice dei nomi

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195 197 199 201 203 207 209 211 213 215 217 219 221 223 225 227 229 231 233 235 235 237 245 249 251 253


PREFAZIONE*

Quando Nelli (Marco Minelli) mi ha chiesto di scrivere la prefazione ai “101 Anagrammi Zen” ho accettato con entusiasmo, perché a differenza di altre opere divulgative, questa volta l’enigmistica classica non rimane fine a sé stessa, bensì diventa un punto di partenza per un discorso interdisciplinare che coinvolge altri temi; non solo la psicologia, materia di Nelli, ma anche la cinematografia, la politica e varie vicende a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni. Questo è un tentativo del tutto nuovo per fare uscire gli anagrammi dalla ristretta élite di noi enigmisti italiani, con i nostri pseudonimi, i nostri convegni e le nostre feste, cercando di presentarli ad un pubblico più vasto. Cosa accade quando uno psicologo, che già impegnato nell’attività clinica di tutti i giorni, si appassiona anche all’enigmistica classica? Molti psicologi, a cominciare da Jacques Lacan hanno dato molta importanza ai calembour, siano essi anagrammi, palindromi o crittografie. Marco Minelli ha focalizzato la sua attenzione sugli anagrammi, ricavandone una piccola antologia e cercando di afferrare i nessi che si nascondono nell’esatto rimescolamento di lettere tra coppie o triadi di parole. Attraverso questo esercizio di stile, l’Autore passa in rassegna alcune delle maggiori teorie psicoanalitiche, modelli di psicologia sociale e temi * di Enrico Parodi (Snoopy)

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della psicologia cognitiva; ognuno dei centouno anagrammi viene sviluppato con il contributo di riferimenti cinematografici e con uno sguardo alle vicende sociopolitiche italiane degli ultimi vent’anni. Gli anagrammi sono passati in rassegna e posti in relazione a memorie di vent’anni di attività clinica; compaiono allora diversi riferimenti alla attività peculiare dello psicologo: casi clinici, interventi nelle scuole e nei servizi per minori o per anziani. Il volume è dedicato a tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno giocato ad anagrammare le parole che passavano nel cervello o nelle orecchie. La mia generazione di enigmisti si cimentava con gli anagrammi dapprima con carta e matita e poi con i cartoncini delle letterine del Pariolamo o con i quadratini di plastica dello Scarabeo. In passato sono stati compiuti numerosi tentativi di codificare il meccanismo di composizione degli anagrammi. In era precomputeristica merita di essere citata l’opera di Re Enzo (Enzo Cavallari); il suo ingegnoso sistema di schede con il quale tutte le parole del dizionario della lingua italiana erano catalogate secondo la sequenza ordinata delle consonanti e delle vocali. Da ricordare anche Esiodo (Mario Villa) e i suoi pregevoli volumi dal titolo “Repertorio di anagrammi della lingua italiana”. Il continuo progresso in campo informatico ha favorito in tempi più recenti la nascita di numerosi programmi di creazione anagrammatica, tra i quali va ricordato il “Motore anagrammatico del Gaunt” di Night Gaunt (Corrado Giustozzi), l’Anagrammatore V1.3.2 di Cartesio (Roberto Morassi) ed Enilab 2.9 di Hammer (Giulio Ferrari). Questi ed altri programmi costituiscono un valido aiuto per gli autori ma per-

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101 dono importanza se non sono supportati dalla creatività e dall’intuizione personale. Il mio ultimo affettuoso pensiero va a Il Grigio (Livio Matulli) che con le sue semplici letterine ha composto indimenticabili capolavori.

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INTRODUZIONE

L’anagramma ha origini antichissime e se ne attribuisce la paternità a Licofrone da Calcide, poeta greco vissuto ad Alessandria d’Egitto, alla corte di Tolomeo Filadelfo, verso il 280 A.C.: dal nome del suo re, Ptolemaios, avrebbe ottenuto Apò melitos (di miele) e da quello della bellissima regina, Arsinoe, Eras ion (violetta di Giunone). L’anagramma è stato utilizzato anche per indagini di natura religiosa. In particolare, un monaco del XV secolo, dalla domanda: Quid est veritas? (Qual è la verità?), posta da Pilato a Gesù (Giovanni, XVIII, 38), ricavò la sacrale risposta: Est Vir qui adest (È l’Uomo che ti sta dinnanzi). Ma il primo secolo d’oro dello sviluppo degli anagrammi è stato il diciassettesimo del quale vale la pena citare almeno l’opera del monaco Giovanni Battista Agnesi, il quale pur essendo cieco, riuscì a trovare centinaia di bellissimi anagrammi in latino a partire dalla salutazione angelica: “Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum.” Le funzioni dell’anagramma sono però storicamente molteplici; vi ricorsero e vi ricorrono in particolare personaggi che intendono celarsi dietro pseudonimi, come il poeta romanesco Alberto Salustri che si fece chiamare Trilussa. Chi almeno una volta nella vita si è cimentato a giocare con le lettere ed a cercare anagrammi tra i lemmi del vocabolario italiano conoscerà almeno alcune di queste coppie di parole, alcune blasfeme come madre-merda, altre sorpren-

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denti come attore-teatro. La maggior parte di queste coppie sono invece meno note ai più, ma ben conosciute dagli addetti ai lavori ovvero, chi si occupa dei giochi dell’enigmistica classica dove gli anagrammi, insieme ai palindromi ed alle crittografie mnemoniche o frasi bisenso, occupano un posto privilegiato per la loro spettacolarità. Chiunque si sia avvicinato allo studio della linguistica si è imbattuto in Saussure, ma pochi sanno che tra il 1906 e il 1909 Ferdinand de Saussure si è prodotto in una complicata ricerca anagrammatica, arrivando a redigere circa 3700 pagine. Ma nel novecento sarà ancora un religioso, Don Anacleto Bendazzi di Ravenna, del quale parleremo più avanti, ad incentivare lo sviluppo dell’anagramma e a preparare il campo per la maggior parte degli schemi anagrammatici che saranno qui presentati. Dal canto mio, essendo sia psicologo che enigmista ho trovato il tempo di compilare questa piccola antologia, divertendomi a cercare un nesso tra le coppie o triadi di parole anagrammabili o tra i cosiddetti anagrammi divisi; un nesso che raramente può essere evidente (e in questo caso parleremo di anagrammi pertinenti: attore-teatro, bibliotecario-beato coi libri) ed altrettanto raramente è del tutto inesistente, in quelli che mi piace chiamare impertinenti (sirenetta-trentasei, signorsì-grissino), ma il più delle volte rintracciabile col metodo freudiano delle libere associazioni proprio della psicologia dinamica o psicologia del profondo. È proprio questo l’esercizio di stile che costituisce il filo conduttore di questo volumetto. Oltre alla psicologia, non mancheranno i riferimenti alla politica italiana, visto che alcuni degli schemi anagrammatici la riguardano direttamente. Inoltre, talvolta verranno citati trame o spezzoni di noti film per facilitare la visualizzazione dei fili rossi che collegano i

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101 termini delle coppie anagrammatiche. Gli psicologi appassionati di anagrammi sono parecchi; il più noto fu il francese Jacques Lacan. Per definire il meccanismo che sta alla base di questo gioco di parole possiamo dire che... L’ANAGRAMMA... lo determini mercé l’esatto → rimescolamento di lettere e abbiamo dato così una definizione dell’anagramma mediante un anagramma pubblicato nel 1975 sulla rivista Aenigma da Snoopy, pseudonimo di Enrico Parodi, che abbiamo appena conosciuto leggendo la prefazione e che molti di voi avranno già incontrato come grande firma dei rebus della settimana enigmistica. La frase precedente in corsivo è composta infatti da due metà che sono l’una anagramma dell’altra, nel senso che sono formate dalle stesse lettere disposte in due modi completamente diversi: ciò si può controllare, ed è bene farlo davvero ogni volta che creiamo un anagramma, cancellando ad una ad una tutte le lettere della seconda frase dalla prima; al termine dell’operazione risulterà completamente annullata. Non occorrerebbe altro, ma proviamo a dare una definizione più precisa ed esauriente: L’anagramma è uno schema enigmistico che consiste nel variare la disposizione delle lettere di una o più parole (e/o frasi) in modo da ottenerne un’altra o più parole (e/o frasi) di senso compiuto, che a volte possono anche essere continuative con le prime o in attinenza di significato. I 101 Anagrammi Zen, titolo ispirato alle 101 storie zen raccolte da Nyogen Senzaki e Paul Reps, vogliono essere un vero e proprio esercizio di stile, non solo per rendere omaggio all’enigmistica classica, ma anche per parlare d’altro. Gli schemi anagrammatici presentati in questo volumetto diventano un pretesto per discorrere anche di scienze umane, in

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particolare di psicologia e psicoanalisi, nonché soprattutto di storia contemporanea, ovvero delle ultime pagine della politica italiana, con particolare riguardo al malaffare e alla corruzione esercitati in maniera particolare dal pentapartito fino al 1993 e dal berlusconismo nell’ultimo ventennio. Non mancheranno inoltre riferimenti al cinema, a pellicole arcinote che hanno fatto breccia nell’inconscio collettivo, come ad esempio “Rain Man” o “Non ci resta che piangere” e a pellicole meno note del panorama nazionale. Non esiste un ordine cronologico ben definito, pertanto questo volume si può sfogliare a piacere, anche leggendo i centouno anagrammi al contrario o in ordine sparso, cercando nelle pause di trovarne un centoduesimo, magari inedito, da tematizzare; sempre a piacere. E che l’anagramma sia una “arma magna” che ci consenta di parlare e sparlare di tutto e di tutti. Ci vorrebbero troppe pagine per ringraziare tutti gli esponenti della comunità enigmistica italiana o rintracciare la paternità degli schemi anagrammatici dibattuti in questo libro per cui mi accontenterò di citare Stefano Bartezzaghi (Nené), Emanuele Miola (Ele), Giorgio Dendi (Dendy), Ida D’Orazio (Idadora), Livio Matulli (Il Grigio), Luca Patrone (Il Langense), Enrico Mosé (Moro Cinese), Bruno Corti (Bruco), Enrico Parodi (Snoopy) che è forse il più grande rebussista vivente, Guido Iazzetta (Guido) direttore della rivista “La Sibilla” e Pina La Valle (Giusi), autrice di frasi anagrammate continuative di elevata pertinenza e di altissimo livello tra le quali mi piace ricordare “Un mio piatto prelibato → ottimo per buoni palati”. Per quanto riguarda i riferimenti cinematografici, uno speciale ringraziamento va ad Annarita De Caprio. Non saranno compresi in questo libro, se non di sfuggita, gli anagrammi onomastici come ad esempio “Bearzot

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101 zebrato”, apparso durante il mondiali di calcio argentini del 1978, quando l’allora commissario tecnico mandava in campo nove giocatori juventini su undici. Altri esempi illustri sono: Marco Antonio = antico romano, Stefano protomartire = Santo morto fra pietre, Primo Carnera = romperà crani, Joan Mirò = Mar Jonio, Armando Cossutta = straunto da Mosca, Antonio De Curtis = induce tanto riso, Alberto Sordi = astro del brio, Roberto Benigni = Birbone Integro, Clint Eastwood = Old west action, Pietro Nenni = Non è Pertini, Maria Stella Gelmini = La galleria mi smentì, Carlo Giovanardi = La droga ci rovina, Antonio Di Pietro = ai potenti dirò: no, Anna Maria Cancellieri = Minaccia nera nell’aria, Sabrina Ferilli = brilla fra i seni, Del Piero = È il prode = l’Edipo Re = perde l’Io. Per questo tipo di anagrammi rimando all’opera di Umbro Affioro “Raccolta di nomi celebri anagrammati” di oltre mille pagine del 2006, oppure a quella di Enrico Basile del 2004, “Il nome un presagio: personaggi famosi in satira anagrammata.” Spero infine che questo volume, oltre a far comprendere al lettore la chimica dell’anagramma, lo motivi ad indagare altri volumi, non solo di enigmistica e di psicologia, ma inerenti tutti quegli argomenti che qui sono trattati soltanto en passant, per evitare voli pindarici o parentesi troppo dispersive; è soprattutto per questo motivo che ho ritenuto inserire alla fine una bibliografia, una filmografia ed un indice dei nomi dove attingere quando ho trattato storie, aneddoti e personaggi in modo troppo veloce o frammentario.

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MADRE - MERDA

Secondo lo scrittore Aldo Busi è la madre di tutti gli anagrammi. Non si tratta di un insulto alle madri, come verrebbe da pensare osservando la questione in superficie, bensì di un elogio della merda; infatti nel saggio “Per un’apocalisse più svelta” egli scrive: “Ah, Merda-Madre, anagramma di tutte le cose.” Sembrerebbe quasi un attacco diretto agli italiani, noti per avere una concezione quasi sacra della propria mamma, invece fra poco vedremo che si tratta di una lode alla madre come creatrice e dispensatrice di vita e di bellezza. Resta il fatto che questo anagramma è poco conosciuto perfino tra gli addetti ai lavori, gli enigmisti, dai quali è poco considerato proprio per l’alone dissacrante che lo circonda; praticamente un tabù, nel senso freudiano del termine. Se questo anagramma, così evidente, è meno noto di molti che lo seguiranno, ciò è dovuto proprio al tabù che, soprattutto nella lingua italiana, investe il concetto di madre o mamma; l’autocensura è talmente potente che se tanto per fare un esperimento chiediamo a qualcuno di anagrammare la parola merda è molto probabile che parole come “derma” o l’inglese “dream” vengano trovate prima di madre. Da notare che in lingua francese mère-merde non è un anagramma bensì una zeppa. In enigmistica la zeppa è uno schema che a partire da una parola ne ottiene un’altra inserendo una lettera (o una sillaba) al suo interno. Insomma, quasi nessuno anche tra gli enigmisti evoca questo schema anagram-

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matico ricordato invece dallo scrittore Busi, eppure il rifiuto organico è indispensabile per il ciclo biologico, il concime naturale che assicura nascita e crescita; gli ha reso omaggio anche uno dei più grandi cantautori italiani del novecento, Fabrizio De André, con la celebre strofa della canzone Via del campo: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Quante analogie dunque tra madre e merda e quante funzioni in comune. Dopo aver parlato della madre di tutti gli anagrammi passiamo al padre che è assai più conosciuto e gode di miglior fortuna.

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ATTORE - TEATRO

Ecco uno degli anagrammi più antichi e più noti, il padre di tutti gli anagrammi, rintracciabile già su diversi testi medioevali, il più pertinente, primatista dell’attinenza dei due termini. Sembrerebbe quasi fatto apposta, ma alla luce di tutte le ricerche etimologiche possibili, dobbiamo concludere che il fatto che queste due parole nella lingua italiana sono anagrammabili è oggettivamente del tutto casuale. Le origini del teatro sono antichissime e riconducibili ai popoli primitivi; il teatro nasce dai riti sociali legati alla natura per sottolineare un avvenimento particolare. Gli eschimesi, per esempio, erano soliti rappresentare un dramma per celebrare la fine della notte polare: la drammatizzazione dell’evento avveniva tramite un narratore che accompagnava gli attori ed il coro, composto da sole donne. Sempre a carattere propiziatorio e segnati dal trascorrere del tempo, ma slegati dai ricorsi della natura, altri riti sociali evidenziavano un avvenimento quotidiano come il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, oppure le nascite e le morti che erano celebrate con caratteri drammatici e pubblici che ne giustificano la teatralità. Soprattutto le cerimonie iniziatiche comprendevano rituali e celebrazioni di forte caratterizzazione drammatica; anche la caccia, la pesca o l’agricoltura offrivano spunti per rappresentazioni teatrali. Un attore è chi rappresenta o interpreta una parte o un ruolo in uno spettacolo teatrale, cinematografico, televisi-

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vo, radiofonico, di strada. Nel mondo occidentale il primo caso documentato di recitazione da parte di un attore risale al 530 A.C. sul palco del Teatro di Atene, quando finalmente l’attore greco Tespi parlò come personaggio in una rappresentazione. Da quel momento gli espedienti della narrazione furono del tutto rivoluzionati; infatti prima della invenzione di Tespi, le storie venivano tramandate mediante narrazione in terza persona: nessuno aveva assunto la parte del personaggio della storia.

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CATTIVERIA - CREATIVITÀ

Può un bonaccione essere davvero un innovatore o un genio? La malizia è l’ingrediente fondamentale per essere creativi? Ma come è possibile? Essere creativi vuol dire fare qualche cosa di nuovo che prima non esisteva: significa rompere gli schemi che andavano bene sino a quel momento. Ma ogni processo di rottura con il passato finisce col destabilizzare l’ordine costituito, pertanto chi è creativo disturba l’innato spirito di conservazione che c’è nell’uomo: si è cattivi perché si dà fastidio ai vecchi e più in generale ai conservatori. La creatività è roba da dissidenti e non certo da discepoli fedeli; prendiamo ad esempio la psicoanalisi: quando Jung cominciò a distaccarsi da Freud ed a costruire una propria metapsicologia autonoma, venne immediatamente isolato dalla comunità scientifica. Lo stesso Freud, quando riconobbe l’esistenza della sessualità infantile, non fu certo lodato per bonarietà ma fu accusato di eresia e dovette scontrarsi con le severe critiche, non solo da parte dell’opinione pubblica condizionata dal clima sociale vittoriano, ma anche da alcune parti della comunità scientifica. La creatività quella vera e dirompente delle rivoluzioni scientifiche, artistiche e culturali necessita di una buona dose di cattiveria, necessaria per confutare, smentire ed invalidare gli assunti predominanti. Cattiveria e coraggio occorrono poi per diffondere e difendere le idee innovative di qualsiasi riforma radicale del pensiero. Secondo Aldo Carotenuto, che a

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livello mondiale è stato uno dei maggiori studiosi e divulgatori del pensiero di Jung, la creatività è del tutto antagonista al potere; egli scrive che alla base di ogni forma di dominio vi è una palese incapacità creativa, che si risolve in bisogno di reprimere l’originalità altrui. I potenti, prosegue Carotenuto, “vivono con l’idea che la propria affermazione sottintenda necessariamente l’esclusione o il fallimento di altri e sentono l’esigenza di dominare i propri simili. Per queste persone l’atto creativo è la testimonianza di una capacità di vivere che manca loro. La volontà di esercitare il controllo sull’altro nasce dall’invidia e da un profondo sentimento di vuoto e di sterilità.” Pertanto l’artista e lo scienziato che desidereranno condividere la loro creatività con la comunità dovranno sfoderare la cattiveria necessaria per fronteggiare la risposta reazionaria dei detentori del potere.

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ANALISTA - INSALATA

Cosa dice il paziente sul lettino dell’analista? Un’insalata di parole! Il metodo delle libere associazioni nella rievocazione dei ricordi o nell’analisi dei sogni prevede un’accelerazione ideativa con conseguente aumento del flusso di linguaggio. L’insalata di parole e l’apparente illogicità delle frasi di chi sta esprimendo liberamente le associazioni relative ad un proprio sogno è molto simile all’insalata di parole caratteristica dell’eloquio di un malato di schizofrenia. La parola nasce dalle vicende delle prime relazioni madre-bambino e costituisce il bambino come soggetto potenziale. La parola rappresenta l’ingresso nella comunità umana, non creata dall’onnipotenza del pensiero, ma già organizzata in un linguaggio con le sue regole e i suoi significati e al tempo stesso permette una codificazione e creazione personale, l’invenzione di una forma di espressione unica. Quando il bambino comincia ad utilizzare il codice linguistico, le sue modalità interattive cambiano radicalmente e per la prima volta diminuisce sensibilmente il pianto che veniva utilizzato per esprimere i bisogni più disparati: fame, angoscia, igiene, sonno ecc. Freud ci ricorda che “i bambini usano le parole come se fossero delle cose”, ovvero le rompono per vedere cosa c’è dentro, come se fossero bambolotti o automobiline; in maniera analoga anche gli enigmisti sminuzzano le parole per poter elaborare anagrammi o cesure di linguaggio; il meccanismo di condensazione alla base del passaggio dal

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contenuto manifesto al contenuto latente dei sogni, i lapsus linguae ed altri segnali rivelatori dell’inconscio aderiscono agli stessi processi di rottura e rielaborazione. L’insalata di parole non è caratteristica soltanto della schizofrenia, ma di qualsiasi stato psicotico, oltre che di tutti gli stati depressivi a cominciare dalla depressione maggiore. Quando l’analista è in grado di accogliere e decodificare l’insalata di parole, questi risulterà più efficace di ogni psicofarmaco. Attraverso la relazione e la comprensione dei fenomeni intrapsichici è possibile risalire alla fonte del disagio mediante la memoria e le funzioni cognitive; è per questo che la psicologia ha effetti più benefici e duraturi dell’oblio indotto chimicamente.

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SENATORE - ESTRANEO

Un anagramma sempre molto attuale, poiché da tempo ormai, nonostante la nascita di sedicenti movimenti a misura di cittadino, la politica è distante anni luce dalla vita delle persone comuni. Prima con il sistema maggioritario e poi col porcellum e l’italicum, l’elettore non ha avuto più il diritto di esprimere una preferenza; i candidati al senato sono imposti dai partiti nei vari collegi uninominali ed i loro nomi già stampigliati sulle schede. All’inizio degli anni novanta, nel periodo della prima tangentopoli, Mario Segni ed altri istituirono dei referendum, come quello sulla preferenza unica, che andarono a limitare il sistema elettorale proporzionale, quello matematicamente più democratico, limitando anche la possibilità dell’elettore di esprimere preferenze. Nacque il sistema maggioritario, meno rappresentativo dal punto di vista matematico della distribuzione reale dei seggi, in quanto con l’istituzione del premio di maggioranza veniva a svanire il principio secondo il quale il voto potesse veicolare il miglior riparto possibile dei seggi in parlamento. Ma perché fu abolita in maniera così plebiscitaria la possibilità di poter scegliere ben quattro candidati all’interno della lista del partito preferito? Non era bello e democratico per un elettore non solo scegliere il partito, ma anche delegare un quartetto di rappresentanti delle proprie idee e dei propri valori? Lo era, però c’era un problema; si trattava del cosid-

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detto controllo del voto clientelare mediante l’attribuzione delle quaterne personalizzate, che la Democrazia Cristiana esercitava con maestria; andiamo a vedere come funzionava: le liste erano composte da una quarantina di candidati, ognuno dei quali aveva una zona di riferimento, di solito quella di residenza. Ora ammettiamo che il candidato numero 3 si trovasse in Ciociaria e fosse molto conosciuto nella provincia di Frosinone: un candidato senatore molto meno estraneo di quelli di oggi, che doveva farsi riconfermare senza poter godere di un collegio predefinito. Questi per avere la sicurezza di essere rieletto doveva raccogliere, ammettiamo, diecimila voti; ecco allora che si mette a lavoro cercando di personalizzare ognuno di quei diecimila voti promettendo favori, regali o posti di lavoro: nel film “Il portaborse” di Daniele Luchetti queste promesse personalizzate sono state illustrate molto bene, ma torniamo alla nostra lista dei quaranta. Il primo impegno del nostro senatore in attesa di riconferma, che in lista aveva il numero tre di quaranta, era quello di stilare e personalizzare le quaterne di cui parlavamo: 3 con 5 e tutti gli altri ambi possibili nel Comune di Anagni, 3, con 5 e 14 e ognuno degli altri trentasette da far uscire al Comune di Strangolagalli che invece è molto piccolo e bastano, appunto, trentasette combinazioni. Ma quante sono in totale le combinazioni delle quaterne contenenti il numero 3? Più degli aventi diritto al voto in tutta la provincia di Frosinone per cui bastavano ed avanzavano al nostro aspirante senatore, al quale non restava che preoccuparsi di far controllare ai coordinatori della compagine, infiltrati nei seggi come scrutatori, se queste quaterne uscivano oppure no. Con questo sistema in Sicilia l’elettore poteva ricevere dei favori o anche dei semplici regali; per esempio un paio di scarpe: quella sinistra

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101 qualche giorno prima del voto, la destra poco dopo, quando l’uscita della sua quaterna era stata verificata dallo scrutatore incaricato. Non che adesso non esista più il voto clientelare, ma le quattro preferenze permettevano di monitorarlo scientificamente. Per non parlare di alcuni Comuni ad alto tasso di criminalità organizzata; alcuni ricordano ancora pacchi di pasta e barattoli di pomodori pelati con il simbolo dello scudo crociato e la scritta libertas sull’etichetta e quattro numeri scritti a penna: “se questa quaterna non uscirà, lupara sia”; e la lupara nella migliore delle ipotesi era che quel posto di usciere non sarà mai tuo. Uno dei soprannomi più noti della Democrazia Cristiana era “La balena bianca”, si trattava di un partito assai poco progressista e parecchio maschilista, che cercò di tenere proibiti sia l’aborto che il divorzio; poche furono le donne che ebbero un ruolo di spicco al suo interno: ne ricorderemo alcune nel prossimo anagramma.

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SENATRICI - CRISTIANE

Forse proprio in nome di questo anagramma la vecchia Democrazia Cristiana qualche volta ha portato alla ribalta figure femminili; stride subito nelle orecchie la voce disarmonica di Rosa Russo Jervolino, ma un’altra icona che può venire immediatamente in mente è Rosy Bindi. Entrambe sono cristiane, ma cristiane veramente, tant’è che dopo la fine della Democrazia Cristiana entrambe, a differenza di molti altri, non sono salite sul carrozzone di Berlusconi, forse in nome di quel comandamento che recita di non rubare. Rosa Russo Jervolino dopo essere stata ministro in diversi governi ai tempi del cosiddetto CAF, acrostico che indicava Craxi, Andreotti e Forlani, è diventata Sindaco di Napoli mentre Rosy Bindi, estranea alla tangentopoli che nei primi anni ’90 coinvolse il suo partito, ha conservato la sua integrità etica e cristiana, è stata ministro della sanità ed è confluita prima nella Margherita e poi al PD di cui è stata ancora per anni elemento di spicco. Le senatrici cristiane in realtà sono state una meteora; assenti nei primi governi, arrivarono in parlamento più tardi di quelle comuniste o socialiste ed a loro sono state inferiori anche per numero in tutte le legislature. Nella DC ci fu molto meno spazio per le donne di quanto non ce ne sia stato più a sinistra. Oltre a Rosa Russo Jervolino e Rosy Bindi ricordiamo Maria Fida Moro, primogenita dei quattro figli di Aldo e infine Franca Falcucci, ex ministro della pubblica istruzione

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e bersaglio delle contestazioni studentesche del movimento della Pantera negli anni ottanta. Oggi non sembra esserci un sufficiente ricambio generazionale di senatrici cristiane che, penalizzate dal bipolarismo non hanno trovato molto spazio né nel centrodestra né nel centrosinistra. L’unica esponente degna di nota è Paola Binetti, esponente dell’Opus Dei, che ebbe un momento di notorietà nel 2008, quando opponendosi ai Pacs concorse a far cadere il governo Prodi insediatosi nel 2006.

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