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Danilo Nicola Selvaggio
Psiconcologia Pediatrica Gestire il bambino e la sua famiglia
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A chi ha sostenuto me e il mio sogno A chi crede veramente alle cose che fa e a chi le persegue, nonostante tutto e nonostante tutti
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Prima Edizione: 2016 ISBN 9788898037933 © 2016 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di settembre 2016 in Italia da Universal Book srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)
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INDICE
Una breve introduzione
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Psiconcologia e psiconcologia pediatrica: Aspetti generali
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Passato e presente della psicologia oncologica Quale futuro per la psico-oncologia? Quando il bambino incontra il cancro: introduzione alla psico-oncologia pediatrica
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L’impatto del cancro sul bambino/adolescente La comunicazione della diagnosi Il modello a cinque fasi della Kübler-Ross Le conseguenze dell’ospedalizzazione L’impatto della malattia oncologica nelle diverse fasi evolutive L’esperienza del corpo che cambia: un approfondimento La comunicazione nelle fasi della malattia
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L’esperienza di cancro in famiglia: impatto e ripercussioni Aspetti generali L’impatto del cancro sul sistema familiare
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Gli effetti della malattia oncologica sul caregiver Quando il “trauma-cancro” dà origine a un Disturbo Post-traumatico da Stress Breve excursus sulle implicazioni economiche sulla famiglia Quando è il genitore a essere colpito dal cancro: l’impatto sul bambino/adolescente Il supporto familiare e sociale: l’importanza del sostegno al bambino e alle figure coinvolte L’importanza del supporto sociale Il ruolo dell’oncologo-pediatra e dei genitori durante la malattia La figura dei fratelli e delle sorelle sani Interventi psico-sociali rivolti ai caregiver La “reciprocità”: il sostegno reciproco come cura Quando si vince il “Re del Male”: le conseguenze a lungo termine di un ormai superato cancro infantile Aspetti generali L’insorgenza del PTSD e un possibile aiuto per contrastarlo Trauma-cancro, PTSD e processo di invecchiamento Sopravvissuti e funzionamento sessuale Problematiche sociali, comportamentali e psicologiche I segni sulla famiglia lasciati da un cancro infantile di un loro piccolo familiare
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PSICONCOLOGIA PEDIATRICA
Per concludere: sono soddisfatti i bisogni psicologici dei sopravvissuti a un cancro infantile?
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Una nota finale
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Bibliografia
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Sitografia
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UNA BREVE INTRODUZIONE
Un cancro pediatrico è un’esperienza dolorosa che colpisce non solo il bambino in maniera diretta, ma un po’ tutti i membri della famiglia del piccolo, dal caregiver fino ad arrivare ai fratelli e sorelle, figure che in queste situazioni sono molto trascurate dai genitori e il cui malessere viene spesso e volentieri celato e ignorato. Dopo una doverosa passata in rassegna di alcuni concetti cardini e indispensabili, ovvero quello della psiconcologia, della psiconcologia pediatrica (“quando il bambino incontra il tumore”) e i loro possibili sviluppi futuri, una parte di questo lavoro sarà dedicato al tema della comunicazione della diagnosi: molti adulti che hanno avuto un cancro infantile riferiscono di aver ricevuto poche o nessuna informazione circa la propria malattia e le cure che hanno dovuto sostenere, e raccontano della loro confusione che avevano in quegli anni affermando che avrebbero desiderato sapere per poter capire. In effetti la comunicazione in situazioni di cancro tende ad essere molto sbiadita se non assente, un pò per paura di ferire la persona, un pò perché non si sa come affrontare la situazione. Nello stesso tempo però sappiamo quanto la comunicazione sia di fondamentale importanza nella vita quotidiana per vari motivi. Si può comprendere quanto sia abbastanza complicato conciliare queste due situazioni. Andando avanti, saranno esaminate le varie problematiche psicofisiche che possono intervenire sul bambino/adolescente e 11
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causate direttamente e indirettamente da un’esperienza di cancro; tanto per citare alcuni esempi, pensiamo alle difficoltà connesse all’immagine corporea, a tutto quell’insieme di emozioni e stati d’animo conseguenti allo scoprirsi malati di cancro, cancer related fatigue e così via. Per quel che riguarda la famiglia, saranno altrettanto esaminate le difficoltà che possono intervenire sull’intero sistema familiare, difficoltà che, tra le altre cose, possono influenzare ulteriormente e negativamente la vita del bambino. Dalle varie problematiche affrontate ne verrà fuori l’enorme importanza di tutte quelle forme d’aiuto (dagli interventi psico-sociali al caregiver, all’aiuto dei pari rivolti al bambino malato) indispensabili per migliorare la qualità di vita attuale e prevenire possibili conseguenze spiacevoli a lungo termine, sia che si tratti del piccolo paziente sia che si tratti dei membri della famiglia: a tal proposito vedremo quali saranno i rischi maggiori che possono riguardare i piccoli pazienti; e i maggiori rischi che possono insinuarsi nei fratelli, nelle sorelle e nei genitori. Anche grazie ai progressi della medicina degli ultimi decenni, il numero di chi riesce a superare un tumore è aumentato. Proprio per questo una buona parte del lavoro si focalizzerà su tutte quelle conseguenze psicologiche negative che possono intervenire più a lungo termine. Il bambino che “ce la fa”, che sconfigge il Male che lo affliggeva, può fare i conti, infatti, con diverse problematiche che possono andare dalla sfera sessuale, a una percezione assai negativa della propria immagine corporea (con le conseguenze del caso) fino a una diminuita competenza sociale, solo per citarne alcune di tutte quelle esaminate. Ovviamente effetti a lungo termine sono presenti anche su fratelli e sorelle (depressione, problemi di alcolismo, difficoltà scolastiche e sociali) e sui genitori (ipervigilanza, ansia, esperienza rivissuta). 12
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PSICONCOLOGIA PEDIATRICA
La problematica che sembra essere presente in tutte queste figure, soprattutto nel lungo periodo, è il Disturbo Post-traumatico da Stress (PTSD), che ricordiamo è costituito da persistenti e duraturi sintomi intrusivi, di evitamento, di iperattivazione; un approfondimento è stato dedicato a quanto un PTSD possa influenzare il normale processo di invecchiamento dell’individuo. Oggi le cure e in generale l’attenzione, sono rivolte per lo più a chi è ammalato ma non verso chi lo è stato, anzi questa seconda categoria si trova ai giorni nostri in una situazione di profonda emarginazione. Dare attenzioni e cure, ma soprattutto ascoltare e accogliere i bisogni spesso celati di queste persone che ce l’hanno fatta dovrebbe essere una delle priorità in una società come la nostra. È per questo importante portare alla luce e alla consapevolezza di tutti, semmai ce ne fosse bisogno, che purtroppo non sempre la fine delle difficoltà coincide con la sconfitta del “Re del Male”. E il fine di questo lavoro è questo. Evidenziando quanto la dimensione psicologica rivesta un ruolo di fondamentale importanza, tanto nel processo di cura quanto in quello di malattia.
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PSICONCOLOGIA E PSICONCOLOGIA PEDIATRICA: ASPETTI GENERALI
Passato e presente della psicologia oncologica Nonostante i numerosi e significativi progressi scientifici in ambito oncologico, che hanno sicuramente determinato un netto miglioramento degli approcci terapeutici e un aumento della sopravvivenza dei pazienti, il cancro rimane tutt’oggi una delle malattie a più ampia diffusione ed una delle principali cause di morte in ogni parte del mondo. Nell’immaginario individuale e collettivo il cancro continua, di fatto, ad associarsi al concetto di sofferenza fisica e psichica, di morte, stigma e diversità, di colpa e di vergogna. Per certi versi, è ciò che Tolstoj, nel noto racconto La morte di Ivan Il’ič (1976), coglie nelle parole del protagonista “(…) Il dottore aveva parlato di sofferenze fisiche e a ragione; ma più terribili delle sofferenze fisiche erano le sofferenze morali”. È quanto Fornari (1984) identifica nell’antinomìa amico-nemico, dove il "nemico" riesce a modificare e ad incidere sugli affetti attraverso impronte inalterabili che permeano le emozioni, i pensieri ed i comportamenti della persona colpita, sia nella sue dimensione individuale che relazionale. È infine 15
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ciò che Maher (1982), riprendendo concetti durkeimiani, coglie sottolineando il senso di anomia attivato dal cancro come evento che interviene bruscamente ed improvvisamente, alterando l’equilibrio individuale e interpersonale, paralizzando le capacità di regolazione e di riassestamento ed evocando un clima di incertezza e indeterminatezza. È su queste basi che si è via via sempre più presentata la necessità di una comprensione allargata e globale delle malattie neoplastiche, come epifenomeno di processi somato-psichici e interpersonale e che ha determinato lo sviluppo della disciplina psiconcologia (Grassi e Morasso, 1998). Si può affermare che già a partire dagli inizi del '900 si pongono le basi per la nascita di tale disciplina; infatti in tale periodo subentra la necessità di mantenere una visione globale del paziente affetto da qualunque patologia somatica e di approfondire la conoscenza dei correlati psicologici delle malattie favorendo una evidente collaborazione tra discipline mediche e psichiatriche. La psico-oncologia, intesa oggi come la disciplina e area scientifico-clinica che si occupa delle implicazioni psicosociali delle patologie neoplastiche, ha una storia ormai di oltre cinquanta anni. È nel decennio 1950-1960 che inizia infatti ad attivarsi una serie di iniziative da parte delle discipline della salute mentale e psicosomatica rivolte a comprendere meglio i fattori psicologici implicati nel rischio di ammalarsi, nell’adattamento alla malattia e nella delicata fase della ricorrenza e progressione di malattia. L’attivazione di un servizio specifico in questo senso nel 1950 da parte dello psichiatra Arthur Sutherland presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, il lavoro di Elisabeth Kübler-Ross sulle reazioni psicologiche del paziente con cancro in fase terminale di malattia e lo svilup16
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po di servizi analoghi, nel 1967, da parte di Cicely Saunders, a Londra, presso il St. Cristopher Hospice, rappresentano punti cardine per la Psiconcologia. È a partire dagli inizi degli anni ottanta che la Psiconcologia prende corpo diversificandosi in diversi ambiti applicativi. La rapida creazione, in diverse parti del mondo, di organizzazioni e gruppi di ricerca, anche attraverso la promozione di studi policentrici e il confronto continuo di esperienze, hanno rappresentato la chiave di volta per diffondere e radicare la disciplina. La fondazione di società scientifiche a metà del 1980 nei singoli Paesi Europei (Francia, Germania, Italia, Regno Unito) e Nord Americani (Canada e USA) e a livello internazionale (International Psycho-Oncology Society www.ipos-society.org) ha costituito un momento storicamente determinante. Di grande importanza per la diffusione del sapere psiconcologico è la fondazione, nel 1992, della rivista scientifica “Psycho-Oncology”, che, assieme al Journal of Psychosocial Oncology, costituito diversi anni prima (1983), rappresenta uno strumento chiave per lo scambio a livello di ricerca e clinico e di compartecipazione tra gli operatori del settore delle innovazioni in ambito psiconcologico. La mission della psico-oncologia è di promuovere il benessere psicologico, sociale, spirituale dei pazienti e delle loro famiglie, durante il percorso della malattia attraverso interventi clinici ed educazionali oltre che attraverso progetti di ricerca. Gli obiettivi sono molteplici e rappresentati da: 1. sensibilizzazione dei settori pubblici e sanitari rispetto alle problematiche psicologiche, sociali, comportamentali, interpersonali e spirituali del cancro; 2. incentivare la comprensione delle componenti psicologiche nei comportamenti a rischio di malattia; 3. sviluppare programma specifici di valutazione del disagio 17
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psicologico causato dalla malattia e dai trattamenti e sviluppare programmi di intervento psicosociale in qualunque fase della malattia; 4. sviluppare programmi formativi per gli operatori, dall’individuazioni di standard assistenziali e gestionali di qualità, dall’esplorazione di metodiche innovative che facilitino il riconoscimento e il trattamento delle conseguenze psicologiche, comportamentali e spirituali secondarie alle suddette patologie. Nel dettaglio, gli ambiti di studio della psiconcologia e i relativi obiettivi di ricerca ed applicazione clinica risultano essere i seguenti: Area della prevenzione e della diagnosi precoce Variabili psicologiche e sociali che influenzano l’esposizione a fattori di rischio Variabili psicologiche e sociali che interferiscono sulla prevenzione e la diagnosi precoce Strategie connesse alla realizzazione di campagne educative efficaci Variabili psicologiche e sociali legate alla compliance dell’individuo sano e del paziente Psicologia e counseling genetico Area della valutazione della morbilità psicosociale in oncologia e sua prevenzione Prevalenza dei sintomi di disagio psicologico nei pazienti affetti da neoplasia e variabili correlate (personalità, disturbi psicologici pregressi, struttura familiare, supporto sociale) 18
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Studio e validazione di metodi finalizzati alla diagnosi ed al trattamento della sofferenza psichica del paziente (interventi psicologici e psicofarmacologici) Area degli interventi psico-oncologici Studio del concetto di Qualità di vita Metodi di rilevazione della Qualità di Vita nei protocolli di ricerca e nella pratica clinica Efficacia degli interventi psicologici, psicoterapeutici, psicofarmacologici e riabilitativi Area della formazione Organizzazione di programmi di training per psicologi e psichiatri da parte di varie agenzie formative Supervisione e formazione permanente degli operatori sanitari in oncologia In Italia la Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO) (www. siponazionale.it), fondata nel 1985, rappresenta la società scientifica di riferimento per quanto attiene alla mission e alla vision della psiconcologia nel nostro Paese. La SIPO “sorge come associazione integrante le figure professionali psicologiche, psichiatriche e oncologiche e persegue gli obiettivi comuni della psico-oncologia attraverso l’attivazione di un mutuo scambio tra i gruppi italiani che da anni si occupano della cura e dell’assistenza ai malati neoplastici” (statuto SIPO). È inoltre impegnata nel costante dialogo con le altre società medico-scientifiche perché gli aspetti psico-oncologici vengano presi in considerazione sia nelle attività didattico-formative, sia nei progetti di ricerca, 19
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sia nella costituzione della figura professionale della psico-oncologo all’interno dei servizi, anche ai fini amministrativi e concorsuali. È presente a livello regionale attraverso 14 sezioni che hanno il compito di diffondere la cultura psiconcologica nei contesti istituzionali, sanitari e di ricerca delle diverse regioni del nostro Paese. Espressione della Società è il primo trattato italiano di Psiconcologia edito da Masson nel 2002 e il Giornale Italiano di Psico-Oncologia, organo ufficiale della Società e strumento scientifico rivolto agli operatori del settore, fondato nel 1999. SIPO ha organizzato in questi anni numerosi congressi internazionali, nazionali e regionali, oltre ad avere patrocinato regolarmente congressi di società scientifiche dell’area oncologica quali l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), la Società Italiana d Cure Palliative (SICP) e molte altre. Da un’indagine effettuata da SIPO in collaborazione con AIMAC e Istituto Superiore di Sanità risultano circa 90 servizi di psico-oncologia inseriti nel SSN in Italia, in cui è chiara la caratteristica del servizio, le unità che lo compongono e le modalità di accesso. Il libro bianco di AIOM indica una media di 1.5 figure psicologiche per ogni oncologia medica in Italia, ma mancano dati chiari rispetto al ruolo istituzionale di tali figure, la formazione e la funzione svolta. Un punto cardine è rappresentato dalla necessità di sorvegliare il lento processo di riconoscimento della figura dello psico-oncologo al fine di garantire a tutti i pazienti e ai loro familiari interventi di qualità e di specificità e di creare curricula di accreditamento formativi ben definiti. Particolare interesse merita la pubblicazione da pare della SIPO, nel 1998, delle linee-guida "Standard, opzioni e raccomandazioni per una buona pratica in psiconcologia", che individua e sviluppa le varie aree di intervento della psiconcologia per quel che attiene la prevenzione primaria: 20
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Interventi contro l’abitudine al fumo Campagne per una corretta alimentazione Interventi informativi sulla popolazione sugli agenti cancerogeni Prevenzione clinica e diagnosi precoce Programmi di screening sul cancro Informazione educazionale ed educazione sanitaria Informazioni al pubblico e gruppi scelti Educazione sanitaria e cancro Formazione del personale sanitario e dei volontari Organizzazione di corsi di formazione Conduzione di gruppi eterocentrati Attività di ricerca Sviluppo di progetti di ricerca sulla qualità della vita e impatto psicosociale dei trattamenti antitumorali e palliativi Sviluppo di progetti di ricerca sullo stress lavorativo Valutazione dei modelli di intervento psicosociale Attività clinica Colloqui individuali e di gruppo per i pazienti Colloqui individuali e di gruppo per i famigliari Psicodiagnostica (valutazione delle reazioni psicopatologiche) Terapia di supporto e psicoterapia per i pazienti Trattamento psicofarmacologico dei pazienti Conduzione di gruppi di self-help Conduzione di gruppi eterocentrati per il personale Colloqui di selezione e orientamento per i volontari Attività nelle cure palliative Formazione e supervisione dell’équipe curante e del volontariato 21
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Supporto psicologico al paziente e alla famiglia Supporto psicologico all’elaborazione del lutto dei familiari Controllo di efficacia degli interventi Valutazione/ controllo di qualità dell’assistenza
Se l’ansia, la paura, la preoccupazione, la demoralizzazione, la rabbia sono normali risposte alla malattia, quando queste diventano più intense, più continue e perseveranti, diventa fondamentale l’aiuto psicologico specialistico, senza vergogne di vulnerabilità o timore di essere “anormali o malati di mente”. Questo punto fondamentale - la valutazione della risposta emozionale delle persone ammalate e dei loro familiari - è assunto dalla psiconcologia come un dovere della medicina, poiché il “dolore” psicologico, al pari del dolore fisico, è in tutto e per tutto un parametro vitale da monitorare regolarmente durante il percorso di malattia e di follow-up. La psiconcologia è dunque necessaria per garantire alla persona ammalata di tumore e ai suoi familiari una migliore qualità di vita e un’assistenza ottimale, che è un “dovere” della medicina e dell’oncologia e un “diritto”di ogni cittadino (questo concetto è fra l’altro stato assunto nel giugno del 2008 come punto importante nelle conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea che invita gli Stati membri dell’Ue a rendere operative procedure per dare risposta ai bisogni psicosociali delle persone con cancro nella assistenza clinica oncologica, nella riabilitazione e negli interventi di follow-up post-trattamento). In Italia, il Piano oncologico nazionale 2010-2012 per la prima volta ha sottolineato in maniera specifica il ruolo e l’importanza della psiconcologia, indicando che “la rilevazione precoce delle dimensioni psicosociali (screening del disagio emozionale, 22
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rilevazione dei bisogni del paziente e della sua qualità di vita) rappresenta il presupposto per individuare le persone che necessitano di interventi mirati”. Viene inoltre stabilito che “l’attivazione, nelle diverse neoplasie e fasi di malattia, di percorsi psico-oncologici di prevenzione, cura e riabilitazione del disagio emozionale, siano essi di supporto o più specificamente psicoterapeutici (individuali, di gruppo, di coppia, familiari) risulta fondamentale per il paziente e per la sua famiglia”.
Quale futuro per la psico-oncologia? Da quanto delineato, risulta evidente come la psiconcologia rappresenti un’area scientifica in rapida e continua espansione che sta catalizzando le energie di numerose branche delle scienze mediche. Il futuro che l'attende, riguarda soprattutto una maggiore “ufficialità”, attraverso il riconoscimento, prima e la diffusione, quindi degli scopi e delle funzioni che la psiconcologia ha identificato come mission e vision. Molto si sta facendo indubbiamente a livello internazionale e nazionale rispetto al riconoscimento della disciplina. Tale riconoscimento va fondamentalmente di pari passo con l’assunzione, nella pratica assistenziale quotidiana in oncologia, di modelli organizzativi integrati e rivolti all’assistenza e alla ricerca. A questo livello, uno dei primi obiettivi consiste nell’individuazione e nel tempestivo trattamento dei quadri di sofferenza psicologica dei pazienti. Il primo standard di intervento da stabilire e attuare dovrà corrispondere pertanto al seguente criterio: "il distress psicologico del paziente oncologico va individuato, monitorato documentato e trattato prontamente in ogni stadio della malattia"; dunque l’obiettivo sarebbe far sì che la rilevazione del disagio psichico entri a far parte della prassi terapeutica, ad ogni visita iniziale, per consentire al team oncologico di prendersi cura del paziente 23
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in senso globale e di inviarlo ai referenti in psiconcologia per una valutazione più specifica e il trattamento. La misurazione degli esiti dal punto di vista clinico pone un ulteriore obiettivo importante del futuro e dovrà includere la valutazione degli aspetti psicosociali, quali l’analisi del rapporto costo-efficacia, della qualità di vita e della soddisfazione del paziente e della famiglia rispetto alla relazione terapeutica e agli interventi. È evidente che le aree di sviluppo e di intervento per il futuro si collegano ai progressi in ambito oncologico e/o ai cambiamenti sul piano degli interventi. Le modifiche delle tecniche di intervento terapeutico (chirurgico, chemioterapico, radioterapico) hanno aperto recentemente e apriranno nel futuro nuovi settori per la disciplina psiconcologia. L’ istituzione in Italia degli hospice e delle unità di medicina palliativa intraospedaliera e territoriale, ugualmente, pone nuovi obiettivi di sviluppo per il futuro della psiconcologia, in parallelo alla medicina palliativa. L’attivazione di diversi centri di counseling genetico relativamente al rischio di ammalare di cancro, rappresenta un ulteriore esempio di apertura verso nuovi settori di intervento, formazione e ricerca psiconcologia. I versanti epidemiologici e preventivi, in particolare attraverso contatti con le istituzioni (ad esempio la scuola, l’igiene pubblica, la medicina generale) e le aziende informative (ad esempio mass-media), debbono tenere in considerazione, nella discussione di temi oncologici, l’area psiconcologica. Un grave e annoso problema dei giorni nostri, che potrebbe porsi come ostacolo alla diffusione della psico-oncologia è dato dalla valenza estremizzata data al problema economico nelle aziende, pubbliche o private che esse siano; pensiamo ai tagli alle risorse economiche, ai “magri” bilanci, agli appianamenti di 24
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deficit, tutte questioni che possono avere gravi ricadute sul futuro della psiconcologia, come del resto anche su tutte le aree assistenziali, di ricerca e di formazione. Tra tali severe conseguenze si potrebbe citare l’istituzione di una psiconcologia "alibi", utile a fornire un’appetibile immagine esteriore all’azienda o all’istituzione e a favorire trasferimenti interni di personale, ma debole o inconsistente sul piano dei contenuti specifici (organizzazione dei servizi, risposta ai bisogni, formazione stessa del personale); oppure l’istituzione di una psiconcologia di "lusso", possibile solo laddove esistono le risorse e, quindi, limitata ad un’area iperspecialistica per pochi istituti, anch’essi specialistici, eletti; o ancora la definizione di una psiconcologia "ombra", assente di fatto nelle istituzioni in senso formale ma, in contemporanea, millantata come presente, secondo l’ottica della polivalenza delle competenze, per cui una serie di iniziative formative (più o meno definite e spesso, comunque, "non controllate") autorizzano qualunque figura a proporsi come professionalità psiconcologica. Il dibattito su queste opportunità e rischi resta aperto e, in fondo, solo il futuro, potrà davvero dare risposte, confermando o smentendo ipotesi o mettendo in risalto nuovi elementi, attualmente non considerati, rispetto alla psiconcologia.
Quando il bambino incontra il cancro: introduzione alla psico-oncologia pediatrica Un bambino che incontra la patologia oncologica direttamente, ammalandosi, o indirettamente, come nel caso di un genitore o di un fratello che si ammala, subisce e viene esposto ad intensi cambiamenti, talvolta violenti, nella normale esperienza del vivere quotidiano. Egli può incontrare angosce profonde proprio in un’epoca in cui i bisogno di stabilità, prevedibilità e sicurezza 25
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sono fondamentali per una sana crescita. In entrambe le situazioni, seppur differenti per molteplici aspetti, si verifica una frattura nella continuità dell’esperienza. La malattia potenzialmente mortale minaccia la vita di chi ne è affetto e i legami affettivi tra i membri della famiglia, per questo di per sé traumatica. Nel caso in cui la malattia oncologica colpisca un adulto in famiglia si ha una profonda rottura del suo equilibrio. Quando ad ammalarsi è un genitore con figli in età dello sviluppo le ripercussioni sul paziente e su tutti i membri sono complesse. Si modificano ruoli, ritmi e priorità. Spesso i bambini vengono esclusi dalla comunicazione familiare e rimangono in balia di interrogativi e di fantasmi. Al partner sano spetta il compito di aiutare il compagno/coniuge ad affrontare e adattarsi alla nuova condizione. Per il genitore che si ammala la preoccupazione per i figli riveste un ruolo centrale: prevale l’ansia di non poter più prendersene cura, la paura di lasciarli soli, il dispiacere di non poter vederli crescere e condividere con loro le tappe della vita. Proprio sui figli si sono concentrati negli ultimi anni una serie di studi, alcuni di questi riportano che i figli sani di pazienti affetti da neoplasia possono sviluppare, durante e dopo l’iter diagnostico-terapeutico del genitore, sintomi di disagio che variano da disturbi del comportamento a disturbi della condotta alimentare, a difficoltà scolastiche e relazionali. Sembra che sia l’età del bambino sia la configurazione familiare influenzino le modalità di espressione del disagio nei figli. La durata dell’iter diagnostico-terapeutico, lo scarso adattamento del genitore alla malattia, la carenza di informazioni ricevute sembrano essere correlate all’entità dei disturbi. Inoltre variabili come la comunicazione in famiglia, la relazione familiare, la percezione della gravità della malattia del genitore e il supporto 26
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sociale, sembrano influenzare l’impatto che la malattia oncologica in famiglia ha sulla salute mentale dei figli minori. Il tema del “se, come, quando e quanto” comunicare è particolarmente presente nei genitori a contatto con il cancro. Dalla letteratura e dall’esperienza clinica si evince che il tentativo di “fare come se niente fosse” ed il rifiuto della comunicazione creano la situazione paradossale in cui “tutti sanno, ma nessuno può parlare”. Il disagio emotivo ne risulta particolarmente accentuato. Una comunicazione aperta e sincera da parte della coppia di genitori consentirebbe invece ai figli di esprimere in maniera altrettanto aperta e sincera i vissuti e le emozioni in relazione all’evento cancro. Differenti sono i vissuti emotivi e le ripercussioni nei bambini a seconda della loro età, soprattutto i più piccoli possono sviluppare sentimenti di solitudine e di perdita, idee di colpa e quindi, rifiuto silenzioso del genitore malato. Circa un terzo di essi sviluppa disturbi di tipo emotivo e comportamentale generati dalla malattia del genitore. Nella preadolescenza, possono essere presenti sentimenti di rabbia per la perdita del sostegno familiare e tentativi di auto-responsabilizzazione. In adolescenza, età di per sé “della crisi” la malattia potenzialmente mortale del genitore può ulteriormente complicare il “lavoro” evolutivo. Quando un genitore si ammala la sana aggressività che sostiene i movimenti di crescita viene avvertita dal giovane come distruttiva, generando senso di colpa, paura e iper protezione verso il congiunto. Le ripercussioni possono riguardare problemi e difficoltà in ambito scolastico, disturbi del comportamento, ambivalenza e conflittualità. La guarigione del genitore non costituisce di per sé un fattore di protezione nei bambini e negli adolescenti. Si è osservato infatti che potrebbero verificarsi nei figli – a medio-lungo termine – disagi psicologici 27
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più o meno latenti, che li accompagnerebbero negli anni futuri. Quando è un bambino/adolescente ad ammalarsi, a partire dalla diagnosi, viene sottoposto ad esami, ricoveri, trattamenti che lo accompagneranno per diverso tempo, nella maggior parte dei casi fino alla sua completa guarigione, riconosciuta attorno ai 5 anni dall’esordio di malattia. Nel corso della malattia e della cura, a seconda dell’età, della fase di trattamento e delle condizioni di salute, egli potrà sperimentare disagi sul piano psichico (alti livelli di stress, ansia, angoscia, depressione, rabbia, senso di colpa, paura) spesso osservabili sul piano del comportamento (irrequietezza, instabilità psicomotoria, aggressività, regressione ad atteggiamenti/richieste tipiche di età precedenti, ritiro, passività) che, se non opportunamente valutati e considerati, potrebbero strutturarsi in veri e propri disturbi psicopatologici. I genitori scossi dapprima dalla notizia della diagnosi e incentrati poi sulla guarigione medica del figlio, subiscono un attacco alla loro funzione di “ protettori della prole”. Spesso sperimentano una battuta di arresto sul piano pedagogico, a volte stravolgendo lo stile educativo intrapreso sino a quel momento, profondamente confusi su quale sia “il bene” per i propri figli. Anche le vite dei bambini che hanno un fratello o una sorella con tumore cambiano radicalmente. I fratelli sani possono nutrire sentimenti molto diversi verso il malato e verso le attenzioni “extra ” che quest’ultimo riceve. Possono sentirsi dispiaciuti per la malattia, ma anche in colpa, soprattutto se piccoli, per averla in qualche modo fantasticata. Ancora, possono credere che le proprie esigenze vengano ignorate o addirittura banalizzate dagli adulti significativi. Di conseguenza il loro comportamento può cambiare: possono avere manifestazioni di ansia, soprattut28
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to nei momenti di separazione dai genitori, depressione, collera e difficoltà scolastiche. Alla luce di queste premesse sembra necessario sia nell’area della psico-oncologia pediatrica che di quella prettamente adulta fornire spazi e momenti di accoglienza e aiuto al disagio di genitori e figli a contatto con l’esperienza traumatica della malattia tumorale. In entrambe le circostanze la figura psicologica può essere d’aiuto, contenendo le emozioni dei bambini e dei familiari, sostenendo una comunicazione corretta e adeguata con il minore, migliorando la circolazione degli affetti.
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