Fotogrammi dell'anima

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A Tu per Tu

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Massimo Bisotti

Foto/grammi dell’anima Libere [im]perfezioni

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Prima Edizione: 2013 Seconda ristampa: Agosto 2013 ISBN 9788898037261 © 2013 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di Agosto 2013 in Italia da EditPress srl - 64020 Castellalto (TE) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl) In copertina: foto di Marco Goisis

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A mia madre. A mio padre anche se non potrĂ leggermi. A Roberta. Abiti in Via delle Storie Infinite.

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Indice

Introduzione Prefazione (Didi Leoni) Prefazione (Massimo Bisotti) Il giardino dell’anima L’istrice solitario Il mare e la luna Croma e Chiave di Basso Il cuore di pietra Il demone e la fanciulla Morgan e il drago L’ombrellaio del tempo La vanità dei colori Conclusioni

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Introduzione

Attraverso ogni re/visione resta anche la visione del passato. Perciò, se pur la vita è in continua evoluzione, non si toccano le dediche nei libri, anche se cambiano le condizioni e gli accordi interiori dei rapporti nel tempo, noi siamo il prodotto dell’amore speso e ricevuto. Conoscersi è la regola, riconoscersi è raro, non perdersi è la splendida eccezione. A tutti gli incontri che mi hanno cambiato la vita. A chi ha voluto fortemente la ristampa di questo piccolo libro, già uscito nel 2010, che ho scritto molti anni fa. A chi ce l’ha già e mi ha dato fiducia già da allora. Racchiude delle fasi del mio percorso, un diario interiore, che mi ha condotto fino a qui, con tutte le imperfezioni del viaggio. Perché in fondo a tutti gli innumerevoli mutamenti c’è una radice che resta intatta, una radice che mai cambierà. Questa per me è l’anima. 9 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


A TU PER TU

E forse se l’amore ha un difetto è dare tutto. E allora continuerò a sbagliare e ad essere imperfetto_

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Prefazione Didi Leoni

Mettersi in gioco, senza aver paura di guardarsi dentro, per ricongiungersi con se stessi: credo sia questo il filo rosso che lega i Foto/grammi dell’anima di Massimo Bisotti. Un messaggio racchiuso in una delicata raccolta di racconti fiabeschi che si concludono, come ogni favola che si rispetti, con una morale. Un universo fatato che incanta e commuove lettori di ogni età. Ma anche, e soprattutto, un poetico e potente invito, senza il desiderio di insegnare la vita a nessuno, senza linee di comportamento standard da seguire, senza giudizi né pregiudizi, a liberarci dalle sovrastrutture che ci imprigionano per riconoscere -e finalmente realizzare- ciò di cui la nostra anima ha davvero bisogno. Il coraggio di arrendersi alle proprie emozioni, ci dice Massimo Bisotti, è più nobile del coraggio di combattere demoni e draghi che in realtà vivono dentro di noi. Ci tengono emotivamente in ostaggio e se vogliamo sconfiggerli dobbiamo paradossalmente spogliarci di maschere e scudi e gettare il cuore oltre l’ostacolo. Spesso ci ubriachiamo di impegni per non ritrovarci 11 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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faccia a faccia con noi stessi, in un mondo in cui sembra non ci sia più spazio per i sentimenti, se non per quelli, disinvolti e virtuali, che si mettono in piazza sui social network. Per questo Foto/grammi dell’anima è un piccolo miracolo. Perché ci sprona ad abbandonarci alle emozioni e ci fa capire che è comunque preferibile vivere accettando le nostre libere imperfezioni piuttosto che farci uccidere dalla paura del fallimento. Grazie a Massimo Bisotti per averci regalato, con questo incantevole libro, il suo suggerimento forse più prezioso: aprire le finestre del cuore e ‘correre il rischio’ che entri tutto il cielo.

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Prefazione Massimo Bisotti

La nostra anima sceglie i propri compagni di viaggio e li lascia entrare nel suo spazio cosmico. Siamo noi a doverla coltivare, a dover tagliare i rami secchi, a prendercene cura amabilmente, a trattarla come un giardino che ha bisogno di cure. La sua carezza è lieve anche se non passa attraverso il tatto e la sua vista. La spiritualità per me non ha nulla a che vedere con la religione. Forse perché nella mia vita cerco di non avere mai interruzioni di coscienza e non riesco a collegare necessariamente la mia coscienza a un credo. Ne ho fatto tesoro e, per quanto sia vittima, in quanto uomo, delle mie imperfezioni, cerco di limitare i danni materiali attraverso l’introspezione e la ricerca. Nel mondo di oggi, in cui tutto è diventato utile solo al fine di fare business, a volte l’uomo si snatura e perde lo scopo autentico che dovrebbe essere quello di non smettere di cercarsi e ricercarsi in profondità, di capire chi è e che posto ha nel mondo. Così si lascia fabbricare come un oggetto e incanalare verso la totale spersonalizzazione di sé, ricoprendo un ruolo scelto per lui dalla 13 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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società. Non esiste una giusta formula per salvarsi. Non esiste una ricetta di vita perfetta e soprattutto che possa andare bene per tutti. Nessuno nasce per insegnare la vita a nessuno ma solo per comprendere come sentirsi più sereno nel suo personale cammino sociale e interiore. Ecco in questi miei racconti ho cercato di racchiudere la consapevolezza dell’anima: La mia. Quella consapevolezza che ci sospinge avanti e indietro sulla nostra altalena mortale e che ci riversa addosso il dovere di dare un senso alla vita e il diritto di berne sì, il nettare, ma di non condensarlo in disgustosi surrogati di miele. In questi miei semplici racconti vi è il mio concetto d’amore, d’amicizia, di bellezza, di giustizia, di libertà, di scoperta, di devozione, di compassione, di umanità e di solidarietà, e la maturità e la voglia di non fermarsi al primo capitombolo, di vincere le paure, di mettersi in gioco. Aggettivi che dal punto di vista etimologico possono forse significare poco, ma, dal punto di vista del mio concetto di anima, sono risposte a domande che mille volte mi sono posto. Così alla fine mi sono risposto che anziché elargire o richiedere suggerimenti è più costruttivo domandarmi: Io sto facendo del mio meglio? Anziché guardare i comportamenti degli altri posso ricominciare da me, dal mio modo di essere. L’amore ha sempre un passo in più della paura. 14 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


FOTO/GRAMMI DELL’ANIMA. LIBERE [IM]PERFEZIONI

La nostra anima è sempre in movimento, a patto di sposarsi con la capacità di mantenere intatte le proporzioni delle cose, lasciando agli altri il proprio spazio senza perdere di vista il proprio e comprendendo che il mondo non possiamo cambiarlo, tuttavia possiamo cambiare noi stessi e il nostro approccio con l’esterno. Se c’è una possibilità di cambiamento nel mondo è semplicemente quella di iniziare a ricostruire in primis il nostro. L’unica possibile e più grande rivoluzione è interiore e parte da noi stessi. Dinanzi alla mia anima non potrei mai fingere di essere qualcun altro, non potrei snaturarmi, né perdermi. Perché, se anche decidessi di giocarci a nascondino, la ritroverei seduta ad aspettarmi, mentre mi specchio al mattino, apro le finestre e guardo il cielo per capire che tempo fa, mentre ingoio un frugale pasto prima di rimettermi in auto nel traffico, prima di affidarmi alla mia quotidianità. Questo anche perché non potrei, né vorrei, delegare ad altri la mia vita, le mie scelte, le mie emozioni. Ho imparato nel tempo che protezione e dolcezza sono petali della stessa rosa. Che non vi è prestigio nelle apparenze e non vi è arroganza nel suono dell’anima. La nostra anima ci induce a osare anche sull’orlo di un precipizio, a oltrepassare l’impossibile e ad assaporare il vero gusto delle cose, la loro essenza primaria. Viviamo di pane e speranze, di attese, di giri di valzer che mettono le chiavi nelle porte del tempo. Ma a volte 15 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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dobbiamo disobbedire alle porte e spaccare i vetri per toccare la veste della felicità. Perché la perfezione del volo sta nell’atterraggio. È quello il momento in cui si restituisce l’anima all’equilibrio.

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Il giardino dell’anima

L’amore non bisogna implorarlo ma nemmeno esigerlo. L’amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso. Allora non sarà trascinato, ma trascinerà. (H. Hesse) Fiera ed imperturbabile, l’ape regina sedeva sul suo trono, respirava il polline giornaliero e dirigeva tutte le piccole api operaie che aveva al suo servizio. Non si scomodava mai, l’unico volo che faceva era quello del mattino, per sgranchire le sue zampette regali. Dopodiché, tornava sul suo trono, specchiandosi nel riflesso che il sole spediva sui braccioli della sua regale poltrona. L’orgoglio e la tracotanza erano maestri di musica che dirigevano puntualmente ogni suo suono, ogni suo movimento, ogni suo spostamento, ogni suo ordine. Nel palazzo era temuta, rispettata e mai contraddetta. Tutti sapevano che il suo vizio principale era quello di mandare al patibolo chiunque avesse osato trasgredi17 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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re ad una sua regola. I poveri fuchi venivano utilizzati esclusivamente per il suo sollazzo. Negli altri villaggi girava voce che, dopo serate particolarmente calde, venivano giustiziati per evitare che potessero raccontare di lei e mettere in giro strani pettegolezzi sul suo conto. Quella sera l’ape era intenta a provare degli abiti che si abbinassero con il suo corpo giallo e nero, le avevano montato uno specchio gigante a est della finestra, affinché fosse esaudito il suo volere: usufruire dei raggi solari e nello stesso tempo dedicarsi alla sua bellezza. Le apette operaie le passavano interi guardaroba senza sosta, ma l’ape non sembrava soddisfatta di nessun vestito, neppure di quelli da cerimonia. D’altronde ella non voleva sposarsi, i maschi erano giullari adatti per la corte e non certo per dividere un letto regale. Doveva dormire sola nel suo letto, grande a dismisura, così grande da poter ospitare milioni di piccole apette di corte.Quella sera, però, l’ape si annoiava nel provare i vestiti, il suo nervosismo, insinuandosi nelle sue viscere, le fece venire un certo appetito. Pensò che era stanca di farsi portare le solite deliziose pietanze, pensò che cercava qualcosa di più quella sera. Già, ma cosa? Aveva tutto nel suo mondo ricostruito, poteva ammirare paesaggi favolosi dalla sua nobile mansarda.Un bottone si staccò dal suo vestito, il suo sguardo austero incrociò gli occhi di un’apina, senza parole voleva dirle: “Raccoglilo!”. L’apina si chinò impaurita perché non riusciva a scorgerlo. Era sgusciato sotto ad un tavolino. L’ape regina iniziò ad infastidirsi, già si sentiva parecchio insofferente, già non aveva più voglia di provare 18 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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niente. Voleva succhiare petali diversi, era così viziata ed arrogante da non riuscire più nemmeno a gioire delle sue fortune. Mentre l’apina le restituiva il bottone, udì un rumore proveniente dal giardino. La regina aveva ordinato assoluto silenzio e diede disposizione di andare ad accertarsi che non vi fosse nessuno. Nell’intento di girarsi vide un fuco in giardino, sdraiato sotto a un albero con uno sguardo dolce e disteso, aveva gli occhi socchiusi e si godeva il silenzio. L’ape regina diede subito ordine di portarlo al suo cospetto, aveva deciso che l’incauto soggetto sarebbe stato prescelto per allietare la sua noiosa serata e che avrebbe dovuto prepararle un bagno di miele. Quando le api operaie andarono ad avvisare il fuco degli ordini della regina, egli sorrise e comunicò di non desiderare di vivacizzarle la serata nel modo da lei prescelto, aggiunse, però, che - se la regina fosse stata d’accordo - l’avrebbe portata a visitare il giardino dell’anima. Le api, sconvolte dalla notizia del rifiuto, corsero a riportarle il messaggio, convinte che il fuco sarebbe stato immediatamente punito con la morte. L’ape regina, invece, continuava a guardare meravigliata il fuco dalla sua finestra. Le venne in mente che questo giardino dell’anima non l’aveva visitato mai e si stupì del fatto che qualcuno conoscesse un posto a lei segreto. Pensò che avrebbe potuto rimandare l’uccisione del fuco e che, per ora, assecondarlo avrebbe potuto venirle utile per spezzare la noia della serata. Così, si fece cucire per l’occasione un vestito bellissimo dalle cinquanta ancel19 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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le prescelte, imponendo loro di terminarlo in un’ora. Nel frattempo, si fece servire una cena deliziosa disponendo tavolo regale e sedia ai bordi del davanzale, per continuare a tenere sott’occhio il fuco, per evitare che potesse fuggire al di là del recinto. Ordinò alle sue fide scudiere di tirare su il ponte levatoio e di interrompere l’accesso ad ogni strada limitrofa, le incaricò anche di tirare su le reti per evitare che il fuco potesse volare via. Mentre mangiava, vedeva il fuco sorridere. Le sembrava che egli fosse cosparso da una strana luce di un colore impalpabile. Non riusciva a comprendere di che colore fosse e nemmeno se potesse essere classificato nella scala dei colori. Avrebbe voluto possedere un vestito di quel colore, sarebbe però stato difficile farselo cucire, senza comprendere come fare a tingerlo. Finita la cena, si fece pettinare e scese in giardino, si presentò dinanzi al fuco e gli porse la zampetta per farsela baciare. Il fuco, galantemente, la baciò e le disse: - Sei pronta a seguirmi nel giardino dell’anima? - Certo fuco, è un posto che non ho mai visitato, perciò è mio diritto visitarlo, visto che io sono la regina e nulla può venirmi negato. - Ne sei sicura? - esclamò il fuco, arricciando le piccolissime palpebre dei suoi occhi neri. - Certo, sono la regina io, non lo ricordi? Forse non sei di qui? - Non appartengo a posti, né luoghi; non ho padroni, anzi li detesto, poiché amo la semplicità e le piccole cose. Le piccole cose? Come può un essere vivente amare le piccole cose quando può avere le grandi? - Perché è sempre per le piccole cose che ci si perde, è sempre nei dettagli che è nascosta la vera natura degli esseri 20 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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viventi. L’ape regina non capiva il discorso del fuco, credeva che fosse un insieme di parole stupide dette per tentare di sfuggire al suo destino. Credeva che il fuco potesse essere così intelligente da aver compreso che, dopo la serata, egli sarebbe stato giustiziato. Come poteva d’altronde graziarlo? Avrebbe potuto spifferare in giro della sua manchevolezza, avrebbe potuto dirlo a tutti e ridicolizzarla: “La regina non conosce il giardino dell’anima…”, che disonore terribile e che brusio raccapricciante sarebbe volato negli altri regni. Il fuco sembrava tranquillo, le prese la zampetta regale e le disse: - Sei pronta? - Certo, ma quanto c’è da camminare per raggiungere questo giardino? Dovrai portarmi in spalla! - Non servirà… - rispose il fuco - chiudi gli occhi. La regina chiuse gli occhi, sentì una schicchera lieve sul suo volto, li riaprì e si ritrovò in un giardino incantato dello stesso colore della luce che aveva intorno il fuco. - Come siamo arrivati fin qui? - Non eri tu regina che dicevi che i dettagli non sono importanti? È un dettaglio sapere come siamo arrivati fin qui. Non provare a descrivere quel che si vede, prova, per una volta, a descrivere quel che si nasconde alla vista. La regina tacque. Per la prima volta nella sua vita non sapeva che rispondere. Avrebbe dovuto sentirsi stizzita ed offesa, qualcuno aveva osato rimbeccare ai suoi pensieri, eppure il fuco la incuriosiva così tanto 21 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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che perse di vista il suo orgoglio, per una volta. Davanti a lei c’erano tantissimi fiori, sembravano quasi trasparenti ed erano così luminosi. Istintivamente si chinò per raccoglierli, nessuno aveva mai messo in un vaso regale dei fiori del genere. Il fuco incrociò il suo sguardo e le sorrise. - Prendine il succo. Il fuco e la regina si chinarono insieme sui fiori e ne raccolsero il prezioso nettare. I fiori sembravano felici e la regina provò una sensazione mai avvertita prima d’ora. Non riusciva a spiegarsi cosa le stesse accadendo, lasciò lo stelo del fiore. Il fuco le disse: - Brava, lascialo vivere. Prendine il succo, ma non la vita. La regina in quel momento provò uno strano compiacimento del tutto diverso da quello che giornalmente provava nel poter scegliere sempre ogni cosa. Avvertì un sussulto particolare, proveniva dal petto. Si sentiva quasi ubriaca, non capiva se era stato il nettare dei fiori o qualcos’altro; un vento d’ebbrezza la stava avvolgendo, si sentiva una danzatrice al suo primo spettacolo, trepidante, spaurita e allo stesso tempo raggiante. Ad un certo punto vide un viottolo. A sinistra vi era un cerchio di sassolini bianchi, a destra un cerchio di sassolini neri. Il fuco esclamò: - Vedi, questi sono il bene e il male, ogni uomo ha due nature indivisibili. Non possono esistere l’una senza l’altra. Una fontanella dalle forme leggiadre era posizionata esattamente alla fine del sentiero, fra i due cerchi equidistanti. Dall’imboccatura sgorgava miele, il fuco incitò 22 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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l’ape regina a berlo. Le porse le sue zampette e le riempì, la regina bevve per la prima volta dalle mani di un fuco, senza aver bisogno di ciotole reali, bicchieri di platino e piatti di cristallo. Nell’aria vi erano delle strane vibrazioni, sembravano le note di un’arpa in lontananza. - Che cos’è? - domando la regina. - È musica! - rispose il fuco - vieni… Vi era un coro di cicale su un albero di fichi, cantavano tutte insieme all’unisono. L’ape regina sorrise, e insieme al fuco volle salire sull’albero. Le cicale le insegnarono le canzoni, l’accolsero nella loro umile dimora, piccola e stretta, ma ricolma di felicità e candore. L’ape si sentì piccolissima. Cantò a squarciagola per così tante ore da non ricordare più tutti gli impegni del giorno dopo. Pensò che il fuco sarebbe divenuto un buon re, pensò che lei avrebbe voluto sposarlo e farlo vivere per sempre con lei nel suo castello. Pensò anche che le cicale si sarebbero potute trasferire alla sua corte, le avrebbe fatte vivere nel lusso, le avrebbe trattate molto meglio delle sue ancelle. - Non voglio essere re e loro non vogliono essere schiave - il fuco si espresse così in tutta la sua lucentezza. - Come hai fatto a leggere il mio pensiero? - esclamò l’ape sbalordita. - Abbandona questa materialità, corri oltre il tuo ca23 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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stello e il tuo denaro. Abbraccia il sentiero dell’anima, vedrai che anche tu riuscirai a leggere dentro di te e dentro gli altri. - Cos’è questo vento che mi soffia dentro, fuco? - Forse è inquietudine, regina! - E cos’è l’inquietudine, fuco? - È una sorta di agitazione indomita che ti brucia dentro, è desiderio di cambiare, di rinascere, a volte è amore. - L’amore cos’è? È avere bisogno degli altri? - No regina, l’amore è essenzialmente dentro il tuo cuore, poi si riversa sugli altri. Se tu ami, desideri che una persona sia felice, non ne hai bisogno, la scegli ed essa ti sceglie, ogni giorno, ogni momento, ogni attimo. L’amore si rigenera eternamente. - E se io ti amassi e volessi farti re e sposarti? - Sarebbe un tuo egoismo e non amore! Dovresti chiederti come prima cosa se io sarei felice a vivere nel tuo regno e non qui, in questo giardino meraviglioso, in giro per il mondo, a contatto con le diversità degli esseri viventi. Se tu mi amassi veramente, mi vorresti felice, non vorresti soddisfare un tuo capriccio attraverso di me. L’amore è generosità e disinteresse, l’amore è il primario insegnamento della vita, attraverso di esso tu sorgi, attraverso di esso tu impari, ti elevi, scorgi il primo orizzonte. Non basta essere regina per avere l’amore. La regina chiuse un attimo gli occhi, quando li riaprì si ritrovò nel suo castello. Il fuco non c’era più, le cicale neppure. Vi erano le sue ancelle, la sua corte, le sue api 24 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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operaie e tutto lo sfarzo esclusivo delle sue dimore. Ella stracciò il sontuoso vestito in un gesto di stizza. Diede ordine a tutta la sua corte di cercare per mari e per monti il suo amato fuco. Nessuno lo trovò. Si sentì vuota e spaesata in ogni suo territorio, senza il suo fuco, senza la musica meravigliosa delle amiche cicale. Si ricordò che il bene e il male sono indivisibili, due labbri della stessa ferita. Per la prima volta si sentì ricca e sola, potente, ma arida. Capì che alcune cose hanno un valore, ma non un prezzo, e che non si possono avere per capriccio. Capì che i sentimenti non si misurano con l’oro e che la stima degli esseri viventi non si ottiene con l’autorità o con il prestigio. Ricercò ancora il nettare di quei fiori speciali, ma non riuscì più ad assaggiarlo, mai più. Forse quel nettare così speciale non era dato dai fiori, ma dalla compagnia. Pietanze prelibate non erano così buone come un po’ di miele condiviso con gli altri. Decise allora di aprire le frontiere e di lasciare libero ogni passaggio. Decise di svestire per sempre i panni da regina. Decise che era ora di cambiare. Diede dunque una grande festa per annunciare questo grande cambiamento dentro di sé. Accorsero api da tutti i villaggi vicini, portarono in dono resine pregiate, miele prelibato di ogni campo e territorio. Ad un certo punto, in lontananza, udì una musica familiare. Il cuore cominciò a batterle forte, a palpitare. Intravide le sue amiche cicale che le portarono in dono 25 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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un’arpa magica. Mentre, radiosa come una sposa, iniziava a suonare l’arpa, si sentì circondare da un turbamento infinito. Dinanzi a lei il fuco le sorrise, le prese le zampette e la baciò. Camminarono insieme sul sentiero di sassolini, ritornarono all’appuntamento del loro primo incontro, dinanzi alla fontanella di miele. Questa è la storia del giardino dell’anima.

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L’istrice solitario

Noi moriamo solamente quando non riusciamo a mettere radici in altri. (L. Tolstoj) In un praticello di montagna viveva un istrice solitario. Aveva un’anima chiusa ed introversa. Trascorreva le sue giornate a cercare il cibo e a riposare ogni sera in un posto diverso. A volte si addormentava ai piedi di un grande ciliegio, a volte ammirava il panorama da una roccaforte che dava sul lago. Il suo sogno segreto sarebbe stato quello di attraversare una strada polverosa e piena di curve che, in ripida discesa, lo avrebbe condotto sulla riva del lago. Lì avrebbe potuto farsi il bagno e provare a navigarlo, come quelle storie dei martin pescatori che gli raccontava sua nonna da piccolo. Era da così tanto tempo che non vedeva più la sua famiglia, da quando da piccino la sua incoscienza lo aveva portato ai piedi di un ruscello e aveva deciso di avventurarsi in un boschetto. Incautamente era precipitato nell’acqua e, scampato per miracolo, era approdato in quel praticello in cui oramai 27 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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viveva da anni. La malinconia faceva da padrona nel suo piccolo cuoricino, poiché esso non aveva fretta. D’altronde, la sua vita era abbastanza statica e ripetitiva. Ogni tanto si domandava se era sempre lo stesso di prima, o se qualcosa dentro si fosse spento per sempre. L’unica cosa di cui era contento era quella di non essere diventato arido e cinico, di aver mantenuto intatto il suo sogno di non desiderare il male per nessuno, per nessun essere vivente che arrivava sulla sua strada. Purtroppo il suo essere introverso non gli permetteva di avere molti rapporti d’amicizia. Ci volevano tanto tempo e tanta pazienza per capire i suoi bisogni, le sue paure e la sua sensibilità. Dalla roccaforte si vedeva una comunità di martin pescatori, avrebbe voluto conoscerli. La nonna gli raccontava sempre che erano dei fenomeni a pescare, che vivevano tutti insieme come una grande comitiva, che ognuno pensava ai bisogni dell’altro, che la loro vita sociale era completa ed appagante. La nonna gli diceva sempre che siamo tutti alla ricerca di un segnale, che siamo tutti in attesa di una vita migliore e che possiamo cercarla da qualche parte, che possiamo anche trovarla se ci crediamo con tutti noi stessi. Quella notte l’istrice aveva una tempesta dentro di sé, ripensava a quando, da piccolo, non aveva ubbidito ai consigli dei genitori; ripensava a quando non portava mai con sé i suoi fratelli perché erano troppo piccoli, a quando veniva sgridato perché giocava a palla di notte e svegliava i suoi nonni che andavano presto nella 28 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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tana. Era spesso strafottente e li minacciava che se ne sarebbe andato via di casa per poter vivere a modo suo. Ripensava alla poca pazienza con la quale gestiva i suoi rapporti con gli altri. Come avrebbe agito diversamente ora, quanti errori con il senno di poi non avrebbe più commesso! Dalla roccaforte guardava il lago e i martin pescatori. D’un tratto pensò che non voleva più vivere come stava facendo. Pensò che, a costo di morire, avrebbe iniziato la discesa ripida per arrivare al lago. Pensò che vivere in un limbo non è scegliere di vivere, ma è lasciare che la vita scelga per noi. Quella notte stessa iniziò la discesa. Le automobili sfrecciavano a gran velocità, l’erbetta secca confinava con l’asfalto e il cammino era davvero pericoloso. Mentre attraversava la prima curva, si accorse che tremava e per esorcizzare la sua paura iniziò ad ipotizzare di rincontrare la sua famiglia. Chissà i suoi fratelli come sarebbero stati grandi, chissà se li avrebbe riconosciuti. Che strano, da piccolo così sprezzante ed incosciente, adesso così timido, solitario, sensibile e pauroso. Svoltata la prima curva, si fermò un attimo a riposare. Da quanto tempo nessuno lo chiamava più per nome, quale scelleratezza lo aveva condotto alla sua umile condizione! Cominciava a detestare se stesso. Riprese il cammino passo dopo passo. Ogni tanto guardava il cielo, gli sembrava uno spazio immenso. Ogni tanto si chiedeva se le stelle servissero a qualcosa o fossero semplicemente un ornamento. Si domandava se potessero indicare la strada giusta, se la loro luce potesse penetrare nel cuore 29 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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e d’incanto trasportare un essere vivente a destinazione. A quante domande da solo non riusciva a dare una risposta. Delle strisce bianche dividevano la strada in due. Non aveva mai visto simili strisce. Chissà cosa potevano indicare, chissà se stava percorrendo la strada giusta. Rimirava il cielo, ma quelle stelle erano così silenziose… Per vedere meglio la strada, pensò bene di camminare su quelle strisce. Si appropinquò su quei rettangoli interrotti. Per ammazzare il tempo inventò un gioco, quello di saltare da un rettangolo all’altro, senza cadere sullo spazio grigio. Un rombo fortissimo sembrò investirlo e d’istinto fece un piccolo salto sull’erba. Qualcosa lo aveva colpito. La sua zampetta sanguinava e si sentiva un po’ intontito. Davanti a sé vide per pochi istanti un’automobile velocissima. Il suo cuoricino batteva all’impazzata, perse tutte le forze e pensò che la sua vita era probabilmente giunta alla fine. Chiuse gli occhi. Sentì un sordo rumore e li riaprì. Davanti a sé c’erano due esseri, uno alto e grosso, l’altro piccolo. Probabilmente erano uomini, a giudicare dai racconti della nonna. Si sentì arrivare addosso uno straccio e per un attimo si sentì soffocare. Lo sollevarono. Stranamente non aveva paura, forse perché era convinto oramai del suo destino. Poi sentì qualcosa di morbido sotto di sé e il rumore che aveva sentito inizialmente riprese a rimbombare. Vicino a sé sedeva l’uomo piccolo, presumibilmente era un bambino. La nonna gli parlava sempre tanto 30 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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male di questi uomini. Diceva che erano sanguinari, che volevano possedere ogni cosa per vizio. Diceva che uccidevano gli altri esseri viventi senza motivo alcuno, unicamente per sentirsi i più forti, i padroni dell’universo: - In che mani sono capitato - disse fra sé e sé. Poi, spaurito, mise il musetto fuori dallo straccio ed incrociò il volto del bambino. - Vedrai che ora ti curiamo, così guarirai - disse il bimbo - il mio papà non lo ha fatto apposta ad investirti!L’istrice si ripropose di non essere ingiusto e di non generalizzare i suoi pensieri rendendoli luoghi comuni. Si addormentò. Quando si risvegliò e aprì gli occhi era solo. Davanti a sé c’era il lago. Non gli parve vero. Accanto a sé c’era un piccolo martin pescatore: - Finalmente ti sei svegliato, stai bene?- Sì, sto bene - rispose l’istrice sorpreso.- Una macchina ti ha lasciato lì - ed indicò un mucchietto di sassi adiacente. - Ah sì, sono stato investito!- Ti ho raccolto e ti ho portato qui, dove sarai al sicuro, le automobili degli umani qui non arrivano.- Sono partito da lì - l’istrice indicò la roccaforte. - Ma tu sei folle! Non saresti mai potuto arrivare fin qui! - Ero stanco di vivere solo, volevo conoscere voi e ricercare la mia famiglia. - Vivevi solo? - Sì… L’istrice raccontò all’amico martin pescatore la sua storia. Vide una lacrima scendere dall’occhio dell’amico, una lacrima che trovò come ostacolo il grande becco e si confuse con l’acqua del lago. Il martin pescatore caricò l’istrice su di sé e lo condusse dentro uno steccato. - A giudicare dalla tua descrizione, tu vivevi lì prima dell’incidente. L’istrice si guardò intorno e 31 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


A TU PER TU

riconobbe una tana all’interno di un ciliegio simile sotto cui trovava conforto sulla roccaforte. Alcuni istrici giocavano là fuori e lo guardarono incuriositi.- Ciao - disse loro. - Ciao amico - risposero. - Ma siete soli? - No, c’è la nostra bisnonna laggiù - risposero in coro. L’istrice si avvicinò. Incontrò degli occhi familiari e rimase su di essi per alcuni istanti, immobile ed emozionato. Occhi piccolissimi, forse quasi ciechi, ma non ancora del tutto, e spinti da così tanto amore che lo riconobbero. - Nonna - riuscì ad esclamare in preda ad una viscerale emozione cosmica. - Duccio - i musi si strofinarono intensamente per molto, molto tempo. - Madre, padre - Duccio si risentì chiamare e riabbracciò i suoi affetti. Raccontò alla sua famiglia le sue vicissitudini degli ultimi anni. - Se non ami te stesso non puoi amare gli altri e gli altri non potranno amare te! Non devi sentirti in colpa, non devi detestarti - disse il martin pescatore - la vita è un percorso, in parte dipende da noi e in parte ci vuole un pizzico di fortuna. - Gli uomini non sono tutti cattivi, nonna, sono stato salvato da loro, se non fosse per loro oggi non sarei qui, non potrei essere così felice. - Infatti, caro Duccio, ognuno di noi può scegliere chi essere e come agire, dipende da noi e dalla nostra coscienza. L’istrice Duccio non era più solo, aveva sentito nuovamente pronunciare il suo nome, aveva per amico un martin pescatore, ma sentiva dentro sé un senso di irrequietezza. Guardava un piccolissimo fazzoletto legato ad una sua zampina. Si ricordò delle parole del suo amico: “la vita è anche un pizzico di fortuna”. Camminò verso il lago per assaporare qualche raggio di sole. 32 Edizioni Psiconline © 2014 - Riproduzione vietata


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Alzo lo sguardo. I suoi piccoli occhi si sovrapposero a quelli di un bambino. Gli occhi erano lucidi. - Riccio! Allora sei vivo, hai ancora il mio fazzoletto - il viso del bambino era radioso più del sole. - Papà, papà guarda… L’istrice si sentì felice, felice come non era mai stato in tutta la sua vita. Pensò che l’essere solidali è un dono che non tutti gli esseri viventi sanno possedere e mettere a frutto, ma forse, proprio perché è una dote così rara, è altrettanto preziosa. Pensò che d’ora in poi si sarebbe dedicato agli altri e che avrebbe posto particolare attenzione agli esseri indifesi. Girò i suoi aculei e il bimbo lo salutò. Quella sera, guardando il riflesso delle stelle sul lago, vide la forma di un cuore. Accanto a sé i suoi nipotini giocavano allegramente. - Non vi allontanate - rispose severo. Pensò che non voleva essere assillante, ma che bisognava stargli dietro ai piccoli. Che difficoltà comprendersi quando ci sono troppe generazioni di mezzo! Mentre ammirava le sue stelle e ripensava allo strano viaggio su quella tortuosa strada, qualcuno gli si sedette accanto. - Ho saputo della tua storia e del tuo coraggio, sei un essere speciale. Duccio arrossì, la sua seconda vita stava iniziando.

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