Gruppi nel Cinema e Psicoanalisi di Gruppo

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Ricerche e Contributi in Psicologia

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Maurizio Guarneri, Michele Inguglia

Gruppi nel Cinema

e Psicoanalisi di Gruppo

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Prima Edizione: 2016 ISBN 9788899566043 © 2016 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di dicembre 2016 in Italia da Universal Book srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl) Copertina di Alfonso Lo Giudice info@aranciagrafica.it

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A Carolina, Alessandro, Gabriele e Sara

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Indice

Ringraziamenti Prefazione, di Daniela Moggi Introduzione Cinema e psicoanalisi Train de vie Il Grande freddo Prigionieri dell’oceano L’Angelo sterminatore La Parola ai giurati L’Onda Il Pranzo di Babette Il Grande Capo Fight Club Pa-Ra-Da Bibliografia

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Il film è il sogno di una mente in stato di veglia F. Fellini ...il gruppo è essenziale per lo sviluppo della vita psichica dell’uomo W. Bion ...La funzione gamma consente di collocare in un contesto significativo più pertinente alcuni fenomeni come i sogni di gruppo, le allucinazioni di gruppo, la memoria di gruppo, ecc., così come stimola a riprendere in esame la concezione di mente di gruppo coordinata all’idea di campo trans-personale. F. Corrao

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Ringraziamenti

Grazie con affetto e stima agli allievi dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo di Palermo e agli Specializzandi della Scuola di Specializzazione in Psichiatria di Medicina e Chirurgia della stessa città che nei cinque anni hanno condiviso l’esperienza di vedere e commentare insieme i film, mostrando interesse e passione, contribuendo in modo fondamentale alla stesura del libro. Ringraziamo Daniela Moggi per la partecipazione e per aver accolto il nostro desiderio di un suo contributo al volume con la interessante prefazione. Grazie anche ai Didatti e Docenti tutti dell’Istituto che in vario modo hanno sostenuto l’iniziativa. Si ringraziano per l’affettuosa collaborazione Simona Russo e Alfonso Lo Giudice. Non possiamo dimenticare l’aiuto e disponibilità di Sonia che ci ha aiutato con pazienza e garbo in tutti gli aspetti organizzativi di questa esperienza. Ed infine un grazie ai registi che ci hanno donato rappresentazioni gruppali originali e sorprendenti che ci stimolano a proseguire nel lavoro di ricerca.

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Prefazione

L’idea da cui parte questo libro non è quella di coniugare genericamente cinema e psicoanalisi – tema già più o meno sapientemente sviluppato da numerosi autori – bensì, più specificamente, psicoanalisi di gruppo e cinema. La propensione dei due autori è manifestata non solo dalla scelta dei singoli film utilizzati e dallo sguardo ai contenuti che ogni film mette in campo con particolare interesse a ciò che si è soliti indicare come “funzionamento mentale gruppale”, ma anche attraverso un approccio metodologico che propone la visione dei film non a delle persone riunite casualmente insieme, ma ad un piccolo gruppo appositamente individuato e selezionato: specializzandi in Psichiatria della Scuola di Medicina dell’Università di Palermo e in Psicoterapia della Scuola dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo della stessa città. Ai partecipanti è richiesto, dopo avere assistito ai film, non di commentarli - cosa che ricorderebbe i dibattiti dei cineforum degli anni ‘70 - quanto piuttosto di utilizzare un pensiero “gruppale” già attivato dalla visione in comune del film. Inoltre, in questa esperienza, i film non vengono guardati con l’intento di fare una diagnosi psicoanalitica dei personaggi o del regista; se categorie psicoanalitiche vengono utilizzate, esse lo sono solo al fine di meglio comprendere non già l’oggetto 13

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dell’osservazione ma lo strumento, cioè il metodo psicoanalitico. Nel nostro caso si tratta del metodo psicoanalitico di gruppo. La psicoanalisi di gruppo, in particolare il modello psicoanalitico gruppale messo a punto da Wilfred Bion in Inghilterra e sviluppato in Italia da Francesco Corrao, ha rivoluzionato il modo di osservare i gruppi umani e segnatamente i piccoli gruppi, mettendo al centro del proprio interesse non soltanto le dinamiche relazionali tra gli individui che compongono il gruppo ma, in maniera più specifica, il funzionamento mentale sia dei singoli, osservati in quanto membri di un gruppo, sia del gruppo nel suo insieme. Credo possa essere utile specificare cosa si intende qui con “piccolo gruppo” dicendo qualcosa di più che non riguarda solo le dimensioni, pur importanti, del gruppo stesso. Quando noi parliamo di “piccolo gruppo”, infatti, non ci riferiamo soltanto al fatto che poche persone si trovino riunite insieme, anche se questo elemento numerico ha la sua importanza, perché sappiamo bene che il modo di comunicare all’interno di un gruppo è profondamente diverso se si tratta, appunto, di un gruppo piccolo, ovvero di un grande gruppo, di una massa. Già Elias Canetti aveva espresso in modo eccellente come tutti i gruppi, anche quelli di grandi dimensioni, rispondono sempre ad alcune fondamentali regole di funzionamento; per lo specialista, l’indagine e la comprensione di questi principi fondamentali, che si attagliano alla generalità dei gruppi, costituisce una priorità. Se l’interesse dello psicoanalista è rivolto per lo più al gruppo terapeutico che costituisce campo di elezione della sua indagine e della sua azione, per lo psicoanalista di gruppo è invece interessante di per sé il funzionamento mentale di qualsiasi tipo di gruppo. 14

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Come insegnava ai suoi allievi Francesco Corrao, il gruppo è un insieme di persone che sono in un rapporto di vicinanza, di concomitanza, di “essere con”, in una attività che chiamiamo socialità, una formazione sociale organizzata. Tuttavia qui io faccio riferimento, in modo specifico, solo a “piccoli gruppi a finalità analitica”, o terapeutici, ovvero i così detti gruppi “esperienziali”, che sono quei gruppi che vengono proposti con l’obiettivo di fare una esperienza di gruppo, non necessariamente terapeutica e che possono essere, per esempio, utilizzati con successo nel campo della formazione. Chiarito dunque che si sta parlando di un “piccolo gruppo” a tutti gli effetti, il piccolo gruppo di specializzandi che partecipa al progetto di cui si parla in questo libro può appunto ritenersi, a mio parere, un “gruppo esperienziale”. A mio avviso questo gruppo non si forma al momento in cui viene dato ai singoli partecipanti il registratore per esprimere il proprio contributo, ma assai prima, al momento stesso in cui si avvia l’esperienza; nel corso dei vari incontri che si sono svolti nel tempo, questo gruppo è andato via via costruendo un pensiero comune, che non significa un pensiero unico, ma proprio quel pensiero che può essere messo in comune, utilizzando ciò che il piccolo gruppo facilita. Riprendendo Bion, Corrao afferma che “se sarà possibile discutere le differenti esperienze fatte dai differenti osservatori, sarà anche possibile esaminare in comune il materiale osservato in comune”. Ritengo che questa citazione possa essere assunta anche come paradigma dell’esperienza di cui si occupa questo libro. In un gruppo psicoanalitico la comunicazione non è solamente passaggio di informazioni; la comunicazione all’interno di un piccolo gruppo analitico è intesa sia nella sua valenza informati15

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va, sia in quella di trasmissione ed attivazione di emozioni. Le comunicazioni che si producono nel gruppo hanno la funzione di mettere in comune informazioni sulle relazioni che sono in atto in quel momento all’interno del gruppo, siano esse, per i singoli membri, consapevoli o no; il più delle volte, no. Nel “piccolo gruppo” analitico, che sia terapeutico o esperienziale, i membri del gruppo sperimentano, incontro dopo incontro, un progressivo sentimento di comunanza che rende possibile l’adozione di un pensiero che non risponda esclusivamente ad una logica razionale secondo le categorie, per esempio, del “vero o falso”, del “prima o dopo”, del “grande o piccolo”. Nel piccolo gruppo analitico si attiva piuttosto un pensiero simile al pensiero onirico, in cui, come sappiamo, la logica aristotelica è bandita. Si tratta quindi di fare in gruppo l’esperienza del sognare insieme mentre in genere siamo abituati a concepire l’esperienza del sogno come strettamente individuale. Il grande Arturo Toscanini, quando divenne direttore del Teatro alla Scala di Milano, impose il buio in sala, in modo da fare convergere l’attenzione del pubblico sulla scena e posizionò, inoltre, l’orchestra nella buca. Tali espedienti avevano lo scopo di fare in modo che ognuno dei due gruppi, il pubblico e l’orchestra, avesse un suo specifico luogo con le sue differenti regole. Prima di questa innovazione nei palchi dei teatri si faceva di tutto: si pranzava, si chiacchierava, si flirtava, ecc.; quindi il luogo di elezione dell’attenzione del pubblico non era esclusivamente il palcoscenico che costituiva solo uno tra i tanti poli di attrazione per chi si recava a teatro. Con l’innovazione di Toscanini, invece, l’attenzione del pub-

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blico si concentrava necessariamente su un oggetto comune; da allora si cominciò ad andare a teatro con uno scopo specifico e il teatro risultò un luogo specializzato per la fruizione delle rappresentazioni. Anche la visione di un film avviene normalmente al buio e ciò fa convergere l’attenzione degli spettatori verso lo schermo illuminato, cioè verso un oggetto comune. Ovviamente l’insieme delle persone riunite in un teatro o in una sala cinematografica non costituisce certamente un “piccolo gruppo” nel significato che a questa espressione dà la psicoanalisi e che qui proponiamo. In entrambi i casi l’elemento fondamentale è che si tratta di persone che sono casualmente riunite nello stesso luogo e nello stesso tempo e anche se esse hanno un obiettivo comune - vedere quello spettacolo o quel film - la maggior parte degli spettatori non ha alcun altro rapporto tra di loro: in quei casi, quindi, l’oggetto dell’interesse è lo spettacolo e non il gruppo stesso. Invece, nella esperienza di questo libro, dopo la visione del film la discussione che si svolgeva tra gli specializzandi era attuata in assetto circolare. Questo espediente non è di poco conto in quanto favorente quella circolarità del pensiero e delle emozioni che la sala cinematografica, con le sue file di poltrone, non potrebbe mai consentire obbligando ciascuno spettatore a guardare chi gli sta immediatamente accanto oppure le spalle di colui che è seduto nella fila davanti alla propria. La posizione circolare, invece, fa convergere ciascuno verso tutti gli altri membri del gruppo: il gruppo converge su se stesso. Nel tipo di gruppo preso in considerazione in questo libro, dunque, vi erano due fasi: inizialmente i partecipanti vedevano il film al buio convergendo verso lo schermo, seduti in file che si

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davano la schiena l’un l’altra come in una sala cinematografica, mentre successivamente, quando iniziava la discussione, essi si ponevano in assetto circolare così come è previsto nei piccoli gruppi psicoanalitici. Anche nei gruppi terapeutici capita, a volte, che uno dei pazienti parli di un film che ha visto e che tutto il gruppo tragga spunto dal racconto del film per avviare un discorso che non ha tanto funzione di critica cinematografica quanto quello di utilizzare le emozioni suscitate dal racconto del film anche tra chi, presente in quel momento nel gruppo, il film non lo ha visto. In quel caso è la funzione narrativa che viene utilizzata ai fini della terapia. Nei gruppi attivati dagli autori di questo libro il film è un pre-testo che ha l’obiettivo di fornire all’attenzione dei partecipanti uno stesso oggetto ma non per disquisire sul film bensì per attivare un pensiero comune. Corrao dice: “Il vantaggio dell’esperienza gruppale è che fa accelerare enormemente la capacità di percepire gli elementi di cognizione, naturalmente non ignoti al pensiero individuale. In una situazione non gruppale, non di comunanza, solo dopo molto tempo, e con molta fatica, potrebbero essere individuate le direzioni del pensiero conoscitivo che riguardano sia le funzioni cognitive che quelle emotive, quelle linguistiche”; e ancora Corrao nota che nel piccolo gruppo “si sospende la logica tradizionale o quella che si impiega abitualmente quando si vuole comunicare ordinatamente e si tiene conto delle regole funzionali che si prescelgono. Allora nel gruppo si verifica la sospensione dell’ordine razionale precostituito... quindi il discorso, la comunicazione diventa, da un lato, polilogica, e dall’altro politimica e fa percepire la ricchezza di significato, i diversi piani, la multi-

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planarità delle significazioni; diventa polisemia”. I partecipanti all’esperienza presa qui in considerazione vedono un film che non è un film qualunque, esso non è un film a caso poiché vengono scelti dei film che in qualche modo raccontano di un gruppo di persone e di ciò che accade a questo gruppo di persone. Chi sta vedendo il film è, a sua volta, un gruppo: c’è una funzione speculare tra ciò che avviene sullo schermo ed il gruppo di partecipanti che si mette in relazione al film che sta vedendo. Quando si riaccendono le luci e si avvia la discussione sono ancora presenti, nella mente dei partecipanti, tutte le vicende, le emozioni che hanno riguardato un altro gruppo, quello costituito dai personaggi del film. Tutto questo mi ha riportato alla mente, pur con le dovute differenze, un’esperienza simile che, negli anni ’70, all’Università di Roma, aveva condotto Claudio Neri, il quale aveva svolto un interessante lavoro con gli studenti di Psicologia, riuniti in piccoli gruppi a partire, questa volta, non da un film ma da un testo letterario. Nel piccolo gruppo analitico, anche se non terapeutico, ognuno parla delle sue vicende personali, di ciò che gli è accaduto, di un sogno che ha fatto, di un progetto che ha. A partire da questi contributi individuali sarà poi il discorso gruppale e gli interventi del conduttore che rileveranno ciò che c’è in comune (ti koinon) tra i membri del gruppo, per cui elementi apparentemente molto distanti l’uno dall’altro possono essere, appunto, messi in comune e fatti circolare; altrimenti resterebbe un discorso frammentato in una situazione in cui ognuno racconta la propria personalissima esperienza che in fondo non necessiterebbe di un assetto gruppale. Francesco Corrao aveva

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ipotizzato che, ogni qual volta un certo numero di individui si riunisce in gruppo, si attiva un campo di trasformazioni. Il conduttore del gruppo, ma non solo lui, cerca di trovare tra i vari interventi una specie di fil rouge che attraversi i contributi forniti da ogni singolo membro del gruppo e permetta appunto di attivare queste trasformazioni. Preferisco utilizzare l’espressione fil rouge perché in essa si è sedimentata una duplice valenza che non viene resa dall’espressione “filo conduttore” della nostra lingua. L’espressione fil rouge è utilizzata da Goethe nella sua opera “Le Affinità Elettive” come esempio per descrivere la coerenza del diario di Ottilia; Goethe vi racconta che tutti i cordami della flotta reale inglese, dal più forte al più debole, sono intrecciati in modo che un fil rouge li percorra interamente e che non sia possibile estrarlo senza che tutto l’insieme si disfi, cosicché il più piccolo frammento permette ancora di riconoscere che esso appartiene alla corona. Questo fil rouge, dunque, da un lato permette sempre di rintracciare l’appartenenza di quel cordame, perché se si cercasse di toglierlo l’intera trama si disferebbe, ma dall’altro lato costituisce anche un elemento la cui assenza renderebbe quel cordame del tutto inutilizzabile nella marina reale inglese. Non è soltanto un ottimo antifurto, ma anche, sempre e comunque, un segno di riconoscimento che consente di identificare la singola nave dotata di quel cordame come appartenente ad un gruppo specifico. Nel piccolo gruppo analitico, per definizione un contesto autointerpretantesi, la funzione di trovare questo fil rouge è inizialmente svolta dal conduttore ma ben presto comincia ad essere svolta da ogni membro del gruppo.

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Nel discorso gruppale, allora, proprio il fil rouge permette di individuare la trama comunicativa senza la quale il tessuto dei singoli interventi si “disfa”. Nel gruppo a funzione analitica il fil rouge consente dunque di identificare il contributo di ognuno non solo come apporto individuale ma anche come appartenente a quel gruppo e, specificamente, soltanto a quel gruppo. Daniela Moggi*

* Psicoanalista SPI; già Presidente IIPG nazionale 21

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Introduzione

La relazione biunivoca creatasi nel tempo fra Cinema e Psicoanalisi ha permesso di esplorare tante prospettive e angolazioni donandoci una florida produzione di lavori, monografie e volumi; per contro ha esplorato solo occasionalmente le possibili correlazioni fra Cinema e Gruppi. Tale constatazione coniugata alla nostra passione per il cinema e per la ricerca sul funzionamento dei gruppi, hanno ispirato il progetto di studio Cinema e Gruppi che per cinque anni è stato da noi condotto presso la sede di Palermo dell’Istituto di Psicoanalisi di Gruppo. È un piacere che l’elaborazione di questo “percorso” sia oggi edita e ci auspichiamo possa contribuire alla didattica, formazione e riflessione sulle dinamiche gruppali. L’esperienza di lavoro in gruppo sui gruppi è stata riservata agli allievi dell’Istituto di Psicoanalisi di Gruppo della sede di Palermo e agli specializzandi in Psichiatria della Scuola di Medicina della stessa città, con un taglio formativo ed esperenziale e con il desiderio di valorizzare contributi e riflessioni di giovani colleghi, integrando spontaneità e creatività del loro pensiero ad un approccio più squisitamente teorico. Abbiamo annualmente selezionato, talora anche con il loro contributo, creazioni cinematografiche che ponessero al centro 23

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della rappresentazione e della narrazione il gruppo, quindi idonee allo studio delle relazioni individuo-gruppo e intragruppali. Il gruppo costituitosi annualmente ha previsto un numero massimo di venti partecipanti e agli iscritti si è richiesta la partecipazione all’intero ciclo di cinque film, al fine di garantire una stabilità del gruppo di lavoro e favorire anche una dimensione esperenziale. Alla proiezione del film è seguita la riflessione dei partecipanti, in assetto gruppale, per una durata di circa un’ora e mezza. All’inizio dell’esperienza ci si è limitati a consigliare di non far ricorso, per quanto possibile, ad un pensiero teorico, al fine di favorire la circolarità e spontaneità delle comunicazioni, dei vissuti, delle sensazioni estemporanee e della libertà associativa. È stata eseguita una registrazione integrale della discussione che è fedelmente riportata nel libro con il necessario accorgimento di una sfrondatura per trasformarla da parlato a scritto. Questo materiale è stato successivamente da noi rielaborato in sintesi tematiche che evidenziano le dinamiche e le riflessioni più significative. Tali sintesi rappresentano per certi versi, quel fil rouge di cui parla Daniela Moggi nella prefazione: la rielaborazione dei pensieri del gruppo al lavoro su quel film che descrive una vicenda gruppale. Ogni capitolo dedicato ad un film comprende quindi una breve trama, il resoconto della registrazione degli interventi ed una sintesi tematica. Riteniamo che il metodo adottato abbia permesso l’individuazione di numerose “situazioni tipo” riguardanti le dinamiche gruppali. Al contempo, attraverso le osservazioni e interpretazioni sugli effetti di rispecchiamento e identificazione fra gruppo del film e gruppo al lavoro, di formulare alcune ipotesi teoriche ed applicative. Scorrendo l’elenco di tutti i film condivisi in gruppo in que24

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sti cinque anni, abbiamo potuto suddividerli in sottogruppi in funzione di alcuni temi ricorrenti: Il cibo e gli affetti (Il Pranzo di Babette, La Grande Abbuffata); l’Arte, la musica in particolare (Train de Vie, Il Concerto, La Banda, Prova d’Orchestra, Pa-Ra-Da); la claustrofobia e i gruppi (La parola ai Giurati, L’Angelo Sterminatore, Prigionieri dell’Oceano); la democrazia e il potere (l’Onda). Questa pubblicazione raccoglie invece la sintesi elaborativa di dieci dei venticinque film finora visti e pensati in gruppo e rappresenta un esercizio di pensabilità. Siamo consapevoli che l’elaborazione finale di ogni film rappresenti il prodotto specifico della pensabilità e creatività di quel gruppo in particolare, capace di tracciare una propria linea interpretativa e conoscitiva, non pretendendo di esaurire le innumerevoli traiettorie di pensiero e riflessione possibili. Un altro gruppo alla visione dello stesso film rintraccerà temi, dinamiche e riflessioni diverse e solo in parte sovrapponibili per aspetti che possiamo considerare come invarianti. Sarebbe al riguardo interessante riproporre questa esperienza in altri contesti per un’analisi comparata delle varie traiettorie di pensabilità. I film scelti rappresentano sia vicende di “piccoli gruppi” che di gruppi più estesi per numero di componenti e varietà di contesto e ambientazione. Fra i primi includiamo: L’Angelo Sterminatore, in cui un gruppo di notabili borghesi partecipa ad un ricevimento surreale; La Parola ai Giurati, in cui un gruppo di giurati si trova in camera di consiglio per emettere un verdetto; Prigionieri dell’Oceano in cui è descritto un gruppo di naufraghi in una barca alla deriva; Il Grande freddo in cui un gruppo di amici si riunisce a distanza di molti anni in occasione della morte di un amico, Il Pranzo di Babette in cui un gruppo di fedeli di un villaggio 25

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devoti ad un pastore defunto si trovano a condividere il pranzo organizzato da Babette; Fight Club tratto dall’omonimo romanzo di Chuck Palaniuk; Pa-Ra-Da che descrive l’esperienza reale di un educatore francese in Romania con un gruppo di bambini rumeni che vivono nei sotterranei di Bucarest; il Grande Capo di Lars Von Trier con le surreali dinamiche all’interno di un’azienda informatica danese in vendita. Ciò che accomuna questi piccoli gruppi è la condizione di necessità, di dovere o di obbligo che costringe i singoli componenti ad interagire fra loro con tutte le implicazioni claustrofobiche e conflittuali che ne derivano: se da un lato ciò li differenzia dai gruppi terapeutici poiché in questi i singoli componenti aderiscono per scelta al gruppo, dall’altro li accomuna ad essi il fatto che la composizione del gruppo è stabilita dal terapeuta. Negli altri film ci si confronta con gruppi più estesi come in Train de vie, in cui si descrivono le vicende di un gruppo costituito dagli abitanti di un villaggio ebreo in fuga dalla persecuzione nazista o, come nel film L’Onda, in cui le dinamiche di un gruppo-classe sconfinano dalla scuola alla città. Se nella maggioranza delle occasioni sono state individuate sia dinamiche classiche dei gruppi ma anche elaborazioni originali e rimandi associativi ad altri film, in altre, come nell’Angelo Sterminatore, per la sua dimensione surrealista, e in Fight Club, per i funzionamenti psicotici del gruppo descritto, si è avvertita maggiore difficoltà di pensiero e di elaborazione e ci si è anche interrogati sulla natura di tali difficoltà. Abbiamo scelto di inserire anche il lavoro svolto su questi film proprio per evidenziare come certe dimensioni siano in grado di mettere transitoriamente in scacco le capacità di pensiero e di associazione da parte del gruppo per quanto ben intenzionato ad essere un gruppo al lavoro. Nel caso dell’Angelo Sterminatore è emerso come la pe26

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culiarietà surrealista del film di Buñuel, con il suo intento specifico di inserire forzatamente la dimensione inconscia sulla scena e la disseminazione di simboli all’interno della narrazione, abbia rappresentato un ostacolo alla pensabilità e imbrigliato la funzione associativa del gruppo anzicchè favorirle. Nel caso di Fight Club l’elevato grado di violenza ha suscitato reazioni “viscerali” piuttosto che pensieri ed emozioni, tuttavia non ha rappresentato un impedimento al buon funzionamento del gruppo esperenziale. È sembrato infatti che proprio tali circostanze abbiano fatto rimarcare ancor di più la necessità di una dimensione gruppale per riuscire a costruire un pensiero senza arenarsi nel guado della impensabilità: condizione paragonabile a quella del lavoro su casi di psicosi, in cui si rende indispensabile una koinos e un lavoro di immaginazione empatica del gruppo. Il nostro lavoro prosegue con nuove rassegne e con la revisione del materiale degli altri film non ancora rifinito, sperando che questo contributo sia alimentato dai lettori attraverso dialogo, critiche e consigli per un affinamento del metodo.

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