L'adolescente in psicoanalisi - Indice e capitoli iniziali

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Ricerche e Contributi in Psicologia



Pandiscia Fabio

L’adolescente in Psicoanalisi Verso la fine del trattamento


Prima Edizione: 2009 ISBN 9788889845295 © 2009 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di settembre 2009 in Italia da AD Servizi Tipografici - Rocca di Botte (AQ) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)


SOMMARIO INTRODUZIONE LA CRISI ADOLESCENZIALE DAL PUNTO DI VISTA DELLA PSICOANALISI L’organizzazione sessuale definitiva La crisi adolescenziale

IL SETTING L’elemento base del trattamento psicoanalitico Regole, violazioni e flessibilità Il setting come dispositivo spaziale e temporale Il problema del transfert nel setting psicoanalitico

IL SETTING CON L’ADOLESCENTE Caratteristiche del colloquio con l’adolescente Il setting come base del processo di soggettivazione La situazione analitica adolescenziale e quella infantile, alcune analogie La costruzione di un setting per l’adolescente Il setting come ripresa del processo evolutivo L’acting out e l’abbandono dei vecchi legami affettivi

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IL RUOLO DEI GENITORI NEL TRATTAMENTO La relazione tra genitori e adolescenti: due identità a confronto La coppia parentale nel setting L’adolescenza nel vissuto del genitore Transgenerazionalità delle patologie

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L’ADOLESCENTE IN PSICOANALISI

CONCLUSIONI E INTERRUZIONI DEL TRATTAMENTO PSICOANALITICO CON ADOLESCENTI Sulla terminabilità e interruzione dell’analisi L’esperienza della terminazione nel vissuto del paziente Pericoli di interruzione del trattamento La sospensione dell’analisi da parte dell’adolescente Il termine del trattamento nell’adolescenza

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CONCLUSIONI

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BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE L’adolescenza è un percorso di sperimentazione, riorganizzazione ed integrazione dello sviluppo psicologico precedente, che ora è visto in un contesto nuovo, di maturità sessuale fisica. Per molto tempo gli psicoanalisti non hanno approfondito il tema dell’adolescenza, la prima analisi sistematica dell’adolescenza si deve ad Anna Freud (1936), che riprende l’idea del padre sulla pubertà come ricapitolazione del periodo pregenitale, in cui riesplodono i conflitti a causa dell’aumento delle pulsioni, contro le quali l’adolescente si protegge utilizzando vari meccanismi di difesa, tra i quali l’intellettualizzazione e l’ascetismo. L’adolescenza è una fase dello sviluppo umano nel corso della quale l’individuo si prepara alla vita adulta, acquisendo quelle caratteristiche psichiche e fisiologiche che servono ad avvicinare l’adolescente alla maturità, sviluppando quelle competenze cognitive e sociali necessarie per un pieno inserimento nel mondo dei grandi. L’adolescente si troverebbe così ad attraversare una fase di transizione dall’infanzia all’età adulta, in un momento di riorganizzazione psichica indotto da tutto ciò che lo ha preparato, quindi dalla sessualità infantile e dai modi d’investimento che hanno luogo durante la latenza. Nel primo capitolo ho delineato la crisi esistenziale psichica e fisica che vive l’adolescente in un’età capace di provocare trasformazioni rilevanti, per questo l’adolescenza non è da considerarsi solo un tempo della vita, ma soprattutto un agente organizzatore decisivo del funzionamento mentale, silenzioso o evidente. I vari contributi citati, sia dei Laufer che di Cahn, credo che rendano bene l’idea di come il breakdown adolescenziale e di conseguenza il fallimento dei vari processi di soggettivazione, che rappresentano il compito primario dell’adolescente, possono in seguito influenzare anche il comportamento dell’adulto. 7


L’ADOLESCENTE IN PSICOANALISI

Possiamo quindi affermare che se le difficoltà che il processo evolutivo incontra nel suo svolgimento sono maggiori, l’adolescenza può anche essere “saltata”, oppure può perdurare indefinitamente come tale per il resto della vita. Nel teorizzare le condizioni dello svolgimento normale di questo processo, Freud è ricorso al concetto di posteriorità (Nachträglichkeit), che riguarda il rapporto temporale che intercorre tra un’esperienza vissuta ed il senso che essa assume nella mente del soggetto (Modell, 1990). Il bambino può anche vivere delle esperienze senza per questo essere in grado di trarne anche un significato soggettivo, ma è in adolescenza che si raggiunge la simultaneità dei due processi: l’esperienza ora ha un senso e come tale deve essere integrata nel sé. La stessa lettura del transfert in termini di “nachträglichkeit”, inteso come attualizzazione simbolica di vari livelli di realtà è, come propone Modell (1990), un’alternativa alla teoria che l’azione terapeutica implichi una regressione. La nuova capacità psichica dell’adolescente non si limita all’esperienza attuale ma si applica anche a tutte quelle passate, che sono rimaneggiate insieme a quelle nuove e, di conseguenza, ad un livello più evoluto. In questo senso le esperienze antiche vengono ad assumere un significato nuovo e una maggiore efficacia psichica. L’Io è una struttura impegnata nell’elaborazione e riorganizzazione del tempo e la situazione analitica è essenziale al processo dell’analisi perché funziona proprio da contenitore di livelli di realtà: “non sono le esperienze ad avere un effetto traumatico, ma il loro riviverle come ricordo” (Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa, Freud 1896 pag.308-309 citato in Modell 1990 pag.18-19). La costruzione della trattabilità in adolescenza potrebbe sembrare così il risultato di un percorso fatto dall’analista tra i vari ostacoli e le diverse possibilità presentate dal paziente stesso. Bisogna tener presente quindi non solo l’adolescente in quanto tale, inserito nel suo naturale percorso di evoluzione, ma anche 8


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l’adolescente di oggi, spinto dal contesto sociale in cui vive, in cui agisce con un suo tipico modo di comunicare, che porta in analisi ciò che per lui conta: i fatti, le cose, le immagini, con un linguaggio concreto, e sintetico (Gino,2000). Elaborando la figura dell’adolescente in questi termini, possiamo dire che il setting psicoanalitico che l’analista andrà a strutturare, necessariamente dovrà differire da quello dell’adulto. La funzione evolutiva più importante nell’adolescenza, è l’instaurarsi dell’organizzazione sessuale definitiva; i cambiamenti nelle relazioni con gli oggetti edipici e con il gruppo dei pari, ma anche con il proprio corpo, devono essere inquadrati nella globalità di questa funzione evolutiva. Nel secondo capitolo, ho trattato il problema del setting descrivendo la sua struttura base, le regole e le violazioni alle quali si può andare incontro se si esce dai “binari teorici” che esso implica, includendo anche una descrizione del setting come dispositivo spaziale e temporale, nonché le sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche che rendono la sua funzione, sia per l’adulto che per l’adolescente, una condizione plurivalente. Lo scopo dell’incontro con l’adolescente non è descritto come uno svelamento delle fantasie inconsce nel senso di una loro segnalazione o interpretazione al paziente, ma come un’azione che serve a trovare delle formulazioni che coinvolgano la persona reale, consentendole di fare una nuova esperienza relazionale. L’incontro, allora, è descritto come una nuova occasione capace di riorganizzare gli elementi offerti dal racconto e dalle emozioni del paziente, che permette per questo l’ingresso di nuovi significati. Nel terzo capitolo il setting è trattato in modo più specifico per quanto riguarda le esigenze dell’adolescente; è descritto più in termini di contenimento o, meglio, come base dei processi di soggettivazione che l’adolescente sta mettendo in atto. Nell’adolescenza si presenta una frattura nello sviluppo dovuta all’impatto della pubertà sulla psiche, il tempo dell’analisi, allora, trova in questo ciclo vitale un carattere di urgenza, la sua tempesti9


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vità può essere determinante per un eventuale recupero di un futuro normale, perché la patologia che vive l’adolescente, affonda le radici in conflitti che riguardano un corpo sessualmente maturo, che presenta una vasta gamma di manifestazioni. Dunque la trattabilità nel setting dell’adolescente non diventa una questione diagnostica, intesa come momento di valutazione oggettiva che permette la rappresentazione di un percorso nella mente del terapeuta e neppure il momento della conclusione, perché dei dati altrettanto oggettivi forniscono degli indici di cambiamento interno-esterno (Massoni, 2000). L’adolescente sente il bisogno di differenziarsi, di acquisire un suo proprio pensiero, un suo statuto fisico e mentale. Tuttavia questo bisogno così naturale può anche avvalersi di strumenti non idonei come l’opposizione, che diventa una modalità di relazione coatta e ripetuta, tale da bloccare la strada della soggettivazione e indurre, al contrario, una chiusura narcisistica alimentata da un falso trionfo. Il setting psicoanalitico, allora, diverrà per l’adolescente un tempo di ripresa del processo di relazione e di soggettivazione, un percorso di riorganizzazione interna del giovane, dove sembra rompersi quell’assetto difensivo che si è scompensato solo superficialmente con la richiesta di aiuto, ma che all’interno blocca le strutture, impedendo il lavoro di ristrutturazione (Massoni, 2000). Mi è sembrato opportuno sottolineare un punto essenziale, cioè l’importanza di quando intervenire con un trattamento, quando si ha a che fare con un adolescente disturbato. Se sul piano psicologico è assodato che l’organizzazione sessuale definitiva si instaura verso la fine dell’adolescenza, una diagnosi ed un trattamento in questo periodo possono rivestire grande importanza ai fini di uno sviluppo futuro. L’estremo carattere di indefinitezza caratteristico dell’adolescenza, la sua complessità sia sul piano individuale che familiare, rendono ogni patologia estremamente articolata, e pertanto difficilmente affrontabile se si considera solo la componente individuale o 10


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solo la componente familiare. Non poteva quindi mancare un riferimento al ruolo che la famiglia svolge nella vita dell’adolescente e nel suo trattamento. Nel quarto capitolo ho cercato di mettere a confronto due identità, quella dei genitori e quella dell’adolescente, perché nella relazione che si viene a strutturare tra i due in questo periodo, si può assistere a dei cambiamenti a volte anche drastici, in tutte e due le direzioni. La relazione genitori-adolescenti è caratterizzata da una forte interdipendenza, questo è riscontrabile soprattutto per quanto riguarda l’influenza che la coppia parentale esercita sul figlio in analisi, essa può rivelarsi infatti dannosa per quanto riguarda il trattamento dello stesso; non è infrequente che l’adolescente abbandoni l’analisi dietro richiesta dei genitori che mal tollerano il cambiamento che questa ha provocato nel figlio. Mi è sembrato opportuno a questo punto trattare anche l’adolescenza dei genitori, di come essa è stata vissuta e superata, perché in base a questi dati si può avere una delucidazione maggiore per quanto riguarda il loro comportamento nei confronti del figlio in terapia. L’adolescenza ricopre un ruolo di grande importanza nella costruzione del processo di individuazione personale e per comprenderne meglio il processo ho ritenuto opportuno usare nel primo paragrafo del quarto capitolo un’ottica sistemico-relazionale che si è rivelata molto utile per descrivere i meccanismi che accompagnano e scandiscono lo sviluppo dell’adolescente, mettendo a fuoco l’interdipendenza tra i fattori cognitivi ed emotivi, attraverso cui si esprime proprio la soggettività dell’adolescente, ma anche tra i fattori relazionali, che ne costituiscono la matrice sociale. Vi è la necessità, secondo la teoria interazionista, di rielaborare non solo il concetto di comportamento dell’adolescente come una funzione congiunta di caratteristiche personali, di elementi di una determinata situazione, e di sviluppo individuale, ma come il risultato della continua e reciproca influenza di numerose e molteplici variabili: biologiche, culturali, relazionali e situazionali, sulle quali 11


L’ADOLESCENTE IN PSICOANALISI

la persona (bambino adolescente o adulto) esercita sempre la propria attività regolatrice e modificatrice. In questo modo i diversi eventi che caratterizzano l’età adolescenziale, come l’uscita dalla famiglia e la ricerca di nuovi rapporti, con i coetanei in primo luogo e con altre figure adulte, il desiderio di fare nuove e diversificate esperienze, e i tentativi di costruirsi nuovi valori per proseguire nel processo della soggettivazione, possono esser compresi solamente se non sono più attribuiti a fattori intrapsichici o a cause esterne. Cahn, nel 1998, ha individuato un filo conduttore da lui definito “soggettivazione”, capace di mantenere il discorso in un ambito rigorosamente psicoanalitico. “Questo indirizzo consente di cogliere quanto l’adolescenza dell’individuo può persistere nel Sé adulto, e quanto, di conseguenza, la psicoanalisi dell’adulto può attingere vantaggiosamente a quella dell’adolescenza. Il filo conduttore della soggettivazione è quello dell’interminabilità dello sviluppo del Sé, quando questo filo si dipana in analisi, fino a un certo punto è rivestito dalla tecnica, ma dove la tecnica finisce esso si prolunga come filo nudo, all’eterna ricerca del proprio Sé, nel paziente come nell’analista. Quindi attenti ai rischi della terminabilità, più che a quelli dell’interminabilità” (Novelletto, 2002). Nell’ultimo capitolo ho trattato ampiamente la questione della terminabilità/interminabilità del trattamento con l’adolescente, con riferimento anche ai casi di interruzioni premature e sospensioni dell’analisi, sia da parte dell’adolescente, sia da parte dello stesso analista. Nello stesso capitolo, infine, sono trattati i pericoli che potrebbero provocare una interruzione del trattamento, specie in un’età tanto delicata come quella dell’adolescenza, ed anche l’esperienza che un’analisi, sia essa completa o no, lascia nel vissuto dell’adolescente.

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LA CRISI ADOLESCENZIALE DAL PUNTO DI VISTA DELLA PSICOANALISI

L’ORGANIZZAZIONE SESSUALE DEFINITIVA La psicoanalisi si è inizialmente occupata poco dell’adolescenza, Freud stesso era convinto che la strutturazione della personalità avvenisse nei primi cinque anni di vita, e che l’adolescenza non fosse altro che la ricapitolazione delle esperienze infantili (Freud S. 1905). Freud usa poco il termine “adolescenza” e nello scritto “Tre saggi sulla teoria sessuale” (1905), presentando la sua teoria sul raggiungimento della maturità genitale e sul distacco dai genitori, si riferisce soprattutto alla pubertà quando parla di cambiamenti riferiti al corpo. A proposito dell’accenno di Freud ai cambiamenti che si verificano con l’avvento della pubertà, i Laufer (1984) aggiungono che la maturità sessuale fisica e la concomitante capacità fisica di procreare, attivano un processo che continuerà per tutta l’adolescenza. E’ un processo di sperimentazione, riorganizzazione ed integrazione dello sviluppo psicologico precedente, nel nuovo contesto della maturità sessuale fisica. Prima di questa, i desideri e le fantasie pre-puberali erano innocui e accettabili, ma dalla pubertà in poi gli stessi desideri e fantasie assumono un nuovo significato incestuoso (M. & E. Laufer, 1984). La normalità o la patologia vengono ora sperimentati come segni di maturità o patologia sessuale, scatenando conseguenti reazioni. Il corpo che fino alla pubertà era considerato come un portatore passivo di bisogni e desideri, diventa ora una forza attiva nel comportamento e nelle fantasie sessuali e aggressive. 13


L’ADOLESCENTE IN PSICOANALISI

La tesi dei Laufer (1984) credo possa essere sintetizzata in questo modo: sebbene la risoluzione dell’Edipo significhi la fissazione dell’identificazione sessuale principale e la definizione del nucleo dell’immagine corporea, solo durante l’adolescenza il contenuto dei desideri sessuali e le identificazioni edipiche si integrano in un’identità sessuale irreversibile. Durante l’adolescenza, infatti, i desideri edipici vengono messi alla prova in un contesto particolare, quello che per l’individuo è la nuova condizione di avere genitali maturi fisicamente, raggiungendo così una sorta di compromesso tra ciò che si desidera e ciò che non è consentito. Quest’ultima sarebbe una soluzione che, nell’ambito delle soluzioni della norma, servirebbe proprio a definire l’identità sessuale dell’individuo (M. & E. Laufer, 1984). In adolescenza, è significativo il ruolo centrale del corpo e del suo trasformarsi e di come tale processo, a livello psichico, assume importanza rispetto alla possibilità della sua stessa rappresentazione. Occorre inoltre riflettere sulle implicazioni dinamiche ed affettive che questa nuova rappresentazione del corpo comporta, sia per l'adolescente che per i suoi oggetti (Marchese ed altri, 2001). È nel corpo, che si inscrive la crisi dell'adolescente e delle sue rappresentazioni, e il conflitto che egli vive è circoscritto essenzialmente tra il desiderio di essere uguale ed essere diverso. La percezione e la rappresentazione del Sé corporeo è un elemento fondamentale dell'esame di realtà e il rapporto con la realtà è influenzato dal rapporto che abbiamo con il nostro corpo, poiché è con il rapporto col proprio corpo che si filtra l'esperienza vissuta (Marchese ed altri, 2001), infatti, la funzione principale evolutiva dell’adolescenza è l’instaurarsi dell’organizzazione sessuale definitiva; un’organizzazione che per quanto riguarda la rappresentazione del corpo, deve includere in questo periodo i genitali, ora sessualmente maturi. I vari compiti evolutivi dell’adolescenza (cambiamenti nelle rela14


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zioni con gli oggetti edipici e con i coetanei, ma anche con il proprio corpo), andrebbero inquadrati nella globalità di questa funzione evolutiva e non intesi come parti distinte da essa. Il modo con cui l’adolescente li affronta, ci permette di sapere se egli procede regolarmente verso l’età adulta oppure se è necessario un intervento terapeutico: “una volta instauratasi l’organizzazione sessuale definitiva, non è più possibile alcun tipo di compromesso interiore, quale poteva esistere in fasi precedenti dell’adolescenza. Quanto si riscontra successivamente nei giovani adulti, quanto meno nei loro disturbi patologici, è il risultato del processo evolutivo che ha avuto luogo nell’adolescenza” (M. & E. Laufer, 1984 pag.23). Se sul piano psicologico è assodato che l’organizzazione sessuale definitiva si instaura verso la fine dell’adolescenza, una diagnosi esatta e un trattamento durante l’adolescenza possono rivestire grande importanza ai fini del suo futuro. Alcuni autori, tra i quali Jeammet (1992) sostengono che in un’età come quella dell’adolescenza sia controindicato iniziare un trattamento analitico. Le considerazioni esposte dai Laufer invece, cercano di dimostrare il contrario, segnalando il trattamento in questa fase come “indicato ed urgente” (M.&E. Laufer, 1984 pag.38), specialmente se durante l’adolescenza il processo evolutivo ha subito gravi impedimenti a causa di conflitti interiorizzati. Inoltre è indicato come “urgente” perché si può ancora assecondare un progresso dello sviluppo ed aiutare l’adolescente ad integrare la sua funzione genitale, nella sua organizzazione sessuale definitiva. I Laufer (1984) affermano che è fondamentale individuare il momento per intervenire, perché è opportuno aspettare che il ragazzo riconosca che la patologia e il suo comportamento intralciano gravemente la sua vita, cioè quando inizia a capire che il bisogno di certe forme di azione o di messa in atto rappresentano nella sua vita un forte problema. E’ errato iniziare un trattamento se l’intervento non ha per l’adole15


L’ADOLESCENTE IN PSICOANALISI

scente un significato emotivo, pertanto il tutto deve avvenire quando egli può permettersi di utilizzare, anche se temporaneamente, l’analista come un Io ausiliario o un Super-Io ausiliario (Laufer, 1984). Dopo aver constatato che non esistono linee chiare e convergenti su decisioni come frequenza delle sedute, tipo di setting, ricorso al ricovero, coinvolgimento della famiglia e così via, la Laufer (E. Laufer, 2000 citata in Laniso, 2002) afferma che molto spesso lei stessa ha avuto bisogno di tempo per rendersi conto che la maggioranza degli adolescenti che andavano in consultazione presentavano gravi disturbi di personalità, e condotte a rischio, e che alcuni erano così malati da far dubitare che la psicoanalisi li potesse aiutare veramente. La Laufer si è progressivamente convinta che numerosi sintomi che caratterizzano i disturbi dell’adolescente costituiscano i segnali di un funzionamento psicotico, anche se non ancora organizzato in una psicosi conclamata, né in uno stato limite. Questo funzionamento psicotico le sembra il principale meccanismo di difesa contro la realtà del nuovo corpo sessuato e del suo potenziale funzionamento, cioè a dire, nell’adolescente disturbato lo sconvolgimento che consegue al cambiamento puberale promuove una messa in atto compulsiva dei fantasmi edipici e pre-edipici onnipotenti, caratteristici del periodo di latenza, che hanno lo scopo di negare le trasformazioni in atto e distruggere la realtà del corpo sessuato (Laniso, 2002). Tale processo si distingue dal processo di sviluppo normale, nel quale la rinuncia progressiva a tali fantasmi permette l’integrazione graduale del nuovo corpo sessuato e dei fantasmi legati all’immagine del corpo. Gli “agiti” messi in opera alla fine dell’adolescenza, come ad esempio l’automutilazione, i tentativi di suicidio, i disturbi alimentari, le tossicodipendenze o anche tendenze compulsive non apertamente autodistruttive, possono essere equiparati ad un processo psicotico che, se non trattato, può seriamente compromettere la capacità futura del giovane adulto di gestire la realtà esterna e il 16


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mondo degli oggetti esterni. Va comunque tenuto presente che i disturbi dell’adolescente fanno parte di un processo di sviluppo patologico e non costituiscono una categoria diagnostica specifica (Laniso, 2002). Anche Ladame e Catipovic parlano di rischio psicotico nell’adolescente quando si riferiscono allo stato traumatico dell’adolescente, infatti, nei casi in cui l’adolescente è abbastanza interessato a comprendere cosa gli sia successo e cosa gli succede dentro, ci sono difficoltà inerenti al trattamento che non sono evitabili, bisogna perciò trovare degli accorgimenti tecnici per sormontarle. Una di queste difficoltà per Catipovic, è la comparsa di un transfert psicotico: una volta superate le prime difficoltà, cioè quando si è stabilita una relazione con l’adolescente, può verificarsi un transfert psicotico quando il terzo scompare, quando cioè il terapeuta non rappresenta uno dei due genitori, ma diventa il genitore, cioè l’oggetto primario. La gestione del transfert psicotico richiede accorgimenti tecnici particolari, come la fiducia che ha l’analista di mantenere il riferimento ad un terzo, anche se il terzo è escluso dalla relazione con l’adolescente (Catipovic, 2000). Ladame (2000) ritiene che il rischio di transfert psicotico sia maggiore nel lavoro con gli adolescenti rispetto al lavoro con gli adulti. Il perché lo si trova nello stato traumatico dell’adolescente, il quale è messo in totale contatto con l’inconscio, senza possibilità di filtri o di mascheramenti. Il rischio di transfert psicotico non riguarda soltanto gli adolescenti malati, ma è inerente a tutto il lavoro psichico con l’adolescente, e il ruolo dell’analista consiste nel rendere l’adolescente capace di collocarsi nel presente, cioè aiutarlo a restare il più possibile nel proprio vissuto, affinché non cerchi di staccarsene ad ogni costo, creando un mondo onnipotente, nel quale continuare a esercitare il suo dominio e nel quale, se fallisse, si sentirebbe perfino spinto a uccidersi. 17


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Paradossalmente il lavoro dell’analista deve mirare a ristabilire una continuità con il passato, ma ciò è possibile solo attraverso una elaborazione del breakdown nel presente, cioè attraverso la sua riattualizzazione nel transfert (Laniso, 2002). D’altra parte E. Laufer invita a prendere in considerazione un altro elemento che l’esperienza clinica e alcuni fenomeni sociali segnalano spesso, cioè il carattere della violenza adolescenziale e la sua capacità di autodistruzione, che sono radicalmente diversi da quelli dell’infanzia. Le condotte aggressive, violente, che troviamo spesso nel bambino, si esprimono con crisi di collera da senso di impotenza di fronte a uno stato di disagio; in adolescenza queste condotte cambiano registro attraverso l’affermazione del loro potenziale omicida. L’adolescente è consapevole di tale violenza e la teme, ma se ne difende attraverso meccanismi di evitamento e di spostamento che lo portano ad assumere il proprio corpo come oggetto degli attacchi distruttivi. La Laufer stessa afferma che il riconoscimento di questi rischi reali che minacciano la vita dell’adolescente, induce spesso il terapeuta a prendere coscienza della sua impotenza, dimostrandogli l’incapacità di padroneggiare la violenza adolescenziale attraverso il solo strumento dell’interpretazione. Le turbe manifeste del comportamento e del funzionamento psichico durante l’adolescenza sono precedute da un breakdown evolutivo al momento della pubertà. Un’alterazione del genere compromette gravemente la funzione evolutiva dell’adolescente, l’instaurarsi cioè dell’identità sessuale definitiva dell’individuo (M. & E. Laufer, 1984). Il breakdown evolutivo nell’adolescenza è definito come il rifiuto inconscio del corpo sessuale e il concomitante sentimento di passività di fronte alle esigenze derivanti dal corpo, poiché avvenendo nella pubertà, le turbe possono impedire un’integrazione dell’immagine corporea durante l’adolescenza, dando l’avvio ad una probabile psicopatologia verso la fine dell’adolescenza, esprimendo l’angoscia 18


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o il panico dell’adolescente di trovarsi, all’improvviso, in possesso di un corpo sessualmente maturo. Gli effetti che deriveranno da questo breakdown, si possono rendere manifesti o immediatamente, alla pubertà, o più tardi, durante l’adolescenza. In particolare, nel primo caso essi possono esprimersi in vari modi: estraniamento dai coetanei, fobia scolare, diniego dei cambiamenti puberali e sforzi quasi consapevoli di riportare il corpo pubere allo stato pre-puberale, danni e lesioni al proprio corpo ecc. Nell’adolescenza inoltrata, invece, il breakdown si evidenzia nei tentativi di suicidio, nell’omosessualità, nell’assunzione di droga o nella tossicodipendenza (M. & E. Laufer, 1984). “A differenza del bambino o dell’adulto, l’adolescente vive il proprio corpo come una dimostrazione costante di qualcosa che lo sommerge di fantasie ed emozioni penose o paurose, come una costante prova del proprio cedimento o della propria resa passiva”, (M. & E. Laufer, 1984 pag.41) avendo così l’impressione di essersi piegato ad un tipo di esigenza d’ordine regressivo. Quale che sia il significato che una qualsiasi di queste possibilità riveste per l’adolescente al momento del breakdown evolutivo, esso ha un nesso diretto con la reazione del ragazzo/a nella necessità di separare il proprio corpo dagli oggetti incestuosi e dal passato edipico, e di differenziarlo come maschile o femminile. Infatti, sebbene le premesse della differenziazione maschile o femminile si stabiliscano nel periodo edipico e vengano messe alla prova per tutto il periodo di latenza, l’adolescente instaura l’immagine di Sé come maschio o femmina in modo definitivo, solo alla fine dell’adolescenza (M. & E. Laufer, 1984).

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LA CRISI ADOLESCENZIALE Dopo lo stato di “quiete”, caratteristico della latenza, subentra la pubertà, che porta con sé, anche bruscamente, una riorganizzazione psichica accompagnata da inquietudini che riguardano la propria identità e danno una "scossa" alle identificazioni precedenti. La preadolescenza introduce e segnala una serie di cambiamenti che riguardano differenti aree, tra le quali: • • • •

Le trasformazioni corporee e dello sviluppo sessuale che influenzano la percezione di sé e degli altri I cambiamenti affettivi dovuti ad un progressivo distacco dalle figure di attaccamento I cambiamenti cognitivi dovuti al subentrare di un funzionamento mentale più maturo, quale quello del pensiero formale, che permette di riflettere sui propri processi mentali La ricerca di un gruppo di pari, che serve a svolgere un ruolo decisivo proprio in questa prima fase dell’adolescenza (Tambelli, 1999).

E’ interessante osservare come i complessi cambiamenti che si avviano già nel preadolescente possono influenzare specificamente l’organizzazione dei modelli di relazione familiare. Anche gli oggetti della fantasia infantile sono rimpiazzati da oggetti della realtà; i genitori precedentemente idealizzati, sono gradualmente sostituiti dal gruppo dei coetanei. Il distacco dal modo infantile di vedere la realtà è avvertito in maniera concreta, come se questo servisse a rendere l’adolescente libero da qualcosa che lo tiene legato al passato, con il dubbio e l’incertezza che la dipendenza affettiva e morale dai genitori viene profondamente incrinata (Tambelli, 1999). Come la prospettiva psicoanalitica ha sottolineato, le dinamiche intrapsichiche della fase preadolescenziale evidenziano l’aspetto di conflittualità nella relazione tra genitori-figli in relazione al pro20


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cesso di disinvestimento degli oggetti d’amore, reso più intenso dalle spinte sessuali della pubertà e dalle conseguenti emozioni e comportamenti ad essa collegati (A. Freud, 1936 citata in: Tambelli R., 1999). Le teorie sistemico-relazionali, invece, hanno esteso gli studi all’interno di un quadro più ampio, infatti hanno considerato la pubertà nei suoi aspetti regolativo-comportamentali, soffermando l’attenzione sulle dinamiche e sulle risposte adattive del sistema familiare al cambiamento indotto dalla crescita del figlio, enfatizzando il tema dello svincolo emozionale, affettivo e fisico del giovane nella famiglia (Tambelli, 1999). L’estremo carattere di indefinitezza dell’adolescenza, la sua complessità e transitorietà sia sul piano individuale che familiare, rendono la patologia che insorge in questa fase estremamente articolata e pertanto difficilmente affrontabile se si considera solo la componente individuale o solo quella familiare (Ferraris, Nicolò, 1991). Tuttavia la patologia che insorge in questa fase, non presentando nella maggior parte dei casi un carattere strutturato e di cronicità, può evolvere in una situazione in cui il sintomo acquista un significato evolutivo. Ad esempio, i tentativi di suicidio in questa fase, se adeguatamente collocati in una visione che contemporaneamente coinvolge tutti gli aspetti del problema, possono considerarsi come tragici acting out che possono rientrare, proseguendo poi l’adolescente nel suo sviluppo normale, oppure si possono strutturare in una condizione di grave patologia (Ferraris, Nicolò, 1991). Comunque sia, potrebbe rivelarsi estremamente dannoso formulare diagnosi categoriche in questo periodo della vita così diverso da ogni altro, dove tutto è ancora in discussione. L'adolescenza si distingue dalla pubertà, perché non è un fenomeno biologico, ma una realtà prevalentemente culturale e quindi soggetta a tutte le trasformazioni legate al volgere della storia e al mutare dei costumi (Longo, 2001). L’adolescente avverte la tensione dovuta alla trasformazione di 21


L’ADOLESCENTE IN PSICOANALISI

tutto quello che accade dentro e fuori di lui, e di conseguenza, percepisce dentro di sé la compresenza conflittuale di varie componenti, tra le quali troviamo le nuove scoperte, e le esigenze adulte, frammiste ai bisogni e desideri ancora infantili. Il divenire adulti significa proseguire quel processo di costruzione dell’identità individuale iniziato fin dalla primissima infanzia, acquisendo una chiave di lettura della realtà che permetta la piena realizzazione di sé e la capacità di relazionarsi con gli altri, ma significa anche acquisire nuove conoscenze sociali relative ai ruoli e posizioni che si andranno a ricoprire. Il percorso che l’adolescente deve perseguire per entrare nel mondo adulto è caratterizzato, dunque, da cambiamenti che interessano tutti gli aspetti della vita e che coinvolgono in un processo di co-individuazione tutti i membri del sistema famigliare (Vicini, Gatti, 1999). L’adolescente si trova a dover gestire una situazione paradossale, in cui considera ciò che lo dovrebbe portare verso una maturità psicologica, come un qualcosa che invece lo intimorisce e lo porta indietro nel tempo; per sua natura egli rifiuta di retrocedere con il comportamento e con il modo di pensare al tempo dell’infanzia, dove predominava la dipendenza dai genitori, perché ora necessita di trovare un senso di indipendenza, proprio da quelle persone che fino a questo momento si sono occupate di lui Capita, a volte, che questo ritorno ad uno stato di dipendenza si rende necessario, anche se per un tempo variabile. I passi indietro sono necessari per prendere la rincorsa e superare gli ostacoli che gli si pongono davanti. Queste situazioni paradossali sono state descritte anche da Meltzer (1979), quando parla di crisi d’identità adolescenziale. Egli mette in luce come il comportamento dell’adolescente si muova, alla ricerca della stabilità, in quattro direzioni: 1. indietro, verso l’esser bambino. 2. avanti, verso l’esser adulto . 3. all’interno, nel mondo dei coetanei. 22


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4. all’esterno, in posizione d’isolamento. L'adolescenza occupa uno spazio-tempo di transizione, animato dal fluire di movimenti di trasformazioni, di metamorfosi, crisi, e ciò pone tale ciclo vitale come uno dei più creativi della vita. D. Meltzer (1979) parla di un mondo adolescenziale abitato da una moltitudine di eventi felici e infelici, compreso tra l'instabilità del periodo di latenza e la vita adulta e tale instabilità si gioca nella dialettica tra mondo interno e mondo esterno ed è pertanto un'età essenzialmente mentale. Il trauma adolescenziale è considerato come il prodotto di un’esperienza traumatica originale, rappresentata per Freud dal tentativo del soggetto di elaborare, padroneggiare e sbarazzarsi a posteriori delle masse di stimoli che hanno fatto irruzione nell’apparato psichico, attraverso lo scudo protettivo dell’Io, per trasformare l’angoscia che ne deriva (Biondo, 2001). In adolescenza, il ragazzo diventa consapevole degli affetti alternanti e distruttivi del legame collusivo con la madre, favorendo una reazione di drammatico rifiuto della stessa e di tutti gli investimenti di cui essa l’aveva fatto oggetto in passato, con la conseguenza che l’integrazione della sua personalità comincia a divenire difficile. La specificità dell’adolescenza consisterà quindi nel rimettere in gioco, per necessità, l’articolazione fra gli investimenti narcisistici e quelli oggettuali (Laniso, 2002) e se dovrà esserci, la richiesta di aiuto al terapeuta non arriverà quasi mai dal ragazzo stesso, piuttosto è una scelta dei genitori, parenti, o insegnanti dell’adolescente. Questi hanno trovato in lui dei comportamenti aggressivi, depressivi o bizzarri, tali da richiedere un intervento esterno, come quello terapeutico, anche se è da ritenersi naturale che egli metta in gioco delle condotte, dei comportamenti volti a gestire e a controllare la relazione con se stesso e con i suoi oggetti d’investimento. L’Io dell’adolescente è in una situazione di vulnerabilità particolare, perché è già organizzato per avere coscienza della sua autonomia, ma è ancora paralizzato a causa dell’assenza di maturità, 23


L’ADOLESCENTE IN PSICOANALISI

infatti deve fronteggiare una mobilitazione eccezionale dei desideri, spesso contraddittori, quindi misurarsi con una ambivalenza nuova e difficile da tollerare: desideri sessuali per oggetti nuovi che però riattualizzano la situazione edipica; desideri di autonomia, di affermazione di sé, ma anche di regressione verso legami e affetti dell’infanzia. Il trauma adolescenziale, per molti autori, non trova contenimento all’interno di un setting psicoanalitico classico e la figura del terapeuta sovente risulta invasiva per l’adolescente, che può dar luogo a pericolose interruzioni dell’analisi. In seguito, spesso, si assiste ad una ripresa del trattamento, proprio da parte di quei ragazzi che nella loro adolescenza erano stati sottoposti ad analisi e che poi, per qualche motivo, hanno interrotto (Miller, 1990). Alcuni autori hanno trovato anche interessanti analogie tra la situazione analitica e l’ambivalenza adolescenziale dopotutto il setting sta a rappresentare il divieto paterno (il non agire, sottomettersi), mentre la regola fondamentale, con il suo dire tutto, rappresenta invece l’aspetto materno accogliente (Novelletto, 2001). Questa riattivazione dei desideri e dei divieti, Novelletto la trova propria della adolescenza e anche il transfert sull’analista, con la concentrazione su di lui delle pulsioni e dei conflitti, non ha forse un’evidente analogia con il ruolo eccitante e allo stesso tempo inibitore che gli oggetti genitoriali reali assumono in adolescenza? (Novelletto, 2001). In questa fase i genitori si trovano ad affrontare un compito gravoso come quello di doversi rapportare nel modo più autentico possibile e creativo con l’adolescente che si sta formando, il quale, per forgiare la sua personalità, ha bisogno non solo di libertà e fiducia, ma anche di figure genitoriali che gli garantiscano solidarietà ed appartenenza (Malagoli, 1996). Sebbene il conflitto che si instaura tra adolescente e genitore sia spesso considerato un indicatore di incompatibilità, ci sono prove che può anche avere una funzione costruttiva quando ha luogo in 24


RICERCHE E CONTRIBUTI IN PSICOLOGIA

condizioni intersoggettive di confidenza ed intimità (Cicognani, Zani, 1999). E’ emerso che le modalità con cui i membri della famiglia esprimono il loro disaccordo con gli altri, sono predittive delle capacità di adattamento e delle abilità relazionali degli adolescenti. In tali relazioni l’adolescente può ascoltare, prendere in considerazione ed integrare diversi punti di vista; le decisioni vengono prese attraverso negoziazioni, più che a seguito di imposizioni unilaterali da parte di un genitore o nell’indifferenza apparente. Quando invece il conflitto familiare è ostile, incoerente e con un’escalation di intensità, i figli si sentono trascurati ed evitano l’interazione con i genitori. Ciò che è importante è allora vedere se il conflitto ha luogo o no in un contesto di coesione relazionale, per cui occorre considerare i diversi modi o stili in cui il conflitto viene espresso e gestito per definire i possibili esiti di situazioni conflittuali (Cicognani, Zani, 1999). La parola crisi è intesa, allora, come separazione e come scelta all’interno di un percorso evolutivo, dove ogni tappa implica una lacerazione spesso dolorosa rispetto alla precedente ed una ridefinizione delle relazioni intra ed extra familiari, per consentire alla famiglia di organizzarsi in un nuovo assetto maggiormente funzionale. Ciò è reso possibile se il sistema famigliare ha la flessibile capacità di tollerare una disorganizzazione temporanea in attesa di una nuova stabilità (Ferraris, Nicolò, 1991).

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