La Consulenza Tecnica di Parte in ambito clinico-forense

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Fabio Marcheselli

La Consulenza Tecnica di Parte in ambito clinico-forense Pratica, metodologia, formazione

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Prima Edizione: 2018 ISBN 9788899566142 © 2018 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di aprile 2018 in Italia da Services4media Srl Bari (BA) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl) Edizioni Psiconline © 2018 - Riproduzione vietata


INDICE

Presentazioni Avv. Giuliano Berti Arnoaldi Veli Dr. Aldo Resta

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Introduzione

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PARTE GENERALE Capitolo 1- Aspetti generali, giuridici e procedurali 1.1. L’esperto nel diritto 1.2. Il sistema giudiziario italiano 1.3. Definizione degli Istituti, dei ruoli e dei compiti 1.3.1. La perizia 1.3.2. La consulenza tecnica 1.3.3. La consulenza tecnica di parte 1.3.4. Differenze degli Istituti in ambito penale e civile 1.3.5. Differenze tra i ruoli degli esperti 1.4. Aspetti normativi 1.4.1. Estratto del codice di procedura penale 1.4.2. Estratto del codice di procedura civile 1.5. Etica e deontologia

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Capitolo 2 - Aspetti relazionali 2.1. L’importanza della buona comunicazione

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2.2. Il rapporto con l’Avvocato 2.2.1. L’Avvocato manipolatorio 2.2.2. L’Avvocato sonnecchiante 2.2.3. L’Avvocato lungimirante 2.2.4. L’Avvocato furbo 2.2.5. L’onorario 2.3. Il rapporto con il cliente 2.3.1. Tipologie di clienti 2.3.2. Informare il cliente 2.3.3. Il segreto professionale 2.3.4. Obblighi nei confronti del cliente 2.3.5. L’onorario 2.4. Il rapporto con il giudice 2.4.1. Il giudice diffidente 2.4.2. Il giudice confuso 2.4.3. Il giudice indispettito 2.5. Il rapporto con i mass media 2.6. Il rapporto con i familiari di eventuali vittime 2.7. Il rapporto con gli altri colleghi 2.7.1. I colleghi che ne fanno una questione personale 2.7.2. I colleghi che ti considerano privo di coscienza 2.7.3. Il rispetto dei colleghi 2.8. Il rapporto con se stessi

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PARTE SPECIFICA Capitolo 3 - Aspetti pratici nella consulenza tecnica di parte in ambito penale 3.1. Il primo contatto 3.2. Partecipare alla formulazione del quesito 3.3. Conoscere il perito 3.4. La pratica nella consulenza tecnica di parte 3.4.1. Analisi del quesito 6

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3.4.2. Analisi degli atti 3.4.3. Programmazione del calendario peritale 3.4.4. Verbalizzazione delle operazioni peritali 3.4.5. Avanzare le proprie richieste 3.4.6. Procedure peritali 3.4.7. Rapportarsi con l’ausiliario del perito 3.4.8. L’escussione del perito 3.5. Conclusioni Capitolo 4 - Aspetti pratici nella consulenza tecnica di parte in ambito civile 4.1. In tema di danno 4.1.1. Consenso informato 4.1.2. Quantificazione del danno 4.1.3. Simulazione 4.1.4. Aspetti pratici 4.1.5. La valutazione del danno in età evolutiva 4.2. In tema di valutazione delle capacità genitoriali e di affidamento 4.2.1. L’accettazione dell’incarico 4.2.2. Dissimulazione 4.2.3. La sindrome da alienazione genitoriale 4.2.4. Aspetti pratici 4.3. In tema di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno 4.3.1. Aspetti pratici Capitolo 5 - Buone prassi nella scelta e utilizzo di strumenti psicodiagnostici 5.1. Considerazioni generali 5.2. Considerazioni sull’utilizzo di strumenti psicodiagnostici in età evolutiva nella pratica clinico forense 5.3. I test maggiormente utilizzati in ambito peritale 5.4. I test proiettivi 5.4.1. Rorschach Edizioni Psiconline © 2018 - Riproduzione vietata

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5.4.2. TAT e CAT 5.4.3. Test grafici 5.4.4. Blacky Pictures 5.4.5. Favole della Duss 5.4.6. PFS 5.5. Inventari di personalità 5.5.1. MMPI-II 5.6. Test di intelligenza 5.6.1. WAIS e WISC 5.6.2. Matrici di Raven 5.7. Strumenti psicopatologici clinici 5.7.1. SCID I e II e SCID-5 5.7.2. BDI II 5.8. Altri strumenti utilizzati in ambito clinico forense 5.8.1. LTP (Lausanne Trilogue Play) 5.8.2. PSI 5.8.3. AAI 5.8.4. MMSE 5.8.5. ADL e IADL 5.9. Conclusioni

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Capitolo 6 - Principali errori nelle Perizie e CTU 6.1. Errori metodologici 6.1.1. Non comunicare l’inizio delle operazioni peritali 6.1.2. Non aderire al quesito 6.1.3. Assenza di metodologia ed epistemologia 6.1.4. Analisi degli atti incompleta 6.1.5. Operazioni peritali incomplete 6.1.6. Mancata segnalazione al Tribunale 6.1.7. Non verificare le informazioni fornite dalle parti 6.1.8. Mancata discussione del caso con i consulenti 6.1.9. Stesura dell’elaborato peritale non completa

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6.2. Errori procedurali 6.2.1. Confusione tra ruolo terapeutico e processuale 6.2.2. Uso non corretto dei test proiettivi 6.2.3. Non considerare ipotesi alternative 6.2.4. Non intervistare il presunto abusante 6.3. Errori di tipo cognitivo 6.3.1. Tendenza al verificazionismo 6.3.2. Sopravvalutazione del significato simbolico 6.3.3. Euristica della disponibilità 6.3.4. Perseveranza nella credenza 6.4. Errori legati a una scarsa formazione 6.4.1. Applicazione errata di strumenti 6.4.2. Scarsa conoscenza della propria disciplina 6.5. Errori legati a una carente etica e deontologia 6.5.1. Comportamenti non rispettosi 6.5.2. Dichiarare il falso 6.5.3. Utilizzare progetti sperimentali 6.5.4. Non esplicitare le caratteristiche del proprio mandato 6.6. Errori multifattoriali 6.6.1. Sostituirsi al giudice 6.6.2. Cedere alla tentazione dell’autoreferenzialità 6.6.3. Non fornire il materiale accertato 6.6.4. Carente disponibilità nel discutere le conclusioni 6.6.5. Imporre le proprie idee ai collaboratori 6.6.6. Non utilizzare prove psicodiagnostiche 6.6.7. Effettuare diagnosi esclusivamente sui test 6.6.8. Esercitare suggestioni 6.6.9. Non effettuare l’anamnesi farmacologica 6.6.10. Non ricostruire la storia clinica del periziando 6.6.11. Effettuare colloqui troppo lunghi

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6.6.12. Distorsione del setting di consulenza Capitolo 7 - La stesura della relazione tecnica di parte 7.1. In tema di capacità di intendere e volere 7.1.1. L’incarico 7.1.2. Il quesito 7.1.3. L’analisi del quesito 7.1.4. La metodologia 7.1.5. Circostanze di fatto 7.1.6. Considerazioni sulla perizia 7.1.7. Valutazioni cliniche 7.1.8. Considerazioni e discussioni 7.1.9. Conclusioni 7.2. In tema di presunto abuso sessuale a danno di minori 7.2.1. L’incarico 7.2.2. Il quesito 7.2.3. Analisi del quesito 7.2.4. Metodologia 7.2.5. Esame degli atti 7.2.6. Considerazioni sulla perizia 7.2.7. Discussioni 7.2.8. Conclusioni 7.3. In tema di danno 7.3.1. L’incarico 7.3.2. Metodologia 7.3.3. Esame degli atti 7.3.4. Circostanze di fatto 7.3.5. Anamnesi 7.3.6. Colloqui 7.3.7. Psicodiagnosi 7.3.8. Considerazioni cliniche e forensi 7.3.9. Conclusioni 7.4. In tema di valutazione della genitorialità 10

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7.4.1. L’incarico 7.4.2. Metodologia 7.4.3. Analisi degli atti 7.4.4. Colloqui peritali 7.4.5. Osservazione del rapporto genitore-figlio 7.4.6. Esame psicodiagnostico 7.4.7. Considerazioni sulla CTU 7.4.8. Conclusioni 7.5. In tema di interdizione, inabilitazione e amministratore di sostegno 7.5.1. L’incarico 7.5.2. Il quesito 7.5.3. Metodologia 7.5.4. Esame degli atti 7.5.5. Colloqui clinici 7.5.6. Considerazioni in merito all’esame psicodiagnostico 7.5.7. Considerazioni cliniche e forensi 7.5.8. Conclusioni e risposta ai quesiti 7.6. Raccomandazioni pratiche

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Capitolo 8 - Possibili errori nelle CTP 8.1. Aspetti generali 8.1.1. Formazione professionale limitata 8.1.2. Scarsa professionalità 8.1.3. Accettare un caso compromettente 8.1.4. Non separare l’aspetto professionale da quello personale 8.2. Durante l’espletamento dell’accertamento peritale 8.2.1. Approfittarsi della situazione 8.2.2. Non informare il cliente 8.2.3. Non assistere alla formulazione del quesito 8.2.4. Non presenziare le operazioni peritali 8.2.5. Non chiedere di verbalizzare le richieste

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8.2.6. Esprimere pareri privi di fondatezza clinico forense 8.2.7. Offendere il perito 8.2.8. Non tutelare l’interesse del minore 8.2.9. Sostituirsi all’avvocato 8.2.10. Mancata collaborazione con l’avvocato 8.2.11. Inadempienza del contratto 8.2.12. Consulenza infedele 8.2.13. Frode processuale 8.2.14. Violare il segreto professionale 8.2.15. Il CTP sospeso 8.3. In Tribunale 8.3.1. Mancato rispetto delle regole formali 8.3.2. Assenza di sinergie durante l’esame diretto con l’avvocato 8.3.3. Preparazione della documentazione 8.3.4. Conoscere i limiti delle propria professione e della propria competenza

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Appendici - Codice deontologico degli psicologi italiani - Estratto del codice di deontologia medica - Linee guida per lo psicologo giuridico in ambito civile e penale - Carta di Noto IV (ottobre 2017). Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale - Protocollo di Milano (2012). Linee guida per la consulenza tecnica in materia di affidamento dei figli a seguito di separazione dei genitori

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Bibliografia

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PRESENTAZIONI

Siamo nell’ambito del processo, civile o penale che sia. C’è il giudice, ci sono gli avvocati, che hanno una base di conoscenze ed una formazione comune di studi di giurisprudenza. E tuttavia sapere le leggi non sempre è sufficiente a risolvere un caso. Occorrono a volte conoscenze ulteriori, competenze specifiche, che presuppongono studi specialistici ed esperienze diversificate, che non si possono pretendere da un giurista. Ecco allora che il legislatore ha previsto, in tali casi, la possibilità per il giudice di avvalersi di un soggetto dotato di competenze nella materia specifica. È un supporto necessario che occorre nel processo, per consentire al giudice di vedere la questione nei suoi esatti termini. Efficacemente Calamandrei ebbe a definire il consulente d’ufficio come “gli occhiali del giudice”: che gli consentono di vedere oltre il suo campo visivo di giurista. Ecco perché la legge dà al giudice il potere di nominare un proprio ausiliario (che nella pratica vien chiamato CTU, cioè consulente tecnico d’ufficio). E poiché siamo sempre nell’ambito del processo, il CTU dovrà muoversi entro i limiti ben precisi fissati dalla legge processuale. Volendo fissare sinteticamente i punti principali, diremo che nella consulenza in giudizio bisogna tener presenti i seguenti principi basilari: 1. Il C.T.U. non è il giudice Per quanto possa parere ovvio, è da questo principio basilare che si deve partire. Il C.T.U. non è colui che giudica in ultima

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analisi, ma è l’ausiliario del giudice, che deve portare a quest’ultimo ausilio nello accertamento di fatti per i quali occorre una conoscenza specifica che il giudice non ha. Da questo principio derivano conseguenze rilevanti. Il c.t.u. deve innanzitutto fare quello che il giudice gli chiede (rispondere al quesito). Se più ipotesi plausibili gli si prospettano dinnanzi, deve nei limiti del possibile svilupparle tutte, certamente libero di esprimere il suo personale avviso a favore dell’una o dell’altra, ma sempre ricordando che chi deve prendere la decisione finale non è lui ma il giudice, e che il suo lavoro ha come scopo non quello di decidere, ma di mettere un altro nelle condizioni di decidere a ragion veduta. 2. La consulenza è un giudizio Il secondo principio è apparentemente contraddittorio con quello che precede. Se il c.t.u. non può giudicare, come può la consulenza consistere in un giudizio? In realtà, la consulenza è la integrazione tecnica di un giudizio; o più chiaramente, secondo una celebre definizione del Franchi, “la dichiarazione disinteressata di un soggetto diverso dal giudice, con la quale si pone quest’ultimo in grado di valutare gli elementi di giudizio raccolti per la decisione”. La consulenza è un mezzo particolare, che tiene un po’ del giudizio (ma dimezzato, perché il c.t.u. non ha il potere di giudicare) e un po’ della testimonianza (ma il c.t.u. non è testimone, almeno secondo il nostro ordinamento, nel quale è principio basilare che il testimone può riferire fatti, ma non esprimere opinioni). 3. La consulenza non è un oracolo È vero che il c.t.u. fornisce giudizi tecnici sulla base di nozioni specialistiche. Ma il suo giudizio deve essere motivato: e motivato bene, perché deve dimostrare il procedimento logico che porta al giudizio finale, che potrà poi essere condiviso dal giudice, ma solo se anch’egli se ne convinca. Non esiste una perizia a scatola chiusa. 14

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4. La consulenza deve essere svolta in contraddittorio Questo principio è fondamentale, e se non è rispettato rende inutilizzabile la consulenza. Ricordiamo che uno dei principi fondamentali del processo è quello del contraddittorio. Le parti nello svolgimento della perizia hanno diritto di farsi difendere tecnicamente da consulenti di parte. Il c.t.u. non può fare il suo lavoro clandestinamente, anche se magari farebbe prima: ma deve convocare e sentire effettivamente quello che hanno da dire i consulenti di parte, prima di rendere la sua perizia. La necessità del contraddittorio è una delle esplicazioni del diritto di difesa, che è uno dei principi costituzionali fondamentali, e va rispettato anche facendo la consulenza tecnica. 5. Il C.T.U. deve essere imparziale Il codice di procedura civile prevede (art. 63) che il c.t.u. possa essere ricusato per i motivi indicati nell’art. 51. L’art. 51 è quello che disciplina i casi dell’astensione del giudice: astensione necessaria, e astensione facoltativa. L’astensione è necessaria in casi ben predeterminati; è facoltativa quando sussistono altre gravi ragioni di convenienza, che suggeriscono l’opportunità per il giudice di astenersi. Ebbene, per il c.t.u. la disciplina della ricusazione è ancora più rigida che per il giudice: giacché egli può essere ricusato in tutte le ipotesi di cui all’art. 51, e cioè sia nelle ipotesi di astensione necessaria, sia se sussistano gravi ragioni di convenienza (mentre in quest’ultimo caso il giudice può chiedere di astenersi, ma non può essere ricusato). Insomma, il c.t.u. deve essere imparziale al massimo grado. 6. Il C.T.U. deve essere competente Anche se l’art. 63 del c.p.c. dice, al primo comma, che il c.t.u., se è scelto tra gli iscritti ad un albo, è obbligato ad accettare l’incarico, lo stesso articolo aggiunge poi subito: “tranne che il giudice riconosca che sussiste un giusto motivo di astensione”. Giusto motivo di astensione è certamente uno qualsiasi dei Edizioni Psiconline © 2018 - Riproduzione vietata

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motivi che legittimerebbero la ricusazione. Ma giusto motivo, probabilmente il più frequente, è quello di non essere competente nella materia di cui si tratta in causa. Se un consulente non si intende, da specialista e non da orecchiante, della materia nella quale è chiamato a dare un parare da esperto, non deve accettare l’incarico. Non c’è nulla di male a non essere tuttologi; c’è di male, e parecchio, a gabellarsi per esperti quando non lo si è. Anche perché, per gli iscritti agli albi professionali, la mancanza di competenza costituisce pure una violazione deontologica, che può e anzi deve essere perseguita dall’organo disciplinare. 7. Il C.T.U. è responsabile del suo operato La consulenza non è cosa da prendere alla leggera. Dice l’art. 64 del solito c.p.c. che al consulente si applicano le disposizioni del codice penale relative ai periti; ma che in più il c.t.u. che incorre in colpa grave nello svolgimento dell’incarico affidatogli è punito con l’arresto fino ad un anno, o con l’ammenda fino a venti milioni; e in ogni caso è tenuto al risarcimento del danno a favore delle parti. 8. Il consulente di parte è l’avvocato tecnico della parte Nello svolgimento della consulenza si riproduce la meccanica del processo, in sedicesimo: al posto del giudice sta il c.t.u., al posto degli avvocati ci sono i periti di parte. Dunque, il perito di parte è l’avvocato della parte nella consulenza: il suo ruolo è quello di sottolineare al c.t.u. le ragioni del cliente, in modo che il c.t.u. ne tenga conto. Il suo compito non è quello di scrivere delle belle memorie tecniche ad uso del giudice o degli avvocati, o peggio ancora del cliente: ma quello di convincere il c.t.u. della bontà delle sue tesi. Se ci riesce, ha svolto egregiamente il suo compito, anche se in ipotesi non ha scritto neppure una riga. Ecco dunque l’importanza del ruolo del consulente tecnico di parte, che è appunto il portatore dell’interesse di una parte nell’ambito della consulenza. È un ruolo delicato, che non si improvvisa, che richiede la medesima preparazione e competenza 16

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richieste al c.t.u., con il quale deve misurarsi alla pari. Il consulente tecnico di parte deve sapere tecnicamente tutto quello che sa il c.t.u., e deve conoscere nel dettaglio le modalità giuridiche con le quali si svolge la consulenza, affinché nessun aspetto rilevante venga trascurato, e il giudice che alla fine si pronuncerà possa disporre di occhiali messi a fuoco. Il libro di Fabio Marcheselli si presta ottimamente ad essere di supporto a coloro che si accingono a svolgere incarichi di consulente di parte. È un libro per pratici, scritto da un pratico, frutto di anni di esperienze concrete, che l’autore ha voluto opportunamente mettere a disposizione degli utenti della giustizia. Avv. Giuliano Berti Arnoaldi Veli

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Scienza, diritto e processo. Il contatto, confronto, a volte contrasto fra sapere scientifico e sapere giuridico è oramai una costante dei procedimenti giudiziari, civili e penali, un’esperienza quotidiana per gli operatori del diritto ed i soggetti coinvolti, a vario titolo, nel processo. Le nuove tecnologie, le nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche, le nuove scoperte entrano nella vita quotidiana modificando usi, abitudini e consumi ed entrano nel mondo giuridico modificando istituti giuridici tradizionali e “creando” nuovi istituti giuridici, sostanziali e processuali. La prova scientifica ed il contraddittorio tecnico sulla prova scientifica, oggi, sono una parte fondamentale della vicenda processuale. La consulenza tecnica di parte è, oggi, di conseguenza, anch’essa una parte fondamentale della vicenda processuale. Il contraddittorio è per le parti, in sede istruttoria, partecipazione effettiva e concreta alla formazione dialettica della prova e, nel caso di prova scientifica, il contraddittorio tecnico-scientifico è la partecipazione effettiva e concreta alla formazione della prova scientifica mediante i propri consulenti di parte ed in posizione dialettica con il consulente-perito d’ufficio. Il contraddittorio è per il giudice, in sede di decisione, l’analisi delle diverse ipotesi ricostruttive della fattispecie proposte dalle parti in sede istruttoria con la individuazione, allegazione e dimostrazione di ipotesi alternative rispetto all’ipotesi del consulente-perito d’ufficio, con l’insinuazione del dubbio e della Edizioni Psiconline © 2018 - Riproduzione vietata

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alternativa convincente. Quindi, il contributo della consulenza tecnica di parte, non è solo un contributo, appunto, “di parte” e parziale, di supporto alla tesi difensiva od accusatoria, ma è anche un contributo cognitivo funzionale ed essenziale alla ricostruzione della fattispecie concreta oggetto del processo e, in ultima analisi, alla individuazione della soluzione più corretta e convincente del processo stesso. Se, difatti, il consulente di parte non è un pubblico ufficiale, e, quindi, la fonte dell’obbligazione professionale da lui assunta è da ricercarsi nel contratto (di diritto privato) di prestazione d’opera intellettuale stipulato con la parte del processo è parimenti vero che, comunque, l’opera del consulente tecnico di parte s’innesta nell’attività giuridica, e tale opera deve, pertanto, soddisfare le esigenze giuridiche attinenti al caso in esame nel rispetto della verità scientifica contribuendo, in posizione dialettica rispetto al consulente- perito d’ufficio, alla formazione della fonte tecnica del convincimento del giudice al fine della decisione nel merito . La realizzazione del principio judex peritus peritorum necessita, dunque, di un consulente tecnico di parte professionalmente capace e preparato, anche con riguardo alle dinamiche processuali e, soprattutto, anche consapevole del proprio contributo alla piena esplicazione del principio del contraddittorio ed alla formazione del convincimento tecnico del giudice perché, come insegna la dottrina processualistica, “le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio sono seguite dal giudice non per obbligo giuridico, ma solo se il giudice le ritiene convincenti. Se al giudice si portano argomenti sufficienti per convincerlo dell’erroneità delle conclusioni del c.t.u., il giudice non solo può, ma deve disattendere le risultanze del consulente tecnico che egli ha nominato” . Finalmente un manuale specifico e dedicato alla consulenza tecnica di parte all’interno del quale ogni consulente tecnico di parte può rinvenire una guida concreta, pratica, efficace e completa rispetto a tutte le fasi della propria opera ed a relativi aspetti normativi, procedimentali e relazionali (di estrema utilità il capi20

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tolo relativo ai rapporti con l’avvocato, il cliente, la controparte tecnica, il consulente-perito d’ufficio, il giudice) ed al fine del più corretto ed efficace svolgimento della propria attività “di parte” ma, anche e soprattutto, di supporto alla effettiva realizzazione del principio del contraddittorio tecnico-scientifico e di contributo alla individuazione e risoluzione delle esigenze giuridiche attinenti al caso in esame nel rispetto della verità scientifica. dr. Aldo Resta Giudice penale presso il Tribunale di Bologna

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INTRODUZIONE

L’esigenza di definire esattamente il ruolo e i compiti del consulente tecnico di parte, affrontando in modo chiaro e pratico le funzioni della professione, nasce dalla necessità di fornire nel campo delle discipline forensi, campo sempre più in espansione, un supporto in grado di tracciare tutte le fasi di una consulenza tecnica di parte. Il manuale si rivolge pertanto a psicologi, psichiatri e più in generale a tutte le figure coinvolte a vario titolo nell’ambito clinico forense, con l’obiettivo di rappresentare un valido ausilio nella preparazione alla professione e con l’intento di sopperire ai limiti di credibilità che la professione registra soprattutto nei confronti del giudice, attraverso il richiamo a una maggiore responsabilità e mediante l’approfondimento degli aspetti normativi, metodologici e tecnici. Lo specialista che opera nel contesto clinico forense deve quindi possedere un’adeguata formazione, contestualizzata a una puntuale esperienza pratica, ottima conoscenza della procedura giudiziaria, capacità di analisi e di sintesi, aggiornamento costante, così come abilità nella cura degli aspetti relazionali. Il manuale ha l’obiettivo di rappresentare uno strumento teorico e pratico che in letteratura manca per chi vuole accedere al contesto clinico forense in qualità di consulente tecnico di parte, diminuendo la diffidenza che la professione registra spesso proprio per le carenze che chi è chiamato a operare in tale ambito, evidenzia. Quella del consulente tecnico di parte rappresenta spesso

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STRUMENTI

l’unica via di accesso per i professionisti che desiderano intraprendere la carriera forense e che magari dopo aver frequentato corsi di specializzazione o master, lamentano notevoli lacune soprattutto sul versante pratico. Sapere come comportarsi durante le varie fasi di un accertamento peritale, gestire i rapporti e i confronti professionali, così come saper scrivere una relazione, rappresentano ad oggi le carenze maggiormente denunciate ed evidenziate dai colleghi. Per tale motivo il manuale si rivolge a chi già conosce i concetti generali clinico forensi e i relativi ambiti di applicazione come ad esempio il danno, la capacità di intendere e volere, la capacità di rendere testimonianza, ma necessita di una specializzazione degli aspetti pratici e metodologici. A ciò va aggiunto che spesso l’intervento del consulente tecnico di parte rischia di essere interpretato e banalizzato non come una critica motivata sul piano metodologico e clinico in merito alla conduzione e conclusione della CTU, ma come una difesa ad oltranza della parte committente, sostenendo tesi poco credibili, minando, di fatto, l’importanza di garantire il principio del contradditorio nelle fasi del processo. Nonostante l’esito di una consulenza tecnica di parte rappresenti solo allegazione difensiva, qualora contenga osservazioni attendibili e precise, può assumere notevole rilevanza rispetto all’esito della causa. Giurisprudenza, infatti, afferma che “quando i rilievi contenuti nella CTP siano precisi e circostanziali, tali da portare a conclusioni diverse da quelle contenute nella CTU ed adottate in sentenza, ove il giudice trascuri di esaminarle analiticamente ricorre il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (Cass. 10.01.1995, nr. 245)”. Inoltre, acquisire adeguate competenze clinico forensi attraverso lo sviluppo della professione di consulente tecnico di parte prima di accedere al ruolo di perito, permette di apprendere molto dagli errori e dalle carenze che talvolta si osservano in alcune CTU. Il contenuto del volume si sviluppa attraverso la descrizione 24

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LA CONSULENZA TECNICA DI PARTE IN AMBITO CLINICO-FORENSE

di una prima parte generale in cui vengono descritti gli aspetti normativi e procedurali nonché gli aspetti relazionali. La seconda parte approfondisce invece gli aspetti pratici della consulenza tecnica nel contesto penale e civile anche attraverso la rappresentazione dei vari passaggi nella stesura di una relazione. Particolare attenzione è stata posta altresì agli errori maggiormente rappresentati all’interno sia delle consulenze tecniche di ufficio, sia nell’ambito delle consulenze rese in favore delle parti private, poiché l’acquisizione di adeguate competenze passa anche dalla conoscenza degli errori che più frequentemente si commettono. La necessità di sviluppare un testo che potesse affrontare le problematiche relative alla professione del consulente tecnico di parte è stata dettata dall’assenza in letteratura di manuali specifici. Infatti, pur esistendo volumi in grado di fornire validi supporti in merito all’Istituto della perizia in ambito penale e forense, non esiste nulla di specifico sulla consulenza di parte. Inoltre è opportuno rilevare che, anche se svolgere incarichi peritali in qualità di CTU, rappresenta l’ambizione della maggior parte dei colleghi che intraprendono la carriera clinico forense, la strada che porta a tale risultato, oggi appare difficilmente percorribile. Infatti, nella maggior parte dei casi gli specialisti si avviano alla professione attraverso gli incarichi ricevuti dai legali, evidenziando ancora di più, la necessità di avere un manuale che possa essere di ausilio ai consulenti delle parti private. In quest’ottica diviene ancor di più basilare dedicarsi alla preparazione di coloro che svolgono tale ruolo favorendo la condivisione del sapere inteso come supporto tecnico nell’espletamento delle proprie funzioni, attraverso la descrizione di esperienze pratiche raccolte nel corso degli anni.

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